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rio (Relativo ai misteri, di Lucia Lascialfari, pag

ritrovarelecosesemplici efondamentali della vita. Ad esempio, prendersi per mano, un gesto umano, ma significativo che indica vicinanza, affetto e che fa capire all’altro quanto sia importante.

Mano nella mano, un’unione solida che si basa sull’amore che può essere tra mamma e figlio, tra duefratelli,tradueamiche,traunuomoeunadonna.

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Prendendo la mano dell’ipotetica interlocutrice, il poetavuoleseguireisuoipensieri,dandoleforzaeimmaginareivoltidellepersonechehaamatoecheprobabilmente non ci sono più a causa del coronavirus.

Vorrebbeascoltare lesuepaure e lecosenon dette perché basterebbe prendersi/ per mano/ senza entrare nella vita/ così/ come due foglie che il vento ha avvicinato/ così/ come due foglie che un attimo ha disperso.

Lo stile semplice e asciutto, senza punteggiatura dà risonanza ai contenuti così delicati, così umani, velati da una lieve amarezza.

L’autorehasaputorestituire,senzafalsiorpelli,l’atmosferadiunperiodoquasiinverosimileperilgenere umanoedicuiancora ce ne chiediamo il motivo.

Zaniboni, laureato in Medicina alla Sapienza di Roma, vive e lavora a Lecco. Tra le sue opere: “Il foulard rosso”, “Coriandoli di pietra”, “Proxima del Centauro”, “Mathema”, “Gioco tondo”, “Hypenerotomachia”, “L’ultima Yale” e “Poi si vive”.

Non tutto è oro, ma anche l’ombra è utile a dare risalto alle luci,affermaZaniboniecontinua, il valore della poesia come arte è in grado di evidenziare l’origine divina dell’uomo e di elevarlo dalla ferinità.

Manuela Mazzola

LEONARDO SELVAGGI

LA COSTANTE LUNARE E SPIRITUALE NELL’ARS POETICA DI ISABELLA MICHELA AFFINITO

Edizioni EVA, 2005, Pagg 23, € 4,00

Il breve saggio di Leonardo Selvaggi è un’interpretazionedell’artepoeticadi Isabella Michela Affinito con due poesie dello stesso, dedicate proprio all’autrice: Il viso della luna e Notturno canto.

La costante lunare nell’ispirazione poetica è presenteinmoltiautori.Chinonsièmaifermatoaguardare la luna affascinato dalla sua luce argentea, dai suoimovimentiedallamisteriosafacciachenessuno può vedere. Forse proprio per questo il suo mistero ha saputo ispirare molti poeti, che nella loro solitudine notturna si sono aggrappati alla Casta diva.

“Guardare la luna è/ anticipare una poesia/ nell’astrattezza del cosmo […] La luna è dei poeti,/ solo se essi riescono ad/ enumerare le sue/ mutevolezze”.

Selvaggi fa un’attenta disamina sul rapporto della poetessa con la luna: “In punta di piedi, per entro i velami del silenzio si muove Isabella Michela Affinito,per angoli reconditi,dietro voci impercettibili”.

Non c’è solo la luna, però, nei versi colmi di eccitazione e ansia, mossi da ritmi estrosi e densi di parole raffinate, è presente anche l’amore per la Natura,perlapitturaattraverso grandi artisticomeModigliani, Raffaello, Van Gogh, Gauguin. Nelle sue liriche c’è un profondo legame tra parola, poesia, arte e Natura che si tramuta nell’espressione di una spiritualità libera e raffinata.

Scrivel’Affinitonell’introduzione:“E’verochela costante lunare e di conseguenza anche quella spirituale sono ben inserite e palpabili nei versi che mi appartengono, ma è anche vero che restano incessantiperchémiripropongodinonfarliscivolareladdove inizia il mio disinteresse, ad esempio, per una versificazione troppo concreta”.

Leonardo Selvaggi èuno scrittore, poeta, saggista, antologista e collaboratore di importanti testate editoriali; dal 1955 ha pubblicato numerose opere in prosaepoesia.Nel1988ilCentroStudi“MarioPannunzio” gli ha assegnato il Premio Speciale del Presidente della Repubblica Italiana e il 2 giugno 1989 gli è stata conferita l’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine“Almerito della Repubblica Italiana per la letteratura”.

Dalla realtà estrema di mali e barriere/ vado con la luna per tutte le strade/ del mondo, leggo i pensieri della gente./ Accese le passioni dell’arte, le poesie,/ inespresse si destano germogli floridi, così Selvaggi, tra i suoi versi, incarna l’idealeimmaginario suscitato in lui dalla lettura delle opere dell’Affinito.

Manuela Mazzola

LUCIA LASCIALFARI

RELATIVO AI MISTERI

Porto Seguro, Firenze, 2021.

Piacevole e curiosa si è rivelata essere la lettura del nuovo libro di poesie della fiorentina Lucia Lascialfari che, dopo Sandali azzurri (Ladolfi, 2014), ha pubblicato con i tipi di Porto Seguro il volume Relativo ai misteri. Titolo che, così, d’emblée, in qualche modo stupisce e ci trova impreparati. Sembrerebbe quasi una sorta di risposta, quale possibile argomentazione, a una domanda che, comunque lo si voglia, effettivamente non c’è o, diversamente, un’indicazione di non poco conto da dover in qualche modo tenere in considerazione, quale probabile avvertimento, nel corso della lettura. Cosa troveremo in questo libro? Quali sono i misteri di cui l’autrice

parla? Hanno a che fare con un’ambientazione gotica o sottendono a una situazione di perenne dubbio e, dunque, di voluta ambiguità?

Forse alcune risposte possono essere dedotte –non tanto dalle poesie che lo compongono – ma dalla nota di chiusura del volume, che l’Autrice ha definito come “conclusioni” e che appare come una sorta di confessione personale di poetica. L’autrice, infatti, con un atteggiamento molto virtuoso nella sua morigeratezza, sostiene: “Far poesia [è] lavorare duramente su se stessi scarnificando parole che di senso poco ne ostentano se non quello interno, viscerale, che si esprime oggettivandole” (113). Dunque leggendo le poesie della Lascialfari dovremmo dimenticarci del mondo rissoso di fuori, della convenzionalità, della patina spesso assurda e insignificante delle cose, per affrontare le questioni nel loro nucleo, celarci in visuali che fuoriescono da un mondo intimo e, in quanto tale, impossibile da conoscere nella sua forma e completezza.

Il volume è articolato in alcune sotto-sezioni che possono essere concepite come possibili piste contenutistiche sebbene – ancora una volta – la materia sembra sfuggire spesso tra le mani, fluire tra i versi che, inesorabili, si susseguono. Una certa contiguità e affinità di immagini è riscontrabile in tutta la prima parte che va sotto la definizione di “Ritmo circolare”, una sorta di calendario in versi dove stagioni, meteo differenti e, con essi, vari stadi emozionali, trovano collocazione seguendo la ciclicità del tempo. Poesie vedutistiche che si focalizzano sulla presenza, in forma diversa, di un sole al quale si demanda l’unicità dei contenuti e il loro inanellamento temporale. C’è un sole d’agosto che poco ha a che vedere con quello di novembre, eppure l’Autrice intende partire da questo, dalla presenza luminosa che consente a tutte le specie terrestri di vivere e prosperare.

La sezione successiva –il suo titolo –pone qualche dubbio in merito alla possibile decifrazione del significato. Si legge a pagina quarantatré “Diventare uccelli”. Poesie, queste, che rintracciano il loro valore testimoniale nel senso d’appartenenza ai luoghi, nei viaggi fatti, nelle permanenze più o meno lunghe avute in altri contesti geografici. Una poesia che non è più vedutistica come in antecedenza ma che si fa ritrattistica degli spazi, della toponomastica dei contesti geografici vagliati dall’esperienza.

L’ultima sezione del volume è “Il latte e il fuoco” la cui comprensione ci viene favorita da alcune indicazioni della stessa autrice che nella conclusione ha scritto: “una testimonianza in questo momento dove le cose in cui credo si sono smaterializzate fino alla negazione dell’evidenza e dove a tratti almeno l’ironia può servire allo scopo poetico” (115). Vi si ritrova anche una giocosa e funambolica poesia sullo stile del “Lonfo” di Fosco Maraini presentata come divertissement col titolo “Metacomunicazione” ad intendere un linguaggio simultaneo altro, la cui decodifica va forse ritrovata in sistemi di richiamo e interrelazioni di codici interpersonali non solo linguistici.

Di questa sezione due mi sembrano i testi che, forse più degli altri, risaltano, entrambi costruiti a partire da un impegno etico saldo verso la vita: “Ho idea non si sappia bene” che, in una lirica abbastanza lunga da strofe di diversa lunghezza, pone in risalto alcune dei più spregevoli episodi che attanagliano l’attualità quali ad esempio i rigurgiti fascisti o le tragedie nel Mediterraneo. L’autrice si riferisce nel corso della poesia all’ecatombe passata alla storia come naufragio della notte di Natale 1996, meglio nota come naufragio della F174: la strage nelle acque internazionali a circa 35 km dalla costa di Porto Paolo nel Siracusano che provocò il decesso di circa trecento persone. La sciagura per mare di dimensioni più grande della nostra età contemporanea, per lo meno sino al 2013.

L’altra poesia è “Il corpo del poeta all’idroscalo” dedicata a Pier Paolo Pasolini che nel 1975 venne ritrovato cadavere ad Ostia, assassinato da un gruppo della malavita romana (sembrerebbe). L’Autrice coglie il momento di dolore attraverso la desolazione e il terrore profondo di una madre, Susanna Colussi, che sopravvisse all’amato figlio – che le aveva dedicato l’accorata e lirica Supplica a mia madre nel 1962 – sino a ricongiungersi a lui qualche anno dopo, nel 1981.

La poesia passa anche attraverso forme del ricordo, sistemi che ci consentono in maniera seria e sentita di testimoniare chi siamo stati (scoprendo chi siamo) e trovo che queste due componimenti, in particolare, siano molto significativi e tesi a una coralità di sentimenti nei quali il lettore potrà riscoprirsi o trovarsi.

Lorenzo Spurio

SPETTACOLO EDIFICANTE

Un nugolo di gialle farfalle s'accanisce su una siepe fiorita: succhia il nettare, ma la pianta, generosa, non si lamenta, dice: <<Fate pure! Ne resta ancora per le api che daranno il miele per i pasticcini dei golosi bambini>>.

Antonia Izzi Rufo

Castelnuovo, IS

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