e-borghi travel magazine: Guida ai borghi del Lazio

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LAZIO

Guida digitale di viaggi, turismo slow e borghi

Anno 3 • 2021 Edizione gratuita

SPECIALE MONOGRAFICO Guida ai borghi certificati

www.e-borghitravel.com


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Civita di Bagnoregio davy_and_the_world


® e-borghi travel 30 • 2021 www.e-borghitravel.com Publisher Giusi Spina direzione@3scomunicazione.com Coordinatore editoriale Luciana Francesca Rebonato coordinamento@e-borghi.com Art director Ivan Pisoni grafica@e-borghi.com Segreteria di redazione Simona Poerio segreteria@e-borghi.com Hanno collaborato a questo numero Alessandra Boiardi, Amina D’Addario, Simona P.K. Daviddi, Oriana Davini, Gaia Guarino, Gianluca Miserendino, Luca Sartori Revisione Bozze Luca Sartori Promozione e Pubblicità 3S Comunicazione – Milano Cosimo Pareschi pareschi@e-borghi.com Redazione Via Achille Grandi 46 20017 Rho (Milano) info@3scomunicazione.com tel. 0292893360 Crediti fotografici: * Shutterstock.com ** Pixabay.com L’uso del nostro sito o della nostra rivista digitale è soggetta ai seguenti termini: Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di www.e-borghitravel.com può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronica, meccanica, fotocopia, registrazione o altro, senza previa autorizzazione scritta da parte di 3S Comunicazione. Nonostante l’accurata verifica delle informazioni contenute in questo numero, la 3S Comunicazione non può accettare responsabilità per errori od omissioni. Le opinioni espresse dai contributori non sono necessariamente quelle di 3S Comunicazione. Salvo diversa indicazione, il copyright del contributo individuale è quello dei contributori. È stato fatto ogni sforzo per rintracciare i titolari di copyright delle immagini, laddove non scattate dai nostri fotografi. Ci scusiamo in anticipo per eventuali omissioni e saremo lieti di inserire l’eventuale specifica in ogni pubblicazione successiva. © 2019 - 2021 e-borghi®

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Marchio di qualità turistico ambientale per l’entroterra del Touring Club Italiano



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eLuciana Francesca Rebonato facebook.com/lfrancesca.rebonato

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azio, eterna scoperta”. Oltre Roma, capolavoro capitale. Una bellezza diffusa in tutta la destinazione, da scoprire in questo speciale monografico di e-borghi travel dedicato ai cinquantuno borghi certificati laziali: “Autentici”, “Bandiera Arancione”, “I Borghi più Belli d’Italia”. Direttrici di unicità e differenziazione incentrate sui cluster nei quali sono annoverati, il trionfo di eredità storiche, tradizioni millenarie e percorsi del gusto, cammini e attrattive outdoor in un sapiente intreccio di natura e cultura. Un elisir di opportunità in ogni periodo dell’anno fra lasciti etruschi, romani e medievali, testimonianza dell’Italia degli innumerevoli comuni e con contaminazioni rinascimentali, dove la storia è incisa nella pietra e nei vicoli di oggi chiacchiera la cronaca. Mete da scoprire per chi ha compreso come, per vivere il presente, occorra spesso andare a scavare nella memoria e seguire tracce antiche, riavvolgere il nastro del tempo e immergersi in un passato che diventa futuro, in un crogiolo di culture che è la forza del nostro Paese e la cui tutela e conservazione è la vera sfida del “sistema Italia”. Una destinazione-caleidoscopio, il Lazio. Impareggiabile nel concerto di attrattive che attraversano i millenni e accolgono nella loro imperitura bellezza. Paesaggi d’autore diversificati e tutti accomunati dal fil rouge dell’“identità laziale”, che conferisce un sigillo di preziosità e autenticità. Una rapsodia di piccoli centri per grandi emozioni che punta sul turismo consapevole, lontano dai riflettori. Da scoprire con il tempo che rallenta, nell’avvicendarsi delle stagioni, nell’ascolto della storia e nel rispetto delle tradizioni. Un viaggio nell’anima, all’insegna di meraviglie e stupore.

Luciana Francesca Rebonato Coordinatore editoriale

San Felice Circeo, Torre Fico Marzia Giacobbe


Intervista a Valentina Corrado,

Assessore al Turismo, Enti Locali, Sicurezza Urbana, Polizia Locale e Semplificazione Amministrativa della Regione Lazio Amina D’Addario

La sostenibilità è un aspetto che viene sempre più valutato dai turisti nella scelta delle destinazioni. Come si stanno muovendo i piccoli borghi e le realtà turistiche in generale del Lazio per far fronte a questa esigenza? «La stagione estiva ci ha lasciato una fotografia nitida: il turista è orientato verso una vacanza di prossimità, all’insegna della natura e dell’aria pulita, di sport all’aperto e relax. Si tratta di condizioni che i piccoli borghi del Lazio, immersi nel verde, con il loro magnifico patrimonio storico e artisti-

co riescono a offrire. Queste realtà rientrano in un sistema che riconosce il valore della sostenibilità e ne esalta l’importanza e lo fanno attraverso percorsi che garantiscono un rapporto stretto con la natura e nel rispetto dell’ambiente. Ogni territorio promuove ciò che ha da offrire facendo leva sui propri punti di forza e si muove, allo stesso tempo, attraverso la valorizzazione dei prodotti locali. Noi, come Regione, supportiamo queste realtà attraverso bandi mirati e attività di marketing che possano esaltarne il valore e renderle attrattive».

I piccoli borghi sono oggi gli asset per lo sviluppo di un turismo autentico e più consapevole. Come sarà possibile far convivere queste piccole realtà con la digitalizzazione? Che sfida dovranno affrontare in materia di promozione e messa a sistema dei servizi? «I borghi sono i nostri gioielli e la nostra ricchezza: ben venti nel Lazio sono stati premiati con la bandiera arancione del Touring Club Italiano e sono l’espressione di un turismo autentico e consapevole che dobbiamo tutelare e valorizzare. I piccoli

Lago di San Benedetto Lucky Team Studio*


centri sono però penalizzati dalla lontananza con le grandi realtà e soprattutto dalla mancanza d’infrastrutture e servizi. La digitalizzazione può colmare, in parte, alcuni vuoti. È a loro che abbiamo pensato nell’avviare una trasformazione digitale che consenta di avvicinare la Pubblica Amministrazione ai territori e ai cittadini, attraverso l’utilizzo di piattaforme informatiche. Lo facciamo in linea con gli obiettivi del PNRR - Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - grazie al quale arriveranno anche risorse per migliorare la qualità della vita nei piccoli centri e il benessere dei cittadini. La digitalizzazione consente di accorciare le distanze e rappresenta un’opportunità per promuovere più velocemente i territori così che possano affacciarsi a nuovi mercati».

Torre Truglia, Sperlonga essevu*

Il turismo nel Lazio è risultato molto spesso “romanocentrico”. Quali le priorità per rendere più attrattivo tutto il territorio al di fuori della Capitale? Quali le iniziative dedicate al turista? «Roma, la capitale d’Italia nonché capoluogo della regione Lazio è una delle città più conosciute e visitate al mondo, identificata nell’immaginario collettivo e sui mercati esteri come “destinazione Italia”. Ecco perché stiamo lavorando affinché sia da traino nell’attirare flussi di turisti nelle cinque province, territori ricchi di un patrimonio che deve essere riscoperto. Abbiamo avviato una strategia di valorizzazione mirata che ha come fulcro le realtà locali, per la quale abbiamo investito cinque milioni di euro e con la quale sosteniamo e partecipiamo alle fiere nazionali e internazionali che finalmente sono tornate in presenza. Abbiamo avviato campagne di comunicazione e marketing su

Cervara di Roma Stefano_Valeri*

Harry Potter nel bosco al Parco dei cinque sensi, Vitorchiano Piero Moroni


un’offerta integrata di viaggio su tutto il territorio anche fuori dalla Capitale. In questo senso abbiamo realizzato l’iniziativa “Più notti, più sogni” con cui favoriamo la permanenza dei turisti italiani e stranieri sul territorio per favorire la destagionalizzazione. E stiamo lavorando a una nuova versione della misura, fruibile per tutto il 2022, per offrire servizi e assecondare la domanda legata al turismo esperienziale attraverso il coinvolgimento di agenzie di viaggio e tour operator. La pandemia ha mutato la domanda e le esigenze dei turisti che scelgono di rimanere in Italia, infatti il turismo di prossimità è quello che ha generato variazioni in positivo nell’ultima stagione. La misura “Più notti, più sogni” ci consente anche di consolidare nel tempo questo interesse».

Turismo dei cammini, dei parchi, enogastronomico. Ci sono ancora realtà e prodotti turistici poco conosciuti sui quali bisognerà investire con forza perché possano conquistare la scena? E se sì, quali? Tuscania ValerioMei*

emittenti nazionali e internazionali: l’obiettivo è costruire il brand Lazio e far conoscere le sue bellezze non solo attraverso spot, ma anche con focus tematici in cui si scoprano luoghi d’arte, i borghi nascosti e le peculiarità locali. Tra le priorità vi è anche l’intento di aumentare la permanenza dei turisti sul territorio puntando a promuovere

Santuario di San Francesco, Greccio

«Molti dei paesi e borghi attraversati da alcuni dei cammini riconosciuti dalla nostra legge sul tema, sono poco noti. In particolare, quelli sui Cammini di Francesco, Benedetto e Amerina. Il non semplice compito che ci siamo prefissati è promuoverli e attrezzarli in maniera da facilitare la percorribilità e la fruizione. Molti indicatori ci danno la certezza che sempre di più si punti su stili di vita salubri e che quindi le vacanze all’aria aperta caratterizzate da attività fisica e a stretto rapporto con la natura acquisiranno sempre maggiori fette di mercato.


Caprarola pixelshop*

Crediamo che l’itinerario dei parchi, per esempio, istituito la scorsa estate dalla nostra Regione, potrà registrare sempre più adesioni. Si tratta di un’iniziativa che permette di percorrere sentieri inesplorati, un’offerta gratuita che rende effettivo e reale il turismo sostenibile e di prossimità. Inoltre, è sempre più alta l’attenzione che si presta alla qualità del cibo e ai prodotti che aiutano a vivere esperienze enogastronomiche. Il Lazio vanta prodotti d’eccellenza come le castagne della Tuscia, gli oli della Sabina e i fagioli borbontini del reatino, il pecorino romano Dop della zona romana, i prodotti caseari del Sud Pontino, le lenticchie di Ventotene, il cannellino della Ciociaria. Non dimentichiamo i vini Docg come il Cannellino di Frascati, il Cesanese del Piglio, il Frascati superiore, e i vini Doc come il Vignanello o il Moscato di Terracina. Vogliamo dare risalto a questi prodotti di eccellenza perché rappresentano una chiave di promozione turistica dei territori che vantano prodotti agricoli e caseari apprezzati da chi vuole vivere esperienze enogastronomiche».

irrinunciabile considerando anche la ricchezza e varietà di prodotti enogastronomici che abbiamo in ogni provincia. È per questo che, favorendo un approccio sinergico con la filiera, abbiamo pensato a percorsi esperienziali legati alle produzioni tipiche e a chilometro zero da affiancare all’iniziativa “Più notti più sogni”. Inoltre, portiamo direttamente i buyer esteri sui territori ad assaporare le nostre eccellenze in modo che possano promuoverli poi nei loro Paesi, oltre a offrire una vetrina nelle manifestazioni fieristiche che organizziamo tutto l’anno in Italia e all’estero».

L’agroalimentare e le produzioni tipiche sono un orgoglio del Made in Italy. Come trasformare questa ricchezza in un volano per lo sviluppo turistico e favorire le sinergie in tutta la filiera? «Gli itinerari enogastronomici sono un’esperienza trasversale che il turista può vivere quando sceglie il nostro territorio. Non sono una realtà a sé ma rientrano nel sistema legato al turismo storico, artistico e del benessere. Si tratta di un’esperienza

Bucatini all’amatriciana Alessio Orru*


Sommario San Lorenzo Nuovo Acquapendente

Torre Alfina

Vitorchiano

Bolsena

Casperia

Civita di Bagnoregio

Proceno

Bomarzo

Onano

Leonessa

Greccio

Amatrice

Labro

Castel di Tora

Bassano in Teverina

Grotte di Castro

Orvinio

Gradoli

Foglia

Collalto Sabino

Latera Valentano

Percile Roviano

Tuscania

Cervara di Roma

Caprarola Sutri Oriolo Romano Trevignano Romano

Subiaco Collepardo Calcata Vecchia

Castelnuovo di Porto

Castel San Pietro Romano Castel Gandolfo

Nemi Sermoneta Bassiano Castro Dei Volsci

Fossanova San Felice Circeo

Sperlonga


Legenda Frosinone

Latina

Boville Ernica Arpino

Rieti San Donato Val di Comino Atina

Pico Campodimele

Gaeta Vecchia

Arpino Atina Boville Ernica Castro Dei Volsci Collepardo Pico San Donato Val di Comino Bassiano Campodimele Fossanova Gaeta Vecchia San Felice Circeo Sermoneta Sperlonga Amatrice Casperia Castel Di Tora Collalto Sabino Foglia Greccio Labro Leonessa Orvinio

Roma

Viterbo

Castel Gandolfo Castel San Pietro Romano Castelnuovo di Porto Cervara di Roma Nemi Percile Roviano Subiaco Trevignano Romano Acquadendente Bassano in Teverina Bolsena Bomarzo Calcata Vecchia Caprarola Civita di Bagnoregio Gradoli Grotte di Castro Latera Onano Oriolo Romano Proceno San Lorenzo Nuovo Sutri Torre Alfina Tuscania Valentano Vitorchiano

Paesi Bandiera Arancione del Touring Club Italiano Borghi più belli d’Italia Borghi Autentici d’Italia Le migliori ricette del territorio laziale


Leonessa

Collepardo Boville Ernica

Pico

TORNA AL SOMMARIO


Benvenuti in provincia di

Frosinone San Donato Val di Comino Arpino

Arpino Atina Boville Ernica Castro Dei Volsci Collepardo Pico San Donato Val di Comino

Atina

Castro Dei Volsci

Paesi Bandiera Arancione del Touring Club Italiano Borghi più belli d’Italia Borghi Autentici d’Italia

Arpino essevu*


Gianluca Miserendino

facebook.com/gianluca.miserendino

COMUNE DI ARPINO Frosinone Abitanti: 7027 arpinati Altitudine: 447 m s.l.m. Superficie: 56,24 km² Santo Patrono: Madonna di Loreto - 10/12 Il comune fa parte di Paesi Bandiera Arancione

Torre medievale di Cicerone essevu*


Arpino

Quattro passi con Cicerone

Arpino Stefano_Valeri*

D

eve il suo nome allo strumento degli Dei, l’arpa, di cui richiama la forma nel suo adagiarsi tra le colline. Arpino è borgo di Storia vera - quella con la esse maiuscola e conosciuta in tutto il mondo - padre com’è di quel gigante del pensare, del dire e dello scrivere che è stato, ed è, Marco Tullio Cicerone. Il delizioso paese del frusinate, che conta 8mila abitanti tra il centro storico e le numerose contrade, è circondato da uliveti e sovrastato

dalla mole del castello di Ladislao. Siamo sul versante sinistro della Media Valle del Liri, all’estremità dell’Appennino centrale. Il centro storico di Arpino è dominato dalla splendida Acropoli di Arpinum, detta Civitavecchia, cuore antico del borgo chiuso da maestose mura megalitiche. Civitavecchia fu, probabilmente, il nucleo originario dell’insediamento volsco, fondato per necessità di difesa su un luogo alto e dirupato e poi circondato da possenti mura.


L’orgoglio della storia M

stefano cellai*

olto peculiare di Arpino è la presenza di un “arco a sesto acuto”, unico sopravvissuto nel suo genere in tutta l’area mediterranea. È un tipico arco a mensola, porta arcaica d’ingresso all’Acropoli, e rievoca in maniera determinante il sistema costruttivo delle gallerie di Tirinto e Micene. Su un altro accesso, Porta Napoli, è invece scolpita una lapide in lingua latina che recita orgogliosamente: “O viandante, stai entrando in Arpino, fondata da Saturno, città dei Volsci, Municipio dei romani, patria di Marco Tullio Cicerone principe

Giambattista Lazazzera*

dell’eloquenza e di Caio Mario sette volte console. L’aquila trionfale, preso il volo da qui all’impero, sottomise a Roma tutto il mondo. Riconosci il suo prestigio, e vivi in salute”. Altra eccellenza arpinate è l’arte della liuteria, iniziata nell’Ottocento da Luigi Embergher e proseguita da Domenico Cerrone. Violini, chitarre e mandolini prodotti ad Arpino sono stati negli anni esportati in tutto il mondo. Oggi il borgo ospita il Museo della Liuteria, che raccoglie ed espone i prodotti finiti e le fasi di lavorazione seguite nella storica bottega Embergher-Cerrone.

stefano valeri*


Claudio Giovanni Colombo*

Tra latino e folklore L’

evento-manifesto di Arpino è certamente il Certamen Ciceronianum Arpinas, organizzato nel corso del mese di maggio di ogni anno dal locale Centro Studi Umanistici “Marco Tullio Cicerone”. Si tratta della più celebre sfida di traduzione e commento dal latino di un brano di Marco Tullio Cicerone, riservata agli studenti iscritti all’ultimo anno di liceo classico di tutto il mondo. La manifestazione nacque nel 1980 a opera del preside Ugo Quadrini, che riuscì a dare in breve tempo al Certamen, grazie al suo assiduo impegno, una dimensione internazionale. La manifestazione, che gode dell’attenzione del Presidente della Repubblica e del Patrocinio del Parlamento europeo, è accreditata presso il Ministero dell’Istruzione. Più folkloristica invece la

La Corsa della Cannata del Gonfalone Alberto Masnovo*

Giambattista Lazazzera*

COPR

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manifestazione “Il Gonfalone”, che vede la partecipazione dei quartieri e delle contrade della città di Arpino: si svolge il fine settimana successivo al Ferragosto e intende valorizzare le tradizioni che affondano le radici negli usi e costumi degli antenati e della terra ciociara.


Atina

Figlia degli dei

Atina PT Pictures*

È

figlia orgogliosa di Saturno, Atina. Il capoluogo storico della Valle di Comino vanta infatti una nascita leggendaria, che la vuole fondata dal dio dell’Olimpo che, costretto a fuggire dalla Grecia, si nascose nel Lazio dove diede vita a una favolosa “età dell’oro”, fondando cinque grandi e feconde

città, tra le quali, per l’appunto, Atina. A raccontare ancor meglio la lunga storia del paese, che fa parte dell’associazione dei Borghi più belli d’Italia, è poi arrivato Virgilio, che l’ha descritto come “potens” nell’Eneide, inserendolo tra le città che prepararono le armi in soccorso di Turno contro Enea.


Gianluca Miserendino

facebook.com/gianluca.miserendino

COMUNE DI ATINA Frosinone Abitanti: 4211 atinati o atinesi Altitudine: 481 m s.l.m. Superficie: 29,89 km² Santo Patrono: San Marco Galileo - 1/10 Il borgo fa parte di I Borghi più belli d’Italia

Giambattista Lazazzera*


horseman82*

Duemila anni da passeggiare U na storia bi-millenaria, quella di Atina, testimoniata ancor oggi dalla possente cinta muraria in opera poligonale (IV sec. a.C.) che, con il suo perimetro di circa sei chilometri, è tra le più importanti in Italia. Passeggiare tra le vie del borgo significa ammirare una lunga serie di piazzette, archi monumentali ed epigrafi romane. L’ingresso più suggestivo è quello attraverso Porta dell’Arco, fino a piazza Garibaldi con il suo Fontanone, la Cisterna romana e il convento di San Francesco, con il suo chiostro seicentesco. Il centro storico è però dominato dal palazzo Ducale, costruito dalla famiglia Cantelmo nel 1349 e che conserva un mosaico del II secolo d.C., alcuni affreschi trecenteschi e sale multimediali per una narrazione al

passo con i tempi. Ma ci sono anche altri edifici di grande interesse, come il palazzo della Prepositura, detto anche Le Pennate, e il settecentesco palazzo Visocchi, annoverato tra le dimore storiche del Lazio. Per l’architettura religiosa, notevole la facciata racchiusa tra campanili del duomo di S. Maria Assunta, restaurato nel Settecento. L’interno, riccamente decorato in stile Barocco, presenta dipinti di scuola napoletana e un organo settecentesco ancora funzionante. La chiesa di S. Marciano sorge invece su una vasta area funeraria utilizzata fin dall’antichità, e riutilizza in gran parte elementi architettonici relativi ad un monumento funerario romano. Recenti restauri hanno portato in luce un sepolcreto paleocristiano del VI-V sec. d.C.


Le eccellenze, tra vino e fagioli I

prodotti enogastronomici di assoluta eccellenza di Atina sono due: il Cabernet di Atina Doc e il Fagiolo cannellino di Atina Dop. Il Cabernet – di origine francese – è stato impiantato un secolo e mezzo fa, trovando ad Atina terreno e clima ideali. Si tratta di un prodotto di nicchia, nonostante abbia ottenuto la denominazione di origine controllata nel 1999. È un vino rosso secco corposo, con un colore rosso rubino intenso, caratterizzato da un alto contenuto di polifenoli e un grande impatto olfattivo. Il cannellino – allungato e leggermente schiacciato - è invece coltivato solo nei terreni vicini al fiume Melfa e al torrente Mollarino. Presenta una “buccia” sottile che lo rende più tenero e più facilmente digeribile rispetto a quelli coltivati in altri terreni. Torrente Mollarino PT Pictures*

horseman82*


Gianluca Miserendino

facebook.com/gianluca.miserendino

COMUNE DI BOVILLE ERNICA Frosinone Abitanti: 8465 bovillensi Altitudine: 450 m s.l.m. Superficie: 28,19 km² Santo Patrono: San Pietro Ispano - 11/3 e San Rocco - 16/18 Il comune fa parte di Borghi più belli d’Italia

Alberto Paglia


Boville Ernica

Tra Giotto e gli ulivi

Boville Ernica Alberto Paglia

C’

era una volta Bauco, e oggi c’è Boville Ernica. Il borgo, che ha assunto il suo attuale nome da poco più di un secolo, resta però ciò che era già: una vera e propria perla della Ciociaria, circondata da tre cinte di mura e impreziosita da 18 torri. Si entra da porta San Nicola e si arriva in via Roma, dove sorge il primo edificio che lascia ammirati: è palazzo Liberati, preludio a palazzo Filonardi. Quest’ultimo, voluto dall’omonimo cardinal Ennio e immaginato dal genio del Vignola, è il più grande complesso architettonico del borgo, ricco di portali, scaloni, trifore, pavimenti preziosi. Da corso Umberto I fa capolino la chiesa del Battista, che custodisce un capolavoro del Domenichino, il Battesimo di Cristo.

E ancora, il secentesco palazzo Simoncelli, sede del comune, e palazzo De Angelis, appartenuto alla famiglia del letterato e poeta Desiderio. Piazza Sant’Angelo ospita invece i palazzi Emilio e Velio Filonardi (XV secolo), la collegiata di San Michele Arcangelo, rielaborazione settecentesca di un edificio medievale e “casa” di un San Sebastiano del Cavalier d’Arpino e dell’Addolorata di Antonio Cavallucci. In piazza Santo Stefano, l’omonima chiesa raccoglie tele del Settecento, mentre in piazza San Francesco c’è la torre Bulgarini, la chiesa e il monastero del “Santo poverello”. Dai lavori di restauro della chiesa sono emersi affreschi tre-quattrocenteschi e bizantini, oltre a un ciclo trecentesco attribuito alla scuola di Giotto.


Il capolavoro di Giotto L’ abbazia di San Pietro Ispano è però il vero scrigno di opere d’arte di Boville. Conserva infatti nella cappella Simoncelli, fatta costruire da Monsignor G. Battista Simoncelli, protonotario apostolico di Paolo V Borghese, una rarissima opera a mosaico di Giotto, “L’Angelo”, che faceva parte del mosaico della Navicella collocato nell’atrio dell’antica basilica costantiniana di San Pietro. Consiste in un tondo dal diametro di settanta centimetri e rappresenta un angelo a mezzo busto. Il mosaico è certamente opera di Giotto ed è, inoltre, di eccezionale importanza per la storia dell’arte in quanto è l’unico

Collegiata di San Michele Arcangelo

mosaico su disegno di Giotto giunto integro fino a noi. Un altro angelo, gemello, si trova nelle Grotte Vaticane. Sempre a San Pietro Ispano, subito dopo l’entrata, si può ammirare la meravigliosa croce in porfido che, esposta all’adorazione dei fedeli, apriva i primi giubilei e veniva venerata da re e imperatori. E, pare, anche dal sommo poeta Dante Alighieri.


L’olio, il re della tavola È tutta all’insegna dell’olio extravergine di oliva, la gastronomia di Boville Ernica. Sono circa una decina i frantoi che, nel territorio circostante al borgo, trasformano in prezioso liquido verde la fatica dei produttori locali. L’olio d’oliva è quindi l’ingrediente principale che accompagna diversi piatti locali, come l’agnello

al forno con le patate – consumato nel periodo pasquale - il timballo alla baucana e la polenta con verdure o con salsicce e fagioli. Ogni anno la cittadina organizza “Pane, olio e fantasia”, un’iniziativa tra cultura ed enogastronomia all’insegna di manifestazioni musicali e degustazione di piatti locali.

Torre Cornetti


Castro Dei Volsci

Un balcone sull’infinito

Castro dei Volsci Ciociariaturismo

È

il “Balcone della Ciociaria” che dall’alto regala un abbraccio quasi fisico a tutto il territorio che lo circonda, dalla Valle del Sacco fino agli orizzonti verdi che guardano alla Campania e agli Abruzzi. Ma è anche un luogo per sempre legato alla settima arte e all’immenso Nino Manfredi, che qui è nato. È questo Castro dei Volsci, paese annoverato tra i Borghi più Belli d’Italia e un tempo terra di confine, posto com’era a separazione dei possedimenti del papato da quelli dei Borbone. Oggi, delle mura che circon-

davano il castrum che gli dà il nome, resta l’andamento ad anello di via Civita e la suggestione che si avverte a entrare da Porta della Valle, uno dei quattro accessi storici, con le sue viuzze strette lastricate in cotto e le casette in pietra nuda a fiancheggiarle. I Volsci l’hanno abitato prima ancora dei Romani, che hanno poi ceduto il passo ai benedettini che l’hanno impreziosito con il monastero di San Nicola. Incendiato dal Barbarossa, Castro divenne poi feudo dei Colonna, dei Borgia, dei Carafa.


Gianluca Miserendino

facebook.com/gianluca.miserendino

COMUNE DI CASTRO DEI VOLSCI Frosinone Abitanti: 4640 castresi Altitudine: 385 m s.l.m. Superficie: 58,45 km² Santo Patrono: Sant’Oliva - 3/6 Il borgo fa parte di I Borghi più belli d’Italia

Giambattista Lazazzera*


Stefano Valeri*

Un monumento chiamato Nino. E poi c’è la Mamma A Nino Manfredi, Castro dei Volsci ha dedicato una mostra permanente, allestita all’interno del Centro Culturale Polifunzionale che porta il nome del grande attore. In esposizione, tra le altre cose, è possibile ammirare foto concernenti la vita privata dell’attore, ritagli di stampa autentici e la copia integrale dell’atto di nascita. Altro bellissimo attrattore di Castro dei Volsci è la tenera scultura dedicata alla Mamma Ciociara, opera di Felice Andreani di Carrara in memoria delle donne ciociare vittime della brutale violenza delle truppe francesi nel corso del secondo conflitto mondiale. Molto

significative e commoventi le parole dell’epitaffio, scelte dal senatore Giacinto Minnocci: “Nel ventennale della resistenza, il comune e la provincia, per incitamento alla fratellanza dei popoli, con gli onori della guerra sterminatrice, qui ricordano i tanti figli e figlie di questa terra che, ossequenti alle patrie tradizioni, affrontarono con eroismo la morte in difesa del loro onore e della loro libertà”. Nel centro cittadino si può ammirare poi la bellissima Fontana Grande, opera monumentale del secolo scorso, mentre sulla torre civica è notevole l’orologio a scatti pendolari.


S

l borgo è circondato da una fitta rete di ruscelli, che scendono lungo i fianchi dei monti dopo le piogge raggiungendo a valle il fiume Sacco. Per gli amanti del trekking c’è anche una bellissima escursione che conduce alle Grotte di Pastena, spettacolare sito ipogeo. Altri percorsi consigliati sono un “Circuito centro storico” da sessanta minuti, l’anello “Madonna della Pace” (due ore), l’anello Monte Campo Lupino (tre ore) e l’itinerario “Monte Calvilli”. E per rifocillarsi, Castro dei

Volsci offre una cucina casereccia fatta di abbacchio, pasta all’uovo, lumache e pasta e fagioli. Dal semplice impasto di farina di grano, acqua e uova, nascono le fettuccine sottili, dette “fini fini” e condite con sugo di frattaglie di pollo e pomodoro, o le sagne con fagioli e cotiche di maiale. Di lunga tradizione è anche la minestra di pane, accompagnata dalle verdure di stagione. Da assaggiare la salsiccia di maiale, condita con aglio e bucce d’arancia.

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Un borgo da camminare. E da mangiare I

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Gianluca Miserendino

facebook.com/gianluca.miserendino

COMUNE DI COLLEPARDO Frosinone Abitanti: 895 collepardesi Altitudine: 586 m s.l.m. Superficie: 24,68 km² Santo Patrono: Santissimo Salvatore - 6/8 Il comune fa parte di Paesi Bandiera Arancione

Certosa di Trisulti SerFeo*


Collepardo

Certose, erbe e misteri

Collepardo essevu*

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trade e stradine, piazzette e chiese, ponti, bifore e torrenti. E poi le grotte, e la Certosa. È un gioiellino incastonato tra i monti Ernici, Collepardo. Il borgo in provincia di Frosinone è tra le Bandiere Arancioni del Tci e – fin dal toponimo – racconta le sue origini tra natura e nobiltà. Il nome del paese deriva, infatti e secondo l’ipotesi più accreditata, dalla presenza di gatti selvatici – o gattopardi - sul territorio: da qui lo stemma comunale, con un fiero felino che si disseta. Il comune di Collepardo ospita uno dei monasteri più belli dell’Italia centrale: è la Certo-

sa di Trisulti, edificata nel 1204 per volere di papa Innocenzo III. Monumento nazionale dal 1873, la certosa è racchiusa da mura e immersa tra le querce: vi si accede tramite un grande portale, che apre lo sguardo sull’antica foresteria romanico-gotica, che ospita una biblioteca da 36mila volumi. Magnifica anche la facciata della chiesa di San Bartolomeo, passata nei secoli dal Gotico al Barocco. Bellissimi anche i giardini all’italiana - con siepi scolpite e a labirinto, frammiste ad aiuole - e la Farmacia, decorata con trompe-l’œil di ispirazione pompeiana.


Tre volte “wow”, tra il pozzo e le grotte

Pozzo d’Antullo Etrusko25 Creative Commons

gliano a bambole e pupazzi di ghiaccio. Il nome ufficiale è però “Grotte Regina Margherita”, in omaggio alla visita della sovrana del 1904. Fra le sale più suggestive troviamo il grande Palco, la Sala della Foresta pietrificata, la Sala del Trono. All’interno delle grotte sono stati trovati resti di fauna risalenti al pleistocene e scheletri umani dell’età del bronzo. Affascinanti anche gli ex-voto pagani, legati al culto solare del Sole Invitto: la grotta ospitava un grande santuario mitraico, teatro di riti misterici. Il complesso sotterraneo è un tutt’uno con il terzo sito da visitare, quello delle grotte di Pastena, altrettanto suggestive e che presentano dieci sale nelle quali ammirare stalattiti, stalagmiti, colonne dalle forme singolari, laghetti e cascate.

C

ollepardo sa però regalare “l’effetto wow” anche uscendo dalle sue mura. A un chilometro dal borgo si trovano infatti tre geo siti a dir poco affascinanti e misteriosi: il primo è il Pozzo d’Antullo, suggestiva voragine profonda sessanta metri e larga trecento, generata dallo sprofondamento di una grotta e unica in Europa per dimensioni e maestosità. E poi ci sono le grotte dei Bambocci, scolpite dai fenomeni carsici e così soprannominate per le stalattiti che, nella caverna principale, somiGrotte dei Bambocci Martina TR Creative Commons

Santuario della Madonna delle Cese SerFeo*


Il “Paese delle erbe” G

razie alla favorevole esposizione, alla natura delle rocce e alla ricchezza delle acque, questo territorio presenta un’eccezionale biodiversità, tanto che è soprannominato “il Paese delle erbe”. Secondo gli antichi quest’area era definita “Orto del Centauro Chirone” - maestro di Esculapio, dio della medicina - proprio per l’abbondanza di piante ed erbe medicinali. In epoca moderna, in questa zona sono state classificate oltre 1.200 specie di erbe, appartenenti a 150 famiglie diverse, dalle quali i monaci hanno nei secoli tratto medicamenti. È un centro molto attivo riguardo le tematiche naturali: è dotato di un Giardino Botanico e di un eco-museo, e richiama ogni anno appassionati, studiosi e semplici curiosi da tutta Italia per partecipare al corso introduttivo di riconoscimento delle piante officinali. essevu*

Ragemax*


Pico

Scrigno di letteratura e velocità

Pico Carnevalen

“S

trade e scale che salgono a piramide, fitte d’intagli, ragnatele di sasso”. Non c’è altro esordio possibile, né recensione di Tripadvisor che tenga, di fronte alle parole dell’Eugenio nazionale. È stato infatti l’estro di Montale, ad aver forgiato nel fuoco della poesia la miglior definizione mai immaginata di Pico, perla del frusinate arrampicata sui monti Aurunci e borgo letterario per eccellenza. La piccola cittadina è infatti terra madre e amorevole di Tommaso Landolfi, gigante della lette-

ratura italiana che ancor oggi il paese coccola e sente passeggiare tra i vicoli del centro, grazie a un parco letterario pensato per rendere eterno l’autore di Racconto d’Autunno. Il parco è costituito da pannelli in legno, frutto della pulizia dei boschi che fanno da corona al paese, e da lamine in alluminio realizzate nel circondario, nell’ottica di una sapiente e sostenibile arte del chilometro zero. Un secondo percorso si snoda anche sui sentieri delle zone montane del territorio comunale, tanto care allo scrittore.


Gianluca Miserendino

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COMUNE DI PICO Frosinone Abitanti: 2776 picani Altitudine: 190 m s.l.m. Superficie: 32,93 km² Santo Patrono: Sant’Antonino - 2/9 Il borgo fa parte di I Borghi più belli d’Italia

Pico Giambattista Lazazzera*


Giambattista Lazazzera*

Il paese-castello, tra miti e motori I l centro storico di Pico è tutto ciò che ci si aspetta da un luogo che nasce - e resta - medievale: strade strette, regolari, concentriche, collegate da scalinate che si snodano attorno al castello e con una cinta muraria interrotta da quattro porte per l’accesso al centro abitato, di cui resta intatta quella di San Rocco. Anche sul nome, Pico vede intrecciarsi mito e letteratura: secondo alcuni deve il suo nome a Picus, mitologico primo re del Lazio generato da Saturno, mentre altri ne trovano l’origine nella volgarizzazione del celtico “pik”, punta aguzza, forse per lo sperone su cui sorgeva il castello, fondato intorno al secolo XI da Giovanni Scinto, signore di Aquino, e oggi coincidente con il centro storico stesso. Quattro le architetture religiose: la chiesa di Sant’Antonino Martire, patrono della città, e quelle di Santa Marina, San Rocco e Santa Maria in Campo. E per chi, piuttosto che lo slow tourism, ama l’estremo opposto della velocità, ecco il rally di Pico, tra le tre gare più antiche del centro-sud Italia – oltre quaranta edizioni - e anche l’unico appuntamento del Campionato Europeo in collaborazione con il Rally di Roma Capitale.

Rally di Pico Salvatore Paliotta


La gastronomia: un inno al maiale L’ enogastronomia di Pico è, come quella di tutta la zona, un inno all’eclettismo del maiale, accompagnato dall’olio buono e dal vino. Le tipicità spaziano dalla salsiccia picana – resa unica da una spezia segreta, la pitartela - alle olive, passando per la marzolina, formaggio di capra o bovino di forma allungata che prende il nome dal mese di marzo,

Giambattista Lazazzera*

periodo in cui viene cagliato e poi degustato semi-fresco o stagionato. E poi ci sono i salami e la pancetta di maiale, oltre alle sagnette di acqua e farina con i fagioli. Gustose anche le minestre contadine, le lumache al profumo di mentuccia, la trippetta, la carne di agnello, i funghi porcini e i tartufi raccolti nei boschi circostanti.


Gianluca Miserendino

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COMUNE DI SAN DONATO VAL DI COMINO Frosinone Abitanti: 1982 sandonatesi Altitudine: 728 m s.l.m. Superficie: 37,64 km² Santo Patrono: San Donato Vescovo e Martire, Santa Costanza Martire (compatrona) - 7/8 Il comune fa parte di Paesi Bandiera Arancione

Porta Orologio Giambattista Lazazzera*


San Donato Val di Comino

Il paese degli scalpellini

San Donato Val di Comino Samuele Tocci

È

conosciuto, non a caso, come “il paese degli scalpellini”. Gradinate, fregi, fontane e, soprattutto, i mascheroni e le caratteristiche chiavi di volta sui portoni: è la pietra sapientemente scolpita dagli artigiani locali nel corso dei secoli il biglietto da visita di San Donato Val di Comino. Tipico borgo medievale del frusinate, San Donato si trova all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Situato a poco meno di ottocento metri d’altezza, costituisce una tap-

pa imperdibile nella zona per escursionisti, sportivi e chiunque ami perdersi tra le vie di pietra dei borghi all’italiana. Alla maestria degli scalpellini sandonatesi (gli stessi che lavorarono dopo la guerra anche alla ricostruzione dell’abbazia di Montecassino, a una quarantina di chilometri di distanza) si devono le lavorazioni che rendono ancora più caratteristico il dedalo di viuzze e piazzette di questo paese, alternate agli spuort, i tipici passaggi coperti.


Tra Medioevo e Novecento L

a salita al castello, la torre medievale quadrata, il duomo e il santuario di San Donato, le cui origini risalirebbero all’VIII secolo, sono le tappe principali di una piacevole passeggiata nel cuore del borgo, tutto medievale. Una stele ricorda, invece, un pezzo di storia locale ben più recente: quella dei 28 ebrei stranieri che durante la Seconda Guerra Mondiale furono internati qui dal regime fascista, venendo ben accolti dai sandonatesi, prima che 16 di loro venissero poi condotti ad Auschwitz, da dove tornarono solamente in quattro. Sulla strada per San Donato, una tappa la meritano senza dubbio le Reali Miniere. Poste a circa 1.000 metri d’altitudine, sono direttamente Santuario di San Donato Samuele Tocci

raggiungibili partendo dal borgo percorrendo un sentiero che attraversa il bosco e, seguendo il percorso compiuto un tempo dai minatori, conduce alla Galleria San Ferdinando. Il nome è quello di Ferdinando II di Borbone: fu lui, a metà Ottocento, a volere la realizzazione di queste miniere, ricche di limonite e bauxite, per dare stimolo alla nascente industria metallurgica italiana.

Ingresso della miniera Samuele Tocci

Torre medievale Samuele Tocci


Mercatino di Santa Costanza Samuele Tocci

Il paese dell’olio e del volo S an Donato Val di Comino è meta particolarmente amata anche da chi pratica sport di montagna e ama la cucina casereccia. La sua posizione favorevole lo rende, infatti, un’ottima base di partenza per arrampicata ed escursioni, come quella al vallone di Forca d’Acero, adatta anche ai non esperti. È, tuttavia, il vento il vero protagonista sportivo di questo piccolo borgo: le correnti favorevoli che lo attraversano fanno sì che qui si possano praticare sport come parapendio e deltaplano in ogni stagione dell’anno. La cucina, come nel resto del frusinate, rappre-

senta l’altra grande attrattiva locale: salumi e formaggi (tipici sono il pecorino della Val di Comino e la marzolina, chiamato così perché un tempo si faceva solo nel mese di marzo) accompagnano piatti semplici ma ricchi di gusto, come le minestre con fagioli o lenticchie e il cip ciop, piatto povero con uova, patate, zucchine e peperoni. Vera star della cucina sandonatese è, tuttavia, l’olio locale: dal colore verde intenso e dal sapore leggermente piccante, è ricavato dalla varietà di olive Marina, portate nella Val di Comino dai monaci benedettini nel XVI secolo.

Teatro d’estate Samuele Tocci


Sermoneta

Bassiano Fossanova San Felice Circeo Sperlonga

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Benvenuti in provincia di

Latina Bassiano Campodimele Fossanova Gaeta Vecchia San Felice Circeo Sermoneta Sperlonga

Campodimele

Gaeta Vecchia Paesi Bandiera Arancione del Touring Club Italiano Borghi più belli d’Italia Borghi Autentici d’Italia

Monte Circeo ValerioMei*


Bassiano

Romantico castrum

Bassiano Costantico Cacciotti

S

orge in una vallata appartata dei Monti Leprini, appollaiato su un colle, lo scenografico borgo di Bassiano, con la sua forma a spirale protetta dalla pressoché intatta cinta muraria scandita da possenti torrioni. Le spesse mura castellane – volute nel XIII secolo dalla famiglia dei Caetani, i feudatari che amministravano il territorio – custodiscono uno splendido scrigno di stretti vicoli acciottolati, case-torri medievali, archi in pietra, passaggi nascosti e labirintici, dimore in calcare addossati

gli uni agli altri, in un saliscendi che porta fino alla piazza Sant’Erasmo, dominata dalla chiesa omonima – dedicata al patrono di Bassiano – risalente al XII secolo e impreziosita da affreschi e bassorilievi. Altre due chiesette medievali, quella di San Nicola – bellissimi gli affreschi dedicati a Erode e Salomè – e quella di Santa Maria – ormai sconsacrata –, meritano uno sguardo. Imperdibile, poi, è una sosta nella piazza dell’antica torre civica, una vera e propria terrazza affacciata sul panorama mozzafiato.


Simona PK Daviddi

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COMUNE DI BASSIANO Viterbo Abitanti: 1455 bassianesi Altitudine: 562 m s.l.m. Superficie: 32,4 km² Santo Patrono: Sant’Erasmo - 2/6 Il borgo fa parte di Paesi Bandiera Arancione Borghi più belli d’Italia

Giambattista Lazzazera*


A tutta natura È

incastonato in una natura bucolica e affascinante Bassiano, dove ai boschi si alternano prati, uliveti e terrazzamenti, in una sarabanda di verdi infiniti che non mancherà di affascinare gli amanti di passeggiate e trekking – un suggerimento su tutti: è possibile percorrere il tratto della Via Francigena che da Bassiano porta a Sermoneta –. Ma anche chi preferisce esplorare grotte e anfratti troverà di che deliziarsi; la grotta di Selvascura, per esempio, nota anche come grotta dei Templari e il vicino santuario del Crocifisso – siaProsciutto di Bassiano Pro Loco Bassiano

mo appena fuori dall’abitato – celano ancora intriganti misteri legati ai famosi monaci-guerrieri, oltre a regalare alla vista splendidi affreschi sulle pareti di una caverna naturale. Se dopo l’immersione nella natura dovesse venire fame, non si potrà non assaggiare il prodotto tipico più famoso del borgo, nonché una delle eccellenze gastronomiche dell’intero territorio laziale: il tradizionale prosciutto di Bassiano, dalla lunga stagionatura e dallo sfizioso gusto leggermente affumicato con legno di faggio. Affresco sulla parete della Grotta di Selva Oscura Matilde catalano

Harlock 77


Giambattista Lazzazera*

Il corsivo è nato qui N

on mancano i personaggi illustri a Bassiano. Se entrando nel borgo da una delle tre porte storiche sembra di tornare indietro di secoli, visitando il Museo della Scrittura – ospitato nell’elegante palazzo Caetani, risalente al Cinquecento – ci si immergerà in un interessantissimo percorso storico e antropologico dedicato alle forme di scrittura. Non solo. Si ripercorreranno infatti anche le tappe della vita di Aldo Manuzio – nato a Bassiano nel 1449 circa – famoso tipografo ed editore, al quale si deve l’invenzione dei caratteri “aldini”, ovvero corsivi, oltre che la conservazione di numerose opere latine e greche diffuse in pregevoli edizioni stampate. E a proposito di antichità, un ultimo aneddoto curioso riguarda le origini di Bassano, che una leggenda vuole fondato da divinità mitologiche, un’altra addirittura dall’imperatore romano Caracalla e una terza da San Bassiano, vescovo di Lodi. Quello che è certo, è che il villaggio fortificato e nascosto alla vista fu abitato intorno al X secolo da gruppi di pastori e contadini in fuga dai barbari.

Costantico Cacciotti


Simona PK Daviddi

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COMUNE DI CAMPODIMELE Latina Abitanti: 556 campomelani Altitudine: 647 m s.l.m. Superficie: 38,38 km² Santo Patrono: Sant’Onofrio - 12/6 Il comune fa parte di Paesi Bandiera Arancione


Campodimele

Il paese dei record

Campodimele

È

il più piccolo paese della provincia di Latina, ma è anche il paese della longevità, studiato addirittura da un’equipe dell’Università La Sapienza di Roma, che qui, tra i suoi circa settecento abitanti – che raggiungono età incredibili, ben oltre i cento anni – ha addirittura individuato il “gene dell’antivecchiaia”. Record a parte, Campodimele è anche insignito della bandiera Arancione e annoverato tra i Borghi più Belli d’Italia per il raccolto abitato appollaiato su un dolce declivio a 647 metri d’altitudine,

in una splendida vallata che guarda sia gli splendidi Monti Ausoni, sia gli altrettanto coreografici Monti Aurunci. Una passeggiata tra le viette e le piazzette di Campodimele regala non solo sorci pittoreschi, ma soprattutto incontri emozionanti, con gli “anziani” del paese che si incontrano ancora al bar o sotto l’olmo secolare e con le signore che, nella stagione più calda, si siedono fuori dalle abitazioni, su scalette in pietra e alti gradini, passando il tempo chiacchierando tra loro nella quiete assoluta.


S

I

COPR

Le origini del nome S

icuramente incuriosisce il toponimo di questo delizioso borgo medievale, nato probabilmente su un antico castelliere dopo la distruzione della città latina di Apiola – che prendeva il nome dalle api – da parte di Tarquinio Prisco. Sono poi i Longobardi – nel VI secolo d.C. – a cambiarne il nome in Campus Mellis, ovvero “Campo di Miele” proprio per l’abbondante produzione del prezioso nettare grazie alla presenza di erbe officinali. Il passare dei secoli, il passaggio all’italiano volgare e l’unione dei due nomi ha portato poi alla trasformazione in Campodimele. E se le mele non c’entrano con il nome del borgo, la sua gastronomia offre invece interessanti ricette da assaggiare nelle osterie locali: le “ciammotte ammuccate” – ovvero le lumache in salsa verde –, la zuppa di

cicerchie – una pasta artigianale fatta con acqua, farina e cicerchie (un tipo di legumi) cotta con pomodoro, brodo e aglio e servita con ricotta di capra essiccata – e la “laina” – una sorta di pasta e fagioli con fettuccine fatte in casa – sono un must per i palati gourmand.

Massimo Salesi*


Un giro nel borgo D

odici torri possenti e una cinta muraria medievale – risale all’XI secolo – abbracciano il davvero minuscolo centro storico di Campodimele, dalla suggestiva forma conica, che un intatto camminamento di ronda – noto anche come “Passeggiata dell’Amore” per l’atmosfera romantica che lo permea soprattutto al tramonto – consente di ammirare dall’alto. Aggirandosi poi tra vicoli e viuzze – rigorosamente pedonali –, si resterà quasi stupiti dalla quantità di edifici di culto che punteggiano l’abitato, come il monastero del veneratissimo Sant’Onofrio, dell’anno Mille; la chiesa di San Michele Arcangelo, impreziosita dall’antico campanile, che domina l’intero gomitolo di case in pietra dal punto più alto del borgo; la chiesa della Madonna del Rosario e quella della Madonna delle Grazie. Dal sacro al profano, ed ecco il curioso mulino del “malo tempo” con il suo verde giardino, che richiama il colore brillante della vegetazione circostante e della splendida Valle del Liri, da scoprire con trekking ed escursioni ad alto indice scenografico.


Fossanova

Antiche abbazie e altre storie

Fossanova, piazza Giovanni XXIII

I

n principio fu l’abbazia e poi venne il borgo. Fossanova, infatti, è uno di quei casi in cui una comunità si è raccolta intorno a un complesso monastico preesistente, dando vita a un borgo di raro fascino, giunto sino a noi intatto e oggi insignito della bandiera arancione del Touring Club. La bellissima abbazia benedettina che ne rappresenta il cuore e l’anima risale al 1100: edificata nel caratteristico quanto inusuale – almeno “da queste parti” – stile Gotico-Cistercense narra di quando i primi monaci cistercensi, provenienti dall’abbazia di Citeaux in Borgogna (dove l’ordi-

ne monacale è nato), si insediarono nella pianura Pontina, trasformando le immense paludi in terre bonificate e fertili e ribattezzarono l’allora monastero benedettino “Fossa Nuova”, facendo riferimento al nuovo fossato che vi avevano costruito attorno. Alla chiesa, al chiostro, al refettorio e alle celle di clausura – ovvero alla parte dell’abbazia dedicata espressamente ai monaci –, si aggiunsero via via gli altri corpi ai quali avevano accesso anche i laici – l’infermeria e la foresteria in primis – fino alla creazione di un vero e proprio villaggio autosufficiente.


Simona PK Daviddi

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COMUNE DI PRIVERNO Latina Abitanti: 13708 privernati Altitudine: 151 m s.l.m. Superficie: 56,98 km² Santo Patrono: San Tommaso d’Aquino - 7/3 Il borgo fa parte di Paesi Bandiera Arancione


Museo Medievale Luigi Renzi Photography

L’abbazia in dettaglio S

e è vero che l’abbazia di Fossanova – che in realtà si trova nel comune di Priverno – è uno dei più mirabili e antichi esemplari di Gotico-Cistercense, è anche vero che in antichità il luogo era un importante crocevia di popoli e fedeli e sono numerosi i grandi personaggi storico-religiosi del passato che vi soggiornarono; due su tutti: papa Innocenzo III, che ne consacrò la chiesa, dedicata a Santa Maria, nel 1208, e San Tommaso d’Aquino, che morì nella Casa dell’Abate nel 1274 (se nell’infermeria si può visitare la cella dove il santo pregò,

in chiesa è visibile la tomba, che tuttavia è vuota, poiché il corpo venne traslato dai domenicani a Tolosa nel XIV secolo). Se il complesso è improntato alla semplice austerità richiesta dalla regola dell’ordine benedettino – incentrato sulla preghiera e sul lavoro manuale, come recita il motto “Ora et labora” –, i nudi interni della chiesa e la sua sobria facciata quasi contrastano con il magnifico rosone e con i capitelli finemente scolpiti che sostengono le colonne, dando all’insieme un aspetto severo e grandioso al contempo.


I dintorni: tra archeologia e natura A nche il grazioso nucleo di Priverno merita una passeggiata, mentre appena fuori dall’abitato non si può non visitare l’interessante area archeologica di Privernum, con i suoi pregevoli resti di epoca romana risalenti al II secolo a.C, tra i quali spiccano l’imponente teatro e le domus patrizie, nell’antichità decorate da preziosi mosaici – che oggi si possono ammirare al locale e imperdibile Museo Archeologico –. Anche il castello di San Martino, di impianto rinascimentale e immerso in un riposante parco, merita una visita,

Durante il Palio del Tributo, Priverno Cesare Galanti

pure per il curioso Museo per la Matematica che ospita. Chi invece desiderasse immergersi nella natura e nella leggenda, i laghetti del Vescovo sono la meta giusta: si tratta di numerosi specchi d’acqua originati da sorgenti sotterranee e probabilmente collegati tra loro che, secondo le credenze locali, ospiterebbero una carpa gigante. Infine, spostandosi di una quindicina di chilometri, gli amanti dei posti insoliti apprezzeranno Campo Soriano, una sorta di monumento naturale, con le sue caratteristiche rocce monolitiche.


Simona PK Daviddi

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COMUNE DI GAETA Latina Abitanti: 19768 gaetani Altitudine: 2 m s.l.m. Superficie: 29,2 km² Santo Patrono: San Erasmo e Marciano - 2/6 Il comune fa parte di I Borghi più belli d’Italia

Alessandro Tortora*


Gaeta Vecchia

Anima medievale

Gaeta Alessandro Tortora*

A

ffacciato sul golfo omonimo, il quartiere medievale di Gaeta – conosciuto anche come Gaeta Vecchia – è un dedalo di stradine acciottolate e vicoli scenografici, che si snodano su uno sperone roccioso a strapiombo sul mare azzurro intenso, svelando torri, scalinate, dimore patrizie in pietra, chiese dalle pregevoli fatture, botteghe artigiane e svettanti campanili. Sicuramente il percorso più romantico per addentrarsi a Gaeta Vecchia è percorrendo il lunghissimo lungomare Caboto, dove la vista

può spaziare dal mare – spesso punteggiato da barche a vela, moderne ma anche di antica fattura – al borgo marinaro con i suoi pescherecci, al centro storico; ed è proprio sul lungomare – ancora fuori dalle mura – che si incontra la prima meraviglia: la chiesa bizantina di San Giovanni a Mare, con la sua affascinante cupola araba risalente all’XI secolo e con il curioso pavimento interno inclinato, in modo da far defluire facilmente l’acqua di mare che, non di rado, riusciva a entrare in chiesa.


Tempio di San Francesco Vladimir Sazonov*

Un dedalo di fascino O

ltrepassata porta Carlo III, un tempo l’unica via d’accesso alla città medievale, il modo migliore di scoprire il cuore antico di Gaeta è perdendosi tra i suoi angoli, passeggiando guidati solo dalla curiosità e lasciandosi stupire dalle pregevoli opere architettoniche che si incontreranno. A tal proposito, sarà subito chiaro perché Gaeta era un tempo soprannominata “la città delle cento chiese”: i luoghi di culto che ne punteggiano l’agglomerato sono non solo numerosi, ma anche ognuno caratterizza-

to da fatture particolari e uniche. Come il duecentesco tempio di San Francesco, con la sua facciata gotica che domina l’intero golfo, annunciata da una scenografica scalinata; o come l’antichissima cattedrale di Sant’Erasmo – del cui santo ospita le reliquie dall’842 – dominata dal bellissimo campanile arabo-normanno: alto ben 57 metri, è un cesello di archetti e bifore, sormontate da un elemento apicale ottagonale circondato da quattro torrette cilindriche coperte da altrettante cupolette.

Alessandro Tortora*


Tra Angioini e Aragonesi S

i è quasi giunti alla sommità del borgo vecchio, dominato dal maestoso complesso del castello Angioino-Aragonese. Se la leggenda vuole che la costruzione del minaccioso maniero risalga al VI secolo come fortezza difensiva contro i Goti, fonti più attendibili la collocano invece nel XII secolo, quando Federico II di Svevia iniziò a difendere il proprio territorio con fortezze e fortificazioni. Leggende e fonti storiografiche a parte, ammirando il castello sono ben visibili due fatture differenti: la più antica, letteralmente a strapiombo sul mare, di foggia angioina e quella più moderna, voluta dall’imperatore Carlo V d’Asburgo nel Cinquecento. Ridiscendendo verso il mare, sono ancora innumerevoli gli edifici che meritano una sosta, tra questi assolutamente la chiesa della Santissima Annunziata – di impianto gotico trecentesco ma dagli interni barocchi

Sirio Carnevalino*

– con l’attigua cappella dell’Immacolata Concezione, un vero e proprio gioiello barocco soprannominato “cappella d’oro” per i soffitti rifiniti in oro zecchino.

Alessandro Tortora*


San Felice Circeo

Tra preistoria e mitologia

San Felice Circeo Flavia Costadoni

È

la punta estrema di una splendida lingua di terra che chiude a Ponente il Golfo di Gaeta, ma è anche la mitologica località dove Ulisse si lasciò irretire dalla maga Circe (come il toponimo suggerisce innegabilmente); non solo: l’insediamento è stato colonia degli antichi Romani, possedimento dei Templari, roccaforte pontificia e feudo della nobile famiglia dei Caetani; e ancora: l’Uomo di Neanderthal ha lasciato qui le sue tracce e i laziali oggi lo amano per le sue spiagge soffici e l’acqua cristallina del suo mare, che richiamano turisti da ogni dove. Questa è la sintesi della storia

– millenaria e in bilico con la leggenda – di San Felice Circeo, borgo marinaro sospeso su un pianoro naturale a un centinaio di metri a strapiombo sul mare e incastonato nella bellezza incontaminata del Parco Nazionale del Circeo. E proprio il connubio mare-natura è il primo elemento che seduce il visitatore di tutti i tempi e che regala emozioni mozzafiato soprattutto al tramonto e soprattutto dal promontorio del Circeo – le cui forme sinuose ricordano le sembianze di una donna, forse la stessa Circe – creando una sorta di belvedere sul paesaggio circostante.


Simona PK Daviddi

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COMUNE DI SAN FELICE CIRCEO Latina Abitanti: 9679 sanfeliciani Altitudine: 98 m s.l.m. Superficie: 32,63 km² Santo Patrono: San Felice Martire - 29/7 Il borgo fa parte di I Borghi più belli d’Italia

Davide Zanin


Piazza Vittorio Veneto marcovarro

Le curiosità del centro storico È

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il Medioevo il periodo storico che ha lasciato le tracce più affascinanti nel cuore di San Felice Circeo, a iniziare dalla cinta di mura difensive che lo circonda, per continuare con la duecentesca torre dei cavalieri Templari, che un rimaneggiamento ottocentesco ha provvisto di un caratteristico orologio – togliendolo dal portale dell’attiguo palazzo Baronale, costruito nel XIV secolo per volere della famiglia Caetani e oggi divenuto sede del Municipio –. Risalgono invece alla seconda metà del Cinquecento i resti delle quattro “torri papali” – com-

missionate da Papa Pio IV all’onnipresente famiglia Caetani –: disseminate lungo la scogliera, servivano per avvistare i pirati saraceni che giungevano dal mare, con la loro forma circolare e un sofisticato sistema di protezione, che consentiva di prevenire anche gli attacchi dall’entroterra. Più recente ma comunque affascinante, è l’ottocentesco Faro di Capo Circeo, con la sua torre alta 18 metri. Infine, non si può non ricordare che la divina Anna Magnani amava talmente San Felice Circeo da chiedere di essere sepolta nel minuscolo cimitero locale.


Cercando Circe (e non solo) A

ppena fuori dall’abitato di San Felice Circeo, il territorio è disseminato di siti archeologici interessantissimi e grotte naturali abitate fin dalla notte dei tempi. La misteriosa Acropoli di Circeii, per esempio, probabilmente risalente al III secolo a.C., con la sua possente cinta muraria, o l’Ara di Circe – una piattaforma ritrovata sulla sommità del Promontorio del Circeo, dove si suppone fosse stato costruito un tempio dedicato alla maga-dea, figlia del dio Sole – meritano assolutamente una visita, così come la fonte e la piscina di Lucullo – quest’ultima in realtà un’antica peschiera per l’allevamento del pesce – e i ruderi di numerose ville patrizie. Tra le grotte, la più famosa è certamente la grotta Guattari, dove nel 1939 è stato rinvenuto il famoso cranio neandertaliano che oggi fa bella mostra di sé insieme ad altri reperti preistorici nelle sale della mostra permanente Homo Sapiens et Habitat, ospitata nella torre dei Templari. E chi alle passeggiate e alla storia preferisce il mare? C’è solo l’imbarazzo della scelta, tra spiagge e calette riparate dal vento, lambite da un mare leggendario. Torre Paola canbedone

Chiesa di San Felice Martire Stefano Pellicciari


Simona PK Daviddi

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COMUNE DI SERMONETA Latina Abitanti: 10061 sermonetani Altitudine: 237 m s.l.m. Superficie: 45 km² Santo Patrono: San Giuseppe - 19/3 Il comune fa parte di Paesi Bandiera Arancione


Sermoneta

Bellezza senza tempo

Sermoneta leoks*

P

ercorrendo la scenografica strada tortuosa che sale dalla pianura Pontina verso i colli laziali, sembra di fare un viaggio a ritroso nel tempo: man mano che il bellissimo borgo di Sermoneta si svela alla vista, la mente evoca scene medievali di cavalieri e dame, di scorribande saracene e di battaglie a filo di spada. Una manciata di case in pietra sparpagliate ad arte attorno al maestoso castello – che fiero svetta dalla sommità collinare – e protette da una poderosa cinta muraria: passeggiando per le stradine ac-

ciottolate di Sermoneta, pare di sentire ancora aleggiare nell’aria l’atmosfera di fermento artistico e culturale che caratterizzò il borgo quando la nobile famiglia dei Caetani – che vantava anche un papa, Bonifacio VIII – ne fece il centro di un vastissimo e florido feudo. A testimonianza dell’antico ruolo baricentrico, rimane, appunto, il duecentesco castello Caetani, roccaforte difensiva magnificamente intatta, i cui interni sorprendono per gli spettacolari affreschi di Girolamo Siciolante, ribattezzato poi “Il Sermoneta”.


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Il centro storico: scrigno prezioso L Lasciate le sale ariose e i corridoi angusti del castello – si visitano anche le antiche prigioni, dove i detenuti hanno lasciato interessanti disegni murari – il cuore di Sermoneta riserva numerose altre attrattive, a iniziare dalle arcate

Maria, eretta nel XII secolo sui resti di un tempio pagano in stile Romanico ma con seducenti contaminazioni gotiche, soprattutto negli archi a tutto sesto delle navate e nei pregevoli affreschi. Di raro fascino è anche la chiesa di San Michele Arcangelo, edificata nell’XI secolo sulle rovine di un tempio dedicato a Maia e con una cripta decorata da splendidi affreschi quattrocenteschi, mentre curiosa è la sinagoga Ebraica – oggi trasformata in dimora privata –, testimone della piccola comunità che popolava Sermoneta in epoca medievale.

rinascimentali della quattrocentesca Loggia dei Mercanti – sempre a opera di un membro della famiglia Caetani – animata sede del consiglio cittadino dell’epoca nonché di botteghe e persino stalle; per proseguire con la cattedrale di Santa


Abbazie e Templari A

nche i misteriosi Templari hanno lasciato traccia del loro passaggio nel magnifico borgo laziale: facendo attenzione non sarà difficile incontrare sugli edifici sacri numerosi simboli e fregi di impronta cistercense – l’ordine è da sempre legato a doppio filo ai temerari monaci-cavalieri – come la “triplice cinta druidica” e il famoso “sator”, il quadrato composto da cinque parole latine che formano una frase palindroma. Ma c’è un luogo a Sermoneta nel quale la filosofia e i misteri dei Templari riecheggiano in maniera suggestiva, l’abbazia di Valvisciolo: la leggenda narra addirittura che nei sotterranei di questo splendido edificio gotico-cistercense in pietra viva sia custodito nientemeno che il favoloso tesoro dei Templari. Non solo. La crepa che ancora oggi è visibile sull’architrave del portale confermerebbe la narrazione medievale secondo la quale il 18 marzo 1314, quando venne messo al rogo Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro, gli architravi di tutte le chiese templari si spezzarono.


Sperlonga

Tra cielo e mare

Sperlonga RomboStudio*

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n gomitolo di case bianche rannicchiate su uno sperone roccioso affacciato sul mare cristallino: è questa la suggestiva immagine da cartolina con la quale Sperlonga si presenta ai visitatori affascinandoli al primo sguardo. Un cuore marinaro, dunque, che riecheggia la tipica architettura mediterranea, scandita da vicoli, candidi archi in pietra e stradine che si aprono all’improvviso sull’azzurro del cielo o su quello – ancora più intenso – del mare, regalando a ogni angolo irresistibili sorprese profumate

di salsedine. Ma, accanto all’aspetto pittoresco, Sperlonga svela anche un’anima glamour, che ne fa una delle più amate destinazioni balneari di questo tratto di costa laziale, con soffici spiagge attrezzate e paesaggi naturali – sopra e sotto il mare – mozzafiato: non è un caso che qui la Bandiera Blu campeggi da 25 anni senza interruzione e, già da qualche anno, vi sventoli anche quella Verde, che segnala le spiagge particolarmente adatte ai bambini, selezionate da un pool di pediatri.


Simona PK Daviddi

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COMUNE DI SPERLONGA Latina Abitanti: 3104 sperlongani Altitudine: 55 m s.l.m. Superficie: 19,49 km² Santo Patrono: San Leone Magno e San Rocco - 10/9 Il borgo fa parte di I Borghi più belli d’Italia

Torre Truglia RomboStudio*


Caverna della Villa di Tiberio essevu*

Storia millenaria S

i perdono nella notte dei tempi le origini di Sperlonga, abitata fin dal Paleolitico – potrebbe essere la mitologica città di Amyclae fondata dai Lacooni – ed eletta a dimora da numerosi patrizi romani, primo fra tutti l’imperatore Tiberio, che fece addirittura inglobare nella propria villa una delle numerose grotte che punteggiano il litorale. E proprio dalle grotte – speloncae in latino – deriverebbe con tutta probabilità il toponimo dell’abitato, mentre il suo “arroccamento” sarebbe un tentativo medievale di difesa contro i continui attacchi dei pirati. Gli amanti di storia

Rovine della Villa di Tiberio essevu*

e archeologia non possono non visitare proprio i maestosi resti della villa (e della grotta) di Tiberio, al cui interno sono stati rinvenuti reperti e sculture di rara fattura, così numerosi da richiedere la creazione in loco di un – interessantissimo – Museo Archeologico. Il modo sicuramente più coreografico per scoprire la Sperlonga romana è quello di seguire il “sentiero di Ulisse”, un percorso ciclopedonale messo a punto dall’amministrazione e che narra le gesta dell’eroe omerico, al quale è dedicata la maggior parte degli imponenti gruppi scultorei rinvenuti.

fischers*


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l centro storico di Sperlonga, annoverato tra i borghi più belli d’Italia, narra, come accennato, le peripezie delle popolazioni medievali alle prese con le invasioni saracene: le quattro torri d’avvistamento che si possono riconoscere tra le case sono infatti quello che resta di un raffinato sistema di difesa cinquecentesco – imperdibile Torre Truglia, che sorge letteralmente a strapiombo sulla punta estrema del promontorio di S. Magno – che si sviluppa anche fuori

Corina Daniela Obertas*

dall’abitato, fino alla Torre di Capovento, a circa tre chilometri dal paese. E tutt’intorno, Sperlonga è incastonata in una natura incontaminata e protetta, quella del Monumento Naturale – parte del Parco di Ulisse – e dell’Oasi Blu del Wwf, dove immergersi nella profumatissima macchia mediterranea per indimenticabili escursioni in compagnia di gheppi, falchi pellegrini e gabbiani reali. Infine, anche gli amanti degli sport acquatici non resteranno delusi da Sperlonga: se le immersioni regalano emozioni uniche, anche il semplice snorkeling consente di ammirare i ricchi fondali, mentre per un colpo d’occhio davvero scenografico del bianco abitato, è un must ammirarlo dal mare, magari durante un piacevole giro in barca.

tanialerro.art*

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Antiche torri e natura incontaminata I

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Leonessa Labro Greccio Casperia Foglia

TORNA AL SOMMARIO

Amatr


Benvenuti in provincia di

rice

Rieti Castel di Tora

Orvinio

Amatrice Casperia Castel Di Tora Collalto Sabino Foglia Greccio Labro Leonessa Orvinio

Collalto Sabino

Paesi Bandiera Arancione del Touring Club Italiano Borghi più belli d’Italia Borghi Autentici d’Italia

Area Sabina ValerioMei*


Gaia Guarino

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COMUNE DI AMATRICE Rieti Abitanti: 2500 amatriciani Altitudine: 955 m s.l.m. Superficie: 174,40 km² Santo Patrono: Santa Maria di Filetta (1° domenica dopo l’Ascensione) Il comune fa parte di I Borghi più belli d’Italia

Monti della Laga - Sentiero Valle della Selva Grande Marzio Mozzetti CDM Servizi


Amatrice

Sapori e folclore nel cuore degli Appennini

Il Polo Del Gusto Di Amatrice Marzio Mozzetti CDM Servizi

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al 2015 è annoverato tra i Borghi più belli d’Italia. Parte della comunità montana del Velino, Amatrice è abbracciata dal suo Lazio, dall’Abruzzo, dalle Marche e dall’Umbria in una posizione ideale che funge da ponte tra la costa tirrenica e l’Adriatico. La storia si perde nei secoli e ci riporta prima alla preistoria, poi all’epoca romana di cui rimangono oggi numerosi reperti archeologici. Dopo l’Unità d’Italia, Amatrice viene annessa all’Abruzzo, per divenire infine un comune della provincia di Rieti nel 1927 quando

la stessa viene ufficialmente istituita. Chiunque vi si rechi non può che restare colpito dai paesaggi: i faggi di montagna riempiono il bosco che si estende fino a 1.800 metri d’altitudine aprendosi poi su una prateria che tra la primavera e l’estate si colora di fiori. Spettacolari sono altresì le cascate che si generano con il primo tepore di aprile e si gelano, come cristallo nella roccia, durante i mesi invernali. Da vent’anni, inoltre, il territorio amatriciano è inserito nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.


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Marzio Mozzetti CDM Servizi

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Marzio Mozzetti CDM Servizi

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Amatrice, cultura in cucina D

ire Amatrice non può che riportare a un piatto iconico della cucina italiana, ossia la celeberrima pasta all’amatriciana. Tre ingredienti di base - sugo di pomodoro, guanciale e pecorino -, un’origine contadina e una tradizione essenzialmente che ha fatto sopravvivere la ricetta dando però vita a moltissime varianti. Sebbene questa delizia sia una star dei menù, sono

tanti i cuochi di queste terre che hanno elevato la gastronomia romana introducendo le loro specialità. Re della tavola locale sono i salumi, prosciutto e guanciale in primis ma anche pancetta, lonza e salame. Si aggiungono i prodotti caseari come il pecorino e la ricotta, e ancora spicca la produzione di miele e dei suoi derivati. In virtù di questa sua vocazione per l’agroalimentare, nel centro direzionale del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga di Amatrice, è stato fondato il Polo Agro Alimentare. Si tratta di un luogo che oltre a definire gli standard qualitativi dei prodotti del parco vuole promuovere anche ricerche e studi volti a far progredire il settore.

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Durante la mietitura Marzio Mozzetti CDM Servizi


Lago di Scandarello Marzio Mozzetti CDM Servizi

Racconti d’arte e folclore Q

uesto borgo del reatino, nonostante i tristi ricordi lasciati dai terremoti, vanta un interessante patrimonio artistico. Le architetture religiose sono sicuramente tra le più notevoli, basti pensare alla chiesa di San Francesco del XIV secolo custode di affreschi e marmi, e quella di Santa Maria di Porta Ferrata. Nelle frazioni circostanti spiccano opere come quelle del santuario dell’Icona Passatora realizzate quasi interamente dal pittore amatriciano Dionisio Cappelli tra il Quattrocento e il Cinquecento. Amatrice significa anche folclore, recandovisi a marzo si può assistere alla “Corsa degli Asini” e al “Palio dei Somari”. Si tratta di un evento di matrice popolare durante il quale, dopo aver dato a ogni animale in gara il nome di un sindaco, si permette all’ultimo classificato di aggiudicarsi il “Campanaccio del Palio”. Infine, come non rimanere stupiti davanti all’elezione della “Dama delle Dame”, una cerimonia che segue a una sfilata di circa cinquecento partecipanti vestiti a festa in abiti medievali.

Dama delle Dame notizie.comuni-italiani.it


Casperia

Il borgo tra storia e leggenda

Casperia leoks*

C’

era una volta - e c’è ancora -, su un aspro colle incastonato tra il Tevere e Monti Sabini, il borgo di Casperia. Fino al 1946, proprio in virtù della durezza del suo territorio, era noto come Aspra Sabina ma successivamente ad avere la meglio è stato il fascino letterario che avvolge questo villaggio. Si torna ai tempi dell’antica Roma, all’epoca in cui Virgilio scrisse l’”Eneide” citando, nel Libro VII del suo poema, una città di nome Casperia idealmente collocabile proprio nel suo attuale

territorio. Per le vie di questo borgo si respira un’aria che profuma di miti, leggende, racconti lontani: la fondazione dei primi insediamenti si fa risalire ai popoli del Mar Caspio, alla figura di Sabo che dalla Persia, e dopo un lungo peregrinare dalla Grecia alla Sicilia, giunse qui, nell’alto Lazio. Chi visita oggi questo paese ne riconoscerà una fortissima impronta medievale con uno schema urbano costituito da strade a cerchi concentrici dette “a bulbo di cipolla” il cui nucleo centrale è percorribile soltanto a piedi.


Gaia Guarino

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COMUNE DI CASPERIA Rieti Abitanti: 1257 casperiani Altitudine: 397 m s.l.m. Superficie: 25,31 km² Santo Patrono: San Giovanni Battista - 24/6 Il borgo fa parte di Paesi Bandiera Arancione

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leoks*

Alla scoperta del bello D opo essersi piacevolmente perduti nelle vie di Casperia fino alla sommità dell’antica Aspra, ci si ritrova davanti alla chiesa di San Giovanni Battista, restaurata nel XVI secolo e contaminata da elementi barocchi aggiunti nel Settecento. Al suo interno, una vera e propria galleria d’arte costituita da affreschi, sculture, dipinti e da un grande organo del Seicento che la comunità locale acquistò per celebrare il giubileo. Altra tappa da inserire nel proprio itinerario è palazzo Forani, eretto nel Cinquecento per volontà della

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famiglia Bruschi, conta oltre cinquanta stanze. Nel corso dei secoli diverse sono le vicende che hanno accompagnato la storia di questo palazzo che, nel 1929, viene ereditato dai Forani e di cui ancora ne porta il nome. Infine, non può mancare un tocco di bellezza pennellato di verde. Una curiosità che in pochi conoscono è che all’interno dei confini del borgo vivono quattro alberi monumentali censiti dal Corpo forestale dello Stato, ossia il leccio di Aspra, il terebinto di Montefiolo, il cerro di Valle Ferrara e il faggio di Fonte Cognolo.


Tradizioni ed eventi, cosa mettere in agenda L a qualità turistico-ambientale del comune di Casperia è stata certificata con il prestigioso riconoscimento della Bandiera arancione del Touring Club Italiano. Questo borgo, sicuramente suggestivo nelle sue forme, è intriso di una forte tradizione popolare. Una delle feste più apprezzate e attese dagli abitanti è quella di Sant’Antonio Abate durante la quale, oltre alla consueta processione, vengono distribuite delle ciambelle all’anice e si dà la benedizione agli animali domestici. Molto importante è anche la celebrazione dell’Assunzione di Maria in cielo che si conclude con i fuochi d’artificio, e infine la giornata del Corpus Domini

colorata da una meravigliosa infiorata. Per gli amanti delle sagre, gli appuntamenti da non perdere sono due: in autunno, durante la terza domenica di ottobre ci si lascia deliziare dai sapori della polenta. In estate, invece, è tempo di primi con la sagra degli stringozzi, un formato di pasta lunga a base di acqua e farina tutta da assaggiare. Stringoz zi ig @abbie stark

ValerioMei*


Gaia Guarino

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COMUNE DI CASTEL DI TORA Rieti Abitanti: 278 castelvecchiesi Altitudine: 607 m s.l.m. Superficie: 15,49 km² Santo Patrono: Santa Anatolia - 10/7 Il comune fa parte di I Borghi più belli d’Italia

Castel di Tora Maxgio1974*


Castel di Tora

Il borgo specchiato nel lago

ValerioMei*

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pecchiarsi sulla sponda del Lago del Turano, una manciata di abitanti e un paesaggio incontaminato a fare da cornice. Questo è Castel di Tora, parte del club dei borghi più belli d’Italia, un luogo dove l’aria profuma di timo e ginestre, i castagneti decorano i crinali dei monti e dove si percepisce ancora l’eco di una cultura agreste da scoprire durante una passeggiata. Ripercorrendo il tempo andando indietro nei secoli, torniamo al Medioevo quando questa località era nota come Castrum Ve-

tus de Ophiano, tanto che fino a metà Ottocento il nome fu proprio Castelvecchio. Tora era invece la denominazione di un vecchio insediamento romano teatro del martirio di Santa Anatolia, oggi patrona della città. È a lei che è dedicato un santuario su una collina non distante dal borgo, sebbene la chiesa parrocchiale sia invece intitolata a San Giovanni Evangelista. Bello come un presepe sull’acqua, Castel di Tora è la destinazione ideale per vivere all’aperto e svelare la magia del territorio.


Castel di Tora, esperienze in outdoor C on i suoi panorami da cartolina, il borgo si inserisce nella Riserva naturale dei Monti Navegna e Cervia. Qui si respira a pieni polmoni un ambiente salubre nel quale immergersi per sperimentare un contatto autentico con la natura. Chi ama le passeggiate può dedicarsi al trekking con delle escursioni sia nella riserva sia lungo il Cammino di San Benedetto. Tante sono le attività che Castel di Tora offre ai suoi visitatori: la mountain bike e l’equitazione per esplorare la zona in modo alternativo, il parapendio per concedersi nuovi punti di vista e ancora, sfruttando le potenzialità del lago, vi è modo di praticare la pesca sportiva, di noleggiare kayak, canoe, pedalò e perfino andare a vela. Desiderio di avventura? Indossando le scarpe adeguate, vale la pena esplorare le Cascate delle Vallocchie. Due le alternative per raggiungerle, una più turistica e una adatta agli esperti. Lo stupore, invece, è uguale per tutti: davanti agli occhi un salto d’acqua di trenta metri che s’infrange sulle rocce calcaree.

Castel di Tora e il Lago del Turano leoks*

I sapori della tradizione C

astel di Tora non delude nemmeno il palato dei viaggiatori. Questo villaggio del Lazio, proprio in virtù della sua tradizione contadina, vanta numerosi prodotti del territorio divenuti dei veri e propri cavalli di battaglia. La ricotta di pecora, per esempio, si usa per farcire i ravioli, il tartufo si mescola alla farina per dar vita alle fettuccine fatte a mano. E poi ancora i salumi, gli gnocchi di patate con selvaggina, l’abbacchio scottadito e il formaggio pecorino, ai quali si aggiungono il farro, il mais, i funghi porcini e gli iconici fagioli a pisello, tipica coltivazione delle terre intorno al Lago di Turano.

Stefano Valeri*


Strigliozzi denise.parlamenti

ValerioMei*

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Due sono i piatti più rappresentativi di questo borgo, da una parte il polentone e dell’altra gli strigliozzi. Il primo, celebrato con una festa ad hoc la prima domenica di Quaresima, viene cotto in un grande caldaio con fuoco a legna e condito con sugo magro di baccalà, tonno, alici e aringhe. Gli strigliozzi, sono invece dei maccheroni fatti a mano protagonisti della sagra omonima che viene organizzata la prima domenica di ottobre.


Collalto Sabino

L’incantesimo del tempo che si è fermato

Collalto Sabino Pietro

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uò capitare che durante una vacanza romana ci si trovi in visita a palazzo Barberini e, incidentalmente, ci sI imbatta in un dipinto di fine Seicento che raffigura un borgo. A quel punto, basta mettere in moto l’immaginazione e farsi trasportare dentro al quadro. Ci si ritroverà, quasi per magia, a Collalto Sabino in una versione non troppo diversa da quella attuale. In alternativa, basta saltare in auto e dirigersi verso la parte meridionale della provincia di Rieti: è allora che tutto diventa

straordinariamente reale. Quando si giunge in questo borgo, annoverato dal 2002 tra i Borghi più belli d’Italia, il primo elemento che colpisce lo sguardo è il maestoso castello. Il villaggio, cinto di mura, sorprende per un’atmosfera silenziosa come se tutto l’abitato fosse sotto effetto di un incantesimo che ha messo in pausa il tempo. La montagna fa sentire la propria energia con soffi d’aria talvolta gelida, il verde dei boschi rimanda a una cultura bucolica, le case in pietra narrano scorci di vita quotidiana.


Gaia Guarino

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COMUNE DI COLLALTO SABINO Rieti Abitanti: 396 collaltesi Altitudine: 980 m s.l.m. Superficie: 22,37 km² Santo Patrono: San Gregorio Magno - 3/9 Il borgo fa parte di I Borghi più belli d’Italia

essevu*


Vivere la montagna L

e origini di Collalto Sabino, al secolo Collis Altus, risalgono a poco prima dell’anno Mille quando, per sfuggire ai saraceni, i popoli della valle del Turano si ritirarono sui monti. Ancora oggi questo borgo fa parte della Comunità montana del Turano, i paesaggi si presentano selvaggi e incontaminati, indubbiamente affascinanti. Angoli in cui l’orizzonte volge all’infinito perdendosi nelle sfumature del cielo e delle rocce. La tradizione pastorale è viva, tanto da trascinare con la fantasia dentro le avven-

Paola Leone*

ture mitologiche del dio Pan. Questo scenario è il set ideale per chi ama le attività all’aperto. Dalle passeggiate per gustarsi la bellezza della natura e scattare qualche fotografia tra gli alberi, al trekking avventuroso alla scoperta di gole e torrenti nel Parco Regionale del Monte Cervia e del Monte Navegna o alle escursioni a cavallo. E ancora dalla pesca sportiva allo sci nautico sul Lago del Turano: ognuno può sperimentare quanto il territorio ha da offrire facendo ciò che più lo appassiona.


Paola Leone*

Un giro nel borgo S

velare i misteri di Collalto Sabino significa coinvolgere il visitatore dal primo momento in cui vi mette piede e trasportarlo in un viaggio nei secoli. La prima tappa è il castello che dai suoi mille metri d’altezza domina la Piana del Cavaliere. Ci si arriva cimentandosi nei sentieri che si snodano costeggiando le mura e che conducono in cima alla rocca. Il castello di questo borgo è come un libro da sfogliare che in ogni suo angolo riporta nel passato, a un’epoca che si perde nella leggenda e nelle vicissitudini delle casate nobiliari che si sono avvicendate. Altri punti d’interesse sono il Monte San Giovanni con i resti di un’antica abbazia sorta su un vecchio tempio romano e poi, dentro il paese, la fontana ottagonale di piazza Vittorio Emanuele II, e palazzo Latini, edificato nel XVII secolo. Infine, per tornare all’arte pittorica da cui siamo partiti, non resta che entrare nella chiesa di Santa Lucia e contemplare per qualche istante lo splendido affresco cinquecentesco che ne rafforza l’identità.

siete_vidas*


Gaia Guarino

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COMUNE DI MAGLIANO SABINA Rieti Abitanti: 3561 maglianesi (39 nel borgo) Altitudine: 222 m s.l.m. Superficie: 43,23 km² Santo Patrono: San Liberatore vescovo e martire- 15/5 Il comune fa parte di I Borghi più belli d’Italia

Mattia Bernabei


Foglia

Dalla leggenda di Fauna al fascino del presente

Foglia Mattia Bernabei

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ella Valle del Tevere, adagiato su una collina, sorge Magliano Sabina. Un comune che, seppur piccolo, per dimensioni conserva al suo interno tante gemme, tra cui spicca una delle sue frazioni, Foglia. La sua posizione sul territorio le assegna di diritto il ruolo di “vedetta” e il suo nome è avvolto nella leggenda. Da una parte si pensa che il riferimento sia alla città falisca di Troilo, poi distrutta dai Romani. Dall’altra, almeno fino al XVII secolo, in molti associavano il toponimo “Foglia” alla divinità Fauna, moglie di Fauno, dio dei pascoli e mitico re dei Latini e dei Sabini.

In realtà, tra le due alternative vi è un legame. È curioso, infatti, come la necropoli di Troilo del IV secolo a.C. sia tornata alla luce grazie a degli scavi effettuati in un luogo che secondo le fonti era sacro proprio a Fauna e che oggi ospita invece la chiesa di Santa Maria Assunta. Questo sito archeologico è senza dubbio uno dei punti d’interesse del borgo, la cui caratteristica sono le molteplici tombe scavate nel tufo.

Iscrizione in lingua falisca, necropoli rupestre di Foglia Paola Santoro


Mattia Bernabei

Foglia in libertà U

n classico tour a Foglia, meraviglia del Lazio meritatamente inserita tra i Borghi più belli d’Italia, non può che iniziare dal castello. Lo si scorge già percorrendo l’Autostrada del Sole da Roma verso Firenze, un frammento del passato che si apprezza anche guidando. Per chi decide di fermarvisi, proprio da qui, dalla piazza, si inizia a passeggiare. Percorsa la via di Mezzo, si giunge di fronte alla cinquecentesca chiesa di Santa Maria Assunta che custodisce al suo interno affreschi

del Seicento e del Settecento oltre alle reliquie di Santa Serena, patrona del borgo. E poi ancora una tappa a palazzo Orsini, edificio di epoca medievale. Gli amanti della natura non rimarranno delusi dai panorami, un ambiente magico dove si respira la storia dei tempi dei Falisci e dove a sorprendere è la vegetazione: lecci, cerri, querce secolari e poi le orchidee variopinte che riempiono gli occhi di stupore. Il bosco dona anche degli ottimi prodotti per la tavola come funghi e asparagi selvatici.


Strozzapreti piccanti Framarzo*

I sapori delle terre dei Sabini «A ttingi senza risparmio vino puro di quattr’anni all’anfora Sabina», scriveva così Orazio, il noto poeta latino, per celebrare la bontà e il prestigio dell’olio d’oliva e del vino delle terre dei Sabini. E oggi, dopo oltre 2mila anni, nulla è cambiato. Foglia vanta infatti un’eccellente produzione di olio extravergine della Sabina affiancata da una superba tradizione enologica. Il buon vino ha il dovere di accompagnare le celebri ricette tipiche come gli strozzapreti piccanti, le fettuccine in bianco con asparagi, pancetta e pecorino, i frascarelli e lumache in olio extra-

vergine della Sabina, aglio, finocchio selvatico, mentuccia e peperoncino. La gastronomia di Foglia si fregia peraltro della salsiccia di carne e fegato suino, anche questo un prodotto che racconta il forte legame con la terra. I profumi, i sapori e le chicche della cucina si gustano ancora meglio dopo una piacevole camminata tra le stradine del borgo, dopo un trekking avventuroso o una rilassante passeggiata a cavallo.

Mattia Bernabei


Greccio

La Betlemme d’Italia nella tradizione del presepe

Greccio ValerioMei*

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accontare di Greccio menzionandolo come uno dei Borghi più belli d’Italia è sicuramente un buon punto di partenza, ma non basta. Questo comune della provincia di Rieti che si sviluppa a 750 metri d’altezza alle pendici del Monte Lacerone, può vantare una tradizione unica: benvenuti lì dove San Francesco d’Assisi fondò un celebre santuario e dove, la notte di Natale del 1223, mise in piedi il primo presepe vivente della storia. Inutile specificare come questa perla del Lazio sia ancora oggi intrisa

dai valori francescani e di come il presepe sia un tassello fondamentale della cultura locale. Chiunque si rechi qui in visita non può non programmare una sosta presso il Museo Internazionale del Presepe istituito all’interno della recuperata chiesa medievale di Santa Maria, a soli duecento metri dal centro storico. Qui si può fare un vero e proprio viaggio intorno al mondo ripercorrendo le natività di numerosi Paesi, uno spettacolo unico fatto di sculture e suggestioni opera di artisti contemporanei.


Gaia Guarino

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COMUNE DI GRECCIO Rieti Abitanti: 1554 grecciani Altitudine: 388 m s.l.m. Superficie: 17,86 km² Santo Patrono: San Michele Arcangelo - 29/9 Il borgo fa parte di I Borghi più belli d’Italia

Giuseppe Falagario - e-borghi


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Scenari unici nel borgo del Natale L

o spirito natalizio è parte dell’anima di Greccio. Questo borgo pittoresco racconta un fascino d’altri tempi, quello del Medioevo, ancora evidente nella struttura del castrum fortificato. Una passeggiata nel villaggio passa dalle rovine del castello per proseguire poi verso la chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo, prezioso scrigno di opere cinquecentesche, che sorge in cima a una scenografica scalinata. Al suo fianco, il campanile, costruito nel XVII secolo sui resti di una delle torri della cinta muraria. Lo stile Barocco domina invece la piazza principale di Greccio e in particolare la chiesa di Santa Maria del Giglio, con stucchi e affreschi che decorano l’altare maggiore e i due laterali. Infine, tappa doverosa per i fedeli di San Francesco, è la cosiddetta Cappelletta. Fu edificata, per volontà del popolo, a fine Settecento nel luogo in cui il santo era solito meditare e pregare in solitudine rifugiato in una capanna protetta da due piante di carpino. Un vero e proprio simbolo della cristianità.

Rievocazione del presepe Massimo Rinaldi

Interno del monastero di San Francesco ValerioMei*


Greccio e la Valle Santa Maxgio1974*

Greccio, la bellezza a cielo aperto S

ebbene l’atmosfera sacra rappresenti in un certo senso il cuore di questo borgo, Greccio sa emozionare i visitatori anche grazie alle sue bellezze naturalistiche. Vivere il proprio itinerario en plein air può riservare piacevoli sorprese. Una di queste è, per esempio, il Sentiero degli Artisti. Lo potremmo definire una galleria d’arte a cielo aperto, 26 opere di artisti internazionali realizzate sui muri di vecchie dimore, pura espressione del francescanesimo globale. Un altro punto d’interesse è la Fonte Lupetta, una sorgente d’acqua minerale alla quale si attribuiscono doti terapeutiche nonché un’area perfetta per campeggio e picnic. I panorami che circondano il paese sono ricchi di boschi, le montagne fanno da sfondo e la rete sentieristica regala la possibilità di entusiasmanti escursioni agli appassionati di trekking. Il percorso più famoso – ça va sans dire – è il Cammino di Francesco, seguendolo si potranno ripercorrere i suoi passi lungo tutta la pianura della Valle Santa.

Giuseppe Falagario - e-borghi


Gaia Guarino

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COMUNE DI LABRO Rieti Abitanti: 356 labresi Altitudine: 628 m s.l.m. Superficie: 11,75 km² Santo Patrono: San Pancrazio - 12/5 Il comune fa parte di Paesi Bandiera Arancione

Labro ValerioMei*


Labro

Il borgo del silenzio

ValerioMei*

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ilenzio. È così, in modo tacito ma egualmente potente, che il borgo di Labro si racconta. Sito nell’alto Lazio, in prossimità del confine con l’Umbria, è adagiato su un colle proteso verso la Valle del Fuscello, guarda dall’alto il Lago di Piediluco e scorge in distanza il Terminillo. Il suo nome ne rivela le origini probabilmente romane, Labro parrebbe derivare da lavabrum, ossia bacino, proprio a indicarne l’anima lacustre. Territorio strategico in epoca medievale, fu teatro di scontri per accaparrarsi i domini

di Spoleto e Rieti. Il declino e lo spopolamento sono invece una storia moderna che risale al secondo dopoguerra. Quando ormai il paese sembrava perduto, gli eredi della famiglia Nobili decisero di promuovere il recupero integrale del borgo restaurandone gli edifici. Il lavoro iniziato nel 1968 sotto l’occhio vigile dell’architetto fiammingo Ivan Van Mossevelde prosegue ancora, un progetto che rappresenta un nuovo abito e una nuova luce per tutto l’abitato garantendone il futuro.


Una gita a Labro

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orta Reatina segna l’ingresso del borgo medievale. Il miglior mezzo di locomozione? Le proprie gambe. Da qui si parte per una passeggiata tra stradine di pietra e palazzi, un tour tra le architetture locali per riscoprire il passato. Prima di giungere al castello Nobili Vitelleschi, vera attrazione di Labro, è bene fare delle tappe intermedie. La prima è alla chiesa di Santa Maria Maggiore, caratterizzata da un portale esterno che in origine costituiva la porta del castello e custode di interessanti pezzi d’arte. Al suo interno si trova anche la cappella del Rosario, più antica della chiesa, il cui portale non potrà che sorprendere per le sue decorazioni con scorpioni e lucertole. Continuando la camminata verso la parte alta del paese, si giunge davanti a un punto panoramico perfetto per scattare qualche fotografia. Recandosi invece poco fuori dal centro, meritano del tempo sia l’ex convento dei Francescani Osservanti di fine Seicento, oggi sconsacrato, sia la chiesa di Santa Maria della Neve.

Simona Bottone *


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I segreti di castello Nobili Vitelleschi I

l Castello Nobili Vitelleschi, da molti chiamato più comunemente “il castello di Labro”, ci riporta indietro tra il X e l’XI secolo quando iniziarono a sorgere i primi insediamenti fortificati. La fondazione si riconduce alla consorteria dei Nobili, mentre i Vitelleschi ne acquisirono la proprietà soltanto nel Rinascimento. Il palazzo attualmente visibile venne edificato nel XVI secolo per volontà di Giordano de’ Nobili e nel corso dei secoli fu più volte rimaneggiato. Ciò che colpisce l’occhio del visitatore sono i giardini pensili, interval-

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lati da balconi e logge, merlature e sontuose scalinate. Oltrepassando l’entrata ci si ritrova dentro una sorta di album di famiglia: si possono ammirare arredi d’epoca, ritratti, armi di battaglia, un maestoso camino in marmo. Per scoprirne tutti i segreti, è sufficiente contattare l’Associazione Culturale Castello Nobili Vitelleschi anche se il palazzo, in alcune sue aree, è sempre aperto al pubblico. Vi è un b&b all’ultimo piano, un pub nelle cantine e ogni tanto il piano nobile si veste a festa per i matrimoni.

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Leonessa

Il borgo dai due volti

Leonessa Gianluca Gizzi

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iano era il dio bifronte, Leonessa è il borgo dai due volti. Le sue origini risalgono al Medioevo, convenzionalmente la fondazione si attesta nel 1278, sorgendo tra Abruzzo e Lazio circondato dalla bellezza. Si respira quel fascino aspro della montagna orientato in direzione del versante nord del Monte Terminillo nell’alta Vallonina, quel versante che durante l’inverno si lascia ricoprire dalla neve, imbiancandosi e avvolgendosi nel silenzio. È qui che si trova oggi una stazione sciistica

nota come “Campo Stella” che, rinnovata solo pochi anni fa, si rivela fruibile in tutte le stagioni attirando gli appassionati di sport. Ai piedi del borgo, sul lato sud, si mostra invece il Monte Tilia, una delle destinazioni estive preferite dagli amanti delle passeggiate nel verde e dagli irriducibili del trekking non appena fiorisce la primavera. La vacanza con un tocco dinamico si articola pure tra i sentieri ciclabili, sogno di chi si diverte sulle due ruote e vuole esplorare la zona con andamento lento.


Gaia Guarino

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COMUNE DI LEONESSA Rieti Abitanti: 2174 leonessani Altitudine: 969 m s.l.m. Superficie: 204,04 km² Santo Patrono: San Giuseppe da Leonessa - 4/2 Il borgo fa parte di Paesi Bandiera Arancione

Gianluca Gizzi


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Metti una giornata a Leonessa P

rima di iniziare la visita di Leonessa è doveroso rivelarne una curiosità: è il comune più vasto di tutto il Centro Italia tra quelli oltre i novecento metri d’altitudine e il secondo della provincia di Rieti. Gambe in spalla, dunque. Non appena si giunge nel centro storico, si viene trasportati in un’altra epoca, quella di dame e cavalieri. A catturare l’attenzione sono i palazzi antichi, tra cui spicca palazzo Mongalli, edifico simbolico e sede del Comune. Da non perdere sono anche palazzo Cherubini e palazzo Vanni il cui portale settecentesco lascerà a bocca aperta. Altro punto d’interesse collocato proprio nel cuore del borgo è la Fontana Margaritiana del XVI secolo, donata alla città da Margherita d’Austria. Infine, vale la pena fare un excursus delle architetture religiose come il santuario di San Giuseppe da Leonessa e le chiese di San Francesco e San Pietro. Una chicca da mettere in agenda è il tradizionale “Palio del Velluto”, una gara tra contrade che si svolge generalmente a fine giugno.

Gianluca Gizzi

Lamberto Zannotti


Gianluca Gizzi

Due anime, due storie

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identità di Leonessa conta due anime. Da una parte l’attaccamento alla terra con una vocazione prettamente agricola, dall’altra lo spirito turistico-culturale. Sono due storie che camminano parallelamente ma molto vicine. Il luogo perfetto per saperne di più è il Museo Civico Mauro Zelli, dove addentrarsi prima in una sezione archeologica poi in quella demoantropologica. I campi sono coltivati per la produzione di lenticchie, farro e zafferano, ma la vera regina dell’agricoltura locale è la famosa patata leonessana. La si celebra in occasione della sagra di cui è protagonista durante la seconda domenica di ottobre e la si sfrutta in cucina per preparare, per esempio, le ciambelline, dolce molto diffuso nella zona. Rinomate sono anche le materie prime bovine e ovine così come i salumi. Grande è l’impegno delle associazioni del posto per promuovere l’area e farne apprendere tutte le sfaccettature, un lavoro costante portato avanti attraverso iniziative destinate all’ambiente, all’artigianato e all’attualità.

Gianluca Gizzi

Torre Angioina Sandrol67


Gaia Guarino

facebook.com/gaia.guarino

COMUNE DI ORVINIO Rieti Abitanti: 387 orviniesi Altitudine: 840 m s.l.m. Superficie: 24,69 km² Santo Patrono: San Nicola di Bari (ultima domenica di agosto) Il comune fa parte di I borghi più belli d’Italia

ValerioMei*


Orvinio

Il borgo delle mille leggende

Orvinio essevu*

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anemorto oppure Orvinio? Curioso come pochi casi l’evolversi del nome di questo borgo del Lazio! Per saperne di più prima di iniziare il nostro viaggio, occorre fare un salto indietro nel tempo, quando Orvinium, antica città sabino-romana, viene citata in alcuni scritti del I secolo a.C. da Marco Terenzio Varrone e Dionigi di Alicarnasso come luogo prossimo a Rieti che sulla sua rocca ospita un tempio di Atena e dei sepolcri sui colli. Nel Medioevo si parla invece di un villaggio noto come Canemorto, un toponi-

mo che vive tra storia e leggenda, e che sopravvive fino all’avvento del Regno d’Italia. È nel 1863 che si decide di rispolverare la latina Orvinium, assumendone la collocazione lì dove oggi sorge il centro abitato e dunque cedere il passo all’attuale denominazione. Siamo davanti a un borgo montano, spesso spettinato dal vento, con una forte impronta religiosa e un’eco che riporta alle gesta di Carlo Magno. È un luogo di contrasti dove la dura pietra delle costruzioni condivide cielo e terra con la gentilezza della natura.


I luoghi simbolo del borgo P er svelare il fascino del borgo medievale di Orvinio è sufficiente varcare la soglia di un grande arco. Davanti agli occhi ci si ritrova la sua anima più risalente, quella connessa al castello Malvezzi-Campeggi. In essere dall’anno Mille, nel corso del Cin-

quecento viene ampliato per volontà degli Orsini e, ancora, viene ristrutturato nel XX secolo senza però perdere alcuni dei suoi elementi originari che gli conferiscono un’indiscutibile maestosità. Al suo interno ci si può emozionare tra gli affreschi del

Ivano de Santis*

XVI secolo che ne impreziosiscono le sale. Fuori dal centro, un altro punto d’interesse è il santuario di Vallebona. Si dice che un dì, nel tagliare dei rami, un pastore colpì per sbaglio un’immagine della Vergine celata tra i rovi che iniziò a sanguinare. Questa fu portata in una delle chiese del paese ma il giorno dopo sparì e venne ritrovata lì dove si trovava in origine. Da qui la decisione di costruire il santuario e renderlo la casa di questo dipinto che raffigura la Madonna di Vallebona, protettrice di Orvinio.

essevu*


essevu*

Naturalmente Orvinio N on soltanto storia ma anche paesaggi. Orvinio si inserisce nel Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili dove tra cespugli di ginepro, fiori di sambuco e rovi di risa canina si ha l’impressione di essere trascinati dentro una fiaba. Una bellezza esaltata, tra maggio e luglio, da uno spettacolo mozzafiato: la fioritura delle orchidee selvatiche spontanee. Ogni stagione regala delle emozioni. La primavera e l’estate sono perfette per organizzare delle escursioni a piedi o del trekking sull’altopiano, o magari optare per la bicicletta o una cavalcata tra i sentieri. Ci si ritrova circondati da un paradiso incontaminato, da faggi e castagni, ci si può imbattere in delle grotte e giungere fino alla cascata sul Rio Petescia dove l’acqua luccica come il cristallo. Gli usignoli cantano nei mesi più caldi, mentre d’inverno non è difficile sentire ululare i lupi che vivono sul Monte Cima de Coppi. Orvinio, infine, è tra le tappe del Cammino di San Benedetto, battuto dai pellegrini che da Norcia procedono fino a Montecassino.

Maxgio1974*


Percile

Trevignano Romano Castelnuovo di Porto Castel Gandolfo Nemi

TORNA AL SOMMARIO

Castel San Pietro Romano


Benvenuti in provincia di

Roviano

Cervara di Roma

Roma Castel Gandolfo Castel San Pietro Romano Castelnuovo di Porto Cervara di Roma Nemi Percile Roviano Subiaco Trevignano Romano

Subiaco

Paesi Bandiera Arancione del Touring Club Italiano Borghi più belli d’Italia Borghi Autentici d’Italia

Via Appia matremors*


Amina D’Addario

facebook.com/amina.daddario

COMUNE DI CASTEL GANDOLFO Roma Abitanti: 8762 castellani Altitudine: 426 m s.l.m. Superficie: 14,19 km² Santo Patrono: San Sebastiano - 2/1 Il borgo fa parte di I Borghi più belli d’Italia


Castel Gandolfo

Il borgo dei papi

Castel Gandolfo Ferretti Giulio

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scursioni ad anello intorno al lago, canoa, mountain bike, equitazione. Castel Gandolfo è la meta perfetta per chi desidera trascorrere una giornata all’aria aperta in un borgo incantevole a una manciata di chilometri da Roma. Il paese, famoso per essere stato per quattrocento anni la residenza estiva dei papi, è aggrappato al ciglio del Lago Albano, cratere vulcanico ricolmo d’acqua blu cobalto, che fa capolino agli angoli delle vie e lungo i sentieri immersi nella natura incontaminata che lo circondano, offrendo sem-

pre scorci particolarmente suggestivi. Inserito nel circuito dei “Borghi più Belli d’Italia”, si può scegliere di scoprire Castel Gandolfo programmando un’escursione nel cuore del Parco regionale dei Castelli Romani, visitando le splendide Ville Pontificie o percorrendo un tratto dell’antica Via Francigena del sud. Uno dei periodi migliori per apprezzarne l’atmosfera e le bellezze naturali è l’autunno: è allora che il sentiero nei boschi lungo le sue sponde si ricopre di una coltre di foglie che varia dall’oro al marrone fino al rubino.


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Tra storia e leggenda C

astel Gandolfo sorge sul territorio della leggendaria Alba Longa, la città madre dei latini fondata da Ascanio, figlio di Enea. Un’area che già gli antichi Romani apprezzavano per la sua amenità e nella quale i patrizi, ne sono una testimonianza i resti della villa imperiale di Domiziano, cominciarono ben presto a costruire quelle lussuose residenze antesignane delle ville rinascimentali che ancora oggi si possono ammirare. Il cuore del borgo si sviluppa attorno a piazza della Libertà, su cui si affaccia lo splendido pa-

ValerioMei*

lazzo Apostolico costruito da Carlo Maderno nel Seicento sulle rovine del castello dei marchesi Gandolfi. Sino a Benedetto XVI è stato la tradizionale residenza estiva dei papi, nel 2016 è stato trasformato in museo aperto al pubblico. Sul lato est della piazza si eleva la mole della chiesa di San Tommaso di Villanova, opera del Bernini, così come la fontana che campeggia al centro. Sullo stesso lato della chiesa si apre la strada che porta al belvedere e a villa Barberini, uno dei luoghi più belli di tutti i Castelli Romani.


Stefano Valeri*

Sulle tracce degli antichi pellegrini P er secoli i pellegrini hanno percorso la Via Francigena del sud, il reticolo di strade che da Roma portava fino ai porti pugliesi dai quali ci si imbarcava alla volta della Terrasanta. Il primo tratto, meraviglioso, corre lungo l’antica Via Appia, raggiunge i Colli Albani e attraversa in pieno Castel Gandolfo, offrendo al camminatore, sia a quello esperto che al passeggiatore della domenica, una delle tappe più appaganti. Merito, questo, di un patrimonio straordinariamente ricco di storia, cultura, natura ed enogastronomia e che annovera siti archeologici di epoca romana, ville pontificie, giardini panoramici e splendidi scorci del Lago Albano. Ma anche una tradizione enogastronomica estremamente variegata, che spazia dalla produzione di pesche, qui chiamate familiarmente “guance di canonico”, alla produzione di vino Dop Colli Albani. Dagli ottimi biscotti artigianali ai piatti a base di pesce di lago - lattarini, trote, lucci, anguille, pesci persico e barbi -, che è possibile gustare nei ristoranti locali.


Castel San Pietro Romano

Gioiello dei Monti Prenestini

Castel San Pietro Romano Museo diffuso Castel San Pietro Romano

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rroccato sulla cima del Monte Ginestro, a soli quaranta chilometri da Roma e in posizione dominante, si staglia Castel San Pietro Romano, un piccolo borgo che non mancherà di stupire il visitatore per l’ampia gamma di luoghi da scoprire: dalle mura poligonali del VI secolo a.C. alla rocca dei Colonna, dalla magnifica chiesa di San Pietro Apostolo all’acquedotto romano nella Valle della Cannucceta, un’area protetta dichiarata Monumento Naturale della Regione Lazio. Dal 2017 Castel San Pietro Romano fa parte dei “Bor-

ghi più belli d’Italia” e dal 2019 è stato dichiarato “Borgo più bello del Mediterraneo”. I suoi scorci e i suoi vicoli non a caso hanno fatto da sfondo, fin dagli anni Cinquanta, a film famosi. Tutto iniziò con il sindaco di allora Adolfo Porry Pastorel, uno dei padri del fotogiornalismo italiano, che convinse Luigi Comencini ad ambientarvi “Pane, amore e fantasia”. Ancora con Vittorio De Sica vi furono poi girate scene di “Pane, amore e gelosia”, mentre fu Carlo Ludovico Bragaglia a continuare l’affresco della provincia italiana con “Tuppe tuppe, Marescià!”.


Amina D’Addario

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COMUNE DI CASTEL SAN PIETRO ROMANO Roma Abitanti: 837 castellani Altitudine: 763 m s.l.m. Superficie: 15,29 km² Santo Patrono: San Rocco - 16/8 Il comune fa parte di I Borghi più belli d’Italia

essevu*


La storia travagliata della rocca dei Colonna D istrutta e ricostruita più volte, la rocca dei Colonna è il monumento più affascinante di Castel San Pietro Romano. Edificata dalla famiglia Colonna a scopo difensivo nel punto più elevato del Monte Ginestro, fu rasa al suolo una prima volta nel 1298, subito ricostruita e poi nuovamente danneggiata nel 1438. Nei secoli fu la silenziosa testimone delle lotte tra i Colonna e il papato e vide imprigionati al suo interno alcuni personaggi famosi tra cui San Berardo Vescovo

essevu*

dei Marsi, Jacopone da Todi, che qui compose lo “Stabat Mater”, e Corradino di Svevia, che vi fu rinchiuso prima di essere trasferito a Napoli per la decapitazione. Nell’Ottocento venne addirittura abbandonata e ridotta a rudere, ma poi riacquistata dal comune e restaurata agli inizi del duemila per essere finalmente restituita alla fruizione pubblica. Durante le festività natalizie, vi viene allestito un presepe artistico a grandezza naturale ricco di fascino.


Ragemax*

La cucina romana di montagna F arina, zucchero, uova e limone. Sono ingredienti semplici quelli che servono a preparare i giglietti, biscotti tipici che affondano le loro origini nella storia di Castel San Pietro Romano. I giglietti, oggi Presidio Slow Food, sono legati alle vicende della famiglia Barberini, principi di Palestrina, che nel XIV secolo, durante il loro esilio a Parigi, assaggiarono questi biscotti a forma di giglio per poi importarli nel Lazio grazie al loro nutrito seguito di pasticceri. Oggi questa tradizione

artigianale dalla consistenza fragrante e semplice si perpetua solo in pochi forni della zona, affiancandosi a una cucina tradizionale ricca di prelibatezze. I sapori sono quelli tipici della cucina romana di montagna: si passa dagli “gnocchi a coda de soreca”, una pasta fresca dalla forma allungata che ricorda l’aspetto della coda di un topo, conditi di solito con sugo di cinghiale, maiale oppure castrato; per arrivare allo spezzatino, alla squisita pasta e fagioli e alla succulenta carne alla brace.


Amina D’Addario

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COMUNE DI CASTELNUOVO DI PORTO Roma Abitanti: 8773 castelnovesi Altitudine: 250 m s.l.m. Superficie: 30,57 km² Santo Patrono: Sant’Antonino - 2/9 Il borgo fa parte di I Borghi più belli d’Italia

essevu*


Castelnuovo di Porto

Una nuova stella tra i “Borghi più Belli d’Italia”

Castelnuovo di Porto Stefano Tammaro*

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iccoli passi, grandi traguardi. È così che si può sintetizzare il presente di Castelnuovo di Porto, borgo della provincia di Roma che ha recentemente ottenuto un importante riconoscimento: entrare a far parte de “I Borghi più Belli d’Italia”. Tanta soddisfazione ma anche un nuovo inizio per una località che oggi punta alla rinascita del proprio territorio. Un cammino attraverso paesaggi, edifici antichi, strade che profumano di storia per una destinazione che sogna di diventare una vera e

propria attrazione turistica. Il passato di Castelnuovo di Porto parte da molto lontano, si torna indietro nel tempo quando la popolazione italica dei Capenati, stanziata a nord-ovest del Tevere in epoca preromana, ricomprendeva l’area del paese odierno all’interno dei propri domini. Del periodo romano ben poco si conosce, sicuramente significativo è invece quanto accaduto dal Medioevo in avanti. Il castello come cuore del borgo, un’impronta evidente che ancora vive e si percepisce nel centro storico.


essevu*

Nel cuore medievale di Castelnuovo di Porto I l comune di Castelnuovo di Porto è incastonato nel Parco di Veio, un’area naturale protetta caratterizzata da dettagli storici, panorami suggestivi e un’atmosfera green tutta da respirare. L’animo medievale di questo borgo non può che colpire il visitatore, in primis per l’ottimo stato di conservazione. Passando dalla piazza principale ed entrando nell’antico castrum, si scorge il castello noto come Rocca Colonna. Al suo interno si trovano una piccola chiesa, le vecchie carceri e una meravigliosa opera d’arte che porta la firma del pittore cinquecentesco Federico Zuccari: una loggia affrescata con scene che raccontano la fondazione dell’Urbe, battaglie e altre leggende romane. Passeggiando intorno alla rocca, ci si può accorgere di quello che è stato, nel corso dei secoli fino al Rinascimento, lo sviluppo della città. L’immaginazione può così volare libera mentre si osservano mura, torri e stemmi araldici sulle abitazioni nobiliari. È la magia di ciò che è stato e diventa attuale.

Rocca Colonna Mario1952


Una continua scoperta a due passi da Roma C ontinuando a svelare i segreti di questo luogo non distante dalla Capitale, con la Valle del Tevere e i suoi scorci a fare da sfondo, ci si imbatte in angoli ricchi di una bellezza unica. Se ne possono cogliere le sfumature romantiche tra i vicoli colorati dai cambi di luce durante la giornata, visitando magari la collegiata di Santa Maria Assunta, una chiesa barocca del tredicesimo secolo, impreziosita da un trittico di Antoniazzo Romano dedicato a Gesù Salvatore. Oppure ci si può sentire un pizzico archeologi approfondendo la propria conoscenza della cultura etrusca attraverso le testimonianze della città di Veio, faro di civiltà del mondo antico. E infine, perché non lasciarsi sedurre dall’adrenalina che gli appassionati di escursionismo sperimentano tra i sentieri del Parco di Veio, giungendo fino alle cascate. Un percorso di acqua-trekking conduce ad ammirare le tre mole di Castelnuovo di Porto, un itinerario non difficile ma impegnativo da affrontare cullati dall’abbraccio del bosco e dal rumore dell’acqua.

Petru Ursache*

Petru Ursache*


Cervara di Roma

Museo en plein air

Cervara di Roma ValerioMei*

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urales, sculture di pietra, dipinti che occhieggiano a ogni angolo e scenografie a cielo aperto. È sempre stata amata dagli artisti, Cervara di Roma, suggestivo borgo medievale nel cuore del Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini. Fin dall’Ottocento questo luogo unico e impervio attirò infatti artisti da tutta Europa. Qualche esempio? Si innamorarono dei suoi scorci il pittore Ernest Hébert, l’illustratore Bartolomeo Pinelli, i pittori Jean-Baptiste Corot e Oskar Kokoschka. E

anche Samuel Morse, inventore del famoso codice. In epoca recente fu invece Ennio Morricone a stringere un legame profondo e duraturo con questo borgo e in particolare con la frazione montana di Campaegli, dove in un’atmosfera di quiete e natura incontaminata si ritirava per lunghi periodi. A memoria di questa amicizia, nella piazzetta del centro di Cervara di Roma sono incise le prime note del “Notturno” che il maestro compose in onore del borgo, insieme a una dedica del compositore.


Amina D’Addario

facebook.com/amina.daddario

COMUNE DI CERVARA DI ROMA Roma Abitanti: 451 cervaroli Altitudine: 1053 m s.l.m. Superficie: 31,75 km² Santo Patrono: Santa Elisabetta - 2/7 Il borgo fa parte di Borghi Autentici d’Italia

Stefano Valeri*


Mirabili scorci sulla Valle dell’Aniene N

on è difficile intuire perché fin dall’Ottocento gli artisti si innamorarono di Cervara di Roma e ne fecero una tappa del loro Grand Tour italiano. Con un’altitudine di 1.053 metri, questo borgo può vantare il centro storico più alto della provincia di Roma e il secondo del Lazio. Ma soprattutto scorci mozzafiato sull’intera Valle dell’Aniene. Una delle viste più incantevoli è quella che si può apprezzare dalla terrazza di piazza Umberto I, cuore del centro storico, raggiungibile percorrendo la panoramica “Scalinata degli Artisti” realizzata negli anni Ottanta dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Firenze e da

Chiesa di Maria Santissima della Visitazione ValerioMei*

artisti di tutto il mondo. Più in alto invece troviamo la chiesa di Maria SS. della Visitazione, con la sua facciata elegante interamente costruita in pietra e il bellissimo campanile che si innalza imponente sul paesaggio circostante. Appollaiato sullo sperone roccioso più elevato della montagna, campeggia infine l’antica rocca medievale risalente all’XI secolo, dominata dalla statua dell’Immacolata che vi è stata collocata nel 1954.

Stefano Pellicciari*

ValerioMei*


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La montagna dei romani C ervara di Roma è la porta d’ingresso al Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, che con i suoi 30mila ettari rappresenta la più grande area protetta del Lazio ed è il luogo ideale per gli amanti dell’outdoor, dell’equitazione, del mountain biking e dell’escursionismo. Per praticare queste attività a contatto con la natura, il consiglio è di spostarsi nella piccola frazione di Campaegli, che si sviluppa su un piccolo pianoro a 1.430 metri, trapuntato da caratteristiche baite di legno. Qui l’autunno regala lo spettacolo meraviglioso delle faggete in abito rosso, arancio, giallo. L’inverno, quando la natura brilla con le distese candide di neve, sono invece lo sci di fondo e le ciaspolate a farla da padrone. In tutta la zona è facile assaporare la tipica gastronomia laziale di montagna, quella originata dalla tradizione agro-pastorale. Quindi carni, salumi, formaggi, legumi e pane fatto in casa. Tra le specialità culinarie si segnalano le fettuccine al tartufo, ai funghi porcini, al castrato; e poi carne alla brace, pecorino e ricotte di produzione locale.

Stefano Valeri*

ValerioMei*


Amina D’Addario

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COMUNE DI NEMI Roma Abitanti: 1926 nemorensi Altitudine: 521 m s.l.m. Superficie: 7,33 km² Santo Patrono: Santi Filippo e Giacomo - 3/5 Il comune fa parte di Paesi Bandiera Arancione

Nemi e il suo lago ValerioMei*


Nemi

Borgo delle fragole (e dei misteri)

Nemi agean*

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emi è il borgo più piccolo dei Castelli Romani e anche uno dei più misteriosi. È noto per la coltivazione delle fragole - non una qualunque, ma quella piccola e dal sapore intenso che cresce solo attorno al Lago di Nemi - e per la relativa sagra, che si svolge la prima domenica di giugno nel periodo della raccolta. Ma c’è anche un’innegabile aura di mistero che circonda questo borgo incantevole a una trentina di chilometri a sud di Roma. Per secoli il suo lago ha infatti celato due gigantesche navi romane

risalenti al periodo dell’imperatore Caligola. Di queste imbarcazioni si cominciò a favoleggiare fin dall’antichità, ma furono i ritrovamenti occasionali dei reperti da parte dei pescatori locali ad accreditare, nei secoli, la leggenda. Le navi vennero recuperate negli anni Trenta e poi distrutte in un incendio durante la Seconda Guerra Mondiale. Oggi le riproduzioni in scala 1:5 e il pregevole materiale artistico scampato alla distruzione sono esposti nel Museo delle Navi Romane di Nemi.


Fragole e fiori L

e fragole sono il vero orgoglio di Nemi. Il particolare microclima che caratterizza il bacino vulcanico consente infatti la proliferazione spontanea di questo frutto che, con pazienza e bravura, le aziende locali coltivano in luoghi circoscritti. Per gustare questa prelibatezza basta andare nei numerosi caffè e nei ristoranti con vista sul lago lungo la via principale del borgo, corso Vittorio

Matteo Gabrieli*

Stefano_Valeri*

Emanuele, o negli agriturismi dei dintorni. Ma è a giugno, nel pieno della stagione della raccolta, che il paese si riempie di fragole e fiori. È questo il momento della Sagra della Fragola, evento che ha il suo fulcro nella sfilata delle “fragolare”, le ragazze del luogo che indossano il costume tradizionale e la “mandrucella” di pizzo sul capo. Un’occasione, questa, per gustare le tante ricette a base di fragole di cui la cucina locale è ricca e che comprendono le famose tortine alla crema pasticcera e fragoline, le confetture, il miele alla fragola, il liquore Fragolino e persino il risotto e la pizza alle fragole.

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Sagra della Fragola MZeta*


Statua della Grande Madre Terra Tatyana Abramovich*

I tesori nascosti S

e il borgo con le sue piazzette e i suoi belvedere non mancherà di affascinare i visitatori, saranno però le sponde del Lago di Nemi ad assicurare passeggiate piacevoli agli amanti delle attività all’aria aperta. È qui che, nascosti in mezzo a boschi di castagni, lecci e aceri, si nascondono i resti delle ville attribuite a Giulio Cesare e Caligola, un grande edificio termale rimasto in attività almeno fino IV secolo d. C. e il leggendario Tempio di Diana. Un complesso religioso di origine latina, che anche in epoca romana rimase sede del cruento rito del Rex Nemorensis, il sacerdote che sostituiva il predecessore dopo averlo ucciso in duello. Oggi i resti maestosi che riemergono dalla vegetazione sono solo una parte del santuario originario, ancora non interamente riportato alla luce. Altro tesoro che Nemi nasconde, e raggiungibile attraverso un percorso naturalistico di rara bellezza, è lo Speco di San Michele Arcangelo, una grotta naturale adattata fin dall’antichità a luogo di culto, al cui interno si trovano un ciborio dell’XI secolo e affreschi della fine del Quattrocento.

Fabianodp*


Percile

Terrazza sui Monti Lucretili

Percile RoyFokker

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ecchie case in pietra restaurate con gusto e stradine che si aprono all’improvviso, lasciando intravedere magnifici scorci sulla valle del torrente Licenza. Percile, a sessanta chilometri a nord-est di Roma, è un gioiello incastonato nel Parco Regionale Naturale dei Monti Lucretili, area in parte ancora incontaminata, dove proliferano splendide faggete e specie vegetali rare. Aggrappato su uno sperone roccioso a 575 metri d’altezza, Percile conta poco più di duecento abitanti e dal 2018 fa parte del

circuito dei “Borghi più belli d’Italia”. Chi sceglie di visitarlo, lo fa prima di tutto per respirare aria buona e assaporare profumi e sapori dimenticati: di boschi, di castagne, di legna, di asparagi e di cose buone. Da non perdere l’itinerario di trekking all’interno della tenuta demaniale Regionale “Lago”, un’oasi di circa novecento ettari, dove si trovano i due piccoli laghi di origine carsica chiamati familiarmente “lagustelli”. Un’area adatta alle famiglie e a chi cerca percorsi nella natura accessibili.


Amina D’Addario

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COMUNE DI PERCILE Roma Abitanti: 218 percilesi Altitudine: 575 m s.l.m. Superficie: 17,76 km² Santo Patrono: Santa Lucia - 13/12 Il borgo fa parte di I Borghi più belli d’Italia


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Le tradizioni da scoprire I l borgo ha origini romane, ma di quel periodo resta solo una stele marmorea dedicata a una fanciulla di circa sette anni, che ricorda anche altri personaggi della zona. Il nucleo storico dell’abitato è sovrastato dal palazzo Baronale, un edificio del XIII secolo, oggi chiamato palazzo Borghese e sede dell’amministrazione comunale. Il palazzo è un tutt’uno con l’adiacente chiesa di S. Lucia, un tempo cappella dei nobili e oggi chiesa parrocchiale. Un altro importante edificio religioso da visitare è S. Maria della Vittoria, una chiesa del XIII secolo immersa tra i boschi che la tradizione vuole sia stata costruita da Carlo d’Angiò. Durante l’anno, Percile è un’oasi di tranquillità e pace, ma si anima in occasione delle feste, la più importante delle quali è la Sagra della “Ramiccia”, che la prima domenica di dicembre celebra le fettuccine locali tagliate finissime e condite con sugo di castrato o altre specialità contadine. A maggio, invece è il tempo della Sagra degli “Sparagi”, ossia degli asparagi, e la Festa dei Laghi, che apre la stagione delle escursioni all’aperto.

Ventura Massimo


Natura da cartolina A

piedi, in mountain bike, a cavallo. Il Cammino di San Benedetto, quel percorso straordinario dove natura, spiritualità e storia si fondono in una magica alchimia, tocca anche il grazioso borgo di Percile e i suoi deliziosi laghi. Le rive colonizzate dai pioppi e dai salici, le acque verdi smeraldo e l’atmosfera incantata fanno sembrare questo luogo un angolo di Alpi. Invece siamo nel cuore del Parco Regionale dei Monti Lucretili, uno dei parchi più grandi del Lazio. I laghi sono chiamati familiarmente “lagustelli”, anche se in realtà portano il nome di Fraturno e Marraone. Nel 2008 questi specchi d’acqua sono stati riconosciuti come zona a protezione umida internazionale secondo la Convenzione di Ramsar, il primo vero trattato intergovernativo riguardante la conservazione degli ecosistemi naturali. Sulla sponda sud-est del Lago Fraturno, l’unico ad avere spiaggette accoglienti per una pausa di relax, si trova il sito medievale di Rovine Morella, con le romantiche rovine di Castel del Lago.

Alessio Di Silvestro


Amina D’Addario

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COMUNE DI ROVIANO Roma Abitanti: 1295 rovianesi Altitudine: 523 m s.l.m. Superficie: 8,5 km² Santo Patrono: San Giovanni - 29/8 Il comune fa parte di Borghi Autentici d’Italia

Porta Scaramuccia Paola Leone*


Roviano

Il borgo sopra le nuvole

Roviano maurizio*

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ella Valle dell’Aniene, aggrappato a una collina calcarea ai piedi del Monte Sant’Elia, sorge un piccolo borgo affacciato sulle nuvole. Il suo nome è Roviano e, quando le nubi galleggiano basse, la sua visione è puro incanto. Ci troviamo a soli sessanta chilometri a est di Roma, in un’area naturalistica di grande bellezza compresa tra il Parco dei Monti Lucretili e il Parco dei Monti Simbruini, da scoprire attraverso passeggiate rigeneranti immersi tra i colori e i profumi dei boschi di castagni, querce e faggi.

Ma non solo natura. Nei dintorni di Roviano si trovano importanti testimonianze di epoca romana: dal famoso acquedotto dell’Acqua Marcia alla strada Valeria Vetus, che anticamente si inerpicava attraverso Cineto, Roviano e Riofreddo. Da non perdere, il ponte Scotonico: un maestoso viadotto del I secolo d.C., oggi inserito all’interno di un percorso storico-naturalistico che dal fiume Aniene porta alla scoperta dei resti delle antiche mura poligonali di Roviano, fino ai ruderi del convento di S. Maria dell’Oliva.


Al centro delle contese I l nome del borgo deriva probabilmente dalla famiglia romana dei Rubri, che qui s’insediarono a partire dal IV secolo a.C., dopo la sottomissione degli Equi, a cui sembrerebbero invece risalire le singolari mura poligonali che si trovano nella zona residenziale chiamata “Leveta”.

Durante l’Alto Medioevo, Roviano appartenne all’abbazia di Subiaco, ma per la sua posizione dominante fu sempre conteso dalle antiche casate nobiliari dei Colonna, degli Orsini e dei Barberini. Il monumento più rappresentativo di Roviano è il castello, costruito attorno all’XI secolo

per resistere alle incursioni dei Saraceni e più volte rimaneggiato e ampliato. Nel Seicento divenne la dimora della famiglia Colonna, mentre oggi ospita il Museo della Civiltà Contadina Valle dell’Aniene. Al suo interno si possono osservare

i diversi manufatti che gli abitanti utilizzavano per coltivare la terra, per il lavoro nelle miniere e per le attività domestiche. Ma anche i preziosi affreschi dell’ex cappella dedicati al ciclo “Giuditta e Oloferne”.

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Piazza della Repubblica Square con la chiesa della Madonna Del Rosario Paola Leone*

Da vedere e da assaggiare P oco fuori dal centro storico di Roviano vale la pena di ammirare i resti del romitorio e della chiesetta di Santa Maria dell’Oliva. Il complesso fu costruito attorno all’IX secolo e nel 1223 donato dai benedettini a San Francesco d’Assisi. Interessanti anche i ruderi di Rovianello, castrum di epoca medievale che nel XVI secolo fu distrutto da Muzio Colonna, all’epoca signore di Roviano, per vendicarsi degli abitanti che si erano ribellati alle sue angherie. Ma non solo tesori d’arte e di storia. Come il suo territorio anche la cucina rovianese è uno scrigno tutto da scoprire. Tra i primi piatti, sono da assaggiare le “sagne” e la polenta con le “ciammaruche”, le lumache. Tipica è poi la pizza sulla brace con salsicce e cicoria e il “salavaticu”, una grande frittella circolare preparata con acqua, farina, sale e profumata di mentuccia romana. Tra i dolci va ricordata la “ciammella”, un pane che si regala in occasione dei matrimoni e delle feste patronali. Di altissima qualità è anche la produzione di olio extravergine di oliva, che si può acquistare presso il frantoio locale.

essevu Fabianodp*


Subiaco

La culla del monachesimo

Subiaco Angelo Cordeschi*

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l monastero di Santa Scolastica, il Sacro Speco di San Benedetto, la villa di Nerone, il Borgo dei Cartai, le escursioni lungo il fiume Aniene e la natura spettacolare dei Monti Simbruini. Se c’è un borgo dove fare il pieno di storia e di bellezza questo è sicuramente Subiaco, il più grande dei borghi fortificati della Valle dell’Aniene. Siamo ad appena un’ora di macchina da Roma, eppure non c’è luogo più distante dai rumori e dalla frenesia della città. Non è quindi un caso che la storia del monachesi-

mo benedettino sia iniziata proprio qui, in questo paesaggio dominato da gole selvagge e dalle trasparenti acque color smeraldo dell’Aniene. Benedetto da Norcia vi giunse attorno al VI secolo d.C., ritirandosi inizialmente in una grotta scavata alle pendici del Monte Taleo, che divenne il fulcro di quel magnifico monastero, oggi meta abituale di pellegrini e visitatori da ogni parte del mondo, cui si accede salendo una scalinata che attraversa il Bosco Sacro.


Amina D’Addario

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COMUNE DI SUBIACO Roma Abitanti: 8588 sublacensi Altitudine: 408 m s.l.m. Superficie: 63,23 km² Santo Patrono: San Benedetto - 21/3 Il borgo fa parte di Paesi Bandiera Arancione I Borghi più belli d’Italia

Monastero di Santa Scolastica Lucky Team Studio*


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La prima tipografia italiana

Monastero di Santa Scolastica Lucky Team Studio*

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a Subiaco non è solo la culla del monachesimo e tappa imprescindibile del Cammino di San Benedetto. Il monastero di Santa Scolastica, il

Rocca abbaziale Paoloesse*

primo degli eremi benedettini che si incontra sulla Via dei Monasteri che da Subiaco porta a Jenne, vanta il primato di essere il luogo dove fu stampato il primo libro d’Italia. Fu infatti a metà del Quattrocento che due chierici allievi di Gutenberg bussarono alla porta di questo monastero e qui impiantarono la prima tipografia italiana. Numerosi manoscritti e incunaboli originali sono custoditi nella ricchissima biblioteca di Santa Scolastica, ma il borgo mantenne sempre un rapporto privilegiato con l’arte della stampa. Per approfondirne la storia il consiglio è di visitare il Museo delle Attività Cartarie e della Stampa, che si trova al pianterreno della Rocca Abbaziale che domina l’abitato. Ma anche, a ridosso dell’Aniene, il Borgo dei Cartai, oggi opificio didattico e museo immersivo nato per far rivivere la storia della Cartiera di Subiaco, che per oltre quattro secoli ha caratterizzato la vita dell’intero borgo.


Lago di San Benedetto Lucky Team Studio*

Paesaggio plasmato dall’acqua I l territorio di Subiaco è immerso nel Parco dei Monti Simbruini, il cui toponimo, che deriva dal latino sub imbribus, sotto le piogge, ci ricorda che è proprio l’abbondanza delle acque a donare al paesaggio il suo aspetto florido e verdeggiante, da scoprire in affascinanti percorsi di trekking lunga la Via dei Monasteri o in sessioni di rafting o canyo-

Trekking sul Monte Autore Gennaro Leonardi*

ning nelle acque limpide dell’Aniene. Gli amanti delle attività outdoor non possono poi perdere l’incantevole e pacifica bellezza del Laghetto di San Benedetto, un limpidissimo specchio d’acqua color verde smeraldo raggiungibile attraverso una piacevole passeggiata che segue il percorso del fiume. Altra area incontaminata e affascinante, è quella di Monte Livata, a 15 chilometri da Subiaco. Una piccola località di montagna, che sfiora i 1.500 metri e ospita l’unico impianto sciistico della provincia di Roma. La zona è apprezzata da chi ama praticare sci di fondo e fare escursioni all’aria aperta nei lunghi e bellissimi sentieri tra Monte Livata e Campaegli.

ValerioMei*


Amina D’Addario

facebook.com/amina.daddario

COMUNE DI TREVIGNANO ROMANO Roma Abitanti: 5847 trevignanesi Altitudine: 173 m s.l.m. Superficie: 38,99 km² Santo Patrono: San Bernardino da Siena - 20/5 Il comune fa parte di Paesi Bandiera Arancione

Chiesa di San Bernardino da Siena essevu*


Trevignano Romano

Il borgo sul lago

Trevignano Romano essevu*

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n piacevole lungolago alberato, scorci incantevoli, sport acquatici e passeggiate rilassanti. Ma anche ristorantini e una ricca gastronomia con tante ricette autoctone a base di pesce d’acqua dolce. Trevignano è il borgo più piccolo del Lago di Bracciano, bacino di origine vulcanica situato a una cinquantina di chilometri a nord di Roma. La parte più alta del centro storico è dominata dalla chiesa di origine cinquecentesca dedicata a S. Maria Assunta, con il suo campanile che sorge sui resti più anti-

chi di una delle torri della rocca Orsini, il monumento più rappresentativo del borgo. Si tratta di una fortezza medievale fatta costruire da papa Innocenzo III nel 1198. In origine era circondata da due cinte murarie, ma questo non bastò a preservarla dalla distruzione. Dopo l’assedio dei Borgia, nel 1496, fu abbandonata, mentre l’incuria e le scosse telluriche la ridussero a un cumulo di rovine molto scenografiche, da cui, soprattutto al tramonto, si gode un’incantevole vista sul borgo e sul lago.


Nel cuore della Tuscia romana no da Siena, con all’interno il grosso masso da cui si dice il santo abbia predicato alla popolazione trevignanese. Dalla chiesa si snoda l’interessante percorso naturalistico di San Bernardino del Malpasso, che collega Trevignano a Monterosi. Una strada tra querce e ginestre, da affrontare anche in bicicletta, dove si trovano aree pic-nic da cui godere splendidi scorci sul Lago di Bracciano e sull’area umida delle “Pantane e Lagusiello”, area di rifugio per numerosi uccelli acquatici.

Rocca degli Orsini ValerioMei*

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revignano fu abitato già in età paleolitica, ma raggiunse il suo massimo splendore in epoca etrusca: ne sono testimonianza le numerose necropoli che si estendono alle spalle dell’odierno borgo e i pregevoli reperti conservati nel Museo Civico Etrusco Romano situato al pianterreno del palazzo comunale. Durante il Medioevo divenne un borgo protetto da mura e sorvegliato dalla rocca duecentesca degli Orsini. Poco fuori il centro abitato, fu invece eretta nel XV secolo la chiesa di San Bernardi-

essevu*

Lucky Team Studio*


alessandra catenacci*

Area protetta da scoprire T revignano è compreso all’interno del Parco Naturale Regionale di Bracciano-Martignano. È l’ultima nata tra le aree protette del Lazio - la sua istituzione risale al 1999 - e ben rappresenta il tipico paesaggio vulcanico che caratterizza il territorio a nord della Capitale. Con un’estensione di circa 220 chilometri quadrati, il parco è habitat naturale di oltre duecento specie di uccelli, di cui almeno ottanta nidificanti. Tra i mammiferi, vanno menzionati il gatto selvatico, la le-

Gianluca Rasile*

pre italica e il daino. Se lungo le sponde del Lago di Bracciano è possibile godersi momenti di relax nei tanti lidi attrezzati, oppure praticare attività sportive come il windsurf e la canoa, meno antropizzato risulta il più piccolo Lago di Martignano, a una quindicina di chilometri da Trevignano. Con il suo ecosistema rimasto pressoché intatto, è la meta ideale per gli amanti della natura e per chi pratica sport acquatici, ma anche trekking e mountain bike.


San Lorenzo Nuovo Acquapendente

Bolsena Civita di Bagnoregio

Proceno Onano

Vitorchiano

Grotte di Castro Latera

Gradoli Valentano

Tuscania Caprarola Sutri

Oriolo Romano

TORNA AL SOMMARIO

Torre Alfina


Benvenuti in provincia di

Viterbo

Bomarzo

Bassano in Teverina Calcata Vecchia

Acquapendente Bassano in Teverina Bolsena Bomarzo Calcata Vecchia Caprarola Civita di Bagnoregio Gradoli Grotte di Castro Latera Onano Oriolo Romano Proceno San Lorenzo Nuovo Sutri Torre Alfina Tuscania Valentano Vitorchiano

Paesi Bandiera Arancione del Touring Club Italiano Borghi più belli d’Italia Borghi Autentici d’Italia

Lago di Vico essevu*


Acquapendente

L’incantesimo del tempo che si è fermato

Acquapendente stefano cellai*

È

tra i borghi-gioiello della Tuscia. Autentica galleria d’arte a cielo aperto, Acquapendente è tra i centri più belli del Lazio. Immersa in un territorio ricco di boschi e acque, è uno straordinario percorso nella storia che sa regalare scorci di particolare bellezza e suggestione e un ricco apparato architettonico. Conosciuta anche come la “Gerusalemme d’Europa” per la presenza di una pietra macchiata di sangue che, conservata nella cattedrale, pare provenga dal Santo Sepolcro di Gerusalemme, Acquapenden-

te aggiunge alla bellezza del borgo e del paesaggio circostante la solenne presenza di un luogo unico, dall’importante valore religioso, tanto da essere considerata “Città Santa d’Europa”. Tappa della Via Francigena, Acquapendente è meta obbligata per chi ama la storia, l’arte e la cultura, ma anche per chi ama la natura; sul suo territorio si erge infatti il Monte Rufeno presso il quale merita una visita la Riserva Naturale del Monte Rufeno, patrimonio paesaggistico di questo angolo dell’estremo nord del Lazio.


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

COMUNE DI ACQUAPENDENTE Viterbo Abitanti: 5405 aquesiani Altitudine: 420 m s.l.m. Superficie: 131,61 km² Santo Patrono: Sant’Ermete - 28/8 Il borgo fa parte di Borghi Autentici d’Italia

Cripta del Santo Sepolcro Pro Loco Acquapendente


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Antiche torri

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acchiusa in quel che rimane di una cinta muraria che un tempo proteggeva importanti edifici religiosi e monumenti, Acquapendente ha nelle Torri, la Julia de Jacopo e quella dell’Orologio, due tra i gioielli storici e architettonici più significativi. La prima era l’antico ingresso della città, mentre la seconda era parte del castello imperiale di Federico Barbarossa. Tra i palazzi di maggior pregio del borgo vi sono il palazzo Comunale, di stile Neoclassico, e il rinascimentale palazzo Viscontini, mentre tra le emergenze architettoniche religiose, oltre alla basilica del Santo Sepolcro, risalente al X secolo, che custodisce al suo interno un’edicola dalle sembianze del Santo Sepolcro e una delle cripte romaniche meglio conservate, c’è la chiesa di San Francesco, con l’imponente campanile medievale. Da non perdere una visita alla pinacoteca, alla biblioteca comunale e al Museo della Città, magari da scoprire in occasione di uno dei tanti appuntamenti folkloristici che si tengono nel corso dell’anno, per celebrare storia e tradizioni locali come ad esempio la festa dei pugnaloni, che affonda le sue radici nel 1166 e celebra la Madonna del Fiore.

Durante la festa dei pugnaloni Pro Loco Acquapendente

Palazzo Comunale Pro Loco Acquapendente


Mi.Ti.*

Boschi fatati S

crigno d’arte e cultura, Acquapendente è anche natura e paesaggi da favola. Tra i tesori del suo territorio vi sono il Bosco Monumentale del Sasseto e la Riserva Naturale del Monte Rufeno. Il primo è un bosco monumentale che riporta, con le sue suggestioni, ai tempi dell’infanzia: gli scenari che il bosco propone catapultano infatti chi se ne trovi al cospetto in un mondo fatato, dove la bellezza e la singolarità degli scenari naturali alimentano l’immaginazione; definito “Il bosco di Biancaneve” dal National Geographic, è il set ideale per pellicole fantasy. E’ invece situata al confine con Umbria e Toscana la Riserva Naturale del Monte Rufeno, dove la natura, ricca di rare specie floristiche e di fauna, si mescola alle decine di casali abitati dai contadini fino a mezzo secolo fa. Da vedere, all’interno della riserva, il Museo del Fiore, un piccolo museo interattivo e multimediale realizzato in un vecchio edificio, dove approfondire la conoscenza del patrimonio ambientale della zona.

Bosco Monumentale del Sasseto ValerioMei*


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

COMUNE DI BASSANO IN TEVERINA Viterbo Abitanti: 1285 bassanesi Altitudine: 304 m s.l.m. Superficie: 12,17 km² Santo Patrono: Santi Fidenzio e Terenzio - 27/9 Il borgo fa parte di Borghi più belli d’Italia

Foto Bassano in Teverina


Bassano in Teverina

Vista sul Tevere

Bassano in Teverina Foto Bassano in Teverina

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ituata tra Viterbo e Orte, dall’alto dei suoi trecento metri domina la Valle del Tevere, e la vicina Umbria. Bassano in Teverina è un piccolo centro della Tuscia che affonda le sue radici in epoca etrusca. A testimonianza del passato etrusco vi sono le antiche fortificazioni ben conservate e la necropoli situata in Poggio Zucco, che in passato, con la necropoli Sasso Quadro, rivestiva una funzione di avvistamento, visto che

Bassano in Teverina era circondata da poggi che impedivano la visibilità rendendola facilmente attaccabile. Altra fase importante della storia del borgo fu quella trascorsa sotto il dominio della Santa Sede per poi passare, tra il XIII e il XV secolo, sotto la guida di un castellano, nominato dal Rettore del Patrimonio, fino alla metà del Cinquecento, quando papa Pio IV vendette il borgo alla famiglia trentina dei Madruzzo.


Antica terra di Orte A

ggregato alla cittadina di Orte per oltre trent’anni, il borgo di Bassano in Teverina tornò a essere comune nel 1958, a 15 anni dalla tragica esplosione di un treno tedesco nella stazione che distrusse l’antico borgo, abbandonato per inagibilità e poi ricostruito. Il borgo di oggi è riunito intorno al castello e alla chiesa romanica di Santa Maria dei Lumi, vecchia sede parrocchiale di Bassano in Teverina situata nei pressi della porta d’ingresso del borgo, eretta tra il Chiesa di Santa Maria dei Lumi Foto Bassano in Teverina

1100 e il 1200, che custodisce un dipinto raffigurante la Crocifissione, Sant’Antonio Abate e il Battesimo di Gesù. Da vedere nel borgo anche la Torre dell’Orologio, costruita inglobando al suo interno il campanile dell’adiacente chiesa di Santa Maria dei Lumi tra il 1559 e il 1571, particolarità architettonica unica nel suo genere, e la fontana Vecchia, costruita nel 1576 dal cardinale Cristoforo Madruzzo, incassata in una nicchia coperta da una volta a botte.

Torre dell’Orologio Foto Bassano in Teverina

Foto Bassano in Teverina


Chiesa di Santa Maria dei Lumi Foto Bassano in Teverina

Il presepio vivente, l’olio e il vino B assano in Teverina regala il meglio degli scenari delle terre che furono degli Etruschi, paesaggi di grande fascino tra Lazio e Umbria. In questo piccolo borgo della Tuscia ogni parte dell’anno è ideale per una visita ma particolarmente suggestivo è visitarlo nel periodo di Natale, quando il borgo diviene teatro di uno dei presepi viventi più belli della zona, tra vicoli e grotte, in un percorso emozionale tra oltre cento figuranti vestiti con gli abiti del XIII secolo. Per l’occasione vengono organizzate visite guidate alla famosa Torre dell’Orologio e sono presenti, lungo il percorso, stand gastronomici con prodotti tipici della zona. Da non perdere il borgo anche in occasione delle Notte delle Lanterne, nel mese di luglio, quando stand gastronomici, musica e l’apertura serale delle botteghe artigiane regalano al paese un fascino unico. Bassano in Teverina è anche terra di eccellenze enogastronomiche; ai vini bianchi e rossi Dop e Igp, tra cui il Colli Cimini Igp e il Colli Etruschi Viterbese Dop, si unisce l’olio extravergine di oliva locale, olio dal sapore intenso e unico.

Presepe vivente Vivibassano


Bolsena

Profumo di lago

Bolsena arkanto*

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i specchia nelle acque di uno dei laghi più puliti del mondo. Appoggiato su un colle alle pendici dei Monti Volsini, è la perla del versante nord-orientale del grande bacino vulcanico. Legato alla pesca e all’agricoltura, Bolsena è un centro turistico frequentato in ogni stagione non solo per la bellezza del paesaggio e per la vicinanza al lago, ma anche per le particolari condizioni climatiche e per la salubrità dell’aria. Al ric-

co patrimonio architettonico del nucleo storico si unisce una vasta offerta di itinerari di scoperta del territorio. Al percorso naturalistico si aggiungono quello religioso e quello culturale, per approfondire al meglio la ricchezza di un territorio di straordinario fascino. Al patrimonio culturale e paesaggistico Bolsena accosta anche un’articolata offerta enogastronomica tutta da scoprire e gustare nei ristoranti e nelle trattorie della zona.


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

COMUNE DI BOLSENA Viterbo Abitanti: 3865 bolsenesi Altitudine: 350 m s.l.m. Superficie: 63,57 km² Santo Patrono: Santa Cristina di Bolsena - 24/7 Il borgo fa parte di Paesi Bandiera Arancione

Miti74*


Vele e mountain bike

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l lago vulcanico più grande d’Europa regala ai turisti scenari paesaggistici che sono rimasti intatti nel tempo, che hanno incantato viaggiatori del passato, tra cui il poeta Petrarca, lo scrittore Goethe, il musicista francese Berlioz e il pittore inglese Turner. Al blu del lago si uniscono i colori delle ortensie, molto diffuse a Bolsena, e quelli dell’anfiteatro collinare che fa da cornice a un borgo che offre molteplici possibilità di praticare sport all’aria aperta, da quelli d’acqua, come la vela, la pesca e il nuoto, a quelli sulla terraferma come la mountain bike, il tennis, il trekking e l’equitazione, senza dimenticare la possibilità di concedersi una romantica gita in barca per godersi il lago, oppure una passeggiata sui Monti Volsini, tra carpini, castagni e querce. Per chi voglia approfondire la conoscenza del patrimonio ittico del lago c’è l’acquario di Bolsena che ospita pesci, anfibi e crostacei provenienti dalle acque di fiumi e laghi della zona, e dove sono stati ricreati gli ambienti naturali di vita della fauna.

robertonencini*

Collegiata di Santa Cristina Fabio Lotti*


DinoPh*

La rocca e il coregone B

olsena è il suo lago, tanta natura, colori, ma anche tanta storia e cultura. Tra i più pittoreschi centri storici del Lazio, Bolsena regala incantevoli scenari medievali e rinascimentali, tra botteghe, negozi e ristoranti tipici. Da non perdere la zona che fa da cornice alla rocca, dove è ancora facile individuare quello che un tempo era il villaggio peschereccio. Tra i tesori del borgo vi sono la maestosa rocca Monaldeschi, oggi sede del Museo Territoriale del Lago di Bolsena, dove sono custoditi reperti villanoviani, etruschi

e romani, la collegiata di Santa Cristina, risalente all’XI secolo e dall’austero interno a tre navate che conserva numerose opere d’arte, la chiesa di San Francesco, dall’aspetto gotico del XIII secolo, il duecentesco palazzo Ranieri e palazzo del Drago, che custodisce pregevoli affreschi e palazzo Cozza Caposavi. Imperdibile una sosta golosa a Bolsena, al ristorante o in trattoria, per assaggiare, tra gli altri, la sbroscia, la zuppa preparata con pesce e pane abbrustolito, il coregone alla mugnaia e alla bolsenese e il latterini alla brace.


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

COMUNE DI BOMARZO Viterbo Abitanti: 1756 bomarzesi Altitudine: 263 m s.l.m. Superficie: 39,65 km² Santo Patrono: Sant’Anselmo di Bomarzo - 24/4 Il comune fa parte di Paesi Bandiera Arancione

Ragemax*


Bomarzo

Mostri sacri

Bomarzo leoks*

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ominato dall’imponente palazzo Orsini, il borgo di Bomarzo è una delle perle della Tuscia e sorge al confine con l’Umbria. Le sue origini corrono al periodo etrusco e poi a quello romano, epoche delle quali restano importanti testimonianze, tra cui un acquedotto, una piramide etrusca e le necropoli. Situato su uno degli ultimi speroni rocciosi di peperino protesi verso la Valle del Tevere, alle pendici dei

Monti Cimini, insieme di rilievi di origine vulcanica facenti parte dell’Antiappennino laziale, è uno dei centri storici della regione più rinomati e conosciuti soprattutto per la presenza sul suo territorio del Parco dei Mostri o Sacro Bosco, imperdibile quanto straordinario complesso monumentale ornato da numerose sculture in basalto risalenti al XVI secolo e ritraenti mostri, divinità e animali mitologici.


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Nobili casati I

mmerso in un paesaggio agreste, l’antico borgo medievale di Bomarzo conserva un ricco patrimonio architettonico composto da edifici storici e monumenti. Dalla possente struttura e dalla funzione che era difensiva e residenziale, palazzo Orsini domina l’abitato. Costruito a partire dal XVI secolo sulle rovine di un antico castello, è stato, durante i secoli, proprietà di numerosi illustri proprietari dagli Orsini ai Lante della Rovere ai Borghese, per passare poi, nel secondo dopoguerra, al comune di Bomarzo. Al palazzo si unisce il duomo del

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periodo compreso tra il XV e il XVIII secolo, con al suo interno interessanti opere d’arte. Da vedere, nella Riserva di Monte Casoli, la chiesa medievale di Santa Maria di Monte Casoli, in ottimo stato di conservazione, mentre nei pressi del Parco dei Mostri, da vedere è la chiesa di Santa Maria della Valle, voluta dalla famiglia dei Lante della Rovere nel XVII secolo. Tra gli eventi principali di Bomarzo c’è il Palio di Sant’Anselmo, ricorrenza che vede le cinque contrade di Bomarzo, Dentro, Poggio, Borgo, Madonna del Piano e Croci sfidarsi dal XVII secolo.

fotosaga*

Chiesa medievale di Santa Maria Ragemax*


Parco dei Mostri di Bomarzo Marti Bug Catcher*

Percorsi surreali I

l Parco dei Mostri di Bomarzo è un luogo unico. Progettato nel XVI secolo dall’architetto Pirro Ligorio su commissione del principe Pier Francesco Orsini, è detto Parco dei Mostri per la presenza di sculture grottesche che popolano un paesaggio surreale. Il più antico parco di sculture del mondo moderno è situato a un chilometro dal centro abitato ed è un luogo intriso di fascino e mistero che sollecita l’immaginario di chi decida di visitarlo lasciandosi colpire dalle forme, a volte minacciose e altre volte

Parco dei Mostri di Bomarzo leoks*

suadenti, di oniriche creature. Passeggiando per il parco si incontrano, tra gli altri, un tempietto dorico di forma ottagonale dedicato a Giulia Farnese, un gigantesco vaso, un mascherone dall’enorme bocca spalancata, un elefante da battaglia, la casetta inclinata, la tartaruga colossale, la statua di una donna opulenta, una statua di Nettuno e una sfinge. Un percorso emozionale unico che sa regalare al visitatore forti emozioni dove l’immaginazione prende, poco alla volta, il sopravvento.


Calcata Vecchia

Suggestioni tufacee

Calcata Vecchia Cristina Annibali*

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ppollaiato su una rupe tufacea, il borgo di Calcata domina la verde valle del Treja ed è tra i borghi più affascinanti d’Italia. È un vero e proprio scoglio di pietra vulcanica quello sul quale è appoggiato questo affascinante centro medievale, che nei secoli ha conservato il suo fascino che il turismo sta, poco alla volta, scoprendo e apprezzando. Alcune sue abitazioni risalgono al Duecento, le strade sono lastricate dal XVIII secolo con grossi ciottoli di fiume, mentre gli

abitanti sono una settantina, in parte provenienti dalla vicina Roma, ma anche stranieri, che in questo centro incantato hanno ritrovato la pace e suggestioni uniche, borgo che durante il periodo fascista ha rischiato di scomparire per una legge speciale che ne voleva la demolizione data l’instabilità della rupe sulla quale poggiava e poggia ancora oggi, rischio che spinse i residenti a lasciare l’abitato per spingersi in pianura, a Calcata Nuova, provocando lo spopolamento del borgo antico.


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

COMUNE DI CALCATA Viterbo Abitanti: 878 calcatesi Altitudine: 220 m s.l.m. Superficie: 7,63 km² Santo Patrono: Santi Cornelio e Cipriano - 16/9 Il borgo fa parte di Paesi Bandiera Arancione

ValerioMei*


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Archi e precipizi I

mmersa nella Valle del Treja, caratterizzata da una folta e impenetrabile vegetazione, Calcata era già abitata in epoca preistorica per divenire, in epoca pre-romana, importante avamposto della civiltà falisca, popolo di grandi artisti della ceramica che visse il suo massimo splendore nel IV secolo a.C.. In epoca medievale Calcata divenne parte dei domini della famiglia degli Anguillara, che vi eressero un castello e la cinta muraria. Per respirare l’atmosfera del borgo basta accedervi dall’unica porta che consente di fare un immediato tuffo nel passato. Sulla piazza sorgono i principali tesori architettonici del paese, il castello, con la torre ghibellina, e la chiesa del XVII secolo del SS. Nome di Gesù. Nella piazza convergono alcu-

Chiesa del SS. Nome di Gesù Corina Daniela Obertas*

ni dei vicoli più pittoreschi di Calcata che portano tra le vecchie abitazioni fino a giungere alla vista del profondo precipizio che circonda il borgo, rendendolo inespugnabile. Perdersi tra i vicoli di Calcata è un’esperienza unica che consente di respirarne l’atmosfera magica dove antichi portali si uniscono alle cantine e alle grotte, adibite a botteghe e laboratori artigianali, imperdibili attrazioni per i tanti turisti.

RaksanstudioSStock*

Jose HERNANDEZ Camera 51*


Museo Opera Bosco U

na visita all’incantevole borgo di Calcata consente anche di visitare, in località Colle, uno dei tesori del territorio, il Museo Opera Bosco. Aperto al pubblico nel 1996, fu creato dagli artisti Anne Demijttenaere e Costantino Morosin. Uno straordinario itinerario che si snoda in quasi due ettari di bosco impreziosito da decine di opere realizzate interamente con materiali naturali, un grande complesso museale con l’obiettivo di comunicare l’importanza della valorizzazione ma anche e

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soprattutto della tutela del territorio, esaltando il perfetto connubio tra patrimonio naturale e arte. Un contesto straordinario dove l’opera d’arte diventa veicolo inedito di divulgazione e tutela dell’ambiente. Un percorso unico, tutto da scoprire, dove le opere di centinaia di artisti vivono in simbiosi con il paesaggio e l’ambiente circostante. Un percorso ricco di suggestioni dove l’arte e la natura diventano e si fondono in un indimenticabile mosaico di emozioni.


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

COMUNE DI CAPRAROLA Viterbo Abitanti: 5357 caprolatti Altitudine: 520 m s.l.m. Superficie: 57,58 km² Santo Patrono: Sant’Egidio abate - 1/9 Il comune fa parte di Paesi Bandiera Arancione

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Caprarola

L’oro dei Farnese

Caprarola Jack Kavanagh*

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l delizioso borgo di Caprarola sorge a 520 metri di altitudine e a una manciata di chilometri dal Lago di Vico, specchio d’acqua di origine vulcanica circondato dal complesso montuoso dei Monti Cimini che detiene il primato di altitudine tra i grandi laghi italiani con 507 metri. La zona della Tuscia nella quale è situata è una delle aree più ricche e interessanti a livello ambientale e storico. Immersa in quella che un tempo era l’area

etrusca, ha le origini che corrono molto più tardi, nell’XI secolo, a causa dei Monti Cimini, anticamente chiamati Selva Cimina per il loro impervio e talvolta impenetrabile territorio. Tra le più significative espressioni urbanistiche del Cinquecento, Caprarola propone un abitato fortemente caratterizzato dall’imponente palazzo Farnese, che si raggiunge percorrendo una strada dritta e in leggera pendenza che divide in due l’antico borgo.


Palazzo Farnese marcociannarel*

Gioiello rinascimentale D omina l’abitato e caratterizza fortemente il borgo. È l’imponente palazzo Farnese, autentico tesoro dell’architettura rinascimentale-manierista edificato nel XVI secolo. Realizzato sul progetto di Jacopo Barozzi da Vignola, sulla base di una fortificazione precedente ideata da Antonio da Sangallo il Giovane, di cui Jacopo Barozzi conservò il perimetro pentagonale, fu voluto dal cardinale Alessandro Farnese che, durante la costruzione del palazzo venne eletto papa Paolo III. I lavori procedettero così sotto la supervisione del nipote, e videro il progetto di un’austera fortezza convertirsi

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in una sontuosa villa pentagonale alla cui realizzazione lavorarono i più illustri artisti dell’epoca. Gli interni del palazzo sono divisi secondo uno schema preciso e moderno che prevede la zona estiva a nord-est e quella invernale a sud-ovest. Affreschi e decorazioni lo rendono uno dei gioielli architettonici del Lazio, dove la Stanza delle Geografiche o del Mappamondo, con affreschi di Giovanni Antonio da Varese, la Stanza dei Fasti Farnesiani, con gli affreschi che raccontano la vita della famiglia Farnese, e la Scala Regia, sono solo alcuni degli angoli più belli del palazzo.


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come carne, verdure, castagne, nocciole e pesce di lago, e storica è la produzione di dolci preparati con le nocciole e le castagne tra cui i tozzetti, le verginelle e gli amaretti. Ideale visitare Caprarola a fine agosto per la Sagra della Nocciola. Principe della cucina è l’olio locale, condimento di tante saporite pietanze.

Chiesa di Santa Teresa mekcar*

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osta tra le vie consolari Cassia e Flaminia, a due passi dal Lago di Vico e a sud dei Monti Cimini, Caprarola è una delle mete da non perdere delle terre viterbesi. Oltre all’imponente palazzo Farnese, che caratterizza fortemente la zona, offre un bel centro storico e numerosi percorsi naturali per scoprire il paesaggio che fa da cornice all’abitato. Lo stesso Lago di Vico, con la sua riserva naturale, merita una visita. Il borgo di Caprarola offre anche interessanti spunti gastronomici; la cucina locale si avvale dei prodotti della zona

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Nocciole e olio

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Civita di Bagnoregio

Meraviglia senza tempo

Civita di Bagnoregio ValerioMei*

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ivita di Bagnoregio è un luogo magico. E’ il silenzio a dominare questo frammento di Lazio dalle straordinarie suggestioni, candidato ufficialmente nella tentative list italiana per il riconoscimento di Patrimonio Unesco. Il borgo si erge su di un poggio e domina le valli di due piccoli torrenti, il Chiaro e il Torbido, in uno scenario di straordinaria bellezza. E’ la Valle dei Calanchi ad accogliere questo splendido centro famoso in tutto il mondo per la sua singolare ubicazione, in posizione isolata rispetto ai

borghi limitrofi, su di una collina argillosa che, da secoli, è sottoposta a una fortissima erosione dovuta a fenomeni atmosferici che, lentamente quanto inesorabilmente, si sgretola. A Civita di Bagnoregio si accede tramite un’unica strada. Quando vi si giunge pare di entrare in un altro mondo, sembra quasi di essere approdati in una favola, dove i panorami, i silenzi e la storia si uniscono alle emozioni. Un luogo dove la magia si mescola ad atmosfere mistiche, dove ovunque si respira storia.


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

COMUNE DI BAGNOREGIO Viterbo Abitanti: 3479 bagnoresi (11 nel borgo) Altitudine: 484 m s.l.m. Superficie: 72,81 km² Santo Patrono: San Bonaventura - 15/7 Il borgo fa parte di I Borghi più belli d’Italia

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Radici etrusche L

a meraviglia di Civita di Bagnoregio affonda le sue radici 2.500 anni fa. Fondata dagli Etruschi ha vissuto nel corso dei secoli varie dominazioni. E’ in epoca medievale che assume forme e contenuti che vengono poi arricchite durante il Rinascimento, quelle forme che si mantengono ancora oggi. L’incanto del borgo di adesso è lo straordinario risultato delle stratificazioni dei secoli, risultato di un susseguirsi di stili e culture. Frane e terremo-

ti hanno ridotto l’estensione di quello che era il borgo di un tempo. Palazzi, torri e antiche porte d’ingresso al borgo si sono sgretolati, divenendo drammaticamente parte delle valli che circondano quel che resta di Civita di Bagnoregio. Furono proprio i terremoti a segnare l’inesorabile spopolamento di un borgo che in passato, nel periodo di massima magnificenza, contava ben cinque porte d’ingresso contro l’unica rimasta di oggi.

Valery Rokhin*


Magnetismi medievali S

ono centinaia di migliaia i turisti che ogni anno giungono da ogni parte del mondo a Civita di Bagnoregio per lasciarsi incantare dalle sue magiche atmosfere, dalle sue suggestioni, dagli incantevoli scenari senza tempo che regala. Un lungo ponte panoramico consente l’accesso a piedi al borgo, regalando viste mozzafiato sulla Valle dei Calanchi, frutto dell’erosione millenaria dell’acqua. È la Porta di Santa Maria l’unico dei cinque accessi al borgo rimasto, impreziosita da belle decorazioni, che porta il visitatore nel cuore del Medioevo. Da vedere i palazzi nobiliari degli Alemanni, dei Bocca e dei

jackbolla*

Stefy Morelli*

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Colesanti. Cuore del borgo è piazza San Donato, dove si trova la chiesa principale, apprezzabile esempio di architettura cinquecentesca viterbese che al suo interno custodisce un crocifisso in legno della fine del XVI secolo. Imperdibile una visita al Belvedere, la piazzetta affacciata sullo strapiombo dei calanchi a nord dell’abitato, e il Museo Geologico delle Frane, per ripercorrere la storia, dal punto di vista geologico, della zona. Il borgo offre anche la possibilità di concedersi una sosta golosa in una delle osterie o trattorie per assaggiare i prodotti tipici locali.


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

COMUNE DI GRADOLI Viterbo Abitanti: 1301 gradolesi Altitudine: 470 m s.l.m. Superficie: 43,81 km² Santo Patrono: Santa Maria Maddalena - 22/7 Il comune fa parte di Borghi Autentici d’Italia


Gradoli

Vista sul Volsinio

Gradoli

È

al 1113, quando era una delle proprietà di Matilde di Canossa, che risalgono le prime testimonianze scritte relative all’antica Castrum Gradolorum. Situata su una collina tufacea a 475 metri di altitudine, Gradoli sorge nel cuore dei Monti Volsini e guarda alle acque del Lago di Bolsena. Circondato da boschi e fossati, l’abitato è fortemente caratterizzato dalla rocca Farnese.

Gradoli regala scenari suggestivi e tanta pace, in uno scenario collinare di rara bellezza, immerso nei vigneti e negli uliveti a due passi dalle spiagge del Lago di Bolsena, chiamato anche Volsinio. Ceduto da Matilde di Canossa allo Stato Pontificio, Gradoli fu anche terra del potente casato dei Farnese, che regalò al borgo un periodo di stabile e luminosa serenità.


ValerioMei*

Meraviglia farnesiana I

l gioiello di Gradoli è palazzo Farnese, imponente edificio cinquecentesco che domina il suggestivo borgo. Tra le tante dimore del nobile casato, fu progettata da Antonio da Sangallo il Giovane come elegante dimora estiva di papa Paolo III e dei Farnese. Al suo interno è allestito il Museo del Costume Farnesiano, che custodisce un’importante collezione di armi, utensili e abiti d’epoca, e il Centro Nazionale di Studi sulla Famiglia Farnese. Il palazzo merita una visita anche solo per la bellezza delle sale, sontuosamente affrescate e vide, nella sua lunga storia, tra i protagonisti dei suoi ambienti, importanti personaggi tra cui Giulia Farnese, Il cardinale Alessandro Farnese il Giovane, il

cardinale Odoardo Farnese, la duchessa di Urbino Vittoria Farnese e Margherita Aldobrandini, duchessa di Parma. Ci fu una fase della sua storia in cui il palazzo fu addirittura adibito a magazzino per poi, nel 1716, essere ceduto da papa Clemente XI alla congregazione dell’oratorio di San Filippo Neri, che lo sottoposero a importanti modifiche strutturali. Passato al comune di Gradoli nel 1922, fu restaurato tra gli anni Sessanta e Settanta e definitivamente rivalutato come tesoro storico e artistico, per essere poi nuovamente oggetto di interventi di recupero tra la metà degli anni Ottanta e il 2006. Per il suo particolare valore storico è oggi parte delle Dimore Storiche del Lazio.


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ricchissimo il panorama di tesori enogastronomici di Gradoli. I vini rappresentano una delle eccellenze di questo angolo della Tuscia; dall’Aleatico, vino rosso finemente aromatico e dal gusto morbido, all’Aleatico Liquoroso, dal colore granato, particolarmente aromatico e dal sapore pieno e dolce, al Grechetto, bianco e rosso, il primo dal sapore secco e frut-

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Vini e olio È

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tato, il secondo dall’odore molto caratteristico e fragrante, dal sapore secco. Posto di rilievo ha anche la grappa nobile di acquavite, dal sapore caldo e armonico. Altro autentico pilastro della tavola locale è l’olio extravergine di oliva, olio a bassa acidità e dal sapore e dall’aroma deciso, ideale come condimento delle saporite pietanze locali. Ci sono poi il Fagiolo del purgatorio, di colore bianco e di piccole dimensioni, ideale come contorno delle tradizionali pietanze della zona o anche cucinato con aglio, salvia, alloro e sale, e la patata gialla dell’alto viterbese Igp.

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Sergej Onyshko*


Grotte di Castro

L’etrusca Tiro

Grotte di Castro Davide Papalini

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n tempo conosciuto con il nome di Tiro in quanto fiorente cittadina etrusca, oggi il borgo viene identificato con il nome di Grotte di Castro. Posto al confine con i territori di Vulci e Volsinii, dominava la sponda settentrionale del Lago di Bolsena e fu conquistato dai Romani tra il IV e il III secolo a.C.; l’antica Civita fu poi distrutta dai Longobardi nell’VIII secolo e la popolazione si disperse nelle zone limitrofe, fondando i futuri borghi di San Lorenzo, Gradoli

e Grotte. Il nome derivava dalla presenza di grotte e caverne situate sotto la rupe sulla quale sorge oggi Grotte di Castro, nucleo storico che ha conservato il tessuto urbano che riporta ancora al lontano passato. Il borgo, dal suggestivo colpo d’occhio, è situato a 45 chilometri dalla città di Viterbo, nella parte settentrionale dell’orlo dell’antico cono vulcanico, appartenente ai Monti Volsini, che 300mila anni fa avrebbe dato origine al Lago di Bolsena.


Luca Sartori

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COMUNE DI GROTTE DI CASTRO Viterbo Abitanti: 2557 grottani Altitudine: 467 m s.l.m. Superficie: 33,42 km² Santo Patrono: San Flavio e Santa Faustina - 7/5 Il borgo fa parte di Borghi Autentici d’Italia

Necropoli di Vigna La Piazza


Chiesa di Santa Maria delle Colonne PLF

Antiche chiese

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l piccolo borgo di Grotte di Castro propone un ricco apparato architettonico. Tante sono le chiese tra cui la seicentesca basilica di Santa Maria del Suffragio, realizzata in stile Barocco su una precedente pieve dell’VIII secolo della quale restano alcune parti inglobate e i sotterranei che ospitano una raccolta di oggetti sacri, che custodisce pregiati intarsi in legno d’epoca barocca e una statua in legno policromo raffigurante la Madonna del Suffragio, la chiesa di San Pietro apostolo, risalente all’XI secolo, voluta da Matilde di Canossa, la chiesa di Santa Maria delle Colonne, quella di San Giovanni e la chiesa di San Marco, situata sulla piazza dedicata a Paolo di Castro. Agli edifici religiosi si unisce il cinquecentesco palazzo Comunale, con la bella scala a due rampe. Da vedere anche la Fontana Grande, importante architettura idraulica costruita per ricordare l’arrivo dell’acquedotto in paese.

Chiesa di San Marco


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rotte di Castro rappresenta una meta di grande fascino per gli appassionati di necropoli. Quella di Pianezze è sicuramente un’interessante area archeologica ricca di fascino e mistero. Le tombe rinvenute nella necropoli di Pianezze ri-

salgono al periodo compreso tra il VII e il V secolo a.C. La necropoli è un’importante testimonianza dell’antico passato di Grotte di Castro e dell’intera zona che fa da cornice al Lago di Bolsena, che consente di approfondire la conoscenza del

Necropoli delle cento camere

popolo etrusco, che ha segnato profondamente il cuore dell’Italia. Tra i tesori recuperati nella necropoli vi sono corredi funebri oggi custoditi e visibili nel Museo Civico di Grotte di Castro. Anche il museo rappresenta una fonte importante di ricostruzione e approfondimento di quanto

Museo Civico

rappresenti il passato per questo angolo di Lazio; situato all’interno di un elegante palazzo rinascimentale, il museo consente di fare un percorso nella storia e di quelle che erano la vita e le abitudini dell’antica Civita, centro etrusco di particolare importanza storica e strategica.

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Fascino e mistero G

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Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

COMUNE DI LATERA Viterbo Abitanti: 805 lateresi Altitudine: 508 m s.l.m. Superficie: 22,43 km² Santo Patrono: San Clemente - 23/11 Il comune fa parte di Borghi Autentici d’Italia


Latera

Poggio vulcanico

Latera

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orge a due passi dal Lago di Bolsena, lega la sua storia più antica agli Etruschi e poi, successivamente, ai Longobardi. Fu in epoca medievale che Latera divenne una fortificazione del nobile casato degli Aldobrandeschi per passare poi sotto la città di Orvieto. Latera fu poi possedimento della Santa Sede per entrare a far parte dei tanti possedimenti della potente famiglia dei Farnese, tornando poi nuovamente alla Chiesa. Un piccolo borgo dalla grande storia

che si racconta attraverso i suoi vicoli, ma anche attraverso le sue campagne dalle quali si ricavano, tra gli altri, vino, olio, cereali, zafferano e castagne. Il paese è arroccato su di un poggio, è disposto a chiocciola e poggia su di un suolo caratterizzato da attività vulcaniche e da effusioni geotermiche. La caldera di Latera è una vasta depressione dove sorge il borgo, formatasi a causa dello sprofondamento del suolo dato dallo svuotamento di una camera magmatica.


I quattro rioni F

itti boschi avvolgono questo caratteristico centro della Tuscia al quale si accede da un’unica porta con ponte antistante che, secoli fa, doveva essere levatoio con un profondo fossato di protezione dell’antica fortezza. L’entrata nel borgo propone subito una piccola piazzetta sulla quale sorgono la chiesa di San Clemente, di origini romaniche ma rifatta nel 1598, a tre navate, e quello che rimane di palazzo Farnese. Tutto il borgo è percorso da vicoletti che conducono agli angoli più pittoreschi di Latera e a interessanti punti panoramici sulle zone circostanti. E’ bello perdersi per l’abitato caratteristico di Latera: divisa in quattro rioni, Canale, Piscero, Ponte e Trinchieri, è un susseguirsi di scorci pittoreschi. Fuori dall’abitato sono da vedere la chiesa di San Sebastiano e la chiesa della Madonna della Cava. Da vedere anche il Museo della Terra, allestimento che racconta il rapporto della comunità locale con la terra, un viaggio nella storia di questo piccolo gioiello di questa porzione di territorio laziale.

Piazza San Clemente Alessio115

I quattro archi Alessio115


Sapori e manifestazioni I l piccolo centro di Latera si racconta nel suo museo e nel suo caratteristico groviglio di strade ma anche negli eventi culturali che nel corso dell’anno animano questo angolo di Lazio. A inizio settembre è fissata la Festa di Sant’Angelo, mentre nelle ultime due domeniche del mese di ottobre è in programma la Sagra del Marrone di Latera. La sera del Venerdì Santo Latera si veste di storia e suggestione con la Processione del Cristo Morto, che si snoda lungo le vie buie del paese, illuminate dai ceri impugnati da decine di personaggi in costume accompagnati lungo il percorso dal coro delle confraternite. Alla vigilia dell’Epifania va invece in scena la Befanata laterese, con Befano, Befana e

Banditore che fanno visita agli abitanti del borgo, mentre anche il periodo estivo vede il borgo ravvivarsi con eventi di richiamo per i turisti come la rievocazione storica del Bivacco Medievale e la Sagra del Pizzicotto, tesoro gastronomico locale, tipica pasta di farina e acqua tirata a mano.

Ravioli di ca stagne e tag liolini alla g con castagn ricia e e guancia le croccante


Onano

Piccola meraviglia dell’Alta Tuscia

Onano

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i origine medievale, Onano è un borgo di appena mille abitanti che si incontra sui Monti Volsini, nell’Alta Tuscia, non distante dal confine tra Lazio e Toscana. Piccole piazze e vicoli si dipanano nel raccolto e suggestivo abitato, circondato da una verde distesa che dice molto della sua vocazione agricola, tra campi coltivati, prati e boschi e scorci davvero unici. Curioso come il suo nome, perfettamente palindromo, questo borgo sorge a pochi chilometri dal Lago di Bolsena, il bellissimo

e celebre lago di origine vulcanica, da visitare anche per le sue belle spiagge balneabili. Arroccato su una rupe di tufo, Onano è stato scenario di contesa da parte di nobili e potenti sin dal Medioevo, prima teatro della guerra tra Guelfi e Ghibellini e poi oggetto di scontro tra signorie e papato, così ambito per la sua posizione strategica tra gli Appennini tanto da indurre gli Sforza, entrati in possesso del territorio circostante, a fare di Onano un baluardo di difesa a protezione del confine con la Toscana.


Alessandra Boiardi

twitter.com/aleboiardi

COMUNE DI ONANO Viterbo Abitanti: 981 onanesi Altitudine: 510 m s.l.m. Superficie: 24,51 km² Santo Patrono: San Trifone - 10/11 Il borgo fa parte di Borghi Autentici d’Italia

Caramella90


Il borgo delle chiese U

na visita a Onano non può però prescindere da quella delle sue belle e numerose chiese. La chiesa di Santa Maria della Conciliazione custodisce i resti di San Trifone e Santa Colomba, i patroni di Onano. La chiesa della Madonna delle Grazie, di origine romanica, accoglie affreschi a opera di Sano di Pietro, della scuola senese, commissionati dalla famiglia Monaldeschi: è una preziosa chiesetta di campagna, come ce ne sono diverse altre. Tra queste la chiesa della Madonna della Fontana (chiamata anche Madonna del Soccorso), dove si trovano affreschi cinquecenteschi, e la chiesa della Madonna della Santissima Trinità, che oltre a

custodire quello che resta di bellissimi affreschi in parte rovinati durante la Seconda Guerra Mondiale, divenne celebre tra i fedeli per la vena d’acqua che scorreva dietro l’altare e che veniva considerata miracolosa. Oltre alle chiese, una delle testimonianze del passato meglio conservate è il castello Monaldeschi, che ancora oggi porta il nome della famiglia che lo commissionò intorno alla metà del Trecento. Custode dello stile austero ed elegante delle sue origini, il castello fu ampliato durante i secoli e ospitò nomi illustri della storia, come Giuseppe Garibaldi e Pio XII, papa Giovanni Pacelli, il cui padre era originario di Onano.


Infopoint Pro Loco Vitorchiano

La lenticchia di Onano: gusto di antica tradizione T onda e molto saporita, la lenticchia di Onano è il prodotto tipico per eccellenza di questo borgo. La si può gustare in tante ricette - nelle zuppe, con la selvaggina o con i quadrucci -, ma soprattutto durante la famosa sagra di metà agosto: una bella occasione per assaggiarla in diversi piatti e di conoscerne l’interessante storia. Esistono infatti testimonianze della lenticchia di Onano già nel Cinquecento e le sue ottime caratteristiche, come quelle di essere particolarmente gustosa e di tenere bene la cottura, la resero particolarmente apprezzata nell’Ottocento anche oltre il territorio della

Tuscia, a partire dalla vicina Toscana e via via nel resto del territorio italiano. E meno di un secolo dopo, nel primo decennio del Novecento, la lenticchia di Onano andò alla conquista del mondo: venne portata a diverse esposizioni internazionali, che in quegli anni stavano raggiungendo molta popolarità, arrivando sino a Roma, Buenos Aires, Londra e Parigi.


Alessandra Boiardi twitter.com/aleboiardi

COMUNE DI ORIOLO ROMANO Viterbo Abitanti: 3641 oriolesi Altitudine: 420 m s.l.m. Superficie: 19,32 km² Santo Patrono: San Giorgio - 23/4 Il comune fa parte di Borghi Autentici d’Italia

Pino Pesci


Oriolo Romano

Un borgo d’eccezione

Oriolo Romano Pino Pesci

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on lontano da Viterbo, Oriolo Romano è un borgo della Tuscia che, tra i boschi dei Monti Sabatini, sorge a poca distanza dal Lago di Bracciano e la sua riserva naturale, sul tracciato di quella che fu un tempo la Via consolare Clodia. Fu la sua posizione a farne sin dall’antichità un luogo strategico di passaggio, prima per gli Etruschi e in seguito per i Romani, anche se opera del suo destino furono i Santacroce, che nel 1560 divennero i signori di que-

sto feudo. Sono di questa epoca le prime testimonianze storiche che assegnano a Oriolo una sorta di primato, ovvero quello di essere uno dei primi esempi di urbanistica moderna. Il borgo nacque infatti dal disboscamento dell’area sulla base di un piano regolatore voluto dai Santacroce e pensato per realizzare un centro abitato perfetto nella viabilità e nelle proporzioni, con uno sviluppo urbano ancora oggi evidente nel centro storico.


I segreti nascosti di palazzo Santacroce-Altieri S coprire Oriolo Romano significa lasciarsi condurre tra le sue piazze regolari e le sue ampie strade, fino ad arrivare al cuore del suo centro storico, il palazzo nobiliare Santacroce-Altieri. All’esterno appare come una dimora tipica del Cinque-Seicento, ma racchiude un vero tesoro: le cosiddette Olmate, dalle quali prende il nome il viale antistante. Si tratta di prezioso giardino di otto ettari delimitato dalle mura, un tempo di proprietà esclusiva delle famiglie nobili che abitavano il palazzo, men-

Pino Pesci

tre oggi si può finalmente visitare per ammirarne la meravigliosa vegetazione ricca di alberi secolari, tra cui un cerro ultracentenario, abeti bianchi e lecci. Il palazzo, ancora arredato con mobili del Seicento e begli affreschi, ospita anche un museo, parte del sistema museale del Lazio. Qui si trovano diverse collezioni, tra cui la Galleria dei Papi, unica nel suo genere, voluta da Clemente X per raccogliere i ritratti dei pontefici che si sono succeduti nella storia della Chiesa.


Pino Pesci

Scoprire Oriolo tra natura, architetture e funghi porcini A Oriolo Romano è facile immergersi nel verde della natura, come quella suggestiva della Faggeta, un bel bosco di faggio compreso nel Parco naturale regionale del complesso lacuale di Bracciano-Martignano. Ma sono tanti i siti che si possono visitare per conoscere più da vicino le bellezze di questo borgo. Affacciata sulla piazza antistante palazzo Santacroce-Altieri c’è la fontana della Picche, realizzata su disegno di Jacopo Barozzi da Vignola, mentre la Mola dei Biscione è un antico mulino costruito su indicazione di Giorgio Santacroce. Da non perdere sono poi la barocca chiesa parrocchiale di San Giorgio e la più defilata chiesa di Sant’Anna. E per chi decide di sedersi a tavola, l’occasione sarà ghiotta per gustare meravigliose ricette a base dei protagonisti della tradizione gastronomica di Oriolo, i funghi porcini, di cui i suoi boschi sono ricchi. Immancabili le fettuccine ai funghi, regine della sagra del fungo porcino di Oriolo, e altri piatti tipici come i secondi a base di carne bovina e di pecora, le caciotte e le ricotte.

Pino Pesci


Proceno

Cartolina medievale

Proceno

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el cuore della Tuscia, Proceno è un piccolo gioiello di origine medievale. Abbracciato dalle morbide campagne viterbesi e adagiato su un poggio, il borgo gode di bellissimi panorami che spaziano dal Monte Amiata fino alla Valle del Paglia. Conserva tra le sue mura molte testimonianze della sua storia, come uno dei suoi simboli più evidenti, la rocca, che continua a disegnare il profilo del borgo tanto che si può riconoscerlo anche da lontano. Fu suo ospite persino Galileo Galilei e ancora oggi si possono ammirare

le sue torri e i suoi torrioni in tipico stile Medievale. Nel Rinascimento furono gli Sforza che, una volta subentrati nel territorio succedendo agli Orsini, fecero realizzare un altro simbolo di Proceno, il palazzo secentesco che ancora oggi porta il nome dell’importante casata. In particolare, a commissionarlo fu il cardinale Guido Ascanio Sforza, il cui nome è scolpito sulla facciata principale. Palazzo Sforza si trova nella piazza principale del paese ed è oggi uno dei suoi luoghi di maggior interesse.


Alessandra Boiardi

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COMUNE DI PROCENO Viterbo Abitanti: 573 procenesi Altitudine: 418 m s.l.m. Superficie: 42,02 km² Santo Patrono: Sant’Agnese Segni - 20/4 Il borgo fa parte di Borghi Autentici d’Italia

Rocca di Proceno


Palazzo Sforza durante la Sagra della Bruschetta

Esperienze e gusto autentico L a storia di Proceno è anche quella di un tranquillo borgo secolare a vocazione agricola. Il paese è famoso soprattutto per la sua produzione di aglio rosso. Così, durante una visita a Proceno, sarebbe un peccato non prendersi il tempo per gustare una bruschetta con aglio rosso strofinato a crudo e condito con ottimo olio extra vergine di oliva. Anche l’olio è infatti una produzione locale, come altre pre-

libatezze tra cui la patata dell’Alto Viterbese Igp. Per assaggiare tutta la tipica cucina locale si può approfittare di osterie, trattorie e ristoranti, e se si capita nel periodo giusto si può fare anche l’esperienza di partecipare a una delle sagre del borgo. Le più note sono la sagra della bruschetta, che si tiene a inizio agosto e appunto la sagra dell’aglio rosso, che da quarant’anni anima la settimana di Ferragosto con i profumi e i colori di appetitose pietanze come l’agnello all’aglio, i lombrichelli all’aglione (una pasta tipica fatta a mano) o ancora il burro all’aglio.


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Attraverso la storia V

isitare Proceno vuol dire vivere la magica atmosfera di un luogo antico come le sue origini, che vanno indietro fino al sesto secolo avanti Cristo. Secondo la tradizione, il centro fu fondato dal re etrusco Porsenna e quel che è certo è che di quell’epoca restano ancora i sepolcri che si trovano vicino all’abitato. Di altre epoche sono invece i diversi edifici religiosi, spesso fiorenti esempi di architettura gotica. La chiesa di San Martino, in particolare, presenta una tipica struttura gotica e ospita al suo interno raffinati affreschi tre-quattrocenteschi, per la maggior parte attribuiti a Piero Lorenzetti. Questa chiesa è conosciuta anche come chiesa dei Francescani e a essa si aggiungono la chiesa di Sant’Agnese e la chiesa di

Chiesa di Sant’Agnese

Santa Maria del Giglio. E per conoscere meglio le tradizioni agricole di questo borgo, oltre che a tavola, si può andare a visitare il Museo della civiltà contadina, che occupa quattro sale del palazzo Sforza con un’esposizione di 2mila pezzi tra attrezzi da lavoro e oggetti di uso domestico che coprono ben quattro secoli, dal Seicento fino al Ventesimo secolo. Giardino pubblico


Alessandra Boiardi twitter.com/aleboiardi

COMUNE DI SAN LORENZO NUOVO Viterbo Abitanti: 2024 sanlorenzani Altitudine: 503 m s.l.m. Superficie: 26,74 km² Santo Patrono: San Lorenzo Martire - 10/8 Il comune fa parte di Borghi Autentici d’Italia

San Lorenzo Nuovo e il Lago di Bolsena Luky 91


San Lorenzo Nuovo

Il borgo che non ti aspetti

San Lorenzo Nuovo

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e origini di San Lorenzo Nuovo non sono medievali come quelle della maggior parte dei borghi della Tuscia. O meglio, la sua è una storia del tutto particolare. Venne edificato in seguito allo spostamento di quello che un tempo fu il centro di fondazione etrusca San Lorenzo alle Grotte. A spingere gli abitanti verso un punto più alto fu la malaria, scoppiata nel centro originario, a causa del clima diventato poco salubre in seguito all’innalzamento delle acque del Lago di Bolsena. Su una bella altura poco distante venne trovato il luogo ideale dove ripopolare

il paese, che oggi sorge a soli cinque chilometri dal famoso e bellissimo lago vulcanico. Così, a partire dal 1778 prese forma un borgo completamente nuovo anche nel concetto urbanistico. San Lorenzo Nuovo vanta infatti un innovativo assetto neoclassico, secondo il progetto urbano che venne affidato a Francesco Navone: prevedeva di sviluppare il paese con una pianta ottagonale, sulla falsa riga della piazza Amalienborg di Copenaghen. Durante i secoli, il borgo fu teatro di diversi avvenimenti storici, come le feroci lotte tra garibaldini e le truppe pontificie.


Il cuore pulsante: piazza Europa I l fascino del centro storico di San Lorenzo Nuovo comincia con lo stile Neoclassico dei suoi edifici, regolari e perfettamente simili nell’altezza e nella struttura. Al centro, c’è la sua grande piazza ottagonale, piazza Europa, che è il vero cuore pulsante di questo paese, punto di arrivo del reticolo ordi-

nato di vie che qui confluiscono. È questa piazza a ospitare uno degli appuntamenti più attesi dell’anno, l’amatissima Sagra degli Gnocchi, dedicata al patrono nella settimana di Ferragosto. In questo scenario suggestivo è impossibile resistere al richiamo dei piatti preparati con uno dei pro-

Chiesa San Lorenzo Martire

dotti d’eccellenza del territorio, la patata dell’alto viterbese: difficile scegliere tra squisite varianti di gnocchi, tradizionalmente serviti al ragù, con condimento di burro e salvia, alla vodka e al pesto. Al patrono è dedicata anche la chiesa di San Lorenzo Martire, che sembra quasi dominare piazza Europa. La chiesa è infatti alta ben 34 metri e al suo interno sono conservate preziose tele di Giorgio Vasari, il busto di Papa Pio VI e un crocifisso ligneo del XII secolo.

Sagra degli gnocchi in piazza Europa


Chiesa di San Giovanni in Val di Lago

Le chiese di campagna L a felice posizione di San Lorenzo Nuovo attira i visitatori in cerca di un’esperienza slow in mezzo alla natura. Dal borgo si gode di un bellissimo panorama e sarà facile andare alla scoperta dei luoghi più particolari nei dintorni. In basso rispetto all’abitato, in località Val di Lago, sorgono per esempio le rovine della chiesetta di San Giovanni, che regalano la suggestione di un evento che ancora oggi viene commemorato ogni 24 giugno con la Fiera di San Giovanni, che tra bancarelle e mercatini si

Via Umberto I

tiene nel centro storico, distante solo una manciata di chilometri. L’evento che viene celebrato è l’apparizione di San Giovanni a Nicola Pellegrini, un ragazzo a cui il santo, il 5 giugno 1563, avrebbe chiesto la ricostruzione della chiesa, dopo che quella precedente andò distrutta. Sempre nei dintorni, da non perdere anche un’altra chiesa di campagna, la chiesa di Torano, che conserva al suo interno un bell’affresco del Quattrocento raffigurante la Vergine in trono con bambino benedicente.


Sutri

Il borgo dalla storia antichissima

Sutri Cris Foto*

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na visita a Sutri è un vero viaggio attraverso la storia. Questo borgo, da non perdere durante un viaggio nella Tuscia, sorge su uno sperone di tufo, apparendo quasi improvvisamente alla vista di chi lo raggiunge attraverso il verde del paesaggio boscoso. Il suo fascino antico risiede già nelle sue origini, che secondo la leggenda risalgono sin al Dio Saturno, padre degli dei e primo re della penisola italica. Ma la storia, a Sutri, non ha bisogno di immaginazione: è palpabile nelle tante testimonianze che ancora oggi sono conservate e che hanno valso nel 2003

al borgo la Bandiera Arancione, grazie soprattutto all’impegno nella tutela e conservazione del suo patrimonio architettonico e ambientale. Sono le tracce più antiche, che avvallano anche il fatto che Sutri fu un centro abitato sin dall’epoca pre-etrusca: ne sono un esempio le grotte ancora oggi visibili nelle rupi, in seguito adattate a quelle che ancora oggi vengono considerate uno dei simboli dell’eredità archeologica del borgo, le necropoli. Se ne trovano diverse e alcune, dalle forme più curiose, danno il benvenuto proprio all’ingresso del paese.


Alessandra Boiardi

twitter.com/aleboiardi

COMUNE DI SUTRI Viterbo Abitanti: 6498 sutrini Altitudine: 291 m s.l.m. Superficie: 60,94 km² Santo Patrono: Santa Dolcissima - 16/9 Il borgo fa parte di Paesi Bandiera Arancione I Borghi più belli d’Italia

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L’anfiteatro romano essevu*

Incantesimi archeologici: l’anfiteatro e la necropoli N onostante i tanti elementi architettonici etruschi e medievali, è il meraviglioso anfiteatro romano a costituire una delle attrazioni più suggestive di Sutri. Questo importante monumento risale al periodo che va dalla fine del II secolo al I, anche se la sua scoperta è relativamente recente. Risale infatti agli anni Trenta del Novecento, quando fu riportato alla luce dopo essere stato dimenticato per secoli sotto campi coltivati. Oggi l’anfiteatro di Sutri è uno dei monumenti più importanti

Necropoli etrusca Jorge Anastacio*

del Lazio. È totalmente scavato nel tufo e ai tempi del suo splendore poteva contenere oltre 9mila persone nella sua forma ellittica, con tre ordini di gradinate. Oggi l’anfiteatro fa da quinta a spettacoli pirotecnici e manifestazioni religiose che a settembre vengono dedicata a Santa Dolcissima, patrono del borgo, che qui subì il martirio. Si trova, sulla Via Cassia prima di arrivare a Sutri, poco dopo la vasta necropoli etrusca, dove si trovano decine di tombe scavate nel tufo.

Cattedrale di Santa Maria Assunta Lucky Team Studio*


Scoprire il Parco naturale regionale Antichissima Città di Sutri L’ Anfiteatro e le necropoli fanno parte del Parco naturale regionale Antichissima Città di Sutri: è l’area protetta più piccola del Lazio, ma ricchissima dal punto di vista archeologico e storico. Ne fanno parte anche il borgo, la chiesa della Madonna del Tempio, la chiesa ipogea della Madonna del Parto, la chiesa di Santa Maria del Monte e Villa Savorelli. La chiesa della Madonna del Tempio risale al XIII secolo e sorge sulla via Cassia, davanti all’abitato, un

tempo appartenente ai Templari, mentre la chiesa della Madonna del Parto è uno dei luoghi di maggior fascino dell’intero parco, scavata nel tufo e di antichissime origini su quello che probabilmente era luogo di culto del Dio Mitra. Non lontano, Villa Savorelli è una bellissima residenza d’epoca la cui storia si estende su tre secoli, dal Cinquecento all’Ottocento, come testimoniano i suoi elementi rinascimentali e barocchi. Nei suoi tre piani, oggi

Antico lavatoio Lucky Team Studio*

ospita eventi e la sede del parco e si affaccia su splendidi giardini all’italiana, mentre sul davanti si estende una bellissima lecceta secolare conosciuta come Bosco Sacro. Nel centro storico di Sutri si possono infine ammirare altri edifici religiosi di gran-

de valore artistico, come la chiesa di Santa Maria Assunta del XII secolo, la chiesa di San Francesco fondata dal santo stesso nel 1222, la trecentesca chiesa di San Sebastiano e la chiesa di San Silvestro in stile Romanico.


Alessandra Boiardi twitter.com/aleboiardi

COMUNE DI ACQUAPENDENTE Viterbo Abitanti: 5405 aquesiani Altitudine: 420 m s.l.m. Superficie: 131,61 km² Santo Patrono: Sant’Ermete - 28/8 Il borgo fa parte di Borghi più belli d’Italia

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Torre Alfina

Un borgo da favola

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rrivare a Torre Alfina è come tuffarsi in una favola, una vera magia che questa piccola frazione di Acquapendente regala con le sue atmosfere di borgo medievale dominate dal suo bellissimo castello. Signorile ed elegante nelle sue forme architettoniche perfettamente conservate, è da ammirare già dalla piazza principale, dove si erge in tutto il suo splendore. Risale all’Alto Medioevo, commissionato dal re longobardo Desiderio e costruito dove un tempo sorgeva probabilmente un edificio difensivo antecedente. Oggi appare ornato da alte mura

intervallate da quattro belle torri merlate, circondato da un paesaggio d’altri tempi di boschi, verde e casolari. Praticamente perfetto in tutto il suo fulgore è tra i castelli meglio conservati del Lazio e del centro Italia: una parte è ancora proprietà privata e viene utilizzata per organizzare matrimoni ed eventi, mentre un’altra è aperta alle visite. Un’occasione imperdibile per ammirare arredi, affreschi, stucchi e arazzi che regalano la suggestione unica di immergersi nelle epoche lontane e fastose delle nobili famiglie del Rinascimento.


Il castello, i fiori e la tavola L’ aspetto monumentale del castello per come appare oggi si deve alla figura del marchese e banchiere Edoardo Cahen. Fu lui a commissionare, a fine Ottocento, l’ultimo rifacimento del maniero. Lo affidò a Giuseppe Partini, il quale ricoprì gli elementi rinascimentali con la pietra grigio-scura di Bagnoregio per dare all’edificio l’aspetto neogotico che ancora oggi lo contraddistingue. Dopo di lui, fu il figlio del marchese, Teofilo Rodolfo, a ornare il castello con arredi ricercati e con il giardino affidato ai paesaggisti francesi Henri ed Achille Du-

Museo del fiore L’Ape Regina

chêne. E oltre al castello, tra le particolarità di Torre Alfina c’è l’originale Museo del Fiore, un museo naturalistico e interattivo che si trova nei boschi della Riserva Naturale Monte Rufeno, dove si può conoscere il patrimonio ambientale del territorio. Una conoscenza, quella del territorio, che vale la pena di continuare anche a tavola. A Torre Alfina si possono infatti gustare alcuni piatti tipici, come le ottime pappardelle al cinghiale, ricette a base di farro del Pungolo d’Acquapendente, ma anche i biscotti di Sant’Antonio, le imbriachelle, tipiche ciambelline da gustare con il vino e il famoso gelato di Torre Alfina.

ValerioMei*

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Nell’incanto del Bosco del Sasseto T orniamo alle pendici del castello, dove la favola continua nel Bosco del Sasseto. In questo luogo incantato da tempo immemore convivono faggi, olmi, lecci, aceri e alberi della manna: sono in tutto trenta le specie presenti che rendono questa foresta antica uno scrigno prezioso di biodiversità. Alcune sono alberi secolari che svettano per oltre 25 metri, vetusti e dalle forme contorte contribuiscono con il loro aspetto alla magia di questo luogo unico, già scelto anche come set cinematografico per la sua particolarità. Percorrendo i suoi sentieri si entra nel cuore rigoglioso della sua natura, tra i massi lavici che a cui si deve il suo nome e il sottobosco di felci e muschi. Dal 2006 il Bosco del Sasseto è Monumento Naturale ed è quindi un’area protetta in cui si può accedere solo con visite guidate di gruppo che durano mediamente due ore e possono essere effettuate su prenotazione. Un’ultima curiosità: ad amare appassionatamente il Bosco del Sasseto fu anche Edoardo Cahen, che dopo i lavori di ristrutturazione del castello decise di eleggerlo sua ultima dimora e per questo fece realizzare un mausoleo in stile Gotico immerso nella sua natura.

Mausoleo Cahen L’Ape Regina

Mulino sul torrente Subissone


Tuscania

Nel cuore della Tuscia

Tuscania ValerioMei*

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orgo medievale perfettamente conservato, Tuscania è una delle perle dell’Alto Lazio. Il nome potrebbe far pensare alla regione limitrofa, la Toscana: dobbiamo fare un salto indietro nel tempo per capirne il significato. Siamo nel cuore della Tuscia, il territorio un tempo abitato dai Tusci, nome con cui gli antichi Romani si riferivano ai misteriosi Etruschi. Il Viterbese è una terra profondamente legata a questa grande civiltà: Tuscania, che la leggenda vuole sia stata fondata da Ascanio, figlio di

Enea, dopo la caduta di Troia oppure da Tusco, figlio di Ercole e Araxe, era una delle città etrusche che pacificamente vennero assoggettate all’impero romano. Oggi è un suggestivo borgo tra le cui antiche strade è piacevole camminare, immaginando tempi antichi e lasciando correre lo sguardo all’orizzonte, oltre le mura, lungo la campagna, tutelata come riserva naturale, che circonda i sette promontori sui quali si staglia Tuscania, sulla via di comunicazione che dal Mar Tirreno porta al Lago di Bolsena.


Oriana Davini

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COMUNE DI TUSCANIA Viterbo Abitanti: 8323 tuscanesi Altitudine: 165 m s.l.m. Superficie: 208,69 km² Santo Patrono: Santi Secondiano, Veriano e Marcelliano, martiri - 8/8 Il borgo fa parte di Paesi Bandiera Arancione

ValerioMei*


ValerioMei*

Camminare nella storia P

erché visitare Tuscania? Per la bellezza di perdersi a passeggio nella storia. Il borgo antico conserva perfettamente i tratti medievali, quando la cittadina era una diocesi fiorente, con una vivace vita culturale, artistica ed economica. Oltre alle mura e alle case, tra fontane, piazze e viuzze, meritano una visita il Museo Archeologico Tuscanese, la chiesa di San Pietro, eretta in stile Romanico sull’antica necropoli etrusca, e la chiesa di Santa Maria Maggiore, consacrata nel 1206 e importante per il ciclo di affreschi ancora visibili. Dal belvedere della torre di Lavello si gode uno dei panorami più belli di tutta la Tuscia, motivo per cui vale la pena sostare nel verde di questo parco pubblico adiacente alle mura, che conserva un anfiteatro e una meridiana. La presenza etrusca è ben visibile nei sarcofaghi che ancora ornano le vie cittadine e soprattutto nelle numerose necropoli intorno a Tuscania: una delle più famose è quella della Madonna dell’Olivo, che conserva un vasto sepolcro sotterraneo.

Lucky Team Studio*


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Tra botteghe artigianali e lavanda L a bellezza dei borghi italiani risiede anche nella capacità di mantenere vive le antiche tradizioni. Così è Tuscania, dove l’artigianato riveste un’importanza fondamentale: la cittadina è rinomata per la lavorazione della ceramica e della terracotta nelle botteghe del centro storico. Numerose sono le manifestazioni legate al passato agricolo e religioso, dai “Festeggiamenti patronali” di agosto alla “Fiera di maggio”, insieme a ricorrenze stagionali genuinamente autentiche: la raccolta delle lumache, dei funghi, la vendemmia di ottobre, la raccolta e la spremitura delle olive tra novembre e dicembre da cui si ricava l’olio extra vergine d’oliva Canino Dop. Riti ai quali corrispondono ricette locali: i lom-

robertonencini*

brichelli, primo piatto tipico a base di pasta, minestre di legumi, carne di cinghiale, abbacchio, agnello e frittelle, dolci e salate. Una curiosità: nella campagna intorno a Tuscania, nella valle del fiume Marta, diverse aziende agricole coltivano la lavanda, uno spettacolo imperdibile durante la fioritura. ValerioMei*

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Oriana Davini

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COMUNE DI VALENTANO Viterbo Abitanti: 2809 valentanesi Altitudine: 538 m s.l.m. Superficie: 43,5 km² Santo Patrono: San Giovanni Apostolo ed Evangelista - 27/12 Il comune fa parte di Paesi Bandiera Arancione

Alessio Funghi


Valentano

Il borgo tra lago e mare

Valentano Alessio Funghi

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cavallo tra il Mar Tirreno e il Lago di Bolsena, sul confine che separa Lazio e Toscana, sorge il borgo di Valentano, arroccato su una collina dalla quale si gode una vista particolarmente suggestiva tra poggi e pianure. Come spesso accade in Tuscia, anche questo paesino si presenta con un caratteristico aspetto medievale, che maschera le sue origini etrusche: case di tufo, stradine, piazze, terrazze e chiese rendono il centro meritevole di una passeggiata, per carpire la storia antica del bor-

go. Da visitare ci sono la collegiata di San Giovanni Apostolo ed Evangelista e la vicina rocca Farnese, entrambi edificati nel XII secolo e sede, quest’ultima, del Museo della Preistoria della Tuscia, il palazzo del Comune, la porta Magenta e il palazzo Cruciani, dove nacque il matematico Paolo Ruffini. E ancora la chiesa di Santa Maria, nel centro del paese, quella di Santa Croce, appena fuori dalle mura cittadine e la chiesa dell’Annunziata, costruita negli anni Trenta su un edificio appartenente ai Templari.


Alessio Funghi

Il solco dritto di Valentano N el corso dei secoli, gli abitanti di Valentano hanno sviluppato una particolare devozione per i santi protettori del paese e soprattutto per la Madonna. Questa tradizione, che mescola antichi riti contadini e celebrazioni religiose, è visibile ancora oggi nella Festa del Solco dritto della Madonna dell’Assunta: all’alba di ogni 14 agosto, nella piana di Valentano viene tirato un solco dritto lungo cinque chilometri, per ringraziare del raccolto e propiziare la nuova semina. Secondo la tradi-

zione, quanto più è dritto il solco tirato dal trattore, tanto più favorevole sarà la stagione agricola. Non a caso, uno dei prodotti tipici di Valentano è il cece del solco dritto, un legume tipico del territorio, ancora oggi coltivato con tecniche agricole tradizionali e senza uso di prodotti chimici. È l’eredità del passato contadino di questo borgo, quando i legumi rappresentavano la principale fonte di proteine per una larga fascia di popolazione e oggi rivivono nella gastronomia tipica locale.


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Il Lago di Mezzano A

ppartiene al territorio di Valentano anche una piccola oasi verde e blu: il Lago di Mezzano è una goccia rispetto al più grande Lago di Bolsena ma non per questo è meno notevole. Di origine vulcanica, come dimostra la sua forma a cono rovesciato, è di origine molto antica: le sue rive erano sicuramente già abitate durante l’Età del Rame, nel terzo millennio a.C.. Già Seneca, Plinio e Vitruvio ne parlavano come del «lago delle costruzioni», riferendosi ai resti di villaggi di palafitte che spuntavano dal-

Lago di Mezzano carlo deviti*

le sue acque. E, in effetti, nel 1973 una serie di esplorazioni subacquee ha riportato alla luce la più grande quantità di reperti integri dell’Italia centrale: oggi sono conservati nel Museo della Tuscia e della rocca Farnese a Valentano. Il lago merita una visita anche dal punto di vista naturalistico: ci si arriva solo a piedi camminando tra canneti e campi e le sue acque, che virano dal blu profondo al verde cobalto, ospitano lucci, gallinelle d’acqua e martin pescatori, tinche, carpe e trote. Lago di Mezzano carlo deviti*

Alessio Funghi


Vitorchiano

il borgo sospeso

Vitorchiano Ferretti Giulio

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bbarbicato su uno sperone di roccia, Vitorchiano ricorda le classiche illustrazioni dei libri di fiabe. Sarà perché i massi che lo sostengono formano intorno al borgo una serie di strapiombi e burroni, sui quali svettano a sud mura e torri merlate, sugli altri lati le tipiche case di stampo medievale, strette l’una all’altra. In mezzo ci sono viottoli acciottolati, piazzette, scale, fontane, chiese, vicoletti: all’esterno, invece, lo sguardo corre libero tra boschi di querce, ulivi, noccioli e

vigneti, dove passano il torrente Vezza e i sentieri tracciati dal Cai, per muoversi a piedi tra bellezze naturalistiche e siti archeologici. L’aspetto medievale di Vitorchiano, che convinse Mario Monicelli a girare qui alcune scene del film “L’armata Brancaleone”, ha reso questa cittadina una meta turistica apprezzata. Per le sue strade ci si aspetta di incontrare maghi, fate e streghe e si trova invece l’unico Moai esistente al di fuori dell’Isola di Pasqua, scolpito da 11 indigeni Maori a protezione del borgo.


Oriana Davini

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COMUNE DI VITORCHIANO Viterbo Abitanti: 5244 vitorchianesi Altitudine: 285 m s.l.m. Superficie: 30,14 km² Santo Patrono: San Michele - 8/5 Il borgo fa parte di I Borghi più belli d’Italia Paesi Bandiera Arancione

Il Moai di Vitorchiano Marco Maniero


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I Fedeli di Vitorchiano N

perdere: la Selva di Malano, centro sacro di epoca antichissima con sepolcri romani e i resti del monastero di San Nicolao, e il Monumento Naturale Corviano, con resti archeologici di diverse epoche.

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onostante le origini etrusche e la vicinanza a Viterbo, Vitorchiano ha un legame speciale con Roma: nel 1233 la aiutò a sconfiggere i viterbesi, ottenendo in cambio il titolo di “Terra fedele”, l’uso del motto “Vitorchiano, castello e parte di Roma” e l’aggiunta nello stemma cittadino della sigla S.P.Q.R. Dieci vitorchianesi furono assunti in Campidoglio al servizio del Senato, diventando i «Fedeli di Vitorchiano». È una storia che si respira a ogni angolo di strada durante la visita al borgo: nel palazzo Comunale, sede di antichi documenti d’archivio, come nei fregi sulle tipiche case di pietra. Vale la pena cercare quelle del Podestà, del Rabbino, di Santa Rosa, che qui visse e compì miracoli, e verso l’ora del tramonto godere del panorama dalle Mura Castellane. Usciti dal paese ci sono due siti da non

Proloco Vitorchiano


I cavatelli vitorchianesi N occiole, olio d’oliva, funghi porcini e vino rappresentano i frutti della campagna di Vitorchiano e testimoniano il profondo attaccamento del borgo a un patrimonio di tradizioni agricole ancora fortemente connesse al tessuto sociale. Non è un caso che una cittadina così piccola abbia un proprio piatto tipico iscritto nell’elenco dei P.A.T., i Prodotti Agroalimentari Tradizionali del Lazio: si tratta dei cavatelli vitorchianesi, lunghi spaghettoni conditi con pomodoro, aglio, olio, peperoncino e finocchio selvatico. La fama di questo tipo di pasta, preparato a mano ancora in molte famiglie e ristoranti, è tale in tutta la Tuscia che durante l’omonima sagra, organizzata ogni estate, a Vitorchiano si riversano turisti e residenti dei borghi vicini per rendere omaggio alla tradizione e soddisfare l’appetito. Immancabile sui cavatelli l’olio, quello spremuto a freddo nei due mulini ancora attivi intorno a Vitorchiano. Si termina il pasto castagne arrosto o con i tozzetti, dolcetti a base di nocciole.

Rapisarda Christian Mario




ANTIPASTO

ROMA

CARCIOFI ALLA GIUDIA

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INGREDIENTI

• Olio di semi di girasole o di arachidi • Sale • Pepe • 1 limone • 300 ml di acqua • 1 carciofo Romanesco (Mammola o Cimarolo) I.G.T del Lazio

PROCEDIMENTO:

Togliete le foglie esterne, quelle più coriacee del carciofo. Tagliate il gambo, lasciando circa 10 cm di lunghezza. Il segreto di un buon carciofo alla giudia è nella mondatura (oltre che nella doppia cottura). Con un coltello ben affilato tornite il carciofo dalle foglie più vicine al gambo a quelle più tenere e verso il centro. Assolutamente da evitare il taglio netto delle foglie che comprometterebbe la resa finale del piatto. Pulite il gambo, avendo cura di togliere la parte più esterna. Frizionate il carciofo pulito con mezzo limone per rallentare l'ossidazione. Cuocete a fuoco lento i carciofi “a testa in giù” e in abbondante olio. Scolate il carciofo, aumentate l'intensità del fuoco e quando l'olio sarà ben caldo, rituffate il carciofo sempre a "testa in giù" (eventualmente aprendolo prima leggermente dal centro per favorire la cottura). Scolate sulla carta, salate e pepate a piacimento.

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RIETI

PRIMO PIATTO

AMATRICIANA ----------------------------------------------

INGREDIENTI (per 4 persone): • 500 g di pasta • 200 g di “Guanciale Amatriciano” • un goccio di vino bianco secco • 400 g di pomodorini o pelati di qualità • Pecorino Romano DOP • un pezzetto di peperoncino fresco o essiccato (eventuale) • sale e pepe q.b.

PROCEDIMENTO:

Far imbiondire in una padella il Guanciale Amatriciano, tagliato a listelli lunghi. Aggiungere il vino bianco e pepe nero q.b., ed eventualmente del peperoncino, e cuocere a fuoco basso per alcuni minuti finché il guanciale non risulterà leggermente dorato, facendo molta attenzione che non si rosoli troppo. Togliere dalla padella i listelli di guanciale, sgocciolare bene e tenerli da parte possibilmente in caldo. Unire i pomodori tagliati a filetti e privati dei semi, avendoli precedentemente sbollentati, oppure utilizzare pomodori pelati di qualità. Salare, mescolare e cuocere a fuoco vivo per circa 15 minuti. Unire alla salsa i listelli di guanciale precedentemente messi da parte, mescolando nuovamente la salsa. Cuocere la pasta in acqua leggermente salata. A cottura quasi ultimata, scolare e ripassare nella padella con il sugo, aggiungere il Pecorino Romano DOP. Impiattare, spolverando con il pecorino e servire.

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SECONDO PIATTO

ROMA

Abbacchio

ALLA SCOTTADITO ----------------------------------------------

INGREDIENTI (per 4 persone):

• 12 costolette di Abbacchio Romano IGP • 100 ml di olio extra vergine di oliva • 1 rametto di rosmarino • 2 spicchi di aglio • il succo di 1 limone • sale e pepe q.b.

PROCEDIMENTO:

Preparare una marinata emulsionando in una ciotola l’olio con il succo di metà limone, un pizzico di sale, una macinata di pepe e aromatizzando con il rosmarino e l’aglio pelato, diviso a metà. Appiattire leggermente con il batticarne le costolette di abbacchio, ungerle da ambo le parti con l’emulsione e disporle in un contenitore di vetro con il resto della marinata; coprire con una pellicola e lasciar insaporire per un’ora in frigorifero. Cuocere le costolette sulla brace o su una piastra di ghisa per qualche minuto. Servire caldissime con una fetta di limone.

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FROSINONE

CONTORNO

PEPERONI IN AGRODOLCE ----------------------------------------------

INGREDIENTI (per 4 persone):

• 1 kg di peperoni • 2 spicchi di aglio • 5 cucchiai di olio extra vergine di oliva • 6 cucchiai di aceto • 1 cucchiaio di vino bianco • zucchero e sale q.b.

PROCEDIMENTO:

Lavare e asciugare i peperoni e tagliarli a pezzetti, avendo cura di eliminare i filamenti interni. Fare scaldare l’olio in un tegame capiente con i 2 spicchi di aglio. Versare i peperoni, aggiungere il sale e lo zucchero, quindi cuocere a fiamma bassa mescolando di tanto in tanto ed avendo cura di aggiungere, se necessario, un poco di acqua calda. In una ciotola versare l’aceto e, mescolando, aggiungere il cucchiaio di vino bianco. Versare il composto sui peperoni. Lasciare cuocere qualche altro minuto fino a che l’aceto non sarà evaporato. Servire tiepidi o freddi.

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DOLCE

VITERBO

O Z Z ET T T I

ALLE NOCCIOLE ----------------------------------------------

INGREDIENTI (per 4 persone):

• 500 g di farina • 100 ml di olio extra vergine di oliva Canino DOP o Tuscia DOP • 4 uova • 350 g di zucchero • 300 g di nocciole romane DOP senza buccia • 1 bicchiere di latte • 1 bustina di lievito • 1 limone • 1 tuorlo d’uovo per la doratura

PROCEDIMENTO:

Unire, in una terrina, le uova insieme allo zucchero e lavorare con un cucchiaio di legno; aggiungere l'olio di oliva, il lievito, il latte, la buccia grattugiata del limone e le nocciole tostate, già spellate e tagliate a pezzi grandi. Continuando a mescolare aggiungere, poco alla volta, la farina, fino a ottenere un impasto morbido. Con le mani creare dei filoncini, alti circa 2 cm e lunghi 15 cm. Porre su una teglia i filoncini, spennellandoli con dell’uovo sbattuto. Mettere in forno alla temperatura di 160°, per circa 20 minuti. Estrarre dal forno e affettare ancora caldi i filoncini per ottenere i tozzetti, strisce verticali di circa 2 cm, quindi rimettere in forno per biscottare leggermente la parte superiore.

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LATINA

PIATTO UNICO

T I E L L A

DI GAETA ----------------------------------------------

INGREDIENTI (per 4 persone):

• 600 g di farina • olio extra vergine di oliva Colline Pontine DOP • 2 bicchieri d’acqua tiepida • 1 panetto di lievito di birra • 1 kg di polpi • prezzemolo • 1 spicchio d’aglio • 100 g di olive di Gaeta denocciolate • 200 g di pomodori • sale e peperoncino q.b.

PROCEDIMENTO:

Sciogliere nell’acqua tiepida il lievito. Disporre in una spianatoia la farina aggiungendo il sale, 4 cucchiai di olio e l’acqua con il lievito. Impastare fino a ottenere un composto omogeneo: lasciare riposare, in luogo tiepido, per un’ora circa. Per il ripieno: lessare i polpi già puliti, tagliare a pezzetti e disporre in una ciotola insieme al prezzemolo, l’aglio, i pomodori a pezzetti, le olive, sale, peperoncino e olio d’oliva. Stendere, quindi, la pasta per ottenere due grandi dischi dal diametro superiore alla teglia della tiella. Disporre il primo disco nella teglia, unta d’olio, quindi versare il ripieno e coprire con il secondo disco di pasta, avendo cura di far aderire i bordi. Se necessario, tagliare la pasta in eccesso e chiudere bene i bordi, facendo poi dei piccoli buchi con la forchetta. Cospargere con un filo d’olio e infornare per circa mezz’ora in forno a 200°. Servire tiepida o fredda.

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