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POMEZIA-NOTIZIE

Ottobre 2021

Il Racconto

UNA FINESTRA di Anna Vincitorio

F

INESTRA aperta su uno spazio non commensurabile: colline, ulivi, una palma sulla destra in sofferenza per il caldo. Ancora un’altra estate in un tempo indefinito di attese. Orizzonte, ora limpido, ora velato. Poteva intravedersi il mare al confine. Sovrano il silenzio dell’uomo. Indistinto il brusio degli animali che non si vedono ma lanciano un richiamo raccolto dall’udito, non so quanto amico. Dalle travi brunite della stanza spunta la testa di un geco; silenzioso, viscido, freddo. Più allegra il brusio delle api anticipo dell’oro di un miele che verrà raccolto. Si allungano al tramonto le ombre sull’erba alta non ancora tagliata. Le altre finestre sono chiuse. La vita scorre all’interno: il quotidiano ma anche l’ignoto al calare dell’ombra. La donna teme il buio perché animato di ignote presenze. Non sono visibili ma le sente aggirarsi subdole. Figure sconosciute o del passato. Non hanno volto. Si allungano in spazi vuoti. Lontano, il fischio di un treno. Dove andrà? Gli occhi inseguono figure che non hanno volto. Manichini senza orbite si spalancano su angosce non definibili ma non per questo meno inquietanti. Si delinea un tempo remoto di fantasmi che risalgono all’origine dell’uomo. Non si vedono ma se ne avverte la presenza. Affiora il lontano ricordo di un incubo in cui enormi ragni neri correvano lungo il muro. Archetipi del suo inconscio. La donna non può che aspettare il buio. Resta l’enigma dell’ora sull’orologio dimenticato fermo alle 13. Sono trascorsi ben quarantasette anni da quando una vita si spezzò all’improvviso. Quello sguardo glauco, vitreo nella fissità della morte. Forse sarebbe meglio poter dormire, ma lo spazio sarà per i sogni o per gl’incubi? C’è in lei una sensazione di solitudine ma anche, nelle enigmatiche ombre che l’avvolgono,

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una pacata gaiezza. Rivede con la memoria i campi arati, le stoppie affogate nel sole; grida di bimbi inseguiti dalle oche con le manine alzate. Forse è meglio chiudere le persiane. I pochi mobili, nella loro immobilità, appaiono come pietrificati. La casa, al calare del buio, le diventa estranea. Fuori, il tutto e il nulla. L’infinito è mistero. Il suo spirito è predisposto a riandare alle acqueforti di Klinger e a una presa di coscienza dell’eternità e del tempo che si ferma. Studi di un tempo lontano: Zarathustra di Nietzsche. La solitudine anche se colma del fascino dell’indefinito, diventa opprimente se al silenzio si aggiungono le ombre. È la predisposizione d’animo a rendere le ombre liete o angoscianti. Un bilancio della propria vita; alternanza di ricordi; l’inconfondibile blu di mari lontani, cattedrali barocche sorte sul nulla, il ritmico danzare dei dervisci nell’immaginario di spazi senza confini. Però, con chi condividere le sensazioni e i ricordi? Ha intorno a sé oggetti di un passato diluito dal tempo ma presenti. Una fine coperta ricamata con fili di lino e angeli che si tengono per mano. Una zia mai conosciuta la ricamò per le sue nozze. Non fu mai usata per la sua morte tragica e precoce. Ancora… un quadro dipinto dalla figlia bambina: un’allegra processione di figure colorate verso chissà quali sogni. Davanti ai suoi occhi una enorme pergola verdissima diffonde fresche ombre. Osserva una tavola al di sotto e, con gli occhi del ricordo, vede una cena cristallizzata nel tempo e un uomo ai confini della vita che abbracciava con gli occhi i presenti. Complice un tramonto dai lunghi caldi colori. Una telefonata al mattino. Un invito per andare a Pisa. Nel caldo ventoso è festa e sul Lungarno si affaccia il Palazzo Blu svettante di bandiere. – Mostra di Giorgio De Chirico – Prendono corpo le visioni della notte: “Sulle piazze quadrate le ombre si allungano nel loro enigma matematico: dietro i muri le torri insensate appaiono coperte di piccoli drappi dai


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