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D. Defelice: Il microfono (1960)

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LA DISFATTA DELL’OCCIDENTE NELLE TERRE MARTORIATE

DELL’AFGHANISTAN - Quelle immagini di persone che si aggrappano alle ruote del carrello dell’aereo americano, in decollo dall’aeroporto di Kabul,e dei due fratelli, venditori di cocomeri, che precipitano sfracellandosi al suolo; gli attentati, le stragi e la gente nelle limacciose acque delle fogne a cielo aperto che si arrossano di sangue, sono monito straziante e sconfitta cocente per tutto un Occidente che - nell’agosto infuocato di quest’anno e pur nella pandemia alla quale, a quanto pare, assai pochi ancora ci pensano - continua a ingozzarsi e a sprecare, incurante della miseria degli altri, delle loro paure, della loro sete di giustizia e di vera libertà, non di quella a lavabocca di coloro - italiani compresi – che non accettano neppure un green pass, perché giudicato strumento subdolo e anticamera della dittatura. Quelle immagini ci dicono quale è veramente la miseria e quale la vera sete di libertà; ci dicono che noi la libertà non sappiamo apprezzarla, proprio perché ne facciamo un abuso, la snaturiamo, la violentiamo e perché, ignorandola vera miseria, la vera fame, la vera indigenza, sfidiamo stupidamente regole e buon senso, agevolando, così, il diffondersi della pandemia, pur di divertirci oltre ogni misura e pur di strafare e strafogarci senza ritegno. Quelle immagini ci ricordano che ci sono luoghi e popoli che ancora non hanno raggiunto neppure un briciolo della nostra ricchezza e neppure un tenue respiro della nostra incosciente e sbracata libertà. Ci dicono, ancora, quelle immagini, ch’è vera follia pensare si possa esportare la democrazia (democrazia? O non piuttosto anarchia?), come follia è continuare a pensare che le guerre possano servire a qualcosa oltre a incrudelire e seminare odio e rancore; ci dicono che ogni Popolo debba essere aiutato a risolvere da sé direttamente, al proprio interno, ciò che concerne l’assetto politico e sociale, non bombardandolo, inondandolo di migliaia e migliaia di soldati, di armi sofisticati e quale idiozia! – “intelligenti”, imponendogli formule avulse dal suo contesto e che fanno a pugni con i suoi usi e costumi; in altri termini, inutilmente e semplicemente violentandolo; è come - a fare un paragone non sappiamo quanto calzabile - voler tentare d’introdurre ai poli flora e fauna del deserto. Vani sforzi, follie, e il risultato - volendo considerare solo il nostro sforzo in Afghanistan –sono le 54 vittime cadute in missioni, tutte in giovane età, alcune di appena ventitré anni, cinquantenne solo Cristiano Congiu, il più anziano. Costoro non sono morti inutili, sono degli eroi, ma è falso dire che sono morti per la libertà, per dar libertà o altre utopie; son morti inconsapevoli, seguendo ordini politici e folli, sotto i quali si annidano gli interessi e le ingordigie di molti (a scavare, quante losche rapacità!), oltre che per la dabbenaggine di voler crederci superiori e di atteggiarci a maestrini del mondo. Occorre rovesciare tutto; occorre essere meno scialacquatori, sprecare meno ricchezza; usare la nostra cultura e il nostro sapere per aiutare i popoli a casa loro, a crescere a casa loro, non imponendo loro alcunché: corpi estranei che, come tali, sono quasi sempre, o prima o poi, destinati al rigetto. Saremmo così veramente democratici; capiremmo e useremmo meglio

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