e-borghi travel magazine: 01 Montagna e borghi

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Rivista digitale di viaggi, borghi e turismo slow

Numero 01 2019

www.e-borghitravel.com




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e-borghi travel 01 www.e-borghi.com Publisher Salvatore Poerio direzione@3scomunicazione.com Coordinamento editoriale Luciana Francesca Rebonato coordinamento@e-borghi.com Art director Ivan Pisoni grafica@e-borghi.com Segreteria di redazione Simona Poerio segreteria@e-borghi.com Hanno collaborato a questo numero Alessandra Boiardi, Cinzia Meoni, Barbara Roncarolo, Luca Sartori, Giulio Tellarini Fotografi Francesco Amendola Luciano Solero Traduzioni Beatrice Lavezzari (inglese) Marina Bratsilo (russo) Promozione e Pubblicità 3S Comunicazione – Milano Cosimo Pareschi pareschi@e-borghi.com Piersilvio Volpato volpato@e-borghi.com Redazione 3S Comunicazione Corso Buenos Aires, 92 20124 Milano info@3scomunicazione.com tel. 0287071950 – fax 0287071968 L’uso del nostro sito o della nostra rivista digitale è soggetta ai seguenti termini: Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di www.e-borghi.com può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronica, meccanica, fotocopia, registrazione o altro, senza previa autorizzazione scritta da parte di 3S Comunicazione. Nonostante l’accurata verifica delle informazioni contenute in questo numero, la 3S Comunicazione non può accettare responsabilità per errori od omissioni. Le opinioni espresse dai contributori non sono necessariamente quelle di 3S Comunicazione. Salvo diversa indicazione, il copyright del contributo individuale è quello dei contributori. È stato fatto ogni sforzo per rintracciare i titolari di copyright delle immagini, laddove non scattate dai nostri fotografi. Ci scusiamo in anticipo per eventuali omissioni e saremo lieti di inserire l’eventuale specifica in ogni pubblicazione successiva. © 2019 e-borghi


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ditoriale

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gni inizio d’anno delinea una nuova partenza. Noi ci affacciamo a questo 2019 con un’inedita realtà editoriale: il primo numero di e-borghi travel, una serie di guide gratuite dal volto digitale e con l’anima del magazine dedicate ai borghi, ai territori e al turismo slow del Belpaese. Ogni mese saremo sul web con una monografia tematica - disponibile anche in versione inglese e russa – che punterà i riflettori su un tema specifico e accompagnerà i lettori sui set che abbiamo scelto di rivelare e approfondire, a iniziare dalla montagna. Un viaggio costellato da grandi classici e inaspettate sorprese: il 2019 è l’anno nazionale del turismo lento, una filosofia che è al contempo uno stile di vita per scoprire l’Italia come fosse un vino da meditazione: progressivamente, assaporandone ogni sorso e istante. E il passo costante è proprio quello che occorre per andare in montagna, un arazzo naturale nel quale i borghi sono incastonati come gemme nelle «Grandi cattedrali della terra con i loro portali di roccia, i mosaici di nubi, i cori dei torrenti, gli altari di neve, le volte di porpora» (John Ruskin). Vi porteremo con noi a Sauris in Friuli-Venezia Giulia e a Luserna, Folgaria e Lavarone sull’Alpe Cimbra, in Valtellina con un itinerario che si snoda fra Teglio, Tirano, Mazzo di Valtellina e Grosio e poi ancora sull’Etna, all’Abetone e sul Gran Sasso per poi dirigerci nelle foreste della Sila. E non è finita qui. Sfogliando e-borghi travel potrete trovare spunti e idee per le vostre prossime avventure: le direttrici da percorrere, i borghi e i comprensori ve li proponiamo per tutti i gusti e “quattro stagioni”, corredati da pratici suggerimenti nel contesto dell’ospitalità, del food & beverage e dello shopping, con uno sguardo attento al folclore e alle tipicità locali. Non solo. Leggende, curiosità, prelibatezze enogastronomiche e recensioni sono da leggere in un soffio così come la rubrica “Vacanze fuori posto”. Non vi anticipiamo altro: l’ignoto attrae, e l’emozione si mette in viaggio. Luciana Francesca Rebonato coordinatore editoriale


Sauris

Valtellina

Alpe Cimbra

Sila

Etna

Gran Sasso

Abetone

Alvito


Oltreconfine: Ucraina

Speciale BIT

Vacanze fuori posto: Liguria

Sapori in quota

Leggende

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Recensione

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Udine, Friuli-Venezia-Giulia

Sauris, passaggio a nord-est

Luca Sartori


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

Alessandra Boiardi

twitter.com/aleboiardi

Photo Solero

photosolero.com



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itti boschi, pascoli costellati da malghe e un lago alpino. Sauris è questo e molto altro ancora: borgo montano del Friuli-Venezia Giulia, è dominato da cime dolomitiche e la sua anima si esprime con tre volti: Sauris di Sotto, Sauris di Sopra e Lateis. Siamo nel cuore della Carnia, la natura regna incontrastata ed è il lago di Sauris, specchio dai colori verde smeraldo e turchese, ad accogliere chi arriva a questo angolo di paradiso. In inverno si praticano sci da discesa e di fondo, sci alpinismo e pattinaggio sul ghiaccio, si percorre il paesaggio in motoslitta, si seguono corsi di sleddog e, per i più romantici, si contemplano paesaggi innevati nel comfort di

slitte trainate da cavalli. In estate, invece, si scoprono sentieri a piedi, in mountain bike o a cavallo fra prati, boschi e sponde del lago, oppure si praticano canyoning, tennis, pallacanestro ed equitazione. Non solo. Numerose sono le opportunità sportive perseguibili nell’attrezzato centro “Borgo dello sport e del benessere”, provvisto di centro wellness, saune e piscina, il tutto immerso nel verde tra Sauris di Sopra e Sauris di Sotto. A sport e relax a Sauris si uniscono arte, cultura ed enogastronomia: il borgo, infatti, è ricco di storia e tradizioni ed è anche una capitale del gusto nella quale apprezzare sapori e tipicità locali.


Sauris da esplorare

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auris è una continua scoperta. Sulle malghe, nei boschi, lungo le sponde del lago, sui pascoli oltre i 1.500 metri d’altezza e nelle frazioni, fra i rustici dai classici “blockbau”, i tronchi di legno sovrapposti e incastrati agli angoli. Per gli appassionati d’architettura e storia è d’obbligo una visita al santuario di Sauris di Sotto, dal campanile dalla caratteristica guglia a cipolla e dal bel rosone sulla facciata, dedicato a Sant’Osvaldo re di Northumberland, fra i centri devozionali più noti e prestigiosi della Repubblica Veneta tra il Seicento e il Settecento. Per approfondire la conoscenza del territorio, ecco il Museo di

Sant’Osvaldo, ospitato nella canonica, per un viaggio nella storia della comunità fra pergamene del ‘400 e del ‘500, argenterie, paramenti sacri e un presepe del ‘700 in cera e stoffa. Da vedere, a Sauris di Sopra, sono la chiesetta alpina di San Lorenzo, costruzione cinquecentesca situata su un pendio a valle dell’abitato, e il Centro etnografico “Haus van der zahre”, ospitato in un rustico - un tempo adibito a stalla e fienile -, sede di pubblicazioni e, negli anni, teatro di mostre sulle malghe, sulla devozione popolare, il carnevale saurano, il culto di Sant’Osvaldo e la rete di sentieri locale.



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Albergo Pa Krhaizar

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Struttura e sapori

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’albergo Pa Krhaizar è il trionfo del legno. Ottenuto da un’abitazione risalente al 1850, è situato nella frazione saurana di Lateis. La struttura originaria autentica è stata volutamente preservata durante il restauro. I locali comuni e le stanze sono arredati con il gusto dell’artigianato locale, d’ispirazione ottocentesca: ambienti caldi e accoglienti nei quali trovano spazio anche il caratteristico fogolar e il lavabo in pietra. Nella stagione estiva, è possibile accedere alla terrazza panoramica per degustare i prodotti locali, godendo della splendida vista del lago di Sauris e dei monti della Carnia. L’albergo Pa Krhaizar è il punto di partenza ideale per intraprendere camminate ai rifugi e alle malghe in uno scenario montano dove il tempo sembra essersi fermato; anche gli appassionati di trekking a cavallo e di mountain bike da queste parti trovano percorsi per tutte le abilità. E’ la saurana Antonella la padrona di casa, appartenente a una famiglia locale, produttrice di

prosciutto da generazioni. Innamorata della sua terra, vive con passione il Meublè Pa Krhaizar con la figlia Fulvia e alle collaboratrici Arianna e Iryna, assieme accolgono gli ospiti in un’atmosfera discreta e riservata, luogo perfetto per coloro che cercano una vacanza rigenerante, per riposare e vivere la pace del luogo. Una bella giornata qui inizia dal mattino, con una colazione sana a base di frutta di stagione, pane integrale, marmellate e dolci fatti in casa, miele di apicoltori locali, formaggi genuini, insaccati tradizionali, il celebre prosciutto di Sauris e le uova dei vicini pollai, da consumare nella stube nella stagione fredda e in terrazza, baciati dal sole, in quella calda. La giornata finisce poi accanto al fuoco del tipico fogolar friulano assaporando una bella tisana di fiori e piante di Sauris, mentre nel piccolo bar la casa propone assaggi di grappe e distillati ma anche sciroppi a base di fiori e frutta e bevande dissetanti naturali .


Camere e cultura

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hi sceglie il Pa Krhaizar nel cuore della Carnia trova un servizio di bed & break fast e, grazie a una convenzione con il ristorante Peickele del RiglarHaus - situato a duecento metri dall’albergo -, anche la mezza pensione. Le camere sono studiate per soddisfare qualsiasi esigenza. La numero uno, per esempio, situata al primo piano, prende il sole del primo mattino, mentre le camere due e tre sono arredate in stile arte povera carnica con boiserie in abete, con pareti e soffitto in legno. E’ invece con vista sui monti e sul giardino la camera numero quattro, situata al primo piano nella parte nord-ovest del meublé, mentre la camera cinque è ubicata al secondo piano mansardato, una camera family che si compone di due stanze con pre-ingresso. Matrimoniale e mansardata con travi a vista è la camera numero sei, situata al secondo piano sul lato nord-est e affacciata sul bosco. Il nome dell’albergo Pa Krhaizar deriva dal soprannome di uno dei proprietari del passato, “Krhaizarle”, un tipo bonaccione, amante del buon vino e delle feste. Dove oggi sorge l’albergo sovente si ballava al suono di fisarmoniche e violini, una storia felice di queste mura che non si è voluta dimenticare. L’albergo, infatti, è anche incontri, cultura e tanta lettura: Il Club Lateis è l’appuntamento del Pa Krhaizar che anima le serate con un programma che prevede degustazioni, incontri, concerti, serate a tema e antichi racconti con protagonisti, esperti e animatori. Sotto un cielo certificato da Astronomitaly tra i più belli e limpidi d’Italia, si organizzano serate a guardare stelle, pianeti e galassie con il telescopio, assistiti da un appassionato astrofilo nel silenzio e immensità del cielo. E poi ci sono i libri del Pa Krhaizar. Alla fine dell’800 nel fabbricato abitava una famiglia con otto figli, quattro preti e altrettanti notai con studio, un’abitazione ricca di libri e documenti, purtroppo andati perduti. Oggi, nella piccola libreria vicino all’antico lavabo in pietra, ci sono i libri che gli ospiti lasciano all’albergo: chi soggiorna al Pa Krhaizar li può leggere o anche solo sfogliare, e godersi la pace e il silenzio.


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L’Hotel, tipico chalet di montagna

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in una delle zone montane più suggestive del Friuli-Venezia Giulia che l’Albergo Ristorante Riglarhaus accoglie i suoi ospiti. Un tipico chalet di montagna, incastonato nelle Dolomiti Carni-

che e a 1.200 metri di altezza. Provvisto di un parcheggio gratuito, l’albergo Riglarhaus sorge a 40 chilometri dall’autostrada A23 e a ottanta minuti di auto da Udine.

Il ristorante, la Carnia in tavola

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ono piatti genuini, quelli che si assaporano al Riglarhaus, d’inverno nell’accogliente sala da pranzo con il caratteristico fogolar, d’estate nella fresca veranda. Specialità preparate con prodotti freschi e di qualità forniti da agricoltori e fornitori locali e cucinate secondo la tradizione: è il trionfo del prosciutto, di funghi e di erbe che insaporiscono gnocchi, risotti e minestre così come i secondi. Fra le prelibatezze sono tutte da assaggiare il dunkatle - la crema di ricotta con la polenta -, il frico - il baluardo gastronomico della Carnia a base di formaggi di varia stagionatura - e i cjarsons, simili ai ravioli e con un ripieno dolce e salato che fra gli ingredienti contempla l’uvetta passa, la mela, la cannella, gli spinaci e la ricotta.

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Hotel Riglarhaus

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Le camere, vista su monti e boschi

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l legno è il protagonista delle camere, tutte dotate di ampio terrazzo affacciato sui boschi e con vista sui monti. Gli arredi sono un richiamo

alle tipiche case saurane, con tinte calde e avvolgenti che infondono atmosfera unita al massimo comfort e in un contesto naturalistico intatto.

Il wellness, benessere in quota

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omfort, calore, tipicità e genuinità. E poi wellness, che al Riglarhaus significa l’imbarazzo della scelta e con precisi punti di forza: docce cromatiche ed emozionali, bagno turco e sauna finlandese. Entrando nell’area wellness si accede direttamente a un’ampia

zona relax che conduce agli spazi dedicati ai trattamenti benessere, mentre un’ampia vetrata panoramica consente di ammirare il gruppo del Bivera. Un panorama intrigante, per rilassarsi con lo sguardo che spazia sulle cime innevante.




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i dividono fra Sauris di Sopra, Sauris di Sotto, Lateis e La Maina i 32 alloggi indipendenti dell’Albergo Diffuso Sauris. E ad accogliere gli ospiti, alla reception ci sono le saurane “doc” Paola e Flavia del caratteristico Borgo San Lorenzo, nucleo storico dell’albergo, meta ideale per vacanze all’insegna di pace, tranquillità e comfort. L’Albergo Diffuso Sauris propone residenze di qualsiasi tipologia e dimensione, dotate di riscaldamento autonomo, alcune con caminetto o stufa in maiolica. Si può scegliere fra monolocali, bilocali, trilocali, quadrilocali e suite – anche con vista lago

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Albergo Diffuso Sauris

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dalle differenti metrature e fino a un massimo di otto posti letto. Tutte le soluzioni dispongono di attrezzature per la cucina e per il pranzo, biancheria da letto, bagno e tovagliati, cambio settimanale della biancheria e fornitura di legna nelle residenze dotate di caminetto. Fra gli alloggi diverse opzioni: appartamenti ricavati in edifici tradizionali o palazzi ottocenteschi con pareti rivestite in legno e originali travi a vista, monolocali posti su due livelli, con un ampio terrazzo e con vetrata panoramica nella zona giorno che illumina la camera matrimoniale, suite arredata con mobili di design, con una bellissima vista sulle acque lacustri e alloggi situati in antichi edifici in pietra e legno, con balcone panoramico. Fra i servizi offerti dell’Albergo Diffuso Sauris ci sono il noleggio gratuito di mountain bike, racchette da neve e bastoncini oltre alla biblioteca e alla lavanderia. L’albergo coccola i clienti con il suo elegante Centro Benessere - ricavato in un antico stavolo - che propone sauna finlandese, suggestiva area relax e bagno turco, con gettate di vapore alle essenze naturali. Un’oasi di relax con bevande calde, olii essenziali e un intrigante caminetto a bioetanolo.


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sulle piste da sci di Sauris di Sopra che sorge lo Chalet Rikhelan. D’inverno lo si raggiunge con gli sci, con le ciaspole o con un servizio di motoslitta, in estate arrivarci è ancora più agevole: basta percorrere una comoda strada asfaltata che giunge direttamente al parcheggio dello struttura. Dimora storica affacciata sulla valle del Lumiei, lo chalet è la passione di Augusto e Daniela che a Sauris regalano magia e forti sensazioni. Dopo un impegnativo restauro durato due anni, nel Natale del 2015 sono arrivati i primi

Chalet Rikhelan

ospiti che hanno subito apprezzato lo stile, l’eleganza e la cura dei dettagli di questa struttura fra i monti della Carnia. Negli ambienti del Rikhelan la semplicità incontra l’eleganza e la pietra, il ferro e il legno sono i grandi protagonisti di uno stile di vita nel quale emerge il quotidiano contatto con la natura circostante. Alle 10 camere con terrazza esclusiva aperta sul giardino o con accesso dall’esterno, tutte diverse e arredate in stile alpino - sia classico sia contemporaneo -, si uniscono la sauna finlandese, 20 mila metri quadrati di prato ai


limiti del bosco, una terrazza solarium attrezzata con lettini prendisole, attrezzature - e istruttore - per il nordic walking e mountain bike elettriche a noleggio. Lo chalet è situato in una zona di partenza per numerosi itinerari, sentieri per trekking e percorsi per mountain bike elettriche, che, in inverno e con la neve, diventano tracciati per avventurose escursioni a bordo di motoslitte in compagnia di guide esperte. In estate sono gli stessi proprietari a proporre escursioni e itinerari a piedi e in bicicletta alla scoperta del territorio. Un soggiorno allo Chalet Rikhelan significa attivitĂ sportive sulla neve nella stagione fredda, in mezzo alla natura nel periodo estivo e gastronomia sana e rigorosamente locale per gli ospiti. Fra questi, i formaggi, i salumi, il miele del giardino e i numerosi piatti della raffinata cucina saurana serviti nell’elegante saletta con la stube o, nella bella stagione, nel terrazzo.


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l Meublé Schneider e Ristorante Locanda Alla Pace di Sauris si respira la storia. L’edificio, dove si trova oggi il ristorante, risale al lontano 1804 ed è situato nel cuore del borgo friulano di Sauris, nella frazione di Sauris di Sotto. Qui, tra i monti e i boschi della Carnia, si rinnova la tradizione di quella che era l’antica Locanda Alla Pace, costruzione tradizionale situata a due passi da tutti i servizi necessari a rendere confortevole il soggiorno degli ospiti: il supermercato con il tabacchino e l’edicola, l’ufficio turistico, lo sportello bancomat, il dispensario farmaceutico e la pista da sci. Una miscela di comfort e servizi che, negli anni, sono andati via via migliorando, aggiungendosi alla tradizionale ospitalità e alla gentilezza del personale. Gli Schneider giungono alla locanda nel 1900 e da allora la famiglia resta sempre legata al lavoro nel locale poi, nel 1992, si inaugura la dependance. Otto camere arredate con gusto secondo quella che è la migliore tradizione locale, tutte dotate di servizi privati con asciugacapelli, riscaldamento autonomo, televisione e parcheggio adiacente.

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Meublè Schneider e Ristorante Locanda Alla Pace COPR


Alla calda atmosfera delle camere si unisce, ogni mattina, il dolce risveglio assicurato dal ricco buffet della colazione. Il ristorante della struttura, gestito dalla famiglia Schneider, è particolarmente rinomato e apprezzato per la cucina tipica saurana, fatta di piatti semplici e genuini e arricchiti da un tocco di originalitĂ che li rende particolarmente raffinati e gustosi. Reinterpretando le ricette provenienti da diverse culture, da quella italiana alla friulana passando per l’austriaca - mescolatesi nel corso dei secoli -, il ristorante ottiene fin dal 2007 il prestigioso inserimento nella guida Michelin. Nelle due sale da pranzo del Ristorante Alla Pace si servono, fra le specialitĂ , il classico frico, piatto a base di formaggio di varie stagionature, patate e cipolla, i tortelli alle erbe spontanee e ricotta, il guanciale al forno, la selvaggina e i funghi di stagione.



Sauris da gustare

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Sauris i buongustai sognano e assaggiano. Da queste parti è innanzitutto il prosciutto a dominare la ricca scena di prodotti di alta qualità, per esempio i salumi in generale - come lo speck -, i formaggi e le birre artigianali non pastorizzate. Conosciuto a livello nazionale e internazionale, il prosciutto di Sauris, dal 2009 tutelato dal marchio Igp, deve la sua unicità al particolare metodo di affumicatura, effettuato con il legno di faggio dei boschi locali. Un metodo antico di conservazione utilizzato anche per la caratterizzazione delle trote friulane, allevate in un ambiente naturale di risorgiva della pianura friulana. Una volta selezionate, le trote vengono affumicate - come da tradizione saurana - sulle rive del lago, dove l’a-

ria pura di montagna e il giusto grado di umidità conferiscono alla prelibatezza un sapore genuino e sorprendente. Da assaggiare, fra i formaggi, quelli di malga: lavorati a latte crudo, come esige la vera tecnica casearia, mantengono tutte le caratteristiche organolettiche del latte appena munto da mucche al pascolo. Un vero portento per il palato sono i formaggi d’alpeggio Vecchio e Stravecchio Riserva che, attraverso il microclima naturale di Sauris, regalano ai gourmet più esigenti un’esperienza sensoriale costellata da spiccate note erbacee. Di qualità è anche la birra artigianale, integrale, non pastorizzata e neppure filtrata: ben cinque tipologie differenti e senza l’utilizzo di conservanti.


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Prosciuttificio Wolf

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Il contesto paesaggistico e la storia dell’azienda

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nell’intrigante scenario della Carnia, in val Lumiei, che sorge il borgo di Sauris. La natura, protagonista incontrastata di quest’angolo di Friuli-Venezia Giulia, circonda con un verde abbraccio il più grande lago della regione: è il lago di Sauris, meta di turismo e d’ispirazione artistica, un unicum di specie floreali e faunistiche altrove scomparse, tradizioni popolari, religiose ed enogastronomiche. Quella della produzione del prosciutto affumicato e degli insaccati di grandissima qualità è un’antica tradizione locale ed è stato più di un secolo fa che Pietro Schneider ha iniziato a “firmare” una raccolta produzione di prosciutti affumicati, speck e altri salumi tipici della zona e i suoi numerosi segreti di abile norcino sono stati poi tramandati di generazione in generazione. Ed è proprio a Sauris che Giuseppe Petris, nipote di Pietro Schneider, ha dato vita nel 1962 al prosciuttificio artigianale Wolf. Una realtà di successo che nel 1983 ha conosciuto un primo importante ampliamento, con la costruzione di un nuovo edificio, per


far fronte alla crescente domanda. Nel 1998 il prosciuttificio ha ottenuto la certificazione Iso 9002, a coronamento degli importanti traguardi conseguiti tra sapienza artigianale e tecniche d’avanguardia, strumentazione, personale qualificato e specifici controlli microbiologici in ogni fase della produzione. Nel 2001 una nuova svolta, con un ulteriore ampliamento della struttura e un’architettura armonizzata con l’ambiente circostante. Nel 2006 al Prosciutto di Sauris è stata attribuita la prestigiosa Igp, e nel 2010 la Wolf è passata dalla certificazione Iso 9000 all’Ifs, più specifica per il settore alimentare, mentre nel 2012 si sono festeggiati i 150 anni dalla nascita di Pietro Schneider e i 50 anni dall’inizio dell’attività di Petris Giuseppe. Le attuali dimensioni dello stabilimento Wolf consentono oggi di impiegare una forza lavoro di 60 persone, una produzione annua di 50.000 Prosciutti di Sauris Igp, 100.000 Speck di Sauris e migliaia di quintali di insaccato di pregio.



Le fasi della produzione e i prodotti

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er ottenere due eccellenze come il prosciutto e lo speck, l’azienda Wolf segue una serie di fasi produttive fondamentali. Dall’arrivo della materia prima si passa alla fase di salatura per procedere poi con l’affumicatura, la stuccatura e la stagionatura. Solo la perfetta riuscita di ogni fase garantisce un prodotto finale d’eccellenza. La materia prima giunge già tagliata: la coscia posteriore per il prosciutto proviene dal nord Italia - con preferenza per il Friuli - e per lo speck dalla Baviera, a cui si aggiungono il grasso della schiena per il lardo, pancia e pancette, poi guancia e gola per i guanciali. Per la salatura di speck e prosciutti si utilizza una serie di macchinari, per esempio la “massaggiatrice”, per ammorbidire la carne, poi la salatrice, per cospargere il prodotto con sale, pepe e aglio. La salatura viene ripetuta tre volte per il prosciutto Igp e due per lo speck, alle quali segue, ogni volta, una settimana in cella frigorifera. Al termine della salatura seguono la pulitura da sale e spezie e ancora due mesi e mezzo in cella frigorife-

ra. E’ quindi il momento dell’affumicatura, che prevede l’utilizzo esclusivo della legna di faggio e solamente il fumo ben distribuito - e non il caldo della fiamma – deve raggiungere il prodotto. Una durata minore per il prosciutto, del quale deve solo arricchire sapori e odori, decisamente superiore per lo speck. Altra fase fondamentale è la stuccatura, durante la quale il prosciutto viene protetto con la sugna che gli permette di respirare e stagionarsi in modo uniforme. Il prosciutto è dunque pronto per il “salone di stagionatura”, dove, grazie all’impianto di aerazione dell’azienda Wolf, si prende l’aria esterna e incontaminata di Sauris per creare regolari cambi d’aria all’interno dei saloni. E’ quindi con l’osso di cavallo fatto penetrare nel prosciutto che, annusandolo, si appurano livello di stagionatura e bontà. Se il prosciutto supera la prova, è pronto per essere venduto. Fra le prelibatezze della Wolf ci sono, oltre al prosciutto di Sauris Igp e lo speck, anche l’ossocollo, il fiocco, il salame, la soppressa, il wolfino, salsicce e cotechini.


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Birrificio Zahre Beer Alessandra Boiardi

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na birra è la miscela perfetta dei suoi ingredienti, ma può nascondere molto di più, come ci dimostra la storia del Birrificio Zahre Beer, che è una storia di apprendimento, di cura e di tanta dedizione. E nel cuore della Carnia, a 1.400 metri di altitudine, è stata prima di tutti la passione a dare vita alla tradizione che da vent’anni mette in una birra di montagna tutta la purezza di eccellenti materie prime e tanta sapienza artigiana. Sandro Petris, homebrewer dal 1994, ha dato forma alla sua idea visionaria creando nel 1999 il Birrificio

Zahre Beer e da allora con suo fratello non ha più smesso di miscelare luppolo, malto e acqua con una dedizione senza compromessi, carpendo i segreti dei più bravi mastri birrai italiani ed esteri, migliorando le sue ricette. E mentre miscelavano gli ingredienti, i fratelli Petris hanno pensato anche di produrli direttamente, diventando uno dei pochi birrifici agricoli in Italia a utilizzare malto di produzione propria nelle loro birre. Dentro ci hanno messo tutto – ricette segrete e tradizione, tempo e innovazione – fino a ottenere risultati


straordinari, tutti da assaporare nelle cinque proposte di birra Zahre che oggi si possono trovare: la Pilsen, stile Lager e volutamente poco amara; la Canapa, anch’essa stile Lager ma con un retrogusto erbaceo delicato; l’Ouber Zahre, American Pale Ale realizzata con quattro luppoli e lieviti ad alta fermentazione; la Rossa Vienna, nata da un’antica ricetta austriaca e dal risultato finemente caramellato; l’Affumicata, con cui il palato si incuriosisce tra giochi di malti e ombre affumicate.

Perché quando è la passione che ti spinge in ciò che fai, si vede. Ecco perché i fratelli Petris non si sono limitati a coltivare la propria mettendo a punto un eccellente processo produttivo, ma spingendosi oltre con il desiderio di confermare ostinatamente il legame con il territorio di appartenenza. Così, sono pronti per presentare presto al pubblico uno speciale progetto formativo, che comprenderà una sala didattica e un impianto dedicato all’apprendimento scolastico.


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ascoli d’alta quota, ambiente incontaminato, foraggio ricco di proprietà con principi nutritivi d’alto livello e lavorazione del latte senza processi di pastorizzazione per mantenere intatte le proprietà enzimatiche. Il risultato di questi fondamentali fattori sono i prodotti della Malga Alta Carnia, con sede a Sauris: l’azienda nasce come società di affinamento, stagionatura e commercializzazione del formaggio di Malga Carnia che mantiene inalterate nel tempo le antiche procedure della sua produzione. Prodotto in montagna a un’altitudine compresa tra i 1.500 e i 1.800 metri, il formaggio di Malga è realizzato con latte fresco appena munto con l’aggiunta di solo caglio animale o vegetale. La cantina di affinamento è ricavata all’interno di un vecchio stavolo, una stalla-fienile, dove vengono posti, nel periodo estivo, i formaggi ritirati dalle varie malghe dell’alpe carnica. E’ qui che il formaggio segue il proprio percorso di stagionatura, rallentando sensibilmente durante l’inverno, per l’aumento del freddo, riprendendo il regolare invecchiamento in primavera. Le forme provenienti dai vari alpeggi, una volta poste sopra assi di abete, cominciano la loro maturazione sprigionando profumi intensi e muffe che vengono controllate e ripulite dall’affinatore, figura che nasce in Francia nei tempi

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Malga Alta Carnia

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più remoti e che richiede esperienza e competenza nel mondo caseario. L’affinamento consiste nel portare il formaggio, dopo la fase di produzione, a una qualità superiore e a un gusto esclusivo attraverso la stagionatura, arte che richiede una profonda conoscenza del prodotto. Fra le prelibatezze della Malga Alta Carnia, oltre al Malga Carnia nelle versioni giovane, stagionato, vecchio e stravecchio, vi sono i caprini, le ricotte, i formaggi erborinati e affinati. Per i palati più esigenti tre delizie come il FormadiBeer, il Canapa Cheese e il Greiser Kahse, affinati rispettivamente nella birra di Sauris, nella canapa utilizzata per produrre la birra alla canapa e nelle erbe aromatiche e officinali.


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sulle rive del lago di Sauris, in località La Maina, che ha sede la Casa di ZEA, il punto vendita della trota affumicata di Sauris, fra i prodotti d’eccellenza del borgo alpino friulano. Ed è l’Azienda Agricolo Ittica Sigalotti, fondata nel 1962 da Silvestro Sigalotti e oggi gestita dai figli Giuseppe e Silvano, che con la purezza delle acque di risorgiva del Friuli e l’aria incontaminata di Sauris regala alle trote un sapore unico. ZEA nasce e cresce nel territorio di Sesto al Reghena, nella frazione

La trota di Sauris di Bagnarola, dove ha sede l’azienda. L’impianto di troticoltura del pittoresco Borgo Siega utilizza le limpide acque della Roggia Versa che favoriscono l’allevamento della trota ed è attuato con pratiche ecosostenibili. E’ poi con l’attuazione di un’affumicatura effettuata a regola d’arte, con uso di legni selezionati, da quelli locali di faggio e ciliegio, a quelli di ontano e con gli accurati processi di salatura e salamoia a base di erbe e spezie aromatiche, che il prodotto si completa. La Casa


di ZEA, a pochi metri dalle acque del lago di Sauris, ospita il laboratorio di affumicatura ed è al contempo il punto vendita dei prodotti dell’azienda, nel quale acquistare e assaggiare le specialità e ascoltare consigli per preparare ricette e piatti tipici del territorio. Protagoniste assolute, Flama, Šnea e Rach, le tre differenti sfumature di gusto e morbidezza della trota affumicata di Sauris. Flama è la trota intera affumicata in cottura da gustare sfilettata e da accompagnare con verdure, sottaceti o patate lesse. Šnea, che in saurano significa neve, è il filetto affumicato a freddo da abbinare a zucchine e verdure delicate o gustato come carpaccio con limone e olio extravergine di oliva. Rach, che in saurano significa fumo, è il filetto affumicato a freddo con un trattamento più deciso di quello di Šnea. Ottimo per antipasti e crostini, abbinato a zucchine e verdure, è ideale come condimento per primi piatti. Rach viene accompagnato dalla Zahre Beer, la birra affumicata di Sauris.




Sauris da vivere

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auris è movimento, voglia di stare all’aria aperta, vivere la natura e il paesaggio. Per chi ama camminare sono numerosi i sentieri che si diramano negli scenari della valle: semplici percorsi immersi nel verde dei boschi d’estate e nel suo coloratissimo foliage in autunno collegano le frazioni dalle quali si possono intraprendere sentieri più impegnativi alla scoperta del lago e dei suoi dintorni fino a raggiungere la vastità dei ripidi pascoli costellati dalle malghe. Il lago di Sauris, invece, oltre a essere teatro di pesca, windsurf e canoa, è anche la meta degli appassionati

di mountain bike. Uno dei percorsi costeggia le acque del bacino, prosegue a Sauris di Sopra per giungere a Sauris di Sopra, un tracciato che giunge all’Orrido del Lumiei e tocca zone storiche e artigianali della frazione. Anche d’inverno si cammina praticando nordic walking, poi si pattina sul ghiaccio al centro dello sport e del benessere e via libera anche allo sci tra pista rossa e pista blu - servite da una sciovia -, mentre per i più piccoli c’è il campo scuola. Per gli amanti del fondo, ecco l’anello Plotze di Sauris di Sopra, sull’omonima piana dominata dal monte Bivera.



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Laboratorio Artistico Legnostile Alessandra Boiardi

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e avvolgenti atmosfere create dal legno, le linee accattivanti del design più ricercato, il connubio perfettamente in equilibrio tra natura e sapiente mano artigiana: benvenuti nel Laboratorio Artistico Legnostile, a Sauris, dove la tradizione più autentica vive nel presente e la creatività si lascia ispirare da una materia prima unica. Sì, perché in questo laboratorio – nato nel 1992 su iniziativa dei fratelli Danilo e Ermanno Plozzer, ai quali si è aggiunto in un secondo momento anche il fratello Dario – si è molto attenti alle esigenze contemporanee dei clienti sia per quanto riguarda i loro gusti e le loro richieste, sia rispondendo alle preferenze per i prodotti naturali e attenti all’ecologia. I fratelli Plozzer hanno scelto di realizzare articoli esclusivamente in legno massello locale, e di farlo in maniera certificata. Per questo Legnostile fa parte di una rete friulana di imprese “12-to-Many”, primo caso in Italia della filiera foresta-legno, che propone articoli innovativi a basso impatto ambientale e realizzati con legname locale, il cui processo produttivo è garantito per i clienti dalla certificazione di custodia PEFC.


È da questa materia prima che nascono le sculture, i mobili decorati e gli arredamenti su misura di Legnostile, comprese le cucine, i salotti e le camere, ma anche le porte per interni, scale ed elementi di arredo per bar, ristoranti e negozi. E per chi vuole vivere al massimo la tradizione, si realizzano anche interni in stile “Stube tirolese” così come vengono organizzati corsi d’intaglio, di scultura e per la realizzazione di maschere. E non è soltanto la materia prima a distinguere tutti gli articoli realizzati, ma anche la lavorazione, grazie a un procedimento in grado di combinare l’artigianalità con le tecniche più moderne per ottenere prodotti sempre unici, i cui dettagli vengono messi in risalto per un risultato finale perfetto. Perfetto ed ecologico, visto che per le finiture vengono utilizzati solo oli e vernici atossici, nel rispetto ambientale e quindi con la massima attenzione alla salute dei clienti.


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Tessitura Artigiana di Sauris S

ituata in una tipica abitazione saurana, scenografia ideale che esalta e valorizza la produzione esposta, la Tessitura Artigiana di Sauris è fra le botteghe storiche del borgo. Espressione del caratteristico folclore della Carnia, affonda le sue radici nella storia e agli inizi del Novecento lo scrittore locale Fulgenzio Schneider scriveva “…Non vi sarà più uomo chino sul telaio a tessere la tela”. L’usanza, infatti, vuole che fossero gli uomini a dedicarsi al lavoro della tessitura, mentre le donne coltivavano, cardavano e filavano la materia prima, ovvero canapa, lana e lino. Profezia, quella dello scrittore saurano, che non ha impedito a Sandra e Adriana Schneider, titolari della bottega d’arte tessile nata nel 1980, di dedicarsi – ormai da quasi quarant’anni - a questo lavoro che è al contempo una grande passione. Sandra e Adriana mantengono in vita un importante e apprezzato aspetto culturale di questo borgo montano del Friuli-Venezia Giulia, conferendo continuità a un’attività che è trama della storia locale. Lana, cotone, lino, seta e canapa sono le materie prime utilizzate dalla Tessitura Artigiana di Sauris, tutte rigorosamente naturali e la lavorazione con il telaio a mano mantiene intatte le caratteristiche della tecnica artigianale. I manufatti si distinguo-


no per la naturalezza dei disegni che, pur ispirandosi ad antichi motivi e alla tradizione, presentano un aspetto nuovo e originale, dettato da linee geometriche e da una minuziosa e attenta ricerca di effetti cromatici. Quando si entra nella “bottegaâ€?, si è subito catapultati in una calda atmosfera fatta di tessuti e colori, in un tripudio di creazioni di qualsiasi tipologia. Nel laboratorio alla produ-

zione si unisce la vendita dei prodotti, la possibilitĂ di scegliere fra innumerevoli articoli: i tradizionali scialli friulani in pura lana merino o mohair, per esempio, oppure le sciarpe di lana, i tappeti e i centri tavola in cotone, o gli arazzi tratti da federe carniche del Settecento. Soprattutto, alla Tessitura Artigiana di Sauris vengono realizzati manufatti personalizzati.



Sauris curiosa

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utte le stagioni sono perfette per scoprire quest’angolo di Friuli, ma ci sono periodi dell’anno in cui il borgo di Sauris è davvero imperdibile. Il carnevale è sicuramente uno di quelli, occasione nella quale affiora la tradizione di queste terre e con un momento clou, “La notte delle lanterne”, che si svolge il sabato precedente il mercoledì delle Ceneri. Il ritrovo delle maschere – prodotte a mano dagli artigiani locali - è nella piazza di Sauris di Sopra dove il Rölar, figura elettrizzante con abiti scuri e volto coperto dalla fuliggine, e il Kheirar, il re della mascherata con sul volto una maschera di legno e in mano una grande scopa, sono i protagonisti del rito che si svolge negli angoli più suggestivi del borgo e nei locali pubblici, per proseguire poi, alla luce delle lanterne, tra boschi e prati coperti di neve sorseggiando

un caldo vin brulè. E’ invece il santuario di Lesachtal la meta del percorso a piedi che si snoda - la terza settimana di settembre - attraverso la val Pesarina e la vallata di Sappada, dove i pellegrini saurani si aggregano a quelli sappadini. Di grande atmosfera a Sauris, infine, è il periodo tra Natale e l’Epifania, con canti natalizi in tedesco antico, italiano e latino, filastrocche augurali dei bambini in saurano e le visite degli adulti che, di casa in casa, si cimentano nel canto “Veni Creator Spiritus”. Un borgo, Sauris, nel quale assaporare la bellezza delle tradizioni in tutte le sue espressioni, anche dei mestieri antichi: la tessitura artigianale con i suoi storici telai, per esempio - che realizzano tappeti, arazzi e molto altro ancora -, oppure l’arte della lavorazione del legno con una pregevole produzione di mobili e complementi d’arredo.


Sauris

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COMUNE DI SAURIS Udine, Friuli-Venezia-Giulia Abitanti: 412 Altitudine: 1212 m s.l.m. Superficie: 41,49 km² Santo Patrono: Sant’Osvaldo Re e Martire - 5/08 TRIESTE

Borghi Autentici d’Italia Borgo dello Sport e del Benessere

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Udine



Sondrio, Lombardia

Valtellina Itinerario fra Teglio, Tirano, Mazzo e Grosio Luca Sartori


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

Alessandra Boiardi

twitter.com/aleboiardi

Consorzio Turistico Media Valtellina valtellinaturismo.com


Andamento lento

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oschi, pascoli, acque e borghi. La Valtellina è questo e molto altro ancora. Fra i mosaici paesaggistici più articolati d’Italia, è il paradiso montano della Lombardia dove non ci si ferma mai. Le quattro stagioni sono, da queste parti, altrettante straordinarie opportunità di scoperta, svago, relax e cultura. Chiunque raggiunga quest’ampio tratto di arco alpino trova la sua dimensione: a seconda della zona e dell’altitudine. La Valtellina, infatti, offre attrezzate stazioni

sciistiche, sentieri in alta montagna o nella bassa valle, itinerari storici e architettonici, circuiti cicloturistici, percorsi fluviali e un tripudio di percorsi enogastronomici. Innumerevoli le occasioni di visita e gli itinerari, dalle pendici dello Stelvio alle rive del lago di Como c’è solo l’imbarazzo della scelta. Noi abbiamo scelto di esplorare la media valle partendo da Teglio, proseguendo per Tirano, poi ancora verso Mazzo di Valtellina fino a giungere a Grosio.



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Teglio, terra dei pizzoccheri

metà strada tra Sondrio e Tirano, il borgo panoramico di Teglio, antica terra di conquista per i Romani, i Longobardi, i Grigioni e la Repubblica Cisalpina di Napoleone, è “città slow” certificata, annoverata nella rete internazionale delle destinazioni del buon vivere con la salvaguardia di icone storico-artistiche, accoglienza e food. A Teglio ci si reca innanzitutto per i pizzoccheri, piatto tradizionale locale celebrato dall’Accademia del

Pizzocchero e preparato con farina di grano saraceno e farina bianca, burro, formaggio Valtellina Casera Dop, grana, verza, patate, aglio e pepe. E a Teglio ci si reca anche per visitare Palazzo Besta, cinquecentesca dimora rinascimentale dall’armoniosa facciata, il bellissimo cortile interno, il piano nobile con il salone d’onore decorato e l’Antiquarium Tellinum, al piano terra, dove sono raccolte remote testimonianze dell’arte valtellinese. Il ter-


ritorio, inoltre, è una palestra a cielo aperto: dai quattrocento metri del fondovalle ai quasi 3mila metri delle cime più alte del territorio sono numerose le possibilità di stare all’aria aperta e praticare sport. In mountain bike o a cavallo si percorre la rete di antiche strade sterrate, mentre in canoa e gommone si scende lungo il fiume Adda mentre per i più esperti c’è l’arrampicata sulla falesia di Castelvetro. Non si può lasciare Teglio, infine, senza aver volto lo sguardo, almeno una volta, alla torre “de li beli miri”, simbolo del borgo situato in posizione dominante sulla vallata.




Tirano, tra il trenino rosso e i tesori d’arte


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il trenino rosso del Bernina, patrimonio Unesco, il simbolo di Tirano, articolato in due nuclei storici: il borgo antico, situato sulla riva sinistra dell’Adda, e l’area della Madonna di Tirano. Nel primo si visita Palazzo Salis, residenza signorile composta da due torrioni - che ne caratterizzano la facciata tardo cinquecentesca e dai ricchi interni nei quali vedere il “Saloncello”, decorato da affreschi sei e settecenteschi, lo scalone e le cantine storiche. Sempre nel borgo antico spiccano il settecentesco Palazzo Merizzi, dal bel cortile porticato decorato da stucchi, e la quattrocentesca parrocchiale di San Martino. L’altro

nucleo storico di Tirano è quello della zona del Santuario della Madonna di Tirano, in eleganti forme rinascimentali. Al campanile a trifore del tardo Cinquecento si unisce l’interno arricchito da decorazioni barocche, statue lignee cinquecentesche e un sontuoso organo secentesco. Nei pressi del santuario è da conoscere il Museo Etnografico Tiranese, incentrato su usi e tradizioni locali. Tirano è anche sapori, come quelli del suo piatto tipico, i Chisciöi, frittelle a base di grano saraceno e formaggio, ma anche attività outdoor quali rafting, mountain bike e trekking. Il fiume Adda, qui, regala emozioni agli amanti degli sport acquatici, mentre gli appassionati delle due ruote – noleggiabili in loco con il servizio “Valtellina rent a bike” - possono esplorare il territorio a iniziare dalla “Via dei terrazzamenti”, la ciclopedonale tra Morbegno e Tirano. Di grande impatto paesaggistico è anche il Sentiero Valtellina, tracciato ciclabile che porta a Grosio, adatto a tutte le età, e a tutto trekking, invece, è l’intrigante “sentiero dei contrabbandieri”.




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Mazzo di Valtellina, all’ombra del Mortirolo

osto all’ombra del Mortirolo, mitica cima dei Giri d’Italia, Mazzo di Valtellina si raggiunge dopo un percorso che si snoda fra vigne, boschi e prati. In quota si trovano selve di castagni e boschi di conifere, mentre il fondovalle è zona di coltivazione di mele e di produzione della bresaola, il salume Igp che spicca fra le principali e più apprezzate specialità gastronomiche della Valtellina. Gli appassionati di arte giungono a Mazzo per la chiesa di Santo Stefano, dalle antichissime origini, un tempo cuore della vita religiosa e centro della pieve locale. Dall’aspetto tipicamente barocco, la chiesa custodisce un interno ricco di decorazioni e una sagrestia con un inte-

ressante ciclo di affreschi. Anche il complesso di Santa Maria merita una sosta: composto da tre edifici religiosi, propone il medievale battistero di San Giovanni Battista, di forma ottagonale, la quattrocentesca chiesa di Santa Maria e il secentesco oratorio dei Santi Ambrogio e Carlo Borromeo. Per gli amanti delle passeggiate e delle arrampicate c’è invece il Passo della Foppa, che mette in comunicazione la Valtellina con la val Camonica tra boschi di conifere e la catena alpina, così come il Sentiero dei Castelli, che da Tovo di S. Agata giunge a Mazzo per proseguire alla volta di Grosotto, suggestivo circuito fra meleti e boschi di latifoglie a mezza costa e vigneti.




Numero verde gratuito

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due manieri sono il castello di San Faustino, con il campanile romanico, e il castello Nuovo, dalla doppia cinta di mura e dalla poderosa torre fortificata. Fra i centri più ricchi di storia della Valtellina, Grosio è anche centro d’interesse per gli appassionati di archeologia con il Parco delle Incisioni Rupestri. Per gli appassionati di artigianato, ci sono il peltro - con cui si realizzano vassoi, piatti, trofei e monili -, i merletti e i pizzi, preziosi per l’allestimento dei costumi tradizionali locali. Ai due castelli Grosio affianca itinerari d’arte che toccano la bella parrocchiale di San Giuseppe - con un ricco altare

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Grosio, il borgo dei due castelli

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marmoreo tardobarocco -, l’interessante chiesa di San Giorgio - ricostruita alla fine del XV secolo e dall’interno ricco di affreschi - e il Museo Civico Villa Visconti Venosta, antica residenza della famiglia Visconti Venosta, nella quale alcune stanze presentano decorazioni pittoriche ispirate all’arte orientale e con arredi originali risalenti al XVI e XIX secolo. Grosio, naturalmente, è anche percorsi nella natura ed escursionismo con itinerari storici e tracciati alla scoperta del suo ricco patrimonio naturalistico, incluse vie della Fede e itinerari alla scoperta dell’acqua, abbondante patrimonio del territorio.





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Hotel Sassella

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Alessandra Boiardi

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ra i monti della Valtellina, a Grosio, è l’ospitalità di Jim Pini e della sua famiglia a dare il benvenuto agli ospiti nel piccolo gioiello che è l’Hotel Sassella. Un luogo nel quale sentirsi coccolati, soggiornando in una delle venticinque camere a disposizione, ma anche regalandosi del tempo in totale relax nel moderno centro benessere Margherita, facendo sport nella palestra o scegliendo un massaggio sullo sfondo della suggestiva vista sulle Alpi. A partire dall’ottima posizione dell’hotel, qui la montagna è tutta da vivere e consente di riscoprire anche il contatto con la natura tra passeggiate e percorsi in bicicletta o sul fiabesco Trenino Rosso del Bernina che porta a St. Moritz. E al Ristorante Jim, all’interno dell’hotel Sassella, la Valtellina si assapora a tavola, con i piatti della tradizione, ma anche gustando le sapienti rivisitazioni a opera dello chef Diego Carnini. Accompagnati dall’eccellente servizio di sala, diretto in maniera impeccabile da Giuseppe Caspani.





Dormire, gustare e comprare Luca Sartori

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uando ci si siede a tavola nel cuore della Valtellina, è d’obbligo ordinare un piatto di pizzoccheri. Nel ristorante San Pietro a Teglio, capitale della tradizionale pasta valtellinese - simile alle tagliatelle e preparata con farina di grano saraceno -, si servono i pizzoccheri dell’Accademia preparati con burro, formaggio Valtellina Casera Dop, formaggio grana, verze, patate, aglio e pepe. Anche l’osteria Roncaiola di Tirano, dagli ambienti rustici e situata in zona panoramica, propone la tipica pasta locale alla valtellinese - annoverata anche nel tipico menù del “Contrabbandiere valtellinese” - che prevede anche sciatt, le piccole frittelle ripiene di Casera, con cicoria e salumi misti, le scaloppine di manzo, le patate gratinate e un dolce a scelta. Pizzoccheri e sciatt si servono anche all’agriturismo Al Castagneto di Mazzo di Valtellina, sulla strada per il passo del Mortirolo, ai quali si unisce, fra le altre specialità, la polenta taragna. Per un soggiorno nel cuore della Valtellina ci sono l’hotel La Rosa di Teglio, a cinquanta metri

dal centro storico e con camere standard provviste di ampio terrazzo, il Bed e Breakfast di design Le stanze del Trenino Rosso, dai nomi delle camere che rimandano alle più belle fermate del percorso del trenino e l’albergo Gusmeroli di Tirano, situato nella sua piazza centrale a pochi passi dal capolinea del Trenino Rosso. La Valtellina è il regno dello sport e della gastronomia ed è anche un’opportunità di shopping, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Per gli acquisti c’è la Vineria di Tirano, dove si può scegliere tra quasi mille etichette di vino, molte delle quali tipiche e della Valtellina, un centinaio di birre e una selezione di whisky. Segue il Salumificio Bordoni di Mazzo di Valtellina, autentico tempio della bresaola, blasonato salume locale, proposto nelle versioni “Granfetta”, compatta e priva di grasso, “la Rossa”, ideale in cucina, “del Contadino” ed “Equina”, ottenuta ricavata dai migliori tagli di coscia equina. Nella bottega di Adolfo Rinaldi, infine, a Grosio, si acquistano prodotti artigianali in pelle di altissima qualità.




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Trento, Trentino-Alto Adige

Alpe Cimbra, Riflessi di LusĂŠrn

Luca Sartori


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

Azienda per il turismo Folgaria, Lavarone e Luserna alpecimbra.it



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ono dolci le montagne che fanno da cornice a Luserna. A poco più di 1.300 metri d’altitudine, questo piccolo borgo a sudest di Trento è appoggiato ai margini di un grande alpeggio che giunge fino a Folgaria e Lavarone. Un’immensa terrazza calcarea dove ai terrazzamenti si alternano valli e vertiginosi strapiombi con dislivelli che sfiorano anche i seicento metri. Faggi, abeti e larici si mescolano ad ampie distese di pascoli e il Passo di Vezzena, la stretta forcella della Val d’Assa e l’Altopiano dei Sette Comuni sono a due passi da Luserna, villaggio nel quale si parla ancora il cimbro, antica variante della parlata bavarese portata su questi monti dai coloni stabilitisi in epoca medievale. Due sono i nuclei che compongono l’insediamento: quello centrale di Luserna, che si distende su una zona pianeggiante a cavallo del cosiddetto Tal von San Antone, caratterizzato dal classico “Strassendorf” - il tipico abitato che si sviluppa lungo un’unica strada - e Tezze, situato più in basso, in una valletta a ovest del nucleo centrale. Oltre il crinale di

Malga Campo, infine, si trovano Untarhäusar - Case di Sotto -, Obarhäusar - Case di Sopra - e Galen - da Galeno, soprannome di una famiglia locale -, i tre nuclei del villaggio estivo. Domina la pietra in questa porzione di Alpe Cimbra, utilizzata per realizzare campi e orti terrazzati, indispensabile ausilio alle pendenze locali. A Luserna, d’inverno, soffia deciso il vento del nord, che la rende ideale meta relax a due passi dalle ambite località sciistiche della zona e per le escursioni con le ciapsole, mentre d’estate la località è scaldata fino a sera dal sole, consentendo soggiorni a tutta natura fra sentieri e grandi scenari montani. In quest’angolo di Trentino, oltre a praticare sport invernali nella stagione invernale e numerose attività all’aria aperta in quella estiva, è possibile immergersi nelle tradizioni e nella cultura territoriali seguendo percorsi storici e tematici, compendio di arte e memoria. Naturalmente, c’è anche una ricca offerta gastronomica che ai piatti della tradizione trentina unisce le sfiziose specialità locali.



Cosa vedere a Lusérn

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a Luserna culturale propone innumerevoli luoghi da esplorare. Sulla sommità di Cima Campo, a 1.549 metri di quota, c’è il Forte Lusérn, detto anche il “Padreterno”, costruito tra il 1908 e il 1912. Insieme al Forte Busa Verle, aveva il compito di controllare il valico di Passo Vezzena e oggi può essere visitato grazie al Centro di Documentazione Luserna - nato come centro studi dedicato alla cultura del borgo -, che organizza anche visite su prenotazione. Il Centro di Documentazione, che si occupa della promozione e dello sviluppo economico della comunità germanofona locale, annovera

anche un museo nel quale è possibile approfondire la conoscenza del territorio, scoprire le sezioni dedicate alla storia e alle tradizioni cimbre, alla Grande Guerra, alla fauna delle zone montane limitrofe e ai forni fusori dell’Età del Bronzo. Nel cuore di Luserna spicca la “Casa Museo Haus Von Prükk”, nata dal restauro conservativo di un’antica abitazione con tutte le caratteristiche di un’ottocentesca dimora cimbra. La “Casa Museo Haus Von Prükk” consente di rivivere la vita domestica e contadina di un tempo in una tipica casa cimbra, con un ampio assortimento di ambienti, arredi, abiti e ogget-





ti d’epoca. Uno straordinario strumento per la memoria storica della comunità locale dove, all’esterno, prende il via il “Sentiero dell’immaginario cimbro”, un affascinante percorso di sette chilometri fra i boschi e i pascoli di Luserna, ispirato alle leggende e ai personaggi dell’immaginario popolare come Frau Pertega e Tüsele Marüsele, il tutto fra caratteristiche opere in legno di artisti locali, leggende e tradizioni tramandate nei secoli. Il “Sentiero della

primavera” è la scoperta dei colori e dei profumi di questo piccolo paradiso alpino tra stradine rurali e affacci sulla profonda valle dell’Astico, il “Sentiero sulle tracce dell’orso” racconta di questo animale ancora oggi rievocato nelle storie e nelle leggende e il “Sentiero dalle storie alla storia”, infine, è fra i percorsi tematici ed emozionali più interessanti dell’Alpe Cimbra, con storie della popolazione di Luserna prima e dopo la Grande Guerra.


I sapori di Lusérn

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a buona tavola è protagonista a Luserna, ed è uno dei motivi principali per visitarla: fra questi monti, sono tante le specialità da assaggiare e da acquistare. Sulle tavole del borgo c’è spazio per salumi e formaggi come lo speck, la carne salada, i landjager - delicati salamini a base di carni scelte, insaporite con il vino rosso -, i krainer, preparati con un impasto di carne e formaggio, il “cotto cimbro” - preparato con le erbe aromatiche di montagna - e il formaggio di Vezzena – Pat e presidio Slow Food -, semigrasso e prodotto con latte vaccino. Poi ci sono i regali dei boschi: le numerose specie di funghi, per esempio, tra cui i pregiati porcini, e i piccoli frutti come i mirtilli, le

fragole, i lamponi e le more. Fra le specialità della gastronomia locale c’è sicuramente la polenta di patate, preparata con il tubero che prima viene lessato e poi schiacciato. La purea che se ne ottiene, deve essere prima cotta con burro, cipolla affettata e formaggio Vezzena grattugiato, poi servita con carni al forno e sugo in abbondanza, oppure abbinata al Tonco del Pontesel, altro piatto tipico delle terre cimbre, un saporito spezzatino di carni miste e lucanica trentina fresca. Specialità che affonda le sue radici nella tradizione locale e di derivazione germanica, sono le “Kaiserschmarren”, le grosse crêpes fritte nel burro e servite molto calde con marmellata di mirtilli o


anche solo con lo zucchero. Fra i dolci sono tutti da gustare il classico strudel e lo zelten, dolce a base di frutta secca dalle origini che risalgono addirittura al Settecento, farcito di pinoli, noci, mandorle e canditi. Nei ristoranti, nelle baite e nei rifugi è ovviamente la tradizione montana a

trionfare con taglieri di salumi e formaggi, questi ultimi serviti con miele alpino e prosciutti alle erbe, seguiti da pappardelle ai porcini, tortelloni di Vezzena di malga, selvaggina con i funghi e dolci tra cui lo strudel di mele calde e la torta Sacher.




Cosa fare tra Lusérn, Folgaria e Lavarone

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ltre a Luserna, Folgaria e Lavarone sono le altre due mete dell’Alpe Cimbra. Folgaria è fra le più antiche comunità del Trentino con un centro che propone un lungo e vivace viale pedonale ricco di botteghe e negozi, pasticcerie, bar e ristoranti dove fermarsi a gustare le tipicità e fare acquisti. Rinomata località di villeggiatura, Folgaria è ideale per un soggiorno estivo, con la

possibilità di godersi le 18 buche del Golf Club Folgaria, la bike area e i tanti percorsi trekking per tutte le età, ma anche per una vacanza invernale sulle piste per praticare sci alpino e nordico. Più romantica è invece Lavarone, amata nel passato da grandi personaggi della storia e della cultura del calibro di Sigmund Freud e dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe.





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erla della località è sicuramente il lago di Lavarone, premiato nel 2017 con la Bandiera Blu d’Europa, che d’inverno si trasforma in una suggestiva distesa di ghiaccio per il pattinaggio, mentre durante la bella stagione diventa scenario di adrenalinici sport d’acqua e della bike con il rinomato Bike Park. La ski area Alpe Cimbra-Folgaria Lavarone è il paradiso per gli appassionati degli sport invernali: sono ben 66 le piste adatte a tutte le abilità per un totale di 104 chilometri di tracciati in un’area che propone panorami e discipline sportive

diversificate. Sci alpino e anche sci d’alpinismo, per esempio, poi snowboard, sci di fondo, fat bike e sleddog. Tra i tratti più emozionanti c’è sicuramente la pista Avez del Prinzep, che prende il nome dal maestoso abete bianco di oltre sessanta metri d’altezza - recentemente abbattuto dal vento -, un tracciato di due chilometri per un dislivello di quattrocento metri, mentre agli appassionati dello sci di fondo è dedicato il paradisiaco Ski Center Millegrobbe e il Centro Fondo dell’Alpe di Folgaria-Coe, per sciare di giorno e anche in notturna.




Dormire, gustare e comprare

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la polenta di patate, cotta con burro, cipolla affettata e formaggio Vezzena grattugiato, una delle grandi specialità dell’Alpe Cimbra. Al rustico chalet Tana Incantata di Lavarone, circondato dal verde dei boschi, la servono con lucanica trentina rosolata e funghi, dopo le lasagne impanate e fritte e prima dello strudel fatto in casa, in quello che è il menù tipico trentino. Crocchette al formaggio locale e carpaccio di carne salada con funghi porcini sono parte degli antipasti serviti all’antica Osteria Coe di Folgaria, che affonda le sue radici nel cuore dell’Ottocento. Carne di cervo, cinghiale e capriolo sono invece alcune delle specialità del ristorante Rossi di piazza Marconi a Lusèrn, ai quali si uniscono i tradizionali canederli serviti alle rape rosse con burro fuso, alle erbette con il pomodoro, ai quattro formaggi o al ragù. Per chi sull’Alpe Cimbra si reca in vacanza c’è l’albergo Lusernarhof di Lusèrn, situato nel cuore del borgo, rilassante approdo dopo una passeggiata, una sciata o una gita alla scoperta delle bel-

lezze locali. 14 camere e il ristorante tipico trentino fanno del Lusernarhof una meta ideale per un soggiorno tra panorami e natura. Situato nella via principale di Folgaria si trova l’elegante Folgaria Post Hotel, che propone ai suoi ospiti tutti i comfort per una vacanza rilassante. Alle camere arredate in stile rustico si unisce un ampio centro benessere con piscina coperta, idromassaggi, saune, bagno turco, cabina infrarossi e cabine estetiche. Anche all’Antico Albergo Stella d’Italia, sempre a Folgaria e a cento metri dal centro sportivo comunale, c’è il centro benessere con sauna finlandese e bagno turco. Alpe Cimbra è anche sinonimo di sapori forti e specialità di montagna da assaggiare e acquistare. All’Antica Macelleria Cappelletti di Folgaria si trovano lo speck, le luganeghe, i salami e il prosciutto cotto al ginepro, mentre per chi ama i formaggi c’è il Caseificio degli Altipiani e del Vezzena a Lavarone, dove scegliere tra il formaggio Vèzzena vecchio e stravecchio, la tosella e le caciotte.


Luserna

COMUNE DI LUSERNA

Consorzio dei Comuni Trentini

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TRENTO

Trento, Trentino-Alto Adige Abitanti: 269 Altitudine: 1333 m s.l.m. Superficie: 8,2 km² Santo Patrono: Sant’Antonio da Padova - 13/06


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Il senso della Sila per la neve Giulio Tellarini


Giulio Tellarini

facebook.com/giulio.tellarini

Nua Visual Design

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el cuore della Calabria esiste un luogo speciale che ha il sapore delle grandi montagne. 150mila ettari di paradiso terrestre, dove la natura e la neve regnano incontrastate. Sulla punta del nostro Stivale, siamo andati alla scoperta della Sila. Boschi, foreste, laghi e altipiani dove d’estate arriva forte l’odore del mare mentre in inverno la neve li ricopre silenziosa. Qui le montagne sfiorano i 2mila metri di altezza e il candore della neve permette al sole di riverberare in sfumature multicolore, che si avvicendano dall’alba al tramonto. La Sila, nota anche come altopiano Silano o foresta Silana, abbraccia i territori di ben tre province: Cosenza, Catanzaro e Crotone. Prima di affrontare il nostro viaggio, impariamo che di Sila in realtà non ne esiste solo una, si possono

distinguere ben tre macro aree, ciascuna con le sue meraviglie. La Sila Greca, che si sviluppa fino a Longobucco – Cosenza - e al Pollino, poi ecco la Sila Piccola che si estende verso sud fino a Catanzaro e infine la Sila Grande, forse la più rappresentativa. Ed è qui che si sviluppa il nostro itinerario: siamo nel centro del parco nazionale più antico della regione, istituito nel 2002, oltre 70mila ettari di territorio tutelato. Rappresenta il cuore verde dell’intera regione, ed è inserito dall’Unesco fra le Riserve della Biosfera Italiana. Simbolo del Parco è il lupo, specie depredata e a rischio di estinzione fino al 1970, quando è stata istituita la legge a favore della sua salvaguardia. Durante il nostro itinerario speriamo di poterne scorgere qualcuno, in mezzo alla neve, al limitare dei boschi.




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bbiamo incontrato la nostra guida a Camigliatello Silano, una frazione del comune di Spezzano della Sila, nota soprattutto per i suoi impianti di risalita e le piste da sci. Siamo in provincia di Cosenza, esattamente nel cuore della Sila Grande, a 1.300 metri di altitudine. La prima tappa del nostro percorso è il Centro Visite del Parco Nazionale, in località Cupone, a ridosso del suggestivo bacino artificiale del Lago Cecita. Nonostante il lago sia stato realizzato dall’uomo per la produzione di energia elettrica, non siamo stati di certo i primi a rilevare la ricchezza di questa zona. Qui sono venute alla luce testimonianze risalenti all’uomo di Neanderthal, all’epoca greca e a quella romana ma la scoperta più sensazionale è rappresentata dai resti ossei di un rarissimo esemplare di mammut, vissuto circa 700mila anni fa. I reperti sono tutti conservati presso il Museo Archeologico della Sila, nelle vicinanze del lago.





Al Centro Visite Cupone andiamo subito a vedere gli animali in cattività ospitati dal Centro Faunistico e Didattico, che rende felici molti bambini, e qui vediamo davvero il lupo insieme a cervi, caprioli, daini e tutta la straordinaria fauna della montagna silana. La sentieristica del Cai, inoltre, tutta ben segnalata e che attraversa il Parco Nazionale della Sila, è lunga circa 700 chilometri e rappresenta un paradiso per gli amanti delle escursioni. La nostra guida ci assicura che i sentieri permettono di raggiungere aree totalmente incontaminate, dove con un po’ di fortuna potremmo realizzare il nostro sogno di vedere i lupi nel loro ambiente naturale. Per il momento non possiamo che crederle sulla parola, mentre torniamo verso Camigliatello un po’ affamati.

Questa è una terra di pastori, perciò non abbiamo alcuna difficoltà a procurarci dell’ottimo caciocavallo silano Dop, che qui regna sovrano. Fra i negozi e le botteghe di Camigliatello impariamo anche a conoscere le eccellenze dell’artigianato silano, ovvero pregiati tappeti, tessuti e arazzi provenienti dalle vicine Longobucco e San Giovanni in Fiore, che testimoniano l’antica arte della tessitura, tramandata nei secoli per generazioni. Ci spostiamo poi in località Tasso, a 1.380 metri di quota, punto di riferimento per gli amanti degli sport invernali. Tramite la ca-binovia saliamo sulla cima di Monte Curcio a 1.786 metri. Il cielo azzurro comincia a tingersi di rosa e poi di violetto, cedendo al tramonto. I lupi sono al sicuro nel bosco.


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mmerso nel Parco Nazionale della Sila, l’Hotel Tasso di Camigliatello Silano, nota località montana in provincia di Cosenza, è la destinazione ideale per tutti gli amanti degli sport - sia invernali sia estivi - e anche per coloro che vogliono scoprire le bellezze della Sila Grande. I musei situati all’interno del parco, per esempio, oppure le riserve faunistiche, dove grandi e piccoli possono osservare da vicino gli animali che popolano questo territorio. Da Camigliatello, poi, ci si può recare alla vicina Riserva dei Giganti della Sila, il regno dei pini secolari. Dal Centro Visite Cupone, inoltre, partono numerosi percorsi escursionistici, tutti ben segnalati dal CAI, che raggiungono la quiete dei boschi e interes-

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santi sono le piccole frazioni sparse sul territorio, sviluppatesi lungo la strada che dal borgo portano al Lago Cecita e al Lago Arvo. Un’area da scoprire soprattutto in inverno e con un albergo di riferimento: l’Hotel Tasso, che si trova a soli 900 metri dagli impianti di risalita. Tramite l’ovovia, dalla stazione situata in località Tasso, si arriva alla cima di Monte Curcio a 1.786 metri di quota. Durante la stagione invernale ci si può cimentare con sci di fondo, sci alpino e ciaspole per percorrere le distese di neve fresca, mentre in estate via libera a trekking, bici da strada, mountain bike e nordic walking. L’Hotel Tasso è dotato di tutti i comfort, perfetti per rigenerarsi e rilassarsi dopo le giornate passate sulle piste

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Hotel Tasso

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da sci o alla scoperta dei numerosi luoghi di interesse della località. Il ristorante dell’albergo, dotato di un’ampia e confortevole sala, consente agli ospiti di degustare i piatti tipici della cucina calabra, conosciuta per la grande varietà di salumi, formaggi e specialità a base di funghi e patate. Su richiesta, è possibile soddisfare qualsiasi esigenza alimentare specifica. La struttura

dispone di sala meeting, area giochi per bambini, sala tv, bar, portierato h24, terrazza solarium, parcheggio esterno e garage a pagamento. In alcuni periodi dell’anno è attivo anche un servizio animazione e discoteca per rallegrare anche le serate, dopo che il sole è tramontato sulla Sila Grande, uno spettacolo unico fatto di colori e suggestioni, godute nella pace dell’Hotel Tasso.


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e importante raccolta di teologia figurale e simbolica del Medioevo. Con questa meraviglia negli occhi ci spostiamo nella piazza del borgo - che ha preso il nome dell’Abate Gioacchino - per ammirare la chiesa Madre, dedicata a Santa Maria delle Grazie. Eretta in due tempi tra il 1530 e la metà del Seicento, presenta una facciata in stile romanico mentre l’interno palesa lo stile barocco comune a molti altri antichi edifici di San Giovanni in Fiore. Degna di nota è la grande tela che ricopre il soffitto della sagrestia, presumibilmente dell’Ottocento, raffigurante il battesimo di Gioacchino da Fiore da parte di San Giovanni Battista. Il dipinto è singolare in quanto ritrae l’abbazia con un aspetto del tutto differente da quello odierno.

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Il giorno seguente, il sole invita subito a uscire e godere dell’aria frizzante di un perfetto mattino d’inverno. Incontriamo la guida e, insieme, ci dirigiamo verso San Giovanni in Fiore, il più importante e antico borgo della Sila Grande, rinomato per l’arte della tessitura e per la sua storia. Alla fine del XII secolo il monaco esegeta Gioacchino da Fiore, ricordato anche da Dante nella cantica del “Paradiso”, fondò in quest’area un monastero, che in breve tempo diventò uno dei centri religiosi più importanti dell’intera Calabria. L’Abbazia Florense, con una bella struttura romanica, è oggi un luogo pieno di fascino, che custodisce le litografie delle “Tavole del Liber Figurarum”, opera dello stesso Gioacchino Da Fiore, considerate oggi la più bella

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Tessiture Artistiche Caruso Scuola Tappeti

li ozaturi a “pizzulune”, le tipiche coperte “trappigne” o la “n’cullerata” sono solo alcune delle straordinarie creazioni artigianali del maestro Domenico Caruso, che all’interno della sua bottega di San Giovanni in Fiore tramanda da generazioni l’abilità di creare vere e proprie opere d’arte in tessuto. La storia dell’artigianato tessile silano comincia nel Medioevo, quando a causa dei rigidi inverni che caratterizzano queste montagne le donne del Casale di San Giovanni in Fiore cominciarono a realizzare su telaio i primi tessuti, sia per indumenti sia per arredare le abitazioni. Nata all’ombra della millenaria abbazia Florense, la qualità di questi tessuti diventò

ben presto famosa e verso la metà del Novecento nacque una vera e propria scuola, diretta da maestri armeni, grazie ai quali le tessitrici locali impararono le tecniche di annodatura dei tappeti. La conclusione di quest’esperienza, però, provocò una grande crisi nella pratica artigianale, interrotta soltanto grazie a Salvatore Caruso negli anni Settanta. Recuperando gli antichi telai di famiglia, decise di aprire le Tessiture Artistiche Caruso. Oggi la bottega d’arte, guidata dal figlio Domenico, è un punto di riferimento per le più grandi firme dell’arte contemporanea. Forte della sua esperienza e della sua storia, Domenico realizza tessuti, arazzi, tappeti e progetti


di grande valore artistico come la riproduzione delle tavole del “Liber Figurarum” di Gioacchino da Fiore, su splendidi arazzi di seta completamente annodati a mano. Un lavoro straordinario e complesso, capace di coniugare tradizione ed eccellenza artistica in maniera sublime. Basti pensare che ciascuna delle tavole dell’opera richiede un anno solo per l’annodatura del tessuto. Le due sedi della bottega d’arte, quella storica di San Giovanni in Fiore e quella più recente aperta a Cosenza, permettono di scoprire tutte le preziose creazioni realizzate da Domenico, il cui valore è oggi riconosciuto in tutto il mondo.


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el pomeriggio andiamo a Lorica, frazione di San Giovanni in Fiore e sede del Parco Nazionale della Sila. Passeggiando lungo le rive del Lago Arvo, la guida ci racconta come anche qui la presenza umana abbia origini antichissime: sono stati infatti ritrovati alcuni reperti che risalgono all’homo erectus, di circa 700 mila anni fa. Il sole intanto, si riflette sulla superficie ghiacciata del lago, come spesso accade in questa stagione, mentre alcuni esemplari di gabbiano reale ci lasciano senza parole. La guida ci dice che non è insolito e che la specie è presente in ogni periodo dell’anno. Nei boschi intorno al lago, insieme al nostro lupo, vivono anche cinghiali, tassi, volpi, picchi neri e poiane. Siamo in un paradiso naturale e l’emozione è a dir poco tangibile.





L’ultimo giorno comincia presto e la nostra guida ci accompagna in un altro incredibile scenario naturale: la Riserva Biogenetica dei Giganti della Sila. Lungo il sentiero, notiamo un’antica filanda e la residenza estiva dei baroni Mollo, stabilitisi qui nel Seicento. Siamo in una piccola località chiamata Croce di Magara e davanti a noi si stagliano altissimi alcuni esemplari di “pino laricio” – pinus nigra laricio - ultracentenari. Questi giganti arrivano fino a 45 metri di altezza e il loro tronco sfoggia

un diametro di circa 2 metri. Da qui ci dirigiamo a Moccone, per salire su uno storico trenino a vapore, il Trenino della Sila, che ci permette di attraversare questa affascinante terra su un mezzo d’altri tempi. Intorno a noi solo il calore bianco e sordo della neve, dalla quale ci scrutano saggiamente e benevolmente i lupi. Questa è l’ultima suggestione che ci lascia la Sila, insieme al senso della sua storia, della sua natura e della sua neve. Il senso della Sila per la neve.



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el cuore della Sila si viaggia nel tempo. E’ un itinerario nel passato, da percorrere in treno, quello che da Moccone giunge a San Nicola Silvana Mansio, passando da Camigliatello. Con l’antico treno della Sila si percorre un emozionante itinerario di scoperta in una terra di valli e monti, laghi e boschi, borghi d’arte e cultura, su carrozze recuperate alla storia e restaurate locomotive a vapore, antico vanto dell’industria meccanica degli anni Venti e Trenta. Lungo tutto il corso dell’anno, con più corse giornaliere, quello che è anche chiamato il “trenino della Sila” continua a garantire pendolarismi occupazionali, corse verso i luoghi dello sci, percorrenze straordinarie dirette in particolare a un pubblico desideroso di recuperare nel viaggio le atmosfere di paesaggi ancora incontaminati, al ritmo cadenzato dalle sonorità delle vecchie e indistruttibili traversine di legno. Progettato per creare turismo e per attirare i turisti in una regione naturale, quella della Sila, cuore montano di una vasta area dell’Italia meridionale, fu concepito come strumento che, attraversando un territorio di già suggestiva unicità, lo avrebbe trasformato in una delle più feconde, prospere e belle zone del

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Il treno della Sila

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nostro Paese, un treno che avrebbe avvicinato e messo in relazione genti e luoghi della Sila. Una costruzione impegnativa e onerosa realizzata, tra il 1916 e il 1956, a tappe diverse, con il lavoro e la fatica di maestranze tenaci e vigorose che resero percorribili i circa cento chilometri della Cosenza-Catanzaro e i settanta circa della Cosenza-San Giovanni in Fiore. A distanza di oltre un secolo dall’inizio dei lavori, quel trenino del

secolo scorso è un gioiello emozionale nel cuore del Parco Nazionale della Sila che giunge fino alla più alta stazione ferroviaria a scartamento ridotto, a oltre 1.400 metri d’altezza. Centoventi posti a sedere sulle carrozze d’epoca, dove trovano posto mamme, papà, nonni e bimbi incantati dal fischiare, lo stridere e lo sbuffare della locomotiva lungo il percorso che alterna il lambire del retro delle abitazioni alla vista delle sale da


pranzo e delle camere da letto così come dei tinelli e delle cucine con le loro piastrelle colorate. Dai finestrini e dalle piccole terrazze fra le carrozze d’epoca i passeggeri salutano le famiglie affacciate ai balconi o sedute nei giardini, mentre agli attraversamenti stradali della locomotiva e delle carrozze tutti si fermano; gli automobilisti avvertiti dai fragori del metallo scendono dalle vetture spesso per donare un applauso al treno e ai suoi passeggeri in viaggio nel parco. Situato nel più grande altopiano d’Europa, in un’area di rilevante interesse naturalistico, ambientale e storico-culturale, il Parco Nazionale della Sila si estende nel territorio di 19 comuni di 3 province, Cosenza, Catanzaro e Crotone, per una superficie che sfiora i 74 mila ettari, ed è contraddistinto da


una serie di paesaggi unici al mondo. Coperta di alberi, la Sila è soprannominata “Gran bosco d’Italia”, sfruttata per millenni, sin dai tempi della Magna Grecia, per il suo legname utilizzato nella costruzione di navi, case e chiese. La quasi totalità del suo territorio è rivestito di boschi e foreste ed è molto ricco d’acqua, con tre grandi laghi artificiali utilizzati per la produzione di energia elettrica e alle foreste si alternano terreni coltivati e pascoli. All’ombra del monte Botte Donato e il monte Gariglione, le più alte cime del Parco, è il pino nero di Calabria la specie arborea più diffusa, che cresce su queste alture e in pochi altri luoghi del mondo, a cui si uniscono faggi, abeti bianchi, aceri, castagni, querce e tigli. Il trionfo della natura mentre, sotto la fitta copertura boschiva, si muovono lupi, cinghiali, lontre, tassi, volpi, cervi, caprioli, scoiattoli, gatti selvatici, poiane, nibbi, sparvieri e picchi. In questo paradiso di flora e fauna, per larghi tratti incontaminata, si vede ancora spuntare l’antico treno della Sila, che con lo sbuffare della sua locomotiva pare inebriare, a ogni suo transito, questo angolo d’Italia tra il Tirreno e lo Ionio.


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L’itinerario “Il senso della Sila per la neve” alla scoperta dell’Altopiano della Sila è stato ideato da “GuideOnCosenza”. La “GuideOnCosenza”, di Alessandra Scanga, si occupa di accompagnare turisti italiani e stranieri in tutto il territorio regionale. In ogni visita guidata, si cerca di far “innamorare” il turista che per la prima volta ammira le bellezze

La “GuideOnCosenza” propone itinerari adatti ad esplorare non solo la provincia di Cosenza ma tutta la REGIONE CALABRIA, territorio pieno di scenari suggestivi di forte attrattiva turistica; è una terra bagnata dalle acque dello Ionio e del Tirreno, protetta da boschi e da montagne. Venne scelta dai greci e amata da Federico II, le cui impronte rimangono nelle numerose fortificazioni. Fu la terra dei Santi Francesco, Nilo, Umile da Bisignano e del misticismo di Gioacchino da Fiore; è orgogliosa della propria storia che si può vivere attraverso le numerose testimonianze presenti sul territorio. Tante sono le leggende che alimentano un’aura fantastica, una per tutte quella del misterioso tesoro del Re Alarico.

di cui la regione è ricca, cercando anche di suscitare il desiderio di ritornare. Dunque, Alessandra vi aspetta in questa fantastica regione, perché solo conoscendola potrete apprezzarla e amarla di più. Per info e prenotazioni: www.guideoncosenza.it oppure chiamare il 329/4452028.

www.guideoncosenza.it Tel: +39 329 44 52 028

La “GuideOnCosenza” vi accompagnerà in un’emozionante avventura alla scoperta di incantevoli paesaggi e magiche realtà artistiche.


Cinzia Meoni

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Luca Sartori

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Etna, montagna da mito Cinzia Meoni

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’Etna, «a muntagna» per i catanesi e i borghi del territorio, è il luogo nel quale la natura si intreccia indissolubilmente al mito. Per gli antichi greci, nelle sue caverne era stato confinato Eolo, il dio del vento, mentre Efesto aveva scelto il vulcano per le sue fucine. Anche in tempi più recenti sono numerose le credenze che legano questi territori, carichi di misticismo, a eventi miracolosi. Lo ricordano altari e cappelle votive che costellano le pendici del vulcano come i “tre altarelli”, eretti

nel borgo di Nicolosi proprio nel punto in cui - nel 1.776 - si arrestò la lava, o come il santuario di Moncalieri, che sorge nel luogo del ritrovamento del simulacro della Madonna delle Grazie indicato, secondo la tradizione, dalla stessa Vergine. Con i suoi 3.350 metri di altitudine e i cinquanta chilometri di diametro, l’Etna domina sull’intera Sicilia e la sua inconfondibile forma a cono si staglia nitida già dal Continente, da Scilla e Carriddi, o, se si preferisce, dallo stretto di Messina.




Linguaglossa e Nicolosi, paradisi della neve

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ul vulcano attivo più alto d’Europa, a 150 chilometri dalla costa dell’Africa, si scia guardando il mare in ben due aree che offrono anche anelli da fondo e itinerari per sci d’alpinismo, un’esperienza memorabile. La cima si raggiunge dal versante sud passando da Nicolosi e dal rifugio Sapienza e dal versante nord da Linguaglossa per arrivare agli impianti di Piano Provenzana. Nel versante meridionale si scia tra i 1.910 e i 2.700 metri su venti chilometri di piste azzurre – facili - e rosse, ammiran-

do all’orizzonte il golfo di Catania e la valle del Simeto. Fra le tracce percorribili ne esiste una, quella di rientro, lunga ben quattro chilometri. A nord, invece, si scia tra i 1.800 e i 2.317 metri su sei piste tra cui una, la Baby, che attraversa un suggestivo bosco di pini e faggi. Dal rifugio Sapienza, inoltre, si diramano diversi percorsi di sci alpino compresa la discesa verso la valle del Bove, un’enorme conca sul versante orientale del vulcano le cui pareti, alte fino a mille metri, sono incise da profondi canyon.




Un balcone affacciato sul Mediterraneo

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ull’Etna si sale prima in auto o autobus, poi in funivia e fuoristrada e infine a piedi, in mountain bike o sulle pelli di foca, a seconda della stagione, per godere dello scenario incomparabile sull’isola e sul Mediterraneo che si spinge, nelle giornate più terse, fino al profilo di Malta. Lungo il percorso cambiano colori e vegetazione: dagli agrumeti di Zafferana Etnea, borgo famoso per il miele, ai boschi di castagni, faggi e querce che coprono i versanti del vulcano fino ai 2mila metri dove lasciano il posto

a ginepri, saponarie e violette dell’Etna, fino al paesaggio lunare della cima, oltre i 2.500 metri, dove sono rare le specie che riescono a sopravvivere tra le rocce nere di lava stratificata nel tempo. Ogni stagione è ideale per regalarsi una vacanza alla scoperta dell’Etna - patrimonio dell’Unesco dal 2013 - e della miriade di borghi del Parco dell’Etna, istituito nel 1987, lasciandosi incantare dalla cima innevata del Mongibello, altro nome di questa montagna che vive e respira.






Borghi medievali, carretti siciliani e pupi

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cegliere il Parco dell’Etna significa poter conoscere i numerosi borghi che punteggiano il territorio, piccoli gioielli costruiti in pietra lavica che custodiscono tesori inaspettati. Randazzo, per esempio, noto come “borgo delle cento chiese”, incanta con il suo labirinto di vicoli costellati di edifici sacri a cui si affiancano il castello Svevo, il Museo Vagliasindi e il Museo dei Pupi. A Castiglione di Sicilia, invece, protagoniste della scena sono le impressionanti gole in cui il fiume Alcan-

tara scorre veloce dando forma alle rocce. Vale poi la pena concedersi una sosta anche alla “cuba bizantina”, una chiesa rurale del VII secolo, la chiesa di Santa Domenica, che è stata riconosciuta “meraviglia italiana” nel 2011. Per un tuffo nel folklore dell’isola, a Bronte, si può visitare il Museo del Carretto Siciliano Gullotti con oltre trecento pezzi in esposizione fra carretti, ornamenti dei cavalli e decorazioni per i “mascillari” - le sponde laterali dei carretti - o i “gambetti”, i raggi della ruota.


Terra di pistacchi, fragole e vino

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e meraviglie dell’Etna passano anche dall’enogastronomia. Grazie alla fertilità del suolo vulcanico e al clima mite, nel territorio etneo si trovano innanzitutto i pistacchi di Bronte, un oro verde a denominazione di origine protetta che ha portato il nome del borgo nel mondo, seguiti dalle profumate fragole di Maletto, dal 2007 presidio slow food. Squisiti sono la pesca tabacchiera dell’Etna, presidio slow food dal 2001 e coltivata nei terreni donati un tempo da re Ferdinando di Borbone all’ammiraglio Orazio

Nelson - nei pressi di Bronte si trova il castello di Nelson - e l’olio extravergine di oliva Monte Etna Dop. Non manca una “Strada del vino” percorribile anche con l’antico trenino della Ferrovia Circumetnea. Le sei denominazioni del vino di origine controllata “Etna” - bianco, bianco superiore, rosso, rosso riserva, rosato e spumante devono essere prodotte da uve coltivate entro confini precisi e comprendenti i borghi di Nicolosi, Trecastagni, Zafferana, Linguaglossa, Castiglione e Randazzo.





Dormire, gustare e comprare Luca Sartori

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il pistacchio uno dei grandi protagonisti della cucina etnea. Alle pendici di quella che da queste parti è semplicemente “a muntagna”, si servono sulle tavole di agriturismi, trattorie e ristoranti piatti della tradizione siciliana spesso arricchiti da questa prelibatezza dal molteplice utilizzo. Nel menù dell’Osteria del Siciliano a Nicolosi si servono, fra i primi, le casarecce con panna e pesto di pistacchio, e fra i secondi le costolette di maiale ripiene alla siciliana con verdure, guanciale, provola del casale e granella di pistacchio. Tanto pistacchio anche nel menù del ristorante Antico Orto dei Limoni -sempre a Nicolosi -, ingrediente del piatto delle pennette e parte del ripieno della salsiccia. Anche la trattoria Ardichetto di Zafferana Etnea serve piatti preparati con i preziosi semi locali che arricchiscono le fettuccine ai funghi porcini, il polpettone con contorno di funghi porcini. Il dolce tipico è, ovviamente, la torta al pistacchio. Per chi sceglie l’E-

tna per una vacanza c’è l’elegante hotel Biancaneve a Nicolosi, con le sue 82 camere, la piscina e l’Onidia Center, centro benessere con massaggi agli oli essenziali e pietre laviche, cristalloterapia e riflessoterapia plantare. E’ situato nel cuore storico di Linguaglossa il bed & breakfast Casa Etna, con tre camere che sono dei mini appartamenti dotati di forno a microonde e frigo. Sempre a Linguaglossa c’è l’hotel Il Nido dell’Etna, a pochi chilometri dal Parco Nazionale dell’Etna e dalla spiaggia di Marina di Cottone, struttura ideale come base per escursioni. Vini, marmellate e prodotti al pistacchio sono i tesori della gastronomia locale. A Bronte c’è Sciara Pistacchio, dove comprare il torrone, il croccantino, il tritato, la granella, il pesto e tante altre goloserie preparate con la delizia locale. Da Vinetna a Linguaglossa è invece il vino il grande protagonista: vini rossi, bianchi e rosati delle terre etnee, ma anche le marmellate di arance rosse, arance amare, fichi d’india, gelsi neri, mandarini e limoni.




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Centro Italia

Gran Sasso, “l’ombelico” d’Italia Cinzia Meoni


Cinzia Meoni

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Luca Sartori

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n pugno di pietra alzato verso il cielo. È questa la prima immagine che si ha del Gran Sasso e dei suoi 2.912 metri di altezza, massiccio imponente che domina l’Italia centrale tanto da essere chiamato “Fiscelllus mons” - monte ombelico - dagli antichi romani proprio per la sua posizione strategica nella Penisola. E l’inverno può essere proprio il momento giusto per scoprire i minuscoli borghi che punteggiano questo gigante di pietra e dedicarsi agli sport della neve nel “piccolo Tibet”, come è conosciu-

to Campo Imperatore, il vasto altipiano che sovrasta i borghi fra Castel del Monte, Santo Stefano di Sessanio e Calascio. Un territorio dalla bellezza arcaica, amato da Papa Giovanni Paolo II - una croce di ferro è posta a memoria del Santo che qui ha consacrato anche la piccola cappella della Madonna della Neve - e immortalato dalla cinepresa in film cult come “…Continuavano a chiamarlo Trinità” e in video che spopolano sul web come “Eppure sentire (Un senso di te)” della cantante Elisa.


Borghi medievali e paradiso dei free rider

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l Parco nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga è considerato un vero e proprio paradiso dei free rider: la discesa libera in neve fresca, infatti, regala agli sciatori la sensazione di galleggiare sulla neve soffice come cipria. La “powder”, qui, nel cuore dell’Appennino, vanta una consistenza ancora più leggera rispetto ai fiocchi del nord Italia grazie alla vicinanza al mare, una neve speciale che attrae gli sciatori che amano trascorrere giorni in quota guardando in lontananza le onde e soggiornando in uno

dei caratteristici borghi medievali del territorio. Sono 44 i borghi del parco incastonati in una natura selvaggia dominata da cime, solcata da canyon di rocce dolomitiche e attraversata da praterie e ruscelli d’acqua della valle delle Cento Cascate, proprio sopra il borgo di Cesacastina. Una cornice naturale di grande impatto da vivere in tutte le stagioni a piedi, a cavallo - l’ippovia del Gran Sasso è particolarmente apprezzata dagli amanti degli sport equestri -, in moto o in mountain bike.






Campo Imperatore, il piccolo Tibet

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lle pendici del versante aquilano ecco Assergi, borgo cinto da mura dell’XI secolo e dominato dalla chiesa romanica di Santa Maria Assunta, che custodisce una cripta scavata nella roccia. La funivia del Gran Sasso supera i mille metri di dislivello e arriva ai 2.128 metri di Campo Imperatore, scenario di attività outdoor in estate e di sci in inverno. Su questo altipiano si scia su 13 chilometri di tracciati sotto il Corno Grande e il Calderone,

il ghiacciaio più meridionale d’Europa. È la meta per gli appassionati di kitesurf e di sci d’alpinismo, che da qui possono intraprendere la traversata del Gran Sasso. L’altopiano di Campo Imperatore offre, inoltre, sessanta chilometri di tracciati agli amanti del fondo fra i quali si distinguono i percorsi nei pressi di Castel del Monte, un pittoresco borgo dagli stretti passaggi lastricati, sospeso tra le vette del Gran Sasso e la valle del Tirino.


Piccole stazioni di sci, epigrafi e zampogne

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ul versante teramano si scia a Prati di Tivo, dove le piste si snodano ai piedi del Corno Piccolo, a Prato di Selva - che vanta i tracciati più lunghi del massiccio - e a Monte Piselli-San Giacomo. Prati di Tivo è una frazione di Pietracarmela, borgo affacciato sulla valle del Rio Arno - circondato da secolari boschi di faggio dell’Aschiro – e che custodisce numerose testimonianze delle corporazioni medievali come quelle dei cardatori della lana nella “Casa de li Signuritte”. I 14

chilometri di tracciati di Prato di Selva, invece, si trovano nei pressi di Fano Adriano, un borgo alle pendici del Monte Corvo che vanta una fonte storica, la Fonte della Cannalecchia, contrassegnata dalle sette “F” di una curiosa epigrafe: “Fanesi furono forti, fatevi forti figli fanesi.” Da non perdere, nelle vicinanze, il borgo di Cerqueto con il suo “Museo etnografico delle tradizioni popolari”, dove è conservato un esemplare di zampogna unico nel suo genere.






Rocche, eremi e arrosticini

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rima o dopo gli sci, in questo territorio sono numerosissimi i borghi da visitare, tutti caratterizzati da un patrimonio culturale, artistico ed enogastronomico fra i più interessanti della Penisola. Come Rocca Calascio, un minuscolo borgo medievale sovrastato da una rocca millenaria dove sono state girate scene che appartengono alla storia del cinema quali “Il nome della Rosa” e “LadyHawke”. Da non perdere è una sosta alla chiesa esagonale di Santa Maria della Pietà costruita, secondo alcune fonti, intorno al 1451 su disegni del Bramante. Nulla

di meglio, per un assaggio completo del territorio, la sua ricca cucina, un concentrato di tradizione e gusto: dagli arrosticini di pecora alla porchetta abruzzese fino agli gnocchi e al castrato senza dimenticare i formaggi. Fra questi sono annoverate eccellenze designate come Prodotti agroalimentari tradizionali” - Pat - come il Pecorino Canestrato di Castel del Monte. Da non perdere anche i legumi, che vantano numerosi presidi slow food - tra cui il fagiolo di Paganica - e Pat, come la prelibata lenticchia del borgo fortificato di Santo Stefano di Sessanio.


Dormire, gustare e comprare Luca Sartori

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enticchie e formaggi sono gli ingredienti classici della gastronomia di questa porzione d’Abruzzo, una cucina semplice, dai sapori intensi. Al ristorante Rifugio della Rocca di Calascio l’antipasto è composto da salumi e formaggi locali fra i quali il tipico canestrato di Castel del Monte, la ricotta fresca e le ricottine salate, mentre fra i piatti tipici del locale c’è la zuppa di lenticchie di Santo Stefano. Anche al ristorante Rifugio del Pastore di Castel del Monte i formaggi sono i grandi protagonisti della tavola, per esempio le ricotte e le mozzarelle, oltre ai piatti della tradizione abruzzese annaffiati dai prodotti delle migliori cantine della regione, Montepulciano, Pecorino e Trebbiano. Cucina semplice e dai sapori forti anche al ristorante Da Clara, dove si servono – anche - specialità preparate con le lenticchie, taglieri di salumi e formaggi. I paesaggi montani del Gran Sasso e i suggestivi borghi di Castel Del Monte e Santo Stefano di Sessanio sono meta di appassio-

nati di trekking ma anche di amanti dei borghi. Per un weekend o per chi sceglie questa zona per una vacanza ci sono, a Castel del Monte, la Locanda delle Streghe, ricavata in un antico palazzo ai margini del centro storico, e la residenza Le Civette, bed & breakfast ricavato in un edificio storico del borgo. A Santo Stefano di Sessanio c’è il Residence il Palazzo, situato in un antico casale poco fuori le mura del borgo, con quattro appartamenti, il ristorante e la pizzeria. Per l’acquisto di prodotti tipici locali ecco l’Azienda Zootecnica Gran Sasso, in località Piè di Colle di Castel del Monte, che propone – fra i formaggi - il caciocavallo abruzzese e il pecorino canestrato di Castel del Monte e, fra ortaggi e legumi, le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio e la patata turchesa. L’Azienda Agricola Rosa Ciarrocca di Santo Stefano di Sessanio, infine, oltre alle lenticchie propone lo zafferano e l’olio extravergine di oliva delle valli aquilane.



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Cinzia Meoni

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neve, condottieri ed eroi

Cinzia Meoni

Toscana

Abetone:


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metà strada tra Firenze e Bologna svetta maestosa la Montagna Pistoiese, sulla dorsale meridionale dell’Appennino tosco-emiliano, territorio che comprende i borghi di Abetone Cutigliano - comune diffuso -, Marliana, San Marcello Piteglio e Sambuca Pistoiese. Per secoli la Montagna Pistoiese ha rappresentato l’unico valico di passaggio dell’appennino tosco-emiliano e pare che il generale cartaginese Annibale, durante la seconda guerra punica, abbia attraversato proprio la Montagna Pistoiese per muovere da Piacenza verso sud. Una leggenda - sono numerosi i luoghi che si contendono “l’ono-

re” - che in questo territorio ha dato il nome a un passo in Val di Luce, a un impianto di risalita e a una pista rossa nel comprensorio dell’Abetone. Uno spaccato d’Italia un tempo attraversato da eserciti e rivoluzionari, oggi paradiso delle vacanze invernali: il comprensorio, infatti, è formato da una cinquantina di chilometri di piste per lo sci alpino - servite da 22 impianti di risalita - e da 18 chilometri di piste dedicate allo sci nordico. E c’è solo l’imbarazzo della scelta, per tutti i gusti e le abilità: gli appassionati di sci alpino hanno a disposizione una pista difficile, 14 facili e 14 tracciati di media difficoltà.




La via Ximeniana e le piramidi dell’Abetone

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ul monte Gomito, nel punto di congiunzione tra la val di Luce, la val di Lima, la valle dello Scoltenna e la valle del Sestaione, si distende la stazione sciistica più nota della regione: quella dell’Abetone, frazione del borgo di Abetone Cutigliano. A dare i natali al borgo, secondo la voce popolare, sarebbe stato l’abbattimento di un enorme abete - “abetone”, per l’appunto - nel corso dei lavori di costruzione del passo avviati nel 1766 dal Granducato di Toscana e dal Ducato di Modena.

L’evento è tutt’oggi ricordato dalla chiesa di San Leopoldo, caratterizzata da linee sobrie vicine alle idee gianseniste del committente, il Granduca di Toscana, e da due piramidi settecentesche che sorgono nel centro del borgo. Le strutture, volute da Pietro Leopoldo e Francesco III e decorate con i rispettivi stemmi, sono infatti collocate l’una in quello che era il territorio del Granducato di Toscana e l’altra in quello del Ducato di Modena, uniti per sempre dal passo e dalla Via Ximeniana.




Luna piena sulle piste di Zeno Colò

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roprio all’Abetone hanno mosso i primi passi sulla neve icone sportive del calibro di Zeno Colò, oro olimpico a cui sono dedicate ben tre piste: la Vittorio Chierroni, la Celina Seghi e, più recentemente, la Giuliano Razzoli. Il comprensorio offre una cinquantina di chilometri di tracciati tra i 1.385 metri di altezza del fondovalle e i 1.940 dell’Alpe Tre Potenze, destinati a coloro che possiedono una minima padronanza del “mezzo”, con cui divertirsi e lasciar correre lo sguardo fino a Firenze. E le emozioni sono garantite anche con gli eventi a

tutta neve, soprattutto il “Full moon party”, la discesa in notturna prevista nelle notti di luna piena. Ma l’Abetone non è solo sci, natura, cultura ed enogastronomia. Durante l’inverno, infatti, si può anche esplorare il parco con ciaspolate guidate, camminare su tracciati di nordic walking nei boschi innevati e praticare sci di fondo su 18 chilometri di tracciati. D’estate, invece, il territorio si trasforma nel paradiso dei ciclisti, i “biker”, grazie all’“Abetone Gravity Park”, un punto di riferimento per discipline adrenaliniche come il downhill e il cross country.




Cutigliano, insegne araldiche e snow tubing

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n’alternativa a pochi minuti di macchina dall’Abetone è il vicino comprensorio di Doganaccia: dieci chilometri di piste assolate adatte ai principianti e affacciate sull’appennino tosco-emiliano, una pista di snow tubing che permette di scendere a tutta velocità a bordo di gommoni e due anelli da fondo. Il modo più scenografico per raggiungere le piste di Doganaccia è salendo in quota con gli impianti di Cutigliano, borgo che affonda le proprie origini nell’Alto Medioevo e che sarebbe un delitto non

visitare. Il cinquecentesco palazzo Pretorio - decorato con le insegne araldiche dei capitani di montagna che si sono succeduti nel tempo - e la chiesa della Madonna di Piazza costituiscono due tappe impedibili per scoprire questo gioiello italiano. Il “Museo della gente dell’appennino pistoiese” di Rivoreta, località nei pressi del borgo, propone inoltre un viaggio negli usi e costumi locali, invitando visitatori e curiosi a mettere alla prova la propria manualità nella costruzione di giocattoli con materiali poveri.




Stelle, murales e ponti sospesi

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ulla Montagna Pistoiese sono numerosi i borghi nei quali la storia si intreccia con la natura e la tradizione assume nuove definizioni. Come Lizzano Pistoiese, di origini millenarie, che oggi si caratterizza per una serie di affreschi che gli conferiscono l’appellativo di “paese dei murales”. Salendo invece verso Gavinana da Maresca - borgo ai margini della Foresta del Teso e sede del cinquecentesco palazzo Rospigliosi -, si trova l’Osservatorio astronomico di Pian dei Termini. Il medievale borgo di Gavinana è legato a un eroe

al quale è dedicato un intero museo: Francesco Ferrucci, cinquecentesco condottiero delle milizie della Repubblica fiorentina. Da San Marcello Pistoiese, borgo circondato da boschi, si raggiungono infine due luoghi iconici: la località Pontepetri, scenario della battaglia in cui morì Catilina nel 62 a.C., e il ponte sospeso, una passerella di 227 metri sul torrente Lima che prima di essere superato dal Giappone è entrato nel guinness dei primati quale “ponte pedonale più lungo del mondo”.




Dormire, gustare e comprare Luca Sartori

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on potevano che essere i funghi, l’ingrediente principale della tavola dell’Abetone. Vallate e boschi dominano quest’angolo di Appennino dove dai monti pistoiesi si scende nelle terre modenesi. Alla trattoria Da Fagiolino di Cutigliano i funghi sono nel crostone e nell’antipasto toscano, nei maccheroni all’anatra in cacciatora con le olive e nella scaloppa ripiena. Sempre a Cutigliano, al ristorante Il Nonno Cianco, dove la funivia porta alle piste da sci di Doganaccia, si servono le gonfiate, gli gnocchi a base di patate con sugo ai formaggi, le cappelle di funghi porcini servite fritte o con le tagliate di manzo e gli involtini di maiale alle erbette. Ambiente rustico al ristorante La Casina di Abetone, a due passi dal confine con l’Emilia, dove si assaggiano la polenta ai funghi, le pappardelle al cervo e la polenta gratinata ai formaggi, e cucina casereccia al Circolo Carpineta di Sambuca Pistoiese con tanta cacciagione. Per un soggiorno sull’Abetone, d’in-

verno per sciare e d’estate per godersi la natura, ci sono Villa Patrizia, a due passi dal centro storico di Cutigliano - con le sue 18 stanze immerse nel verde –, Villa Basilewsky, antica colonia d’inizio Novecento, casa di vacanza dei Vigili del Fuoco alla fine del secolo scorso, oggi elegante hotel con 21 tra camere e suite, e il Bed & Breakfast La Casa di Zeno - ricavato nella casa che Zeno Colò si costruì negli anni ’60 -, per chi ama la comodità di partire da casa con gli sci ai piedi. Per chi vuole portare con sé i sapori di quest’angolo di Toscana, ci sono l’azienda bio agrituristica I Taufi, dove comprare i prodotti bio, i formaggi, il burro e le carni dei capi allevati in azienda, e la bottega artigianale I Sapori del Lago Nero, nella quale perdersi fra le numerose goloserie. Fra queste, i classici cantucci toscani preparati nei modi più diversi, i frollini, anch’essi in svariate versioni, i canestrelli, i fagottini, i biscolatte, i fior di castagno, le gioie di riso e i “brutti ma buoni”.


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Cinzia Meoni

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PHOTO CREDITS: Tonino Bernardelli, Vittoria Pagnano, Mauro Fazio


un viaggio nel tempo Cinzia Meoni

Frosinone, Lazio

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l tempo si è fermato ad Alvito, piccolo borgo medievale a cavallo tra Lazio e Abruzzo nel quale camminare in una storia secolare, respirare il fascino dei tempi passati e regalarsi giornate nella natura, senza dimenticare soste golose all’insegna delle tradizioni gastronomiche della Ciociaria. La conoscenza di Alvito parte dall’imponente fortezza che veglia sulla valle: affonda le sue radici nell’XI secolo ma è stata ricostruita nel XIV secolo per volere della famiglia Cantelmo, da cui risale l’appellativo di ca-

stello Cantelmo. Nelle belle giornate è un piacere salire a piedi alla rocca, a 475 metri circa di altezza, seguendo il viottolo lastricato con scorci sulle cime circostanti e sulla Valle del Comino. E poi, da qui, percorrere il giro delle mura, entrare nei cortili, esplorare i camminamenti e ammirare le torri di guardia, lasciando correre l’immaginazione alle vicende che hanno visto come protagonista questo lembo di terra che domina l’accesso a nord della Valle del Comino, una posizione strategica per l’Italia centrale.



Palazzi e leggende nere

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econdo una leggenda, San Bernardino da Siena, preso a sassate dagli abitanti del borgo nel 1443, predisse loro che non avrebbero mai portato niente a termine. Il piccolo borgo e i suoi edifici storici, veri e propri gioielli artistici custodi delle epoche passate, invece, dimostrano ogni giorno il contrario. È intrigante passeggiare fra gli stretti vicoli e le ripide scalinate di Alvito e ripercorrere le vicende che si sono succedute nel corso dei secoli in questo minuscolo borgo laziale per poi

scoprirne, nei nomi dei palazzi nobiliari, i protagonisti. Merita una tappa il palazzo Ducale, voluto dal cardinale Tolomeo Gallio agli inizi del XVII secolo: è sede del teatro comunale - nell’ex teatrino di corte - e del municipio di Alvito, nel quale spiccano l’atrio monumentale, la scalinata d’onore, gli episodi della “Gerusalemme Liberata” presenti nella camera del duca e la sala del consiglio decorata con fregi e affreschi della scuola di Luca Giordano.






Un borgo, mille itinerari

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l centro della Valle del Comino e immerso nel Parco Nazionale dell’Abruzzo, Alvito è punto di partenza ideale per esplorare il territorio. Da qui partono ben 110 chilometri di tracciati da percorrere in mountain bike, a cavallo, a piedi o, magari, con le ciaspole quando la neve copre i sentieri del parco e il ghiaccio cesella seducenti architetture tra i rami degli alberi. Si va dagli itinerari di montagna a quelli collinari fra le vigne del Cabernet Atina Doc, dalle passeggiate alla scoperta delle doline - in particolare della Fossa Maiura, una sorta di cono rovesciato e profondo

cento metri - alle visite storico-artistiche fra le quali una che si snoda fra le 15 fontane del territorio. Lasciandosi guidare dai sensi, si scoprono il profumo delle erbe selvatiche di montagna, il gusto del pecorino Dop, del torrone inserito tra i Pat - prodotti agroalimentari tradizionali - e dei tartufi, mentre dalla rocca del borgo lo sguardo cattura il panorama e dai boschi circostanti arrivano i suoni degli animali selvatici. Ma è l’immaginazione, il sesto senso, quello che veste di suggestione ogni itinerario e rende Alvito un borgo speciale.


Fantasmi e tradizioni contadine

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Cortignale e La Cappudine, antiche contrade nei dintorni di Alvito, la lancetta dell’orologio torna indietro nel tempo, lasciando intravvedere gli usi e i costumi dei secoli passati. Non sempre i casolari di questi antichi borghi appaiono evidenti a uno sguardo superficiale. A volte occorre cercare con attenzione nella vegetazione, tra i cespugli e le siepi cresciuti

nel corso degli anni per individuare mura, magazzini e locali adibiti alla spremitura delle olive o dell’uva. E ne vale la pena. I due borghi fantasma regalano infatti la sensazione di un viaggio indietro nel tempo: lasciando “parlare” le antiche mura, emerge il racconto della vita quotidiana agro-pastorale che si è svolta, per secoli, nelle comunità rurali.






Le origini, tra sacro e profano

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e origini di Alvito risalgono, probabilmente, a volsci e sanniti che hanno preceduto la “romanizzazione” dell’area del III secolo a.C. Ma è a partire dall’età di mezzo, intorno all’anno Mille, che il borgo inizia a crescere, su impulso dei monaci della vicina Montecassino, e a svilupparsi sui tre livelli tipici del modello della città-fortezza: in alto il borgo medievale raccolto intorno alla rocca e alle chiese di Santa Maria in Porta Coeli e di Santa Maria Assunta, quest’ultima custode al suo interno della cripta di San Rocco. A mezza costa

ecco il Peschio, punteggiato da edifici nobiliari come Palazzo Panicali al Peschio con le sue torri colombaie e il portone d’ingresso incorniciato da un bugnato a punta di diamante e, infine, il borgo proteso fino a valle, impreziosito da edifici e chiese di epoca barocca. Con il trascorrere dei secoli il borgo, feudo del Regno di Napoli e coinvolto nel conflitto tra aragonesi e angioini, divenne prima contea con i signori d’Aquino e poi un ducato con i Gallio, casata a cui è attribuito il merito di avere estirpato il brigantaggio.


Dormire, gustare e comprare Luca Sartori

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imbolo indiscusso dei sapori di Alvito è il torrone. In quest’angolo di Ciociaria lo si produceva già nel Settecento e oggi fa parte della prestigiosa lista dei PAT, Prodotti Agroalimentari Tradizionali. Dal 1850 l’Antica Pasticceria Di Tullio è simbolo dell’arte dolciaria locale e propone ai suoi clienti una vasta scelta di prodotti che vanno dal torrone classico - preparato con mandorle, miele, albume e zucchero - al torrone di pasta reale - con la pasta di mandorle -, dai mostaccioli - realizzati con marmellata, cacao, spezie, farina, zucchero e miele - al croccante torrone mandorlato, con mandorle e zucchero caramellato. Alvito è anche terra di vigne. Alla Cantina Cominium, situata nel vigneto e ricavata in un vecchio casale di metà Ottocento, si possono degustare e acquistare i vini rossi, rosé, bianchi e riserva ricavati dai vitigni DOC, il Cabernet Sauvignon, il Cabernet Franc e il Merlot, oltre agli altri prodotti dell’azienda, l’olio extravergine

di oliva, la grappa e le confetture di vino. C’è anche il tartufo, sulla ricca tavola locale. Il ristorante Agria di via Santa Maria propone, fra le sue specialità, pasta fresca con funghi porcini e tartufo, selvaggina e carne alla brace, mentre all’Osteria Pizzeria dell’Orologio di via Roma si servono le pappardelle al cinghiale, il pollo ripieno e la trippa alla romana. A Posta Fibreno, borgo a due passi da Alvito, c’è l’Oasi dei Sapori, dove si servono i tonnarelli cacio e pepe, l’agnello e il filetto di maiale al cabernet. Punto di partenza ideale per esplorare il territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Alvito è anche meta di soggiorno. All’agriturismo Tenuta del Daino, a due passi dal centro storico, è imperdibile la vista sulla Valle del Comino mentre ci si rilassa tra gli ulivi e i daini. All’elegante Relais Chalons d’Orange, fuori dall’abitato, con la bella piscina circondata dai monti, si può scegliere tra camere e suite.



Agriturismo “Cerere” Via Valle di Rio, 42 Tel 0776 509110 www.agriturismocerere.it Agriturismo “Fata Verde Orto e Locanda” Via Colle San Martino Tel 392 9366134 FACEBOOK: Fataverde Orto e Locanda – Agriturismo Agriturismo “Il Lago nella Valle” Via Cappella della Volpe Tel 329 9616693 Facebook: Oliviero Burdiat Agriturismo “Il Viale dei Ciliegi” Via S.Rocco Contrada Maiali Tel 340 1660233 www.vialedeiciliegi.it Agriturismo “L’Arceto” Via Campo Piano Tel 0776 509018 Facebook Agriturismo “Tenuta del Daino” Via Fontanelle Tel 340 3783780 www.tenutadeldaino.it Soc.Agr. “Cominium Benessere” Via Fontana Ufa Tel 335 6313419 www.cominiumbenessere.it Hotel “Relais Chalon d’Orange” Via Colle Buono Serre di Conca Tel 342 7493526 www.relaisorange.com

Scarica la APP con le attività economiche di Alvito, i percorsi visita del centro abitato, i 100Km di itinerari in pianura collina e montagna, i punti di interesse storico architettonici, associazioni, ORDINANZE come autobus, raccolta differenziata e molto ancora.

Agiturismo “Il Tiglio” via san nicola 42 tel 347 6868211 www.iltiglioalvito.it

Riserva Naturale Lago di Posta Fibreno

Progetto realizzato grazie al contributo della Regione Lazio. “Finanziamento a favore delle Reti di Impresa tra Attività Economiche su Strada DGR n. 94 del 15/03/2016” Soggetto beneficiario: Comune di Alvito. Soggetto contraente: Rete VisitAlvito


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to italvito.it Rete VisitAlvi 92843090 - www.vis (FR) - tel. 38 ito Alv 1 04 ni sociazio 90 rconi, 3 - 03 enti delle as . 38928430 Piazza G. Ma zione, i refer orsi del territorio tel rc Su prenota narvi sui pe ag mp co ti di ac saranno lie

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GENUiNa ospitalità

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Rifugio di Valle Lattar a

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Italia

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Percorsi sto ric dall’età prer o-architettonici omana al barocco. A11 Alvit

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Sentiero

Sentiero

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IL TOCCO DELL’ART E

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«Non hai m di stelle. L ai visto notti così p e iene del castello conti sulla torre e q u al ch e ti sembra di vederle volta d’estate cadere.»

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ù an il palaz o e il borgo pi entale con guarda vers ro rinascim , quella che he fino al cent e del castello ene di stelle e qualc rr to lla Su to tti pi Gallio. ci sono no era un duca o o, vit sin Al as . re tec Mon rle cade colare bra di vede po un parti volta ti sem ate con il tem li cannellini, sono divent , fagio fo rtu e le ricette ta li: pasta di di ceti socia e, torroni di meticciato e “ossa ne e verdur inestre di pa olato fondente, le stran m o, rin co pe cc operti di cio mandorla ric tafia di visciole. di ro la ra ra. È il cent m(?) di morto” e platani la se Comiuni ofumo dei mino l’antica dalle cicatrici Alvito è il pr Co di lle va tica, gnato una valle an confine è se guerra i Sanniti, il lla seconda roccaforte de v, quella del fronte de sulle tracce sta e Gu ar ea in pi, della lin camm lulato dei lu ui oggi puoi mondiale. Q coltare di notte l’u ntain bike ou as dell’orso o ascinanti da scalare in m dove all’alba, aff Meta, su percorsi ari, il o al monte dere i due m me mpicate fin possono ve o sulle arra si a, iar ch esimo, co nt ce è lu ca la in do un an qu me driatico: co visa. Tirreno e l’A

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fitta rete di sentieri 100 km di percorsi ste per esperti e appass ionati. rrati, tabe A01 Caste llati e geor llo Cantelm eferenziat A05 Villag o - Fossa i. Ma gi

A06 Fontan Fantasma Cortignale iura e Cappudine A12 Alvito a Lepore - Pratola - Monte Mo rrone

RO SE AS SC PE

PERCOR VISIVI SI Una

dolce, lire piano, mincia a sa nulla di virtuale, non è ha n La strada co lti, no o na. Alvit vedi, lo ascoè verso la colli e cerchi lo o, quello ch a di magia. Alvito og lu n no un or o. Il sesto è d’estate od lo tocchi e i cinque sensi più un stello Cantelmo il paese de azione. Su in alto c’è il cadi vicolo in vicolo, l’immagin tico, poi si scende giù zo Ducale dei

e2 -Se Sontie petuo lfatara lli (sec. XVIII) donna del Per Porta Iacobe (sec. XVIII) 3 Cappella Ma le Teresiane c. XIX) Monastero del Soccorso (se ) XIX eli c. Co (se ta ni Por zia S. Maria 3 Palazzo Gra 4 Chiesa di ) ari (sec. XIX 4 Palazzo Sip (sec. XVIII) a iesa di unt Ch la Ass del ria ) c. XVI S. Ma 5 Chiesa di 5 Campanile (se esistente Profeta su pre ) (sec. XVIII) S. Simeone XIV) mura (sec. XIV ntelmo (sec. I notizie) torrione delle 6 Castello Ca XVI c. XX) (se o lament Castello (sec. 6 Sede del Par 7 Lavatoio del c. XVII) Maiura”(se ssa llio “Fo Ga a o sic 7 Palazz Chiesa 8 Dolina car XI, . sec ne ta appudi Battis VIII) 8 S. Giovanni Cortignale-C la Pietà (sec.X di S. Maria del n diverse XIX) r persone co strucci (sec. percorso pe * 9 Palazzo Ca motorie (sec. XIX) à za ilit ab Lan o 10 Palazz lli (sec. XIX) 11 Palazzo Bucci

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Sentieri pe rcorrib per person ili con K-Bike su pr e con diver en se abilità mo otazione P01 Posta torie Fibre Collinare - KMno - Fossa Maiura A01 Caste A/R 12 - Tu llo Cantelm ristico E1 Sentier o - Fossa Collinare Maiura o Europa KM 20 (circu Capo No Capo Passero ito) - Escursi A02 Piet ra Velente onistico (Sicilia- Ita rd (Norvegia) lia ) Montano Sentiero Ita lia - Tappa ImpegnativoKM A/R 26 - Escursion C003 istico Raccordi pe A03 Rifu rcorsi gio Ca Strade Pedemonta po D’acqua no - KM A/ R 24 - Escu A04 Rifu rsionistico gio Valle La ttara Montano Punto di rit rovo ImpegnativoKM A/R 26 - Escursion istico A05 Villa Fontane ggi Fantas ma Cortign Collinare ale e Ca Rifugi KM 10 (circu ito) - Turistic ppudine A06 Font o ana Le Contrade Collinare - KMpore - Pratola A/R 10 - Tu ristico A07 Caste Paese abba llo Cantelm ndonato o - Campo Maiura Piano - Fo Dolina carsi ssa Collinare ca KM A/R 8 Turistico A08 Colli Solfatara della Valligiano - Valle KM 14 (circu Aviosuperfi ito) - Escursi A09 Via cie fondo erb delle Vign on ist ico a Valligiano - e Parapendio KM A/R 5 Turistico A10 Rio Molle - So Deltaplano lfatara Valligiano KM A/R 20 - Escursion A11 Alvit Punto pano istico o - Va ramico Collinare - lle Romana - Caste llo KM 8 (circu Mura polig onali ito) - EscursiCantelmo A12 Alvit onistico o - Monte Morro Collinare KM A/R 12 ne - Escursion istico

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Fontana Le pore Fontana Ro sa Fontana Uf a 4 Fontanella dei Monti 5 Fontana Pe scopane 6 Fontana Le Fontanelle 7 Fontana Nu ova 8 Lavatoio Po Vecchio rta Mercato 9 Fontana e La del Castello vatoio 2

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Alvito

COMUNE DI ALVITO

Frosinone

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ROMA

Frosinone, Lazio Abitanti: 2668 Altitudine: 475 m s.l.m. Superficie: 51,72 km² Santo Patrono: San Valerio - ven. - sab dopo la pentecoste




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Leopoli: natura, borghi e tradizioni


Oltreconfine: Ucraina A cura della “Gestione del turismo e resort di Leopoli, amministrazione regionale dello stato� loda.gov.ua/upravlinnya_turyzmu_ta_kurortiv


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iamo in Ucraina, nella regione di Leopoli, terra di spettacolari scenari naturali, cultura e tradizioni storiche. Leopoli è una città antica – sotto l’egida dell’Unesco - e, nei suoi dintorni, sono numerosi i pittoreschi borghi nei quali sono conservate le antiche usanze della Galizia. Ed è proprio in quest’area che svettano i Carpazi, un vero e proprio paradiso per gli amanti della montagna. Da scoprire è innanzitutto il Parco Nazionale “Skolevski Beskydy”, area protetta di oltre 35mila ettari nei Carpazi orientali, che presenta numerosi punti di interesse. A iniziare dal borgo di Maidan, nel distretto di Drohobych, seguito dal-

la foresta di Maydan, nella quale ci sono 33 bisonti che vivono in condizioni “selvagge”. La vetta più alta del parco è Paraska - 1.268 metri d’altitudine -, e da questa montagna si può spaziare con lo sguardo su tutti i Carpazi. Curiosa è la cascata Gurkalo, divisa da una sporgenza rocciosa in due flussi e con un’altezza di caduta dell’acqua di ben 5 metri. Da conoscere è anche la riserva storica e culturale di stato “Tustan”, nel borgo omonimo, che custodisce la vecchia città-fortezza di Tustan - medievale -, antico complesso di difesa rocciosa, i cui resti si trovano proprio nel cuore dei Carpazi.


Oltreconfine: Ucraina


Leopoli a tutta fede

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er chi fosse interessato alla vita spirituale della regione, ci sono innumerevoli testimonianze d’arte e di fede, attestate da caratteristiche chiese in legno. Questi santuari intrecciano elementi ecclesiastico-ortodossi con elementi della tradizione locale e sono costruiti su tre livelli e sormontati da cupole perlopiù ottagonali. Luoghi di culto nei quali spiccano torri e campanili, tappeti colorati e numerosissime decorazioni interne policrome - perfettamente elaborate -, che illustrano una moltepli-

cità di riferimenti simbolici e sacri relativi alle tradizioni dei luoghi. Ai piedi del villaggio carpatico di Rozgirche, immerso in una foresta di abeti, merita una visita il monastero Pecherny, un complesso roccioso unico nel suo genere, che affonda le sue origini nei secoli VIII-VII a.C. Imperdibile, in questo territorio, è la novecentesca chiesa degli Apostoli Pietro e Paolo: progettata dal famoso architetto galiziano Vasily Nagorny, è considerata uno dei più bei templi in pietra nella regione dei Carpazi.


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Slavske e Volosyanka, borghi da non perdere

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borghi di Slavske e Volosyanka, nella regione di Leopoli, si distinguono per la frizzante aria di montagna, le cime elevate e la squisita cucina dei Carpazi: l’ideale per un viaggio di conoscenza ma anche di relax e di piacevolezze tra un itinerario e l’altro. Il villaggio di Slavske si trova nella soleggiata e pittoresca valle del fiume Resistance ed è la meta ideale per gli appassionati di sport invernali: si tratta, infatti, di uno dei più grandi centri sciistici dell’Ucraina con infrastrutture e attività

ricreative per tutti i gusti e le età. Da conoscere è anche Volosyanka, un borgo nel distretto di Skole, situato nella valle dei fiumi Slavka e Yalinkuvaya, otto chilometri a sud di Slavske. Volosyanka è famoso per la sua cucina dalle tradizioni antiche: zuppa di funghi, banosh “dei Carpazi”, cavolo ripieno con gnocchi, trote, salsicce arrosto e kebab, sottaceti fatti in casa, tè dei Carpazi - con le deliziose erbe locali - e, infine, le marmellate di frutti di bosco.



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Agriturismi nei Carpazi

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ale la pena visitare le fattorie e gli agriturismi del territorio che producono prodotti genuini e home made come il pane azzimo con farina di grano, il formaggio “caustica”, l’huslyanku, - formaggio di capra -, il tè dei Carpazi, miele e molto altro ancora! Di seguito, ora, alcuni indirizzi utili, come la farm “Eco-Gazda”, azienda che produce e commercializza una gamma di formaggi freschi quali il Suluguni – formaggio semiduro -, la mozzarella e l’husnyanskyy, una sorta di ricotta. Nell’agrituri-

smo “Komarnicki”, via libera a gustose degustazioni di prodotti autentici e fatti in casa, per esempio il pane azzimo di farina di grano, il formaggio “caustica” e l’huslyanku. Imperdibile è il formaggio “Boyko”, prodotto tipico dell’area da oltre cent’anni. Attività interessanti per il tempo libero sono i laboratori di ceramica - Cottages “4Sezony” -, la forgiatura dei metalli - guest house “Forge Estate” -, seguiti da tessitura e ricamo, abilità manuali tipiche della regione.



Oltreconfine: Ucraina


Skhidnytsya, a tutta montagna

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khidnytsia è un borgo di montagna di straordinaria bellezza, con foreste di conifere e sterminati prati alpestri. Complessi turistici di standard europei, alberghi e ville sono disseminati sul suo territorio, ricco di aria salubre e fonti di salute. Il più grande tesoro di questa zona, infatti, sono le acque minerali. In totale, ci sono 38 fonti e 17 pozzi nel territorio di Skhidnytsia: le proprietà

curative di queste acque sono note da tempo e rappresentano un’opportunità per riequilibrare la propria forma fisica. Nel contesto di attività amene, infine, si segnalano corsi di perfezionamento in ceramica - cottage “4sezona” -, dell’arte del ferro - “Kovalskaya manor” -, della tessitura e del cucito. Una full immersion nell’artigianato, uno degli innumerevoli volti di questa eclettica destinazione.


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Oltreconfine: Ucraina


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Borghi al centro della scena a Bit 2019 Dal nord al sud, dalle cittadine d’arte ai villaggi di montagna ai tour enogastronomici, a Bit 2019 i borghi sono la risposta alla domanda di turismo esperienziale



Borghi al centro della scena a Bit 2019

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e il viaggio oggi non è più vacanza ma esperienza e se i viaggiatori, specie stranieri, sono alla ricerca della esperienza autentica del buon vivere italiano, la risposta sono i borghi di charme, che non a caso sono protagonisti a Bit 2019, a Fieramilanocity dal 10 al 12 febbraio 2019. Quali le proposte per chi non vuole allontanarsi troppo da casa, ma cerca qualcosa di davvero diverso dal solito? La rete delle Pro Loco aderenti a UNPLI Lombardia offre la possibilità di visitare una serie di piccoli borghi lontani dal turismo di

massa, ma non per questo meno affascinanti. È il caso di Bossico, in provincia di Bergamo, villaggio di montagna orobico dal quale si può ammirare un panorama unico sull’Alto Lago d’Iseo, o Idro in provincia di Brescia dove il fiume Chiese forma un piccolo delizioso lago, o ancora di Sabbioneta con le sue meravigliose architetture rinascimentali. Sull’onda del continuo successo dei tour enogastronomici, un must specie per le vacanze di coppia di quest’inverno sono gli agriturismi: se ne trovano in tutte le regioni italiane e ormai offrono


Borghi al centro della scena a Bit 2019

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e le sue meravigliose valli circostanti Valdicecina e Valdera. Con questa edizione Bit 2019 si rafforza come il più importante marketplace per la promozione del prodotto Italia nel mondo con la presenza di pressoché tutte le regioni, in particolare: Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. Dall’Italia presenti anche consorzi, autorità del turismo e convention bureau da numerose località come Agrigento, Cittadella, La Maddalena, Lago di Como, Riva del Garda, Termoli, Volterra-Valdicecina-Valdera, Costa Rossa Sardegna, Consorzio Regionale Città d’Arte del Veneto. Prevista infine una intensa attività informativa e formativa, con oltre 90 eventi in programma.

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sempre più anche esperienze di vacanza molto più ampie dell’agriturismo classico. Dall’esperienza di una vera masseria pugliese a Torre di Nebbia di Corato in Puglia, al Dolcetna nel Parco dell’Etna, presso Catania in Sicilia, che completa l’offerta enogastronomica con viste mozzafiato sul mare e il vulcano. Ma si può anche optare per una vacanza attiva, per esempio a Casa Wallace e Casa Margherita nel Basso Monferrato, dove è possibile fare trekking, andare a cavallo o partecipare ai lavori nelle vigne e negli orti (tutti rigorosamente biodinamici) in un ambiente improntato all’eco-sostenibilità. E i borghi ideali per il city break di stagione? Il must quest’anno è puntare sulle cittadine d’arte di regioni come il Veneto, magari alternative come Cittadella, oppure la Toscana etrusca con Volterra

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Luciana Francesca Rebonato facebook.com/lfrancesca.rebonato

E Z N A VAC

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Liguria, i borghi di Nettuno

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ome mai la Liguria, in questo numero di e-borghi travel dedicato alla montagna? Perché le sue seduzioni salmastre fanno da contrafforte agli articoli incentrati sull’intrigo silvestre: sono le “vacanze fuori posto”, l’alter ego di vette e crinali, un compendio di spunti e idee anche su onde e fondali. Ed ecco la Liguria, un arco punteggiato da borghi ancorati alla terra ma proiettati sul mare e con le due estremità a oriente e a occidente che si fronteggiano, quasi volessero assurgersi a polene di una nave.


È

VACANZE FUORI POSTO

Liguria, i borghi di Nettuno

la patria dei caruggi, la Liguria, un susseguirsi di negozietti traboccanti artigianato locale, panifici che sfornano focaccine fumanti, drogherie nelle quali si tosta ancora il caffè, bevanda-eredità dell’illustre antenato, Cristoforo Colombo. Da Genova il sipario si apre sul levante ligure, che riassume coste rocciose e

sabbiose, baie e calanchi, calette deserte e insenature lusingate dal mare. Partendo da Genova il primo pit stop è Camogli, borgo ligure per antonomasia, sviluppato in altezza con un gomitolo di vicoli, scalinate e abitazioni con il loro pentagramma cromatico allineato al profilo della costa.


Liguria, i borghi di Nettuno

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Liguria, i borghi di Nettuno

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al molo di Camogli in ogni stagione si può salpare per seguire dalla barca il disegno della costa tra Punta Chiappa e San Fruttuoso: coreografie di scogli, rocce e arabeschi di coralli infiammati dal sole. Destinazione dal fascino “abissale”, la Liguria: sul fondale della baia di San Fruttuoso e per volontà dei subacquei genovesi, c’è il Cristo degli Abissi, la statua bronzea che dagli anni Cinquanta è a protezione di tutti i naviganti e i lupi di mare. Nel Golfo Paradiso la protagonista è lei, Portofino, con la sua “piazzetta” affacciata sul porticciolo e il castello di San Giorgio arroccato sul promontorio. Oltrepassata la piccola baia di Paraggi, si arriva alla signorile Santa Margherita Ligure, mentre a pochi chilometri si raggiunge Rapallo

con il suo “ponte di Annibale”, in pietra e ad arcata unica. Si prosegue per Sestri Levante, il cui istmo regala due scorci intriganti e altrettante denominazioni: una è la “Baia delle favole”, toponimo coniato da Hans Christian Andersen che qui soggiornò nel 1833, l’altra è la “Baia del silenzio”. Nell’estrema propaggine orientale ligure è in scena l’Unesco con le Cinque Terre: Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore, borghi marinari in successione costellati da calette, speroni di roccia e promontori a picco sulle acque. Infine, il golfo della Spezia, sulle cui sponde opposte si stagliano Portovenere e Lerici, antichi borghi-fortezza eternamente riflessi l’uno nell’altro nello specchio di un mare che li unisce da millenni.


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a Genova si vira verso la costa occidentale e si arriva a Varazze, protagonista di una secolare tradizione cantieristica navale, con torri e tratti di un’antica cinta muraria - risalenti al secolo XII e XIV – erette a difesa dei saraceni provenienti dal mare. Poi, dopo Albissola Marina e la sua indole artistica incentrata sulla ceramica, ecco Spotorno e Noli: così vicine, così diverse. La prima più incline al vociare mondano della cronaca, la seconda silenziosa depositaria della storia, uno fra i borghi medievali meglio conservati in Liguria. Ancora echi del passato da assaporare a Loano, con le abitazioni allineate sul mare e poi Albenga, scrigno di arte antica nel

centro storico e infine Alassio con il suo “muretto”, famoso dagli anni Sessanta, gettonato per gli autografi – riprodotti in ceramica – di personaggi del mondo dell’arte, della cultura e dello spettacolo. Procedendo verso occidente si arriva a Sanremo, con rocche e porte medievali nella Pigna, il volto del centro storico, così chiamato per la sua insolita conformazione. Quando la sabbia della costa ligure sta per stemperarsi in territorio francese, infine, si giunge a Bordighera, il cui cuore più antico si presenta come un borgo fortificato a forma di pentagono irregolare nel quale pulsano al ritmo del presente suggestioni botaniche, archeologiche e culturali.

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AssoBirra dal 1907 racconta l’eccellenza della birra in Italia


Barbara Roncarolo twitter.com/barbaronk

Sapori in quota, dal nord al sud


Sapori in quota, dal nord al sud

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alvolta ce la dimentichiamo, la montagna, noi che non ci abitiamo. Noi che però amiamo il cibo buono e sano. Puro, come si dice dell’aria, quella di montagna, certo. Iniziamo il nostro viaggio gastronomico fra i suoi frutti, partendo da quelli intesi nel senso più stretto del termine: piccoli e rossi, che abbelliscono ricette e pelle di chi li gusta, poiché sono così ricchi di antociani, gli “anti-age” della nutrizione. Mirtilli e more selvatiche, e poi lamponi e fragole coltivati ad alta quota. Per adornare quelle cattedrali dolci che solo le pasticcerie tirolesi sanno costruire, oppure entrare in ricette contemporanee come il gelato al lampone con rosmarino, panna acida e olio di semi di zucca inventato dal giovane chef Philipp Fallmerayer, patron di Brix 0.1 a Bressanone, un foodpark cittadino, cosmopolita e di montagna. E le fragole? Da assaggiare quelle che crescono nell’incontaminato silenzio alpino, per esempio in Val Martello, laterale della Val

Venosta, in provincia di Bolzano. Per chi ha pazienza di aspettare la bella stagione, a Martello, paese-cuore del Parco Nazionale dello Stelvio, a giugno si celebra la Festa delle Fragole, coltivate a 1.800 metri d’altezza, con la torta gigante e i canederli di fragola. Le aziende in zona esibiscono il marchio di “Qualità Alto Adige” per ogni prodotto, dai formaggi agli speck alle grappe. Le fragole più alte d’Europa sono però quelle di Giorgio Elter, dell’azienda La Motte, 4 ettari di campi immersi nel Parco Nazionale del Gran Paradiso in Val D’Aosta: “In loro senti la freschezza del gelo della notte e la dolcezza del sole di montagna”, dice lui. Se siete in zona Courmayeur, passate a comprare una genziana o una stella alpina dai Vivai Valdostani Piante Alpine: Flavio Gamerro da trent’anni si dedica a raccogliere semi di piante selvatiche per farle riprodurre in cattività. Avrete l’opportunità di imprimere un tocco alpino alle vostre ricette a casa.


Sapori in quota, dal nord al sud


Sapori in quota, dal nord al sud


Decisi e saporiti M

raro e raffinato, bianchissimo e gentile. Uno per tutti: quello di Brezzo, raccolto nell’Alta Valle Maira, nel Cuneese. Con tutto questo cibo, c’è bisogno di festeggiare con un buon vino! E allora andiamo nella Sicilia che non t’aspetti. Nella tenuta Ficuzza, a 700 metri sul livello del mare, tra Palermo e Trapani e nel comune di Corleone, dove i fratelli Cusumano crescono Insolia e Chardonnay e producono il “700”, bollicine di montagna con Metodo Classico Brut. E adesso, palla al centro: in Abruzzo per inseguire la Ferrari dello zafferano, quello che si produce nei comuni della provincia dell’Aquila, come l’antico borgo di Caporciano, dalle atmosfere medievali, uno dei 13 che ha ricevuto il Dop. Il clima dell’altipiano è ideale per i bulbi del fiore-spezia più ricercato. Abbiamo aperto con la frutta, chiudiamo con la marmellata: quella di corbezzolo, frugale pompon rosso meglio noto per il miele amaro che le api distillano dai suoi fiori. Anche la confettura è squisita e si produce tipicamente nei paesini ai piedi del Gennargentu, come il barbaricino Fonni, il borgo più alto della Sardegna.

Sapori in quota, dal nord al sud

a torniamo un attimo in Trentino-Alto Adige, per parlare della farina gialla di Storo, prodotto unico per fare le “polente di montagna”, corpose ma molto digeribili. Come la carbonera - con la salsiccia sgranata -, oppure la Macafana - con la cicoria - o ancora la concia, con il formaggio. È grano Marano, dai chicchi che tendono al rosso, poi asciugato dai venti secchi di montagna e macinato nel mulino di Storo, in provincia di Trento. Su formaggi e latti d’alpeggio e di montagna ci sarebbe da scrivere libri, in Italia. Abbiamo scelto di parlarvi del caprino della Carnia, una regione ricca di “alte” proposte casearie, che viene da capre selezionate, come la Camosciata, alimentate al pascolo libero in aree pedemontane e montane della provincia di Udine. Crosta consistente, pasta bianca friabile, si abbinerebbe squisitamente anche al pane di farina di castagne dell’appennino tosco-emiliano. E anche – soprattutto nella versione più stagionata - al miele di rododendro. Insieme al millefiori di montagna e alla melata di abete, è uno dei tre mieli d’alta montagna presidio Slow Food. È il più


Sapori in quota, dal nord al sud

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Sapori in quota, dal nord al sud



Ivan Pisoni

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Leggende fra i monti della Valle d’aosta


Leggende fra i monti della Val d’aosta

Il ponte del diavolo di Pont-Saint-Martin U

n tempo, tra Pont-Saint-Martin e Carema, due località che si affacciavano sulle opposte sponde del fiume Lys, non vi era nessun ponte e benché gli abitanti delle due borgate si sforzassero nel costruirne uno, ogni notte una forza misteriosa distruggeva il loro lavoro. Le due popolazioni iniziarono a incolparsi a vicenda fin quando, da Augusta Pretoria, giunse nella regione Martino, Vescovo di Tours e Gran Santo del paese. Conosciuta la strana storia, il sant’uomo intuì che dietro i sabotaggi c’era lo zampino del demonio e decise, con l’aiuto di Dio, di venirne a patti. Il diavolo si fece convincere da Martino a costruire il ponte ma in cambio volle l’anima del primo uomo che lo avesse attraversato. La popolazione crollò nel malcontento per la paura della malasorte che sarebbe toccata a uno di loro ma il Vescovo aveva già un piano. All’alba il ponte era pronto, solido

e maestoso, e il diavolo era lì, pronto a riscuotere il prezzo per il suo operato. A questo punto Martino lanciò un tozzo di pane all’altra estremità del ponte e, scostato il suo mantello, lasciò libero un debole cane affamato che subito si affrettò ad attraversare il ponte e mangiare il pane. Il diavolo voleva un’anima e Martino gliela diede. Adirato per l’inganno, il demonio afferrò il cane alzandolo verso il cielo e, imprecando, picchiò sulle pietre del ponte creando una buca nella quale cadde per perdersi tra le correnti del torrente sottostante. Il Sant’uomo, vista la buca che nessuno sarebbe stato in grado di riparare, convinse gli abitanti a costruirvi sopra una piccola cappella che si può ancora ammirare ai giorni nostri, attraversando il ponte. Le due borgate ora formano il borgo di Pont-Saint-Martin e a ogni carnevale si canta una “canzona” dedicata a questo strano avvenimento.


Quella casetta sul fondo del Lago Blu I

ciotola di latte, la portò al pover’uomo. I genitori, offesi del fatto che il figlio fosse più buono di loro, sottrassero la ciotola al viandante ancor prima che egli potesse berne, e gliene diedero una con dell’acqua sporca. Il viandante se ne andò deluso dal triste loco, mormorando strane parole. I due megeri rimproverarono bruscamente il loro figlio e lo punirono mandandolo a raccogliere legna nel bosco, di notte. Impaurito e infreddolito, il ragazzo impiegò molte ore nella sua raccolta e, al suo ritorno, la casa non c’era più. Al suo posto c’era invece un lago. Triste per la morte dei suoi genitori, il ragazzo capì che la distruzione della casa e l’apparire del lago rappresentavano una punizione verso la malvagia coppia per non essere stata in grado di amare nessuno, nemmeno il loro unico figlio. Il ragazzo decise di rimanere in quel posto e di costruirvi una nuova casa, si sposò con una bellissima ragazza e insieme fecero una numerosa e felice famiglia. La voce si sparse, tutti conobbero la storia e seppero che sarebbero stati, ora, ben accolti e ben voluti sulle sponde del meraviglioso Lago Blu.

Leggende fra i monti della Val d’aosta

n Valle d’Aosta, a circa 1.980 metri di altezza, si può trovare uno spettacolare specchio d’acqua. Caratterizzato dal suo colore blu intenso, in contrasto con il rigoglioso verde degli abeti circostanti e i riflessi dei monti innevati, il misterioso Lago Blu è uno dei protagonisti di una malinconica leggenda. Guardando attentamente il lago, al suo centro e sul fondo, si possono notare dei grandi pezzi di legno, come di una costruzione in rovina. Si dice che un tempo, dove ora sorge il lago, vi fosse l’abitazione di una famiglia di pastori dalla nomea cupa e malvagia, conosciuti come scontrosi, maligni ed egoisti. Durante una fredda sera piovosa, un viandante, stanco e affamato, giunse sul luogo sperando in ospitalità e ristoro. Mentre bussava alla porta già sperava in un piatto caldo e un morbido giaciglio ma quando la porta si aprì vide una donna che, con fare scontroso, lo osservò da testa ai piedi e gli sbatté la porta in faccia senza proferir parola. L’uomo supplicò ma nulla fece cambiare idea alla padrona di casa. Solo il figlio dei pastori si fece impietosire dalle suppliche del viandante e, presa una


Leggende fra i monti della Val d’aosta

Il Monte Bianco e gli spiriti alla radice del suo nome C

’è stato un tempo in cui nessuno osava avvicinarsi o guardare la cima del monte chiamato Grand Mont. Strane voci, strane presenze, strani avvenimenti in quel luogo maledetto. Si diceva che quel monte pullulasse di folletti, streghe e spiriti maligni che causavano ogni sorta di malefatte, di tempeste, di frane, di strani e malvagi avvenimenti. Ormai la popolazione circostante evitava quel posto e, atterrita dalla paura, non vi posava neanche più lo sguardo. Una sera d’estate,

un coraggioso viandante arrivò in quelle località e, conosciute le vicende, decise, grazie all’aiuto del cielo, di spingersi verso la cima del temuto monte e di scacciare qualsiasi creatura maligna avesse incontrato. Grazie a una terribile valanga, il viandante riuscì a seppellire ogni sorta di presenza maligna sotto una bianchissima, spessa coltre di neve. Purificato dal biancore di questo avvenimento, il Grand Mont fu ribattezzato con il nome che oggi noi tutti ben conosciamo, il Monte Bianco.


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Il Monte Ciamoseira e le sue streghe 2 di notte fino a quando gli sconcertati spettatori videro l’evento che oggi identificano come “la cena”, ovvero il momento in cui i fuochi, attratti come da una forza misteriosa, si spostarono alla base della montagna e si disposero in un unico grande cerchio quasi come fossero tanti commensali intorno a un’enorme tavola. Al termine di questa “cena”, i fuochi si disposero in fila indiana iniziando una strana processione che attraversò il Lys e che li portò verso il pianoro di Portola, ai confini con il territorio Biellese, una località ben nota per le tregende delle streghe del tempo. Al mattino, alcuni coraggiosi si spinsero dove durante la notte avevano visto lo strano evento dei fuochi ma non trovarono nessuna traccia, neanche il più piccolo segno di fuochi o di carbone. Se fossero davvero delle streghe o meno non ci è dato saperlo, ma sta di fatto che l’evento del novembre 1877 è accaduto davvero davanti a una moltitudine di spettatori. C’è chi dice che ancora oggi si possano vedere piccole processioni di fuochi sulla montagna, chi afferma di aver visto piccoli fuochi muoversi, ma in ogni caso mai grandi come durante il primo avvistamento. Che ci siano ancora le streghe sul Ciamoseira?

Leggende fra i monti della Val d’aosta

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ei pressi della Val del Lys, tra i comuni di Perloz e Lillianes, si erge maestoso il Monte Ciamoseira, una grande montagna con una base di circa un chilometro e caratterizzata da una spaccatura che la divide in due parti praticamente uguali. In questa spaccatura crescono ginestre, fieno selvatico e sterpaglie e ne mese di maggio la spaccatura sfoggia un color bianco intenso grazie alle Sassifraghe dei Pirenei. Il loco era anticamente abitato da camosci - da cui il nome Ciamoseira, ovvero “vi erano camosci” - ma oggi, dove possibile, vi pascolano le capre anche d’inverno, perché in questo posto la neve non si ferma mai. Ma non è solo per le bellezze naturali del luogo che questa zona è così famosa... Si dice che qui vi siano le streghe! La storia delle streghe ha inizio durante una notte del novembre del 1877. Durante quella notte, gli abitanti della sponda sinistra del Lys, rimasero esterrefatti vedendo il monte Ciamoseira illuminato a giorno da innumerevoli fuocherelli che correvano pazzamente: a volte si riunivano in gruppetti, a volte correvano in diverse direzioni, saltando, girando, come a creare una pazza giostra che illuminava il costone del monte. L’evento durò dalle dieci di sera alle



Ivan Pisoni

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lo sapevate che...


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ciare sull’Abetone lo si deve al signor Farina Cini, il quale arrivò nel 1904 all’albergo Cimone con due pezzi di legno ricurvi, regalatigli da un amico norvegese. Dopo innumerevoli capitomboli e fallimenti, il malcapitato apprendista sciatore rinunciò all’impresa e regalò i due rudimentali sci al proprietario dell’albergo, Pietro Ferrucci. Il Ferrucci, anch’egli dopo innumerevoli capitomboli, riuscì con tenacia a domare i due pezzi di legno, aiutandosi anche con dei bastoni e ben presto, seguito da altri spericolati, iniziò a scivolare sulla neve dell’Abetone.

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n Alto Adige c’è il museo più “alto” d’Europa. E’ il Messner Mountain Museum – MMM -, e si trova a Plan de Corones - fra la val Badia, la Valdaora e la val Pusteria - a ben 2.275 metri di altezza. Naturalmente dedicato al mondo dell’alpinismo e a una delle figure mondiali di spicco di questa disciplina, Reinhold Messner, il museo è situato al margine di uno dei più spettacolari e panoramici altopiani dell’Alto Adige. La vista mozzafiato offerta dall’edificio, progettato da Zaha Hadid, permette allo sguardo di spaziare in tutte e quattro le direzioni: dalle Dolomiti di Lienz a est fino all’Ortles a ovest, dalla Marmolada a sud fino alle Alpi della Zillertal a nord.

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imanendo in tema di “altezze”, il rifugio più “alto” delle Alpi è la Capanna Margherita. Appollaiato sulla Punta Gnifetti - 4.556 metri di altezza - del Monte Rosa, prende il nome nientemeno che dalla Regina Margherita di Savoia, la quale vi pernottò nel 1893, anno dell’inaugurazione. Ha una capacità di 70 posti letto in camere con letti a castello, è provvisto di sala bar, ristorante, illuminazione elettrica, wi-fi e persino di una biblioteca. Nel 2002 ha ottenuto la certificazione UNI EN ISO 14001, a sottolineare il minimo impatto ambientale. La capanna non è solo un rifugio per alpinisti, ma una vera e propria struttura che offre la possibilità di agevolare la ricerca scientifica negli ambienti ad alta quota.


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’Ente del Parco Nazionale del Gran Sasso ha dato vita all’Atlante online degli uccelli nidificati dell’omonimo parco. Grazie alla sua varietà di ambienti naturali, il parco è meta di pregio non solo per gli amanti di birdwatching, ma anche per coloro che si occupano professionalmente della ricerca nel contesto dell’avifauna. L’atlante online offre un database di grande importanza per conoscere presenza, densità e localizzazione delle specie che nidificano nel parco e di quelle che vi migrano, anche non nidificanti.

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paziando oltre i nostri passi montani ma rimanendo in tema di curiosità... forse non sapevate che... sulla neve ci sono le pulci! Sì, sulla neve ci sono le pulci. Sono chiamate “Isotoma saltans” e sono dei piccoli insetti di 3-4 millimetri così resistenti al freddo che possono sopravvivere anche sui ghiacciai. La pulce d’alta quota la si può trovare anche oltre i 6.000 metri, persino sull’Himalaya. Grazie a sostanze che abbassano il punto di congelamento dell’acqua nel suo corpo - simili all’antigelo che usiamo d’inverno per l’auto -, la pulce è in grado di preservare le sue cellule dalla formazione di cristalli di ghiaccio, ed è quindi resistente alle temperature sotto lo zero. Sfortunatamente per questi insetti, temperature “tropicali” sopra i 12 gradi possono, letteralmente, ucciderle per il caldo. Mangerete ancora la neve fresca dopo... aver saputo questo?

lo sapevate che... speciale montagna

no dei luoghi più spettacolari per il trekking montano italiano è in Sardegna. Il massiccio del Gennargentu, infatti, offre straordinari percorsi di trekking, veri e propri tracciati alpini. Su queste vette il contatto della natura è unico e selvaggio e si dice che sul Gennargentu, rimanendo in silenzio, si possa ascoltare il “respiro della terra”. Una destinazione da conoscere, per vivere a contatto con la natura e scoprire il volto inedito di una regione da sempre associata “solo” al mare.


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Recensione Tendere la mano alla natura Le voci del bosco di Mauro Corona

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a montagna si svela in tutta la sua segreta bellezza soltanto a chi è disposto ad accettarne le asprezze e i rigori, entrando in connessione personale con la natura nel suo stato originario. Forse nessuno, negli ultimi anni, ha incarnato lo spirito rude e profondo degli amanti delle vette rocciose come Mauro Corona. Nato nel 1950 a Baselga di Piné (Trento) e cresciuto a Erto (Pordenone) nella Valle del Vajont, Corona è molto più del filosofo grezzo dell’esilarante parodia di Maurizio Crozza, che ne ha sancito la popolarità nell’imma-

ginario collettivo. Segnato da un’infanzia travagliata per tragedie personali (l’abbandono della famiglia da parte della madre a causa delle violenze del marito) e collettive (la sua casa di Erto fu spazzata via dall’ondata del Vajont), iniziato fin da bambino alla passione per la caccia e l’arrampicata, nonché amante della letteratura russa e abile intagliatore di legno, Corona è un personaggio poliedrico e a tratti enigmatico. I suoi numerosi libri, alcuni dei quali diventati veri bestseller, sono intrisi del suo rapporto privilegiato con gli spazi naturali e le tradizioni dei paesi montani. “Le voci del bosco”, edito per la prima volta nel 1998 da Biblioteca dell’Immagine e ristampato anche da Mondadori, è una lettura da suggerire a chiunque voglia andare oltre alle spigolosità della roccia e alla fatica delle camminate in salita, per conoscere lo spirito vitale delle montagne. Nell’opera, illustrata dallo stesso autore, Corona introduce il lettore alla conoscenza dei boschi alpini, svelandogli come ogni elemento del creato abbia una sua voce e una sua personalità. Soprattutto gli alberi, soggetti privilegiati della narrazione, vengono resi protagonisti vitali dei quali viene descritto il carattere, intercettan-


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Giulio Tellarini

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done caratteristiche umane. Abeti, aceri e larici sono vecchie conoscenze dell’autore, che li presenta con la famigliarità che gli deriva da quarant’anni di silenziosi dialoghi intrattenuti con “loro”. “Le voci del bosco” non è soltanto una lettura piacevole, ma è soprattutto uno spunto per andare oltre alla narrazione, sperimentando in prima persona la relazione personale e intima che si può creare con la natura. Lo stesso Corona scrive che il rapporto con gli

altri esseri animati è personale, proprio come quello tra esseri umani, e che le caratteristiche che ciascuno attribuisce a un particolare albero scaturiscono da “motivi personali non scevri da una complicità che nasce da un’inconscia affinità di carattere”. Le sue parole sono dunque un invito a scoprire i borghi di montagna, a inoltrarsi nel loro territorio, a passeggiare nei boschi fermandosi a posare la mano sul tronco rugoso di un albero per fare la sua conoscenza.

Recensione


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