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Le tante virtù del nostro tempo, di Leonardo Selvaggi, pag

LE TANTE VIRTÙ

DEL NOSTRO TEMPO

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di Leonardo Selvaggi

L

I A superbia, la radice di tutte le iniquità, alimenta tutti i vizi, la forza che trascina a tutti i delitti, il nodo e la trama di tutte le tragedie della storia. È un desiderio disordinato d’innalzamento, è una stima eccessivamente grande delle nostre qualità, è un volere andare più oltre di quello che permettono le forze, i propri meriti. Un voler occupare i primi posti nella gerarchia. Si è nel pieno del materialismo: l’eternità della materia, il moto che nasce dall’inerzia, la vita che sorge dall’inanimato. Non si crede alla Provvidenza. Si vive in una solitudine sdegnosa, si hanno gli occhi e non si vede nulla. Ci si appropria di quello che non spetta. Le virtù vengono dall’educazione, dal lavoro, dall’affinamento delle azioni. L’aforisma “conosci te stesso” ci porta a considerare la nostra vera natura, a non essere orgogliosi, non dobbiamo essere convinti di essere quello che in realtà non siamo. Dobbiamo misurare le proprie forze in relazione agli esempi edificanti lasciatici dalle persone dedite al Bene. Il disordinato amore di sé fa vedere a ciascuno con lenti di ingrandimento la propria grandezza, nascondendo le imperfezioni. L’uomo più vacuo di meriti è quello che più si esalta e si inorgoglisce. La stima esagerata che l’orgoglio si attribuisce è funesta, non si pensa a correggersi perché non si conoscono le mancanze che si hanno. Il superbo costruisce su mobile arena l’edificio delle sue aspirazioni, trascina a sicuro naufragio il suo ottimismo. Come Icaro che con le ali di cera aveva la presunzione di arrivare al sole. Nemico del prossimo è il superbo, attribuendosi singolarità al di sopra di tutti. Bisogna far uso della propria azione a beneficio degli altri. Non si conosce la natura propria, fatta di miserie, di temporaneità, di sostanza corruttibile. I difetti, le limitazioni e le tristezze della vita. Il superbo crede di aver tutto meritato. Ha desideri insaziabili, pretendendo innalzamenti impossibili. Dominato da passioni sterili, inutili che si consumano in aspirazioni disordinate. Più si affanna ad acquistar benevolenze, più le antipatie perseguitano. Gli altri si disprezzano ricevendo in contraccambio indifferenza, sdegno. Si vela di falsa modestia, al minimo urto di contraddizione la superbia si accende, l’orgoglio è tutto coperto di spine, nessuno gli si avvicina. Non chiede consiglio a nessuno perché sarebbe ciò umiliazione. Si crede sufficiente a se stesso, fuori di sé tutto considera nulla. Non concepisce amicizia né dialogo né collaborazione. Cieco nell’intelletto, ostinato nella volontà. La sua intelligenza è creduta superiore, non sottomette a nessuno il suo giudizio. Ogni tipo di opposizione lo irrita, pronto a ribellarsi alle norme, a disprezzare le tradizioni, a disconoscere le convenienze pubbliche, i costumi più confacenti alla dignità dell’uomo. Esaltato non conosce superiorità, non sa di finire, non sa di essere polvere e cenere, la fragilità ha giorni contati, la bellezza sfiorisce subito. L’uomo, ombra vana, creatura vilissima, nata tra i dolori e le lacrime.

II

Non va rifiutata la stima alle cariche tenute, ciò è necessario per disimpegnarle con effetti positivi. Quanto maggiore sarà il prestigio tanto più facile sarà l’apprezzamento dell’elettorato. L’ambizioso se è dotato e tende a migliorarsi, il suo desiderio di eccellere, di ascendere nella scala sociale è un fatto naturale. Da ciò nasce lo spirito di emulazione. Ottima cosa è acquisire preparazione e virtù per sostenere gli impegni assunti, cooperando con questi al bene del prossimo. Arrabattarsi per conseguire posti senza le dovute capacità, con ansia smodata, costituisce il vizio dell’ambizione che è figlia della superbia. Chi ha un posto che non compete è semplicemente un intruso, aspira ad onori cui non è preparato, sarà piuttosto nocivo agli altri. Occorre un animo virtuoso, umiltà, considerarsi incapaci per le mansioni che si debbono svolgere, le imperfezioni fanno temere quando si hanno impegni di governo.

Con responsabilità che aumenta quando l’ufficio cui si è destinati è di notevole importanza. Chi comanda è oberato di lavoro, non deve perdersi in futili parole. Chi è il primo negli onori ha poco tempo per sollazzarsi. È semplicemente il servitore di tutti. Chi si insuperbisce cade nei vizi. Le alte cariche sono accompagnate da tanta fatica e tanti pericoli. Non si pensa alla propria vanità, ma al bene pubblico. Democrazia significa occupazione continua, diverso da demagogia, fatta di promesse vacue. Si lavora in silenzio, senza essere incensati né adulati. Non il servilismo attorno, ma cittadini rappresentati degnamente da parlamentari capaci, dotati di perseverante abnegazione. L’ambizioso puro, riempito di vuotaggini, senza intelligenza e amore per il popolo si lascia abbagliare dallo splendore delle grandezze umane, ha desiderio insaziabile di primeggiare. Prima di accettarli occorre essere coscienti degli oneri. Di vanità ce n’è tanta, si pensa a salire soltanto, come dominati da cieca follia. Si aspira a tutto, ci si crede capaci di tutto, per egoismo si vuole sempre conseguire. Come Sisifo combattuto dalle pretensioni, ogni volta che la pietra rotola in basso, torna a salire carico di essa per essere sempre disingannato. Non si ha paura di essere disprezzati, ci si ostina di riuscirci senza avere le forze necessarie, non importa di cadere pestati, di essere malvisti per la propria impotenza. Di mania di grandezza molti soffrono nel nostro tempo, si rendono temibili, il fatto di arrivarci prende tutto se stessi. L’idea dominante è superare, si abbandonano a stravaganze, in continua agitazione. L’ambizione se non è sorretta da idealità e da sensibile trasporto verso l’azione benefica è un’infermità, molti arrivano alle aberrazioni immaginando di avere attitudini speciali. Pretese smodate. Presi da invidia studiano il carattere degli altri per trovare difetti, inventano mancanze quando non ci sono. C’è la corsa a raggiungere i posti elevati, si guerreggia, si va all’assalto con tutti i mezzi subdoli, con trappole e agguati per distruggere il nemico delle proprie mete. Con l’adulazione si cerca di piacere alla persona dalla quale si attendono favori, non si temono abbattimenti, ci si trascina pure nella polvere. L’ambizioso esalta quelli che disprezza, serve chi più odia. Con l’ipocrisia ha mille facce, è un violento, davvero un “lupus homini lupus”, vive un’eterna contraddizione tra quello che è e quello che cerca di parere.

III

Il nostro tempo tanto ricco di paradossi. Il peccato è un merito, la forza fisica pare sia sublimità spirituale. Ci si assoggetta a tutti, non si ha dignità. C’è della brutalità contro ogni senso del giusto e dell’umano. Le doti morali, la consapevolezza di sé, il senso di responsabilità sono frantumati. Apparenza, inganno. Molti politici rissosi, come bestie si contrappongono. Vanità da prime donne, lusingatori in vesti eleganti, esercitano fascino, attrazioni, aspetti da imbonitori. Il popolo vive sempre abbandonato, i mutamenti sono illusori. Il parlamentare che è suo rappresentante si esalta nella sua inutilità, non ha la sensibilità che lo fa muovere con modi semplici, adoperandosi con assiduità, studio, passione politica. Gli avversari in pubblico sono pestati, ma fuori rimangono uniti, sono dei miseri che hanno bisogno di vicendevole sostegno. Sono senza consistenza tanti politici, vuoti, senza oratoria e senza idee. Non hanno pensieri e progetti per attuare i programmi necessari alla vita sociale. Molti passano da una attività all’altra spinti sempre da quel virus che corrode e infiamma tutta l’anima, l’ambizione, hanno aspetti duri, nessuna nobiltà d’animo. Falsi propositi che sfumano come bolle d’aria. Non c’è applicazione né entusiasmo ad agire per lo Stato. Ottengono gli onori, ma non l’onere, si presentano carichi di ideali e non hanno spiritualità per animarli. Rozzi, impaludati, emolumenti facili che non si sanno da dove arrivano. Benessere per le avide voglie. In mezzo alle onoranze appaiono disonorati. La bassezza dei loro principi li pone in cattiva considerazione nell’opinione pubblica. Fanno numero

nell’assemblea, gridano, ma non hanno uditorio. L’ambizioso davanti alle cariche mostra la sua debolezza. Confuso nella massa, i difetti si nascondono. I vizi che oggi appaiono virtù si incrociano. Gli inferiori guardano con invidia, gli uguali con sdegno davanti alle ambizioni, i più alti con timore. Gli esaltati sempre insoddisfatti, nemici del pubblico, usurpatori di beni materiali, privi di senso di uguaglianza e di giustizia, di umanità e di perseveranza per mirare alla realizzazione del bene comune.

IV

Nel nostro tempo avido, senza affetti, egoista, tecnologico, alienato, l’ambizione domina ampiamente, attratta dalle cariche pubbliche e sostenuta da illusioni che il popolo vive, considerandosi detentore di sovranità. L’ambizione troneggia sopra le aspettative di benessere, di cambiamenti, di riforme che mai si fanno. Non si concepiscono sacrifici e dedizioni né virtù né onore. La politica ha tanto malcostume, tanta confusione e dispendio di denaro. Si vive di diffidenze, di sospetti, gli uni contro gli altri, le discordie e le invidie tra i partiti: un ambiente battagliato ove di rado si riesce ad essere decisi e unitari, guidati dal buon senso e dalla volontà di operare. La modernità con i suoi sviluppi in tutti i settori ha apportato mutamenti nei rapporti sociali, ha conseguito ai più astuti di migliorare le proprie condizioni di vita. Si è allargato il senso di sopraffazione, si gareggia a chi riesce di più a raggiungere posizioni di maggior peso e arricchimenti. Nell’ambiente politico un libero movimento che sa di anarchia, apre la strada all’arrivismo. Un egocentrismo diffuso, i più dotati nel saper fare con audacia e ostinazione hanno quello che si vuole per vie tortuose e sotterfugi. L’istintivismo più agguerrito ha fatto crescere l’amor proprio e tutte le passioni più deplorevoli. Superbia e avarizia sono modi di essere apprezzabili. Chi ancora è semplice e schietto e crede alla coerenza e all’onorabilità della persona, alla dignità passa per retrogrado e incapace. Arroganza e presunzione, i requisiti che fanno essere appariscenti, estrosi. Non si ha scrupolo a possedere quello che agli altri in qualche maniera appartiene. Le leggi sono frammentate, spesso vengono formulate da isolati gruppi che influiscono sulla maggioranza e riescono a sostenere i propri interessi. Espressione di partitocrazia, non di ampi consensi e di basi omogenee di collaborazione a vantaggio della comunità intera. Si difendono i privilegi contro i più elementari sentimenti umani e i principi essenziali della razionalità. L’amor proprio esasperato, la fonte di queste novelle virtù. Tutto sbocca nell’ingordigia, nell’esagerata smania di avere quanto più possibile per dissiparlo nelle piacevolezze, a dispetto dei miseri e delle sofferenze di ogni tipo. Tanta violenza e inganni per sottrarre denaro pubblico. Si parla di tangenti, di truffe, di bancarotta. L’avarizia si camuffa sotto il manto del giusto, della previdenza, della parsimonia. Denaro da estorsioni come fosse venuto fuori da spirito di risparmio, da sacrifici affrontati durante una vita di dure fatiche. Amministrazioni di complessi industriali, di enti regionali non controllate che hanno dato possibilità di illeciti. Primari ospedalieri, alti funzionari dello Stato con cecità diabolica, senza decoro e rispetto della serietà delle funzioni attribuite, protagonisti protervi di appropriazioni. L’oro nella testa, tutto quello che passa sotto le loro mani. Il cuore si pietrifica, freddo, duro, metallizzato.

V

I rappresentanti dell’ordine pubblico anch’essi carichi di vizi, di indolenza, arroganti, privi di dignità umana, non coscienti dell’alto dovere cui debbono attendere durante le operazioni che sono necessarie alla salvaguardia della sicurezza del cittadino. Assoldati alla rinfusa, senza preparazione e istruzione adeguata. Il cittadino onesto maltrattato. Sono timorosi e sfuggenti davanti ai violenti. Arruolati e messi davanti al truogolo per sfamarsi. Per delicati compiti nessuna inclinazione, presi dalle campagne e dai paesi più arretrati, hanno l’aspetto duro e rozzo,

come tronchi insensibili, tanta arroganza e vanità nel nome della legge, massacrata, pestata nei suoi principi da questi cosiddetti servitori dello Stato. Tanta paura se si gira di notte per la città, non trovi protezione, ti inoltri come in una giungla, è facile rimanere intrappolato. Pubblici ufficiali pronti con le manette, senza cognizioni e razionalità messi a guidare e a morigerare il consorzio civile. Nel Senato della Repubblica è arrivata la cocaina per storditi, incartapecoriti esperti di legislazione. Case squillo, denaro a profusione e lussuria per zoticoni calciatori, visti come divi. Studentesse che abortiscono, appassionate di sesso in aule trasformate in luoghi di fornicazione. Ragazze conviventi, tra comodità e carezze materne tutte dedite alle perversioni. L’avarizia, l’insaziabilità sono contro il senso del moderato. Felice chi si contenta di poco. L’avaro si dimentica di godere del proprio, pensa di acquistare sempre, è servo di quello che possiede. È un uomo che non conosce ciò che basta. Se ciascuno prendesse solo l’indispensabile per provvedere alla propria esistenza e lasciasse il superfluo non si avrebbe né ricco né povero. Quello che va oltre il necessario non è suo, è di chi ha bisogno di essere soccorso. L’aridità di chi è insoddisfatto. La vera ricchezza quella dell’animo sofferto. I beni terreni servono solo quando si usano, la parte che non corrisponde alle necessità vale molto quando viene distribuita. L’oro è tanto sdrucciolevole che mettendo il piede sopra l’uomo facilmente scivola e precipita. Il consumismo, il disamore verso gli oggetti, la corsa ai divertimenti, le macchine, tutti i mezzi meccanici usati con sregolatezza comprimono le facoltà umane, portano al materialismo eccessivo, ai processi di massificazione, ai camuffamenti, alle deformazioni, all’anonimato. Tante le manifestazioni svirilizzanti, si assiste ad una specie di progressivo svuotamento di ciò che costituisce l’essenzialità della nostra natura. Un disordine e un disorientamento dentro la struttura razionale. La modernità nelle sue aberrazioni genera incentivi di corruzione. Mollezza e temperamenti snervati si uniscono a inettitudini. Adulteri, trasgressività, l’aumento dei divorzi senza limiti.

VI La sensualità la vedi infiltrarsi e farsi importuna, inquietando e molestando anche le occupazioni in cui l’impegno e l’applicazione avrebbero piena espressione. Famiglie sconquassate, senza quella unitarietà che crea affetti e modi di vivere ordinati, la figliolanza sperduta, gran parte dei rapporti coniugali sono in stato di scompiglio. Pare sia venuto meno il senso della saggezza e della misura. Si è ribelli e rissosi, immorali. Libertinaggio, disamore in case divenute semideserte, ammorbate. Solitudine e smania di divagazioni. Il piacere materiale conseguente alla insoddisfazione degli animi. Non si è comunicativi, dispersivi soltanto, dissolti. I vincoli sono labili, si è sordi alla voce della parentela, le leggi della fedeltà promessa spesso violata, calpestata la gratitudine, la coerenza, dimenticati l’onore e la reputazione. Il materialismo invade con il progresso cosiddetto civile, i vizi, le turpitudini occupano i vuoti della mente. Gli aspetti esteriori hanno in gran parte una presenza indecorosa, poco riguardo alle forme e convenzioni sociali. La sensatezza non pare viva molto negli atteggiamenti, ma piuttosto una rozzezza selvatica. Il cuore umano si ha l’impressione che tenda a svuotarsi di tutti quei contenuti che fanno la vita lieta e serena. Tanta agitazione, inquietudine, non si sa cosa si vuole. Dominano, se si osserva bene, instabilità e velleità capricciose. Dolcezza e gentili tratti sul viso si leggono poco, si è stesa una specie di patina che soffoca il respiro alla pelle, come a tutto il corpo. Un turbamento sparso. Non parliamo di freschezza e di candore, tante le espressioni rudi e avvizzite. Si manifestano la sete di godere i momenti di gaudio che fanno fremere la persona, il torpore che si accompagna all’impuro. Ci si maltratta nei ritmi di questo tempo disordinato, stanchi e delusi, non ci si

ama, astio e malumori, le forze sembrano finite. Come dispersi i desolati rimasti impigliati nel frascame dopo gli affetti spezzati. Desideri indefiniti serpeggiano nell’intimo. Altra confusione viene dalla tanta emigrazione incontrollata dall’Est, ad infestare con la voracità delle cavallette terreni malsani, acquitrinosi. Insetti, sprovveduti a caterve arrivano affamati da terre infelici, volontà irretite che scoppiano, presi da voluttà di guadagni immediati. Nel passato dal consumismo tenuti rinserrati in maglie politiche dispotiche, mai avvezzi a intraprese, senza individualità sviluppate. Senza sofferenze e privi di comprensione umana. In quantità massicce donne romene come rosse soldatesse, senza ritegno, mercenarie, si adattano a tutte le condizioni, in sovraffollamento promiscuo. Chiamate da famiglie con malati, da vecchi abbandonati. Divorziate lontane da mariti dediti all’acquavite. Alleviano inibizioni, frustrazioni, sconvolgimenti morali.

VII Impressione di abbandono e fuga da ogni attenzione esforzo di tenere alla meglio amalgamato l’ambiente quotidiano che ci è attorno. Nelle città di grande agglomerazione si sta come in uno stato di provvisorietà. Lo spazio, l’anonimato. Il sozzo che sa di lussuria. Si disertano gli affetti legalizzati e si prediligono quegli temporanei che si infiammano per lasciare cenere e delusioni. Si vuole il nuovo, l’imprevisto, l’avventura, il monotono del matrimonio fa morire. Si intrecciano rapporti sessuali negli ambienti di lavoro, oggi di sicuro più frequenti di una volta. Il denaro abbondante porta alla ricerca di godimenti peregrini. La mente eccitata desidera intensità che sfibrano e lasciano debilitati. Munti e rimunti corpi flaccidi, mortificati. Anche gli ambienti di alti funzionari denarosi sovraccarichi di brillantezze e di sfarzo si fanno prendere in questi turbolenti movimenti dell’illecito. Nauseati, tediati trascorrono nottate di baldorie per sperdersi e annullarsi in momenti di stravaganze e di bizzarrie. Distruggono patrimoni ed energie. Macchiato l’onore, inaridito il cuore, amareggiata l’anima, gli stupefacenti spremono quei pochi umori rimasti in membra insecchite. I prati della lussuria costituiscono in tanti luoghi spiagge incantevoli per menti disordinate in cerca di futilità che sono soltanto spine, felicità evanescenti. Ottenebramenti che pestano le vitalità connaturate. La lussuria che scorre con fantomatico fluido, che annebbia dentro miasmi e vapori nocivi. La lussuria, concupiscenza avvolgente e intorbidante produce un effetto simile a quello della lussazione delle membra del corpo, le disloca, le perturba nel loro funzionamento, ne impedisce lo sviluppo, le rende inutili per la vita spirituale. Il nostro tempo, con le evoluzioni e il senso del civile allargato in modo falso, ha continuato a creare fratture negli strati della società. Le nuove virtù si sono proliferate fra gli ambienti. Il vizio sempre qui attecchisce. La modernità, gli sviluppi tecnologici dovrebbero portare benessere anche se in parte limitata nei luoghi ove langue il bisogno. I ricchi e quelli che sanno manovrare gli ingranaggi delle strutture sociali il fango e il turpe li maneggiano con l’oro. Chi più si dà alle infrazioni, ai peccati viene esaltato e si fa degna persona. L’uomo rozzo, ingordo, pieno di denaro, ad eccezione di chi pur attorniato da ricchezze se ne rende superiore, non vede le cose divine, i sentimenti, non ha la volontà agguerrita. Lo sguardo non è rivolto al cielo, s’infossa, non può sostenere gli splendori del sole. Il viziato, l’avaro, il superbo perdono l’aspetto umano, andando per le esagerazioni e gli eccessi, fuori dalle norme naturali. Oggi si vuole che la virtù non esista, la coscienza è considerata un nome, la morale un fantasma, il rimorso un’illusione, il materialismo vede l’uomo costituito di terra organizzata. L’individuo è un malevolo, devi sempre nasconderti per non subire i suoi assalti. Devi farti vedere nelle lacrime e nei patimenti per non accenderlo nella sua violenza e vederlo addosso con le sue maledizioni. Vanno punite e disonorate le lubricità e le sfrenatezze di ogni tipo. La virtù dell’uomo non si avvolge di nebbia, è brillantezza e si muove con le forze dell’equilibrio e della misura. Tutto ciò che è lecito danneggia il prossimo, è

uno strumento che tende a distruggere le strutture sane della società. Il buon esempio, le tradizioni di morigeratezza il più delle volte non vengono rispettati. Il licenzioso, l’egoista esasperato, il violento non ascoltano le buone espressioni, quelle che conducono alla salute dell’anima, ad essere sensibili e umani. Le prediche non servono al letargo morale. Si parla al muro, al vento, si fugge, non si ascolta. Non si vogliono né il dialogo né il confronto. La coscienza rimane compressa, gli echi che si innalzano da essa vengono assopiti e affogati col rumore e la gazzarra. Quando sprofonda nei gravi abusi, rimane oltraggiata l’autentica natura umana.

Leonardo Selvaggi

TEMPO SENZA TEMPO

Erano gli alberi giganti con un solo piede, era tempo di trecce di pampini e di messi nel biondo meriggio, era cielo di promesse e il pianto lacrime beate, era assolata fanciullezza, era tempo senza tempo.

Rocco Cambareri

Da Veri scelti, Guido Miano Editore, 1983

AALLELUIA! AALLELUIA! ALLELUUIAAA!

7/9/2021 Francesco Grillo, su Il Messaggero del 7 settembre 2021 rispolvera una vexsata quaestio: far sì che i Comuni abbiano la “capacità di dialogo con l’Unione Europea non più intermediata dalle Regioni”. Alleluia! Alleluia! Non basta più uno Stato frantumato in regioni, province, comuni e circoscrizioni, ognuno con una enorme quantità di poteri, spesso fra loro contrastanti; ora pure, ai Comuni, competenze con l’Estero! Per accrescere bailamme e marasma?

Domenico Defelice

In libreria, ma acquistabile anche in Internet:

Un libro, firmato Domenico Defelice, dal fascino singolare: da una parte la scrittura del noto personaggio (…), dall’altra le opere di uno straordinario autore, Domenico Antonio Tripodi, definito fin dalla copertina “Pittore dell’anima” (…) Le pagine sono ricche di testimonianze pittoriche di vario tipo tutte lasciano pensosi per la naturalezza della struttura umana e animale rappresentata, in qualunque posizione essa sia, statica o in movimento (…). Realistiche trova, il critico, le immagini pittoriche (centocinquanta pezzi) che rappresentano alcuni personaggi descritti da Dante nella “Divina Commedia”. Di questi, perfettamente realizzati, ne vengono citati diversi, vedi Manfredi, Beatrice, Ulisse”…

Anna Aita

Su Fiorisce un cenacolo, aprile-giugno 2021.

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