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Imperia Tognacci e Vincenzo Rossi, di Salvatore D’Ambrosio, pag

IMPERIA TOGNACCI

Sulla estetica poetica e simbolica di Vincenzo Rossi

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di Salvatore D’Ambrosio

C’ero anche io quel pomeriggio del 18 maggio 2014 a Cerro al Volturno, per l’intitolazione di una piazza del paese al poeta Vincenzo Rossi a pochi mesi dalla morte.

E c’ero con piacere e nello stesso tempo dispiacere, per aver conosciuto il poeta Rossi solo in quella, seppure, piacevole serata.

L’amministrazione comunale di Cerro al Volturno e tutto il Molise, voleva con questo gesto ricordare uno dei suoi figli più illustri e più tenacemente legati a quel territorio che nel 1924 gli diede i natali.

Eravamo un paio di amici poeti casertani che l’amico Antonio Crecchia, relatore in quella occasione sul percorso formativo e di vita di Vincenzo Rossi poeta, aveva voluto invitare per l’occasione.

La poetica del Rossi ci era nota e ci aveva sempre interessato per le tematiche fortemente legate a realtà dell’universo che, sembra strano, pare non siano tanto più di moda.

Si, in questi ultimi tempi ho letto anche cose scurrili, che pare debbano essere considerate poesia. Mi fermo per ora, in quanto si vuole parlare di altro.

E l’altro di cui voglio interessarmi è il lavoro fine e profondo che ha fatto Imperia Tognacci, intorno alla scrittura poetica di Vincenzo Rossi.

La Tognacci, nelle prime pagine del Capitolo I, dice che non ha mai conosciuto personalmente il Rossi, ma che questa mancanza non le ha impedito di conoscere in profondità l’interiorità e la vera essenza dell’uomo Rossi. Uomo che indissolubilmente si è legato alla Terra. E non mi riferisco solo a quella del dolce Molise della sua origine. La definisco “dolce” quella terra perché sono oltre quaranta anni che la frequento e posso dire che fortunatamente è rimasto ancora un posto che resiste. Un posto “dell’anima”, per dirla come si usa oggi.

Rossi impara ad amare l’universo sublimando l’amore per il suo Molise.

Nelle sue sillogi, ci dice la Tognacci, non esiste un filo conduttore, ma una unità tematica anche se divisa in parti. Le quali sono in simbiosi tra loro. L’uomo è immerso nel grande mistero dell’universo: non si può non amare un cane, un albero, la maestosità di una montagna o l’umiltà di una collina, disgiungendole tra loro. Chi ama l’uno, ama anche l’altro.

Mia madre maestra nel cucinare, diceva che le cose le venivano bene perché le faceva con amore. Noi ragazzi ci ridevamo nel pensare di dovere amare una zucchina o una melanzana.

Ma lei insisteva, facendoci capire che i frutti della natura ci sono stati dati per un grande atto d’amore, per cui era logico che noi li amassimo. Un alto concetto di simbiosi uomo-natura che, se tenuto nella giusta considerazione dagli uomini, porterebbe a vivere tutti in pace.

Concetto che sottolinea anche la Tognacci

nel capitolo IV, quando il Rossi si interroga sull’esistenza di Dio e sulla fine della vita.

Il lavoro della Tognacci si suddivide in sette capitoli, ognuno dei quali è come una piccola tessera di un puzzle che vuole rappresentare la poesia e la figura umana di Vincenzo Rossi.

La saggista conosce l’autenticità, l’impegno culturale, e possiamo anche dire la grande volontà di un giovane che non si rassegna a fare della sua vita un eterno guardiano di pecore, ma a cercare di ribaltare tutto passando dal lato della cultura, senza però dimenticare il legame forte, anzi fortissimo, che lo tiene radicato alla sua origine, alla sua terra, alle sue pecore, ai suoi alberi, alle sue montagne. Tutti doni della natura che gli parlano e che lui religiosamente ascolta.

Il suo è un ascolto profondo, non di superficie. È un ascolto che, come dice la Tognacci, è necessario per liberarsi dalle scorie del materialismo.

È nella gioventù che si radicano in noi concetti, filosofie di vita, sensi di libertà, di lettura autentica della vita, non mediati da false o improbabili quotidianità.

Rossi già nasce in certe responsabilità. Infatti, fino a quando non partirà per soldato, bada al gregge della sua famiglia. Condizione che non lo umilia, ma lo mette in contatto con quella vita reale dalla quale non riuscirà, anzi non vorrà, più disgiungersi.

Osserva il D’Episcopo, a tale proposito nella postfazione, che la sua vicenda esistenziale è tutta concentrata nel trovare convergenze, corrispondenze con il mondo, con l’universo, in una simbiosi bioetica.

Osserva la Tognacci che il fanciullino Vincenzo, qui pensato pascolianamente, intriso di silenzi e di suoni della natura, non dimenticherà mai i doni che essa gli ha dato e che connoteranno per questo l’estetica e il simbolismo dei suoi versi e dei suoi scritti.

L’altro aspetto, che la Tognacci rintraccia nei suoi versi, è la grande tendenza solidamente radicata in lui del rispetto degli animali, della terra, delle acque. Che diventano cose da rispettare al pari di un essere umano. Sono cose reali di un Creatore, che non ci vuole soli e infelici su questa terra.

La conoscenza della vasta opera del Rossi da parte della Tognacci, la porta quindi a riconoscervi aspetti filosofici legati all’uomo, al cosmo, all’etica. Che è fortissima in lui.

Ci dice la saggista, nel suo volumetto, che se nell’opera del Nostro si riscontrano, a livello letterario, una grande ricerca estetica, simbolica, escatologica, cosmologica, esse non sono fini a se stesse, ma servono a essere assimilate per rendere la presenza sulla terra dell’uomo Rossi e di tutti gli altri viventi, coerentemente in simbiosi con l’universo.

Anche la morte e il morire rappresentano per lui, una realizzazione di progetti eterni.

Mette ancora in evidenza la Tognacci, il pionieristico lamento dell’uomo poeta di fronte al progresso, che non è un male, ma che lo diventa se sopravanza le autentiche esigenze umane.

Non manca e non potrebbe essere altrimenti, la voce del poeta che cerca il più esaltante dei sentimenti: l’amore per la donna.

Ma anche nel versificare sul mondo femminile, il poeta trova affinità e somiglianze con la terra.

La fertilità della donna e quella della terra hanno lo stesso valore di perpetuare nel tempo frutti, cui un Dio ha destinato in un continuo rapporto. Quindi uomo, natura, Dio.

Ma va anche un poco oltre il poeta, dice la Tognacci. La creatività poetica è sublimata dalla passionalità, dall’attrazione, dal mistero del femminile. Dal piacere sotto ogni aspetto, che la sua visione e presenza sulla terra riesce a infondere.

Il volume non è ovviamente esaustivo, anche per la copiosa produzione del Rossi. Ma è una traccia importante e anche un modo per rivalutare un letterato che, come tanti altri, anche se di notevole spessore, sovente non trovano quella giusta e meritata collocazione.

Salvatore D’Ambrosio Imperia Tognacci, Volli, e volli sempre …,

La speculazione estetica e simbolica nella poesia di Vincenzo Rossi - Genesi editricesettembre 2021- pagg. 81 € 15,00

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