Bollettino diocesano 2015

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DIOCESI DI TEGGIANO -POLICASTRO

BOLLETTINO DIOCESANO Organo ufficiale per gli atti del Vescovo e della Curia

Gennaio-Dicembre 2015



PAPA



MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA CELEBRAZIONE DELLA XLVIII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 1° GENNAIO 2015 NON PIÚ SCHIAVI, MA FRATELLI

1. All’inizio di un nuovo anno, che accogliamo come una grazia e un dono di Dio all’umanità, desidero rivolgere, ad ogni uomo e donna, così come ad ogni popolo e nazione del mondo, ai capi di Stato e di Governo e ai responsabili delle diverse religioni, i miei fervidi auguri di pace, che accompagno con la mia preghiera affinché cessino le guerre, i conflitti e le tante sofferenze provocate sia dalla mano dell’uomo sia da vecchie e nuove epidemie e dagli effetti devastanti delle calamità naturali. Prego in modo particolare perché, rispondendo alla nostra comune vocazione di collaborare con Dio e con tutti gli uomini di buona volontà per la promozione della concordia e della pace nel mondo, sappiamo resistere alla tentazione di comportarci in modo non degno della nostra umanità. Nel messaggio per il 1° gennaio scorso, avevo osservato che al «desiderio di una vita piena … appartiene un anelito insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare».[1] Essendo l’uomo un essere relazionale, destinato a realizzarsi nel contesto di rapporti interpersonali ispirati a giustizia e carità, è fondamentale per il suo sviluppo che siano riconosciute e rispettate la sua dignità, libertà e autonomia. Purtroppo, la sempre diffusa piaga dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo ferisce gravemente la vita di comunione e la vocazione a tessere relazioni interpersonali improntate a rispetto, giustizia e carità. Tale abominevole fenomeno, che conduce a calpestare i diritti fondamentali dell’altro e ad annientarne la libertà e dignità, assume molteplici forme sulle quali desidero brevemente riflettere, affinché, alla luce della Parola di Dio, possiamo considerare tutti gli uomini “non più schiavi, ma fratelli”.

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In ascolto del progetto di Dio sull’umanità 2. Il tema che ho scelto per il presente messaggio richiama la Lettera di san Paolo a Filemone, nella quale l’Apostolo chiede al suo collaboratore di accogliere Onesimo, già schiavo dello stesso Filemone e ora diventato cristiano e, quindi, secondo Paolo, meritevole di essere considerato un fratello. Così scrive l’Apostolo delle genti: «E’ stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo» (Fm 15-16). Onesimo è diventato fratello di Filemone diventando cristiano. Così la conversione a Cristo, l’inizio di una vita di discepolato in Cristo, costituisce una nuova nascita (cfr 2 Cor 5,17; 1 Pt 1,3) che rigenera la fraternità quale vincolo fondante della vita familiare e basamento della vita sociale. Nel Libro della Genesi (cfr 1,27-28) leggiamo che Dio creò l’uomo maschio e femmina e li benedisse, affinché crescessero e si moltiplicassero: Egli fece di Adamo ed Eva dei genitori, i quali, realizzando la benedizione di Dio di essere fecondi e moltiplicarsi, generarono la prima fraternità, quella di Caino e Abele. Caino e Abele sono fratelli, perché provengono dallo stesso grembo, e perciò hanno la stessa origine, natura e dignità dei loro genitori creati ad immagine e somiglianza di Dio. Ma la fraternità esprime anche la molteplicità e la differenza che esiste tra i fratelli, pur legati per nascita e aventi la stessa natura e la stessa dignità. In quanto fratelli e sorelle, quindi, tutte le persone sono per natura in relazione con le altre, dalle quali si differenziano ma con cui condividono la stessa origine, natura e dignità. E’ in forza di ciò che la fraternità costituisce la rete di relazioni fondamentali per la costruzione della famiglia umana creata da Dio. Purtroppo, tra la prima creazione narrata nel Libro della Genesi e la nuova nascita in Cristo, che rende i credenti fratelli e sorelle del «primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29), vi è la realtà negativa del peccato, che più volte interrompe la fraternità creaturale e continuamente deforma la bellezza e la nobiltà dell’essere fratelli e sorelle della stessa famiglia umana. Non soltanto Caino non sopporta suo fratello Abele, ma lo uccide per invidia commettendo il primo fratricidio. «L’uccisione di Abele da parte di Caino attesta tragicamente il rigetto radicale della vocazione ad essere fratelli. La loro vicenda (cfr Gen

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4,1-16) evidenzia il difficile compito a cui tutti gli uomini sono chiamati, di vivere uniti, prendendosi cura l’uno dell’altro».[2] Anche nella storia della famiglia di Noè e dei suoi figli (cfr Gen 9,1827), è l’empietà di Cam nei confronti del padre Noè che spinge quest’ultimo a maledire il figlio irriverente e a benedire gli altri, quelli che lo avevano onorato, dando luogo così a una disuguaglianza tra fratelli nati dallo stesso grembo. Nel racconto delle origini della famiglia umana, il peccato di allontanamento da Dio, dalla figura del padre e dal fratello diventa un’espressione del rifiuto della comunione e si traduce nella cultura dell’asservimento (cfr Gen 9,25-27), con le conseguenze che ciò implica e che si protraggono di generazione in generazione: rifiuto dell’altro, maltrattamento delle persone, violazione della dignità e dei diritti fondamentali, istituzionalizzazione di diseguaglianze. Di qui, la necessità di una conversione continua all’Alleanza, compiuta dall’oblazione di Cristo sulla croce, fiduciosi che «dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia … per mezzo di Gesù Cristo» (Rm 5,20.21). Egli, il Figlio amato (cfr Mt 3,17), è venuto per rivelare l’amore del Padre per l’umanità. Chiunque ascolta il Vangelo e risponde all’appello alla conversione diventa per Gesù «fratello, sorella e madre» (Mt 12,50), e pertanto figlio adottivo di suo Padre (cfr Ef 1,5). Non si diventa però cristiani, figli del Padre e fratelli in Cristo, per una disposizione divina autoritativa, senza l’esercizio della libertà personale, cioè senza convertirsi liberamente a Cristo. L’essere figlio di Dio segue l’imperativo della conversione: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo» (At 2,38). Tutti quelli che hanno risposto con la fede e la vita a questa predicazione di Pietro sono entrati nella fraternità della prima comunità cristiana (cfr 1 Pt 2,17; At 1,15.16; 6,3; 15,23): ebrei ed ellenisti, schiavi e uomini liberi (cfr 1 Cor 12,13; Gal 3,28), la cui diversità di origine e stato sociale non sminuisce la dignità di ciascuno né esclude alcuno dall’appartenenza al popolo di Dio. La comunità cristiana è quindi il luogo della comunione vissuta nell’amore tra i fratelli (cfr Rm 12,10; 1 Ts 4,9; Eb 13,1; 1 Pt 1,22; 2 Pt 1,7). Tutto ciò dimostra come la Buona Novella di Gesù Cristo, mediante il quale Dio fa «nuove tutte le cose» (Ap 21,5)[3], sia anche capace di redimere le relazioni tra gli uomini, compresa quella tra uno schiavo e

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il suo padrone, mettendo in luce ciò che entrambi hanno in comune: la filiazione adottiva e il vincolo di fraternità in Cristo. Gesù stesso disse ai suoi discepoli: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15). I molteplici volti della schiavitù ieri e oggi 3. Fin da tempi immemorabili, le diverse società umane conoscono il fenomeno dell’asservimento dell’uomo da parte dell’uomo. Ci sono state epoche nella storia dell’umanità in cui l’istituto della schiavitù era generalmente accettato e regolato dal diritto. Questo stabiliva chi nasceva libero e chi, invece, nasceva schiavo, nonché in quali condizioni la persona, nata libera, poteva perdere la propria libertà, o riacquistarla. In altri termini, il diritto stesso ammetteva che alcune persone potevano o dovevano essere considerate proprietà di un’altra persona, la quale poteva liberamente disporre di esse; lo schiavo poteva essere venduto e comprato, ceduto e acquistato come se fosse una merce. Oggi, a seguito di un’evoluzione positiva della coscienza dell’umanità, la schiavitù, reato di lesa umanità,[4] è stata formalmente abolita nel mondo. Il diritto di ogni persona a non essere tenuta in stato di schiavitù o servitù è stato riconosciuto nel diritto internazionale come norma inderogabile. Eppure, malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù. Penso a tanti lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti nei diversi settori, a livello formale e informale, dal lavoro domestico a quello agricolo, da quello nell’industria manifatturiera a quello minerario, tanto nei Paesi in cui la legislazione del lavoro non è conforme alle norme e agli standard minimi internazionali, quanto, sia pure illegalmente, in quelli la cui legislazione tutela il lavoratore. Penso anche alle condizioni di vita di molti migranti che, nel loro drammatico tragitto, soffrono la fame, vengono privati della libertà, spogliati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente. Penso a

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quelli tra di loro che, giunti a destinazione dopo un viaggio durissimo e dominato dalla paura e dall’insicurezza, sono detenuti in condizioni a volte disumane. Penso a quelli tra loro che le diverse circostanze sociali, politiche ed economiche spingono alla clandestinità, e a quelli che, per rimanere nella legalità, accettano di vivere e lavorare in condizioni indegne, specie quando le legislazioni nazionali creano o consentono una dipendenza strutturale del lavoratore migrante rispetto al datore di lavoro, ad esempio condizionando la legalità del soggiorno al contratto di lavoro… Sì, penso al “lavoro schiavo”. Penso alle persone costrette a prostituirsi, tra cui ci sono molti minori, ed alle schiave e agli schiavi sessuali; alle donne forzate a sposarsi, a quelle vendute in vista del matrimonio o a quelle trasmesse in successione ad un familiare alla morte del marito senza che abbiano il diritto di dare o non dare il proprio consenso. Non posso non pensare a quanti, minori e adulti, sono fatti oggetto di traffico e di mercimonio per l’espianto di organi, per essere arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale. Penso infine a tutti coloro che vengono rapiti e tenuti in cattività da gruppi terroristici, asserviti ai loro scopi come combattenti o, soprattutto per quanto riguarda le ragazze e le donne, come schiave sessuali. Tanti di loro spariscono, alcuni vengono venduti più volte, seviziati, mutilati, o uccisi. Alcune cause profonde della schiavitù 4. Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto. Quando il peccato corrompe il cuore dell’uomo e lo allontana dal suo Creatore e dai suoi simili, questi ultimi non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti. La persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, con la forza, l’inganno o la costrizione fisica o psicologica viene privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno; viene trattata come un mezzo e non come un fine. Accanto a questa causa ontologica – rifiuto dell’umanità nell’altro –, altre cause concorrono a spiegare le forme contemporanee di schiavitù. Tra queste, penso anzitutto alla povertà, al sottosviluppo e all’esclusione, specialmente quando essi si combinano con il mancato ac-

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cesso all’educazione o con una realtà caratterizzata da scarse, se non inesistenti, opportunità di lavoro. Non di rado, le vittime di traffico e di asservimento sono persone che hanno cercato un modo per uscire da una condizione di povertà estrema, spesso credendo a false promesse di lavoro, e che invece sono cadute nelle mani delle reti criminali che gestiscono il traffico di esseri umani. Queste reti utilizzano abilmente le moderne tecnologie informatiche per adescare giovani e giovanissimi in ogni parte del mondo. Anche la corruzione di coloro che sono disposti a tutto per arricchirsi va annoverata tra le cause della schiavitù. Infatti, l’asservimento ed il traffico delle persone umane richiedono una complicità che spesso passa attraverso la corruzione degli intermediari, di alcuni membri delle forze dell’ordine o di altri attori statali o di istituzioni diverse, civili e militari. «Questo succede quando al centro di un sistema economico c’è il dio denaro e non l’uomo, la persona umana. Sì, al centro di ogni sistema sociale o economico deve esserci la persona, immagine di Dio, creata perché fosse il dominatore dell’universo. Quando la persona viene spostata e arriva il dio denaro si produce questo sconvolgimento di valori».[5] Altre cause della schiavitù sono i conflitti armati, le violenze, la criminalità e il terrorismo. Numerose persone vengono rapite per essere vendute, oppure arruolate come combattenti, oppure sfruttate sessualmente, mentre altre si trovano costrette a emigrare, lasciando tutto ciò che possiedono: terra, casa, proprietà, e anche i familiari. Queste ultime sono spinte a cercare un’alternativa a tali condizioni terribili anche a rischio della propria dignità e sopravvivenza, rischiando di entrare, in tal modo, in quel circolo vizioso che le rende preda della miseria, della corruzione e delle loro perniciose conseguenze. Un impegno comune per sconfiggere la schiavitù 5. Spesso, osservando il fenomeno della tratta delle persone, del traffico illegale dei migranti e di altri volti conosciuti e sconosciuti della schiavitù, si ha l’impressione che esso abbia luogo nell’indifferenza generale. Se questo è, purtroppo, in gran parte vero, vorrei ricordare l’enorme lavoro silenzioso che molte congregazioni religiose, specialmente femminili, portano avanti da tanti anni in favore delle vittime. Tali istituti operano in contesti difficili, dominati talvolta dalla violenza, cercando di spezzare le catene invisibili che tengono legate le vittime

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ai loro trafficanti e sfruttatori; catene le cui maglie sono fatte sia di sottili meccanismi psicologici, che rendono le vittime dipendenti dai loro aguzzini, tramite il ricatto e la minaccia ad essi e ai loro cari, ma anche attraverso mezzi materiali, come la confisca dei documenti di identità e la violenza fisica. L’azione delle congregazioni religiose si articola principalmente intorno a tre opere: il soccorso alle vittime, la loro riabilitazione sotto il profilo psicologico e formativo e la loro reintegrazione nella società di destinazione o di origine. Questo immenso lavoro, che richiede coraggio, pazienza e perseveranza, merita apprezzamento da parte di tutta la Chiesa e della società. Ma esso da solo non può naturalmente bastare per porre un termine alla piaga dello sfruttamento della persona umana. Occorre anche un triplice impegno a livello istituzionale di prevenzione, di protezione delle vittime e di azione giudiziaria nei confronti dei responsabili. Inoltre, come le organizzazioni criminali utilizzano reti globali per raggiungere i loro scopi, così l’azione per sconfiggere questo fenomeno richiede uno sforzo comune e altrettanto globale da parte dei diversi attori che compongono la società. Gli Stati dovrebbero vigilare affinché le proprie legislazioni nazionali sulle migrazioni, sul lavoro, sulle adozioni, sulla delocalizzazione delle imprese e sulla commercializzazione di prodotti realizzati mediante lo sfruttamento del lavoro siano realmente rispettose della dignità della persona. Sono necessarie leggi giuste, incentrate sulla persona umana, che difendano i suoi diritti fondamentali e li ripristinino se violati, riabilitando chi è vittima e assicurandone l’incolumità, nonché meccanismi efficaci di controllo della corretta applicazione di tali norme, che non lascino spazio alla corruzione e all’impunità. E’ necessario anche che venga riconosciuto il ruolo della donna nella società, operando anche sul piano culturale e della comunicazione per ottenere i risultati sperati. Le organizzazioni intergovernative, conformemente al principio di sussidiarietà, sono chiamate ad attuare iniziative coordinate per combattere le reti transnazionali del crimine organizzato che gestiscono la tratta delle persone umane ed il traffico illegale dei migranti. Si rende necessaria una cooperazione a diversi livelli, che includa cioè le istituzioni nazionali ed internazionali, così come le organizzazioni della società civile ed il mondo imprenditoriale. Le imprese[6], infatti, hanno il dovere di garantire ai loro impiegati condizioni di lavoro dignitose e stipendi adeguati, ma anche di vigila-

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re affinché forme di asservimento o traffico di persone umane non abbiano luogo nelle catene di distribuzione. Alla responsabilità sociale dell’impresa si accompagna poi la responsabilità sociale del consumatore. Infatti, ciascuna persona dovrebbe avere la consapevolezza che «acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico».[7] Le organizzazioni della società civile, dal canto loro, hanno il compito di sensibilizzare e stimolare le coscienze sui passi necessari a contrastare e sradicare la cultura dell’asservimento. Negli ultimi anni, la Santa Sede, accogliendo il grido di dolore delle vittime della tratta e la voce delle congregazioni religiose che le accompagnano verso la liberazione, ha moltiplicato gli appelli alla comunità internazionale affinché i diversi attori uniscano gli sforzi e cooperino per porre termine a questa piaga.[8] Inoltre, sono stati organizzati alcuni incontri allo scopo di dare visibilità al fenomeno della tratta delle persone e di agevolare la collaborazione tra diversi attori, tra cui esperti del mondo accademico e delle organizzazioni internazionali, forze dell’ordine di diversi Paesi di provenienza, di transito e di destinazione dei migranti, e rappresentanti dei gruppi ecclesiali impegnati in favore delle vittime. Mi auguro che questo impegno continui e si rafforzi nei prossimi anni. Globalizzare la fraternità, non la schiavitù né l’indifferenza 6. Nella sua opera di «annuncio della verità dell’amore di Cristo nella società»[9], la Chiesa si impegna costantemente nelle azioni di carattere caritativo a partire dalla verità sull’uomo. Essa ha il compito di mostrare a tutti il cammino verso la conversione, che induca a cambiare lo sguardo verso il prossimo, a riconoscere nell’altro, chiunque sia, un fratello e una sorella in umanità, a riconoscerne la dignità intrinseca nella verità e nella libertà, come ci illustra la storia di Giuseppina Bakhita, la santa originaria della regione del Darfur in Sudan, rapita da trafficanti di schiavi e venduta a padroni feroci fin dall’età di nove anni, e diventata poi, attraverso dolorose vicende, “libera figlia di Dio” mediante la fede vissuta nella consacrazione religiosa e nel servizio agli altri, specialmente i piccoli e i deboli. Questa Santa, vissuta fra il XIX e il XX secolo, è anche oggi testimone esemplare di speranza[10] per le numerose vittime della schiavitù e può sostenere gli sforzi di tutti coloro che si dedicano alla lotta contro questa «piaga nel corpo dell’umanità contemporanea, una piaga nella carne di Cristo».[11]

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In questa prospettiva, desidero invitare ciascuno, nel proprio ruolo e nelle proprie responsabilità particolari, a operare gesti di fraternità nei confronti di coloro che sono tenuti in stato di asservimento. Chiediamoci come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone. Alcuni di noi, per indifferenza, o perché distratti dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni economiche, chiudono un occhio. Altri, invece, scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà. Dobbiamo riconoscere che siamo di fronte ad un fenomeno mondiale che supera le competenze di una sola comunità o nazione. Per sconfiggerlo, occorre una mobilitazione di dimensioni comparabili a quelle del fenomeno stesso. Per questo motivo lancio un pressante appello a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, e a tutti coloro che, da vicino o da lontano, anche ai più alti livelli delle istituzioni, sono testimoni della piaga della schiavitù contemporanea, di non rendersi complici di questo male, di non voltare lo sguardo di fronte alle sofferenze dei loro fratelli e sorelle in umanità, privati della libertà e della dignità, ma di avere il coraggio di toccare la carne sofferente di Cristo[12], che si rende visibile attraverso i volti innumerevoli di coloro che Egli stesso chiama «questi miei fratelli più piccoli» (Mt 25,40.45). Sappiamo che Dio chiederà a ciascuno di noi: “Che cosa hai fatto del tuo fratello?” (cfr Gen 4,9-10). La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa ridare loro la speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé e che Dio pone nelle nostre mani. Dal Vaticano, 8 dicembre 2014 FRANCISCUS

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Note: [1] N. 1. [2] Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2014, 2. [3] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 11. [4] Cfr Discorso alla Delegazione internazionale dell’Associazione di Diritto Penale, 23 ottobre 2014: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2014, p. 4. [5] Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei Movimenti popolari, 28 ottobre 2014: L’Osservatore Romano, 29 ottobre 2014, p. 7. [6] Cfr Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, La vocazione del leader d’impresa. Una riflessione, Milano e Roma, 2013. [7] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 66. [8] Cfr Messaggio al Sig. Guy Ryder, Direttore Generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in occasione della 103ª sessione della Conferenza dell’O.I.L., 22 maggio 2014: L’Osservatore Romano, 29 maggio 2014, p. 7. [9] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 5. [10] «Mediante la conoscenza di questa speranza lei era “redenta”, non si sentiva più schiava, ma libera figlia di Dio. Capiva ciò che Paolo intendeva quando ricordava agli Efesini che prima erano senza speranza e senza Dio nel mondo – senza speranza perché senza Dio» (Benedetto XVI, Lett.enc. Spe salvi, 3). [11] Discorso ai partecipanti alla II Conferenza Internazionale Combating Human Trafficking: Church and Law Enforcement in partnership, 10 aprile 2014: L’Osservatore Romano, 11 aprile 2014, p. 7; cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 270. [12] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 24; 270.

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2015 Rinfrancate i vostri cuori (Gc 5,8)

Cari fratelli e sorelle, la Quaresima è un tempo di rinnovamento per la Chiesa, le comunità e i singoli fedeli. Soprattutto però è un “tempo di grazia” (2 Cor 6,2). Dio non ci chiede nulla che prima non ci abbia donato: “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19). Lui non è indifferente a noi. Ognuno di noi gli sta a cuore, ci conosce per nome, ci cura e ci cerca quando lo lasciamo. Ciascuno di noi gli interessa; il suo amore gli impedisce di essere indifferente a quello che ci accade. Però succede che quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, certamente ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai), non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono… allora il nostro cuore cade nell’indifferenza: mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene. Questa attitudine egoistica, di indifferenza, ha preso oggi una dimensione mondiale, a tal punto che possiamo parlare di una globalizzazione dell’indifferenza. Si tratta di un disagio che, come cristiani, dobbiamo affrontare. Quando il popolo di Dio si converte al suo amore, trova le risposte a quelle domande che continuamente la storia gli pone. Una delle sfide più urgenti sulla quale voglio soffermarmi in questo Messaggio è quella della globalizzazione dell’indifferenza. L’indifferenza verso il prossimo e verso Dio è una reale tentazione anche per noi cristiani. Abbiamo perciò bisogno di sentire in ogni Quaresima il grido dei profeti che alzano la voce e ci svegliano. Dio non è indifferente al mondo, ma lo ama fino a dare il suo Figlio per la salvezza di ogni uomo. Nell’incarnazione, nella vita terrena, nella morte e risurrezione del Figlio di Dio, si apre definitivamente la porta tra Dio e uomo, tra cielo e terra. E la Chiesa è come la mano che tiene aperta questa porta mediante la proclamazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti, la testimonianza della fede che si rende efficace nella carità (cfrGal5,6). Tuttavia, il mondo tende a chiudersi

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in se stesso e a chiudere quella porta attraverso la quale Dio entra nel mondo e il mondo in Lui. Così la mano, che è la Chiesa, non deve mai sorprendersi se viene respinta, schiacciata e ferita. Il popolo di Dio ha perciò bisogno di rinnovamento, per non diventare indifferente e per non chiudersi in se stesso. Vorrei proporvi tre passi da meditare per questo rinnovamento. 1. “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono” (1 Cor 12,26) – La Chiesa La carità di Dio che rompe quella mortale chiusura in se stessi che è l’indifferenza, ci viene offerta dalla Chiesa con il suo insegnamento e, soprattutto, con la sua testimonianza. Si può però testimoniare solo qualcosa che prima abbiamo sperimentato. Il cristiano è colui che permette a Dio di rivestirlo della sua bontà e misericordia, di rivestirlo di Cristo, per diventare come Lui, servo di Dio e degli uomini. Ce lo ricorda bene la liturgia del Giovedì Santo con il rito della lavanda dei piedi. Pietro non voleva che Gesù gli lavasse i piedi, ma poi ha capito che Gesù non vuole essere solo un esempio per come dobbiamo lavarci i piedi gli uni gli altri. Questo servizio può farlo solo chi prima si è lasciato lavare i piedi da Cristo. Solo questi ha “parte” con lui (Gv13,8) e così può servire l’uomo. La Quaresima è un tempo propizio per lasciarci servire da Cristo e così diventare come Lui. Ciò avviene quando ascoltiamo la Parola di Dio e quando riceviamo i sacramenti, in particolare l’Eucaristia. In essa diventiamo ciò che riceviamo: il corpo di Cristo. In questo corpo quell’indifferenza che sembra prendere così spesso il potere sui nostri cuori, non trova posto. Poiché chi è di Cristo appartiene ad un solo corpo e in Lui non si è indifferenti l’uno all’altro. “Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui” (1 Cor12,26). La Chiesa è communio sanctorum perché vi partecipano i santi, ma anche perché è comunione di cose sante: l’amore di Dio rivelatoci in Cristo e tutti i suoi doni. Tra essi c’è anche la risposta di quanti si lasciano raggiungere da tale amore. In questa comunione dei santi e in questa partecipazione alle cose sante nessuno possiede solo per sé, ma quanto ha è per tutti. E poiché siamo legati in Dio, possiamo fare qualcosa anche per i lontani, per coloro che con le nostre sole forze non potremmo mai raggiungere, perché con loro e per loro preghiamo Dio affinché ci apriamo tutti alla sua opera di salvezza.

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2. “Dov’è tuo fratello?”(Gen 4,9) – Le parrocchie e le comunità Quanto detto per la Chiesa universale è necessario tradurlo nella vita delle parrocchie e comunità. Si riesce in tali realtà ecclesiali a sperimentare di far parte di un solo corpo? Un corpo che insieme riceve e condivide quanto Dio vuole donare? Un corpo, che conosce e si prende cura dei suoi membri più deboli, poveri e piccoli? O ci rifugiamo in un amore universale che si impegna lontano nel mondo, ma dimentica il Lazzaro seduto davanti alla propria porta chiusa? (cfr Lc 16,19-31). Per ricevere e far fruttificare pienamente quanto Dio ci dà vanno superati i confini della Chiesa visibile in due direzioni. In primo luogo, unendoci alla Chiesa del cielo nella preghiera. Quando la Chiesa terrena prega, si instaura una comunione di reciproco servizio e di bene che giunge fino al cospetto di Dio. Con i santi che hanno trovato la loro pienezza in Dio, formiamo parte di quella comunione nella quale l’indifferenza è vinta dall’amore. La Chiesa del cielo non è trionfante perché ha voltato le spalle alle sofferenze del mondo e gode da sola. Piuttosto, i santi possono già contemplare e gioire del fatto che, con la morte e la resurrezione di Gesù, hanno vinto definitivamente l’indifferenza, la durezza di cuore e l’odio. Finché questa vittoria dell’amore non compenetra tutto il mondo, i santi camminano con noi ancora pellegrini. Santa Teresa di Lisieux, dottore della Chiesa, scriveva convinta che la gioia nel cielo per la vittoria dell’amore crocifisso non è piena finché anche un solo uomo sulla terra soffre e geme: “Conto molto di non restare inattiva in cielo, il mio desiderio è di lavorare ancora per la Chiesa e per le anime” (Lettera 254 del 14 luglio 1897). Anche noi partecipiamo dei meriti e della gioia dei santi ed essi partecipano alla nostra lotta e al nostro desiderio di pace e di riconciliazione. La loro gioia per la vittoria di Cristo risorto è per noi motivo di forza per superare tante forme d’indifferenza e di durezza di cuore. D’altra parte, ogni comunità cristiana è chiamata a varcare la soglia che la pone in relazione con la società che la circonda, con i poveri e i lontani. La Chiesa per sua natura è missionaria, non ripiegata su se stessa, ma mandata a tutti gli uomini. Questa missione è la paziente testimonianza di Colui che vuole portare al Padre tutta la realtà ed ogni uomo. La missione è ciò che l’amore non può tacere. La Chiesa segue Gesù Cristo sulla strada che la conduce ad ogni uomo, fino ai confini della terra (cfr At 1,8). Così possiamo vedere nel nostro prossimo il fratello e la sorella per i quali Cri-

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sto è morto ed è risorto. Quanto abbiamo ricevuto, lo abbiamo ricevuto anche per loro. E parimenti, quanto questi fratelli possiedono è un dono per la Chiesa e per l’umanità intera. Cari fratelli e sorelle, quanto desidero che i luoghi in cui si manifesta la Chiesa, le nostre parrocchie e le nostre comunità in particolare, diventino delle isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza! 3. “Rinfrancate i vostri cuori!”(Gc 5,8) – Il singolo fedele Anche come singoli abbiamo la tentazione dell’indifferenza. Siamo saturi di notizie e immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana e sentiamo nel medesimo tempo tutta la nostra incapacità ad intervenire. Che cosa fare per non lasciarci assorbire da questa spirale di spavento e di impotenza? In primo luogo, possiamo pregare nella comunione della Chiesa terrena e celeste. Non trascuriamo la forza della preghiera di tanti! L’iniziativa24 ore per il Signore, che auspico si celebri in tutta la Chiesa, anche a livello diocesano, nei giorni 13 e 14 marzo, vuole dare espressione a questa necessità della preghiera. In secondo luogo, possiamo aiutare con gesti di carità, raggiungendo sia i vicini che i lontani, grazie ai tanti organismi di carità della Chiesa. La Quaresima è un tempo propizio per mostrare questo interesse all’altro con un segno, anche piccolo, ma concreto, della nostra partecipazione alla comune umanità. E in terzo luogo, la sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione, perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio. E potremo resistere alla tentazione diabolica che ci fa credere di poter salvarci e salvare il mondo da soli. Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza, vorrei chiedere a tutti di vivere questo tempo di Quaresima come un percorso di formazione del cuore, come ebbe a dire Benedetto XVI (Lett. enc. Deus caritas est, 31). Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro.

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Per questo, cari fratelli e sorelle, desidero pregare con voi Cristo in questa Quaresima: “Fac cor nostrum secundum cor tuum”: “Rendi il nostro cuore simile al tuo” (Supplica dalle Litanie al Sacro Cuore di Gesù). Allora avremo un cuore forte e misericordioso, vigile e generoso, che non si lascia chiudere in se stesso e non cade nella vertigine della globalizzazione dell’indifferenza. Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario quaresimale, e vi chiedo di pregare per me. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. Dal Vaticano, 4 ottobre 2014 Festa di San Francesco d’Assisi Francesco

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VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO Basilica Vaticana Sabato Santo, 4 aprile 2015

Notte di veglia è questa notte. Non dorme il Signore, veglia il Custode del suo popolo (cfr Sal 121,4), per farlo uscire dalla schiavitù e aprirgli la strada della libertà. Il Signore veglia e con la potenza del suo amore fa passare il popolo attraverso il Mar Rosso; e fa passare Gesù attraverso l’abisso della morte e degli inferi. Notte di veglia fu questa per i discepoli e le discepole di Gesù. Notte di dolore e di paura. Gli uomini rimasero chiusi nel cenacolo. Le donne, invece, all’alba del giorno dopo il sabato, andarono al sepolcro per ungere il corpo di Gesù. Il loro cuore era pieno di commozione e si domandavano: “Come faremo ad entrare?, chi ci rotolerà la pietra del sepolcro?...”. Ma ecco il primo segno dell’Evento: la grande pietra era già stata ribaltata e la tomba era aperta! «Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito di una veste bianca…» (Mc 16,5). Le donne furono le prime a vedere questo grande segno: la tomba vuota; e furono le prime ad entrarvi… “Entrate nel sepolcro”. Ci fa bene, in questa notte di veglia, fermarci a riflettere sull’esperienza delle discepole di Gesù, che interpella anche noi. Per questo, in effetti, siamo qui: per entrare, entrare nel Mistero che Dio ha compiuto con la sua veglia d’amore. Non si può vivere la Pasqua senza entrare nel mistero. Non è un fatto intellettuale, non è solo conoscere, leggere… E’ di più, è molto di più! “Entrare nel mistero” significa capacità di stupore, di contemplazione; capacità di ascoltare il silenzio e sentire il sussurro di un filo di silenzio sonoro in cui Dio ci parla (cfr 1 Re 19,12). Entrare nel mistero ci chiede di non avere paura della realtà: non chiudersi in sé stessi, non fuggire davanti a ciò che non comprendiamo, non chiudere gli occhi davanti ai problemi, non negarli, non eliminare gli interrogativi… Entrare nel mistero significa andare oltre le proprie comode sicurezze, oltre la pigrizia e l’indifferenza che ci frenano, e mettersi alla ricerca della verità, della bellezza e dell’amore, cercare un senso non sconta-

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to, una risposta non banale alle domande che mettono in crisi la nostra fede, la nostra fedeltà e la nostra ragione. Per entrare nel mistero ci vuole umiltà, l’umiltà di abbassarsi, di scendere dal piedestallo del nostro io tanto orgoglioso, della nostra presunzione; l’umiltà di ridimensionarsi, riconoscendo quello che effettivamente siamo: delle creature, con pregi e difetti, dei peccatori bisognosi di perdono. Per entrare nel mistero ci vuole questo abbassamento che è impotenza, svuotamento delle proprie idolatrie… adorazione. Senza adorare non si può entrare nel mistero. Tutto questo ci insegnano le donne discepole di Gesù. Esse vegliarono, quella notte, insieme con la Madre. E lei, la Vergine Madre, le aiutò a non perdere la fede e la speranza. Così non rimasero prigioniere della paura e del dolore, ma alle prime luci dell’alba uscirono, portando in mano i loro unguenti e con il cuore unto d’amore. Uscirono e trovarono il sepolcro aperto. Ed entrarono. Vegliarono, uscirono ed entrarono nel Mistero. Impariamo da loro a vegliare con Dio e con Maria, nostra Madre, per entrare nel Mistero che ci fa passare dalla morte alla vita.

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Misericordiae Vultus BOLLA DI INDIZIONE DEL GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA

FRANCESCO VESCOVO DI ROMA SERVO DEI SERVI DI DIO A QUANTI LEGGERANNO QUESTA LETTERA GRAZIA, MISERICORDIA E PACE 1. Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth. Il Padre, «ricco di misericordia» (Ef 2,4), dopo aver rivelato il suo nome a Mosè come «Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34,6), non ha cessato di far conoscere in vari modi e in tanti momenti della storia la sua natura divina. Nella «pienezza del tempo» (Gal 4,4), quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza, Egli mandò suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il Padre (cfr Gv 14,9). Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona[1] rivela la misericordia di Dio. 2. Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato. 3. Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giu-

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bileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti. L’Anno Santo si aprirà l’8 dicembre 2015, solennità dell’Immacolata Concezione. Questa festa liturgica indica il modo dell’agire di Dio fin dai primordi della nostra storia. Dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dio non ha voluto lasciare l’umanità sola e in balia del male. Per questo ha pensato e voluto Maria santa e immacolata nell’amore (cfr Ef 1,4), perché diventasse la Madre del Redentore dell’uomo. Dinanzi alla gravità del peccato, Dio risponde con la pienezza del perdono. La misericordia sarà sempre più grande di ogni peccato, e nessuno può porre un limite all’amore di Dio che perdona. Nella festa dell’Immacolata Concezione avrò la gioia di aprire la Porta Santa. Sarà in questa occasione una Porta della Misericordia, dove chiunque entrerà potrà sperimentare l’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza. La domenica successiva, la Terza di Avvento, si aprirà la Porta Santa nella Cattedrale di Roma, la Basilica di San Giovanni in Laterano. Successivamente, si aprirà la Porta Santa nelle altre Basiliche Papali. Nella stessa domenica stabilisco che in ogni Chiesa particolare, nella Cattedrale che è la Chiesa Madre per tutti i fedeli, oppure nella Concattedrale o in una chiesa di speciale significato, si apra per tutto l’Anno Santo una uguale Porta della Misericordia. A scelta dell’Ordinario, essa potrà essere aperta anche nei Santuari, mete di tanti pellegrini, che in questi luoghi sacri spesso sono toccati nel cuore dalla grazia e trovano la via della conversione. Ogni Chiesa particolare, quindi, sarà direttamente coinvolta a vivere questo Anno Santo come un momento straordinario di grazia e di rinnovamento spirituale. Il Giubileo, pertanto, sarà celebrato a Roma così come nelle Chiese particolari quale segno visibile della comunione di tutta la Chiesa. 4. Ho scelto la data dell’8 dicembre perché è carica di significato per la storia recente della Chiesa. Aprirò infatti la Porta Santa nel cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II. La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia. I Padri radunati nel Concilio avevano percepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in un modo più comprensibile. Abbattute le muraglie che per troppo tempo avevano

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rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata, era giunto il tempo di annunciare il Vangelo in modo nuovo. Una nuova tappa dell’evangelizzazione di sempre. Un nuovo impegno per tutti i cristiani per testimoniare con più entusiasmo e convinzione la loro fede. La Chiesa sentiva la responsabilità di essere nel mondo il segno vivo dell’amore del Padre. Tornano alla mente le parole cariche di significato che san Giovanni XXIII pronunciò all’apertura del Concilio per indicare il sentiero da seguire: «Ora la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore … La Chiesa Cattolica, mentre con questo Concilio Ecumenico innalza la fiaccola della verità cattolica, vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati».[2] Sullo stesso orizzonte, si poneva anche il beato Paolo VI, che si esprimeva così a conclusione del Concilio: «Vogliamo piuttosto notare come la religione del nostro Concilio sia stata principalmente la carità … L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio … Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno. Riprovati gli errori, sì; perché ciò esige la carità, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette … Un’altra cosa dovremo rilevare: tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità».[3] Con questi sentimenti di gratitudine per quanto la Chiesa ha ricevuto e di responsabilità per il compito che ci attende, attraverseremo la Porta Santa con piena fiducia di essere accompagnati dalla forza del Signore Risorto che continua a sostenere il nostro pellegrinaggio. Lo Spirito Santo che conduce i passi dei credenti per cooperare all’opera di salvezza operata da Cristo, sia guida e sostegno del Popolo di Dio per aiutarlo a contemplare il volto della misericordia.[4] 5. L’Anno giubilare si concluderà nella solennità liturgica di Gesù Cristo Signore dell’universo, il 20 novembre 2016. In quel giorno, chiudendo la Porta Santa avremo anzitutto sentimenti di gratitudine e

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di ringraziamento verso la SS. Trinità per averci concesso questo tempo straordinario di grazia. Affideremo la vita della Chiesa, l’umanità intera e il cosmo immenso alla Signoria di Cristo, perché effonda la sua misericordia come la rugiada del mattino per una feconda storia da costruire con l’impegno di tutti nel prossimo futuro. Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio! A tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio già presente in mezzo a noi. 6. «È proprio di Dio usare misericordia e specialmente in questo si manifesta la sua onnipotenza».[5] Le parole di san Tommaso d’Aquino mostrano quanto la misericordia divina non sia affatto un segno di debolezza, ma piuttosto la qualità dell’onnipotenza di Dio. È per questo che la liturgia, in una delle collette più antiche, fa pregare dicendo: «O Dio che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono».[6] Dio sarà per sempre nella storia dell’umanità come Colui che è presente, vicino, provvidente, santo e misericordioso. “Paziente e misericordioso” è il binomio che ricorre spesso nell’Antico Testamento per descrivere la natura di Dio. Il suo essere misericordioso trova riscontro concreto in tante azioni della storia della salvezza dove la sua bontà prevale sulla punizione e la distruzione. I Salmi, in modo particolare, fanno emergere questa grandezza dell’agire divino: «Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia» (103,3-4). In modo ancora più esplicito, un altro Salmo attesta i segni concreti della misericordia: «Il Signore libera i prigionieri, il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri, egli sostiene l’orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi» (146,7-9). E da ultimo, ecco altre espressioni del Salmista: «[Il Signore] risana i cuori affranti e fascia le loro ferite. … Il Signore sostiene i poveri, ma abbassa fino a terra i malvagi» (147,3.6). Insomma, la misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio. È veramente il caso di dire che è un amore “viscerale”. Proviene dall’intimo come un sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono.

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7. “Eterna è la sua misericordia”: è il ritornello che viene riportato ad ogni versetto del Salmo 136 mentre si narra la storia della rivelazione di Dio. In forza della misericordia, tutte le vicende dell’antico testamento sono cariche di un profondo valore salvifico. La misericordia rende la storia di Dio con Israele una storia di salvezza. Ripetere continuamente: “Eterna è la sua misericordia”, come fa il Salmo, sembra voler spezzare il cerchio dello spazio e del tempo per inserire tutto nel mistero eterno dell’amore. È come se si volesse dire che non solo nella storia, ma per l’eternità l’uomo sarà sempre sotto lo sguardo misericordioso del Padre. Non è un caso che il popolo di Israele abbia voluto inserire questo Salmo, il “Grande hallel” come viene chiamato, nelle feste liturgiche più importanti. Prima della Passione Gesù ha pregato con questo Salmo della misericordia. Lo attesta l’evangelista Matteo quando dice che «dopo aver cantato l’inno» (26,30), Gesù con i discepoli uscirono verso il monte degli ulivi. Mentre Egli istituiva l’Eucaristia, quale memoriale perenne di Lui e della sua Pasqua, poneva simbolicamente questo atto supremo della Rivelazione alla luce della misericordia. Nello stesso orizzonte della misericordia, Gesù viveva la sua passione e morte, cosciente del grande mistero di amore che si sarebbe compiuto sulla croce. Sapere che Gesù stesso ha pregato con questo Salmo, lo rende per noi cristiani ancora più importante e ci impegna ad assumerne il ritornello nella nostra quotidiana preghiera di lode: “Eterna è la sua misericordia”. 8. Con lo sguardo fisso su Gesù e il suo volto misericordioso possiamo cogliere l’amore della SS. Trinità. La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre è stata quella di rivelare il mistero dell’amore divino nella sua pienezza. «Dio è amore» (1 Gv 4,8.16), afferma per la prima e unica volta in tutta la Sacra Scrittura l’evangelista Giovanni. Questo amore è ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita di Gesù. La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione. Gesù, dinanzi alla moltitudine di persone che lo seguivano, vedendo che erano stanche e sfinite, smarrite e senza guida, sentì fin dal profondo del cuore una forte compassione per loro (cfr Mt 9,36). In forza

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di questo amore compassionevole guarì i malati che gli venivano presentati (cfr Mt 14,14), e con pochi pani e pesci sfamò grandi folle (cfr Mt 15,37). Ciò che muoveva Gesù in tutte le circostanze non era altro che la misericordia, con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocutori e rispondeva al loro bisogno più vero. Quando incontrò la vedova di Naim che portava il suo unico figlio al sepolcro, provò grande compassione per quel dolore immenso della madre in pianto, e le riconsegnò il figlio risuscitandolo dalla morte (cfr Lc 7,15). Dopo aver liberato l’indemoniato di Gerasa, gli affida questa missione: «Annuncia ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te» (Mc 5,19). Anche la vocazione di Matteo è inserita nell’orizzonte della misericordia. Passando dinanzi al banco delle imposte gli occhi di Gesù fissarono quelli di Matteo. Era uno sguardo carico di misericordia che perdonava i peccati di quell’uomo e, vincendo le resistenze degli altri discepoli, scelse lui, il peccatore e pubblicano, per diventare uno dei Dodici. San Beda il Venerabile, commentando questa scena del Vangelo, ha scritto che Gesù guardò Matteo con amore misericordioso e lo scelse: miserando atque eligendo.[7] Mi ha sempre impressionato questa espressione, tanto da farla diventare il mio motto. 9. Nelle parabole dedicate alla misericordia, Gesù rivela la natura di Dio come quella di un Padre che non si dà mai per vinto fino a quando non ha dissolto il peccato e vinto il rifiuto, con la compassione e la misericordia. Conosciamo queste parabole, tre in particolare: quelle della pecora smarrita e della moneta perduta, e quella del padre e i due figli (cfr Lc 15,1-32). In queste parabole, Dio viene sempre presentato come colmo di gioia, soprattutto quando perdona. In esse troviamo il nucleo del Vangelo e della nostra fede, perché la misericordia è presentata come la forza che tutto vince, che riempie il cuore di amore e che consola con il perdono. Da un’altra parabola, inoltre, ricaviamo un insegnamento per il nostro stile di vita cristiano. Provocato dalla domanda di Pietro su quante volte fosse necessario perdonare, Gesù rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Mt 18,22), e raccontò la parabola del “servo spietato”. Costui, chiamato dal padrone a restituire una grande somma, lo supplica in ginocchio e il padrone gli condona il debito. Ma subito dopo incontra un altro servo come lui che gli era debitore di pochi centesimi, il quale lo supplica in ginocchio di avere pietà, ma lui si rifiuta e lo fa imprigionare. Allora il padrone, venuto a

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conoscenza del fatto, si adira molto e richiamato quel servo gli dice: «Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? » (Mt 18,33). E Gesù concluse: «Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello» (Mt 18,35). La parabola contiene un profondo insegnamento per ciascuno di noi. Gesù afferma che la misericordia non è solo l’agire del Padre, ma diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli. Insomma, siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia. Il perdono delle offese diventa l’espressione più evidente dell’amore misericordioso e per noi cristiani è un imperativo da cui non possiamo prescindere. Come sembra difficile tante volte perdonare! Eppure, il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta sono condizioni necessarie per vivere felici. Accogliamo quindi l’esortazione dell’apostolo: «Non tramonti il sole sopra la vostra ira» (Ef 4,26). E soprattutto ascoltiamo la parola di Gesù che ha posto la misericordia come un ideale di vita e come criterio di credibilità per la nostra fede: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7) è la beatitudine a cui ispirarsi con particolare impegno in questo Anno Santo. Come si nota, la misericordia nella Sacra Scrittura è la parola-chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi. Egli non si limita ad affermare il suo amore, ma lo rende visibile e tangibile. L’amore, d’altronde, non potrebbe mai essere una parola astratta. Per sua stessa natura è vita concreta: intenzioni, atteggiamenti, comportamenti che si verificano nell’agire quotidiano. La misericordia di Dio è la sua responsabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni. È sulla stessa lunghezza d’onda che si deve orientare l’amore misericordioso dei cristiani. Come ama il Padre così amano i figli. Come è misericordioso Lui, così siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri. 10. L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore miseri-

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cordioso e compassionevole. La Chiesa «vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia».[8] Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta più alta e più significativa. Dall’altra parte, è triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata. Perfino la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire. Senza la testimonianza del perdono, tuttavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato. È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza. 11. Non possiamo dimenticare il grande insegnamento che san Giovanni Paolo II ha offerto con la sua seconda Enciclica Dives in misericordia, che all’epoca giunse inaspettata e colse molti di sorpresa per il tema che veniva affrontato. Due espressioni in particolare desidero ricordare. Anzitutto, il santo Papa rilevava la dimenticanza del tema della misericordia nella cultura dei nostri giorni: «La mentalità contemporanea, forse più di quella dell’uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia. La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l’uomo, il quale, grazie all’enorme sviluppo della scienza e della tecnica, non mai prima conosciuto nella storia, è diventato padrone ed ha soggiogato e dominato la terra (cfr Gen 1,28). Tale dominio sulla terra, inteso talvolta unilateralmente e superficialmente, sembra che non lasci spazio alla misericordia … Ed è per questo che, nell’odierna situazione della Chiesa e del mondo, molti uomini e molti ambienti guidati da un vivo senso di fede si rivolgono, direi, quasi spontaneamente alla misericordia di Dio».[9] Inoltre, san Giovanni Paolo II così motivava l’urgenza di annunciare e testimoniare la misericordia nel mondo contemporaneo: «Essa è dettata dall’amore verso l’uomo, verso tutto ciò che è umano e che, secondo l’intuizione di gran parte dei contemporanei, è minacciato da un pericolo immenso. Il mistero di Cristo … mi obbliga a proclamare la

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misericordia quale amore misericordioso di Dio, rivelato nello stesso mistero di Cristo. Esso mi obbliga anche a richiamarmi a tale misericordia e ad implorarla in questa difficile, critica fase della storia della Chiesa e del mondo».[10] Tale suo insegnamento è più che mai attuale e merita di essere ripreso in questo Anno Santo. Accogliamo nuovamente le sue parole: «La Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia – il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore – e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore di cui essa è depositaria e dispensatrice».[11] 12. La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno. Nel nostro tempo, in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale. È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre. La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre. Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia. 13. Vogliamo vivere questo Anno Giubilare alla luce della parola del Signore: Misericordiosi come il Padre. L’evangelista riporta l’insegnamento di Gesù che dice: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36). È un programma di vita tanto impegnativo quanto ricco di gioia e di pace. L’imperativo di Gesù è rivolto a quanti ascoltano la sua voce (cfr Lc 6,27). Per essere capaci di misericordia, quindi, dobbiamo in primo luogo porci in ascolto della Parola di Dio. Ciò significa recuperare il valore del silenzio per meditare la Parola che ci viene rivolta. In questo modo è possibile contemplare la misericordia di Dio e assumerlo come proprio stile di vita.

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14. Il pellegrinaggio è un segno peculiare nell’Anno Santo, perché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza. La vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è viator, un pellegrino che percorre una strada fino alla meta agognata. Anche per raggiungere la Porta Santa a Roma e in ogni altro luogo, ognuno dovrà compiere, secondo le proprie forze, un pellegrinaggio. Esso sarà un segno del fatto che anche la misericordia è una meta da raggiungere e che richiede impegno e sacrificio. Il pellegrinaggio, quindi, sia stimolo alla conversione: attraversando la Porta Santa ci lasceremo abbracciare dalla misericordia di Dio e ci impegneremo ad essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo è con noi. Il Signore Gesù indica le tappe del pellegrinaggio attraverso cui è possibile raggiungere questa meta: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,37-38). Dice anzitutto di non giudicare e di non condannare. Se non si vuole incorrere nel giudizio di Dio, nessuno può diventare giudice del proprio fratello. Gli uomini, infatti, con il loro giudizio si fermano alla superficie, mentre il Padre guarda nell’intimo. Quanto male fanno le parole quando sono mosse da sentimenti di gelosia e invidia! Parlare male del fratello in sua assenza equivale a porlo in cattiva luce, a compromettere la sua reputazione e lasciarlo in balia della chiacchiera. Non giudicare e non condannare significa, in positivo, saper cogliere ciò che di buono c’è in ogni persona e non permettere che abbia a soffrire per il nostro giudizio parziale e la nostra presunzione di sapere tutto. Ma questo non è ancora sufficiente per esprimere la misericordia. Gesù chiede anche di perdonare e di donare. Essere strumenti del perdono, perché noi per primi lo abbiamo ottenuto da Dio. Essere generosi nei confronti di tutti, sapendo che anche Dio elargisce la sua benevolenza su di noi con grande magnanimità. Misericordiosi come il Padre, dunque, è il “motto” dell’Anno Santo. Nella misericordia abbiamo la prova di come Dio ama. Egli dà tutto se stesso, per sempre, gratuitamente, e senza nulla chiedere in cambio. Viene in nostro aiuto quando lo invochiamo. È bello che la preghiera quotidiana della Chiesa inizi con queste parole: «O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto» (Sal 70,2). L’aiuto che invochiamo è già il primo passo della misericordia di Dio verso di noi.

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Egli viene a salvarci dalla condizione di debolezza in cui viviamo. E il suo aiuto consiste nel farci cogliere la sua presenza e la sua vicinanza. Giorno per giorno, toccati dalla sua compassione, possiamo anche noi diventare compassionevoli verso tutti. 15. In questo Anno Santo, potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica. Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. In questo Giubileo ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta. Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo. È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Non possiamo sfuggire alle parole del Signore: e in base ad esse saremo giudicati: se avremo dato da mangiare a chi ha fame e da bere a

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chi ha sete. Se avremo accolto il forestiero e vestito chi è nudo. Se avremo avuto tempo per stare con chi è malato e prigioniero (cfr Mt 25,31-45). Ugualmente, ci sarà chiesto se avremo aiutato ad uscire dal dubbio che fa cadere nella paura e che spesso è fonte di solitudine; se saremo stati capaci di vincere l’ignoranza in cui vivono milioni di persone, soprattutto i bambini privati dell’aiuto necessario per essere riscattati dalla povertà; se saremo stati vicini a chi è solo e afflitto; se avremo perdonato chi ci offende e respinto ogni forma di rancore e di odio che porta alla violenza; se avremo avuto pazienza sull’esempio di Dio che è tanto paziente con noi; se, infine, avremo affidato al Signore nella preghiera i nostri fratelli e sorelle. In ognuno di questi “più piccoli” è presente Cristo stesso. La sua carne diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga… per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura. Non dimentichiamo le parole di san Giovanni della Croce: «Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore».[12] 16. Nel Vangelo di Luca troviamo un altro aspetto importante per vivere con fede il Giubileo. Racconta l’evangelista che Gesù, un sabato, ritornò a Nazaret e, come era solito fare, entrò nella Sinagoga. Lo chiamarono a leggere la Scrittura e commentarla. Il passo era quello del profeta Isaia dove sta scritto: « Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di misericordia del Signore » (61,1-2). “Un anno di misericordia”: è questo quanto viene annunciato dal Signore e che noi desideriamo vivere. Questo Anno Santo porta con sé la ricchezza della missione di Gesù che risuona nelle parole del Profeta: portare una parola e un gesto di consolazione ai poveri, annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù della società moderna, restituire la vista a chi non riesce più a vedere perché curvo su sé stesso, e restituire dignità a quanti ne sono stati privati. La predicazione di Gesù si rende di nuovo visibile nelle risposte di fede che la testimonianza dei cristiani è chiamata ad offrire. Ci accompagnino le parole dell’Apostolo: «Chi fa opere di misericordia, le compia con gioia» (Rm 12,8).

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17. La Quaresima di questo Anno Giubilare sia vissuta più intensamente come momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio. Quante pagine della Sacra Scrittura possono essere meditate nelle settimane della Quaresima per riscoprire il volto misericordioso del Padre! Con le parole del profeta Michea possiamo anche noi ripetere: Tu, o Signore, sei un Dio che toglie l’iniquità e perdona il peccato, che non serbi per sempre la tua ira, ma ti compiaci di usare misericordia. Tu, Signore, ritornerai a noi e avrai pietà del tuo popolo. Calpesterai le nostre colpe e getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati (cfr 7,18-19). Le pagine del profeta Isaia potranno essere meditate più concretamente in questo tempo di preghiera, digiuno e carità: «Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio. Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono» (58,6-11). L’iniziativa “24 ore per il Signore”, da celebrarsi nel venerdì e sabato che precedono la IV domenica di Quaresima, è da incrementare nelle Diocesi. Tante persone si stanno riavvicinando al sacramento della Riconciliazione e tra questi molti giovani, che in tale esperienza ritrovano spesso il cammino per ritornare al Signore, per vivere un momento di intensa preghiera e riscoprire il senso della propria vita. Poniamo di nuovo al centro con convinzione il sacramento della Riconciliazione, perché permette di toccare con mano la grandezza della misericordia. Sarà per ogni penitente fonte di vera pace interiore. Non mi stancherò mai di insistere perché i confessori siano un vero segno della misericordia del Padre. Non ci si improvvisa confessori. Lo si diventa quando, anzitutto, ci facciamo noi per primi penitenti in cerca di perdono. Non dimentichiamo mai che essere confessori signi-

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fica partecipare della stessa missione di Gesù ed essere segno concreto della continuità di un amore divino che perdona e che salva. Ognuno di noi ha ricevuto il dono dello Spirito Santo per il perdono dei peccati, di questo siamo responsabili. Nessuno di noi è padrone del Sacramento, ma un fedele servitore del perdono di Dio. Ogni confessore dovrà accogliere i fedeli come il padre nella parabola del figlio prodigo: un padre che corre incontro al figlio nonostante avesse dissipato i suoi beni. I confessori sono chiamati a stringere a sé quel figlio pentito che ritorna a casa e ad esprimere la gioia per averlo ritrovato. Non si stancheranno di andare anche verso l’altro figlio rimasto fuori e incapace di gioire, per spiegargli che il suo giudizio severo è ingiusto, e non ha senso dinanzi alla misericordia del Padre che non ha confini. Non porranno domande impertinenti, ma come il padre della parabola interromperanno il discorso preparato dal figlio prodigo, perché sapranno cogliere nel cuore di ogni penitente l’invocazione di aiuto e la richiesta di perdono. Insomma, i confessori sono chiamati ad essere sempre, dovunque, in ogni situazione e nonostante tutto, il segno del primato della misericordia. 18. Nella Quaresima di questo Anno Santo ho l’intenzione di inviare i Missionari della Misericordia. Saranno un segno della sollecitudine materna della Chiesa per il Popolo di Dio, perché entri in profondità nella ricchezza di questo mistero così fondamentale per la fede. Saranno sacerdoti a cui darò l’autorità di perdonare anche i peccati che sono riservati alla Sede Apostolica, perché sia resa evidente l’ampiezza del loro mandato. Saranno, soprattutto, segno vivo di come il Padre accoglie quanti sono in ricerca del suo perdono. Saranno dei missionari della misericordia perché si faranno artefici presso tutti di un incontro carico di umanità, sorgente di liberazione, ricco di responsabilità per superare gli ostacoli e riprendere la vita nuova del Battesimo. Si lasceranno condurre nella loro missione dalle parole dell’Apostolo: «Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti» (Rm 11,32). Tutti infatti, nessuno escluso, sono chiamati a cogliere l’appello alla misericordia. I missionari vivano questa chiamata sapendo di poter fissare lo sguardo su Gesù, «sommo sacerdote misericordioso e degno di fede» (Eb 2,17). Chiedo ai confratelli Vescovi di invitare e di accogliere questi Missionari, perché siano anzitutto predicatori convincenti della misericordia. Si organizzino nelle Diocesi delle “missioni al popolo”, in modo che

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questi Missionari siano annunciatori della gioia del perdono. Si chieda loro di celebrare il sacramento della Riconciliazione per il popolo, perché il tempo di grazia donato nell’Anno Giubilare permetta a tanti figli lontani di ritrovare il cammino verso la casa paterna. I Pastori, specialmente durante il tempo forte della Quaresima, siano solleciti nel richiamare i fedeli ad accostarsi «al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia» (Eb 4,16). 19. La parola del perdono possa giungere a tutti e la chiamata a sperimentare la misericordia non lasci nessuno indifferente. Il mio invito alla conversione si rivolge con ancora più insistenza verso quelle persone che si trovano lontane dalla grazia di Dio per la loro condotta di vita. Penso in modo particolare agli uomini e alle donne che appartengono a un gruppo criminale, qualunque esso sia. Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita. Ve lo chiedo nel nome del Figlio di Dio che, pur combattendo il peccato, non ha mai rifiutato nessun peccatore. Non cadete nella terribile trappola di pensare che la vita dipende dal denaro e che di fronte ad esso tutto il resto diventa privo di valore e di dignità. È solo un’illusione. Non portiamo il denaro con noi nell’al di là. Il denaro non ci dà la vera felicità. La violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue non rende potenti né immortali. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire. Lo stesso invito giunga anche alle persone fautrici o complici di corruzione. Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. È un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici. La corruzione è un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro come forma di potenza. È un’opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e dall’intrigo. Corruptio optimi pessima, diceva con ragione san Gregorio Magno, per indicare che nessuno può sentirsi immune da questa tentazione. Per debellarla dalla vita personale e sociale sono necessarie prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza, unite al coraggio della denuncia. Se non la si combatte apertamente, presto o tardi rende complici e distrugge l’esistenza. Questo è il momento favorevole per cambiare vita! Questo è il tempo di lasciarsi toccare il cuore. Davanti al male commesso, anche a cri-

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mini gravi, è il momento di ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni, della dignità, degli affetti, della stessa vita. Rimanere sulla via del male è solo fonte di illusione e di tristezza. La vera vita è ben altro. Dio non si stanca di tendere la mano. È sempre disposto ad ascoltare, e anch’io lo sono, come i miei fratelli vescovi e sacerdoti. È sufficiente solo accogliere l’invito alla conversione e sottoporsi alla giustizia, mentre la Chiesa offre la misericordia. 20. Non sarà inutile in questo contesto richiamare al rapporto tra giustizia e misericordia. Non sono due aspetti in contrasto tra di loro, ma due dimensioni di un’unica realtà che si sviluppa progressivamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amore. La giustizia è un concetto fondamentale per la società civile quando, normalmente, si fa riferimento a un ordine giuridico attraverso il quale si applica la legge. Per giustizia si intende anche che a ciascuno deve essere dato ciò che gli è dovuto. Nella Bibbia, molte volte si fa riferimento alla giustizia divina e a Dio come giudice. La si intende di solito come l’osservanza integrale della Legge e il comportamento di ogni buon israelita conforme ai comandamenti dati da Dio. Questa visione, tuttavia, ha portato non poche volte a cadere nel legalismo, mistificando il senso originario e oscurando il valore profondo che la giustizia possiede. Per superare la prospettiva legalista, bisognerebbe ricordare che nella Sacra Scrittura la giustizia è concepita essenzialmente come un abbandonarsi fiducioso alla volontà di Dio. Da parte sua, Gesù parla più volte dell’importanza della fede, piuttosto che dell’osservanza della legge. È in questo senso che dobbiamo comprendere le sue parole quando, trovandosi a tavola con Matteo e altri pubblicani e peccatori, dice ai farisei che lo contestavano: «Andate e imparate che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13). Davanti alla visione di una giustizia come mera osservanza della legge, che giudica dividendo le persone in giusti e peccatori, Gesù punta a mostrare il grande dono della misericordia che ricerca i peccatori per offrire loro il perdono e la salvezza. Si comprende perché, a causa di questa sua visione così liberatrice e fonte di rinnovamento, Gesù sia stato rifiutato dai farisei e dai dottori della legge. Questi per essere fedeli alla legge ponevano solo pesi sulle spalle delle persone, vanificando però la misericordia del Padre. Il richiamo all’osservanza della Legge non può ostacolare l’attenzione per le necessità che toccano la

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dignità delle persone. Il richiamo che Gesù fa al testo del profeta Osea – «voglio l’amore e non il sacrificio» (6,6) – è molto significativo in proposito. Gesù afferma che d’ora in avanti la regola di vita dei suoi discepoli dovrà essere quella che prevede il primato della misericordia, come Lui stesso testimonia, condividendo il pasto con i peccatori. La misericordia, ancora una volta, viene rivelata come dimensione fondamentale della missione di Gesù. Essa è una vera sfida dinanzi ai suoi interlocutori che si fermavano al rispetto formale della legge. Gesù, invece, va oltre la legge; la sua condivisione con quelli che la legge considerava peccatori fa comprendere fin dove arriva la sua misericordia. Anche l’apostolo Paolo ha fatto un percorso simile. Prima di incontrare Cristo sulla via di Damasco, la sua vita era dedicata a perseguire in maniera irreprensibile la giustizia della legge (cfr Fil 3,6). La conversione a Cristo lo portò a ribaltare la sua visione, a tal punto che nella Lettera ai Galati afferma: «Abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge» (2,16). La sua comprensione della giustizia cambia radicalmente. Paolo ora pone al primo posto la fede e non più la legge. Non è l’osservanza della legge che salva, ma la fede in Gesù Cristo, che con la sua morte e resurrezione porta la salvezza con la misericordia che giustifica. La giustizia di Dio diventa adesso la liberazione per quanti sono oppressi dalla schiavitù del peccato e di tutte le sue conseguenze. La giustizia di Dio è il suo perdono (cfr Sal 51,11-16). 21. La misericordia non è contraria alla giustizia ma esprime il comportamento di Dio verso il peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilità per ravvedersi, convertirsi e credere. L’esperienza del profeta Osea ci viene in aiuto per mostrarci il superamento della giustizia nella direzione della misericordia. L’epoca di questo profeta è tra le più drammatiche della storia del popolo ebraico. Il Regno è vicino alla distruzione; il popolo non è rimasto fedele all’alleanza, si è allontanato da Dio e ha perso la fede dei Padri. Secondo una logica umana, è giusto che Dio pensi di rifiutare il popolo infedele: non ha osservato il patto stipulato e quindi merita la dovuta pena, cioè l’esilio. Le parole del profeta lo attestano: «Non ritornerà al paese d’Egitto, ma Assur sarà il suo re, perché non hanno voluto convertirsi» (Os 11,5). Eppure, dopo questa reazione che si richiama alla giustizia, il profeta modifica radicalmente il suo linguaggio e rivela il vero volto di Dio: «Il mio cu-

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ore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira» (11,8-9). Sant’Agostino, quasi a commentare le parole del profeta dice: «È più facile che Dio trattenga l’ira più che la misericordia».[13] È proprio così. L’ira di Dio dura un istante, mentre la sua misericordia dura in eterno. Se Dio si fermasse alla giustizia cesserebbe di essere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano il rispetto della legge. La giustizia da sola non basta, e l’esperienza insegna che appellarsi solo ad essa rischia di distruggerla. Per questo Dio va oltre la giustizia con la misericordia e il perdono. Ciò non significa svalutare la giustizia o renderla superflua, al contrario. Chi sbaglia dovrà scontare la pena. Solo che questo non è il fine, ma l’inizio della conversione, perché si sperimenta la tenerezza del perdono. Dio non rifiuta la giustizia. Egli la ingloba e supera in un evento superiore dove si sperimenta l’amore che è a fondamento di una vera giustizia. Dobbiamo prestare molta attenzione a quanto scrive Paolo per non cadere nello stesso errore che l’Apostolo rimproverava ai Giudei suoi contemporanei: «Ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della Legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede» (Rm 10,3-4). Questa giustizia di Dio è la misericordia concessa a tutti come grazia in forza della morte e risurrezione di Gesù Cristo. La Croce di Cristo, dunque, è il giudizio di Dio su tutti noi e sul mondo, perché ci offre la certezza dell’amore e della vita nuova. 22. Il Giubileo porta con sé anche il riferimento all’indulgenza. Nell’Anno Santo della Misericordia essa acquista un rilievo particolare. Il perdono di Dio per i nostri peccati non conosce confini. Nella morte e risurrezione di Gesù Cristo, Dio rende evidente questo suo amore che giunge fino a distruggere il peccato degli uomini. Lasciarsi riconciliare con Dio è possibile attraverso il mistero pasquale e la mediazione della Chiesa. Dio quindi è sempre disponibile al perdono e non si stanca mai di offrirlo in maniera sempre nuova e inaspettata. Noi tutti, tuttavia, facciamo esperienza del peccato. Sappiamo di essere chiamati alla perfezione (cfr Mt 5,48), ma sentiamo forte il peso del peccato. Mentre percepiamo la potenza della grazia che ci trasforma, sperimentiamo anche la forza del peccato che ci condiziona. Nono-

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stante il perdono, nella nostra vita portiamo le contraddizioni che sono la conseguenza dei nostri peccati. Nel sacramento della Riconciliazione Dio perdona i peccati, che sono davvero cancellati; eppure, l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane. La misericordia di Dio però è più forte anche di questo. Essa diventa indulgenza del Padre che attraverso la Sposa di Cristo raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato, abilitandolo ad agire con carità, a crescere nell’amore piuttosto che ricadere nel peccato. La Chiesa vive la comunione dei Santi. Nell’Eucaristia questa comunione, che è dono di Dio, si attua come unione spirituale che lega noi credenti con i Santi e i Beati il cui numero è incalcolabile (cfr Ap 7,4). La loro santità viene in aiuto alla nostra fragilità, e così la Madre Chiesa è capace con la sua preghiera e la sua vita di venire incontro alla debolezza di alcuni con la santità di altri. Vivere dunque l’indulgenza nell’Anno Santo significa accostarsi alla misericordia del Padre con la certezza che il suo perdono si estende su tutta la vita del credente. Indulgenza è sperimentare la santità della Chiesa che partecipa a tutti i benefici della redenzione di Cristo, perché il perdono sia esteso fino alle estreme conseguenze a cui giunge l’amore di Dio. Viviamo intensamente il Giubileo chiedendo al Padre il perdono dei peccati e l’estensione della sua indulgenza misericordiosa. 23. La misericordia possiede una valenza che va oltre i confini della Chiesa. Essa ci relaziona all’Ebraismo e all’Islam, che la considerano uno degli attributi più qualificanti di Dio. Israele per primo ha ricevuto questa rivelazione, che permane nella storia come inizio di una ricchezza incommensurabile da offrire all’intera umanità. Come abbiamo visto, le pagine dell’Antico Testamento sono intrise di misericordia, perché narrano le opere che il Signore ha compiuto a favore del suo popolo nei momenti più difficili della sua storia. L’Islam, da parte sua, tra i nomi attribuiti al Creatore pone quello di Misericordioso e Clemente. Questa invocazione è spesso sulle labbra dei fedeli musulmani, che si sentono accompagnati e sostenuti dalla misericordia nella loro quotidiana debolezza. Anch’essi credono che nessuno può limitare la misericordia divina perché le sue porte sono sempre aperte. Questo Anno Giubilare vissuto nella misericordia possa favorire l’incontro con queste religioni e con le altre nobili tradizioni religiose; ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci;

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elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione. 24. Il pensiero ora si volge alla Madre della Misericordia. La dolcezza del suo sguardo ci accompagni in questo Anno Santo, perché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio. Nessuno come Maria ha conosciuto la profondità del mistero di Dio fatto uomo. Tutto nella sua vita è stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne. La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore. Scelta per essere la Madre del Figlio di Dio, Maria è stata da sempre preparata dall’amore del Padre per essere Arca dell’Alleanza tra Dio e gli uomini. Ha custodito nel suo cuore la divina misericordia in perfetta sintonia con il suo Figlio Gesù. Il suo canto di lode, sulla soglia della casa di Elisabetta, fu dedicato alla misericordia che si estende «di generazione in generazione» (Lc 1,50). Anche noi eravamo presenti in quelle parole profetiche della Vergine Maria. Questo ci sarà di conforto e di sostegno mentre attraverseremo la Porta Santa per sperimentare i frutti della misericordia divina. Presso la croce, Maria insieme a Giovanni, il discepolo dell’amore, è testimone delle parole di perdono che escono dalle labbra di Gesù. Il perdono supremo offerto a chi lo ha crocifisso ci mostra fin dove può arrivare la misericordia di Dio. Maria attesta che la misericordia del Figlio di Dio non conosce confini e raggiunge tutti senza escludere nessuno. Rivolgiamo a lei la preghiera antica e sempre nuova della Salve Regina, perché non si stanchi mai di rivolgere a noi i suoi occhi misericordiosi e ci renda degni di contemplare il volto della misericordia, suo Figlio Gesù. La nostra preghiera si estenda anche ai tanti Santi e Beati che hanno fatto della misericordia la loro missione di vita. In particolare il pensiero è rivolto alla grande apostola della misericordia, santa Faustina Kowalska. Lei, che fu chiamata ad entrare nelle profondità della divina misericordia, interceda per noi e ci ottenga di vivere e camminare sempre nel perdono di Dio e nell’incrollabile fiducia nel suo amore. 25. Un Anno Santo straordinario, dunque, per vivere nella vita di ogni giorno la misericordia che da sempre il Padre estende verso di noi. In questo Giubileo lasciamoci sorprendere da Dio. Lui non si stanca mai

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di spalancare la porta del suo cuore per ripetere che ci ama e vuole condividere con noi la sua vita. La Chiesa sente in maniera forte l’urgenza di annunciare la misericordia di Dio. La sua vita è autentica e credibile quando fa della misericordia il suo annuncio convinto. Essa sa che il suo primo compito, soprattutto in un momento come il nostro colmo di grandi speranze e forti contraddizioni, è quello di introdurre tutti nel grande mistero della misericordia di Dio, contemplando il volto di Cristo. La Chiesa è chiamata per prima ad essere testimone veritiera della misericordia professandola e vivendola come il centro della Rivelazione di Gesù Cristo. Dal cuore della Trinità, dall’intimo più profondo del mistero di Dio, sgorga e scorre senza sosta il grande fiume della misericordia. Questa fonte non potrà mai esaurirsi, per quanti siano quelli che vi si accostano. Ogni volta che ognuno ne avrà bisogno, potrà accedere ad essa, perché la misericordia di Dio è senza fine. Tanto è imperscrutabile la profondità del mistero che racchiude, tanto è inesauribile la ricchezza che da essa proviene. In questo Anno Giubilare la Chiesa si faccia eco della Parola di Dio che risuona forte e convincente come una parola e un gesto di perdono, di sostegno, di aiuto, di amore. Non si stanchi mai di offrire misericordia e sia sempre paziente nel confortare e perdonare. La Chiesa si faccia voce di ogni uomo e ogni donna e ripeta con fiducia e senza sosta: «Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre» (Sal 25,6). Dato a Roma, presso San Pietro, l’11 aprile, Vigilia della II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, dell’Anno del Signore 2015, terzo di pontificato. Franciscus

Note: [1] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 4. [2] Discorso di apertura del Conc. Ecum. Vat. II, Gaudet Mater Ecclesia, 11 ottobre 1962, 2-3. [3] Allocuzione nell’ultima sessione pubblica, 7 dicembre 1965. [4] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 16; Cost. past. Gaudium et spes, 15. [5] Tommaso D’aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 30, a. 4.

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[6]

XXVI Domenica del Tempo Ordinario. Questa colletta appare già , nell’VIII secolo, tra i testi eucologici del Sacramentario Gelasiano (1198). [7] Cfr Om. 21: CCL 122, 149-151. [8] Esort. ap. Evangelii gaudium, 24. [9] N. 2. [10] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Dives in misericordia,15. [11] Ibid., 13. [12] Parole di luce e di amore, 57. [13] Enarr. in Ps. 76, 11.

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SANTA MESSA DELLA NOTTE NATALE DEL SIGNORE OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO Basilica Vaticana Giovedì, 24 dicembre 2015

In questa notte risplende una «grande luce» (Is 9,1); su tutti noi rifulge la luce della nascita di Gesù. Quanto sono vere e attuali le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato: «Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia» (9,2)! Il nostro cuore era già colmo di gioia per l’attesa di questo momento; ora, però, quel sentimento viene moltiplicato e sovrabbonda, perché la promessa si è compiuta, finalmente si è realizzata. Gioia e letizia ci assicurano che il messaggio contenuto nel mistero di questa notte viene veramente da Dio. Non c’è posto per il dubbio; lasciamolo agli scettici che per interrogare solo la ragione non trovano mai la verità. Non c’è spazio per l’indifferenza, che domina nel cuore di chi non riesce a voler bene, perché ha paura di perdere qualcosa. Viene scacciata ogni tristezza, perché il bambino Gesù è il vero consolatore del cuore. Oggi il Figlio di Dio è nato: tutto cambia. Il Salvatore del mondo viene a farsi partecipe della nostra natura umana, non siamo più soli e abbandonati. La Vergine ci offre il suo Figlio come principio di vita nuova. La luce vera viene a rischiarare la nostra esistenza, spesso rinchiusa nell’ombra del peccato. Oggi scopriamo nuovamente chi siamo! In questa notte ci viene reso manifesto il cammino da percorrere per raggiungere la meta. Ora, deve cessare ogni paura e spavento, perché la luce ci indica la strada verso Betlemme. Non possiamo rimanere inerti. Non ci è lecito restare fermi. Dobbiamo andare a vedere il nostro Salvatore deposto in una mangiatoia. Ecco il motivo della gioia e della letizia: questo Bambino è «nato per noi», è «dato a noi», come annuncia Isaia (cfr 9,5). A un popolo che da duemila anni percorre tutte le strade del mondo per rendere partecipe ogni uomo di questa gioia, viene affidata la missione di far conoscere il “Principe della pace” e diventare suo efficace strumento in mezzo alle nazioni. Quando, dunque, sentiamo parlare della nascita di Cristo, restiamo in silenzio e lasciamo che sia quel Bambino a parlare; imprimiamo nel

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nostro cuore le sue parole senza distogliere lo sguardo dal suo volto. Se lo prendiamo tra le nostre braccia e ci lasciamo abbracciare da Lui, ci porterà la pace del cuore che non avrà mai fine. Questo Bambino ci insegna che cosa è veramente essenziale nella nostra vita. Nasce nella povertà del mondo, perché per Lui e la sua famiglia non c’è posto in albergo. Trova riparo e sostegno in una stalla ed è deposto in una mangiatoia per animali. Eppure, da questo nulla, emerge la luce della gloria di Dio. A partire da qui, per gli uomini dal cuore semplice inizia la via della vera liberazione e del riscatto perenne. Da questo Bambino, che porta impressi nel suo volto i tratti della bontà, della misericordia e dell’amore di Dio Padre, scaturisce per tutti noi suoi discepoli, come insegna l’apostolo Paolo, l’impegno a «rinnegare l’empietà» e la ricchezza del mondo, per vivere «con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Tt 2,12). In una società spesso ebbra di consumo e di piacere, di abbondanza e lusso, di apparenza e narcisismo, Lui ci chiama a un comportamento sobrio, cioè semplice, equilibrato, lineare, capace di cogliere e vivere l’essenziale. In un mondo che troppe volte è duro con il peccatore e molle con il peccato, c’è bisogno di coltivare un forte senso della giustizia, del ricercare e mettere in pratica la volontà di Dio. Dentro una cultura dell’indifferenza, che finisce non di rado per essere spietata, il nostro stile di vita sia invece colmo di pietà, di empatia, di compassione, di misericordia, attinte ogni giorno dal pozzo della preghiera. Come per i pastori di Betlemme, possano anche i nostri occhi riempirsi di stupore e meraviglia, contemplando nel Bambino Gesù il Figlio di Dio. E, davanti a Lui, sgorghi dai nostri cuori l’invocazione: «Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza» (Sal 85,8).

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA



68ª ASSEMBLEA GENERALE Roma, 18-21 maggio 2015 Comunicato finale

La presenza disponibile e generosa del Santo Padre ha aperto la 68ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, riunita nell’Aula del Sinodo della Città del Vaticano da lunedì 18 a giovedì 21 maggio 2015, sotto la guida del Cardinale Presidente, Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova. Filo conduttore dei lavori è stata la verifica di quanto le indicazioni di fondo contenute nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium siano state accolte e orientino il cammino delle Chiese che sono in Italia verso una nuova tappa evangelizzatrice. Questo stesso spirito ha caratterizzato il confronto tra i Vescovi anche sui contenuti del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale (Firenze, 9-13 novembre 2015), quindi sulle iniziative per vivere l’appuntamento con il Giubileo straordinario della Misericordia (8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016) e, infine, su come approfondire il tema decisivo riguardante la vita e la formazione permanente dei presbiteri. Come ogni anno, si è dato spazio ad alcuni adempimenti amministrativi: l’approvazione del bilancio consuntivo della CEI; la definizione dei criteri di ripartizione delle somme derivanti dall’otto per mille per l’anno 2015; la presentazione del bilancio consuntivo dell’Istituto Centrale per il sostentamento del clero. Distinte comunicazioni hanno illustrato la situazione dei media CEI, l’Anno della Vita Consacrata (30 novembre 2014 – 2 febbraio 2016), l’Ostensione della Sindone (Torino, 19 aprile – 24 giugno 2015), la Giornata per la Carità del Papa (28 giugno 2015), l’VIII Incontro Mondiale delle Famiglie (Philadelphia, 22-27 settembre 2015), la XXXI Giornata Mondiale della Gioventù (Cracovia, 26-31 luglio 2016) e il XXVI Congresso Eucaristico Nazionale (Genova, 15-18 settembre 2016). L’Assemblea ha eletto il Vice Presidente della CEI per l’area nord, i Presidenti delle dodici Commissioni Episcopali, i Membri del Consiglio per gli Affari Economici e i 4 Membri e i 2 Sostituti rappresentanti della CEI alla XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (4-25 ottobre 2015).

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Hanno preso parte ai lavori 240 membri, 32 Vescovi emeriti, 18 delegati di Conferenze Episcopali Europee, i rappresentanti di religiosi, consacrati e della Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali. Tra i momenti significativi vi è stata la Concelebrazione Eucaristica nella Basilica di San Pietro, presieduta dal Car. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi. A margine dei lavori assembleari si è riunito il Consiglio Permanente, che ha provveduto ad alcune nomine. 1. Pastori che vivono con la gente Sensibilità ecclesiale, fatta di un “appropriarsi degli stessi sentimenti di Cristo, di umiltà, compassione, misericordia, concretezza e saggezza”. Sensibilità ecclesiale, che comporta il coraggio di “sconfessare e sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata” e di “uscire verso il popolo di Dio per difenderlo dalle colonizzazioni ideologiche che gli tolgono l’identità e la dignità umana”. Sensibilità ecclesiale, che “si manifesta nelle scelte pastorali”, “si concretizza nel rinforzare l’indispensabile ruolo dei laici” e “si rivela nella comunione tra i Vescovi e i loro sacerdoti, tra Diocesi ricche e quelle in difficoltà, tra i Vescovi e il Successore di Pietro”. È stata questa la cifra principale del discorso – a cui è seguito un ampio confronto a porte chiuse – con cui lunedì 18 maggio il Santo Padre ha aperto i lavori della 68ª Assemblea Generale. Papa Francesco ha esortato l’Episcopato italiano ad “andare controcorrente”, rispetto a un contesto nel quale “spesso siamo accerchiati da notizie sconfortanti” per farsi “testimoni gioiosi di Cristo Risorto per trasmettere gioia e speranza agli altri”. Proprio di tale vocazione e responsabilità a “vivere con la gente” si è fatto interprete il Cardinale Bagnasco nella prolusione, dove ha dato voce innanzitutto ai “nodi antichi e nuovi del Paese”: la piaga della disoccupazione, la tragedia dei migranti, i tentativi legislativi di equiparare il matrimonio e l’istituto familiare ad altre unioni. Sono stati temi ripresi e approfonditi nel dibattito assembleare, con i Vescovi preoccupati – accanto alle difficoltà materiali sofferte da tanta gente – dello “snaturamento” della cultura popolare, della disgregazione dei rapporti e delle manipolazioni di carattere tecnologico. In particolare, l’Assemblea ha messo in guardia dalla cosiddetta teoria del genere, che si sta diffondendo in modo subdolo soprattutto nelle scuole e che coinvolge l’impostazione generale del senso della vita, della sessualità e dell’amore. Di qui l’appello dei Pastori a genitori e

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educatori, perché prendano coscienza di ciò che a questo riguardo viene insegnato ai loro figli e trovino le forme per contrastare apertamente una tale deriva antropologica, culturale e sociale. Sul fronte ecclesiale è emersa con forza la necessità di superare la pastorale ordinaria con un rinnovamento missionario delle parrocchie, che si traduca in modalità e proposte operative, sostenute da una robusta formazione di sacerdoti e laici. 2. Per una nuova tappa evangelizzatrice Nella medesima linea si è svolta la verifica della recezione dell’Evangelii gaudium, che ha costituito il tema principale dell’Assemblea Generale. A tale scopo sono state presentate ai Vescovi le sintesi dei contributi giunti dalle Conferenze Episcopali Regionali, da dove si rileva, innanzitutto, come tra le varie componenti della comunità ecclesiale l’Esortazione apostolica abbia ricevuto una buona accoglienza di fondo. Nel contempo, si palesa una duplice esigenza: quella di un approfondimento delle indicazioni di cui essa è ricca e anche quella di una maggiore chiarificazione di alcuni termini essenziali. Sono osservazioni approfondite e condivise dai vescovi nei gruppi di studio, dove hanno evidenziato la piena continuità tra l’Esortazione apostolica, il magistero del Concilio e dei pontefici che, dopo di esso, si sono succeduti sulla Cattedra di Pietro. Nella stessa scia sono state lette pure molte indicazioni già espresse dai documenti della CEI, specialmente quelli riguardanti l’evangelizzazione e in modo particolare Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, Il volto missionario delle Parrocchie in un mondo che cambia e Educare alla vita buona del Vangelo. Dai lavori dei Membri dell’Assemblea Generale è emersa anche la novità con cui l’Evangelii gaudium propone tali contenuti – che rimandano alla persona di Gesù Cristo – per un nuovo volto di Chiesa e un nuovo stile: quello del pastore che precede il gregge, lo accompagna e lo segue; una novità che deriva dal particolare carisma di Papa Francesco, capace di provocare e di suscitare entusiasmo. In tutti i gruppi è stata rilevata l’importanza dell’attenzione alle relazioni personali con l’accoglienza e la vicinanza a ciascuno nella propria concreta situazione, quale via per annunciare Gesù e testimoniare il suo Vangelo. Un ulteriore elemento richiamato è stata l’eloquenza dei gesti: gesti di misericordia, di riconciliazione, di solidarietà, capaci di coinvolgere,

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di dare visibilità alla testimonianza di fede e di rendere credibile l’annuncio. Ne è parte anche la stessa urgenza di ritrovare la vivacità di un linguaggio (con particolare attenzione alle omelie, ma non solo), che comunichi la freschezza della fede, la gioia dell’annuncio, il coinvolgimento nell’esperienza evangelica. Una delle parole più ricorrenti emersa concerne la necessità di un’autentica conversione pastorale, condizione essenziale per la riappropriazione costante della fede e per la progressiva purificazione della testimonianza, che si esprime con la misericordia e la carità cristiana e la sobrietà di vita. L’esigenza di conversione – hanno evidenziato ancora i Vescovi – si spinge dal piano personale a quello pastorale e particolarmente a rinnovare continuamente in ordine alla missione tutta la pastorale ordinaria. Papa Francesco ne ha dato una bella chiave di lettura parlando al CELAM, quando ha indicato la metodologia dei gesti paradigmatici e programmatici da assumere come atti missionari, alleggerendo le sovrastrutture e dando concretezza ai valori: “La missione programmatica – spiegava – consiste nella realizzazione di atti di indole missionaria; la missione paradigmatica, invece, implica il porre in chiave missionaria le attività abituali delle Chiese particolari”. Tale conversione pastorale passa attraverso una rinnovata attenzione alla collegialità e una rimotivata cura degli organismi di partecipazione, evitando di renderli presidio privato di pochi. Una cura fatta di disponibilità all’ascolto, di parlare libero, di confronto aperto e leale che porti sacerdoti e laici a progettare e costruire insieme. Una sapiente rimotivazione degli organismi di partecipazione – hanno ancora sottolineato – può costituire la premessa indispensabile anche per cercare nuove vie e nuove figure per l’amministrazione delle parrocchie, senza togliere ai parroci la specifica responsabilità primaria, ma liberandoli da pesanti fardelli che generano stanchezza e tolgono tempo alle relazioni pastorali per l’annuncio del vangelo, accompagnamento dei fedeli, la ricerca personale di ciascuno. 3. Insieme verso Firenze Contenuti, finalità e stili dell’Evangelii gaudium si riflettono nella Traccia che accompagna il cammino di preparazione al 5° Convegno Ecclesiale Nazionale (Firenze, 9-13 novembre 2015). Ai Vescovi è stato presentato il programma del Convegno, che nella giornata di martedì 10 prevede la visita di Papa Francesco.

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Nel complesso, si respira un crescente e capillare interesse attorno al tema di fondo – In Gesù Cristo il nuovo umanesimo –: un contributo decisivo è assicurato dal sito internet dell’evento – «luogo» di feconda condivisione del materiale che giunge da diocesi, movimenti e associazioni ecclesiali – come pure dai media collegati alla CEI, da scuole e Facoltà teologiche. Il percorso di avvicinamento al Convegno è stato arricchito anche da tre laboratori a carattere nazionale: il primo, svoltosi nei giorni 7-9 maggio a Perugia, Dalla solidarietà alla fraternità: identità, estraneità, relazioni per un nuovo umanesimo; un secondo, che si terrà a Napoli il prossimo 13 giugno, Leggere i segni dei tempi e il linguaggio dell’amore; infine, un terzo in programma in ottobre a Milano, che affronterà il tema del nuovo umanesimo a partire dalle problematiche del lavoro, della società e del creato. Accanto a tali iniziative, si collocano anche un seminario su Umanesimo e umanizzazione della medicina (Roma, 29-30 maggio) e due convegni: Famiglia e immigrazione (Campofelice di Roccella, 31 maggio-2 giugno) e Dal carcere un nuovo umanesimo (Roma, 6 giugno). 4. Per non spendersi senza donarsi L’impegno a recepire le indicazioni circa la vita e la formazione permanente dei presbiteri emerse dall’Assise straordinaria dello scorso novembre ad Assisi ha portato a elaborare una «agenda» che è stata presentata in Assemblea Generale: l’intento è stato quello di offrire a Vescovi e Consigli presbiterali diocesani e decanali linee e contenuti su cui lavorare in vista dell’Assemblea Generale del 2016, che sarà dedicata proprio a tale tematica. L’urgenza nasce dalla consapevolezza di come oggi non sia sufficiente offrire ai sacerdoti un semplice aggiornamento che li aiuti a tenere il passo con il cammino della storia: non a caso, i Vescovi non esitano a parlare della necessità di promuovere una vera riforma del clero. Essa trova il suo fulcro nell’impegno a custodire e ravvivare il dono spirituale ricevuto con l’imposizione delle mani. Affrontando tale argomento i Pastori hanno riconosciuto come la loro prima responsabilità – l’opera di carità più impegnativa – sia la santificazione dei sacerdoti. Tale impegno chiede al Vescovo di cercare innanzitutto la promozione dell’unità del presbiterio e di saperlo amare intensamente. Nel contempo, rinvia il prete stesso alla cura della propria vita interiore, attraverso la conquista e la fedeltà quotidiana a momenti di silenzio

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e di preghiera, che sono condizione per l’azione. È stato, infatti, evidenziato che il cuore del problema non è costituito tanto dal peso del servizio alla propria gente, quanto piuttosto da un indebolimento spirituale, che spinge nella mediocrità di un attivismo fine a se stesso ed espone al pericolo di spendersi senza la gioia di donarsi. Lungi dal risolversi in un appello intimistico, l’«agenda» sollecita, da un lato, l’individuazione di processi ed esercizi di comunione fraterna; dall’altro, l’elaborazione di un diverso modello organizzativo delle parrocchie, attraverso un’effettiva corresponsabilità laicale: ne va della stessa sostenibilità e, quindi, della fecondità del ministero ordinato. 5. La Chiesa in Italia e il Giubileo straordinario della Misericordia Alla luce della Bolla d’indizione Misericordiae vultus, i Vescovi si sono ritrovati nel riconoscere la misericordia – segno della verità dell’amore infinito di Dio e vocazione a riverberarlo sugli altri – come linfa per la vita dell’umanità e vitale missione della Chiesa nella storia. In sintonia con il pensiero del Santo Padre, avvertono che a tante domande impellenti che attraversano questo tempo si può rispondere solo facendosi prossimi, in un coinvolgimento personale che è caratteristica irrinunciabile dell’apostolato e della presenza della Chiesa nel mondo di oggi. La vita nuova che sgorga da un’esperienza d’incontro con la misericordia indica in pienezza le linee per un rinnovato umanesimo. Di qui la volontà delle Chiese che sono in Italia di vivere il Giubileo straordinario della Misericordia (8 dicembre 2015-20 novembre 2016) impegnandosi a celebrare in tutte le proposte e attività pastorali la grazia di Dio e a condividere con l’umanità intera l’invito a sviluppare nuovi atteggiamenti di accoglienza e di reciproco accompagnamento. 6. Adempimenti di carattere giuridico-amministrativo L’Assemblea Generale ha approvato la modifica delle Determinazioni concernenti la gestione dei flussi finanziari agevolati per il sostegno della Chiesa Cattolica in Italia in esecuzione della Delibera CEI n. 57, circa la trasmissione della somma assegnata al sostentamento del clero. Come ogni anno, ha dato spazio anche ad alcuni adempimenti amministrativi: l’approvazione del bilancio consuntivo della CEI; la definizione dei criteri di ripartizione delle somme derivanti dall’otto per

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mille per l’anno 2015; la presentazione del bilancio consuntivo dell’Istituto Centrale per il sostentamento del clero. 7. Comunicazioni e informazioni Distinte comunicazioni hanno illustrato la situazione dei media CEI, l’Anno della Vita Consacrata (30 novembre 2014 –2 febbraio 2016) e l’Ostensione della Sindone (Torino, 19 aprile – 24 giugno 2015). Inoltre, sono stati presentati alcuni appuntamenti di rilievo previsti nel prossimo futuro: l’VIII Incontro Mondiale delle Famiglie (Philadelphia, 22 – 27 settembre 2015), la XXXI Giornata Mondiale della Gioventù (Cracovia, 26 – 31 luglio 2016) e il XXVI Congresso Eucaristico Nazionale (Genova, 15 – 18 settembre 2016). È stata presentata anche la prossima Giornata per la Carità del Papa, prevista per domenica 28 giugno; infine, è stato approvato il calendario delle attività della CEI per il 2015-2016. 8. Nomine Nel corso dei lavori, l’Assemblea Generale ha eletto Vice Presidente della CEI per l’area Nord S.E. Mons. Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara. Ha poi provveduto a eleggere i Presidenti delle dodici Commissioni Episcopali, che faranno parte del Consiglio Permanente per il prossimo quinquennio: - S.E. Mons. Luciano Monari, Vescovo di Brescia, Presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi; - S.E. Mons. Claudio Maniago, Vescovo di Castellaneta, Presidente della Commissione Episcopale per la liturgia; - S.Em. Card. Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento, Presidente della Commissione Episcopale per il servizio della carità e la salute; - S.E. Mons. Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno, Presidente della Commissione Episcopale per il clero e la vita consacrata; - S.E. Mons. Vito Angiuli, Vescovo di Ugento - Santa Maria di Leuca, Presidente della Commissione Episcopale per il laicato; - S.E. Mons. Pietro Maria Fragnelli, Vescovo di Trapani, Presidente della Commissione Episcopale per la famiglia e la vita;

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- S.E. Mons. Francesco Beschi, Vescovo di Bergamo, Presidente della Commissione Episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese; - S.E. Mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti - Vasto, Presidente della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo; - S.E. Mons. Mariano Crociata, Vescovo di Latina - Terracina - Sezze - Priverno, Presidente della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università; - S.E. Mons. Filippo Santoro, Arcivescovo di Taranto, Presidente della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace; - S.E. Mons. Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale, Presidente della Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali; - S.E. Mons. Guerino Di Tora, Vescovo ausiliare di Roma, Presidente della Commissione Episcopale per le migrazioni. L’Assemblea Generale ha eletto membri del Consiglio per gli affari economici: S.E. Mons. Giovanni Paolo Benotto, Arcivescovo di Pisa; S.E. Mons. Lorenzo Ghizzoni, Arcivescovo di Ravenna - Cervia; S.E. Mons. Simone Giusti, Vescovo di Livorno; S.E. Mons. Luigi Moretti, Arcivescovo di Salerno - Campagna - Acerno. L’Assemblea Generale ha altresì approvato la proposta di nuova denominazione della Commissione Episcopale per la famiglia e la vita in “Commissione Episcopale per la famiglia, i giovani e la vita”. Il Consiglio Episcopale Permanente, nella sessione straordinaria del 20 maggio, ha provveduto alle seguenti nomine: - Direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali: Don Ivan Maffeis (Trento). - Direttore dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici (dal 1° settembre 2015): Don Valerio Pennasso (Alba). - Assistente Ecclesiastico Centrale dell’Azione Cattolica Ragazzi (ACR): Don Marco Ghiazza (Torino). - Assistente Ecclesiastico Nazionale del Movimento studenti dell’Azione Cattolica Italiana (MSAC): Don Michele Pace (Andria). - Presidente Nazionale Femminile della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI): Marianna Valzano.

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- Consulente Ecclesiastico Nazionale del Centro Turistico Giovanile (CTG): Mons. Luigi Romanazzi (Taranto). - Assistente ecclesiastico nazionale dell’Associazione Cattolica Internazionale al Servizio della Giovane (ACISJF): S.E. Mons. Domenico Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo. Roma, 21 maggio 2015

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CONFERENZA EPISCOPALE CAMPANA



ASTARE CORAM TE ET TIBI MINISTRARE (BENEDETTO XVI, “Omelia Messa Crismale 20.03.2008”) LETTERA DEI VESCOVI DELLA CAMPANIA AI PRESBITERI DELLE LORO CHIESE

Carissimi, lo scorso 24 gennaio, nel contesto del Santuario mariano di Pompei, abbiamo vissuto un’intensa giornata di ascolto e di riflessione intorno alla liturgia, quale scuola del nuovo e vero umanesimo in Cristo. Ci hanno guidato le stimolanti parole di papa Francesco (Evangelii gaudium, par. 24): «Infine, la comunità evangelizzatrice gioiosa sa sempre “festeggiare”. Celebra e festeggia ogni piccola vittoria, ogni passo avanti nell’evangelizzazione. L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella Liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene. La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della Liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi». Abbiamo inoltre voluto vivere con grata memoria l’evento del Concilio Ecumenico Vaticano II a cinquant’anni dalla sua realizzazione, allora salutato come una novella Pentecoste e, in particolare, dalla prima costituzione, la Sacrosanctum Concilium, da cui è scaturita la generale riforma della Liturgia. Questo nostro trovarci insieme ha costituito anche un primo passo verso il Convegno di Firenze, evidenziando il nesso profondo e costitutivo tra l’azione liturgica, culmen et fons della vita ecclesiale e le cinque vie proposte dalla Traccia per il cammino verso il Convegno, essendo la liturgia il luogo specifico dove lo Spirito “forgia” l’uomo nuovo in Cristo. Sentiamo innanzitutto il bisogno di rendere grazie al Signore per la numerosa, gioiosa e solerte partecipazione ai lavori del Convegno e perché tanta grazia non vada perduta avvertiamo l’urgenza di indirizzarvi una parola che sia di incoraggiamento e tracci allo stesso tempo un percorso di impegno. 1. Dare respiro alla formazione Le nostre comunità hanno accolto generosamente la riforma liturgica,

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a norma dei decreti del Concilio Vaticano II, e i nuovi libri liturgici. Il trascorrere degli anni, però, ha reso tutti noi più avvertiti del fatto che la formazione non è un dato per sempre acquisito, ma piuttosto continuamente da rinnovare. Oggi più che mai l’apprendimento dell’ars celebrandi è un impegno mai definitivamente compiuto, che si presenta sempre nuovo e urgente nel novero delle nostre responsabilità pastorali. Ne siamo effettivamente consapevoli. Ce lo ricordava papa Benedetto XVI nella Sacramentum caritatis, come ce lo ricorda continuamente papa Francesco: la formazione all’ars celebrandi dei fedeli e delle altre figure ministeriali la si ottiene solo se di essa è autenticamente impregnato lo stesso pastore. Il sacerdote nella celebrazione compie un servizio a Dio e un servizio agli uomini. Il momento storico che stiamo vivendo ci chiede di riscoprire la bellezza di celebrare bene le liturgie, rifuggendo la fissazione del rubricismo, ma senza perdere di vista che compiamo gesti che abbiamo ricevuto e che nella loro natura devono parlare e far parlare un Altro e non noi stessi. La vera ars celebrandi ci impedisce di diventare funzionari del sacro, rendendo piuttosto sacra la nostra umanità. Davvero essa favorisce il vero senso del sacro quando è attenta all’armonia del rito, dell’arredo, del luogo, senza introdurre o permettere sbavature. Come pastori abbiamo sempre bisogno di tornare ai libri liturgici e alle ricche introduzioni (Praenotanda) e farle conoscere alle nostre comunità, in particolare a coloro che collaborano alla preparazione della liturgia e in essa intervengono con ruoli ministeriali. L’approfondita conoscenza dei libri liturgici, compresi quelli ormai usciti in seconda edizione con specifici adattamenti alla realtà italiana, consente di realizzare liturgie preparate e non improvvisate, calibrate sul concreto vissuto della comunità celebrante, ben utilizzando le alternative che il rituale stesso propone e senza cedere alla tentazione dell’inventiva, tanto fuorviante quanto sterile e aleatoria. Preparare liturgie veramente degne richiede un rilancio dei gruppi liturgici parrocchiali costituendoli, dove mancano, e, dove già ci sono, iniettandovi una buona dose di entusiasmo. Ciò comporta l’attenzione e la valorizzazione di tutti i registri in cui si esprime l’azione liturgica: silenzio, parola, canto, gesti, posture, movimenti, immagini… L’esperienza stessa conferma che «la semplicità dei gesti e la sobrietà dei segni posti nell’ordine e nei tempi previsti comunicano e coinvolgono di più che l’artificiosità di aggiunte inopportune» (Sacramentum caritatis, 40).

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2. Mantenere vivo il legame liturgia-vita «Il culto che Cristo ha reso al Padre è stato il donarsi sino alla fine per gli uomini. In questo culto, in questo servizio il sacerdote deve inserirsi. Così la parola “servire” comporta molte dimensioni. Certamente ne fa parte innanzitutto la retta celebrazione della Liturgia e dei Sacramenti in genere, compiuta con partecipazione interiore. Dobbiamo imparare a comprendere sempre di più la sacra Liturgia in tutta la sua essenza, sviluppare una viva familiarità con essa, cosicché diventi l’anima della nostra vita quotidiana. È allora che celebriamo in modo giusto, allora emerge da sé l’ars celebrandi, l’arte del celebrare. In quest’arte non deve esserci niente di artefatto. Deve diventare una cosa sola con l’arte del vivere rettamente. Se la Liturgia è un compito centrale del sacerdote, ciò significa anche che la preghiera deve essere una realtà prioritaria da imparare sempre di nuovo e sempre più profondamente alla scuola di Cristo e dei santi di tutti i tempi» (Benedetto XVI, Omelia della Messa Crismale, 20.03.2008). La liturgia e la vita devono camminare di pari passo, certamente, ma è la liturgia che deve trasformare la vita: non accada che le brutture del quotidiano guastino la bellezza della celebrazione. Dal Mistero celebrato troviamo forza per affrontare e vincere le misteriose derive dell’esistenza. Nel contesto liturgico l’attenzione ad ascoltare e a “tenere tra le mani” Cristo ci educa ad assistere e ad accarezzare con la stessa devozione e dedizione i poveri e qualsiasi realtà di fragilità umana. Nei gesti liturgici, sobri e solenni, si apprende anche quello stile di approccio alle membra doloranti del Corpo mistico. Così le nostre liturgie diventano concreta esperienza – come dicono gli Orientali – dell’ora del Tabor, con il risultato di vedere trasfigurata un’umanità spesso segnata da sconforto e depressione. La quinta via del “trasfigurare attraverso la liturgia” – come ci ricorda la Traccia per il prossimo Convegno di Firenze - diventa la possibilità di aiutare il Popolo di Dio a recuperare la Speranza. Una liturgia “fatta bene” spinge lo sguardo oltre e permette di vedere quell’umano autentico che al di là dei limiti del peccato e della morte costituisce la nostra reale identità. Avvertiamo l’urgente bisogno di ridare all’assemblea domenicale il suo volto autentico di “luogo della speranza”, in cui far emergere la bella umanità liberandoci dalla paura della morte. «Questo è (…) il senso della festa e della Domenica, che sono spazi di vera umanità, perché in esse si celebra la persona con le sue relazioni familiari e sociali, che ritrova se stessa attingendo a una memoria più grande, quella della storia della salvezza» (In Gesù

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Cristo il nuovo umanesimo. Una Traccia per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, p. 54). 3. Una rinnovata cura dell’Omelia Un momento della celebrazione che ci interpella in modo tutto particolare, perché parte integrante dell’azione liturgica e propria del compito della presidenza, è l’omelia. Se ne parla ampiamente nell’Introduzione all’Ordinamento del Lezionario della Messa (nn. 24-27), insegnamento che viene ripreso sinteticamente nell’Ordinamento Generale del Messale Romano (nn. 65-66). Ha avuto particolare attenzione nei due ultimi Sinodi ordinari dei Vescovi e pertanto su di esso si soffermano accuratamente le esortazioni post-sinodali del papa Benedetto XVI, Sacramentum caritatis (2007) al par. 46, e Verbum Domini (2010) ai parr. 59 e 60. In entrambe il Pontefice avanzava la richiesta alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti dell’elaborazione di un Direttorio omiletico, che nel febbraio scorso è giunto nelle nostre mani. Ampio spazio – come sappiamo – dedica all’omelia l’attuale pontefice nell’Evangelii gaudium, riservandole ben dieci paragrafi (nn. 135-144). Non solo: quotidianamente, nella celebrazione feriale di Santa Marta, si offre a noi quale esempio di vero omileta, in ascolto della Parola e attento alla vita delle persone e della Chiesa nella concretezza del vissuto del nostro tempo. Abbiamo quindi dove attingere per imparare la delicata ma imprescindibile e preziosa arte dell’omileta. Alla base di questa arte sta da una parte la conoscenza dello strumento principe, il Lezionario, con la sua articolazione e con i principi teologico-liturgici che la sorreggono (vedi tutto il capitolo I dell’Introduzione); e dall’altra parte sta la cura della propria vita interiore posta decisamente alla scuola della Parola e allo stesso tempo – secondo l’efficace immagine usata da papa Francesco – pienamente impregnata dell’“odore delle pecore”. Porgere l’omelia, spezzare il pane della parola è compito prettamente presidenziale. Il sacerdote, però, nel prepararla, oltre al ricorso ai molteplici sussidi in circolazione, saprà porsi in ascolto del suo gregge e potrà accogliere anche suggerimenti e richieste emergenti dal gruppo liturgico col quale predispone la liturgia domenicale. Non va infine trascurato l’impegno ad affinare le proprie capacità comunicative, da un lato attraverso la verifica costante dell’interazione e dell’apprendimento della comunità, dall’altro anche attraverso letture e approfondimenti specifici.

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4. Il rilancio della formazione ministeriale Un ambito che può dare molto alla realizzazione di «una liturgia insieme seria, semplice e bella, che sia veicolo del mistero, rimanendo al tempo stesso intelligibile, capace di narrare la perenne alleanza di Dio con gli uomini» (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 49), è certamente la formazione delle figure ministeriali che intervengono nella celebrazione. In particolare si pensi ai lettori, al salmista, agli accoliti, alla schola o coro - posto veramente a servizio del canto di tutta l’assemblea - e ai ministranti. Si tratta di una formazione che va impostata su un duplice registro. L’acquisizione delle competenze pratiche relative al ruolo ministeriale da svolgere nell’assemblea e per l’assemblea deve poggiare su una ininterrotta preparazione interiore e spirituale, biblica e liturgica insieme. 5. La forza evangelizzatrice della pietà popolare Meritevole di grande attenzione, perché recante in sé una forza attivamente evangelizzatrice, la pietà popolare va accostata con “connaturalità affettiva” (Evangelii gaudium 125), proseguendo con paziente dedizione pastorale nell’opera di purificazione e di orientamento al Vangelo, camminando coraggiosamente lungo la strada tracciata dal nostro Decreto del 2013 Evangelizzare la pietà popolare. Papa Francesco ne parla ampiamente nella Evangelii gaudium (parr. 90 e 122126) e vi individua un’autentica espressione dell’azione missionaria spontanea del Popolo di Dio, realtà in permanente sviluppo, dove lo Spirito Santo è protagonista (cf. Evangelii gaudium 122). A noi tocca non solo correggere ed eliminare le storture perché vi spiri l’aria fresca del Vangelo, ma anche valorizzare tutti gli aspetti positivi, perché portatrice e alimentatrice di «spazi di vera umanità» e di autentica vita cristiana. 6. La cura della casa comune La cura di una liturgia autentica e del culto gradito a Dio non prescinde o rifugge, anzi richiede l’impegno per la cura dell’ambiente, per l’ecologia. «I Sacramenti – ci ricorda papa Francesco al n. 235 di Laudato si’ – sono un modo privilegiato in cui la natura viene assunta da Dio e trasformata in mediazione della vita soprannaturale. Attraverso il culto siamo invitati ad abbracciare il mondo su un piano diverso. L’acqua, l’olio, il fuoco e i colori sono assunti con tutta la loro forza simbolica e si incorporano nella lode. La mano che benedice è

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strumento dell’amore di Dio e riflesso della vicinanza di Cristo che è venuto ad accompagnarci nel cammino della vita. L’acqua che si versa sul corpo del bambino che viene battezzato è segno di vita nuova. Non fuggiamo dal mondo né neghiamo la natura quando vogliamo incontrarci con Dio». Veramente nella liturgia della Veglia pasquale tocchiamo con mano come nel Cristo, vincitore del peccato e della morte, Alfa e Omega, principio e fine di tutte le cose, «ciò che è distrutto si ricostruisce, ciò che è invecchiato si rinnova e tutto ritorna alla sua integrità» (orazione dopo la settima lettura). Non possiamo pensare di rendere culto a Dio deturpando quello che egli ha creato buono e ha rivestito della novità pasquale, «nella speranza che la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8, 20-21). In conclusione, carissimi fratelli nel presbiterato, provvidi nostri collaboratori nella guida pastorale delle care e belle comunità cristiane della Campania, vi giunga il nostro grazie per quello che fate e per l’impegno che mettete nel rendere le liturgie sempre più vere e più belle, capaci di evangelizzare e di generare l’autentico umanesimo sgorgante dal Vangelo. Dalla liturgia, culmine e fonte della sua vita e della sua azione, la Chiesa, le nostre Chiese, riceveranno nuovo impulso per la missione, per essere veramente “Chiesa in uscita”. Carissimi, «in questo momento di grandi cambiamenti epocali, [la Chiesa] è chiamata ad offrire più fortemente i segni della presenza e della vicinanza di Dio. Questo non è il tempo per la distrazione, ma al contrario è il tempo in cui rimanere vigili e risvegliare in noi la capacità di guardare all’essenziale. È il tempo per la Chiesa di ritrovare il senso della missione che il Signore le ha affidato il giorno di Pasqua: essere segno e strumento della misericordia del Padre» (Francesco, Omelia ai I Vespri della II dom. di Pasqua del 2015). L’Anno Giubilare della Misericordia, che si aprirà il prossimo 8 dicembre, risponde a questa esigenza; esso sarà vissuto sotto la guida del Vangelo secondo Luca (Anno C), lo scriba mansuetudinis Christi (Dante) e vuole offrire l’esperienza viva della vicinanza del Padre, il toccare con mano la sua tenerezza. Il luogo e lo spazio dove la misericordia si rende palpabile è la liturgia non disgiunta dalla vita. Insieme ai sacramenti, in modo particolare della Riconciliazione e dell’Eucaristia, il Santo Padre ci invita a riscoprire le opere di misericordia corporali e spirituali. In questo Anno della Misericordia siamo invitati, soprattutto nel tempo

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quaresimale, a porre con convinzione di nuovo al centro della nostra vita e del nostro ministero «il sacramento della Riconciliazione, perché permette di toccare con mano la grandezza della misericordia» e come confessori ci sentiremo «chiamati ad essere sempre, dovunque, in ogni situazione e nonostante tutto, il segno del primato della misericordia» (Misericordiae Vultus, 17). Come vescovi condividiamo e invitiamo tutti a condividere il desiderio del Santo Padre «che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio» e che «a tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio già presente in mezzo a noi» (Misericordiae Vultus, 5). Su questo impegno che ci vedrà tutti gioiosamente all’opera, di cuore impartiamo la nostra benedizione nel Nome del Signore. Ci accompagni lo sguardo materno e dolce di Maria «che ha avuto tra le sue braccia la Misericordia di Dio fatta uomo» (Francesco, Angelus del 17.03.2013). Pompei, 5 ottobre 2015

I Vescovi delle Chiese della Campania

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NON LASCIAMOLI SOLI! L’appello dei Vescovi della Campania per gli alluvionati del Beneventano Sono nostri fratelli e sono parte storica di una terra nobile e laboriosa, che storicamente ha provato sacrifici e sofferenze, senza mai stancarsi di dare un prezioso apporto all’economia campana e nazionale soprattutto attraverso il duro lavoro dei campi. Ora proprio quei campi, fonte di sopravvivenza più che di ricchezza, insieme a tante abitazioni e a molti opifici ed esercizi commerciali, sono stati violentati e fortemente danneggiati dalla furia delle piogge alluvionali di questi giorni. In questi momenti di grande dolore e prostrazione noi Vescovi della Campania, con il Presidente della Conferenza, Card. Crescenzio Sepe, ci stringiamo all’Arcivescovo Mons. Andrea Mugione e a tutte le popolazioni sannite per far sentire loro vicinanza, solidarietà, conforto e condivisione, mentre vogliamo lanciare un appello a tutte le persone di buona volontà: “Non lasciamoli soli!”. Sono nostri fratelli che hanno diritto ad una casa, al vitto, al lavoro benché poco, alla proprietà perduta. Sono stati messi in ginocchio. Hanno diritto a rialzarsi. Lo vogliono con forza, come stanno dimostrando in questi giorni. E noi li dobbiamo aiutare. Abbiamo il dovere cristiano e civico di farlo. Dobbiamo dimostrare di appartenere alla stessa famiglia umana, in nome di quel Cristo che è venuto per sanare e guarire, per rialzare Lazzaro morto. E’ questo l’invito che noi Vescovi della Campania sentiamo di rivolgere a tutti, a partire dalle comunità ecclesiali locali, alle Istituzioni civili, al mondo imprenditoriale, ai cittadini, perché ciascuno faccia la sua parte e rapidamente. Ne va di mezzo la vita di ogni famiglia, di uomini e donne, di anziani, giovani e bambini. L’economia dei luoghi, già molto compromessa, non consente attese e lungaggini burocratiche, né tantomeno tollera speculatori e disonesti che si fanno vivi proprio nelle sventure e che vanno cacciati e denunciati senza indugio. La Chiesa della Campania si pone accanto alle popolazioni, pronta a fare quadrato e a lavorare in sinergia con tutti, con le Amministrazioni pubbliche, con i movimenti e le associazioni, con le organizzazioni varie, con i cittadini che volontariamente si prodigano senza sosta. Le Caritas di ogni diocesi e di ogni parrocchia continueranno a svolgere,

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come già stanno facendo e sempre con maggiore impegno, la loro attività assistenziale, umanitaria, morale, di sostegno e di ascolto. Non possiamo, comunque, non ricordare e sottolineare che la salvaguardia del Creato e la difesa dell’ambiente sono presupposti funzionali alla vita di ogni persona e alla sua sacralità e per questo sono i capisaldi del bene comune. Non dimentichiamolo e non dimentichiamo le comunità del Sannio che sono gravemente in ginocchio! I Vescovi della Campania

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VESCOVO



Messaggio per la Giornata della vita Consacrata 2 febbraio 2015 Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni (Sal 90,14).

Carissimi fratelli e sorelle, che con generosa dedizione servite Dio e i fratelli nella via della Consacrazione e a tutti voi, Presbiteri, Diaconi, Seminaristi e Laici, il mio saluto, il mio augurio di bene e la mia fraterna vicinanza. Il fondamento insostituibile della preghiera alimenta la nostra comunione e risana le nostre relazioni rendendoci ancora uomini e donne che si sforzano di essere immagine della relazione Trinitaria. Avverto il bisogno di rivolgermi a voi consacrate per delineare un cammino interiore di rivalutazione della nostra vocazione, in un momento nel quale la Vita Consacrata attraversa un periodo di tensione, derivata da diverse cause che non sempre aiutano i Consacrati a essere il vigoroso richiamo alla realtà dei beni futuri. La gioia del Vangelo, tuttavia, riempie la nostra esistenza e non possiamo tacere la forza prorompente che promana dalla Vita Consacrata stessa, essa rimane « un segno, il quale può e deve attirare efficacemente tutti i membri della Chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana»1. Con particolare letizia viviamo la celebrazione della giornata della Vita Consacrata entro l’arco di questo Anno, che il Santo Padre ha voluto dedicare proprio alla Vita Consacrata, in occasione dei cinquant’anni dalla promulgazione del Decreto conciliare Perfectae caritatis sul rinnovamento della vita religiosa. Mi rivolgo a tutti voi come pastore di questa Chiesa diocesana, ma anche come fratello che condivide il cammino di consacrazione. Anno della Vita Consacrata: che cosa vuol dire? Non è un tempo di commemorazioni, bensì di rinnovata grazia che ravviva il 1

LUMEN GENTIUM, 44.

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dono che abbiamo ricevuto. Vorrei quasi paragonarlo a un’oasi in cui ci si rinfranca dopo una faticosa marcia e in cui si ritrovano più chiare e vive le ragioni del nostro andare. Un’oasi in cui, a nostro conforto, ci viene donato d’intravvedere e, starei per dire, di pregustare qualcosa della bellezza e della gioia incomparabili della meta. In vista della quale dobbiamo essere saldi camminatori nel presente, mai sfiduciati girovaghi. Il Papa ha indirizzato per quest’occasione una Lettera Apostolica a tutti i consacrati. Bisognerà rileggerla, spesso e con attenzione: è per noi di consolazione e di sprone. Calda per l’affetto e la partecipazione; limpida nell’indicare gli obiettivi, le attese, gli orizzonti per questo Anno durante il quale tutta la Chiesa è chiamata a «ringraziare il Signore e fare memoria grata dei doni ricevuti e che tuttora riceviamo per mezzo della santità dei Fondatori e delle Fondatrici e della fedeltà di tanti consacrati al proprio carisma» (III,2). Consolazione e sprone ci offre anche la storia di questa nostra Chiesa Diocesana, posta proprio sotto il patrocinio di due Santi religiosi, San Cono e San Pietro vescovo. San Cono e San Lucido sono addirittura nativi di questa terra. Vi è poi la testimonianza antica e recente di tanti consacrati, che hanno animato e sostenuto la fede delle varie comunità. Il pensiero va a tanti: benedettini, frati minori, cappuccini, certosini, suore di diverse congregazioni, vocazionisti, giuseppini. Bisognerà inoltre ricordare il bene seminatovi dai missionari passionisti e redentoristi. Inoltre il passaggio di figure di spicco ha reso sempre feconda questa nostra terra rendendola vivaio di vocazioni: San Gaetano Errico (1791-1860) che, alimentando la devozione ai Sacri Cuori, per tutta la sua vita svolse un intenso ministero in modo particolare nel sacramento della Riconciliazione, raccomandando ai suoi missionari: «Dio, che non vuole la morte del peccatore, è sempre più misericordioso dei suoi ministri; perciò siate misericordiosi quanto potete esserlo, perché troverete misericordia presso Dio»; il beato Giustino Russolillo (18911955) che non cessava mai di ringraziare la Ss.ma Trinità per il dono della vocazione: « O mio Dio e mio tutto, Padre, Figlio e Spirito Santo, tu mi hai voluto e mi hai amato da tutta l’eternità, con ineffabile predilezione. Grazie infinite a te, perché mi hai prescelto tra i possibili alla vita, tra i viventi alla fede, tra i fedeli alla vita consacrata. Grazie

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della mia divina vocazione! Grazie infinite a te, per me e per tutti, degli innumerevoli benefici generali elargiti, nel tempo e nell’eternità, all’umanità e alla santa Chiesa!». E non nascondiamo il gran piacere di poterci dire patria di figure luminose vissute in tempi piuttosto vicini: mi riferisco soprattutto a Suor Teresina di Gesù Obbediente (19071940) che visse la sua esistenza terrena come un olocausto, sostenuto da una fede intrepida e vigorosa e la testimonianza intraprendente e sorprendentemente dinamica di Madre Leonia Milito (1913-1980) che, senza timori e sostenuta solo dalla forza che proviene da Dio, in Brasile fonda la Congregazione delle Missionarie di S. Antonio M. Claret, che ha come finalità principale l'annuncio della Parola e il Servizio della Carità. Viviamo, peraltro, in un contesto nel quale la testimonianza di santità schietta e semplice di S. Gerardo Maiella (1726-1755) continua ad attrarre un numero di devoti e pellegrini, adulti, giovani, famiglie, bambini. Per Gerardo la sua risoluta volontà fu quella di compiere solo ciò che il Signore vuole. La santità, fin dalla sua più tenera età, costituisce quasi una sfida per S. Gerardo, il quale scrive una sola occasione ho per essere santo, se la perdo, la perdo per sempre. Rassegna velocissima, questa, intesa soltanto a dare un’idea sommaria di una lunga storia di bene e di fedeltà a Nostro Signore, che debbono rinnovarsi nel presente e nel futuro. Vi è un proverbio che dice: per aspera ad astra. Fin qui però abbiamo teso il l’indice verso le luci. In questo Anno della Vita Consacrata non vogliamo tuttavia tacere le difficoltà del cammino, le asperità da superare. Può avvenire addirittura che il ricordo di quanti si sono distinti sembri rimproverare la nostra personale piccolezza, le cadute, le lentezze. Viene allora da ripetere l’accorata invocazione, che spesso saliva alle labbra di San Filippo Neri: Io vorria far bene, Jesù mio, e non trovo la via. Io vorria fare la tua voluntà, Jesù mio. A chi non è capitato di sentirsi talvolta come impantanato, e tuttavia col desiderio di voler avanzare, ma come trattenuto dalla zavorra della stanchezza, dello scoraggiamento, del non saper bene che cosa fare prima di tutto? Io vorria far bene, Jesù mio, e non trovo la via. Ben venga allora questo Anno della Vita Consacrata: il Signore, tra le altre cose, ci aiuterà con la sua grazia a entrare sempre più nella

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consapevolezza che senza di Lui non possiamo far nulla. Perché soltanto Lui è la Via. Qualcuno però potrebbe opporre: «Ma dove si trova questa Via? Concretamente, quale deve essere il primo passo, il passo decisivo da muovere ogni giorno per riuscir bene in tutto il resto?». Il primo passo, quotidianamente, deve volgere verso Chi può esaudire una nostra profonda esigenza, espressa nel versetto di un salmo: Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni (Sal 90,14). Ciò vuol dire che al mattino presto, prima di uscire dalla nostra camera (quando cioè il cellulare è spento e l’alba è soltanto presentimento dei galli), bisogna che trascorriamo del tempo da soli con Gesù, perché Egli possa riempirci col suo amore. Bisogna però che trascorriamo quel tempo non sotto il pensiero di un obbligo da onorare; deve invece esser vissuto per un bisogno profondo del cuore, senza la fretta di chi ha la neve in tasca. Prima di tutto, prima ancora della preghiera comune. Sant’Alfonso avverte che mezz’ora non basta… Quel tempo, consacrato all’ascolto personale della Parola, dev’essere il pavimento su cui poggia la giornata che si avvia, e che in tal modo trascorrerà al ritmo della Parola meditata al mattino presto. Ogni giorno dobbiamo entrare nell’esperienza di chi sa bene che cosa significhi lasciarsi plasmare dalla Scrittura. Certo, si tratta di un’arte lunga e difficile, soprattutto al principio. Altro che fuochi di paglia e pressapochismo. Santa Teresa d’Avila scrive di aver lottato per diciotto anni, prima che l’orazione diventasse spontanea nella sua esistenza. E paragona il lavoro di chi vuole attendervi a quello del giardiniere: lavoro spesso duro per i principianti, lavoro di braccia che devono attingere acqua da un pozzo, per innaffiare i fiori e la verdura. «All’inizio, – spiega l’abate Chautard – bisogna sforzarsi per trarre idee e affetti dal proprio cuore; poi, basta utilizzarli; alla fine, tutto diventa spontaneo. Basta cogliere gioiosamente i doni abbondanti che ci offre il Signore». E soggiunge: «L’incontro con Dio rende più luminosa l’intelligenza e più ardente il cuore, facilitando il lavoro di trasformazione voluto da Dio. Diventati più malleabili, siamo più docili sotto la mano divina che vuole riprodurre in noi il Cristo fino alla sua forma di uomo perfetto. A questo scopo, Cristo deve diventare la vita della nostra vita, il principio e il fine di tutto ciò che facciamo; ciò avverrà nella misura in cui egli diventa la luce che

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guida tutte le nostre attività, l’amore che regola tutti i nostri affetti, la forza che ci sostiene in tutte le prove e che ci trascina al suo servizio».2 La nostra consacrazione religiosa scaturisce dal dono della figliolanza divina che abbiamo ricevuto dal Battesimo, è questa la nostra originaria vocazione senza la quale non può esservi vita consacrata. «Tutta la loro vita, infatti, è stata posta al suo servizio, ciò costituisce una speciale consacrazione che ha le sue profonde radici nella consacrazione battesimale l'esprime con maggior pienezza. Avendo poi la Chiesa ricevuto questa loro donazione di sé, sappiano di essere anche al servizio della Chiesa. Tale servizio di Dio deve in essi stimolare e favorire l'esercizio delle virtù, specialmente dell'umiltà e dell'obbedienza, della fortezza e della castità, con cui si partecipa all'annientamento del Cristo (cfr. Fil 2,7-8), e insieme alla sua vita nello Spirito (cfr. Rm 8,1-13). I religiosi dunque, fedeli alla loro professione, lasciando ogni cosa per amore di Cristo (cfr. Mc 10,28), lo seguano (cfr. Mt 19,21) come l'unica cosa necessaria (cfr. Lc 10,42), ascoltandone le parole (cfr. Lc 10,39), pieni di sollecitudine per le cose sue (cfr. 1 Cor 7,32). Perciò è necessario che i membri di qualsiasi istituto, avendo di mira unicamente e sopra ogni cosa Dio, uniscano la contemplazione, con cui aderiscono a Dio con la mente e col cuore, e l'ardore apostolico, con cui si sforzano di collaborare all'opera della redenzione e dilatare il regno di Dio»3. L’insegnamento conciliare illumina davvero la nostra vocazione, scaturita dal battesimo, corroborata dalla professione dei consigli evangelici, alimentata dalla vita fraterna, aperta alla gioia indescrivibile dell’evangelizzazione, come testimonianza di un amore oblativo carico di umanità. Uno dei temi “caldi” che oggi i consacrati devono necessariamente affrontare ed imprimervi una svolta è la vita fraterna vissuta in comunità. Spesso paragono questo dato sensibile della vita consacrata ad una ferita aperta, sanguinante, sulla quale, se versato del sale, brucia, provoca dolore. Non ci si può nascondere che è in crisi questo dato fondamentale della vita consacrata. Molteplici cause ne hanno provocato la sensibilità: la perdita di relazioni veramente fraterne, l’impo2 3

DOM CHAUTARD, L’anima di ogni apostolato, Roma, Paoline, 1980, pp. 143-144. PERFECTAE CARITATIS, 5.

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stazione della vita apostolica a proprio piacimento, il serpeggiare della maldicenza, del pettegolezzo, spesso della calunnia, tutto ciò offende irreversibilmente coloro che si impegnano nel cammino di santità nella vita consacrata. L’improvvido reclutamento vocazionale e la non sempre consolidata proposta formativa non riesce a generare figure convincenti e mature. Che dire poi dell’esercizio dell’autorità e dell’obbedienza? E la gestione dei beni? E l’insorgere di nuove dipendenze? Sono interrogativi che ispirano nuovi percorsi di formazione permanente ed iniziale, contraddistinti da una risoluta volontà di conversione. Risulta allora decisivo riappropriarsi della vera spiritualità comunitaria, liberando il campo dalle deviazioni che si sono in essa insinuate. «La comunità religiosa come dono: prima d'essere un progetto umano, la vita fraterna in comune fa parte del progetto di Dio, che vuole comunicare la sua vita di comunione. La comunità religiosa come luogo ove si diventa fratelli: i percorsi più adeguati per costruire la fraternità cristiana da parte della comunità religiosa. La comunità religiosa come luogo e soggetto della missione: le scelte concrete che la comunità religiosa è chiamata a compiere nelle diverse situazioni e i criteri di discernimento»4. Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni (Sal 90,14). Di buon mattino, nel segreto della propria camera, attendendo alla preghiera, si fa esperienza di come la grazia di Dio colmi il cuore, lo illumini e lo vivifichi. Lì quotidianamente si rinnova la nostra consacrazione. Lì è la radice della carità che deve riempirci per poi traboccare in tutti coloro che incontreremo. Lì attingiamo la letizia cristiana, che si esprime ben oltre il sorriso delle labbra. Lì veniamo avvolti dalla fiamma della profezia. Lì si assorbe l’essenza della comunione, che ci purifica dall’egoismo e ci insegna le strategie proprie della fraternità. Lì, infine, germina l’interiore spinta missionaria, che ci muove a dare la vita per trovare vita, a dare speranza per trovare speranza, a donare amore per trovare amore. Ne consegue che, per vivere quest’esperienza e rimanervi stabilmente, occorre un po’ di sacrificio, accettando una certa disciplina 4

LA VITA FRATERNA IN COMUNITÀ, 7.

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di vita, che tiene a bada il sonno e le perdite di tempo (il peccato, tra l’altro, prospera proprio nelle perdite di tempo). Preghiamo con insistenza il Signore chiedendogli sempre la santa perseveranza! Fin qui ho detto soltanto del primo passo. Ma voi sapete bene che, mosso in tal senso il primo, quelli che seguiranno ne saranno la naturale e armonica conseguenza. Tutti i momenti della giornata si innervano della forza della meditazione personale del mattino: la dispersione diminuisce, mentre le varie ore con le rispettive mansioni son percorse da un filo d’oro che le lega e le stringe alla Parola meditata. Questa è stata l’esperienza capitale e quotidiana dei nostri Fondatori e delle nostre Fondatrici, di quanti ne hanno proseguito e ampliato l’opera, di tanti consacrati fedeli al proprio carisma. E questa dev’essere ancora l’esperienza fondante per tutti quanti noi, che ci spinge ad uno sguardo sapienziale sulla vita, sul mondo e sulla storia. Salutandovi vorrei ricordarvi ciò che il Santo Padre Francesco afferma riguardo le attese che devono scaturire dall’Anno della Vita Consacrata: «Che sia sempre vero quello che ho detto una volta: “Dove ci sono i religiosi c’è gioia”…Che tra di noi non si vedano volti tristi, persone scontente e insoddisfatte…In una società che ostenta il culto dell’efficienza, del salutismo, del successo e che marginalizza i poveri ed esclude i “perdenti”, possiamo testimoniare, attraverso la nostra vita, la verità delle parole della Scrittura: “Quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Cor 12,10)… Mi attendo che “svegliate il mondo”, perché la nota che caratterizza la vita consacrata è la profezia… Mi attendo dunque non che teniate vive delle “utopie”, ma che sappiate creare “altri luoghi”, dove si viva la logica evangelica del dono, della fraternità, dell’accoglienza della diversità, dell’amore reciproco… I religiosi e le religiose, al pari di tutte le altre persone consacrate, sono chiamati ad essere “esperti di comunione”. Mi aspetto pertanto che la “spiritualità della comunione”, indicata da san Giovanni Paolo II, diventi realtà e che voi siate in prima linea nel cogliere “la grande sfida che ci sta davanti” in questo nuovo millennio: “fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione”… La comunione si esercita innanzitutto all’interno delle rispettive comunità dell’Istituto. Al riguardo vi invito a rileggere i miei frequenti interventi nei quali non mi stanco di ripetere che critiche, pettegolezzi, invidie, gelosie, antagonismi sono atteggiamenti che non hanno diritto di abitare nelle nostre

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case… Mi aspetto inoltre che cresca la comunione tra i membri dei diversi Istituti. Non potrebbe essere quest’Anno l’occasione per uscire con maggior coraggio dai confini del proprio Istituto per elaborare insieme, a livello locale e globale, progetti comuni di formazione, di evangelizzazione, di interventi sociali?... Non ripiegatevi su voi stessi, non lasciatevi asfissiare dalle piccole beghe di casa, non rimanete prigionieri dei vostri problemi. Questi si risolveranno se andrete fuori ad aiutare gli altri a risolvere i loro problemi e ad annunciare la buona novella…Mi aspetto che ogni forma di vita consacrata si interroghi su quello che Dio e l’umanità di oggi domandano»5. Il Signore benedica ogni nostra spirazione di bene, la Vergine Santa ci custodisca nella sua materna benevolenza, i nostri Santi Patroni Cono e Pietro Vescovo ci sostengano e ci accompagnino in questo cammino di santità. Teggiano, nella Festa della Presentazione al Tempio del Signore, 2 febbraio dell’Anno 2015.  p. Antonio De Luca Vescovo link: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_letters/documents/papafrancesco_lettera-ap_20141121_lettera-consacrati.html http://www.vitanostranuovaciteaux.it/documenti/PrimaPagina/SCRUTATE_ITA.pdf http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccscrlife/documents/rc_con_ccscr life_doc_20140202_rallegratevi-lettera-consacrati_it.html http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccscrlife/documents/rc_con_ccscr life_doc_02021994_fraternal-life-in-community_it.html http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccscrlife/documents/rc_con_ccscr life_doc_20080511_autorita-obbedienza_it.html 5

FRANCESCO PP., Lettera Apostolica a tutti i Consacrati in occasione dell’Anno della Vita Consacrata, II, 1-5.

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SANTA MESSA DEL CRISMA Omelia Cattedrale di Teggiano 1 aprile 2015

Carissimi Amici, amati sacerdoti, «Fratelli santi, partecipi di una vocazione celeste, fissate bene lo sguardo in Gesù, l'apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo, il quale è fedele a colui che l'ha costituito» (Eb 3,1) diaconi, religiose; permettetemi un particolare saluto ed abbraccio ai nostri Seminaristi, il Presbiterio della Diocesi prega per voi perché il Signore vi conceda il dono della fedeltà e dell’obbedienza alla sua chiamata. Anche quest’anno abbiamo la gioia di condividere un momento di grazia e di abbraccio benedicente con il Padre “autore e perfezionatore di ogni dono”. In questa celebrazione della Messa Crismale, volendo parlare al cuore sacerdotale, ho inteso rivolgere l'attenzione a quanto ci ha consegnato Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, e soprattutto per un rinnovato impulso missionario alla nostra azione pastorale. La nostra epoca, posta alle soglie d’un nuovo secolo e di un nuovo millennio, porta un carico di novità e di sfide del tutto particolari. Lo constatiamo ogni giorno. Intendo soffermarmi su due aspetti della vita di un presbitero, senza i quali si corre il rischio di “aver corso invano”. Prima di tutto, l’incontro personale con l’amore di Gesù che ci salva; da questa mirabile esperienza scaturisce poi la seconda motivazione che anima l’evangelizzazione, e cioè il piacere spirituale di essere popolo. Intorno a queste due motivazioni basilari voglio in questa occasione fermare l’attenzione, traendo lume dai passi della Scrittura, che sono stati proclamati. In particolare, nella prima lettura mi piace evidenziare la prima motivazione, ossia la sorgente dell’anelito missionario; nel passo del Vangelo invece la seconda motivazione, vale a dire la passione per il popolo insita nel cuore dell’evangelizzatore. Il profeta Isaia, prima ancora di passare a spiegare il contenuto del-

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la sua missione, ne chiarisce l’origine. Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; [Egli] mi ha mandato (Is 61,1). Sembra che il profeta consegni le credenziali: egli non intende presentare la sua persona, né vuole attirare l’attenzione su di sé. Al contrario, vuole attirare l’attenzione su Dio e intende mostrare l’unica ragione per cui le sue parole debbono essere ascoltate. La missione di parlare al popolo non proviene da lui ma da Dio, e il messaggio non è suo ma di Dio. Dunque, si tratta di un messaggio autorevole. Se fosse una parola scaturita semplicemente dall’uomo, non sarebbe una lieta notizia, troppo fragile infatti per fondare la nostra speranza. Ma è una notizia che viene da Dio, e questo è ciò che conta.1 Il profeta chiarisce all’inizio questo punto perché il popolo accolga il messaggio divino. Ma contemporaneamente lo dice a se stesso, perché la consapevolezza di essere ambasciatore di Dio lo incoraggia, lo sostiene: Isaia proclama con forza il messaggio di cui è portatore, perché sa che è vero, non è scaturito da una sua illusione, non è il frutto d’un suo progetto, non è poggiato sul calcolo. La portata del suo annunzio è tale che, se fosse una chimera personale, la sua voce non avrebbe retto. L’insicurezza e l’incertezza sono sempre dietro l’angolo per chi si avvia verso la missione senza lo scudo della fede in Dio. Ho creduto, perciò ho parlato (2 Cor 4,13), dirà san Paolo. «Nella fede, dono di Dio, virtù soprannaturale da Lui infusa, riconosciamo che un grande Amore ci è stato offerto, che una Parola buona ci è stata rivolta e che, accogliendo questa Parola, che è Gesù Cristo, Parola incarnata, lo Spirito Santo ci trasforma, illumina il cammino del futuro, e fa crescere in noi le ali della speranza per percorrerlo con gioia».2 L’impulso missionario pertanto si accende realmente soltanto nel cuore di chi coltiva con dedizione e amore un personale rapporto con Dio. Il Signore mi ha consacrato con l’unzione (Is 61,1): queste parole contengono il calore di un’esperienza viva, diretta, personale con l’amore di Dio. Prima di correre a portare la buona novella agli altri, il missionario vive in prima persona una profonda, avvolgente confidenza col Signore che lo costituisce suo inviato. Prima di essere missionari di Dio, si è amici di Dio. Papa Francesco avverte: «Non si può perseverare in un’evangelizzazione piena di fervore se non si resta convinti, in virtù della propria esperienza, che non è la stessa cosa aver 1

Cfr. B. Maggioni, Il tesoro nascosto, ilano, Ancora, 2002, pp. 15-16. 2 Francesco, Lumen Fidei, 7.

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conosciuto Gesù o non conoscerlo, non è la stessa cosa camminare con Lui o camminare a tentoni, non è la stessa cosa poterlo ascoltare o ignorare la sua Parola, non è la stessa cosa poterlo contemplare, adorare, riposare in Lui, o non poterlo fare… Sappiamo bene che la vita con Gesù diventa molto più piena e che con Lui è più facile trovare il senso di ogni cosa. È per questo che evangelizziamo». 2 «La prima motivazione per evangelizzare – scrive ancora il Papa – è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto, l’esperienza di essere salvati da Lui ci spinge ad amarlo sempre di più… La migliore motivazione per decidersi a comunicare il Vangelo è contemplarlo con amore, è sostare sulle sue pagine e leggerlo con il cuore». 3 La lectio divina quotidiana, carissimi Sorelle e Fratelli, non è “uno” strumento “tra tanti” per il cammino personale e spirituale. Al contrario, la lectio divina, attraverso la quale scopriamo la Parola di Dio, è “il” riferimento autorevole che riconosce concretamente al Padre, e a nessun altro, il ruolo di formatore: meditando ogni mattina la Parola del giorno, avviene in noi quella che è l’imprescindibile formazione permanente ordinaria,4 senza la quale la vita di sacerdoti e religiosi perde senso; diventa grigia, e non sa né può comprendere che cosa è lo spirito della vera evangelizzazione. Occorre che entriamo sempre più in profondità nell’esperienza diretta di chi sa che la Parola di Dio non trasmette soltanto un messaggio, ma costituisce anzitutto una Presenza, è cioè Qualcuno. La Parola – scriveva Karl Barth – è come un atto di Dio il quale ci cerca, ci insegue, un atto creatore e ricreatore che ci offre un contatto immediato col mondo della nuova creazione in Cristo. Nessuno perciò può mettersi davanti a quella Parola in attitudine di spettatori. La Parola dona la presenza stessa di Dio, che si rivela alla mia disponibilità ed esige che io mi impegni con essa. Non è solo l’incontro con una “Scrittura”, sia pure divina; è un incontro col Dio Vivente.6 Né ci si illuda di poter adorare Gesù sacramentato, senza di averne prima ascoltato la voce attraverso la Scrittura, senza di averne prima sentito il profumo attraverso le feritoie di quelle pagine sante. A questo punto, una selva variegata e quasi infinita di esempi si 2

Francesco, Evangelii Gaudium, 266. Ibidem, 264. 4 Cfr. A. Cencini, La vita al ritmo della Parola, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2010, pp. 1955. 6 Cfr. M. Magrassi, Bibbia e preghiera, Milano, Ancora, 1998, pp. 57-61. 3

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apre dinanzi a noi. Quelli più densi e sonanti sono certo tra i Santi Padri e tra gli Esegeti medievali ai quali, non a caso, si è volto il Concilio Vaticano II. San Giovanni Crisostomo, ad esempio, col vigore dell’esperienza personale poteva ben dire: «Mi appoggio forse sulle mie forze? No, perché ho il suo pegno, ho con me la sua parola: questa è il mio bastone, la mia sicurezza, il mio porto tranquillo. Anche se tutto il mondo è sconvolto, ho tra le mani la sua Scrittura, leggo la sua parola. Essa è la mia sicurezza e la mia difesa» (è un brano dell’ufficiatura del 13 settembre). E san Gregorio Magno in una lettera a Teodoro, medico dell’imperatore, gli raccomandava: «Cerca dunque, ti prego, di meditare ogni giorno le parole del tuo Creatore. Impara a conoscere il cuore di Dio nelle parole di Dio. Così tu bramerai le realtà celesti con maggiore desiderio e il tuo animo sarà preso con più ardore nelle gioie invisibili… Che lo Spirito riempia della sua presenza la tua anima e riempiendola la renda più libera». 5 «Così chi vuol essere sempre con Dio – concludeva un autore medievale – deve pregare di frequente e di frequente leggere: quando preghiamo infatti siamo noi che parliamo con Lui e quando leggiamo [la Scrittura] è Lui che parla con noi».8 Passando a considerare il brano evangelico, troviamo espressa la seconda motivazione per un rinnovato impulso missionario: il piacere di essere popolo. Nella sinagoga di Nazareth Gesù fa sue le parole dell’antico profeta, introducendovi delle precisazioni che ci danno il senso della novità cristiana. Prima di tutto, che il vero portatore del lieto annunzio è Lui: l’antico profeta era la figura e la premessa; Lui invece è la realtà e il compimento. In secondo luogo, le parole profetiche vengono purificate e dilatate a tutta l’umanità. Infine, il lieto annuncio si trasforma in una realtà per il presente, non più soltanto una speranza per il futuro. Ciò che vorrei sottolineare a questo punto è il fatto che questo discorso inaugurale e programmatico di Gesù rivela la sua calda vicinanza a ogni uomo: Gesù rivolge la sua lieta notizia in particolare agli oppressi, agli sfortunati, a tutti quegli uomini che più ne hanno bisogno. Attraverso le parole pronunciate nella sinagoga di Nazareth già vediamo la profonda attenzione piena di amore, che Egli avrà con tutte le persone incontrate lungo il suo triennale ministero. Questa sua at5

Ivi, p. 194. 8 Ivi, p. 40.

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tenzione amorosa, soprattutto per i più poveri ed emarginati, rivive negli evangelizzatori autentici: «occorre… sviluppare – soggiunge papa Francesco – il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente, fino al punto di scoprire che ciò diventa fonte di una gioia superiore. La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo… [Il Signore] – continua il Papa – vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato. Ci prende in mezzo al popolo e ci invia al popolo, in modo che la nostra identità non si comprende senza questa appartenenza».6 Il lieto annunzio non viene semplicemente proferito da Gesù: Egli, che è Dio, ha assunto un volto d’uomo, prendendo addirittura un posto piuttosto marginale fra gli uomini: dunque, non ha soltanto annunziato la lieta notizia ai poveri, ma si è fatto uno di loro, ha condiviso la loro sorte. Ecco la lieta notizia: ogni uomo è al centro dell’amore concreto di Dio; amore che è entrato nella storia, si è posto al fianco di ogni persona, soprattutto dei più deboli, dei più poveri. Questa è la lieta e impegnativa notizia proclamata da Gesù con le parole e le opere, e, più di tutto, con la sua vita.7 Oggi – afferma Gesù – si è compiuta questa Scrittura nelle vostre orecchie (Lc 4,21). Oggi: cioè un oggi che da allora si ripete ogni giorno, senza perdere nulla della sua portata, cioè senza cedere nell’ieri, e senza stemperarsi nel domani. Ciò, spiega papa Benedetto, fa sì che il Vangelo non è solo informativo, ma performativo: «non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata»11 Chi è stato chiamato ad evangelizzare, perciò, sa che a spingerlo non è umano ottimismo: la forza del suo annunzio risiede nell’esperienza viva, maturata personalmente e insieme col popolo a cui è inviato. L’evangelizzatore sa di non essere un banditore pubblicitario (magari poco convinto egli stesso della sua merce), ma un testimone della gioia che annunzia a ogni uomo. Sente che la sua fede è sostanza di cose sperate (cfr. Eb 11,1). Notate: sostanza, cioè realtà che vive e modella l’oggi nel quale è anticipata in nuce la gioia dell’Eternità. Ecco perché l’autentico evangelizzatore segna in pro6 7

Francesco, Evangelii Gaudium, 268. Cfr. B. Maggioni, op. cit., pp. 19-20. 11Benedetto XVI, Spe salvi, 2.

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fondità le persone e le situazioni attraverso le quali passa. Perché il Vangelo, il lieto annunzio, anche se spesso si esprime per il tramite delle parole, è fondamentalmente la potenza operante di Dio che salva. Donde la grande gioia, il gaudium del cristiano qui in terra: gioia che sostiene e imprime nell’oggi chiari segni della sua presenza. Non lasciamoci pertanto bloccare dalle tante odierne insidie contro la gioia. Noi stessi, chiamati ad evangelizzare, sappiamo in prima persona quanto queste insidie siano numerose e forti. È allora più che mai che dobbiamo stringerci con fiducia al Signore. Tremi pure la nostra voce, ma non le profondità del cuore. Non ci scoraggino le inevitabili difficoltà del presente, né la complessità delle situazioni. Consideriamole piuttosto – atleticamente – condizioni perché possiamo raggiungere dei primati. Il Vangelo di cui siamo testimoni e portatori è esso stesso la forza, che ci farà vincere insieme con i nostri fratelli. L’evangelizzazione costituisce per noi un’assoluta priorità. Il pensiero corre a S. Alfonso De Liguori che fece dell’evangelizzazione l’assillo della sua esistenza, rinnovando la metodologia della predicazione. Nel 1768, già Vescovo, scrisse un volumetto di ventotto pagine, in cui evidenziava cinque punti da seguire: 1. l’amore di Gesù crocifisso; 2. la devozione alla divina Madre 3. la necessità della preghiera 4. la fuga dalle occasioni cattive 5. la rovina delle anime che si confessano male. Una vera ed incisiva evangelizzazione non si discosta dalla vita reale delle persone alle quali siamo inviati, condividendo con esse tempo, spazi, momenti lieti e tristi dell’esistenza umana. A tal riguardo scrive il biografo di S. Alfonso Rey-Mermet: «Da prete Alfonso dispensava il fulgore della sua attività nel quartiere del Mercato o di via Lavinaio, dove attecchiva la feccia di Napoli. La sua gioia era vedersi attorniato dal popolino, da quelli che si è soliti chiamare i “lazzaroni”, e d’altra gente di poco conto e di vile mestiere. Ad essi più che ad altri aveva dato il cuore.. venivano i peccatori, venivano i disperati e tanti altri ancora… poi ritornavano. E non solo abbandonavano il peccato, ma si impegnavano nella preghiera, nella contemplazione, e nient’altro avevano in testa che amare Gesù Cristo».8 8

REY-MERMET, Alfonso de Liguori un uomo per i senza speranza, p. 60.

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Questo giorno solenne in cui noi sacerdoti ci scambiamo gli auguri, perché ci ricorda chi siamo e il senso profondo della nostra esistenza, sia allora occasione per dare nuovo alimento al nostro amore per la Chiesa. Spendiamoci per la Chiesa: amiamola con tenerezza. Ogni nostra giornata sia vissuta con generosità per il bene del popolo affidatoci dal Signore. Ed infine, possa ognuno di noi sentir vibrare nel proprio cuore le parole di un Sacerdote consapevole, il quale – era il 1868 – nel suo diario fermò queste significative parole: «Non sono e non sarei stato, da solo, che un pover’uomo, molto vuoto, molto sterile, più che mediocre… Ma, tutto sommato, il poco che sono, per la bontà di Dio, in virtù di circostanze provvidenziali, di soccorsi divini, lo devo alla Chiesa».9 Cari Presbiteri chiedo a tutti che vi ricordiate di me presso il Signore, nel vostro quotidiano incontro con Lui; da parte mia siate certi dell’affetto, dell’amore e della preghiera per tutti voi. La Vergine Maria e i nostri Santi Patroni vengano in nostro aiuto e sostengano ogni nostra aspirazione di bene. AMEN.

+ P. Antonio De Luca, Vescovo

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F. Dupanloup, Diario, Modena, Paoline, 1962, p. 288.

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MESSAGGIO DI PASQUA 5 aprile 2015

Carissimi, la Pasqua di quest'anno potremmo viverla alla luce di quelle indicazioni che ci giungono dai racconti evangelici della resurrezione ...due soprattutto mi sembrano particolarmente suggestivi e provocatorii per la nostra condizione di vita... "Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio" (Gv 20,1) ...la segnalazione "quand'era ancora buio" non è solo una indicazione cronologica... Il buio di Maria di Magdala descrive anche una condizione interiore... Una incertezza di fede e naufragi esistenziali che indeboliscono la speranza... Per andare da Gesù e per cercare il volto di Dio, forse le condizioni più opportune sono proprio il buio nel cuore e le tenebre intorno. Proprio quando tutto sembra senza speranza e senza via d'uscita, proprio allora è necessario re-indirizzare i nostri passi sulla sequela Christi, chi ha amato Gesù, chi l'ha incontrato e poi l'ha messo in disparte per una parte della vita... Sa che può incontrarlo! Sa che prima o poi lui è in agguato nella nostra vita per ridarci vigore e forza... La Pasqua e questa ripresentazione della questione Dio nel buio fondo del mondo e della vita... Ciò che conta è l'urgenza della ricerca anche se questa non ha un nome, non ha una logica, non ha un fondamento... ha tuttavia il sapore della direzione e del senso giusto: DIO. Non è Pasqua nella ciclicità monotona dei nostri rituali folcloristici, non è Pasqua negli impietosi e consuetudinari nefasti pronostici sul futuro, non è ancora Pasqua nella nostra incapacità a tendere le mani a chi affoga nel mare della depressione, della dipendenza e della fuga dai propri legami affettivi e territoriali, sognando una terra migliore! L'altra bella indicazione con la quale mi piace immaginare la nostra Pasqua è l'affannosa corsa dei due discepoli, "Correvano insieme tutti

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e due..." (Gv 20, 4); si, Gesù, a Pasqua non lo puoi incontrare sospinto da una strana forza d'inerzia, ma solo correndo. Una corsa motivata dall'amore e sostenuta dalla ricerca del volto amico, del legame smarrito, dell'affetto da ritrovare. Questo correre indica anche la volontà che imprime passione nelle vicende che viviamo, peccato però che tutta questa risorsa sia inutilmente indirizzata verso una tomba... La tomba merita rispetto, ma evoca tanta straziante nostalgia, e dolorosi ricordi... Gesù, a Pasqua, ci viole 'metter nella giusta direzione, vuole indicare non tanto lo spazio limitato e statico dove poterlo incontrare, ma il tempo nel quale la sua presenza si fa eterna ed immortale... Gesù a Pasqua promette di essere non in un sepolcro, non in un museo, ma in mezzo a noi per sempre ...da uno spazio al tempo: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 20,28). Come al termine di ogni corsa anche per noi non è consentito arrivare a Pasqua, troppo ben vestiti, senza portare il segno del respiro ansimante, madidi di sudore, un volto trafelato ma felice per aver raggiunto la meta: Gesù, i suoi poveri che sono le sue piaghe storiche, con mani sporche e piedi stanchi, abbracciamo così il Risorto nel giorno di Pasqua. Carissimi la fede testimoniata non è impresa da poco, né è facile realizzarla, ma cercarla con tutto il cuore ci trasfiguri di gioia Pasquale. AUGURI E BUONA PASQUA!

+ Antonio De Luca

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ORDINAZIONE PRESBITERALE Don Donato Ciro Varuzza Omelia “Il presbitero trasfigurato dalla gioia dell’annuncio” Cattedrale di Teggiano 27 giugno 2015

Carissimo Donato, la grazia dell’Amore Trinitario ti custodisca sempre e accompagni la tua esistenza trasfigurata da oggi dal ministero sacerdotale. Insieme a te intendo salutare la tua famiglia e la Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù di Prato Perillo guidata da Don Salvatore Sanseverino, al quale va il mio più vivo ringraziamento per la sua collaborazione preziosa. È lui che ti ha seguito in questi anni e ti ha incoraggiato a continuare pur in mezzo a tante difficoltà. Oggi con te loda e ringrazia il Signore. A tutti i Presbiteri presenti il ringraziamento di questa assemblea numerosa, la vostra presenza è segno della comunione tra i fedeli e i presbiteri e tra i presbiteri e il Vescovo. Grazie per la vostra collaborazione preziosa e fraterna. Ai tuoi superiori in Seminario, al Rettore presente quest’oggi, il ringraziamento di tutta la nostra Diocesi. Un pensiero tutto particolare a voi che partecipate e gioite con Don Donato in questo giorno che segna come una svolta nella sua vita. Oggi non siete spettatori di un fatto sociale o che conferisce a Donato uno status di rilievo pubblico. Oggi siete testimoni di un evento che trasformerà per sempre la vita di Donato. Per sempre… Il Vangelo di questa domenica narra l’incontro di Gesù con il mondo della sofferenza e l’atteggiamento che il Signore assume davanti al dolore umano. In mezzo alla folla che si accalca attorno a Gesù c’è questa donna malata, segnata anche da una separazione rituale, religiosa, non può entrare nella sinagoga e tutto ciò che tocca diventa automaticamente

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impuro. Dopo aver sfiorato la veste di Gesù guarisce, ma certamente non si aspetta che Gesù interpelli la folla perché venga fuori la persona che lo ha toccato. Gesù non vuole che questa guarigione venga intesa come un atto magico, alla sola apparenza religioso, ma vuole mettere in luce la fede della donna, che riceve anche una guarigione interiore. La fede della donna le restituisce salvezza e guarigione, non è solo guarita, ma anche salvata “Figlia la tua fede ti ha salvato; va in pace e sii guarita dal tuo male”. Il tema della fede attraversa anche tutto il racconto della rianimazione della figlia di Giairo: “Non temere, continua solo ad aver fede” è la raccomandazione che Gesù fa al padre della piccola. Fede nella potenza di Gesù che libera, salva, reintegra la persona nei suoi affetti, nella sua dignità. La fede nel Signore, nella sua potenza che è in grado di sciogliere anche i legami apparentemente definitivi della morte. “La bambina non è morta, ma dorme” è l’affermazione di Gesù: per chi crede la morte non è una situazione definitiva, il vero discepolo impara dal Maestro che la morte è un sonno, se riempito di speranza, apre la strada ad una vita senza fine. La donna ammalata e la figlia di Giairo sono l’immagine dell’uomo, prigioniero spesso di una sofferenza assurda e mortificante, ma che riesce a scorgere nel Signore la sua unica salvezza. Attraverso la fede noi “tocchiamo” Gesù e siamo da lui presi per mano; tuttavia non possiamo trasformare la fede in un fenomeno eclatante, chiassoso… c’è bisogno di silenzio e contemplazione, tanto che Gesù chiede il segreto… perché solo dopo la croce, la morte e la resurrezione il cristiano e perciò il cristianesimo sono sottratti ad ogni fraintendimento. Carissimo Donato oggi il Signore tocca la tua esistenza e la rigenera con la consacrazione presbiterale. Sei chiamato a fare dell’annuncio del Vangelo il tuo assillo quotidiano, il tuo primo impegno ricordando le parole di Paolo “Guai a me se non predicassi il Vangelo” (1 Cor 9,16). Spesso ci perdiamo dietro pratiche religiose che non toccano il cuore e la mente delle persone a noi affidate, che non cambiano la vita e non dirigono l’esistenza verso la liberazione. Solo il Vangelo e la sua forza prorompente è in grado di dirigere l’uomo verso la sua piena realizzazione. Annunciare è la ragione della nostra gioia, genera gioia e trasmette gioia. L’annuncio ci rende artigiani di una pastorale missionaria. “Una pastorale in chiave missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine che si tenta di

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imporre a forza di insistere. Quando si assume un obiettivo pastorale e uno stile missionario, che realmente arrivi a tutti senza eccezioni né esclusioni, l’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario. La proposta si semplifica, senza perdere per questo profondità e verità, e così diventa più convincente e radiosa” (E.G., 35). La pastorale missionaria non si definisce per una molteplicità di cose da fare e neanche per loro originalità, ma dallo sforzo di configurare sé stesso a Cristo, inviato del Padre. L’annuncio del Vangelo non è solo questione di tenere una buona omelia, il Vangelo si annuncia con la vita, con l’impegno perché tutti siano raggiunti dalla misericordia di Dio. Da oggi le tue doti sono al servizio degli altri, nulla potrai più trattenere per te, non ti è lecito ritagliarti spazi e tempi a discapito delle persone e sottraendoti alle tue responsabilità. Da oggi non sentirti più schiavo e dipendente dalla tua agenda, faresti l’esperienza di un’insopportabile delusione ed inadeguatezza, ma tutto solo di Dio e dei fratelli. Celebrare l’Ordinazione Presbiterale di un fratello conferisce alla nostra Chiesa un nuovo slancio missionario, è un dono che coinvolge tutti nella partecipazione alla vocazione battesimale che rende ognuno di noi annunciatore dell’immensa carità di Dio. La vocazione è un mistero che si ripete ma che non è mai uguale a sé stesso. Il dono di un nuovo presbitero per la nostra Diocesi ci conferma che il Signore continua a provvedere egli stesso “Pastori secondo il suo cuore” alla Chiesa; è lui che agisce efficacemente e concretamente perché non manchi mai nella comunità cristiana coloro che annunciano la Parola e celebrano i Sacramenti; fratelli che sono vicini ai fratelli più provati, bisognosi di consolazione e di speranza. E oggi chi può dare speranza al mondo se non Gesù Cristo e il suo Vangelo? La Chiesa è interpellata ad uscire ed incontrare gli uomini e le donne che attendono un rinnovato annuncio missionario, Chiesa che, senza perdere il sensus fidei, deve con coraggio proporre all’uomo di ogni tempo la forza liberante del Vangelo. Tu caro Donato, sei chiamato a questo, e solo nella comunione potrai costruire un’esistenza ad immagine di Cristo. Il calendario liturgico proprio della Congregazione del Ss.mo Redentore stabilisce nella data odierna la festa liturgica della Beata Ver-

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gine Maria del Perpetuo Soccorso: a lei, Madre premurosa affidiamo il tuo ministero perché venga custodito nella fedeltà all’annuncio del Vangelo di Cristo. Noi ti accompagniamo con l’affetto e la preghiera, ti affidiamo all’intercessione di S. Cono e S. Pietro Vescovo. AMEN. + P. Antonio De Luca

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ORDINAZIONE PRESBITERALE Don Simone Lacorte Omelia “Il prete uomo della misericordia” Concattedrale di Policastro 4 luglio 2015

Carissimi Fratelli e Sorelle, caro Don Simone, “La Parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente” (Col 3,16) e la pace, la carità e la misericordia del Signore sostengano ogni momento della nostra vita. È con il cuore colmo di gratitudine al Signore che oggi celebriamo l’Ordinazione Presbiterale del nostro Don Simone, un momento atteso con gioia e trepidazione da tutta la nostra Chiesa Diocesana. La gioia perché un nostro fratello oggi sarà uniformato a Cristo Sacerdote per il servizio del popolo di Dio; trepidazione perché l’impegno che oggi investe la tua vita, caro Don Simone, non è a tempo determinato, non è a scadenza, ma ti impegna per sempre in un percorso di santità dal quale scaturisce la fedeltà. Oggi siamo qui per sostenerti in questo percorso: per questo ringrazio innanzitutto la tua famiglia che ti ha trasmesso il dono della fede, la Comunità Parrocchiale, il Parroco e tutti i Presbiteri presenti che oggi ti accoglieranno scambiando con te l’abbraccio della pace. Un particolarissimo pensiero ai Seminaristi, ai Diaconi, religiosi e religiose. Annunciare la misericordia di Dio che si manifesta in Gesù è opera ardua, come del resto lo è stato per lo stesso Gesù Cristo. Il contesto attuale nel quale la Chiesa svolge la sua missione sembra non aver bisogno di misericordia, apparentemente ognuno sembra bastare a sé stesso, Dio è messo al bando con il timore che limiti la nostra libertà. Qualche anno fa in una grande Città italiana apparve una scritta che diceva: “La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno”. Il tentativo di cancellare Dio è sempre in agguato! La Chiesa propone altro, non ha timore di annunciare che Dio esiste e certamente non è antagonista dell’uomo, anzi la presenza di Dio

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nell’esistenza dell’uomo conferisce stabilità, serenità e pone l’uomo in una relazione nuova con sé stesso e con gli altri. Oggi, con l’Ordinazione presbiterale, Don Simone diventa voce che richiama l’assoluta necessità di Dio, annunciatore della sua immensa carità, messaggero di misericordia che sgorga dal cuore stesso di Dio. Nel Vangelo appena proclamato abbiamo ascoltato come Gesù è uno che si presenta con i connotati umani, senza apparenze e senza effetti speciali. Non ha particolari che emergano, anzi si riflette un lui una normalità sconcertante, che deve fare i conti con l’incredulità, con l’incapacità di riconoscere in lui i lineamenti del Padre. È una storia di rifiuto, una storia troppo umana che molto spesso è la nostra. Rifiuto di coloro che si presentano senza credenziali, per cui il loro messaggio è inficiato in partenza. È la storia di Gesù che viene rifiutato dai suoi concittadini, durante la celebrazione del culto in Sinagoga. Prefigurazione di un rifiuto più grande, che non riguarda un piccolo paese circoscritto, ma il rifiuto del popolo di Israele e che del resto attraversa tutta la storia del popolo di Dio. L’uomo si meraviglia di un Dio troppo normale e oppone un netto rifiuto; Gesù si meraviglia di una umanità troppo intenta a cercare il sensazionale, senza accorgersi che Dio ha voluto assumere la nostra umanità per conoscere fino in fondo il cuore dell’uomo. Ci stupisce che Dio sia simile a noi. Al Dio mite, ne preferiamo uno forte, potente, che non abbia nulla a che fare con modeste botteghe da falegname o con una parentela conosciuta. Eppure è nella carne del Figlio dell’uomo, riconosciuta e accolta, che possiamo dirci di provenire da Dio, è lì in quella carne umana che Dio incontra l’umanità intera, quello è il luogo nel quale possiamo riconoscerci amati, accolti, benedetti. Passare dallo stupore allo scandalo è un’operazione legittima, ma quando si tratta di Dio e fin troppo azzardata. Ma il Signore sembra non darci troppo peso, conosce il cuore dell’uomo, è consapevole di questo rischio. E non si scoraggia, non si perde d’animo! Pur non potendo operare molti miracoli, compie solo pochi gesti di guarigione, risanando interamente l’uomo privilegiando gli umili che hanno saputo riconoscere il lui il compiersi delle promesse di Dio. Nella predicazione di ogni profeta c’è una costante che attraversa anche la predicazione di Gesù: il rifiuto della proposta, credere che si può fare a meno della profezia, che il profeta è uno così conosciuto

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che non può trasmettere un messaggio divino. Perché Dio dovrebbe fidarsi di un uomo che tutti conosciamo, sappiamo di dov’è, conosciamo bene le sue origini? Il dono ricevuto da Dio mette a repentaglio la vita del profeta, la espone alla derisione, fino a sfociare nell’odio omicida. Tutto ciò attende anche te, caro Simone, certamente ci saranno giorni nei quali il tuo annuncio, la tua predicazione risentiranno di questi sommari giudizi: non arrenderti mai al rifiuto degli uomini, poni la tua fiducia in Dio il quale saprà aprire i cuori di tanti alla tua parola. Sii l’uomo della misericordia, senza stancarti mai di annunciare l’amore di Dio che si rivela in Gesù Cristo, anche quando tutto intorno a te sembra di poter fa a meno del tuo annuncio. Papa Francesco ci ricorda che «l’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole. La Chiesa «vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia». Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta più alta e più significativa. Dall’altra parte, è triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata. Perfino la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire. Senza la testimonianza del perdono, tuttavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato. È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza». (Misericordiae vultus, 10). Tu, caro Simone, con la sacra Ordinazione, ti inserisci in questo itinerario di annuncio della misericordia del Padre, sarai interpellato in prima persona a fare esperienza della misericordia del Signore ed essere così in grado di donarla a tutti coloro che avvicinerai nel tuo ministero.

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La comunione sarà la forza del tuo annuncio, vivrai il tuo ministero inserito nella comunione con il Vescovo e con il Presbiterio della nostra Chiesa Diocesana. La tentazione di bastare a sé stessi molte volte si presenterà anche alla porta della esistenza sacerdotale, allontanala come il male più grande, che mortifica e porta inevitabilmente ad una vita monotona e ripiegata su sé stessa. Alimenta la tua vita interiore con la preghiera e la meditazione quotidiana della Parola di Dio che deve costituire per te il primo impegno. Papa Francesco parlando del Sacramento dell’Ordine afferma: «Quando non si alimenta il ministero, il ministero del vescovo, il ministero del sacerdote con la preghiera, con l’ascolto della Parola di Dio, con la celebrazione quotidiana dell'Eucaristia e anche con una frequentazione del Sacramento della Penitenza, si finisce inevitabilmente per perdere di vista il senso autentico del proprio servizio e la gioia che deriva da una profonda comunione con Gesù». (Papa Francesco, Discorso nell'udienza generale, 26-III-2014). Noi tutti, caro Don Simone, ti sosterremo con la nostra preghiera ed amicizia ed invocando l’intercessione della Beata Vergine Maria e dei nostri Santi Patroni San Cono e San Pietro Vescovo. Amen. + p. Antonio De Luca

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ORIENTAMENTI PASTORALI MISERICORDIOSI COME IL PADRE (cf., Lc 6, 36) Annunaciare - Celebrare - Testimoniare la MISERICORDIA Giubileo straordinario della Misericordia

Alle comunità parrocchiali, ai sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, laici, alle associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali

Fratelli e sorelle, eletti secondo la prescienza di Dio Padre mediante la santificazione dello Spirito «per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi dal suo sangue: a voi grazia e pace in abbondanza» (1Pt 1, 1-2). Insieme agli organismi diocesani di comunione e di partecipazione e agli uffici, dopo aver celebrato il Convegno pastorale Diocesano, vogliamo indicare un percorso per la nostra Chiesa Diocesana. Stiamo per intraprendere un nuovo anno pastorale, segnato dall’evento straordinario del Giubileo della Misericordia voluto ed indetto dal Santo Padre Francesco. Questo è il motivo per il quale vogliamo fissare l’attenzione, durante il nuovo anno, sul tema della Misericordia, interrompendo, per così dire, il percorso diocesano dei tre trienni: Educare alla fede (20122015); Educare alla speranza (2015-2018); Educare alla carità (2018-2020)1. In realtà non si tratta di una vera e propria interruzione, ma di una sosta contemplativa del volto di Gesù Cristo, Misericordia del Padre. È Lui che ci ha chiamati alla fede e con il suo amore, che guarisce e perdona, infonde in noi la forza della speranza e alimenta la carità, che ci permette di “vivere per Lui” (cf., Sal 22, 30). Cf., A. DE LUCA – DIOCESI DI TEGGIANO POLICASTRO, Orientamenti pastorali (2 settembre 2012). 1

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Accogliendo con gratitudine l’invito di Papa Francesco, anche la nostra Chiesa diocesana di Teggiano-Policastro vivrà il Giubileo straordinario della Misericordia. «Il termine “Giubileo” parla di gioia; non soltanto di gioia interiore, ma di un giubilo che si manifesta all’esterno, poiché la venuta di Dio è un evento anche esteriore, visibile, udibile e tangibile, come ricorda san Giovanni (cfr 1 Gv 1, 1)»2. Nella bolla di indizione di questo Giubileo, Papa Francesco scrive: «Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza»3. Ogni tempo è favorevole per sperimentare la misericordia di Dio e per testimoniarla al prossimo, ma «ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre»4. Ecco il motivo che ha spinto il Santo Padre a indire questo Anno giubilare; infatti, la credibilità della Chiesa dipende da quanto sia capace di vivere e testimoniare la Misericordia. Essa esiste per annunciare e servire il Regno di Dio e quindi non può che vivere di una dinamica di misericordia. Consapevoli di questa necessità di riscoprire il volto della misericordia della Chiesa e nella Chiesa, anche noi ci mettiamo in cammino alla sequela del Maestro, per lasciarci trasfigurare dalla sua Misericordia. Proverò a tratteggiare i caratteri della Misericordia di Dio, seguendo la Traccia di preparazione al prossimo Convegno Ecclesiale Nazionale, che si terrà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015, avente come tema: «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo». Nel Documento preparatorio per il Convegno di Firenze, vengono proposte cinque vie verso l’umanità nuova: uscire - annunciare - abitare - educare - trasfigurare. Ognuno di questi cinque verbi potrà darci delle suggestioni utili a cogliere un particolare aspetto della Misericordia.

2

GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 16. FRANCESCO, Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia Misericordiae vultus (11 aprile 2015), 2. 4 Ibid., 3. 3

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1. La misericordia di Dio nella storia della salvezza Tutta la storia della salvezza non fa che dimostrare come l’amore misericordioso di Dio prevalga sul peccato e sull’infedeltà dell’uomo. Fin dalla sua prima caduta, quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse l’amicizia di Dio, Egli non l’ha abbandonato in potere della morte, ma nella sua misericordia a tutti è venuto incontro, perché coloro che Lo cercano Lo possano trovare5. Attraverso le pagine della Sacra Scrittura, facciamo esperienza di appartenere anche noi al popolo al quale Dio si è legato con un vincolo di amore fedele ed inesauribile. Per questo siamo anche noi capaci di raccontare le meraviglie di Dio in una continua narratio amoris, in cui il Signore stesso, proprio perché fedele al suo eterno amore per l’umanità, continuamente va alla ricerca di chi è perduto, chiamandolo a conversione, e anche all’uomo di oggi grida: “Adamo, dove sei?” (cf., Gen 3, 9). L’uomo, così, percepisce di essere amato da Dio e, volendogli assomigliare, ritroverà anche il senso del peccato, della conversione e, soprattutto, il fondamento della sua fede. Nell’Antico Testamento, il termine “misericordia” viene spesso indicato con la parola ebraica rehamîm, che letteralmente significa “viscere”. Allude al sentimento intimo e profondo che lega due esseri per ragioni di sangue e di cuore, come avviene nel rapporto d’amore fra genitori e figli, o in quello tra fratelli. Questo amore, tutto gratuito, corrisponde ad una necessità interiore, ad un’esigenza del cuore. Un altro termine, con cui viene indicata la misericordia, è hesed, che designa “bontà”, “pietà”, “compassione”, “perdono” e ha per fondamento la fedeltà: Dio è fedele a se stesso e mantiene la parola nonostante tutto6. Dio, creando l’uomo a sua immagine e somiglianza, l’ha chiamato a entrare in comunione speciale con Sé, nonostante il peccato e la ribellione al piano del Creatore. È il Signore a cercare per primo il peccatore, per offrirgli la sua salvezza. La paternità divina spinge Dio a circondare di un amore misericordioso tutti gli uomini: per questo, Egli sceglie alcune persone e poi la nazione d’Israele, con cui stringe5

Cf., Messale Romano, Preghiera Eucaristica IV. Cf., A. SISTI, «Misericordia», in P. ROSSANO – G. RAVASI – A. GIRLANDA (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia biblica, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 20017, 978. 6

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re il suo patto di alleanza. Il Signore stesso si obbliga ad amare l’uomo e ad essere fedele alle sue promesse. Infatti, tutta la storia d’Israele è un racconto della fedeltà di Dio, nonostante le infedeltà e i tradimenti del popolo eletto. Nell’Antico Testamento, gli annunciatori della misericordia di Dio erano i profeti. Essi ricordavano al popolo d’Israele tutto il bene che Dio aveva fatto per il suo eletto e annunziavano la sua misericordia. Nei loro scritti, la storia d’Israele è presentata proprio come una tensione continua fra l’infedeltà degli uomini e la misericordiosa fedeltà di Dio. La misericordia di Dio era anche annunciata come prossimo bene messianico: il bene che verrà portato dal Messia e che comporterà una trasformazione completa e radicale dell’uomo. Alla luce del Nuovo Testamento, riconosciamo in Gesù Cristo il Messia che porta il perdono in forma definitiva. «“Immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura” (Col 1, 15; cfr 2Cor 4, 4), il Figlio unigenito del Padre, “irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” (Eb 1, 3), “facendosi carne e ponendo la sua tenda in mezzo a noi” (Gv 1, 14), si è fatto sin dalla sua comparsa nel mondo il rivelatore del mistero di colui che san Paolo chiama, con una locuzione dal sapore tutto semitico, “il Padre delle misericordie” (2Cor 1, 3): colui, cioè, che è fonte della misericordia e la riversa generosamente su di noi. Più di qualunque altro attributo divino, l’intero Nuovo Testamento mostra che Cristo è davvero l’icona vivente del Padre, “ricco di misericordia” (Ef 2, 4); ma prima con la sua vita che con le sue parole»7.

2. Le vie della Misericordia: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare Al Convegno di Firenze (novembre 2015), “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, la Chiesa Italiana approfondisce e mette a fuoco quell’umano che nel Convegno Ecclesiale di Verona (ottobre 2006) venne tradotto nei cinque ambiti: affettività, lavoro-festa, fragilità, tradizione e cittadinanza. Nella proposta successiva non si vogliono 7

Ibid., 981-982.

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abbandonare gli ambiti, anzi si arricchiscono di tutta la luce che Papa Francesco sta donando all’azione pastorale della Chiesa universale. Si tratta di guardare con tenerezza le periferie, ma anche il bisogno di una radicale conversione all’interno delle nostre comunità, per sottrarle all’opacità di una fede abitudinaria e scontata. I cinque verbi sono altrettante vie da percorrere, atteggiamenti spirituali, azioni concrete che devono però essere segnate tutte dal comune denominatore: la Misericordia! Viviamo un tempo caratterizzato da incertezze, instabilità economiche, sociali e familiari che spesso impediscono all’uomo di oggi di guardare al futuro con speranza. Come i discepoli nell’episodio evangelico della moltiplicazione dei pani (ad esempio, cf., Gv 6, 1-14), sentiamo sovente l’inadeguatezza dei nostri mezzi e delle nostre forze (appena cinque pani e due pesci), e tuttavia sappiamo di avere un “di più” di umanità che si sprigiona dalla fede e dalla condivisione. Da questa consapevolezza, nasce l’urgenza missionaria, poiché l’incontro con la misericordia di Dio fa scaturire una gioia che deve essere condivisa, una sorgente che zampilla per la vita (cf., Gv 4, 14), che deve raggiungere tutti, come ha affermato anche Papa Francesco: «La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria»8. A questo proposito possiamo guardare alla Vergine Maria, la quale – sperimentata l’infinita misericordia di Dio che «ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1, 48) – si mette in cammino, in uscita, per raggiungere Elisabetta e condividere con lei la gioia della visita di Dio. Segno di misericordia è proprio questo uscire di Dio per andare incontro all’uomo, a partire dalla sia Incarnazione. Segno di misericordia è l’uscire di Gesù che chiama i discepoli a seguirlo e ad una comunione più intima con Lui: «Egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi!”. Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì» (Lc 5, 27-28). In risposta alla chiamata del Maestro, anche il discepolo si rende disponibile ad obbedire al suo comando di uscire per annunciare a tutti la misericordia di Dio: «Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità» 8

FRANCESCO, Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 21.

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(Mt 10, 1) e ordinò loro: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10, 7-8). La decisione di partire e di uscire nasce da un’esperienza forte di chiamata da parte di Dio e nel riconoscerlo Signore, come avvenne con Maria Maddalena il mattino di Pasqua (cf., Gv 20, 11-18). Gesù «la chiama per nome “Maria!”, il cuore e la mente si illuminano e riconosce che è Lui, il Maestro. Qui è la voce, il sentirsi chiamare ed essere coinvolti personalmente che ci permette di ripartire, di vedere uno stesso luogo, di valutare un avvenimento che ci capita con parametri diversi così da viverlo e affrontarlo diversamente»9. Uscire significa oltrepassare i nostri schemi, spesso consolidati nel tempo, vincere le nostre chiusure, per aprirsi alla novità di Dio, che sempre ci sorprende e ci indica vie nuove da percorrere. Uscire significa fidarsi di Dio e lasciare che sia Lui ad agire attraverso di noi, per continuare a manifestare la sua misericordia ad ogni creatura (cf., Mc 16, 15). Icona emblematica che si staglia di fronte a noi è proprio il patriarca Abramo, il quale non esita a fidarsi di quella Parola che lo invita ad uscire dalla sua terra e dalla sua condizione per aprirsi alla novità di Dio (cf., Gen 12, 1-5), che non tarderà a renderlo nuova creatura e testimone della misericordia (cf., Gen 17, 5).

3. Chiamati ad annunciare la Misericordia Avendo fatto esperienza della misericordia, ogni cristiano sente dentro di sé l’esigenza di dover raccontare il grande dono ricevuto da Dio e che lo ha riempito di gioia. Gesù parla di questa gioia traboccante nelle parabole della pecora smarrita e della moneta ritrovata: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Ralle9

P. PLATA, Accostarsi al Vangelo con sensi nuovi, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2012, 70.

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gratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta». Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto». Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte» (Lc 15, 4-10). Chi ha fatto esperienza del perdono ricevuto, dell’abbraccio del Padre misericordioso, non può non ridirlo, non può non annunciarlo con gioia. Consideriamo l’esperienza dell’apostolo Pietro. Egli promise al Signore di seguirlo ovunque in uno slancio di entusiasmo e di affetto sincero, senza però aver considerato anche la sua fragilità umana (cf., Gv 13, 37-38). Per questo ebbe quel famoso cedimento nella notte del tradimento di Gesù e lo rinnegò. Tuttavia, incrociando lo sguardo penetrante del Maestro – toccato quindi dalla sua Grazia – Pietro comprese il suo errore e pianse amaramente (cf., Mt 26, 75). Lo sguardo di Gesù verso Pietro non era di rimprovero, ma carico di amore e compassione verso la debolezza umana. Questo incontro con la misericordia del Cristo diventa per Pietro occasione per riconoscere il suo errore ed il suo bisogno di perdono. Anche nell’episodio narrato da Matteo di Gesù che cammina sulle acque (cf., 14, 24-33), ritroviamo l’apostolo Pietro che deve misurarsi con la propria fede. Sul finire della notte, Gesù va incontro ai suoi discepoli che si trovano sulla barca agitata dalle onde, rassicurandoli e invitando loro a non avere paura. Subito giunge la richiesta di Pietro che, colto dalla paura, dice al Maestro: «Se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque. Ed Egli disse: “Vieni”» (Mt 14, 28-29). Pietro si fida di Gesù e fin quando pone i suoi occhi in quelli del Signore, riesce a camminare sulle acque, dunque ad affrontare le paure e le agitazioni personali e della vita. Quando poi, distoglie lo sguardo dal Maestro, credendo di potercela fare da solo, dimentico delle parole: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15, 5), affonda e comprendendo di aver bisogno della misericordia del Cristo, grida: «Signore, salvami!» (Mt 14, 30).

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Allora Gesù interviene, gli tende la mano e lo riporta in salvo. Nel Messaggio Urbi et Orbi del Natale 2011, Benedetto XVI ebbe a dire: «Vieni a salvarci! Questo è il grido dell’uomo di ogni tempo, che sente di non farcela da solo a superare difficoltà e pericoli. Ha bisogno di mettere la sua mano in una mano più grande e più forte, una mano che dall’alto si tenda verso di lui. Cari fratelli e sorelle, questa mano è Cristo, nato a Betlemme dalla Vergine Maria. Lui è la mano che Dio ha teso all’umanità, per farla uscire dalle sabbie mobili del peccato e metterla in piedi sulla roccia, la salda roccia della sua Verità e del suo Amore (cfr Sal 40,3)»10. La Chiesa troverà la forza e il coraggio di raccontare la misericordia di Dio soltanto se, incrociando lo sguardo del Cristo, Misericordia del Padre, avrà l’umiltà di riconoscersi bisognosa di perdono e di guarigione, lasciandosi afferrare dalla sua mano.

4. Abitare il tempo della misericordia Il Santo Padre Francesco, nella sua Enciclica Lumen fidei, sostiene che «il tempo è sempre superiore allo spazio. Lo spazio cristallizza i processi, il tempo proietta invece verso il futuro e spinge a camminare con speranza»11. Lo spazio ed il tempo sono le categorie antropologiche attraverso le quali gli uomini si orientano nella storia. Sulla percezione che oggi l’uomo ha del tempo possiamo dire che esso: «in un sistema sempre più pianificato, non è più la misura della memoria di un passato, la manifestazione di un presente ricco di senso, la progettazione di un futuro carico di speranza, ma è diventato un vuoto da riempire con ogni genere di attività. Il fermarsi a riflettere, il fare silenzio per pensare danno la sensazione 10 BENEDETTO XVI, Messaggio Urbi et Orbi (25 dicembre 2011), in Insegnamenti di Benedetto XVI, VII/2 (2011), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2012, 962. 11 FRANCESCO, Lett. enc. Lumen fidei (29 giugno 2013), 57.

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di smarrimento, di paura. Il vivere quotidiano rischia di divenire una corsa contro il tempo, perseguita con accanimento sempre più intenso. L’accelerazione e la frammentazione, aspetti che connotano il nostro tempo, lo imprigionano all’interno di una concezione cosificante e misconosce la sua dimensione di mistero costringendolo ad essere imbrigliato nelle maglie di una comprensione di tipo produttivo - efficientistica (il tempo del mercante) che dimentica che esso è essenzialmente “evento di relazione”, “spazio di alleanza”, “luogo di incontro con l’altro”. Non “il tempo” è colto, ma “i tempi”, e questi spezzettati. L’uomo di oggi è l’uomo di un momento, perché incapace di durata, di perseveranza, di costruire una storia e di concepire la vita stessa come storia. […] Come fatto della pura esperienza, va da sé che non vi è spazio senza tempo, né tempo senza spazio. Il tempo e lo spazio consentono di determinare e calcolare l’essere e il non essere delle cose. La fede degli Ebrei è legata alla scansione del tempo sacro più che allo spazio e se la sinagoga può talvolta competere in bellezza con le cattedrali cristiane l’unica, vera, indistruttibile cattedrale è lo Shabbat. La sinagoga, luogo di studio, di incontro e di preghiera, può anche non essere presente nelle città della diaspora, ma il rito, il momento dell’incontro con Dio, fatto di istanti che ritornano puntualmente qualunque cosa accada, quello non mancherà mai»12. Prima della creazione, non esisteva né il tempo né lo spazio, in quanto l’eternità è al di sopra di ogni tempo e di ogni spazio. Con la sua Parola creatrice, il Logos, Dio squarcia il silenzio e scende (cf., Is 63, 19), imprimendo nella storia il movimento del tempo. «Nel quieto silenzio che avvolgeva ogni cosa, mentre la notte giungeva a metà del suo corso, il tuo Verbo onnipotente, o Signore, è sceso dal cielo, dal trono regale (cfr Sap 18,14-15)»13. Dalla creazione in poi, Dio, pur essendo l’Eterno, è colui che abita 12 M. AUGÉ, L’anno liturgico. È Cristo stesso presente nella sua Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2009, 21-22. 13 Messale Romano, Antifona d’ingresso della Messa del 30 dicembre.

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il tempo e cammina nel giardino della storia accanto ad ogni Adamo (cf., Gen 3, 8). «Nella Bibbia Dio non è colto in modo astratto, nella sua essenza eterna, come avviene in Platone od Aristotele, ma nei suoi interventi in terra, che fanno della storia del mondo una storia sacra. Alla categoria “spazio”, tipica delle culture orientali e più incline alla sacralizzazione, la Bibbia preferisce la categoria “tempo”, come testimonia, ad esempio, l’oracolo di Natan (2Sam 7)»14. Quest’ultimo riferimento biblico mi pare significativo e perciò lo riprendo: «Fu rivolta a Natan questa parola del Signore: Va’ e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa”» (2 Sam 7, 4-11). In questo brano biblico, infatti, la vera abitazione di Dio non è tanto la casa «costruita da mani d’uomo» (Eb 9, 24), ma è il popolo stesso che riconosce in Dio il suo Signore e da Lui si lascia guidare ed inabitare. Il vero luogo sacro, il locus theologicus, è la presenza di Dio che si fa incontro all’uomo; è quell’oggi della salvezza che celebra l’incontro tra la nostra povertà e la sua infinita misericordia. È l’esperienza di Zaccheo: «Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, 14

M. AUGÉ, L’anno liturgico, op. cit., 27.

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perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È entrato in casa di un peccatore!”. Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Gesù gli rispose: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”» (Lc 19, 1-10). La casa del pubblicano Zaccheo diventa il luogo della misericordia, spazio sacro dell’incontro tra la salvezza di Dio – che entra nell’“oggi” della storia dell’uomo, segnata spesso da peccato e morte – e il suo bisogno di redenzione. In questo modo, contrariamente a quanto è avvenuto nella creazione, Dio riporta l’ordine lì dove regnava il caos. Gesù ri-crea la nuova umanità, plasma l’umano, dandogli la possibilità di riscattarsi e di non ricadere nuovamente nella colpa. La misericordia di Dio scorge, dietro la scorza indurita di un uomo divenuto aguzzino, l’innocenza nascosta e la rianima. L’oggi della salvezza entra ed abita anche la casa di Simone il fariseo (cf., Lc 7, 36-50), smascherando la sua ipocrisia e invitandolo ad un percorso di conversione e ad esercitare la misericordia che egli stesso, essendo guarito, ha sperimentato. Uno dei luoghi in cui si è rivelata in maniera eminente la misericordia di Dio è sicuramente il cenacolo! Qui Gesù mostra tutto il suo amore nell’offerta di sé, del suo Corpo e del suo Sangue, nell’ultima cena, anticipando sacramentalmente il sacrificio consumatosi sul Calvario. I segni di questa misericordia infinita e gratuita di Dio, manifestatasi nella morte sulla Croce, sono mostrati dal Risorto la sera di Pasqua, quando, apparendo ai suoi, li saluta con il dono della pace, mostrando le mani ed il costato, effondendo il dono dello Spirito, che darà ai discepoli la forza della testimonianza fuori dalle mura del cenacolo (cf., Gv 20, 19-23). Questo luogo santo, testimone di così grandi eventi e sicuramente molto significativo in un primo momento per la comunità nascente, perderà gradualmente valore, in quanto luoghi della misericordia saranno non più gli spazi, ma il tempo “impregnato” dello Spirito Santo, attraverso il quale ogni uomo potrà rivolgersi a

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Dio, chiamandolo “Abbà – Padre”! (cf., Gal 4, 4-6). 5. Educati dalla Misericordia, educhiamo alla misericordia Cosa significa “educare”? Nel Vangelo secondo Matteo si legge: «Ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13, 52). Educare, infatti, significa estrarre (trarre fuori) dal tesoro – che ogni uomo e donna è in sé – le potenzialità di bene necessarie alla realizzazione armoniosa della persona. Nel Documento pastorale circa gli orientamenti per questo decennio, dedicato proprio al tema dell’educazione, i Vescovi italiani scrivono: «Un’autentica educazione deve essere in grado di parlare al bisogno di significato e di felicità delle persone. Il messaggio cristiano pone l’accento sulla forza e sulla pienezza di gioia (cfr Gv 17,13) donate dalla fede, che sono infinitamente più grandi di ogni desiderio e attesa umani. Il compito dell’educatore cristiano è diffondere la buona notizia che il Vangelo può trasformare il cuore dell’uomo, restituendogli ragioni di vita e di speranza. Siamo nel mondo con la consapevolezza di essere portatori di una visione della persona che, esaltandone la verità, la bontà e la bellezza, è davvero alternativa al sentire comune»15. Sfogliando le pagine della Sacra Scrittura, comprendiamo che educare significa anche condurre verso la sapienza, che non è frutto di capacità intellettive o di lezioni accademiche, ma che scaturisce dall’esperienza concreta della vita in relazione con il Creatore e le creature. «Figlio, sin dalla giovinezza medita la disciplina, conseguirai la sapienza fino alla canizie. Accòstati ad essa come chi ara e chi semina e attendi i suoi ottimi frutti; 15

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020 (4 ottobre 2010), 8.

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poiché faticherai un pò per coltivarla, ma presto mangerai dei suoi prodotti. Avvicìnati ad essa con tutta l’anima e con tutta la tua forza resta nelle sue vie. Seguine le orme e cercala, ti si manifesterà; e una volta raggiunta, non lasciarla. Alla fine troverai in lei il riposo, ed essa ti si cambierà in gioia». (Sir 6, 18-19. 26-28) «La sapienza esalta i suoi figli e si prende cura di quanti la cercano. Chi la ama ama la vita, quanti la cercano solleciti saranno ricolmi di gioia». (Sir 4, 11-12) Vorrei sottoporre alla vostra attenzione due concetti che emergono da questi due passi della Sacra Scrittura: nel primo brano si fa riferimento all’attesa paziente e al sacrificio di chi si mette alla ricerca della sapienza, come un contadino che ara e semina il suo campo, aspettando poi con pazienza che porti i frutti desiderati. L’altro concetto, che emerge dal secondo brano, è la gioia che deriva dalla ricerca della sapienza e l’amore per la vita che ne scaturisce. Mi piace intendere l’educazione come un processo di accompagnamento nel cammino di ricerca della sapienza, intesa come sapientia cordis – la “sapienza del cuore” – che, come ricordavo prima, non è frutto di lezioni accademiche, ma è lo stratificarsi e l’intrecciarsi tra loro di esperienze di vita che conducono al bene e alla sana ed integrale realizzazione della persona. In questo processo di educazione, la Chiesa si è sempre distinta per l’interesse alla crescita sana ed armoniosa della totalità della persona umana: corpo e spirito. Non dobbiamo, però, dimenticare chi è il nostro primo e principale educatore e Maestro: Cristo Gesù. Ce lo ricorda San Paolo nella Lettera a Tito: «È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un

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popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone» (Tt 2, 11-14). Gesù ci educa soprattutto attraverso vie di misericordia. Nel Vangelo secondo Matteo (13, 24-30), nella parabola del grano e della zizzania, Gesù insegna che educare significa pazientare, cioè lasciar crescere insieme il grano con la zizzania, senza la fretta di strapparla, e anche se apparentemente dovesse sembrare un fallimento, non bisogna disperare, mai. La misericordia di Cristo è stata toccata con mano dall’apostolo Paolo, divenendo per lui Grazia educante, nel senso che il perdono che Dio gli ha concesso ha “tratto fuori” dal suo essere la forza, il coraggio, la tenacia, trasformandolo da persecutore della Chiesa in apostolo delle genti. In un tratto della Lettera a Tito è Paolo stesso che rivela la sua esperienza di misericordia, che ha compiuto in lui una vera e propria opera di educazione: «Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna» (1Tm 1, 12-16). Educare a partire anche dalla propria storia perdonata e rinnovata è un vero atto di testimonianza dell’amore misericordioso di Dio. Tornare indietro nel tempo, rileggere la propria vita alla luce dell’incontro con la misericordia di Dio che ha rimesso in moto il nostro cuore, donandole una dimensione trascendente e credente, è possibile in modo speciale soprattutto nell’esperienza del sacramento della riconciliazione. Paolo riconosce la sua storia di peccato, la sua lontananza da Dio che lo aveva reso persecutore della Chiesa di Cristo. Egli stesso af-

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ferma di aver agito così per ignoranza. Solo dopo aver conosciuto l’amore del Risorto, solo dopo essersi lasciato toccare dalla grazia di Dio e trasformare da essa, iniziando un processo di conversione, egli è stato capace di narrare la misericordia di Dio, divenendone così un testimone diretto. Dalla sua situazione di morte spirituale, che generava altre forme di morte, Paolo ne è uscito per la grazia di Cristo e la misericordia di Dio. Se con il suo perdono e la sua misericordia il Signore ha salvato lui – peccatore – vuol dire che vuole salvare ogni peccatore, senza distinzione. I peccatori sono chiamati alla conversione e alla salvezza, a condizione che si lascino riconciliare e salvare da Lui. Educati dalla Misericordia, possiamo educare alla misericordia e così divenire testimoni ed annunciatori della fede.

6. Trasfigurati dalla Misericordia La Traccia per il cammino verso il Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze, riprendendo i cinque verbi dell’Evangelii gaudium, prevede, come ultima via per un nuovo umanesimo, il trasfigurare. Notiamo, in questo percorso, quasi un crescendo di intensità: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. È lo stesso percorso dell’esperienza storica di Gesù: dall’uscita, intesa come incarnazione e sua venuta nel mondo; l’annuncio del Regno di Dio con la rivelazione del suo amore per l’umanità, abitando i luoghi e portandovi la sua presenza salvatrice; la sua opera educativa, soprattutto attraverso la guarigione e il perdono; in ultimo lo “svelamento” della sua divinità sul Tabor (ad esempio, cf., Mt 17, 1-9), che anticipa la gloria e la luce della Risurrezione. Il verbo “trasfigurare”, pensando all’episodio del Tabor, evoca certamente l’idea della luce che mette in fuga le tenebre, della verità che sconfessa l’errore. Un esempio è Nicodemo, il notturno cercatore di Dio: «Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodemo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò da Gesù, di notte, e gli disse: “Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui”. Gli rispose Gesù: “In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce

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dall’alto, non può vedere il regno di Dio”. Gli disse Nicodemo: “Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?”. Rispose Gesù: “In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. […] Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio”» (Gv 3, 1-5.1218). Interessante l’interpretazione del personaggio biblico di cui sopra, che vi presento di seguito. «Nicodemo, attratto dalla misteriosa figura del Maestro, si reca da Gesù, di notte, come di nascosto, portando con sé il proprio intimo tormento, il proprio sincero desiderio di conoscere la verità. Ed ecco che Gesù, la Verità in persona, spiega a Nicodemo la necessità di rinascere dall’alto per entrare nel Regno, e rivela il disegno di salvezza di Dio Padre nei confronti dell’intera umanità: disegno destinato a raggiungere gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Dio è il Misericordioso: ha mandato il suo Unigenito Figlio nel mondo non per giudicare ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Ha amato a tal punto l’uomo da mandare il proprio divin Figlio, coeterno, a nascere e morire come uomo nel mondo. Lo ha innalzato sulla croce quale segno di universale salvezza. Credere a questa misericordia significa accettare il paradosso, lo scandalo della croce. Significa abbandonare la mentalità dell’uomo vecchio per rinascere secondo lo Spirito e credere che l’amore è più forte della morte. Anche noi, però, come Nicodemo, tra sconcerto e stupore stentiamo ad entrare in questo inconcepibile disegno, poiché la parola della “croce” è stoltezza per la menta-

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lità del mondo. Soltanto se aderiamo con umiltà alla volontà di Dio e ci affidiamo alla misericordia del Padre, passiamo dalla notte alla luce del pieno giorno, dall’incredulità a una fede forte e matura»16. Oggi, per noi cristiani, diventa sempre più urgente essere nel mondo una presenza incisiva e credibile, ma questo sarà possibile soltanto nella misura in cui ci lasciamo trasfigurare dalla grazia di Dio e così, ricevendo quella Luce, possiamo rifletterla a nostra volta nel mondo, con una chiara testimonianza di fede. Questa trasfigurazione avviene in modo pieno mediante la preghiera e la vita sacramentale e liturgica. «Esiste un rapporto intrinseco tra fede e carità, dove si esprime il senso del mistero: il divino traspare nell’umano e questo si trasfigura in quello. Senza la preghiera e i sacramenti, la carità si svuoterebbe perché si ridurrebbe a filantropia, incapace di conferire significato alla comunione fraterna. […] È la vita sacramentale e di preghiera che ci permette di esprimere quel semper maior di Dio nell’uomo»17. Il rischio di un cristianesimo sociale male interpretato e vissuto, è tentazione e minaccia, che solo la dimensione orante può fugare e scongiurare. L’enorme abisso tra il dire ed il fare, tra la vita e la fede deve essere ricucito e colmato proprio nell’azione liturgica: infatti, «la vita liturgico-sacramentale rende a noi contemporanei gli eventi che hanno caratterizzato l’esistenza storica di Gesù e ci consente di assimilarne la potenza liberatrice»18.

7. Indicazioni pastorali Il Giubileo straordinario della misericordia inizierà a Roma l’8 di16 A. M. CANOPI, Misericordia e consolazione. Il Dio di Gesù Cristo, Paoline, Cinisello Balsamo (Milano) 2015, 53-54. 17 COMITATO PREPARATORIO DEL V CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE, In Gesù Cristo il nuovo umanesimo, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2014, 53. 18 G. PIANA, La casa fondata sulla roccia. L’etica evangelica tra radicalità e misericordia, Cittadella, Assisi (Perugia) 2015, 30.

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cembre con l’apertura della Porta Santa in San Pietro. In tutte le diocesi, invece, secondo le indicazioni di Papa Francesco, comincerà in concomitanza con l’apertura della Porta Santa in San Giovanni in Laterano, la III Domenica di Avvento. Vivremo l’avvio del Giubileo nella nostra Diocesi, con l’apertura della “Porta della misericordia”, in due momenti significativi: nella Cattedrale di Teggiano, nei Primi Vespri della III Domenica di Avvento, il 12 dicembre; nella Concattedrale di Policastro la sera del 19 dicembre. A questi due appuntamenti sono tenute a partecipare tutte le comunità parrocchiali, pertanto non vi siano altre iniziative o celebrazioni nelle parrocchie in concomitanza con essi. Questo anno pastorale sarà scandito da tre fasi: annunciare la misericordia; celebrare la misericordia; testimoniare la misericordia. I. Il tempo liturgico di Avvento-Natale, sottolinea maggiormente il compimento delle promesse da parte di Dio: la Parola annunciata da secoli, nella pienezza dei tempi (cf., Gal 4, 4), diventa carne, ponendo la sua tenda in mezzo a noi (cf., Gv 1, 14). In questo periodo dell’anno, ogni forania abbia cura di celebrare comunitariamente la Lectio divina, presentando in modo particolare, secondo il vivo desiderio del Santo Padre, le opere di misericordia spirituale. II. Il tempo di Quaresima è il periodo in cui vogliamo dare spazio alla celebrazione della misericordia, riscoprendo il sacramento della penitenza-riconciliazione. Mi sento di dover ricordare ai sacerdoti quanto il Santo Padre ha voluto sottolineare nella Bolla di indizione del Giubileo: «Non mi stancherò mai di insistere perché i confessori siano un vero segno della misericordia del Padre. Non ci si improvvisa confessori. Lo si diventa quando, anzitutto, ci facciamo noi per primi penitenti in cerca di perdono. […] Nessuno di noi è padrone del Sacramento, ma un fedele servitore del perdono di Dio. Ogni confessore dovrà accogliere i fedeli come il padre della parabola del figlio prodigo: un padre che corre incontro al figlio nonostante avesse dissipato i suoi beni. […] Non porranno domande impertinenti, ma come il padre della parabola interromperanno il discor-

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so preparato, perché sapranno cogliere nel cuore di ogni penitente l’invocazione di aiuto e la richiesta di perdono. Insomma, i confessori sono chiamati ad essere sempre, dovunque, in ogni situazione nonostante tutto il segno del primato della misericordia»19. In ogni forania si organizzi una celebrazione comunitaria del sacramento della riconciliazione e penitenza. In quest’anno giubilare ad ogni parroco è conferita la facoltà di assolvere i peccati riservati al vescovo. Un’occasione propizia per riscoprire la bellezza della misericordia di Dio, celebrata nel sacramento della riconciliazione, è l’iniziativa che da qualche anno Papa Francesco propone a tutta la Chiesa: “24 ore per il Signore”, da celebrarsi nel venerdì e sabato che precedono la IV Domenica di Quaresima. È auspicabile che ogni parrocchia si attivi per vivere questo speciale momento di grazia, che consiste nell’adorazione eucaristica continuata, durante la quale dare la possibilità ai fedeli di accostarsi al sacramento della penitenza. III. Nel tempo di Pasqua, durante il quale la liturgia ci fa meditare il libro degli Atti degli Apostoli, in cui domina il tema della testimonianza della fede e della misericordia, siamo invitati a vivere le opere di misericordia corporale, riservando una speciale attenzione per i poveri, visitando e assistendo gli ammalati e i carcerati, gli anziani, i rifugiati, i richiedenti asilo politico, ecc. Una speciale attenzione la rivolgiamo anche a quelle famiglie che chiedono di sentirsi accolte e sostenute per la loro particolare situazione che non consente l’ammissione ai Sacramenti. Auspico che ogni forania si attivi per costituire un “centro di misericordia”, in cui gli operatori pastorali possano essere disponibili all’accoglienza e all’ascolto di quanti vivono momenti di difficoltà per motivi diversi, aiutandoli a trovare anche soluzioni concrete alle loro necessità. Spesso accanto alle soluzioni concrete e ai rimedi immediati vi è una domanda di umanità che trova nell’ascolto e nell’accoglienza un riscontro sincero e autentico. Nell’anno della misericordia è auspicabile che in alcune parrocchie o luoghi di preghiera possa nascere l’esperienza dell’adorazione eucaristica perpetua, anche a rotazione giornaliere tra le parrocchie di una 19

FRANCESCO, Misericordiae vultus, 17.

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stessa forania. In sostanza, l’indizione di questo speciale Anno Giubilare sulla Misericordia vuole mettere in moto nel cuore di ciascuno di noi il desiderio della Radicalità del messaggio evangelico, «che non può essere identificata con l’assunzione di atteggiamenti rigoristi e fanatici. È invece strettamente connessa all’esercizio della misericordia. Lungi dall’opporsi tra loro radicalità e misericordia si implicano reciprocamente; sono come due poli attorno ai quali ruota l’esperienza cristiana, perché mettono l’accento su due aspetti, entrambi presenti nella definizione dell’identità cristiana: il bisogno di tendere all’ideale, insieme, l’esperienza della costitutiva fragilità creaturale»20. Non possiamo trascurare il bisogno di alimentare in maniera fervida – e direi quasi eroica – la spiritualità della comunione. Non è superfluo ricordare che la Chiesa è questo mistero di comunione, perciò non può essere assolutamente confusa con tutte le altre forme, pur riguardevoli, di aggregazioni che si reggono si sul rispetto e su norme statutarie, ma che non sono aliene da espressione gregarie, consensi espliciti, gratificazioni ed esposizioni mediatiche, attaccamento a posizioni di prestigio consolidate nel tempo. In questa ottica va alimentata altresì la pastorale d’insieme: essa non è una strategia, né un accordo, ma una ecclesiologia, una proposta di evangelizzazione che parte dal cuore di Cristo sommo ed eterno sacerdote ed a Lui riconduce. A ragione è stato scritto che la «misericordia è un tema fondamentale del XXI secolo e tema imperdonabilmente trascurato»21. Non si tratta di indulgere ad una parenesi moraleggiante, ma di riscoprire l’identità ed il volto autentico dell’essere cristiano: «Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). La consapevolezza dei nostri limiti non oscuri la prospettiva alta del nostro impegno teologale, anzi – aiutati dalla liturgia – lasciamoci guidare dalla preghiera: «O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo 20

G. PIANA, La casa fondata sulla roccia, op. cit., 326. W. KASPER, Misericordia. Concetto fondamentale del Vangelo – Chiave della vita cristiana, Queriniana, Brescia 2015, 20ss. 21

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senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere»22. Non solo, ma la Tradizione catechetica ci consegna con semplicità la declinazione concreta della misericordia attraverso le opere di misericordia spirituale e materiale. Ci affidiamo alla Beata Vergine Maria, Madre di Misericordia per imprimere alla nostra vita quel salto di gioia e conversione: «Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata. Per questo la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, Mediatrice»23. Quando ci rivolgiamo a Maria di Nazareth sboccia nel cuore la fiduciosa esultanza di chi si sente “riempito di beni”, perciò Loda e Magnifica il Signore. Soprattutto nella Beata Vergine Maria si ripropone il nostro compito nella Chiesa, la nostra Vocazione. Non possiamo venerare la Madre di Dio escludendo la Chiesa e la sua missione salvifica. Possa la Madre del Redentore concederci grazie abbondanti di Misericordia e Pace, insieme ad una stabile e convinta conversione a Dio che ci chiama alla salvezza. Teggiano, 30 agosto 2015 XXII Domenica del Tempo ordinario  Antonio De Luca Vescovo di Teggiano-Policastro

22 23

Preghiera di Colletta, Santa Messa dell’XI Domenica del Tempo Ordinario, Anno B. CONCILIO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium (21 novembre 1964), 62.

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Messaggio alla Diocesi di Teggiano-Policastro per il GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA (8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016)

“Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia!”

1. Cari fratelli e sorelle della Santa Chiesa che è in TeggianoPolicastro, un Anno di grazia si apre davanti a noi! Tenendo lo sguardo fisso su Gesù Cristo, iniziamo l’Anno Santo della Misericordia accompagnati dagli Orientamenti Pastorali Diocesani 2015-2016, «Misericordiosi come il Padre» (Lc 6, 36). Sospinti dallo Spirito, scandiremo il nostro percorso in tre fasi: annunciare la Misericordia, celebrare la Misericordia, testimoniare la Misericordia. Cresce la consapevolezza che tutti gli uomini e le donne di oggi avvertono forte la necessità di trovare misericordia, senza la quale ogni azione nella Chiesa può essere fraintesa come vago sentimento di pietà e solidarietà. La Misericordia è di più! Essa è qualità che definisce Dio stesso, del quale il Figlio Gesù è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza (Eb 1, 3), ogni pagina della Sacra Scrittura narra questa misericordia di Dio, che sempre si è rivelato come Signore che ama l’umanità e la creazione perché ricco di misericordia. 2. Papa Francesco indica in Gesù Cristo il volto della misericordia del Padre; Dio mandò suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il Padre (cfr Gv 14,9). Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio1. Soprattutto il Papa definisce la misericordia come la via che unisce Dio e l’uomo2, che percorsa in umiltà e nella confidenza, apre il cuore alla speranza di essere oggetto dell’amore di Dio, che brama l’amore dell’uomo più di ogni altra cosa. La via che unisce noi a Dio è Gesù Cristo, mediatore di una alleanza eterna: Io sono la via (Gv 14, 6). 1 2

PAPA FRANCESCO, Misericordiae vultus, 1. PAPA FRANCESCO, Misericordiae vultus, 2.

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3. Il Giubileo nasce e si motiva con una grande forza profetica, spinge alla verifica, invoca l’uguaglianza, impone persino la restituzione (Gen 1; Es 12; Lv 25), apre nuovi percorsi e suscita interrogativi. La reale mistica di un Giubileo ha sempre una valenza teologale, relazionale, e sociale. Una forza eversiva e spirituale che spinge a denunciare le prevaricazioni, a risanare i rapporti eliminando finzioni e doppiezze; a smascherare le strategie di affermazione, di successo, e di apparenza che si costruiscono spesso sulla debolezza altrui e le umane fragilità. La Chiesa che celebra il Giubileo della Misericordia deve traboccare di misericordia come il cuore del Padre. Non è abbastanza riconoscere ed identificare Dio come misericordioso, la comunità dei credenti, per essere tale, deve avvertire come sua specifica missione la misericordia. Gesù Cristo ha insegnato che l’uomo non soltanto riceve e sperimenta la misericordia di Dio, ma che è pure chiamato a “usar misericordia” verso gli altri: Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia (Mt 5, 7). Non possiamo tralasciare questo punto nevralgico dell’insegnamento del Maestro, che ridefinisce i rapporti in seno alla comunità, senza mortificare anche la nostra aspirazione di essere destinatari della misericordia di Dio. Raggiungiamo Dio e il suo amore misericordioso quanto più amiamo con “viscere di misericordia” il prossimo. 4. Siamo interpellati a mettere in circolo, nel corpo della Chiesa, nelle sue varie espressioni: la famiglia, le parrocchie, le comunità religiose, il presbiterio diocesano, le istituzioni educative, quella linfa della misericordia come risposta all’esperienza esistenziale della misericordia divina sperimentata nei confronti della nostra fragilità. La misericordia del Padre è manifestata in Gesù Cristo, uomo nuovo, primogenito dell’umanità redenta. L’esistenza del Redentore si identifica con la misericordia, i segni da lui compiuti per risanare l’uomo dalla sua condizione di caducità, il suo annuncio di straordinaria liberazione dalle schiavitù che tengono l’umanità prigioniera, il suo sacrificio che ha toccato profondamente il suo essere uomo, la passione, la croce, la resurrezione. Tutto è compiuto da Gesù Cristo perché gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (Gv 10, 10). Qui comprendiamo il significato dell’umanesimo cristiano, mai “contro” qualcuno, piuttosto “accanto” ed “insieme”, prima di tutto in compagnia di Dio: È un umanesimo plenario che occorre promuovere. Che vuol dire ciò,

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se non lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini? Un umanesimo chiuso, insensibile ai valori dello spirito e a Dio che ne è la fonte, potrebbe apparentemente avere maggiori possibilità di trionfare. Senza dubbio l’uomo può organizzare la terra senza Dio, ma “senza Dio egli non può alla fine che organizzarla contro l’uomo. L’umanesimo esclusivo è un umanesimo inumano”. Non v’è dunque umanesimo vero se non aperto verso l’Assoluto, nel riconoscimento d’una vocazione, che offre l’idea vera della vita umana. Lungi dall’essere la norma ultima dei valori, l’uomo non realizza se stesso che trascendendosi. Secondo l’espressione così giusta di Pascal: “L’uomo supera infinitamente l’uomo”3. 5. Attraversare la Porta Santa ha per tutti i credenti lo scopo di fare nostri i sentimenti di Gesù, non possiamo ridurre la portata straordinaria di questo Giubileo ad un apparato solo esteriore di celebrazione. Perciò invito tutti voi ad attraversare con me la Porta Santa che conduce nel cuore della rivelazione cristiana, dove possiamo trovare la nostra vocazione di chiamati ad essere misericordiosi come il Padre. Le nostre comunità diventino luogo nel quale si sperimenta la misericordia di Dio, la riconciliazione fraterna, il perdono e la pace. Questo permette e favorisce che l’amore entri nel dinamismo vitale di ogni comunità, per diventare spazio nel quale ognuno trova la sua giusta vocazione per servire ad edificare il corpo mistico di Cristo. Annuncio della Parola, celebrazione dei sacramenti e servizio della carità, siano luoghi nei quali sperimentiamo la misericordia di Dio che si china sulle nostre infermità. Questa triplice dimensione conduca ogni battezzato ad essere immagine della misericordia divina, trasfigurato dall’incontro con il Padre, in grado di essere lui stesso annunciatore e testimone di misericordia. Tutto ciò si traduce in un impegno che deve vedere coinvolte le nostre comunità in un percorso di conversione e di rinascita secondo lo Spirito, luoghi accoglienti dove nessuno può sentirsi escluso. La misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio, il volto con il quale Egli si è rivelato nell’antica Alleanza e pienamente in Gesù Cristo, incarnazione dell’Amore creatore e redentore. Questo amore di misericordia illumina anche il volto della Chiesa, e si manifesta sia mediante i Sacramenti, in particolare quello della Riconciliazione, sia con le opere 3

PAPA PAOLO VI, Popolorum progressio, 42.

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di carità, comunitarie e individuali. Tutto ciò che la Chiesa dice e compie, manifesta la misericordia che Dio nutre per l’uomo, dunque per noi. Quando la Chiesa deve richiamare una verità misconosciuta, o un bene tradito, lo fa sempre spinta dall’amore misericordioso4. 6. È questo il tempo in cui la Chiesa, senza tentennamenti, è chiamata ad offrire se stessa in quell’opera educativa che vede in Gesù Cristo il nuovo umanesimo, che si prende cura di ogni essere umano, che vive in prima persona l’impe-gno per un mon-do più giusto, pacifico e solidale. Tutto ciò non appaia come teorico, ma trovi la sua realizzazione nella difesa dei diritti di ogni persona bisognosa di accoglienza che si presenta come straniero, immigrato, emarginato. Alla porta delle nostre case bussano le famiglie che hanno perso il lavoro, i coniugi provati da un abbandono, i malati che non hanno le necessarie risorse per curarsi, i giovani alla ricerca della prima occupazione, i ragazzi disorientati e smarriti da una campagna d’informazione confusa e che disturba le identità e indebolisce le appartenenze! La cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la pros-si-mi-tà. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia, afferma Papa Francesco5. Forse per noi è difficile immaginare la nostra realtà così come descritta dal Papa, ma se la nostra comunità Diocesana si guarda all’interno certamente troverà i segni inequivocabili della sofferenza, dell’errore, del fallimento, della sconfitta. E questo a partire da me, dai sacerdoti, da coloro che vivono inseriti nelle nostre Parrocchie. Riconoscersi bisognosi di misericordia ci aprirà la strada per nutrire misericordia verso coloro che vivono ai margini, allontanati dalla nostra scarsa testimonianza di vita cristiana o da un rigorismo dai tratti per nulla cristiani. In questo senso la comunità cristiana continua nel mondo, pur tra mille difficoltà, ad aver lo stesso atteggiamento che Gesù ha avuto soprattutto nei confronti degli esclusi e abbandonati. Non possiamo continuare a vivere fingendo che non esista una cultura dello scarto che sta uccidendo i rapporti tra gli uomini, sta minando alle radici la cultura dell’accoglienza e della vita che da secoli contraddistingue la nostra Europa. Spesso è la paura dell’altro che spinge a rinchiudersi nelle proprie sicurezze, incuranti delle sofferenze di molti nostri fratelli, di 4

BENEDETTO XVI, Regina Cæli, 30 marzo 2008. ANTONIO SPADARO, Intervista a Papa Francesco, da L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 216, Sab. 21/09/2013. 5

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famiglie e delle persone sole e anziane. In questo Anno Santo possiamo percorrere la via del dialogo e della ricerca con le Istituzioni di ogni ordine e grado per offrire sostegno e incoraggiamento a quanti, costretti da una strutturale precarietà sociale, stentano a condurre una vita dignitosa. L’attuale congiuntura non ci consente di coltivare la logica dell’utile particolare dei miopi localismi, o delle strettoie ideologiche; né le chiusure preconcette e pregiudiziali; solo un vigoroso e convinto patto sociale potrà vedere tutti insieme in vista di un sussulto di credibilità, di audacia, e progettualità. 7. Papa Francesco consegna un’immagine incisiva che accompagna questa stagione della vita della Chiesa, peraltro richiamata esplicitamente nella Esortazione Apostolica Evangelii gaudium: una Chiesa in uscita missionaria. Uscire per raggiungere le periferie bisognose della luce del Vangelo6. La gioia missionaria riempie la vita della Chiesa di ogni tempo, una dimensione che il nostro essere Chiesa deve in questo Anno riscoprire. La mobilità umana obbliga a metterci in cammino verso tutti, abbandonando le nostre meschine comodità. Le persone incontrandoci devono poter assaporare la gioia di appartenere a Cristo che traspare dal nostro essere. In Cristo Gesù la misericordia e l’amore non sono state una scelta tra tante e l’itinerario proposto dal Vangelo non ci abilita a tracciare confini. Troppe volte abbiamo come Chiesa delimitato spazi, eretto barriere, innalzato steccati. Non possiamo continuare in questo senso, ma sull’esempio di Gesù dobbiamo, da questo tempo santo, imparare a declinare i verbi accoglienza, condivisione, trasparenza e che nel V Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze hanno scandito il nuovo percorso per un nuovo umanesimo: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. 8. Non sempre i mali della Chiesa provengono dal di fuori, ecco perché come discepoli, abbiamo il dovere di impegnarci perché la Chiesa di Cristo riacquisti credibilità. L’annuncio del Vangelo non può prescindere da un serio impegno nella società, non ci può essere vero progresso se la nostra fede rimane nella sfera privata, se non entra in gioco quando si è chiamati a prendere decisioni che riguardano il bene comune.

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Cf PAPA FRANCESCO, Evangelii gaudium, 20.

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9. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte (Mc 13, 28-29). Il Giubileo straordinario della Misericordia non è un tempo cronologico, ma uno stato permanente che identifica la nostra fede, la rivaluta donandole nuovo vigore e forza. È il tempo di Dio nel quale egli si manifesta in un modo tutto particolare, rimette nel cuore di ogni uomo la confidenza in lui. Sappiamo valutare tanti aspetti a noi favorevoli, riusciamo a discernere ciò che appare più buono per noi: per questo il tempo di grazia del Giubileo non ci trovi impreparati ad accogliere per sempre l’amore misericordioso e gratuito del Padre. 10. Sono fiducioso nella fede robusta di tanti nostri fratelli e sorelle che spendono la vita in un permanente servizio di umanesimo attraverso il lavoro, la fedeltà alla parola data, la sincerità e la lealtà dei rapporti. Nelle nostre famiglie possa rifulgere la pace e la concordia della santa Famiglia di Nazareth, nei nostri giovani non venga meno la speranza per un futuro di impegno e di creatività, nella comunione affettiva ed effettiva del presbiterio diocesano splenda il volto di Gesù Buon Pastore e accanto ai poveri, ai malati, ai sofferenti, agli anziani, ai carcerati, al forestiero risuoni sempre la parola di misericordia e di gioia evangelica.

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Preghiera per il Giubileo O Dio clemente e Padre nell’amore, custode del destino dei popoli, ci hai mostrato il volto della misericordia in Gesù Cristo, nostro fratello e nostro Redentore. Effondi lo Spirito della consolazione sulle nostre ferite, rendici costruttori di un futuro di speranza. La nostra carità non abbia confini! Facci gustare la bellezza della preghiera e dei silenzi che parlano di Te e nei quali Tu ci parli! L’amore alla nostra terra e la concordia tra noi alimenti la generosità dell’impegno, l’efficacia della collaborazione, la sincerità della comune ricerca per ciò che veramente conta. La Vergine Maria, Donna delle Beatitudini, Madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, ci doni “l’Eterno”. Amen.

Teggiano, 29 Novembre 2015 I Domenica di Avvento  Antonio De Luca Vescovo di Teggiano-Policastro

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GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA APERTURA DELLA PORTA SANTA Omelia Cattedrale di Teggiano 12 dicembre 2015 Il gesto semplice e tuttavia carico di simbolismo dell’apertura della Porta della Misericordia in quest’Anno Santo straordinario ci porta alla considerazione delle parole stesse di Gesù: Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. (Gv 10,9). Attraversare la porta include due movimenti contemporanei e sincronici perché la porta di per sé ha la funzione di includere, custodire, proteggere e salvaguardare; ma la porta anche immette, comunica, abbraccia e si spalanca, cosi la porta della misericordia ci spinge a ricomprendere il volto vero della nostra identità di famiglia di Dio e ci incoraggia ad essere Chiesa in uscita missionaria, come la vuole Papa Francesco. Comprendiamo che la misericordia non è una commiserazione pietosa verso l’altro, né verso il mondo e la storia, anzi è un movimento inverso di speranza nuova che entra nel circuito dell’umanità perché finalmente la prossimità di Dio diventa la misericordia. La porta include. Con questa inclusione dobbiamo ricomprenderci figli della Chiesa con animo nuovo, con una risposta vocazionale significativa e feconda nel progetto di vita che Dio sogna per ciascuno di noi. Ma in questa famiglia devono essere inclusi i lontani, i dubbiosi, gli abbandonati e i senza speranza, i peccatori. La porta anche si spalanca e riconsegna. Con la responsabile consapevolezza che il Vangelo è una risposta alle grandi questioni del nostro tempo nelle quali dobbiamo entrare, non possiamo restare sulle nostre idee o limitarci ad offrire tristi presagi per il futuro. Le nostre emergenze hanno una storia, un nome: 1. Emergenza sociale che accentua i conflitti e i confini, che non genera futuro, che ha stabilito la precarietà come sistema strutturale per i nostri giovani e le nostre famiglie. Un mezzogiorno che precipita ver-

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so indici di povertà impressionanti, aree interne in grave difficoltà. «Basta guardare a un’Europa che imbarazzata nel riconoscere le sue radici cristiane, stenta a essere qualcosa di più di un apparato tecnoburocratico, finendo per schiacciare i più deboli».1 La nostra Diocesi cercherà di creare rete tra le istituzioni sociali ed educative per individuare i possibili percorsi. A tale scopo, per sottolineare l’enorme importanza di questa urgenza sociale, nominerò, nel contesto dell’ufficio problemi sociali e del lavoro e in collaborazione con glia tri uffici diocesani, un Vicario Episcopale che avvierà i contatti per un permanente tavolo di confronto, in rapporto alle intese sociali…insomma un “tavolo di misericordia” a favore delle fasce più deboli e provate. 2. Emergenza educativa che vede un mondo di adulti poco propositivi, che non riesce a fronteggiare la deriva trans-umana. «Non c’è più “mondo” perché tutto è prodotto e, pertanto, manipolabile. La supponente superficialità con cui viene trattata una questione tanto delicata come quella del gender è sintomo della prepotenza da cui può essere affetto l’uomo tecnicizzato».2 Ma la cristianità non può soccombere, siamo fermamente convinti che l’umanesimo è figlio della cristianità, ci appartiene e ci compete, la Chiesa è esperta in umanità. L’ufficio diocesano per la pastorale scolastica e per il progetto culturale seguirà i contatti con i Dirigenti scolastici e il mondo della scuola, degli oratori e, insieme alla pastorale familiare, affronteranno con sano realismo e criticità ciò che non è in linea con la verità rivelata. 3. Emergenza Ambientale. Sora nostra madre Terra «protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che “geme e soffre le

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MAURO MAGATTI, Discernimento della società italiana e responsabilità della Chiesa, Firenze, 11 novembre 2015. n. 4. 2 MAURO MAGATTI, Discernimento della società italiana e responsabilità della Chiesa, Firenze, 11 novembre 2015. n.4.

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doglie del parto” (Rm 8,22)».3 I Parroci manterranno i contatti con i rispettivi comitati di difesa del territorio e l’ufficio diocesano della giustizia, pace e salvaguardia del creato, proporranno le soluzioni più idonee per un giusto rapporto con l’ambiente. «È questo il tempo in cui la Chiesa, senza tentennamenti, è chiamata ad offrire se stessa in quell’opera educativa che vede in Gesù Cristo il nuovo umanesimo, che si prende cura di ogni essere umano, che vive in prima persona l’impegno per un mondo più giusto, pacifico e solidale».4 Il Giubileo nasce e si motiva con una grande forza profetica, spinge alla verifica, invoca l’uguaglianza, impone persino la restituzione (Gen 1; Es 12; Lv 25), apre nuovi percorsi e suscita interrogativi. La reale mistica di un Giubileo ha sempre una valenza teologale, relazionale e sociale. Una forza eversiva e spirituale che spinge a denunciare le prevaricazioni, a risanare i rapporti eliminando finzioni e doppiezze; a smascherare le strategie di affermazione, di successo, e di apparenza che si costruiscono spesso sulla debolezza altrui e le umane fragilità. La Chiesa che celebra il Giubileo della Misericordia deve traboccare di misericordia come il cuore del Padre. La misericordia è la porta aperta per la conversione pastorale. Per noi pastori è un appello a intraprendere quei percorsi di rinnovamento ecclesiale che pongono al centro la preoccupazione per un laicato adulto, corresponsabile nei processi decisionali, non solo mera offerta di servizi e manovalanza, ma autentici protagonisti delle nostre comunità, dobbiamo avere l’umiltà di chiedere e la fiducia di osare di più con i nostri laici. La misericordia è il volto di Gesù che traspare nelle nostre relazioni sociali, familiari, nella comunità educativa, nella comunione presbiterale. Questo giubileo, cari confratelli nel sacerdozio, ci aiuti a superare la tentazione del levita che scendeva da Gerusalemme a Gerico … e ahimè! di fronte alla necessita passò oltre …” l’antica parabola del buon Samaritano che Paolo VI volle indicare come paradigma della spiritualità del Concilio Vaticano II che si concludeva 50 anni or sono ci consegna non solo le opere di misericordia corporale, ma anche quelle spirituali. Sostiamo, diamo tempo, spieghiamo, organizziamo, PAPA FRANCESCO, Laudato si’, n. 2. ANTONIO DE LUCA, Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia! Messaggio alla Diocesi di Teggiano-Policastro per il Giubileo straordinario della Misericordia, n. 6. 3 4

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ma soprattutto evangelizziamo: “Guai a me se non predicassi il Vangelo” (1 Cor 9,16), il nostro stesso ministero acquista vigore, vitalità entusiasmo e audacia nel momento in cui lo esercitiamo con la passione e l’entusiasmo del primo giorno della nostra ordinazione. Papa Francesco parlando alla Chiesa Italiana radunata per il V Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze, ha voluto mettere tutti in guardia dalle due insidie ecclesiali del nostro tempo: eresia pelagiana: un’organizzazione ecclesiale ben strutturata, ben sistemata, tutta centrata sull’umano ma chiusa alle sorprese inedite della GRAZIA… è la grazia che salva! eresia gnostica: il rischio di una impeccabile e dettagliata presentazione dottrinale, “un’apparato senz’anima”, al limite dell’astratto che «è una generalizzazione senza vita, un esercizio da cui derivano tutt’al più una procedura o una algida certezza. Mai un senso. O un’affezione. Per questo esso, alla fine, “manca” la vita». 5 Il Giubileo della Misericordia ci indirizza verso i connotati dell’umanesimo cristiano che sono concretezza e alleanza. Concretezza: «intesa come pratica di affezione (amore) aperta alla trascendenza e per questo capace di ricomporre la frammentazione che dilaga nella nostra vita personale e sociale». 6 Alleanza: «L'attualizzazione di questa nuova alleanza pone l’agire ecclesiale delle nostre comunità in uno stato di conversione, aiuta a rifuggire la tentazione del “si è fatto sempre così”, spinge a superare una pastorale fondata sulle strutture e facile preda di un “dispersivo faccendismo pastorale” muovendo verso l’attenzione alle persone, dove “uscire, abitare, annunciare, educare, trasfigurare” non siano solo degli slogan o delle formule, bensì costituiscano le motivazioni stesse del nostro personale impegno quotidiano»7 Nella Sacra Scrittura il Giubileo prevedeva un atto di riparazione che consisteva nella restituzione della libertà agli schiavi, del danaro o di beni accumulati in maniera illecita ed usuraia: anche per noi il Giubileo deve avere un gesto di restituzione che non necessariamente consiste in cose da offrire, ma anche di ridare fiducia, amicizia, perdono a 5

MAURO MAGATTI, Discernimento della società italiana e responsabilità della Chiesa, Firenze, 11 novembre 2015. n.8. 6 MAURO MAGATTI, Discernimento della società italiana e responsabilità della Chiesa, Firenze, 11 novembre 2015. n.14. 7 GIUSEPPE LORIZIO, La fede in Gesù Cristo genera un nuovo umanesimo, Firenze, 11 novembre 2015.

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chi da tempo abbiamo escluso dal nostro orizzonte. Finanche dobbiamo restituire il buon nome a quanti anche indirettamente abbiamo contribuito ad oscurare o ad opacizzare. Possiamo anche ritirare le strategie ostili ed offensive anche sottili, nascoste e camuffate e perciò stesso ancora più peccaminose e subdole. Così comprendiamo le parole che Gesù rivolge ai suoi accusatori che lo scorgono a casa di Matteo: «Andate e imparate che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13). Il Giubileo ridia vigore a quella passione sociale dei cristiani nella politica, nell’economia, nella solidarietà, nell’accoglienza. Senza questa passione potremmo essere inconsapevolmente complici o fautori di corruzione. «Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. È un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici. La corruzione è un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro come forma di potenza. È un’opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e dall’intrigo». 8 Cari fratelli il vero pellegrinaggio che siamo chiamati a compiere va al di là di un luogo concreto, anzi lo ingloba e lo supera perché è il pellegrinaggio del nostro ritorno a Dio e della riconsegna del nostro amore ai fratelli: verso di loro camminiamo armati dalle opere di misericordia corporale e spirituale. La Misericordia divina riscaldi il nostro cuore e illumini le nostre menti.

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PAPA FRANCESCO, Misericordiae vultus, n. 19.

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PREGHIERA PER IL GIUBILEO O Dio clemente e Padre nell’amore, custode del destino dei popoli, ci hai mostrato il volto della misericordia in Gesù Cristo, nostro fratello e nostro Redentore. Effondi lo Spirito della consolazione sulle nostre ferite, rendici costruttori di un futuro di speranza. La nostra carità non abbia confini! Facci gustare la bellezza della preghiera e dei silenzi che parlano di Te e nei quali Tu ci parli! L’amore alla nostra terra e la concordia tra noi alimenti la generosità dell’impegno, l’efficacia della collaborazione, la sincerità della comune ricerca per ciò che veramente conta. La Vergine Maria, Donna delle Beatitudini, Madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, ci doni “l’Eterno”. Amen. Teggiano, 12 dicembre 2015 Primi Vespri della III Domenica di Avvento

+ p. Antonio De Luca Vescovo di Teggiano-Policastro

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MESSAGGIO DI NATALE 25 dicembre 2015

Cari amici, fratelli e sorelle, «Notte, tenebre e nebbia fuggite entra la luce... Viene Cristo Signore!», sono le parole con la quali la comunità prega ad ogni sorgere del sole. Celebrare l’adorabile mistero del Natale di Gesù genera nel nostro cuore la gioia. L’angelo ai pastori volle proprio consegnare la gioia: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: Oggi è nato per voi il Salvatore» (Lc 2,10). Le tenebre e il buio di quella notte furono squarciate da una luce e da un dono: la gioia. Quel grido e quella luce vengono offerte anche a noi, uomini e donne a lungo oppressi sotto il peso della tristezza, della paura e dello sconforto. Benché appare persino difficile parlarne, la gioia c’è ed è a portata di mano, in Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia (Evangelii Gaudium,1). Il Dio con noi ci dona la certezza che ci è stata usata misericordia... sempre nuova, sorgiva, attuale. Siamo nell’Anno Santo straordinario della Misericordia, Papa Francesco invita tutta la Chiesa ad assumere il volto della misericordia nel perdono, nei sacramenti, nell’accoglienza e nella riconciliazione. Il Natale di Gesù ci fa gustare la bellezza di questa gioia della misericordia, consolida le nostre appartenenze alla famiglia di Dio. Nel Natale di Cristo Gesù diventiamo stirpe eletta, sacerdozio regale, gente santa, popolo di sua conquista (1Pt 2, 9). La consapevolezza di questa appartenenza ci apre l’orizzonte del nuovo umanesimo, che sarà sempre più autentico se resta aperto all’Assoluto, contagia di Eterno, e verso il quale la Chiesa in Italia spinge tutte le nostre comunità. Un nuovo umanesimo che si contraddistingue per la concretezza e per l’alleanza che sono state le parole chiave del percorso del V Convegno Ecclesiale Nazionale. La concretezza che ci mette al riparo dalle mere astrazioni: Dio non è un’astrazione, la fede non è una teoria ma è concretezza verso la quale la Chiesa ci chiama. È una concretezza generativa, che dona ragioni di vita, stabilisce legami, capace di saper inaugurare modalità sempre nuove di annunzio del Vangelo. La Chiesa si contraddistingue come custode della memoria delle alleanze: Dio alleato del suo popolo, questo popolo alleato con altri popoli, ogni persona alleata con altre per-

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sone, non la divisione, ma le alleanze, non le alchimie individualiste della nostra società. Vivere il Natale significa aver compreso fino in fondo questa sfida di un umanesimo rinnovato che, in termini cristiani e teologici, diventa la Redenzione: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo... proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione... Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo» (Gaudium e Spes, 22). Possa essere questo momento, per ciascuno di noi, l’occasione di una rinnovata gioia; dove la cultura, gli eventi e la storia sembrano minacciare la gioia cristiana, noi riaffermiamo che la nostra gioia è Cristo Gesù e il suo Vangelo. Di questa gioia vogliamo contagiare i nostri giovani esposti ad un pessimismo individualista e distruttivo: cari giovani non oscurate l’Assoluto, non distogliete lo sguardo dall’Eterno! Il pensiero caro va alle famiglie, ormai a lungo provate da dolorose rinunce e privazioni, che nonostante tutto conservano il profilo alto di un’educazione capace di generare obiezione di coscienza in un dilagare di conformismo e acriticità. L’affettuoso saluto ai nostri connazionali che vivono all’estero, agli ammalati, alle persone sole, ai fratelli e alle sorelle che, lontano dalla terra d’origine e privati da ogni legame affettivo, cercano tra noi un segno di speranza. Papa Francesco ci ha introdotti nel Giubileo Straordinario, non ci sfugga che le opere di misericordia spirituale e corporale saranno l’ultimo esame e il definitivo giudizio al termine della vita. Un sussulto d’impegno civico e collettivo ridoni pace e gioia a tutti. Auguri di un Santo Natale del Signore a tutti! + p. Antonio, Vescovo

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CURIA



ATTI E NOMINE

S.E. Mons. Antonio De Luca: • con Decreto del 31/01/2015 ha nominato Don Marco Nardozza, Collaboratore Ufficio diocesano per gli oratori; • con Decreto del 03/03/2015 ha emanato norme per il suono delle campane nella Diocesi di Teggiano-Policastro; • con Decreto del 18/06/2015 ha nominato Don Vincenzo Gallo, Amministratore Parrocchiale della Parrocchia S. Stefano in Sala Consilina; • con Decreto del 11/07/2015 ha nominato: - Don Martino Romano, Parroco della Parrocchia Santuario Sant’Antonio abate in Vibonati e della Parrocchia Maria SS. di Portosalvo in Villammare dal 01/09/2015; - Don Elia Guercio, Parroco della Parrocchia S. Pietro apostolo e di S. Stefano p.m. in Sala Consilina dal 01/09/2015; - Don Vincenzo Gallo e Don Cono Di Gruccio, Parroci in solidum della Parrocchia di San Marco in San Marco di Teggiano dal 01/09/2015; - Don Simone Lacorte, Amministratore Parrocchiale della Parrocchia San Nicola di Bari e della Parrocchia San Cono in Castelcivita e della Parrocchia San Nicola di Bari in Controne dal 01/09/2015; - Don Simone Lacorte, Vice-direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano; - Don Donato Ciro Varuzza, Vice direttore servizio di pastorale giovanile, Centro diocesano vocazioni e formazione ministranti. • con Decreto del 15/08/2015 ha approvato lo Statuto del Capitolo dei Canonici della Cattedrale; • con Decreto del 24/09/2015 ha nominato: - Don Romolo Barbarulo, Parroco di S. Giovanni Battista in Terranova dal 04/10/2015; - Don Donato Ciro Varuzza, Vicario Parrocchiale S. Giovanni Battista in Terranova. • con Decreto del 29/11/2015 ha approvato e promulgato il Direttorio-liturgico pastorale dal 13/12/2015;

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con Decreto del 05/12/2015 ha indetto il Giubileo Straordinario della Misericordia per la Diocesi di Teggiano-Policastro e ha stabilito l’apertura della Porta della Misericordia nella Cattedrale di Teggiano e nella Concattedrale di Policastro Bussentino; con Decreto del 12/12/2015 ha concesso le indulgenze alle parrocchie delle Foranie del Fasanella e degli Alburni.

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ORDINAZIONI E MINISTERI • Il giorno 2 marzo 2015, nella Cappella del Seminario Metropolitano “Giovanni Paolo II” di Pontecagnano-Faiano, S.E. Mons. Ciro Miniero, Vescovo di Vallo della Lucania, ha istituito: lettori i seminaristi Vincenzo Contaldi della Parrocchia Maria SS. Delle Grazie in Lentiscosa e Simone Gentile della Parrocchia Immacolata in Sapri; - accoliti i lettori Antonio Calandriello della Parrocchia Santuario Cuore Immacolato di Maria in Varco Notar Ercole e Antonio Romaniello della Parrocchia San Giovanni Battista e San Nicola di Bari in Roccagloriosa. • Il giorno 14 maggio 2015, nella Cappella del Seminario di Napoli, S.E. Mons. Gennaro Acampa, Vescovo ausiliare di Napoli, ha istituito lettore il seminarista Antonio Marino della Parrocchia Santuario Sant’Antonio abate in Vibonati. • Il giorno 21 giugno 2015, nella Parrocchia San Michele Arcangelo in Padula, S.E. Mons. Antonio De Luca, Vescovo di Teggiano-Policastro ha ammesso agli ordini sacri il seminarista Fabio Pannullo della medesima Comunità parrocchiale. • Il giorno 27 giugno 2015, nella Chiesa Cattedrale di Teggiano, S.E. Mons. Antonio De Luca, Vescovo di Teggiano-Policastro, ha ordinato presbitero il diacono don Donato Ciro Varuzza della Parrocchia Sacro Cuore in Prato Perillo. • Il giorno 4 luglio 2015, nella Concattedrale di Policastro Bussentino, S.E. Mons. Antonio De Luca, Vescovo di TeggianoPolicastro, ha ordinato presbitero il diacono don Simone Lacorte della Parrocchia San Nicola di Bari in Bosco. • Il giorno 31 ottobre 2015, nella Chiesa Cattedrale di Teggiano, S.E. Mons. Antonio De Luca, Vescovo di Teggiano-Policastro ha ordinato Diaconi gli accoliti Antonio Calandriello della Parrocchia Santuario Cuore Immacolato di Maria in Varco Notar Ercole e An-

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tonio Romaniello della Parrocchia San Giovanni Battista e San Nicola di Bari in Roccagloriosa. • Il giorno 14 dicembre 2015, nella Parrocchia Santuario Sant’Antonio abate in Vibonati, S.E. Mons. Salvatore Angerami, Vescovo ausiliare di Napoli, ha istituito accolito il lettore Antonio Marino della medesima Comunità Parrocchiale.

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COLLETTE ANNO 2015


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IN MEMORIAM



Don ELIA GIUDICE Il Vescovo di Teggiano-Policastro Mons. Antonio De Luca, unitamente alla Comunità diocesana, consegnano a Gesù Crocifisso e Risorto don Elia Giudice, deceduto martedì 3 agosto. Riconoscenti per il suo generoso servizio a favore della Chiesa locale, rendono grazie al Signore ed elevano preghiere di suffragio. Nato a Buonabitacolo (SA) l'8 agosto del 1944, ordinato sacerdote l'11 agosto del 1968, don Elia è stato parroco di Silla di Sassano, poi di Monte San Giacomo e infine della Parrocchia S. Michele Arcengelo in Padula. Insegnante e poi Dirigente scolastico aveva curato negli anni diverse pubblicazioni di storia locale. Dopo una lunga sofferenza vissuta nell'affidamento totale alla volontà di Dio, è deceduto la mattina del 3 agosto. Le esequie saranno presiedute dal Vescovo mercoledì 5 agosto alle ore 9:30 nella Parrocchia di Buonabitacolo, suo paese natale.

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Don AMEDEO PARASCANDOLO IIl Vescovo di Teggiano-Policastro Mons. Antonio De Luca, unitamente alla Comunità diocesana, affidano a Cristo Buon Pastore don Amedeo Parascandolo e, mentre ne ricordano il generoso ministero, rendono grazie al Signore ed elevano preghiere di suffragio. Nato a Buonabitacolo (SA) il 25 gennaio del 1930, ordinato sacerdote il 29/06/1953, don Amedeo è stato prima Prefetto e poi Rettore del Seminario Vescovile di Teggiano. Negli anni ha servito come Parroco le Parrocchie di S. Marco in San Marco di Teggiano, di S. Eustachio e S. Stefano in Sala Consilina e della SS. Annunziata in Buonabitacolo. E' stato Presidente dell'IDSC e ha lavorato nella formazione dei giovani sia come Assistente Giovani dell'Azione Cattolica che come insegnante di Religione nelle Scuole. Le esequie saranno presiedute dal Vescovo giovedì 22 ottobre alle ore 16:00 nella Parrocchia di Buonabitacolo, suo paese natale.

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AGENDA



Data 01/01/2015 11:00 02/01/2015 03/01/2015 18:00

05/01/2015 15:00

06/01/2015 11:00 06/01/2015 18:00 08/01/2015 10:00 10/01/2015 16:00

11/01/2015 09:00 13/01/2015 13/01/2015 10:00

13/01/2015 18:30 14/01/2015 17:30 16/01/2015 18:00

17/01/2015 17/01/2015 11:00

,PSHJQR Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Giornata di incontro del Vescovo con i seminaristi Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Antero, Patrono UDPSL - UPC Incontro di riflessione e dialogo sul bene comune Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Rassegna Cori Polifonici Incontro Commissione Arte Sacra UPC - Convegno introduttivo percorso formativo per operatori pastorali: "La Chiesa: mistero di comunione nella parola e nell'eucaristia" Incontro mensile delle religiose Incontro foraniale dei sacerdoti Incontro Regionale CEC settore Cultura e Comunicazioni Tavola rotonda sul nuovo "Linguaggio dei Social Media" a cura del prof. Alfonso Amendola Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Percorso formativo per operatori pastorali Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo a conclusione della novena in preparazione alla festa di S. Antonio, Patrono Week-end vocazionale Celebrazione Eucaristica e processione presiedute dal Vescovo nella festa di S. Antonio, Patrono

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Luogo Teggiano - Cattedrale

Casalbuono

Teggiano

Teggiano - Cattedrale San Pietro al Tanagro Teggiano Polla - Family Center

Pompei, NA, Italia - Sede CEC

Contrada Difesa

Vibonati - Santuario S. Antonio

Vibonati - Santuario di S. Antonio


Data

,PSHJQR

18/01/2015 18/01/2015

Giornata del Rifugiato Giornata Vocazionale

18/01/2015

Incontro dei preti ordinati nell'ultimo triennio Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Assemblea CEC Lectio Magistralis on. Enrico Letta Incontro mensile dei preti ordinati nell'ultimo decennio Percorso formativo per operatori pastorali Il Vescovo incontra la Commissione Liturgica Il Vescovo incontra il gruppo editoria Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa dei Ss. Sposi Convegno Liturgico Regionale

18/01/2015 18:00 19/01/2015 19/01/2015 16:30 20/01/2015 09:30 21/01/2015 17:30 22/01/2015 10:00 22/01/2015 14:30 23/01/2015 18:00

24/01/2015 09:00

24/01/2015 19:00 24/01/2015 20:00 25/01/2015 09:30 25/01/2015 18:00

27/01/2015 09:30 27/01/2015 18:00 28/01/2015 17:30 30/01/2015 18:00

UED - Incontro di preghiera per l'unità dei cristiani Inizio corso preparazione al Matrimonio Forania Alburni ACI - Festa della Pace ACR Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Festa della famiglia Incontro mensile del clero Il Vescovo presiede la Festa S. Giuliano Percorso formativo per operatori pastorali Verifica di metà percorso Resp. Uffici Diocesani

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/XRJR Forania di Teggiano-Sala Consilina

Padula, Parrocchia S. Alfonso Pompei Teggiano, Ss.ma Pietà Teggiano

Teggiano Teggiano Sapri - Immacolata

Pompei - Sala De Fusco Santuario della Beata Vergine del Rosario Sala Consilina - Santo Stefano Zuppino Roccagloriosa Battipaglia Parrocchia S. Teresa di G. B. Padula - Convento S. Francesco Giuliano in Campania

Padula Scalo - Salone Parrocchiale


Data

,PSHJQR

/XRJR

31/01/2015 18:30

Celebrazione Eucaristica Napoli Ponticelli presieduta dal Vescovo nella festa di San Ciro

01/02/2015 16:00 02/02/2015

UPF - Giornata della Vita Giornata della Vita Consacrata Incontro foraniale dei sacerdoti Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Biagio, Patrono Il Vescovo presiede le esequie della Mamma di don Pietro Greco Percorso formativo per operatori pastorali Il Vescovo presiede i Vespri in occasione dell'arrivo delle reliquie di S. Giovanni Paolo II Il Vescovo tiene la meditazione quaresimale ai Cappellani militari della Campania e Basilicata Il Vescovo partecipa al Seminario informativo "Gli itinerari spirituali e culturali del sud" Convegno sulle dipendenze Sacramento della Confermazione Sacramento della Confermazione Consulta laici Il Vescovo partecipa al dibattito pubblico Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo per la Giornata del Malato Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo per la Giornata del Malato

03/02/2015 03/02/2015 11:00

04/02/2015 15:30

04/02/2015 17:30 04/02/2015 20:00

05/02/2015 10:00

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07/02/2015 18:00 08/02/2015 11:00 08/02/2015 18:00 09/02/2015 18:30 10/02/2015 15:00 11/02/2015 10:00

11/02/2015 16:00

189

Sala Consilina - S. Anna

SicilĂŹ

Lagonegro

Parrocchia S. Alfonso Padula Scalo

Persano

Pertosa auditorium mida

Petina teatro comunale Teggiano Cattedrale Sala Consilina - Parrocchia S. Anna Padula S. Alfonso Montesano Scalo SA, Italia Polla - Ospedale

Sapri - Ospedale


Data 12/02/2015 10:00

13/02/2015 09:30 14/02/2015 14/02/2015 18:00

15/02/2015 10:00

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22/02/2015 19:00 23/02/2015 24/02/2015 09:30 25/02/2015 17:30 26/02/2015 09:30

26/02/2015 16:00 26/02/2015 16:00 26/02/2015 16:00

,PSHJQR Il Vescovo presiede la Commissione Regionale Migrantes Consiglio Presbiterale Diocesano Week-end vocazionale Il Vescovo partecipa al Convegno ambiente agricoltura sviluppo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo e festa interparrocchiale del malato e dell'anziano il Vescovo celebra l'Eucarestia Quarantore Celebrazione Eucaristica con il rito dell'imposizione delle ceneri presieduta dal Vescovo Via Crucis Presentazione calendario Migrantes Giornata Vocazionale Celebrazione presieduta dal Vescovo a conclusione delle Quarantore Via Crucis con i giovani Forania di Polla Esercizi Spirituali CEC Incontro mensile del clero Percorso formativo per operatori pastorali Incontro formazione preti giovani - Relatore don Amedeo Cencini Il Vescovo incontra i seminaristi Statio Quaresimale UCD - Ritiro di Quaresima Operatori Pastorali

190

/XRJR Conferenza Episcopale Campana, Pompei NA, Italia Teggiano

Sala Consilina, SA, Italia

Torre Orsaia

Padula Parrocchia S. Michele Arcangelo Sapri - Parrocchia Immacolata

Buonabitacolo cimitero Padula S. Alfonso Forania degli Alburni e Fasanella Montesano sulla Marcellana

San Pietro al Tanagro Mugnano del Cardinale Padula - Convento S. Francesco

Pontecagnano - Seminario Metropolitano Giovanni Paolo II Pontecagnano - Seminario Metropolitano Forania di Camerota Forania di Camerota


Data 28/02/2015 17:00

01/03/2015 17:30

02/03/2015 17:30 03/03/2015 03/03/2015 10:00

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05/03/2015 09:30 05/03/2015 17:30

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10/03/2015 10/03/2015 09:30

,PSHJQR Statio Quaresimale e Consegna del Vangelo ai Confermandi Forania degli Alburni Celebrazione presieduta dal Vescovo a conclusione delle Quarantore Il Vescovo incontra i ragazzi per la prima confessione Incontro foraniale dei sacerdoti Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa votiva di Maria SS. dei Cordici Consiglio Pastorale Diocesano Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella SolennitĂ di S. Pietro Pappacarbone, Patrono della Diocesi Il Vescovo incontra gli uffici amministrativi della Curia Diocesana Il Vescovo incontra il collegio dei Vicari foranei Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Consegna del Vangelo ai Confermandi Forania di Polla Incontro mensile delle religiose Stazione Quaresimale forania di Teggiano-Sala Festa della Famiglia e conclusione percorso prematrimoniale Forania degli Alburni Esercizi spirituali del Clero Ritiro di Quaresima della Metropolia

191

/XRJR Controne

Montesano Scalo

Monte S. Giacomo, Monte S. Giacomo

Torraca - Santuario

Padula Scalo - Salone Parrocchiale Policastro - Concattedrale

Teggiano

Teggiano Santuario Bianca Regina dei Gigli S. Giorgio a Cremano (NA) Atena Lucana

Sassano Zuppino

Firenze Pontecagnano - Seminario Metropolitano Giovanni Paolo II


Data 10/03/2015 15:00 10/03/2015 18:00 11/03/2015 17:30 13/03/2015 10:30 14/03/2015 14/03/2015 09:30

14/03/2015 17:00

15/03/2015 15/03/2015 17:00 15/03/2015 18:00 18/03/2015 19:00 20/03/2015 18:00 21/03/2015 21/03/2015 21/03/2015 15:00 22/03/2015 11:00

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,PSHJQR

/XRJR

Il Vescovo incontra i seminaristi Statio Quaresimale Forania Padula-Montesano Percorso formativo per operatori pastorali Incontro del Vescovo con i ragazzi delle Scuole Week-end vocazionale Il Vescovo tiene il ritiro all'Arciconfraternita dei Pellegrini Consegna del Vangelo ai Confermandi zona Golfo di Policastro Giornata Vocazionale Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Incontro del Vescovo con i nubendi Via Crucis vivente Via Crucis forania di Teggiano-Sala Il S. Padre Papa Francesco visita la CittĂ di Napoli Statio Quaresimale Forania del Fasanella Incontro formazione operatori pastorale della salute Celebrazione Eucaristica presieduta dal Card. De Paolis ACI - Conclusione Settimana Sociale Il Vescovo tiene la catechesi quaresimale Il Vescovo incontra il collegio dei Vicari foranei Percorso formativo per operatori pastorali Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella solennitĂ dell'Annunciazione

Pontecagnano - Seminario Metropolitano Padula Scalo

192

Celle di Buglheria

Napoli

Policastro - Concattedrale

Forania di Policastro S. Angelo a Fasanella Forania del Fasanella Ispani Monte San Giacomo Napoli

Zona Golfo di Policastro S. Anna Sala Consilina, S. Anna Sala Consilina Polla Monte S. Giacomo Teggiano

Sala Consilina - SS. Annunziata


Data 26/03/2015 10:30 28/03/2015 15:30

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01/04/2015 17:30 02/04/2015 18:30

02/04/2015 20:00

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06/04/2015 12:00

,PSHJQR Il Vescovo presiede la Celebrazione Eucaristica Celebrazione della prima confessione Forania degli Alburni Benedizione delle Palme e Celebrazione Eucaristica presiedute dal Vescovo Consegna del Vangelo ai Confermandi Forania di Teggiano-Sala Giornata Diocesana dei Giovani Il Vescovo presiede la Celebrazione Eucaristica Via Crucis forania Alburni Il Vescovo celebra l'Eucarestia con gli alunni del Liceo scientifico Messa Crismale Celebrazione Eucaristica in "Coena Domini" presieduta dal Vescovo Celebrazione Eucaristica in "Coena Domini" e lavanda dei piedi presieduta dal Vescovo a cura della Caritas e Ufficio Migrantes Commemorazione della Passione del Signore presieduta dal Vescovo Via Crucis presieduta dal Vescovo con le ComunitĂ di Polla Processione al Calvario VEGLIA PASQUALE predieduta dal Vescovo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella Risurrezione del Signore Celebrazione Eucaristica nella festa della Madonna di Castello

193

/XRJR Postiglione 84026 Postiglione SA, Italia Galdo

Teggiano - Cattedrale

Sala Consilina, Casa circondariale Serre Parrocchia S. Michele Padula

Teggiano - Cattedrale Teggiano - Cattedrale

Padula Scalo - Parrocchia S. Alfonso

Teggiano - Cattedrale

Polla

Roccagloriosa Teggiano - Cattedrale Policastro Bussentino Concattedrale Sala Consilina - Santuario di Castello


Data 07/04/2015 08/04/2015 17:30 09/04/2015 10:00 12/04/2015 09:00 12/04/2015 18:00 13/04/2015

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19/04/2015 18:30 20/04/2015

22/04/2015 17:30 23/04/2015 23/04/2015 19:00

,PSHJQR Incontro foraniale dei sacerdoti Percorso formativo per operatori pastorali Incontro Commissione Arte Sacra Incontro mensile delle religiose Sacramento della Confermazione Incontro Congreghe e Comitati festa Forania del Fasanella Il Vescovo presiede la Celebrazione Eucaristica Il Vescovo incontra i Vicari Foranei Il Vescovo tiene una lezione alla Unitre Percorso formativo per operatori pastorali Il Vescovo presiede una veglia di preghiera Il Vescovo partecipa al convegno del GalVallo Il Vescovo presiede la Celebrazione Eucaristica Consegna del Vangelo ai Confermandi Forania di Padula-Montesano Celebrazione Eucaristica nel 50° di dedicazione della Chiesa Parrocchiale Sacramento della Confermazione CEC - Visita All'Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare Ore 17.00 trovarsi a Napoli Percorso formativo per operatori pastorali Giornata regionale del clero Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo

194

/XRJR

Teggiano

San Giovanni a Piro

Santuario Avvocatella, Cava De Tirreni Teggiano S. Arsenio

Pertosa Teggiano Polla, Convento S. Antonio Parrocchia S. Alfonso De Liguori, Padula Scalo Atena Lucana scalo

Postiglione

Benevento S. Marco Teggiano


Data 24/04/2015 18:30

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02/05/2015 18:30 03/05/2015 11:45 03/05/2015 17:00 05/05/2015 06/05/2015 10:30 07/05/2015 10:00

07/05/2015 16:00

,PSHJQR Il Vescovo celebra il sacramento della Confermazione Il Vescovo presiede l'Eucarestia nella festa patronale Sacramento della Confermazione Sacramento della Confermazione Incontro mensile del clero Il Vescovo presiede la Celebrazione Eucarestia per gli alunni degli Istituti scolastici Sacramento della Confermazione UCCF - Incontro formativo Confraternite e Comitati festa Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Giuseppe, Titolare Il Vescovo visita la ComunitĂ Il Vescovo presiede la Celebrazione Eucaristica nel XXX della morte del CC Carmine Tripodi Sacramento della Confermazione Sacramento della Confermazione UPC - Convegno sulla "Gaudium et spes" Incontro foraniale dei sacerdoti Incontro regionale Migrantes Il Vescovo presiede la Celebrazione Eucarestica in suffragio dei caduti della guerra 1915/1918 Il Vescovo incontra i seminaristi

195

/XRJR Marina di Camerota

Teggiano, Parrocchia S. Marco Casalbuono Padula - Parrocchia S. Giovanni Battista Padula - Convento S. Francesco Teggiano

Atena Lucana - Parrocchia S. Michele Arcangelo Teggiano Pantano di Teggiano

Pertosa Castel Ruggero

Camerota - Chiesa S. Daniele Montesano Scalo Policastro - Concattedrale

Pompei, sede CEC Polla, Parco Rimembranza

Pontecagnano - Seminario


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,PSHJQR Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Michele Arcangelo, Patrono Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Michele Arcangelo, Patrono Il Vescovo prende parte al Centenario AFS Intercultura UDPS - Convegno Diocesano di Pastorale della Salute Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa della Madonna di Pompei, Titolare e Patrona Sacramento della Confemazione Veglia di preghiera per l'arrivo della reliquia delle lacrime della Madonna delle lacrime di Siracusa Il Vescovo presiede la Celebrazione Eucarestica Il Vescovo incontra il collegio dei Vicari foranei Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella Festa della Madonna dei Martiri, Patrona Celebrazione Eucaristica e Processione presiedute dal Vescovo nella festa di S. Biagio, Patrono Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Vittorio Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Sofia, Patrona Sacramento della Confermazione

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/XRJR Caselle in Pittari Sala Consilina - Santuario S. Michele Sant'Angelo a Fasanella Santuario Grotta

Teggiano Atena Lucana Silla di Sassano

Sapri - Immacolata San Rufo, Santuario Madonna della Tempa

Sala Consilina, Casa circondariale Teggiano Casaletto Spartano Santuario

SicilĂŹ

Pertosa

Poderia - Santuario

Licusati - Chiesa Madre


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,PSHJQR

/XRJR

UPC - Celebrazione conclusiva percorso operatori pastorali Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Ciro, Patrono Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Pasquale, Patrono Sacramento della Confermazione CEI - Assemblea Generale Momento di preghiera in preparazione alla Pentecoste e consegna del Vangelo ai cresimandi Veglia di Pentecoste Forania di Teggiano-Sala Consiglio affari economici Il Vescovo incontra le famiglie del Parrocchia S. Teresa di G. B. di Battipaglia Veglia di Pentecoste forania di Camerota Veglia di Pentecoste Forania di Padula-Montasano Veglia di Pentecoste Forania di Polla Veglia di Pentecoste Forania di Policastro Veglia di Pentecoste Forania Alburni Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Sacramento della Confermazione Sacramento della Confermazione Sacramento della Confermazione Incontro mensile del clero

Sant'Angelo a Fasanella Santuario San Michele

197

Atena Lucana, Santuario S. Ciro Galdo degli Alburni

Capitello Roma Forania del Fasanella

Teggiano

Tegiano

Camerota, 84040 Camerota SA, Italia Buonabitacolo Atena Lucana Sapri SA, Italia Sicignano degli Alburni Sanza, Santuario Teggiano - Cattedrale Buonabitacolo Tortorella Padula - Convento S. Francesco


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,PSHJQR Udienza dei cresimandi, cresimati e catechisti con il Papa Il Vescovo partecipa incontro CCEE-SECAM Celebrazione dei Primi Vespri presieduti dal Vescovo nella solennità di S. Cono, patrono della Diocesi Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella solennità di S. Cono, patrono della Diocesi Assemblea CEC Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica e Processione presiedute dal Vescovo nella solennità del Corpus Domini Premiazione Concorso Mare Nostrum Giornata santificazione sacerdotale Sacramento della Confermazione Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella vigilia della festa di S. Antonio Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Antonio di Padova Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Antonio, Patrono Celebrazione Eucaristica e priocessione nella festa di S. Antonio Celebrazione Eucaristica e Cresima presiedute dal Vescovo

198

/XRJR Roma

Maputo Teggiano - Cattedrale

Teggiano - Cattedrale

S. Agnello di Sorrento Sapri - San Giovanni Battista Teggiano - Cattedrale

Salerno, Palazzo S. Agostino Pontecagnano - Seminario Metropolitano Giovanni Paolo II Sala Consilina - Sant'Antonio Castel Ruggero Camerota - Cappella in montagna Polla - Convento S. Antonio

Capitello

Bellosguardo - Chiesa S. Maria delle Grazie Prato Perillo


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,PSHJQR

/XRJR

ACI - Festa fine anno associativo Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica e processione presiedute dal Vescovo nella festa di S. Vito Celebrazione Eucaristica e processione presiedute dal Vescovo nella festa di S. Vito, Patrono Convegno Pastorale Convegno Pastorale Pellegrinaggio a Pompei (Migrantes) Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Marina, titolare e patrona Consiglio presbiterale Celebrazione Eucaristica e Cresima presiedute dal Vescovo nella novena dei Ss. Pietro e Paolo Apostoli Ammissione agli Ordini Sacri del Sem. Fabio Pannullo Incontro dei Vescovi della Metropolia di Salerno Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella Vigilia della solennitĂ di S. Giovanni Battista, titolare e patrono Il Vescovo celebra il Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica e Processione nella solennitĂ di S. Giovanni Battista, titolare e patrono

Sant'Angelo a Fasanella

199

Arenabianca Tortorella - chiesa di S. Vito

Sapri - Immacolata

Teggiano Teggiano Pompei NA, Italia Santa Marina

Teggiano Sala Consilina - S. Pietro

Padula S. Michele Seminario Metropolitano Pontecagnano Lentiscosa Terranova

Sassano San Giovanni

Roccagloriosa - Chiesa S. Giovanni Battista


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,PSHJQR

/XRJR

Il Vescovo incontra i Vicari Episcopali per la Vita Consacrata della Regione Campania Benedizione affresco Il Vescovo presiede l'Ordinazione Presbiterale del Diac. Donato Varuzza Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Giuseppe Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica e Cresime presiedute dal Vescovo nella solennitĂ dei Ss. Pietro e Paolo apostoli Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Pietro Apostolo Celebrazione Eucaristica in suffragio del fratello di don Domenico Santangelo

Badia di Cava dei Tirreni

Sacramento della Confermazione Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa della Madonna, Titolare Il Vescovo presiede la celebrazione Eucaristica nel triduo del festa della Madonna delle Grazie Sacramento della Confermazione Il Vescovo presiede l'Ordinazione Presbiterale del Diac. Simone Lacorte Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella Festa di S. Maria Goretti

Aquara

200

Poderia, Parrocchia Teggiano, Cattedrale

Fortino

Torraca San Pietro al Tanagro

Montesano scalo

Atena

Polla, Parrocchia Ss. Pietro e Benedetto Atena Lucana - S. Maria Maggiore Buccino, 84021 Buccino SA, Italia

Serre Policastro Concattedrale

Pertosa Arienzo (CE)


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,PSHJQR Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Biagio, Patrono Il Vescovo presiede l'Eucarestia nella novena della Madonna del Carmine Celebrazione Eucaristica presiduta dal Vescovo nella festa di S. Barbara, Patrona Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa della Madonna del Carmelo, Protettrice di Polla ACI - Sentiero Frassanti Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Vincenzo, Patrono Sacramento della Confermazione - 40° Ordinazione Presbiterale di don Domenico Tropiano Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo per il 50° di sacerdozio di don Cono Di Gruccio Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Forestali Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella novena della Madonna del Carmelo Celebrazione Eucaristica e processione presiedute dal Vescovo nella festa della Madonna del Carmelo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Preghiera e benedizione del mare e del pane

201

/XRJR Petina Ottati

Buonabitacolo

Corleto Monforte

Polla - Parrocchia S. Nicola dei Latini e S. Maria dei Greci

San Giovanni in Fonti Camerota - Chiesa S. Maria

Tardiano

S. Marco di Teggiano

Monte Carmelo S. Arsenio

Zuppino

Sala Consilina - S. Pietro

Montesano sulla Marcellana S. Anna Scario


'DWD 19/07/2015 18:00

20/07/2015 19:00

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25/07/2015 19:00

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31/07/2015 18:30 01/08/2015 17:30

,PSHJQR Celebrazione Eucaristica e processione presieduta dal Vescovo nella festa di S. Francesco di Paola Celebrazione Eucaristica e processione nella festa di S. Giuseppe Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella vigilia della festa della Madonna del Carmelo, patrona Celebrazione Eucaristica e Cresima presieduta dal Vescovo nella Festa di S. Giacomo Apostolo, Patrono Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Cristoforo, titolare e patrono Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica e processione di S. Anna nel XXV di Consacrazione della Chiesa Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Lucido, Patrono Sacramento della Confermazione Sacramento della Confermazione Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica e Processione presiedute dal Vescovo nella festa della Madonna del Carmelo Ordinazione Episcopale Mons. Sergio Melillo Inaugurazione allestimento Museo Diocesano

202

/XRJR Sapri - Immacolata

Bellosguardo - Chiesa Parrocchiale Acquavena - Chiesa Madonna del Carmine

Monte San Giacomo

San Cristoforo di Ispani

Sanza - Santuario Monte Cervati Galdo degli Alburni Sala Consilina, Parrocchia S. Anna

Aquara

Padula Parrocchia S. Alfonso Controne Sanza Postiglione

Avellino Teggiano - Museo S. Pietro


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09/08/2015 18:00

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,PSHJQR Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Alfonso, Titolare Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Onofrio, Patrono Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica e processione presiedute dal Vescovo nella festa di S. Domenico, Patrono Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di Maria SS. delle Nevi, Patrona Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di Maria SS. delle Nevi, Titolare Celebrazione Eucaristica e Processione presiedute dal Vescovo nella festa di S. Donato Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Gaetano Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Vincenzo, Patrono Celebrazione Eucaristica e processione per mare presiedute dal Vescovo nella festa di Maria SS. di Portosalvo, Patrona Sacramento della Confermazione nella vigilia della festa di S. Lorenzo, Patrono Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica e processione presieduta dal Vescovo nella festa dell'Immacolata, titolare

203

/XRJR Padula Scalo

Petina

Celle di Bulgheria Marina di Camerota

Celle di Bulgheria

Castel Ruggero

Controne

Sassano - Caiazzano

Castelluccio Cosentino

Villammare

Torre Orsaia

Poderia Scario


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,PSHJQR

/XRJR

Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Teodoro Martire Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella novena di S. Rocco Sacramento della Confermazione Pellegrinaggio a piedi presieduto dal Vescovo dalla Concattedrale di Policastro al Santuario di Maria SS. di Pietrasanta e affidamento della Diocesi alla Madonna Processione e Celebrazione Eucaristica presiedute dal Vescovo nella solennitĂ dell'Assunzione della B.V. Maria Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Rocco, Patrono Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Rocco, Patrono Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Rocco, Patrono Il Vescovo presiede la celebrazione Eucaristica nella festa di S. Donato da Ripacandida Processione presieduta dal Vescovo nella festa di S. Rocco, protettore Pellegrinaggio in Terra Santa presieduto dal Vescovo Sacramento della Confermazione Il Vescovo celebra l'Eucaristia per l'azione cattolica Diocesana

Serre Santuario Madonna Dell'Olivo SicilĂŹ

204

Roscigno - Chiesa Parrocchiale Policastro Bussentino Concattedrale Policastro - Concattedrale

Policastro Bussentino Concattedrale

Ispani

Sicignano degli Alburni

Sassano - Chiesa di S. Rocco

Largo Cappelli, 40 - 84031 Auletta (Sa)

Bosco - chiesa S. Rocco

S. Rufo Getsemani Paestum


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,PSHJQR

/XRJR

Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Rocco Settimana del Vescovo con i seminaristi Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo per le vittime della strada Celebrazione Eucaristica nella vigilia della festa di S. Rosalia, patrona Convegno regionale sull'umanesimo nel mezzogiorno Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Eustachio Giornata Diocesana per la custodia del Creato Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica nella festa della Madonna dei Cordici, patrona Celebrazione Eucaristica nella festa della Madonna di Loreto, patrona Celebrazione Eucaristica

Sala Consilina - S. Rocco

Presentazione Direttorio Omiletico - relatore S.E. Mons. A. Di Donna Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Celebrazione Eucaristica nella festa di San Nicola da Tolentino Presentazione del libro su S. Lucido Festa di San Cono Celebrazione Eucaristica nella festa della Madonna di Castello Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Antonio

205

Sapri

Lentiscosa, Santuario di S. Rosalia Pompei

Salerno via Brignano 31 Petina Varco Notar Ercole Torraca, Santuario Madonna dei Cordici Arenabianca

Sicignano degli Alburni, Cappella di Santa Maria Capaccio, Santuario Getsemani Moliterno (PZ) Corleto Monforte

Aquara Pisa Sala Consilina, Parrocchia SS. Annunziata Sapri, Loc. Timpone


'DWD

,PSHJQR

14/09/2015 10:00

CEC - Assemblea

14/09/2015 18:00

Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella vigilia della festa di S. Rocco Incontro con il Consiglio Parrocchiale Commemorazione del Servo di Dio Federico Pezzullo, Vescovo di Policastro nel 36° anniversario della morte Processione e Celebrazione Eucaristica nella festa del SS. Crocifisso Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo AC - Incontro Presidenze Parrocchiali Celebrazione Eucaristica nella festa di San Pio da Pietrelcina Commissione Arte Sacra Presentazione Orientamenti pastorali e Agenda diocesana Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Triangolare di calcio migranti Giornata Regionale custodia del Creato Celebrazione Eucaristica nella festa della traslazione delle reliquie di San Cono Presentazione cataloghi Museo Diocesano Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica nella vigilia della festa di San Michele Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Michele Arcangelo, patrono della città

15/09/2015 18:30

18/09/2015 20:00 19/09/2015 19:00

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29/09/2015 12:30

206

/XRJR Largo Donnaregina, Napoli, NA, Italia S. Antonio Abate Tolve, Santuario Diocesano d S. Rocco Pertosa Policastro, Concattedrale

San Pietro al Tanagro

Santuario S. Caterina Volpicelli Napoli Teggiano, Seminario Sapri, Parrocchia San Giovanni Battista Teggiano, SA, Italia Padula, Convento San Francesco Teggiano Polla, SA, Italia Acerra Teggiano, Cattedrale

Teggiano, Museo S. Pietro Sala Consilina, Trinità Caselle in Pittari, Chiesa di San Rocco Sala Consilina, Parrocchia SS. Annunziata


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01/10/2015 11:30 03/10/2015 19:00 03/10/2015 20:30 04/10/2015 08:30 04/10/2015 10:30

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10/10/2015 11/10/2015 11/10/2015 18:00 12/10/2015 10:00 16/10/2015 19:00 18/10/2015 09:30

,PSHJQR Il Vescovo incontra i responsabili degli Uffici pastorali Il Vescovo incontra il Collegio dei Vicari Foranei Celebrazione del Transito di S. Francesco Calcio d'inizio partita beneficenza Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Francesco Celebrazione Eucarestia presieduta dal Vescovo nella festa della Madonna del Rosario Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Francesco, patrono CEC - Assemblea Incontro foraniale dei sacerdoti Il Vescovo partecipa all'inizio anno scolastico Celebrazione Eucaristica nel 75° di erezione della Parrocchia Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo e Benedizione statua S. Gerardo Maiella parrocchia Cristo Re Giornata della Famiglia Zona Golfo di Policastro Incontro mensile delle religiose Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Gerardo Consiglio Presbiterale Diocesano Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Gerardo AC - Festa unitaria

207

/XRJR Teggiano

Teggiano Sala Consilina, Chiesa S. Eustachio Sassano Padula, Convento San Francesco San Rufo

Policastro Bussentino, Concattedrale Salerno

Celle di Bulgheria, SA, Italia Prato Perillo

Polla, SA, Italia

Sapri, Chiesa S. Giovanni Battista Roccagloriosa, Convento S. Mercurio Silla Teggiano Polla, Chiesa di Cristo Re Sant'Arsenio


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18/10/2015 19:30 19/10/2015 12:00 19/10/2015 18:00 20/10/2015 09:30 20/10/2015 16:00

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,PSHJQR Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo per l'AC Celebrazione Eucaristica nella festa di San Gerardo Il Vescovo incontra l'ufficio Caritas Consiglio Pastorale Diocesano Il Vescovo incontra il collegio dei Vicari foranei Incontro di formazione catechisti, ministri straordinari della comunione, operatori pastorale della salute Riunione delle tre Metropolie Formazione Preti ordinati nel decennio - a cura di don Luca Ferrari Il Vescovo incontra i seminaristi Esequie don Amedeo Parascandolo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella Festa di San Giovanni Paolo II Raduno dei Roscignoli Incontro mensile del clero Ordinazione Diaconale di Antonio Calandriello e Antonio Romaniello Celebrazione Eucaristica nella festa di tutti i Santi Celebrazione Eucaristica Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Inaugurazione Anno Accademico - "La mistica del Noi nell'EG", relatore don Piero Coda

208

/XRJR Sant'Arsenio, SA, Italia

Tardiano Teggiano, SA, Italia Padula, Salone Parrocchia S. Alfonso Teggiano Teggiano, 84039 Teggiano SA, Italia

Pompei Pontecagnano, Seminario Giovanni Paolo II Pontecagnano, Seminario Giovanni Paolo II Buonabitacolo San Marco di Teggiano

Vicenza Padula, Convento S. Francesco Teggiano

Teggiano, Cattedrale Teggiano, Cimitero Policastro Bussentino, Cimitero Sapri, Cimitero Pontecagnano, Seminario Giovanni Paolo II


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,PSHJQR

/XRJR

Il Vescovo incontra i seminaristi CEC - Incontro Regionale Migrantes Consiglio Diocesano Affari Economici Incontro Mensile delle religiose 5° Convegno Ecclesiale Nazionale Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Santa Messa in suffragio delle vittime della strada Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo per i caduti di Nassyria Il Vescovo incontra il collegio dei Vicari foranei Convegno "Una vocazione, una formazione, una missione" - Congr. per il Clero Celebrazione Eucaristica nella festa della Virgo Fidelis, Patrona dei Carabinieri Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo per la Virgo Fidelis Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Incontro formativo per cantori e musicisti - Mandato ai ministri straordinari della Comunione Incontro mensile del clero

Pontecagnano, Seminario Giovanni Paolo II Pompei

Lectio divina Forania di Policastro Lectio divina Forania di Teggiano-Sala Consilina Celebrazione Eucaristica AC - Ritiro di Avvento Gioranta dell'identità associativa

209

Teggiano, Economato Roccagloriosa, Monastero S. Mercurio Firenze Postiglione, SA, Italia Varco Notar Ercole, SA, Italia Licusati, SA, Italia

Teggiano Roma, Pontificia Università Urbaniana Torraca, SA, Italia

Sala Consilina, SA, Italia

Polla, Parrocchia Cristo Re Prato Perillo

Padula, Convento S. Francesco Policastro Bussentino, Salone Parrocchiale

Buonabitacolo, Cimitero Teggiano, Seminario


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,PSHJQR CEC - Assemblea Incontro foraniale dei sacerdoti Lectio divina Forania di Camerota Conferenza stampa Giubileo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo per la missione mariana Lectio divina Forania del Fasanella Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Nicola, patrono Celebrazione Eucaristica e Sacramento della Confermazione nella festa di S. Nicola di Bari, Patrono di Polla Celebrazione Eucaristica nella solennitĂ dell'Immacolata Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica nella solennitĂ dell'Immacolata Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Il Vescovo tiene il ritiro del clero della Diocesi di Acerra Apertura della Porta della Misericordia Il Vescovo partecipa alla festa organizzata dall'associazione "Una speranza" Incontro Mensile delle religiose Celebrazione Eucaristica

/XRJR Pompei

Polla, Family Center Mondragone CE, Parrocchia S. Nicola

Corleto Monforte, SA, Italia Castelcivita, Chiesa di S. Nicola Polla, Parrocchia S. Nicola dei Latini e S. Maria dei Greci

Teggiano, Cattedrale

Sant'Arsenio Sapri, Parrocchia Immacolata

Parrocchia Maria Santissima di Portosalvo Villammare Acerra Teggiano, Cattedrale Parrocchia S. Anna, Via Mezzacapo, Sala Consilina, SA, Italia Roccagloriosa Convento

Sala Consilina, Chiesa S. Eustachio Inaugurazione mostra presepi Padula, SA, Italia

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'DWD 15/12/2015 09:30 15/12/2015 15:00 15/12/2015 18:30 16/12/2015 10:00 16/12/2015 19:00 17/12/2015 11:00

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Ritiro di Avvento: "FraternitĂ e Misericordia" Il Vescovo incontra i seminaristi Lectio divina Forania di Padula-Montesano Il Vescovo incontra i Dirigenti scolastici Lectio divina Forania di Polla Celebrazione Eucaristica nella festa del patrocinio di San Cono Concerto di Natale Apertura della Porta della Misericordia Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Celebrazione Penitenziale Forania di Policastro Auguri natalizi con la Curia Auguri di Natale agli ospiti della struttura Caritas Bottega dell'orefice Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo

Pontecagnano, Seminario Giovanni Paolo II Pontecagnano, Seminario Giovanni Paolo II Padula scalo, S. Alfonso

Ufficio delle letture e Celebrazione Eucaristica nella notte di Natale Celebrazione Eucaristica nel giorno di Natale Il Vescovo visita il presepe vivente Celebrazione Eucaristica nella Festa della Santa Famiglia

211

Curia Vescovile Teggiano S. Arsenio, Casa di riposo Teggiano, Cattedrale

Capitello, SA, Italia Policastro Bussentino, Concattedrale Sala Consilina, SA, Italia Torraca, Santuario della Madonna dei Cordici Teggiano Sala Consilina, SA, Italia

Parrocchia Santa Maria Maggiore S. Arsenio Ospedale Immacolata Sapri Castel Ruggero, SA, Italia Presidio ospedaliero "Luigi Curto" di Polla, Via Luigi Curto, Polla, SA, Italia Policastro Bussentino, Concattedrale Teggiano, Cattedrale Petina, SA, Italia Tardiano


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,PSHJQR

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27/12/2015 18:30

Festa della famiglia

31/12/2015 17:00

Celebrazione Eucaristica e Te Teggiano, Cattedrale Deum di ringraziamento

212

Celle di Bulgheria SA, Italia


Sommario

Papa Messaggio per la XLVIII Giornata Mondiale della Pace Messaggio per la Quaresima Omelia per la Veglia Pasquale Misericordiae Vultus - Bolla d’indizione del Giubileo della misericordia Omelia per la Messa di Natale

5 15 20 22 44

Conferenza Episcopale Italiana 68a Assemblea Generale CEI - Comunicato finale

49

Conferenza Episcopale Campana Lettera dei Vescovi della Campania ai Presbiteri delle loro Chiese Appello dei Vescovi della Campania per gli alluvionati del Beneventano

61 68

Vescovo Messaggio per la Giornata Mondiale della Vita Consacrata Omelia per la Messa Crismale Messaggio di Pasqua Omelia per l’Ordinazione Presbiterale di don Donato Ciro Varuzza Omelia per l’Ordinazione Presbiterale di don Simone Lacorte Orientamenti Pastorali anno 2015-2016 Messaggio alla Diocesi per il Giubileo Straordinario della misericordia Omelia per la Celebrazione di apertura della Porta Santa - Cattedrale Messaggio di Natale

73 81 88 90 94 98 119 126 132

Curia Atti e nomine Ordinazioni e ministeri Collette anno 2015 Rendiconto relativo alla erogazione delle somme attribuite alla Diocesi dalla Conferenza Episcopale Italiana per l’anno 2015

137 139 141 145


Avvenimenti

151

In memoriam Don Elia Giudice Don Amedeo Parascandolo

Agenda

183 184

185



DIOCESI DI TEGGIANO -POLICASTRO www.diocesiteggiano.it e-mail comunicazioni@diocesiteggiano.it

Editing, impaginazione e grafica Massimo La Corte

STAMPA Via Degli Edili, 101 - SAPRI (SA) Tel. 0973 603365 - E-mail: legatoria.cesare@alice.it


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