Pomezia Notizie 2021_10

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Ottobre 2021

LAVORO DA REMOTO TEMA DI GRANDE ATTUALITÀ di Domenico Defelice ON il rientro dalle ferie e l’apertura delle attività lavorative pubbliche e private si è riacceso il dibattito sul lavoro da remoto: servirsene massicciamente come è stato fatto in questi mesi di pandemia; ridurlo nei limiti indispensabili o eliminarlo del tutto? Il dibattito è necessario, perché il lavoro da remoto non può continuare ad essere senza regole, lasciato completamente alla discrezionalità dei datori di lavoro, siano essi i privati o l’amministrazione pubblica. La società in questi ultimi anni è radicalmente mutata e non soltanto a causa del maledetto virus che ha messo il ginocchio il mondo intero; però è per sua causa che l’utilizzazione del lavoro da remoto ha avuto un’accelerazione impensata; così, oggi esso è più che mai necessario, non va affatto eliminato e ha bisogno di normative urgenti e valide erga omnes. Va, intanto, indicata la percentuale dei dipendenti, specialmente pubblici, che potrà servirsi di tale forma di lavoro in quanto, in molti casi e in determinate situazioni, non si può ancora fare a meno dei lavoratori in presenza. Non dovrà più essere tollerato ciò che si è fatto finora e che, cioè, si debba lavorare seduti a una tastiera senza orari ben precisi e senza regole certe. Occorre stabilire se si potrà lavorare da remoto anche da luoghi assai distanti da quelli in cui hanno sede le aziende e se è da escludere l’Estero sempre o solo in ben specificati casi. Tutti i luoghi, comunque, debbono rispondere a una connessione perfetta. Il lavoratore da remoto deve godere di flessibilità e di orari simili a quelli in presenza (inizio uguale in presenza e da remoto; se, la pausa mensa in presenza è alle tredici, alle tredici dovrà essere pure quella del lavoratore da remoto; se ci sono altri stacchi normati nel lavoro in presenza, devono esserci anche in

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quello da remoto; chi lavora da remoto, insomma, deve farlo tale e quale fosse in presenza), eliminando, così, il marasma attuale, che ha fatto del lavoratore da remoto un vero e proprio schiavo, incollato al computer dall’alba al tramonto, a discrezionalità dell’azienda. Stabilire che i primi ad essere autorizzati a lavorare da remoto siano i dipendenti con bambini fino a una certa età, chi è portatore di handicap e chi ha familiari in situazione grave, da accudire. I buoni pasto dovrebbero essere in parte confermati, perché anche il lavoratore da remoto ha l’esigenza di pause e nutrirsi. Il salario non potrà venire decurtato se non delle eventuali aggiunte che l’azienda oggi concede per i viaggi; il lavoratore da remoto continua ad avere costi, tra cui, per esempio, un ambiente attrezzato, gli apparecchi, l’energia (solamente dal luglio 2021, la bolletta elettrica ha avuto un rincaro del 9,9% - quella del gas, addirittura, del 15,3% -, meno, comunque, del previsto, giacché il Governo è intervenuto per calmierare con 1,2 miliardi di euro)); occorre comprendere che, in parte, la casa del lavoratore da remoto si trasforma in una vera e propria dipendenza dell’azienda. Va inserito il diritto alla disconnessione e indicate le fasce di reperibilità. In pratica, il lavoro da remoto deve continuare a seguire quello in presenza, perché anche in tal caso si ha bisogno di stacchi (oggi, in certi momenti e situazioni, non si riesce neppure ad andare in bagno!). Si discute su di una fascia di inoperabilità che vada almeno dalle dieci di sera alle sei di mattina. Non basta. L’orario di lavoro da remoto deve seguire in fotocopia quello in presenza, con inizi e stacchi alle stesse ore, e ciò anche nell’interesse dell’azienda, altrimenti rimarrà l’agio alle discrezionalità sia da parte del lavoratore che dell’azienda. Bene eliminare l’indennità di trasferta, ma non sempre quella dello straordinario: se si fa lo stesso orario in presenza e da remoto è giusto che anche lo straordinario abbia le stesse regole. A monte di tutto ciò, c’è un problema che


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