Bollettino Diocesano 2019

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DIOCESI DI TEGGIANO -POLICASTRO

BOLLETTINO DIOCESANO Organo ufficiale per gli atti del Vescovo e della Curia

Gennaio-Dicembre 2019



VESCOVO



Venite e vedrete (Gv 1,39) Siamo di fronte a parole che indicano un imperativo complesso ed un invito energico. Tale imperativo è preceduto da due domande che risuonano in un dialogo tra Gesù e i discepoli di Giovanni Battista: «che cercate?...... dove abiti?» (Gv 1, 38). Dietro quegli interrogativi vi è una ricerca, un bisogno di consapevolezza. Nella domanda di Gesù vi è un accertamento di autenticità; nella domanda di Andrea e dell’altro discepolo vi è una sete di ulteriore profondità, un’apertura alla compiutezza di una profezia e di una missione. Nelle parole sintetiche e misteriose di Giovanni Battista, riferite a Gesù che passava «Ecco l’agnello di Dio!» (Gv 1, 36), tutti comprendono che si è concluso un ciclo, una profezia si è avverata, i tempi sono maturi per nuovi riconoscimenti e, per questo che con grande senso di libertà interiore e gratitudine, Giovanni consegna i suoi discepoli al vero Maestro. «Venite …» (Gv 1, 39) è invito, risposta e imperativo con il quale potrà essere aperto il nuovo progetto di vita di Andrea e degli altri discepoli. A chi gli ha chiesto informazione su un luogo, Gesù risponde con una proposta dinamica e coinvolgente. Un invito a mettersi in movimento: «venite…». Nel Vangelo questo imperativo ritorna frequente sulle labbra di Gesù. È rivolto a chi è triste, affaticato e oppresso: «Venite dietro a me» (Mt 11, 28); «Venite in disparte…» (Mc 6, 31). Ma c’è anche un invito alla festa: «Venite alle nozze» (Mt 22, 4). Accettare questo comando significa mettersi in gioco, esprime disponibilità a lasciarsi alle spalle anche un bagaglio di buoni e suggestivi ricordi per aprirsi al nuovo e non ridurre la fede né a nostalgia né ad archeologismo. Rispondere all’invito significa emergere dall’invasione dell’accidia e dei rimpianti. «…e vedrete» (Gv 1, 39). Il vedere non coincide con la conferma di aspettative preconfezionate, né di una superficiale constatazione di luoghi. Quel «…e vedrete» comporta l’esperienza di un ingresso straordinario in una relazionalità divina, che attraverso una vera umanità, induce ad assumere impegni e motivazioni. Ogni credente ed ogni battezzato può accogliere questo comando di Gesù e rimanervi, quasi sedotto e affascinato perché l’incontro con lui ed il suo Vangelo spalanca le porte alla “vita buona” e, tuttavia andare da Gesù, coincide con il rimanere in lui e portare frutto (cf Gv 15, 5). Rimanere in Gesù significa dimorare con lui, stabilire una permanente comunione che infine è inabitazione trinitaria e che comporta anche il

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momento della lotta spirituale, della prova, del buio. Un testimone del nostro tempo, il card. Martini così descriveva il suo incontro con Gesù: «La mia è stata una sistematica, crocifiggente e insieme salutare esposizione al dubbio, nella inermità di una coscienza alla ricerca del vero». Dobbiamo imparare a fare i conti con questo duplice imperativo: «Venite e vedrete» (Gv 1, 39), non possiamo confondere le parole di Gesù come una pia esortazione, il Vangelo è attenzione ai fatti e agli insegnamenti del Maestro, è rivelazione di una vita spesa nell’amore. Bisogna lasciarsi scrollare dalle pseudo conquiste intellettualoidi e dei falsi calcoli, e anche dalle risposte troppo scontate, prudentemente calibrate, ovvie e perciò anche irrilevanti. Chi va dietro a Gesù sa che deve necessariamente intravedere ed assumere la logica della croce e della gloria. 12 gennaio 2019 + P. Antonio De Luca Vescovo di Teggiano-Policastro

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COMMISSIONE MIGRANTES CAMPANIA Presentazione XXVII Rapporto Immigrazione “Non si tratta solo di migranti” Università degli Studi di Salerno 29 gennaio 2019 Anche quest’anno abbiamo tra le mani uno strumento scientifico e pastorale, che ci consente di entrare con realismo e maturità nel fenomeno che investe in questo momento il dibattito politico e culturale non solo in Italia, ma in Europa e nel mondo. La confusione culturale dentro quale ci sforziamo di orientarci, presenta sempre più subdole e pericolose insidie. Dalla strumentalizzazione dei reali bisogni e dei disagi dei nostri concittadini, alla simulazione di soluzioni che partono da una considerazione immediata, virtuale e istantanea di chi vive determinati problemi. L’immediatezza e la dittatura dell’istantaneo inducono ad alimentare la cultura della disintermediazione. Il linguaggio diventa aggressivo, surreale, talvolta manipolato i messaggi fuorvianti destinati a creare pregiudizi e a disorientare l’opinione pubblica dai reali problemi. Si sa che la comunicazione diventa la forza nelle mani di chi vuole gettare il paese in una permanete e confusa campagna elettorale. Papa Francesco nel messaggio per la 52a Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali sul tema “La verità vi farà liberi” scrive: «… queste notizie, false ma verosimili, sono capziose, nel senso che sono abili a catturare l’attenzione dei destinatari, facendo leva su stereotipi e pregiudizi diffusi all’interno di un tessuto sociale, sfruttando emozioni facili e immediate da suscitare, quali l’ansia, il disprezzo, la rabbia e la frustrazione. La loro diffusione può contare su un uso manipolatorio dei social network e delle logiche che ne garantiscono il funzionamento: in questo modo i contenuti, pur privi di fondamento, guadagnano una tale visibilità che persino le smentite autorevoli difficilmente riescono ad arginarne i danni». Questo diffuso clima di inquinamento comunicativo fatto da una verbosità aggressiva e violenta ha determinato il fatto che sulla questione migranti gli italiani ne avessero una percezione irreale, crediamo che siano 6 volte in più di quel che sono. La propaganda politica xenofoba

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ha modificato la realtà dei fatti e delle cifre. L’errore di percezione commesso dagli italiani è quello più alto tra tutti i paesi dell’Unione Europea, l’errata stima sulla presenza di immigrati potrebbe derivare anche da pregiudizi: chi, per principio, ha una posizione sfavorevole verso gli immigrati potrebbe essere indotto a ingigantire la portata del fenomeno oppure a giustificare il proprio atteggiamento in virtù di una percezione distorta della questione. la questione della “errore percettivo” in riferimento al fenomeno migratorio non deriva soltanto da un problema di poca o scarsa informazione, bensì da diverse “visioni” del mondo che inevitabilmente condizionano e determinano posizioni di chiusure e di aggressività: gli slogan e le categorie di «invasione», e tanto più di «invasione musulmana». Il prof. Mario Morcellini, che ha contribuito con un suo breve saggio al nuovo Rapporto Immigrazione, scrive: «Nella deriva a cui è stato abbandonato, soprattutto negli ultimi tempi, il buon senso di una risposta strutturata ed efficace alle sfide poste dal fenomeno migratorio, non possiamo sottovalutare il ruolo dell’informazione nel processo che ha determinato un graduale avvelenamento. Ci troviamo di fronte ad una “emergenza culturale” che richiede un intervento strutturato e di lungo periodo»1. La maggioranza assoluta degli immigrati è cristiana, con preminenza di ortodossi provenienti dall’Est europeo. E sono circa un milione e 300mila gli stranieri nati in Italia (le famose “seconde generazioni”), cioè oltre un quarto di tutti i residenti stranieri. In alcuni paesi dell’unione Europea la politica di gestione dei flussi migratori e l’impegno a bloccare la «tratta degli esseri umani» ha preso il nome di «stretta securitaria» con la quale osteggiare la criminalità e legare il discorso sui migranti al cosiddetto decreto sicurezza, ha sortito i suoi effetti in termini di consensi e di approvazioni populiste. Il Rapporto Caritas-Migrantes sull’immigrazione in Italia ha certificato che in Europa siamo terzi per la presenza di stranieri, dopo Germania che ne conta 9,2 milioni e il Regno Unito con i suoi 6,1 milioni. Da noi il numero degli stranieri regolarmente presenti in Italia è pressoché «stabile intorno ai 5 milioni» dal 2013. In un intervento recente su Civiltà Cattolica, P. Antonio Spadaro S I declina gli impegni del 2019 intorno a 7 parole decisive… «In questo tempo di cambiamenti e conflitti che ci sfidano, non possiamo correre 1

XXVII Rapporto Immigrazioni 2017/2018, Approfondimento p. 138.

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il rischio di seguire ciò che leggiamo nel 'Gattopardo': «Viviamo in una realtà mobile alla quale cerchiamo di adattarci come le alghe si piegano sotto la spinta del mare». Bisogna reagire… Instillare la paura del caos è divenuta una strategia per il successo politico: si innalzano i toni della conflittualità, si esagera il disordine, si agitano gli animi della gente con la proiezione di scenari inquietanti. Questa retorica evoca forze potenti, ma forse non ancora emerse dal profondo della società e dell’opinione pubblica. La riflessione politica sarà irrilevante se non entra in contatto con le paure dei nostri contemporanei che sono attratti dalla cultura fondamentalista. … I flussi migratori siano una delle priorità dell’Unione Europea dei prossimi anni, perché le migrazioni oggi rischiano di essere il grimaldello per far saltare l’Europa. Non sfuggono a nessuno le conseguenze del rimescolamento delle identità tradizionali e lo spaesamento che esso provoca. Bisogna affrontarlo con discernimento. Occorre non tradire mai i valori di fondo dell’umanità, ma metterli in pratica tenendo conto della situazione in cui si opera. Concretamente: è necessario lavorare all’integrazione»2. «Come Pastori della Chiesa non pretendiamo di offrire soluzioni a buon mercato. Rispetto a quanto accade non intendiamo, però, né volgere lo sguardo altrove, né far nostre parole sprezzanti e atteggiamenti aggressivi. Non possiamo lasciare che inquietudini e paure condizionino le nostre scelte, determinino le nostre risposte, alimentino un clima di diffidenza e disprezzo, di rabbia e rifiuto. Animati dal Vangelo di Gesù Cristo continuiamo a prestare la nostra voce a chi ne è privo» (La Presidenza della CEI: Migranti, dalla paura all’accoglienza, 19 luglio 2018). I dibattiti sui flussi migratori e in particolare sugli sbarchi dei migranti popolano i servizi televisivi, la cronaca che pone in evidenza una visione criminalizzata degli ennesimi arrivi… Non poche volte chi osa dissentire viene irriso, criticato con risposte ovvie, banalissime, e senza alcuna possibilità di appello. L’occasione di entrare con competenza, acume e maturità nella comprensione del fenomeno migratorio e per l’offerta di una visione di migrazione sicura, ordinata e regolare è stata l’accoglienza del Global Compact per i migranti, il documento promosso dalle Nazioni Unite che prevede la condivisione di alcune linee guida generali sulle politiche migratorie. Un “patto” per condividere dei principi, quindi non A. SPADARO, Tornare ad essere popolari, Sette parole per il 2019. In Civiltà Cattolica quaderno 4045 (5/19 gennaio 2019) 2

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vincolante. All’appello mancavano meno di 30 Paesi (e tra questi l’Italia). Il risultato è stato dunque soddisfacente. Sono 164 i Governi del mondo che lunedì 10 dicembre 2018, a Marrakech, hanno sottoscritto i Global Compact per una migrazione sicura. Padre Fabio Baggio, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero vaticano per lo Sviluppo umano integrale, nel presentare il documento della sezione Migranti e Rifugiati (Roma 17 gennaio 2019), dedicato al tema della tratta: gli “Orientamenti pastorali sulla tratta delle persone” ha ribadito: .«Noi siamo profondamente convinti che la risposta globale sia la più opportuna al fenomeno delle migrazioni, ci auguriamo, sinceramente - che chi ha fatto un passo indietro (su fronte del “no” anche Italia, Usa, Polonia e Ungheria fra gli altri, ndr) possa ripensarci e aderire, magari trovando anche quei chiarimenti particolari che sembrano essere necessari. Penso per altro che il testo dell’accordo possa dare questi chiarimenti». Troppe ovvietà e luoghi comuni stanno inquinando l’informazione, «l’immigrazione per molti italiani rappresenta oggi un problema più che un’opportunità. Non sono i soli in Europa a pensarla in questo modo, ovviamente. Ma nel 2017 in Italia questa opinione era molto più diffusa che negli altri paesi europei»3 slogan contundenti che ostacolano una conoscenza obiettiva e onesta della realtà Quello che viviamo in questo momento storico è un segno dei tempi ma è anche l’occasione per essere come chiesa e come credenti nei segni dei tempi, pena lo svuotamento di ogni annuncio evangelico che mai come ora deve fare i conti con un clima culturale particolarmente ostile, con l’insorgere di una retorica emotiva dell’esclusione, dell’identitarismo e della sicurezza. È una grave crisi culturale. Si tratta di costruire e promuovere, spiega Angelo Turco4, una “cultura della migrazione” e di intendersi, per esempio, su un termine vacuamente abusato come “integrazione” che non significa elargire, omologare, concedere dall’alto. Il processo sociale richiede piuttosto l’accesso dei migranti ai diritti e ai doveri della cittadinanza, da accettare e praticare non rinunciando alle varietà e specificità culturali. Il migrante non è certo un soggetto passivo dotato di un’identità fissa. Ogni incontro e convivenza ha le sue Il Regno, n. 7 ottobre 2018, attualità e documenti, Immigrazione. Il fattore sfiducia degli italiani, Indagine dell’Università statale di Milano voluta da Caritas Italiana. 4 Cfr A. TURCO e L. CAMARA, a cura di, Immaginari migratori, editore Franco Angeli. 3

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difficoltà e i suoi tempi di elaborazione. Ma una cultura dell’emigrazione, della cooperazione, della comunicazione potrà essere un bene per società pigre, inerti e in disgregazione come stanno diventando le nostre. I migranti ci portano il mondo in casa. Per dominare le nostre ansie dovremo avere l’immaginazione e il coraggio di capirlo5. + P. Antonio De Luca Vescovo di Teggiano-Policastro Delegato Regionale Migrantes

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A. BERARDINELLI, Più cultura per capire il mondo migrante, in Avvenire, 28 dicembre 2018.

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Immigrazioni: conoscenza, prospettiva e visione. Da “Il Mattino” edizione di Salerno 29 gennaio 2019 La presentazione del XXVIII Rapporto immigrazione 2018-2019 “Non si tratta solo di migranti”, a cura della Fondazione Migrantes e di Caritas italiana, genera un diffuso e capillare dibattito, su un tema particolarmente scottante della realtà italiana ed europea, al quale l’opinione pubblica è sempre sensibile. Il Rapporto Immigrazione è UNO strumento di conoscenza e si pone nel solco di una collaudata logica di un corretto processo informativo, eticamente rispettoso, e scientificamente pensato, al quale fare riferimento per attingere contenuti e dati. Anche la capillare presentazione del Rapporto sul territorio nazionale, in collaborazione con i centri scolatici, accademici, culturali e pastorali, è il tentativo di entrare in rete nella problematica migratoria, con la prospettiva interdisciplinare che tocca l’ambito culturale, sociale, economico e culturale. Ci piace affrontare la tematica a partire da tre angolatura decisive per un’apertura ragionevole al dibattito intorno alle persone migranti. Innanzitutto conoscere e aiutare a conoscere realmente il fenomeno delle migrazioni. Non aiutano in questo processo l’oceano delle fake news (notizie false) e dell’hate speech (discorsi d’odio), una strategia da slogan diffamatori e fuorvianti. Si parla di invasione, di islamizzazione, di lavoro sottratto agli italiani, di diffusa delinquenza, finanche di emergenza contagio sanitario. Programmazioni radiofoniche e televisive, il mondo dei social, scontri verbali e litigi tra quanti sono sedotti da una informazione biecamente manipolata. Le persone migranti sono la causa di tutti i mali! Il clima sociale ne risente in rapporto alla serena convivenza ma anche il civile dibattito che potrebbe invece determinare aperture umane e culturali improcrastinabili, si inaridisce nelle secche astratte ed infeconde delle ideologie. I temi dei respingimenti, della chiusura dei porti, dei blocchi navali, aizzano un insano amor patrio che invece ha i connotati razzisti dettati da una mancata conoscenza del problema ed un’alterata percezione della realtà. Prima noi e poi loro, aiutiamoli a casa loro, è il grido di chi vuole gestire le persone migranti facendo credere ad una emergenza e ad un bisogno di sicurezza. Spiagge sicure, coste protette, fronte navale, sono componenti che

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distraggono dalla complessità del problema e non alimenta le giuste prospettive. Su queste ultime ci sembra che il Rapporto si soffermi dopo la cospicua presentazione dei dati, insistendo innanzitutto sulla logica dell’accogliere, accompagnare, proteggere ed integrare. Entriamo nel secondo livello che sono le prospettive. Al di là dell’integrazione c’è solo lo scontro, il conflitto e la guerra. Non sono le navi bloccate nel mare che scoraggiano le partenze ma sono le politiche di sviluppo, di solidarietà e di crescita che aiutano un popolo. Una legislazione che prevede la chiusura dei confini, che non è invece attenta alla migrazione regolata, selezionata e accompagnata sta alimentando un traffico irregolare e illecito dalle proporzioni economiche incontrollabile ed enormemente vantaggioso e persino più conveniente del traffico di stupefacenti. In tal senso i corridoi umanitari sono una geniale idea italiana, preso a modello, speriamo anche da altri paesi d’Europa. Tuttavia forse abbiamo fatto molta accoglienza e poca integrazione. Ed infine serve una visione, ed è ciò che oggi manca alla politica, all’ economia, allo sviluppo, siamo troppo chiusi nella gestione di un presente contingente, stentiamo a valicare le paludose e miopi circostanze di un’immanenza che ci inchioda sulle ovvietà e ci esaurisce nei luoghi comuni. La visione richiesta dalle problematiche legate alle migrazioni non può che consistere in una lotta per la fratellanza universale, aperta alla multiculturalità, alla mobilità e all’accoglienza. Perciò scrive Papa Francesco nel messaggio per la giornata dei migranti: «Dunque non è in gioco solo la causa dei migranti, non è solo di loro che si tratta, m tutti noi, del presente e del futuro della famiglia umana. I migranti, e specialmente i più vulnerabili ci aiutano a leggere i “segni dei tempi”». Questa è la vera sfida! + P. Antonio De Luca Vescovo di Teggiano-Policastro Delegato Regionale Migrantes

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Riempite le giare d'acqua (Gv 2,7) Dietro questo imperativo, prontamente eseguito da coloro che erano addetti alle mense, vi si manifesta anche la vocazione dei discepoli, testimoni del primo segno, ma anche la vocazione di quello che sarà poi il nuovo popolo di battezzati. Le giare, testimonianza fredda e silente di una religiosità in dissolvimento, “sei anfore di pietra per la purificazione rituale” (Gv 2, 6) l’acqua, le prescritte abluzioni, sono l’immagine di un apparato religioso solo esteriore, senza più gioia, racchiuso nella fredda pietra, senza più la bellezza della condivisione, indicata dalla mancanza del vino. Qualcosa ormai di vecchio deve lasciare il posto al nuovo. L’insignificanza di gesti e riti ormai desueti impone un salutare ripensamento. Le giare vuote sono le esistenze che hanno smesso di alimentare la gioia dell’appartenenza a Dio, l’entusiasmo di cantare una presenza che, se si rivivifica, riporta il gaudio della pace e la pienezza di un impegno a servizio del bene e dei fratelli. «Ripensare la nostra vita di cristiani da questo punto di vista significa non tentare di misurare il nostro cristianesimo sul numero degli atti di culto compiuto sulle pratiche di pietà con cui riempiamo le nostre giornate. Significa invece interrogarci sulla conformità delle nostre azioni a una coscienza giudicata dalla volontà di Dio e veder poi il culto che noi rendiamo a Dio in relazione a tale concreto atteggiamento di vita. Infatti “obbedire vale più del sacrificio”… (1 Sam 15,22)» (Lezionario Meditato EDB, 2 p. 109). Obbedendo alla novità che è Gesù Cristo, anche le forme più anemiche e malaticce di alleanza diventano percorsi di vigorose riscoperte di amore, di alleanza, di impegno. Le vecchie giare inondate di acqua, sono il segno di stanche e ripetitivi schemi che, se riempiti invece di vita, possono persino irrorare pathos e fulgore. A Cana, nel segno dell’acqua trasformata in vino, si rifà la nuova creazione, la nuova storia. E l’acqua trasformata in vino diventa il linguaggio di un rinnovato impegno e di entusiasmo che contagia e che partecipa l’esultanza della festa e dell’incontro. L’imperativo di Gesù di riempire le giare è preceduto dall’esortazione di Maria che dice ai servi: Qualsiasi cosa vi dica, fatela (Gv 2,5). Obbedire a quel comando significa mettersi alla scuola di un Maestro con il quale si aprono i confini dell’amore e della storia. Al di là di ogni pretesa, di meriti o di abilità, se si ascolta il Maestro egli conduce lontano! Poco prima Maria avverte Gesù della mancanza del vino, si rende conto

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che la festa rischia di fallire. Il vino non può mancare! In questa richiesta è contenuta la speranza che Gesù possa fare qualcosa. Anche in questo caso, come altrove, alla richiesta di Maria, Gesù risponde con un interrogativo: Che c’è fra me e te? (Gv 2,4), una posizione di distacco che Gesù intende sottolineare con l’uso dell’appellativo Donna, che ricorrerà altre volte: alla samaritana (Gv 4, 21); alla peccatrice (Gv 8, 10); a Maria di Magdala (Gv 20, 13.15); di nuovo alla madre, sotto la croce (Gv 19,26). È come se Gesù mettesse in guardia la madre. L’inizio della sua vita pubblica, sollecitata dalla richiesta di Maria, non potrà lasciare le cose allo stesso modo, Maria dovrà diventare anch’essa discepola, dovrà iniziare a guardare quel Figlio come suo Maestro, dovrà mettersi dietro a lui e seguirlo, dovunque egli vada (Ap 14, 4). Nonostante il tentativo di rifiuto, Gesù ordina di riempire le giare. Non è però la pressione della madre a fargli decidere di intervenire, ma Gesù lo fa per un’obbedienza che travalica i legami familiari, obbedienza ad un progetto salvifico che inizia con il segno del vino. 30 gennaio 2019 + P. Antonio De Luca Vescovo di Teggiano-Policastro

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SANTA MESSA DEL CRISMA Omelia Cattedrale di Teggiano 17 aprile 2019 Questo solenne momento della vita liturgia della Chiesa, ci riporta alla fonte di ogni bene e di ogni santità: Dio. Egli suscita nella Chiesa ministeri e vocazioni e affida alle nostre labbra impure e alle nostre fragili mani (colletta alternativa V domenica del T.O. C) questo inestimabile messaggio di salvezza. Cari fedeli, con voi e al cospetto di Dio, tra poco rinnoveremo le promesse e gli impegni del nostro presbiterato, idealmente ci riannodiamo con voi alle promesse del nostro Battesimo. La presenza dei giovani cresimandi esprime la ricchezza di una Chiesa in cammino ed in stato di conversione. Nelle letture che abbiamo appena ascoltato, si ripropone con forza il ruolo e il compito di ogni inviato: «portare il lieto annunzio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, per consolare tutti gli afflitti»: il profeta sa che la missione non è facile ma non vi si sottrae (cf Is 61, 1-2). Anche Gesù riprende lo stesso passo del libro del profeta Isaia, per parlare di sé e della sua missione (Lc 4, 18). Ed è alla luce dell’esperienza di Gesù che vogliamo anche noi ricomprendere la nostra vocazione sacerdotale e la nostra missione. Ma l’azione liturgica non è mai un fatto privatistico, né si limita a pochi eletti, attraverso di noi interpella e contagia il mondo intero: «La viva voce dell’Evangelo risuona nella Chiesa e per mezzo di questa nel mondo, introduce i credenti alla verità intera e in essi fa risiedere la parola di Cristo in tutta la sua ricchezza (cfr. Col 3,16)» (Dei Verbum, 8). Ogni profeta, ogni messaggero, ogni inviato può mantenere fede al mandato se costantemente tiene viva la memoria e la consapevolezza di colui che invia: Il Signore mi ha mandato! Egli manda Mosè dal faraone, manda il giovane Geremia, poi Ezechiele, figure emblematiche, custodi di un messaggio in tempi particolarmente critici e problematici. Essi devono fare i conti con le resistenze del potere, la ribellione del

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popolo, le discordie interne, l’insidia dell’idolatria. Tuttavia non temono. Sono sì preoccupati, esitanti, ma quando maturano la consapevolezza che È il Signore che manda, acquistano forza, coraggio. «Il Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati, … fa attento il mio orecchio. Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio, e io non ho opposto resistenza, Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare deluso» (Is 50,4 ss). Il soggetto è Dio. La vocazione, la missione, il ministero, non sono vicende individuali, non sono iniziativa umana, non dipendono da rivendicazioni d’immagine, né da rivincite psicologiche e neanche da eroiche scelte espiative: siamo preti perché abbiano una consapevolezza, custodiamo un misterioso legame: Il Signore mi ha mandato! Anche i fallimenti, gli errori e persino il peccato non può oscurare questa certezza nella vita di un prete. «Penso ai nostri propositi mancati… che abbiamo fatto con tanta motivazione, e che abbiamo poi abbandonato (o anche indebolito) per strada. Avevamo creduto che sarebbe stato più facile, che il contesto avrebbe contribuito in modo più favorevole o che saremmo stati più forti, e ci rimane adesso questo intimo imbarazzo che ci delude e ci rattrista. Non siamo capaci di essere fedeli ai propositi? Siamo, e saremo, migliori se impareremo a ripartire dal luogo in cui siamo caduti. Se partiamo dalle nostre mancanze per ritrovare l’interezza, sospinti da un cuore che crede. È Dio che, con l’energia ricreatrice della sua misericordia, sostiene in noi la possibilità di essere. La conversione, la trasformazione interiore, la riqualificazione etica e spirituale, l’autenticità che desideriamo sono opere di Dio in noi. Egli ricuce, ricompone, rigenera e ripara. Da parte nostra è indispensabile la fiducia posta oggi, di nuovo, nelle sue mani, e sentire come lo Spirito dissemini in noi un gusto di vita rinata. Quel che Dio ci chiede è il dono di noi, reiterato una volta di più. Esso, anche fragile, anche balbettante, se posto nel cuore di Dio ha la capacità di intessere la bellezza che finora non abbiamo raggiunto» (José Tolentino Mendonça, Una bellezza che ci appartiene, in Avvenire 11 aprile 2019). La consolante certezza che il Signore ci ha inviati, matura anche in noi la disponibilità ad abitare coraggiosamente le nuove frontiere dell’annuncio, e quelle che da sempre sfidano la Chiesa. Si è preti di una Chiesa in uscita quando siamo negli spazi problematici ed emergenziali: la famiglia, la cultura, la carità, i giovani, la solidarietà e l’accoglienza, ma anche quando le ferite della malattia, i segni dell’età avanzata, e

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l’accantonamento di forze che ci rendevano efficienti sono ormai al tramonto; la memoria svanisce, la mobilità e la parola sono impacciati, ma la fierezza di aver speso la vita per un ideale altissimo al servizio dell’annuncio del regno resta visibile ed evidente nei giudizi, nello sguardo, nella umanissima compassione e nell’immutato entusiasmo. Siamo così Chiesa «in uscita missionaria. È questo il nuovo parametro ecclesiologico verso il quale ci indirizza il magistero di papa Francesco: “Chiesa in uscita” (EG, 20), un’espressione geniale e avvincente. Alla Chiesa è richiesto di “prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare, festeggiare” (EG, 24). Si tratta di uno stato permanente di missione» (EG, 25). Tutto questo è possibile se non dimentichiamo in chi abbiamo posto la nostra fiducia, a chi abbiamo prestato ascolto: è Il Signore che ci ha mandato! Il volto di una Chiesa in uscita missionaria deve connotarsi di una grande carica di speranza, essa nasce dalla Sinodalità compresa e vissuta con responsabilità, sussidiarietà e rispetto. Le provocazioni del momento presente ci spingono a innescare profondi percorsi di discernimento e di conversione pastorale che non possono consistere in esteriori ritocchi della nostra azione, ma in radicali capovolgimenti fino ad arrivare a pensare un’azione pastorale con quelli che desiderano e che chiedono di vivere “la misura alta della vita cristiana ordinaria (NMI 31). Non più suggestionati dai grandi numeri, o da clamorosi successi, né ossessionati dai risultati. Forse dobbiamo anche essere pronti a guardare la nostra Chiesa come “piccolo gregge”. Carissimi stasera lo sguardo contemplativo sul Maestro e Signore, ci aiuta a cogliere la sua piena coscienza nella sinagoga di Nazareth: lì accetta la sua vocazione messianica e proclama con lucidità l’assunzione di uno straordinario servizio e la fedeltà alla volontà del Padre, dal quale si sente inviato. Da Lui riceve la forza per non soccombere sotto il peso di critiche, di accuse, insidie, e fino all’estremo di un’ingiusta condanna… forse anche Gesù con frequenza, avrà ripetuto a sé stesso: “Il Padre mi ha mandato...”, da questo ha tratto forza e sostegno alla sua missione salvifica. Dobbiamo necessariamente ripartire «da un riconoscimento: «È il Signore!» «Quest’affermazione è anche un monito a saper dispiegare le nostre prospettive di vita in obbedienza al Signore che parla, nonostante le vicissitudini e le prove della nostra Chiesa. Non sarà mai inutile credere e affidarsi al Signore. Non bisogna pretendere che tutto sia già prestabilito, occorre ascoltare la sorgiva originalità di fede dei più giovani

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e la spontaneità dei semplici. Sulle labbra di questi può sgorgare anche l’idea, la motivazione, la richiesta e l’appello ad intraprendere rinnovati percorsi. Giovanni, il discepolo più giovane, riesce a dare a tutta la sua comunità l’impulso per un percorso che si concluderà poi con il triplice mandato a Pietro «Pasci i miei agnelli» (Gv 21,15 ss). Essere e sentirsi discepoli amati non è solo un privilegio, ma responsabilità nel fare il primo passo, nell’indicare con chiarezza la direzione e di far riaffiorare sulle nostre labbra il quotidiano riconoscimento di fede: «È il Signore!» Anche laddove il mondo vede solo pessimismo ed incertezza, dove peccato e fragilità incombono, possiamo, come Giovanni, riconoscere il Risorto e a lui rivolgere la nostra resa e la nostra invocazione: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene» (Gv 21, 17) (Lettera pastorale Ci siamo affaticati e non abbiamo preso nulla, 40). La Madre di Dio, la Beata Vergine Maria instilli nel nostro cuore l’amore per Gesù Cristo, autore del nostro sacerdozio e ci doni il coraggio e la gioia del Vangelo. Amen. + P. Antonio De Luca Vescovo

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Lasciatela fare (Gv 12,7) Questo imperativo di Gesù si riferisce all’episodio che accade nella casa di Lazzaro a Betania, dove Gesù si reca per un momento di conviviale fraternità. Tra lo stupore dei convitati, una donna, Maria, compie un gesto a dir poco sbalorditivo. Cosparge i piedi di Gesù con olio di nardo assai prezioso, forse l’importo di un salario di un intero anno di un lavoratore. L’evento suscita stupore, meraviglia, e perfino irritazione in qualcuno dei presenti: Giuda. Iniziano illazioni, silenziose distanze e un tradimento fatto con le ‘buone maniere’. Uno sperpero inutile, un’ostentata captatio, non ne vale la pena, esagerazione sentimentale. Con quelle risorse si poteva fare di più e di meglio! Si tratta di un alibi. È in atto una vera ribellione di fronte alla profezia e al coraggio di testimoniarla. Agli occhi di alcuni, c’è della non ragionevolezza nel gesto di Maria, uno spreco che va contro il buon senso. Talvolta ci si appella a motivi, di per sé buoni, per frustrare la generosità di un dono totale. Ma il linguaggio dell’amore non rispetta sempre i canoni della ragione, dell’utile, del buon senso. L’amore ha bisogno di gesti eccedenti, com’è eccedente l’amore che Dio ha per noi e che Gesù ci ha descritto nelle parabole del padre misericordioso o nel suo incontro con l’adultera. Il racconto nel suo nucleo è contenuto anche nei Sinottici, con accentuazioni e componenti distinte ma non contrarie. Attraverso una lettura parallele mi piace cogliere la straordinaria vocazione che dietro questo imperativo viene affidato a Maria. «in tutto il mondo, dovunque sarà predicato il vangelo, anche quello che costei ha fatto sarà raccontato, in memoria di lei» (Mc 14, 9). In quell’imperativo è racchiusa la memoria del futuro di chiunque è capace di osare l’impossibile, di chi sa fare cose sorprendenti per la persona che ama. L’amore vero è di per sé eterno, perché immette e partecipa della natura più autentica del Dio amore. Il gesto è accompagnato da un commovente silenzio. Maria non proferisce parola, semplicemente opera il dono. Sì, il dono la condurrà nelle frontiere di quel ricordo che invade la storia, così come il profumo del nardo profumato si diffonde dappertutto. L’amore fa nascere la fantasia della carità, spinge a gesti originali e non sempre immediatamente comprensibili, suscita interrogativi e lascia anche salutari inquietudini. La fantasiosa intraprendenza di Maria, che voleva solo esprime il suo Grazie al Divin Maestro, viene fraintesa e criticata. Lei è la testimonianza e la prefigurazione di una presenza pasquale nella vita di Gesù e dei suoi discepoli. I benpensanti di oggi e di ieri sono soliti presentarsi al

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Divino solo con la lista di interminabile e monotona richiesta. Si irritano se Dio resta muto, le loro orazioni sono pretese e non intercessioni e soprattutto non sono accompagnate dal dono, Dio resta muto perché noi siamo sordi. Maria si avvicina a Gesù senza chiedere nulla, solo dona, offre preziosissimo olio, compie un gesto di ospitalità ma anche una profezia dell’evento triste della morte. Ogni dono autentico e totale ha sempre una dimensione di profezia. Quante obiezioni, ispirate da cosiddette buone intenzioni, sono invece dei veri e propri tradimenti, critiche aspre, e quante apparenti pie aspirazioni nascondono il tranello dei doppi fini, di interessi personali, di recondito tornaconto personale. Il dono di un cuore puro e il cammino del discernimento, sono congiunti non solo per scegliere il bene da fare ed il male da evitare, ma aiutano a rispondere con generosità alla propria vocazione. In quel perentorio «Lasciatela fare!» Gesù prende le difese di una persona debole, forse anche chiacchierata per un passato sopra le righe eppure toccata dalla grazia, perciò la abilita a compiere gesti profetici di carità. Anche a noi Gesù chiede di lasciar fare laddove scorgiamo gesti di generosità che, pur germogliando senza i crismi dell’ortodossia o dell’impeccabilità, mostrano d’inserirsi nel grande alveo dell’amore di Dio e del prossimo. 18 aprile 2019 + P. Antonio De Luca Vescovo

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MESSAGGIO PER LA PASQUA “Non è qui... non cercate tra i morti...”. I racconti di Pasqua che ascoltiamo dai Vangeli, contengono queste due negazioni per riaffermare una grande verità: «Egli è vivo per sempre e vi procede»; sì, il Risorto ci anticipa nella vita, nell’amore, nel perdono, nei sogni e nella pienezza della vita! Ai cuori affranti e smarriti delle donne e dei discepoli che si recano al sepolcro per comporre il cadavere di Gesù, l’annunzio nuovo e sconcertante della risurrezione. Una Pasqua nuova ed eterna. Egli vive e ci precede. Il nostro Dio è un Dio dei vivi. Egli è sempre colui che fa il primo passo. Ci ama nonostante tutto e amandoci ci rende buoni! La Pasqua cristiana è un annuncio di speranza. È un monito a non indugiare sui sentieri contorti e miopi dei calcoli, delle paure e delle barriere. Neanche quella tra vita e morte è ormai insormontabile. La Pasqua cristiana ci indirizza verso impegni inediti, per un recupero di civile convivenza, per l’abbattimento di ingiustificate distinzioni ed allarga la logica dell’inclusione e del rispetto. Non si tratta di una pia commemorazione, ma di un valore centrale della fede cristiana che proprio per la sua naturale ricaduta sociale, relazionale, politica economica ed ambientale può e deve coinvolgere tutti gli uomini di buona volontà. Il presupposto per tutti non può che essere il rispetto della persona, della sua dignità, e la ricerca sincera della giustizia e della pace. È anche giunto il tempo di lavorare per un’etica globale, condivisa e cercata, indipendentemente dalle fedi religiose e dalle connotazioni politiche. Là dove c’è una persona che soffre c’è bisogno di Redenzione. In questa Pasqua vogliamo rivivere con rinnovato vigore ed impegno la radice cristiana del nostro essere protagonisti di una cittadinanza attiva. Ricomporre gli odi, ricucire gli strappi, denunciare le assurde discriminazioni. Finché questa mortale miscela sarà ostentata e contrabbandata come sicurezza, il senso vero della Pasqua è reso opaco. La fede cristiana constata che le frontiere della storia di sempre sono cosparse di inutili croci e di tanti crocifissi vittime dell’indifferenza, dell’odio e del silenzio complice anche di tanti apparati che dovrebbero garantire giustizia ed eguaglianza. A Pasqua vogliamo che le frontiere diventino orizzonti di vita nuova e di terra nuova. Non più ricerche di tombe vuote, non più mari, deserti, strade, condomini e ghetti che ingoiano la vita e oltraggiano la speranza.

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Cercare il Risorto nei simulacri dell’ideologia e della falsa potenza, significa cercarlo nella direzione sbagliata. A Pasqua risorge ogni uomo, tutto l’uomo e tutti gli uomini, solo così l’alba del nuovo giorno irrorerà di splendore il nostro destino. 19 aprile 2019 + P. Antonio De Luca Vescovo

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ORDINAZIONE PRESBITERALE DI DON ANTONIO COSTANTINO Omelia Cattedrale di Teggiano 6 giugno 2019 Siano rese grazie a Dio, il quale ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza nel mondo intero! (2Cor 2, 14). Un’intima gioia attraversa la nostra Chiesa diocesana per l’ordinazione presbiterale di Don Antonio, un segno ulteriore della benevolenza di Dio oggi tocca questa nostra terra. Cari fratelli e sorelle, questa sera si rinnovano l’amore e la predilezione del Signore Gesù che guarda la nostra umanità, la rende disponibile ad accogliere il suo dono, le conferisce la grazia del sacerdozio, trasfigura il nostro diacono Antonio e lo rende sacerdote per sempre. Il dono di Dio è per sempre! Non riguarda solo un aspetto, non si riferisce ad un tempo determinato, il suo dono è per sempre. È una caratteristica di Dio la fedeltà, lungo tutta la storia della salvezza il Signore è rimasto fedele sempre alle sue promesse, ha condotto il suo popolo, la sua eredità, a possedere non solo la terra promessa, ma anche tutto quello che di buono e di bello essa conteneva. Oggi il Signore compie la sua promessa di fedeltà nei confronti tuoi, caro Antonio, ti sceglie, ti elegge, ti consacra. Il sacerdozio è dono dell’amore di Cristo. Non si sceglie di essere preti, si diventa prete perché la Chiesa elegge al ministero sacro. Non è un’autoelezione! Quando si avvertono i segni concreti della vocazione sacerdotale nel cuore, docilmente, ci si mette nelle mani della Chiesa, che vaglia, esamina, valuta. Non basta sentire la chiamata, la vocazione al ministero, bisogna che questa venga seguita ed accompagnata come dono dall’alto, prezioso e necessario per la vita del mondo. La liturgia di questa sera richiama i segni della presenza di Cristo. Anzitutto la Parola di Dio, proclamata significativamente è rivolta principalmente a te, caro don Antonio e a noi, convenuti per farti corona, nel giorno più splendido della tua vita. I segni Eucaristici renderanno

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palpitante questa presenza di Cristo Signore. Poi il presbiterio che si ritrova intorno al Vescovo per compiere un segno sacramentale di paternità e di accoglienza nel presbiterio diocesano, luogo nel quale la comunione diventa dono dello Spirito e nel quale ognuno riconosce la propria vocazione. “Vi stimo beati essendo uniti al Vescovo come la Chiesa lo è a Gesù Cristo e Gesù Cristo al Padre perché tutte le cose siano concordi nell’unità” (Ignazio, lettera agli efesini, V. 1). Il Vangelo proclamato ci riporta nel grande discorso che Gesù tiene l’ultima sera della sua vita. In esso vi sono tantissimi elementi che nei secoli, hanno formato la spiritualità cristiana. Di questo discorso questa sera è stata proclamata la parte finale, l’epilogo, nel quale Gesù si rivolge direttamente al Padre, lo sguardo di Gesù è tutto rivolto verso il Padre e al Padre parla, di sé e dei discepoli che si era scelti nello Spirito Santo. Il Signore richiama l’unità che sgorga dall’amore reciproco e dalla comunione, che permette di intessere una relazione intima con il Padre e il Figlio: “Tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). In questa “preghiera sacerdotale” Gesù prega il Padre anche per quelli che, nei secoli, crederanno in lui grazie alla testimonianza degli apostoli, invocando il dono dell’unità per la Chiesa di tutti i tempi. Così la comunità dei credenti manifesterà al mondo la sua appartenenza al Regno di Dio, attraverso l’unità, la comunione e l’inabitazione divina. La Chiesa di Cristo raggiunge allora la sua piena vocazione non nella ricerca di ritrovati umani di collaborazione, nelle strategie di cooperazione, o nell’accordo strategico per evitare fraintendimenti: è la comunione tra Gesù e il Padre che diventa modello e sorgente dell’unità ecclesiale. Ogniqualvolta la Chiesa ha fatto a meno di questo sublime modello, ha vissuto i suoi più grandi drammi e le sue più pericolose derive! Dio affida a noi la responsabilità non solo della nostra, ma anche della sua credibilità che si rispecchia nella nostra testimonianza di essere “uno”. L’amore fraterno permette al mondo di vedere che la comunione e l’unità non sono utopia, non disincarnato sentimento pietistico, ma realtà possibile che manifesta al mondo la presenza stessa di Dio. La missione della Chiesa nel mondo sarà tanto più fruttuosa quanto più realizzerà l’anelito di Cristo Signore all’amore reciproco, alla comunione e all’unità. La prima lettura permette di focalizzare l’attenzione sulla testimonianza di Paolo che annuncia la resurrezione dai morti come la speranza che

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alimenta il suo essere apostolo. In questo ultimo scorcio del tempo pasquale, risuona ancora per tutti noi la notizia nuova ed insieme sconvolgente, della resurrezione di Cristo, che getta anche un fascio di luce sulla nostra vita e sulla nostra morte. “Nella persona di Gesù, Verbo incarnato, nelle sue parole e specialmente nella sua morte redentrice e nella sua resurrezione, Dio si è manifestato in maniera decisiva, tanto che non c’è più altra rivelazione pubblica da attendere prima della parusia… La risurrezione intesa come il passaggio a una forma di esistenza che ha lasciato dietro di sé, una volta per sempre, la morte: «Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui»” (Rm 6, 9ss). Il brano della prima lettura si conclude con una significativa annotazione: “La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma» (Atti 23, 11). Caro Antonio oggi si apre davanti a te il grave ed insieme esaltate impegno della testimonianza. Il Signore ti invia! Non indugiare troppo ad esaminare i tuoi talenti, le tue possibilità, i tuoi successi: fallo solo per avere una reale concezione di te stesso. Il resto affidalo al Signore, egli compirà per te la sua promessa e la sua opera. Genera intorno a te la comunione ecclesiale, l’amore reciproco, l’unità voluta da Cristo, in questo consiste la tua vocazione. Tralascia tutto ciò che non abbia il sapore del Vangelo e dell’Eucarestia, alimenta la fede dei piccoli, dei poveri, degli esclusi. Sostieni la fede dei robusti e soprattutto non permette che l’abitudinarietà soffochi lo slancio con cui, in questo giorno, proclami il tuo sì al Signore. Prendi da noi il meglio che possiamo offrirti, non seguirci nelle vie tortuose che spesso, come presbiteri, imbocchiamo credendo che da soli si faccia meglio, che accumulando si sta meglio e più sicuri, che tutto sommato, ne sappiamo sempre qualcosa in più rispetto al confratello. Non correre alla ricerca di consensi, non inseguire la moda del prete bello e brillante, queste sono categorie che non appartengono al Vangelo che, invece, indica la via di una buona e robusta spiritualità. Non abbatterti negli insuccessi, non insuperbirti, credendo di essere insostituibile, perché sempre ci sarà qualcuno migliore di te. Vivi il tuo sacerdozio nella certezza che nel presbiterio troverai santità, buoni sentimenti, ma anche stanchezza e mancanza di testimonianza di vita sacerdotale.

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Genera vocazioni! Esse nascono dal contatto con un prete serio, non dedito alla doppia vita, contento della propria vocazione. Quanta sterilità in tanti presbiteri! Un presbitero che non genera vocazioni al ministero sacro è segno eloquente di una pericolosa sterilità! I preti dovrebbero riscoprire la paternità, lasciando con serenità la condizione di figliolanza. Non si è figli per sempre! È necessario che si diventi Padri, abbandonando la paura di non potercela fare. Cura la tua spiritualità con la preghiera personale, la liturgia delle ore, la confessione sacramentale, la celebrazione Eucaristica, l’adorazione: la tua esistenza ruoterà bene se poggerà su questi cardini della spiritualità presbiterale. Sii accanto alla gente, specialmente ai poveri e agli abbandonati, parla loro di Gesù Cristo: è questo infatti il loro primo diritto e il tuo primo dovere. E coltiva un’autentica devozione alla Madre di Dio, la Beata Vergine Maria, invocata Madre dei sacerdoti. Ella ti guiderà, oggi e sempre, alla contemplazione del volto di Cristo, nostro Signore, benedetto nei secoli. Amen. + P. Antonio De Luca Vescovo

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PREGHIERA A SANT’ANTONIO DI PADOVA O nostro patrono Antonio, tu sei il Santo del pane e della pace. Siamo tuoi devoti e pellegrini, ci affidiamo alla forza dei tuoi prodigi. Tu, umile custode dei segreti della Parola, ci indichi le vie della saggezza evangelica: "tacciano le parole e parlino le opere!". Ci riconduci, quando smarriti e delusi, abbandoniamo gli orizzonti della speranza. Tu ci affidi i poveri, gli esclusi, gli abbandonati, i testimoni della tua straordinaria carità. Oggi aspettano il nostro sguardo. Consegniamo a Te le nostre ansie, i nostri timori, le nostre fragilità. Tu puoi ottenerci dal Bambino Gesù, che contempliamo stupiti tra le tue braccia, il dono del perdono, della fede e della comunione. Liberaci da tutte le paure. Nell'umile attesa del giorno senza tramonto la fede ci sostenga e la tua sicura protezione ci accompagni. Amen. 13 giugno 2019 Festa di Sant’Antonio di Padova + P. Antonio De Luca Vescovo

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ORIENTAMENTI PASTORALI

ANNUNCIARE LA CARITÀ Anno pastorale 2019/2020 “E chi è il mio prossimo?” (Lc 10,29).

Carissimi fratelli e sorelle, cari sacerdoti, il triennio pastorale (2019/2021) che inauguriamo, ci offre l’opportunità di riflettere sulla virtù della carità, che declinata nel tempo assume il volto dell’annuncio, della celebrazione e della testimonianza. Non si tratta di stadi o di livelli successivi o gerarchici, piuttosto sono momenti intrinseci e simultanei di una grande realtà che è la sequela Christi. Annunciare, celebrare e testimoniare accadono sempre insieme. Benedetto XVI ricorda quanto Paolo VI nella Populorum Progressio scrive: «tutta la Chiesa, in tutto il suo essere e il suo agire, quando annuncia, celebra e opera nella carità, è tesa a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo»1. La vita cristiana e l’impegno pastorale non operano scissioni, ma elaborano sintesi di percorsi e di iniziative per raggiungere la finalità suprema per la quale la Chiesa vive: l’evangelizzazione, «evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio»2.

1. La novità di Gesù: la carità nella verità. La riflessione pastorale sulla carità ha una consolidata tradizione ecclesiale, a partire dagli anni ’90, basta ricordare la Nota Evangelizzazione e testimonianza della carità. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per gli anni ’90 (8 dicembre 1990). Successivamente si è sviluppato l’obiettivo “rifare con l'amore il tessuto cristiano della comunità ecclesiale” - Convegno Nazionale Unitario dal tema: Annunciare, celebrare e testimoniare il Vangelo della carità in una pastorale organica, Assisi 22-26 giugno 1992. E infine la Nota pastorale: Con il 1 2

BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, n. 11. PAOLO VI, Evangelii Nuntiandi, n. 14.

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dono della carità dentro la storia. La Chiesa italiana dopo il Convegno di Palermo, 26 maggio 1996. La riflessione sulla carità per questi anni trae spunto da una significativa pagina evangelica, quella del Samaritano (Lc 10, 25-37). «A ben vedere, l’esempio del Samaritano definito per antonomasia buono deve suscitare in noi alcuni cruenti interrogativi. Chi è il mio prossimo? Ecco l’interrogativo che rende sempre attuale questo discorso di Gesù, finalizzato a suscitare in ogni suo discepolo una forte presa di coscienza: la fratellanza universale come aspetto essenziale della rivelazione. Con questa “novità” Gesù dà inizio a un movimento di conversione del cuore, di cambiamento, ovvero un cambio di baricentro: il punto essenziale della vita dei suoi discepoli non è la propria vita, ma quella del prossimo»3. Nei prossimi tre anni vogliamo leggere la parabola del buon samaritano e coglierne la triplice dimensione: la carità annunciata, a partire dalla domanda: «E chi è mio prossimo?», Lc 10,29 (anno pastorale 2019-2020); poi la carità celebrata, con la descrizione dell’atteggiamento tipico e le scelte di chi vuole farsi prossimo: «passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, lo caricò, lo portò in un albergo e si prese cura di lui», Lc 10,34 (anno pastorale 2020-2021); infine la carità testimoniata: «Va’ e anche tu fa’ così», Lc 10,37 (anno pastorale 2021-2022). Faremo ogni sforzo per ridare al nostro impegno il fulcro rigeneratore, l’architrave che sorregge, che è la Parola di Dio. Anzi, dobbiamo comprendere che il primo grande gesto di carità è proprio il dono della Parola. Mi piace riportare il significativo pensiero di Papa Benedetto XVI: «dovremmo richiamarci a non tenere in poco conto la parola, a non pensare che gli uomini sono a posto se hanno tutti da mangiare e se hanno tutti un reddito corrispondente. Non dovremmo lasciarci soggiogare dall’idea marxista di salvezza, che è troppo riduttiva, e tantomeno dall’idea capitalista di salvezza che è ancora più povera, ma riconoscere veramente che l’uomo, per essere salvato, ha bisogno di qualcosa di più che saziare la sua fame e soddisfare i suoi bisogni esteriori e che noi nella sequela di Gesù ci siamo proprio per offrire sempre di nuovo questo “qualcosa di più” e per aprire alla parola che dà senso, vedendo in questo C. MATARAZZO, Dalla pastorale di conservazione ad una Chiesa sinodale in permanete conversione: pastorale per una profezia della carità, relazione al Convegno Pastorale, Teggiano, 26 giugno 2019: http://www.diocesiteggiano.org/images/varie/relazione%20matarazzo.pdf. 3

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addirittura il nostro compito centrale»4. Se la carità non dona la Parola e se non passa attraverso di essa, non riuscirà mai a ridare quella forza di redenzione che ogni atto d’amore deve assolutamente conferire a chi lo offre e allo stesso tempo a chiunque lo riceve. La Chiesa, spazio e luogo dell’annuncio della redenzione è voce di una carità incommensurabile e unica, che proclama il dono di Dio all’umanità, il suo Figlio Gesù Cristo, in lui e per lui sarà sempre possibile incontrare Dio. Il tema pastorale è stato valutato dal Consiglio Presbiterale, dal Consiglio Pastorale Diocesano, ed è confluito nel Convegno Pastorale. Voglio esprimere uno speciale ringraziamento ai Vicari Foranei e agli Uffici diocesani che hanno collaborato con i loro contributi a realizzare la riflessione sul tema che ci siamo proposti. Un grato ringraziamento va tutti i laici che, intervenendo al convegno diocesano o alla riflessione foraniale, hanno voluto esternare il loro interesse e la volontà di lavorare nella direzione che il Magistero di Papa Francesco e della Chiesa Italiana ci indicano. La prospettiva della sinodalità come volto profetico della Chiesa, va ulteriormente consolidata e resa operativa con quei processi comunionali che rispettando il livello della profezia, del discernimento e della decisione, coinvolgono rispettivamente tutti i fedeli, gli organismi di partecipazione e comunione, e naturalmente chi dovrà assicurare la decisione finale. Come di consuetudine gli Orientamenti Pastorali della diocesi vogliono offrire, come centro e cuore di ogni impegno, una riflessione approfondita sulla Parola di Dio. Solo dopo, nella seconda parte, vengono indicati quattro impegni con i quali dare concretezza e visibilità a quanto la Parola ispira e che nell’impegno pastorale di ogni comunità deve rifulgere. Dopo avere riflettuto sulla pagina del Samaritano (Lc 10, 25-37), mi permetto perciò di sottoporre al vostro discernimento pastorale quattro indicazioni concrete: - recuperare in ogni comunità il volto concreto della carità; - vivere in ogni parrocchia l’impegno dell’annuncio e della catechesi come espressione viva della fantasia della carità per il bene del mondo; - nell’azione liturgica delle nostre comunità, il prossimo ci interpella, e rende autentico il nostro incontro con Cristo Risorto; J. RATZINGER - BENEDETTO XVI, Per Amore, a cura di P. AZZARO, Cantagalli, Siena 2019, p. 132. 4

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- con i giovani trovare strade sempre nuove per un cammino generativo. Nel cammino della Visita Pastorale in corso, ci aiuteremo vicendevolmente a verificare e rafforzare questi percorsi di vita cristiana, che rendono vivo il volto delle nostre parrocchie e delle nostre foranie. Il testo evangelico: il buon samaritano (Lc 10, 25-37) «Un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. Gli disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”. Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. Quello rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ così”». 2. Il Vangelo: un racconto singolare. L’evangelista Luca “non vide il Signore nella carne”, come riferiscono le antiche fonti, eppure, dei quattro Vangeli, è forse quello che ci ha lasciato le pagine più vivide e appassionanti della vita terrena di Gesù. Attraverso una scrupolosa ricerca presso testimoni oculari, ci tramanda episodi e discorsi di Gesù che non hanno riscontro negli altri Vangeli: i racconti di miracoli e le parabole riportate si ritrovano

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solamente nel terzo evangelo5. Luca, più degli altri, riesce a restituire con delicata finezza, attraverso piccoli dettagli, quasi pennellate appena accennate, i vividi sentimenti che rivelano la Misericordia di Gesù: i suoi gesti di profonda compassione, il suo stupore e la sua tenerezza, quel Cuore traboccante di Pietà verso la miseria umana; tanto da spingere Dante a definirlo “scriba mansuetudinis Christi”6, lo scriba della bontà di Cristo. Al cuore del terzo Vangelo, rivelazione della divina Misericordia, come un diamante in un diadema, è incastonata la pagina forse più eloquente di tale “mansuetudine”: il buon Samaritano, rivelazione dell’umana misericordia. Siamo di fronte ad un racconto, in parabola, ma di centrale importanza nella vita della Chiesa tanto che già Paolo VI, a conclusione del Concilio Vaticano II il 7 dicembre del 1965, guardava a “l’antica storia del Samaritano”, ravvisandovi l’icona di una Chiesa rinnovata, altrettanto capace di “servire l’uomo” dei tempi moderni: «La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? uno scontro, una lotta, un anatema? poteva essere; ma non è avvenuto. L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni umani (e tanto maggiori sono, quanto più grande si fa il figlio della terra) ha assorbito l’attenzione del nostro Sinodo. Dategli merito di questo almeno, voi umanisti moderni, rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo. […] Tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità. […] Sull’uomo e sulla terra si piega, ma al regno di Dio si solleva»7. Secondo la visione profetica del Papa Santo, la Chiesa tutta, a partire a quell’assise conciliare, stava riscoprendo un “nuovo umanesimo”: al centro della sua azione e della sua missione c’era l’uomo “in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità”8. A cinquant’anni di distanza, in occasione di un altro significativo Giubileo, Cfr. L. MOSCONI, Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca, EMI, Bologna1998; L. T. JOHNSON, Il Vangelo di Luca, Elledici, Torino 2004. 6 DANTE ALIGHIERI, De Monarchia, 1, XVI, 2. 7 PAOLO VI, Conclusione del Concilio Vaticano II, Allocuzione del 7 dicembre 1965. 8 Ibidem. 5

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quello della Misericordia, Papa Francesco riprenderà quel sogno per esortare ancora la Chiesa a far sua la misericordia del buon samaritano: «Oggi, qui a Roma e in tutte le diocesi del mondo, varcando la Porta Santa vogliamo anche ricordare un’altra porta che, cinquant’anni fa, i Padri del Concilio Vaticano II spalancarono verso il mondo. […] Il Concilio è stato un incontro. Un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario. Era la ripresa di un percorso per andare incontro ad ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro… dovunque c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla per portare la gioia del Vangelo e portare la misericordia e il perdono di Dio. Una spinta missionaria, dunque, che dopo questi decenni riprendiamo con la stessa forza e lo stesso entusiasmo. Il Giubileo ci provoca a questa apertura e ci obbliga a non trascurare lo spirito emerso dal Vaticano II, quello del Samaritano, come ricordò il beato Paolo VI a conclusione del Concilio. Attraversare oggi la Porta Santa ci impegni a fare nostra la misericordia del buon Samaritano»9. Tra le inquietudini e le speranze del mondo attuale è più che mai viva l’urgenza di vivere la fede e la speranza in carità operosa: la parabola del buon Samaritano appare ancora agli occhi della nostra contemplazione come una profezia. 3. Un dibattito sull’essenziale. Nel cammino di Gesù verso Gerusalemme, tra i tanti significativi incontri ce n’è uno particolarmente impregnato di valore spirituale, narrato al capitolo 10 del Vangelo secondo Luca. In esso è riportato il dialogo con un anonimo dottore della Legge, un esperto conoscitore della Torah. Costui, volendo appurare quanto questo sedicente rabbi conosca le Scritture e sia fedele alla Tradizione di Israele, si alza “per metterlo alla prova” ponendogli una domanda cruciale: “Maestro, che devo fare per avere la vita eterna?”. Domanda che, generata nello spazio religioso dell’ebraismo, implica la fede nell’eternità, ma che corrisponde alle attese e ai desideri di ogni uomo di ogni epoca: vale a dire “che devo fare per essere felice?”. La medesima domanda, nel Vangelo 9

FRANCESCO, Omelia di apertura dell’Anno Santo della Misericordia, 8 dicembre 2015.

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secondo Marco, viene posta a Gesù dal giovane ricco (Mc 10,17): “Che cosa devo fare perché la mia vita abbia valore, abbia senso? Questo interrogativo appassionante nella bocca del giovane del Vangelo suona così: “Che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. … Quando ci poniamo di fronte a Cristo, quando egli diventa il confidente degli interrogativi della nostra giovinezza, non possiamo porre la domanda diversamente da quel giovane del Vangelo: “Che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Ogni altra domanda sul senso e sul valore della nostra vita sarebbe, di fronte a Cristo, insufficiente e non essenziale»10. Si tratta del tipico interrogativo posto a giudizio dei rabbini del tempo affinché indicassero una via preferenziale rispetto alla miriade di norme veterotestamentarie. Di fatto, la tradizione rabbinica aveva codificato ben 613 precetti dall’Antico Testamento: 365 negativi, quanti i giorni dell’anno (tutto il tempo), e 248 positivi, tanti quante erano le membra del corpo umano (tutto l’uomo), secondo l’antica fisiologia11. Era quindi necessario trovare una sintesi, un essenziale che potesse riassumere e ispirare tutte le altre norme. Gesù, alla domanda risponde con un’altra domanda: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. Egli non vuole appellarsi sbrigativamente alla conversione e all’accoglienza del Regno, ma, facendo riferimento alla Legge di Mosè, si mette al livello del proprio interlocutore e delle sue conoscenze. Vi è qui un tratto qualificante dello stile di Gesù: replica con un’ulteriore domanda (anche nella scena del giovane ricco, alla stessa domanda Gesù risponde: “Perché mi chiami buono?”, Mc 10,17). Così Gesù vuole stabilire un rapporto con l’altro: ponendogli una domanda in risposta suscita la responsabilità della sua opinione e lo accompagna ad andare più a fondo nella sua ricerca. Gesù non risponde dando certezze, facendo affermazioni perentorie o chiudendo il discorso in se stesso, lo apre invece ad una dialettica più profonda: il contenuto delle parole che Gesù rivolge all’altro è proprio l’umanità dell’altro. «Facendosi domande, Dio e l’uomo manifestano la loro reciproca stima e l’interesse che condividono l’uno per l’altro. Potremmo quasi dire che la rivelazione è un insieme di domande e risposte che Dio e l’uomo si fanno e si danno»12. Gesù rivela la sua identità per mezzo della qualità delle domande che pone, perché «una persona non si rivela GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai giovani, 31 marzo 1985 A. MAGGI OSM, «E non era neanche sacerdote» (Eb,8,4), p. 10, https://www.studibiblici.it/conferenze/. 12 R. SALA, Interpellati da Gesù, in Note di Pastorale Giovanile, 2012. 10 11

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soltanto per le risposte che sa dare, ma anche per le domande che sa porre»13. 4. Il comandamento dell’Amore Il dottore della Legge, da esperto conoscitore delle Scritture, risponde prontamente con il grande comandamento che ogni pio ebreo ripete tre volte al giorno, lo Shemà Israel: «Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente» (Dt 6,4-5). Poi, con intelligenza spirituale, aggiunge il comandamento dell’amore verso gli altri: “e il tuo prossimo come te stesso” (Lv 19,18). Il dottore della Legge rivela così di conoscere bene la via della salvezza: «L’amore per Dio e l’amore per il prossimo sono inseparabili, anzi, di più, si sostengono l’un l’altro. Pur se posti in sequenza, essi sono le due facce di un’unica medaglia: vissuti insieme sono la vera forza del credente! Amare Dio è vivere di Lui e per Lui, per quello che Lui è e per quello che Lui fa. E il nostro Dio è donazione senza riserve, è perdono senza limiti, è relazione che promuove e fa crescere. Perciò, amare Dio vuol dire investire ogni giorno le proprie energie per essere suoi collaboratori nel servire senza riserve il nostro prossimo, nel cercare di perdonare senza limiti e nel coltivare relazioni di comunione e di fraternità»14. Secondo Luca a proclamare il Comandamento dell’Amore è il dottore delle Legge e non Gesù, come invece negli altri Vangeli (Mt 22,3640; Mc 12,29-31). Questa scelta, presumibilmente, riflette una condizione della comunità di Luca: essi non hanno più bisogno di sapere da Gesù quale sia il comandamento più grande – proclamato qui dal dottore della legge – ma piuttosto vogliono sapere da Gesù come renderlo operativo, esecutivo. In Luca ci viene proposta un’interpretazione concreta più che una semplice visione romantica e astratta dell’Amore: come praticarlo. Per tale motivo il filo rosso di tutto il racconto è il verbo “fare”: “cosa devo fare?” (10,25), “fa’ questo e vivrai” (10,28), “anche tu fa’ così” (10,37). «Gesù incita il dottore della Legge a passare da una sterile R. PENNA, Presentazione a G. PERINI, Le domande di Gesù nel Vangelo di Marco, Glossa, Milano 1998, VIII. 14 FRANCESCO, Angelus, 4 novembre 2018. 13

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ortodossia all’ortoprassi, unico piano dell’autentificazione della comprensione delle Scritture»15. Gesù, pur ammirando la risposta del dottore della Legge lo invita alla prassi: il modo in cui vivi è la dimostrazione pratica della giusta conoscenza e comprensione della Parola di Dio. Nel brano di Mc 12,28-34 è Gesù che al comandamento dell’amore di Dio ne associa un secondo, «la novità della risposta di Gesù non sta nell’individuare questi due comandamenti, familiari al giudaismo del tempo, ma nell’accordo vincolante che stabilisce tra loro, un vincolo così stretto da farne un solo comandamento»16. 5. Il prossimo Il dottore della legge che aveva voluto mettere alla prova Gesù, volendo giustificare la sua domanda iniziale, lo interroga di nuovo su come identificare “il prossimo”. Ancora una volta Gesù non dà una risposta diretta, non entra nella casistica, tanto cara all’insegnamento rabbinico che risolveva il quesito attraverso l’individuazione di una serie di cerchi concentrici di rapporti interpersonali: «“Chi è mio prossimo?”, e sottintende: “i miei parenti? I miei connazionali? Quelli della mia religione?”. Insomma, vuole una regola chiara che gli permetta di classificare gli altri in “prossimo” e “non-prossimo”. In quelli che possono diventare il prossimo e quelli che non possono diventare il prossimo”»17. Gesù non si lascia vincolare dalla casistica, non deve risolvere un caso legale o stilare una classifica di qualità. Per Gesù il prossimo non può essere imprigionato in una definizione perché è colui che ognuno di noi decide di rendere prossimo avvicinandosi a lui. Gesù, infatti, risponde ricorrendo a una parabola che, alla fine, ha una domanda provocatoria rilanciata al suo interlocutore: “Chi ti sembra sia stato prossimo?”. Il ribaltamento è evidente: invece di interessarsi “oggettivamente” alla definizione del prossimo, Gesù invita a comportarsi “soggettivamente” da prossimo nei confronti di chi è nella necessità e che subito vede chi gli è veramente prossimo18. Alla domanda sul prossimo, Gesù risponde con la parabola del buon COMUNITÀ DI BOSE, Eucaristia e Parola, Vita e Pensiero, Milano 2009, p. 214. S. ZAMBONI, Desiderio e sequela, breve introduzione alla vita morale, EDB 2019, p. 99. 17 FRANCESCO, Catechesi sul Samaritano, Udienza generale del 27 aprile 2016. 18 G. RAVASI, Il profilo dell’uomo misericordioso evocato da Papa Francesco nell’omelia d’apertura dell’Anno santo. Il Sole 24 Ore, 20 dicembre 2015. 15 16

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Samaritano. Il racconto è ambientato sulla strada romana che, in una trentina di chilometri, conduce dagli 800 metri di Gerusalemme ai 300 sotto il livello del mare dove è situata Gerico. Un viandante anonimo, del quale non si precisa né nazionalità, né condizione sociale, né appartenenza religiosa, mentre percorre la strada rimane vittima di un agguato: viene assalito dai briganti che lo rapinano, lo picchiano “a sangue” e lo abbandonano moribondo. La narrazione sorvola intenzionalmente sull’identità dei personaggi: al centro c’è soltanto un estremo bisogno di aiuto, c’è un uomo in grave difficoltà. «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico. Seguono poche righe, uno dei racconti più brevi al mondo, e più belli, in cui è condensato il dramma e la soluzione di tutta intera la storia umana. Un uomo: non sappiamo il suo nome, ma sappiamo il suo volto: ferito, colpito, terrore e sangue, faccia a terra, non ce la fa. È il volto eterno dell’uomo, Il mondo intero passa per la strada che va da Gerusalemme a Gerico. Nessuno può dire: io faccio un’altra strada, nessuno può dirsi estraneo alle sorti del mondo. Ci salveremo tutti insieme, o salvezza non sarà»19. 6. L’indifferenza L’indifferenza non è scelta tra il bene ed il male, ma è permettere che il male continui a crescere! Sulla stessa strada, racconta Gesù, passano due uomini definiti dalla loro funzione religiosa: un sacerdote e un levita20. Sacerdoti e leviti, appartenenti ad una delle categorie più potenti in Israele, avevano in gestione la cura del luogo più Santo, il Tempio, erano considerati custodi della Legge e, per questo, tenuti in grande considerazione dalla gente. Per svolgere le loro mansioni religiose, la Legge prescriveva l’integrità rituale: in nessun modo dovevano venire in contatto con un cadavere e con il sangue, altrimenti incorrevano nell’impurità che ne avrebbe precluso l’officiatura (cfr. Nm 19,11-16). «La Legge del Signore in situazioni simili prevedeva l’obbligo di soccorrerlo, ma entrambi passano oltre senza fermarsi. Avevano fretta, il E. RONCHI, Chiamati a diventare samaritani, Avvenire, 11 luglio 2013. Al tempo di Gesù c’erano circa settemila sacerdoti che a turno, per una settimana l’anno, svolgevano il loro servizio nel tempio. I leviti erano circa diecimila e anch’essi facevano ognuno turni di servizio di una settimana l’anno svolgendo i lavori più umili al tempio. Se Gerusalemme era la città Santa¸ dove si trovava il tempio del Signore, Gerico era la città sacerdotale dove risiedevano il maggior numero di sacerdoti e leviti. Cfr. K. HANSON - D E. OAKMAN, La Palestina ai tempi di Gesù, San Paolo, Milano 2003. 19 20

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sacerdote forse ha guardato l’orologio e ha detto: arrivo tardi alla messa; l’altro ha detto: non so se la legge me lo permette, c’è il sangue e io sarò impuro. Vanno per un’altra strada e non si avvicinano. E qui la parabola ci offre un primo insegnamento: non è automatico che chi frequenta la casa di Dio e conosce la sua misericordia sappia amare il prossimo. Non è automatico, tu puoi conoscere tutta la Bibbia, la liturgia, tutta la teologia ma la conoscenza non implica automaticamente il saper amare: l’amore ha un’altra strada, con l’intelligenza ma con qualcosa di più. Il sacerdote e il levita vedono, ma ignorano; guardano, ma non provvedono. Eppure non esiste vero culto se esso non si traduce in servizio al prossimo. Non dimentichiamolo mai: di fronte alla sofferenza di così tanta gente sfinita dalla fame, dalla violenza e dalle ingiustizie, non possiamo rimanere spettatori. Ignorare la sofferenza dell’uomo significa ignorare Dio! Se io non mi avvicino a quell’uomo a quella donna a quel bambino a quell’anziano quell’anziana che soffre, non mi avvicino a Dio»21. Gesù osserva che sia il sacerdote che il levita, al sopraggiungere sul luogo dell’aggressione, “vide e passò oltre”. Il motivo di tale indifferenza si dovrebbe attribuire alla necessità di svolgere la funzione rituale senza contaminarsi, eppure Gesù specifica, in particolare per il sacerdote, che “scendeva” per quella strada: il suo servizio era quindi terminato. Nulla gli impediva di prestare soccorso al malcapitato. «Ci sono uomini e donne credenti e religiosi, i quali conoscono bene la Legge e sono zelanti nell’osservarla minuziosamente, che proprio perché guardano più allo “sta scritto”, a ciò che è tramandato, che non al vissuto, a quanto avviene loro nella vita e a chi hanno davanti, non riescono a osservare l’intenzione di Dio nel donare la Legge: e quest’unica intenzione, al servizio della quale la Legge si pone, è la carità verso gli altri! Ma com’è possibile? Com’è possibile che proprio le persone religiose, che frequentano quotidianamente la chiesa, pregano e leggono la Bibbia, non solo omettano di fare il bene, ma addirittura non salutino i con-fratelli e le con-sorelle, cose che fanno i pagani? È il mistero di iniquità operante anche nella comunità cristiana! Non ci si deve stupire, ma solo interrogare se stessi, chiedendosi se a volte non si sta più dalla parte del comportamento omissivo proprio di questi giusti incalliti, di questi legalisti e devoti che non vedono il prossimo ma credono di vedere Dio, non amano il fratello che vedono ma sono certi di amare 21

FRANCESCO, Catechesi sul Samaritano, Udienza generale del 27 aprile 2016.

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il Dio che non vedono (cf. 1Gv 4,20); di questi zelanti militanti per i quali l’appartenenza alla comunità o alla chiesa è fonte di garanzia, che li rende bendati, ciechi, incapaci di vedere l’altro bisognoso»22. 7. Un Samaritano come prossimo Al sacerdote e al levita, uomini religiosi accreditati presso il popolo, Gesù oppone un Samaritano: il perfetto contrario. I samaritani erano considerati gente impura, scismatica ed eretica, detestata dai giudei più di qualunque altro popolo23, definiti dalla Bibbia: “lo stupido popolo che abita in Sichem”, e peggio ancora “neppure un popolo” (Siracide 50,25-26)24. Un Samaritano posto come esempio da Gesù procura nei suoi ascoltatori un vero e proprio scandalo con l’intento di provocare una conversione, un rovesciamento di mentalità: riconoscere che il samaritano sia il più umano di tutti, anche di quelli che avrebbero dovuto esserlo di dovere, implica il superamento dei pregiudizi contro ogni persona non ritenuta all’altezza e degna di apprezzamento. Gesù vuole mostrare che il samaritano, al di là di ogni preconcetto e diffidenza, è semplicemente un uomo che soccorre un altro uomo. E che, solo per il fatto di essere uomo, è capace di umanità. «Ma veniamo al centro della parabola: il samaritano, cioè proprio quello disprezzato, quello sul quale nessuno avrebbe scommesso nulla, e che comunque aveva anche lui i suoi impegni e le sue cose da fare, quando vide l’uomo ferito, non passò oltre come gli altri due, che erano legati al tempio, ma “ne ebbe compassione” – così dice il Vangelo. Il cuore, le viscere si sono commosse. Ecco la differenza. Gli altri due “videro”, ma i loro cuori rimasero chiusi, freddi. Invece il cuore del samaritano era sintonizzato con il cuore stesso di Dio. Infatti, la “compassione” è una caratteristica essenziale della misericordia di Dio. Dio ha E. BIANCHI, Commento alla XV Domenica del tempo ordinario, 14 luglio 2019: https://www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/13153-misericordia. 23 Dopo il re Salomone il Regno d’Israele fu diviso in due, regno del nord e regno del sud: al nord c’era la Samaria e al sud la Giudea. Invasioni varie disgregarono i due regni ma, mentre i Giudei si preservarono puri¸ sia nel culto che nella razza, gli abitanti della Samaria invece si unirono a donne non ebree e, per di più mescolarono anche tradizioni diverse nella religione. Tanto era il disprezzo per i samaritani che molte famiglie giudee della Galilea, per giungere a Gerusalemme, non passavano dalla Samaria ma allungavano il viaggio passando verso il mare¸ la via maris, o attraversando il Giordano. 24 G. RAVASI, Il profilo dell’uomo misericordioso, art. cit. 22

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compassione di noi: patisce con noi, Lui sente le nostre sofferenze. Il verbo indica che le viscere si muovono e fremono alla vista del male dell’uomo»25. Enorme è la noncuranza dei sacerdoti; ancora più smisurata è la cura del samaritano verso il ferito che va ben oltre il primo soccorso: «chi è come lui che paga persino di persona quanto avrebbero potuto o dovuto compiere le istituzioni pubbliche sanitarie?»26. Nel racconto il verbo “vedere” accomuna l’esperienza del sacerdote, del levita e del samaritano, ma ben diverso sarà poi il loro atteggiamento nei confronti del malcapitato. In netto contrasto con il comportamento del sacerdote e del levita, le azioni del samaritano sono descritte con particolare cura, attraverso quattordici verbi: sette verbi quando incontra l’uomo moribondo: “ne ebbe compassione”, “avvicinatosi”, “gli fasciò le ferite”, “versando sopra olio e vino”, “caricatolo sul suo giumento”, “lo portò in un luogo accogliente”, “si prese cura di lui”; e sette il giorno dopo, prima di lasciarlo: “estrasse due denari”, “li diede al locandiere”, “disse”, “abbi cura di lui”, “quel che spenderai in più”, “te lo restituirò”, “quando ritornerò”. Verbi di prossimità e compassione sapientemente commentati dal vescovo Tonino Bello27. Il Samaritano, attraverso numerosi gesti, quasi variabili delle opere di misericordia, si fa autenticamente prossimo dell’uomo sofferente, senza chiedersi chi sia o quanto meriti questo uomo da aiutare. Uno sguardo nel cuore del Samaritano rivela cosa muove quei gesti: «Ebbe compassione». Le sue viscere si commuovono, non rimane impassibile o indifferente, ma viene toccato nel profondo del ventre – il grembo della gestazione del feto – in quella “maternità”, che appartiene a ogni essere umano che si fa “madre” del proprio simile più fragile. «Anche il samaritano, passando su quella strada, vede, e per vedere bene si avvicina, si fa prossimo all’uomo ferito: allora, volto contro volto, il samaritano è commosso nelle viscere, sente salire dalle sue profondità un sentimento di compassione, di sdegno, di pietà. La misericordia è questo sentimento viscerale, materno, che in realtà raduna tanti sentimenti e come una pulsione sale dalle nostre viscere, facendosi sentire come sofferenza, con-sofferenza con chi è nel bisogno»28. Mosso dalla compassione, il suo amore diventa operoso: fascia le ferite, vi FRANCESCO, Catechesi sul Samaritano, 27 aprile 2016. Da Gerusalemme a Gerico, Convegno Unitario, Lecce 2004. 27 T. BELLO, Il buon samaritano, https://www.dontoninobello.info/cm-0070/. 28 E. BIANCHI, Commento alla XV Domenica del tempo ordinario, cit. 25

26 A. PITTA,

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versa vino e olio secondo i metodi del pronto soccorso antico, carica la vittima sulla sua cavalcatura, la depone solo quando giunge a uno dei caravanserragli che fungevano anche da albergo, per due volte si ripete il verbo “prendersi cura” (Lc 10, 34-35), contribuisce anche alle spese successive con due denari. Il suo è un amore personale, sottolineato nell’originale evangelico greco dalla ripetizione del pronome: «Passò vicino a lui, gli fasciò le ferite, lo caricò sul suo giumento, lo condusse alla locanda e si prese cura di lui… Prenditi cura di lui!»29. Risulta evidente che il samaritano «si comporta con vera misericordia: fascia le ferite di quell’uomo, lo trasporta in un albergo, se ne prende cura personalmente, provvede alla sua assistenza. Tutto questo ci insegna che la compassione, l’amore, non è un sentimento vago, ma significa prendersi cura dell’altro fino a pagare di persona. Significa compromettersi compiendo tutti i passi necessari per “avvicinarsi” all’altro fino a immedesimarsi con lui: «amerai il tuo prossimo come te stesso». Ecco il comandamento del Signore»30.

8. Ecco il prossimo! La parabola del buon samaritano ci è consegnata in risposta all’interrogativo “chi è il mio prossimo?”. Una domanda che incalza, in un mondo di indifferenza ed egoismo diffuso, come un nuovo “annuncio” verso coloro che ci vivono accanto soprattutto se estranei, non-credenti, lontani dal nostro orizzonte. Il prossimo a cui annunciare, con gesti concreti e non tanto con le parole, è ogni uomo che incontriamo: umanità ferita, impaurita, percossa dai tanti segnali di morte che ne offuscano l’esistenza e la gettano nello scoramento e nell’inquietudine. Giacché l’uomo ha bisogno di Dio oggi più che mai, solo una Chiesa che si fa samaritano, con l’annuncio della vita, delle opere, delle scelte, può salvarlo. «A mio parere ciò mette in risalto che sotto la patina della sicurezza di sé e della propria giustizia, l’uomo di oggi nasconde una profonda conoscenza delle sue ferite e della sua indegnità di fronte a Dio. Egli è in attesa della misericordia. Non è di certo un caso che la parabola del buon samaritano sia particolarmente attraente per i contemporanei. E non solo perché in essa è fortemente sottolineata la componente sociale dell’esistenza cristiana, né solo perché in essa il 29 30

G. RAVASI, Il profilo dell’uomo misericordioso, art. cit. FRANCESCO, Catechesi sul Samaritano, 27 aprile 2016.

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samaritano, l’uomo non religioso, nei confronti dei rappresentanti della religione appare, per così dire, come colui che agisce in modo veramente conforme a Dio, mentre i rappresentanti ufficiali della religione si sono resi, per così dire, immuni nei confronti di Dio. È chiaro che ciò piace all’uomo moderno. Ma mi sembra altrettanto importante tuttavia che gli uomini nel loro intimo aspettino che il samaritano venga in loro aiuto, che egli si curvi su di essi, versi olio sulle loro ferite, si prenda cura di loro e li porti al riparo. In ultima analisi essi sanno di aver bisogno della misericordia di Dio e della sua delicatezza. Nella durezza del mondo tecnicizzato nel quale i sentimenti non contano più niente, aumenta però l’attesa di un amore salvifico che venga donato gratuitamente»31. Lo scopo ultimo della parabola è, dunque, quello di risvegliare il nostro cuore rendendolo più umano; e la regola fondamentale per coglierne il messaggio è lasciarsi provocare, sorprendersi, convertirsi. Attraverso il racconto di Gesù, simile a quello dei profeti, ma superato per la geniale freschezza di linguaggio e l’inaudita novità del messaggio, nel bel mezzo della normalità, irrompe lo straordinario, l’imprevedibile più sorprendente. A partire da questo stupore possiamo tornare a proclamare la ‘buona notizia’ evangelica, con una intuizione globale, di un Dio che si fa prossimo e che vuole che diventiamo prossimi.

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BENEDETTO XVI, “Cos’è la fede”, in Avvenire, 16 marzo 2016.

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INDICAZIONI OPERATIVE 9. “Farsi prossimo per annunciare il vangelo della Carità” La fantasia della carità è quella che sortisce maggiore consenso e genera la più grande collaborazione. Allo stesso tempo la carità è anche lo sguardo sull’eternità che si dispiega nella fatica e nella finitudine dei giorni, così ci ricorda San Paolo: «Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!» (1Cor13,13). «Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. In questo modo non ci sarebbe più un vero e proprio posto per Dio nel mondo. Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività»32. L’aver attinto con copiose mozioni dell’animo alla pagina del Vangelo di Luca, non può bastare al nostro impegno ecclesiale. La ricchezza della Parola va inserita nei circuiti delle nostre povere esistenze, il vangelo entra nella vita e genera un impegno nuovo, una cultura nuova. Perciò vorrei ora consegnarvi alcuni elementi atti a ridare vigore ai cammini pastorali delle nostre comunità, molti altri potreste sceglierli voi stessi. Fermarsi a riflettere sulla carità ci obbliga necessariamente anche a leggere la realtà che ci circonda, cogliendo il bene che dobbiamo far rinascere ma anche ciò che dobbiamo consolidare. Vorrei con una frase sintetica raccogliere le indicazioni che seguono: “Farsi prossimo per annunciare il vangelo della Carità”; non riduciamo il tema della carità ad un’appendice nelle nostre catechesi o ad un’occasionale raccolta di fondi. Scrive Papa Francesco: «Anzitutto bisogna dire che nell’annuncio del Vangelo è necessario che vi sia una adeguata proporzione. Questa si riconosce nella frequenza con la quale si menzionano alcuni temi e negli accenti che si pongono nella predicazione. Per esempio, se un parroco durante un anno liturgico parla dieci volte sulla temperanza e solo due o tre volte sulla carità o sulla giustizia, si produce una sproporzione, per cui quelle che vengono oscurate sono precisamente quelle virtù che dovrebbero essere più presenti nella predicazione e nella 32

BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, n. 4.

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catechesi»33. Voglio riportare un pensiero significativo emerso nel convegno diocesano: «La parabola del Samaritano ci introduce nel presente della realtà (nonostante sia circostanziata da elementi ed aspetti coevi alla narrazione). Una realtà fatta di situazioni contingenti che incrocia la profezia del futuro. Non a caso Paul Ricoeur rilegge questa parabola insieme alla narrazione del Giudizio universale. Gesù non evoca nomi, titoli, situazioni. Il Maestro narra la storia di incontri, incontri che vorrebbe significativi, determinati per la vita. Sono incontri tra anonimi, sconosciuti, i quali si riscoprono fratelli non nemici. Le azioni compiute in questa dimensione di prossimità non hanno uno scopo diretto se non quello di edificare, mostrando le intenzioni della fraternità e per far questo c’è bisogno di un cammino, di quel cammino che il Samaritano stava compiendo, poiché non passava di lì per caso (come per il Sacerdote e il Levita). Egli stavo compiendo un viaggio, ovvero Gesù dichiara che quest’uomo ha una meta da raggiungere. Nonostante tale urgenza, o grazie allo scopo del suo viaggio, egli si fa prossimo al suo prossimo. Uno sconosciuto, perfino un Giudeo…»34. 10. La comunità si costruisce con il servizio della carità (diakonia). È necessario aiutarci a vivere vicendevolmente la novità provocatoria del Vangelo. Guai se le parole di Gesù, le sue parabole, i suoi consigli, le sue domande e i suoi imperativi cominciano ad apparirci come qualcosa di già visto e sentito. È la stanchezza spirituale, l’accidia di chi ha perso ogni forma di sensibilità di fronte al trascendente messaggio della salvezza. Un’abitudine mortale ci sovrasta. Ecco allora che anche il volto, i gesti, i silenzi della parabola del samaritano, che per inerzia continuiamo a chiamare buono, ci sembrano scontate, ovvie e persino usurate dal tempo. Bisogna evitare alcuni rischi: il primo lo corriamo quando di fronte ad una diffusa indifferenza e addirittura una ostentata opposizione alle logiche cristiane della vicinan-za, della comprensione, della prossimità, dell’ascolto, ci arrendiamo; peggio se ci associamo a forme di discriminazioni culturali che determinano rifiuti e chiusure, tacciate spesso per buonismo fuori luogo. Non possiamo arrenderci, né dobbiamo sottovalutare il ruolo di coscienza critica che le FRANCESCO, Evangelii gaudium, n. 38. C. MATARAZZO, Dalla pastorale di conservazione ad una Chiesa sinodale in permanete conversione: pastorale per una profezia della carità, relazione al Convegno Pastorale, Teggiano, 26 giugno 2019. 33 34

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nostre comunità possono avere e che noi come pastori dobbiamo orientare, educare e suscitare. Perciò mi pare opportuno sintetizzare lo sforzo pastorale che ci attende: “farsi prossimo per annunciare il vangelo della Carità”. Per noi parlare di carità significa parlare di Dio, della sua natura più intima, della sua relazione trinitaria, «Se vedi la carità, vedi la Trinità» scriveva sant’Agostino. Deus caritas est, «Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1 Gv 4, 16)! Tacere sulla carità significa rassegnarci ad un incomprensibile operazione di esilio di Dio e del divino. «L’affermazione dell’amore di Dio diventa una menzogna, se l’uomo si chiude al prossimo o addirittura lo odia»35. Tacere sulla carità significa perpetrare un imperdonabile e ulteriore tradimento a Gesù Cristo che ci ha offerto segni inconfondibili della sua presenza: Ero forestiero, carcerato, nudo, malato (Matteo 25,35-44). Ecco allora il primo impegno, quello di riportare la riflessione nella profondità di Dio per sottrarla alla banalità di affermazioni e di preconcetti che non aiutano a crescere nella carità, né a comprendere un vero “umanesimo trascendete”. «L’amore del prossimo radicato nell’amore di Dio è anzitutto un compito per ogni singolo fedele, ma è anche un compito per l’intera comunità ecclesiale»36. Il malcapitato della parabola narrata da Gesù è una vittima di terroristi, di ladri e briganti, la sua condizione di bisogno è estremamente urgente e percepibile immediatamente, è uno sfortunato. Ma vi sono altri e nuovi malcapitati dei quali non ci accorgiamo immediatamente, vittime anch’essi di forme di violenze morali, vittime di dipendenze, assuefatti ad una visione misera dell’esistenza. Sfortunati che si sono reclusi nel piccolo cerchio di limitati interessi, che hanno eliminato ogni legame con la comunità sociale, ecclesiale; anche persone apparentemente motivate sono vittime di solitudine e di abbandono affettivo, relazionale e comunionale. Eppure nessuno se ne accorge, alcuni di noi passiamo persino oltre per non soffermarci. Anche questi attendono un samaritano che senza fare moralismi, senza proferire parole sull’opportunità o meno di percorrere certe strade, senza domandarsi né se ciò che è capitato se lo è cercato, semplicemente si dà da fare per soccorrere, per ridonare la gioia di vivere, diventa generativo perché se ne prende cura. Il samaritano non giudica, né esorta, non stigmatizza, semplicemente si avvicina e si prende cura, diventa prossimo! 35 36

BENEDETTO XVI, Deus Caritas est, n. 16. Ivi, n. 20.

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La parabola, come spiega Papa Francesco, «ci fa capire che non siamo noi che, in base ai nostri criteri, definiamo chi è il prossimo e chi non lo è, ma è la persona in situazione di bisogno che deve poter riconoscere chi è il suo prossimo, cioè «chi ha avuto compassione di lui»37. Il prossimo non è una elaborazione sociologica, né può essere ridotto solo ad un dato statistico, «solo l’incontro con Dio permette di non “vedere nell’altro sempre soltanto l’altro”, ma di riconoscere in lui l’immagine divina, giungendo così a scoprire veramente l’altro e a maturare un amore che “diventa cura dell’altro e per l’altro”»38. Non è vero che il mondo è tutto negativo, è falso affermare che l’umanità è totalmente preda di egoismo e di indifferenza. Esistono forme generose di annuncio di carità che lasciano senza parole. Una carità eroica che non rivendica riconoscimenti, né clamori, la carità feriale di tanti uomini e donne che si rendono conto di aver ricevuto il dono e la grazia di farsi prossimi, e lo fanno senza se e senza ma, senza condizioni, correndo anche il rischio dell’incomprensione e dello strumentale fraintendimento. C’è sempre un samaritano pronto che superando i formalismi valica la frontiera di un nuovo umanesimo. Questa è l’autentica radice cristiana della nostra cultura, dei nostri territori e delle nostre famiglie. Questo è il Vangelo della carità. Un dinamismo relazionale che non tralascia nessuno e che è sempre vigilante sulla dignità della persona, sulla giustizia e sulla verità. In molte nostre comunità, i parroci e i laici sono come sentinelle sempre pronte a intercettare i bisogni, le urgenze e gli appelli. Accanto al doveroso sostegno materiale non mancano forme di vicinanza e di supporto per il superamento di una crisi familiare, per ricucire rapporti, per riconciliare gli animi, per portare una parola di speranza nelle corsie degli ospedali, accanto ai malati provati dalla tristezza e dalla solitudine. È il volto sempre bello e convincente delle nostre realtà ecclesiali e parrocchiali. Mi piacerebbe che almeno a livello di ogni forania esistesse un gruppo di laici capaci di essere punto di riferimento per offrire possibili risposte alle sempre insorgenti forme di povertà non solo materiali. Il Vangelo della carità passa sulle vie del dialogo, dell’incontro, dell’ascolto, della tenerezza, del perdono e del comune impegno per edificare la civiltà dell’amore, attenta ai bisogni del creato e al servizio dei più poveri ed emarginati. Il Vangelo della Carità non è delegabile a strutture, ad uffici, ad 37 38

FRANCESCO, Angelus, 14 luglio 2019. BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, n. 11.

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organizzazioni, è il motivo teologale del nostro credo, incombe su tutti gli uomini e donne di buona volontà! Il Vangelo della carità non è un’organizzazione, ma è una persona: Gesù che «viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza»39. Le nostre comunità offrano al territorio quelle necessarie forme di aiuto e di coordinamento, fra istituzioni, gruppi e associazioni che fanno del volontariato un’espressione di grande servizio sociale ed umano. La riflessione pastorale sulla carità ci spinge ad abbandonare Gerusalemme per costruire una Chiesa in uscita missionaria, si va incontro ai fratelli bisognosi con prospettiva evangelica. L’Eucaristia, la preghiera e la dimensione contemplativa ci spingono all’amore del prossimo. Che brutta insidia quella di vivere il culto e la pietà popolare esclusivamente come momenti occasionali senza alcuna ricaduta di impegno nella carità! La carità e l’educazione ad essa si annuncia nelle nostre comunità parrocchiali anche con una sobrietà di scelte nelle feste patronali, con i necessari permessi, non sempre richiesti alla Curia, e con un segno concreto di carità. Colgo l’occasione per ricordare la grande importanza ecclesiale che hanno le cosiddette “collette imperate”, le iniziative per educare al sostegno economico della Chiesa cattolica, la presentazione dei bilanci parrocchiali, la costituzione degli organismi di partecipazione e comunione (Consiglio Pastorale Parrocchiale e Consiglio per gli Affari Economici). Disattendere queste indicazioni significa abbracciare un’ambigua superficialità che non aiuta la comunità e non fa crescere la gioia della testimonianza. 11. La carità dell’annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyria) Gesù si fa prossimo per insegnare all’altro a farsi prossimo. Dobbiamo riscoprire il modo utilizzato da Gesù nell’approcciarsi al Dottore della Legge nell’atto di insegnare. Non è secondario cogliere le modalità utilizzate da Gesù con il Dottore della Legge che lo sta interrogando per metterlo alla prova. Nell’episodio raccontato dalla pericope, come in molte altre occasioni, Gesù veste i panni del “buon catechista” che non ha pregiudizi, che è attento alla persona che gli sta di fronte e che 39

MESSALE ROMANO, Prefazio Comune VIII, Libreria Editrice Vaticana 1983, p. 375.

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non si sente attaccato. Il tranello teso a Gesù viene da lui riformulato perché diventi un vero e proprio momento pedagogico40, cioè un’occasione datagli per aiutare il suo interlocutore a scendere in profondità e analizzare la propria situazione personale facendo verità in se stesso e con se stesso. Sebbene avrebbe potuto, il Maestro non dà una risposta secca e decisa a chi lo sta interrogando, ma apre la conversazione al confronto partendo dalla situazione di base del suo interlocutore. Gesù non si pone in cattedra per insegnare la verità aspettandosi che l’altro impari una serie di nozioni, ma innanzitutto fa sì che chi gli sta di fronte si interroghi su quanto conosce. Non pretende di portarlo subito ad un livello elevato, ma rinforza la sua buona convinzione e lo elogia per il suo sforzo primitivo di aver accolto il messaggio della Parola. Gesù non vuole ammaestrare il suo interlocutore violandone la libertà e l’intelligenza, ma lascia che sia lui stesso ad essere stimolato a ricercare un di più, a chiedere spiegazioni e ulteriore confronto. In buona analisi attende che l’altro ricerchi un incontro vivo e vivificante con Dio e non un’osservanza sterile di norme e leggi imparate, osservate e ripetute. La prospettiva e la tecnica catechistica utilizzata da Gesù nel nostro brano tendono a sostenere l’esercizio della vita di fede nella quotidianità di coloro che si accostano a Dio e che si interrogano sulle realtà divine. È quanto nella scorsa Lettera Pastorale, Ci siamo affaticati ma non abbiamo preso nulla, ho indicato semplicemente come stile catecumenale. Ovvero la forma di educazione della fede che abbandonando la trasmissione nozionistica propone ai battezzati l’esperienza di Cristo, perché non si accontentino di celebrare i sacramenti per consuetudine o in situazioni occasionali, ma si impegnino a compiere un progressivo inserimento alla vita in Cristo partendo dalle concrete situazioni della vita41. Lo stile di evangelizzazione che Gesù utilizza e che propone di utilizzare a quanti vogliono apprendere il suo modello catechistico, tende ad abbandonare le dissertazioni astratte e dommatiche su un Dio vago 40 Cfr.

M. PELLEREY - D. GRZĄDZIEL, Educare. Per una pedagogia intesa come scienza praticoprogettuale, LAS, Roma 2011, pp. 43-59. 41 Cfr. A. DE LUCA, Ci siamo affaticati ma non abbiamo preso nulla. Per un rinnovato impegno di evangelizzazione nella Chiesa di Teggiano-Policastro, Duminuco, Sapri (SA) 2018, pp. 3537; cfr. S. ESPOSITO, Come fare i cristiani oggi?, in Diocesi di Teggiano-Policastro, Relazioni del Seminario di studio per la presentazione della Lettera Pastorale “Ci siamo affaticati e non abbiamo preso nulla” di Mons. Antonio De Luca, Vescovo di Teggiano-Policastro, Duminuco, Sapri (SA), pp. 9-26.

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e lontano, per permettere ai battezzati di mettersi in contatto con Dio vivo. Da questo incontro nasce l’interesse ad approfondire tale conoscenza con frequentazioni assidue e la gioia che nasce dal rapporto affettivo ed effettivo con Lui. Il vero segreto dell’evangelizzazione e della catechesi, dunque, dovrebbe risiedere più nella forza attrattiva che la persona di Gesù esercita sugli uomini che non su ragionamenti sofistici e intellettuali. Difatti, il Signore recepisce la presenza del Dottore della Legge non come un ostacolo scomodo, ma come una sfida che gli permette di cogliere l’occasione adatta per avviare un processo evangelizzatore che sappia penetrare il cuore dell’uditore e cambiarne radicalmente lo stile di vita. Il Maestro accoglie l’altro senza alcun pregiudizio, accettando la sua situazione concreta, i suoi limiti42 e la sua grettezza spirituale al fine di cercare il modo adatto per stimolarne la ricerca affettiva e culturale. Egli si accosta, cioè, con quella carità che è il frutto maturo di una frequentazione assidua con la Parola di Dio e la preghiera. Il Dottore della Legge proclama il dogma dell’amore verso Dio e verso il prossimo (cf. Lc 10,27), ma è Gesù che lo mette in campo accostandosi a lui con grande carità: la carità tipica di chi ha fatto esperienza di Dio e prova la necessità di far sperimentare agli altri quell’amore43. Il processo catechistico assume efficacia e validità nella misura in cui è forte il coinvolgimento che interessa l’educatore il quale, a sua volta, considerando mai concluso il percorso educativo che lo coinvolge, diviene un testimone di tale processo. L’atto catechistico, cioè, è la trasmissione di quell’amore di Dio che l’educatore recepisce nella propria formazione permanente e che trasmette nel servizio ecclesiale di evangelizzazione e di catechesi. In tal modo, l’educatore cristiano che si lascia coinvolgere dal suo impegno diventa un testimone credibile di Gesù maestro e un modello da poter imitare o al quale quanto meno ispirarsi poiché comunichi in modo efficace quanto ha appreso e continuamente apprende alla scuola della carità di Cristo. Così, prendendo in prestito le parole di don Bosco, si può affermare che «l’educazione è cosa di cuore», poiché coinvolge a livello affettivo ed effettivo ispirando uno stile di evangelizzazione modulato sulla carità e che diventi carità fattiva44. FRANCESCO, Amoris laetitia. Esortazione apostolica postsinodale sull'amore nella famiglia, n. 323. 43 Cfr. FRANCESCO, Evangelii gaudium, 1. 44 Cfr. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l'annuncio e 42

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12. Nell’azione liturgica la riscoperta del prossimo (Liturgia) La Liturgia della Chiesa, in quanto dono e mistero, è luogo ‘comunionale’ per eccellenza. C’è un intimissimo legame tra liturgia e prossimo, che non può essere né tralasciato né taciuto perché «la qualità essenziale che fa del culto a Dio un culto a Lui gradito è la giustizia verso i poveri, l’equità verso i miseri, il diritto verso gli oppressi. Il credente non può rendere culto al Signore e al contempo ignorare il fratello che è nel bisogno. Dio non esaudisce la preghiera di colui che non ascolta il grido del povero, perché non potrà mai esserci un culto autentico se coloro che lo celebrano sono causa di ingiustizia»45. Ancora non si è usciti del tutto dalla crisi economica. Ebbene, nella Chiesa come nella società civile sono sovente risuonate parole da un po’ di tempo dimenticate o messe al bando: sobrietà, moderazione, condivisione, solidarietà, gratuità. Sono, queste, parole genuinamente evangeliche ed in quanto tali autenticamente umane, eppure «il cristiano non può ignorare che ben prima della crisi economica e anche quando essa sarà superata, la liturgia lo fa partecipe della “tavola del Signore” (cfr. 1 Cor 10, 21) dove egli è invitato a condividere con i fratelli “un unico pane” (cfr. 1 Cor 10, 17), affermando così che non può esserci comunione con Dio senza condivisione con i fratelli. Affermare con la Costituzione Sacrosanctum Concilium che la liturgia è culmine e fonte dell’azione della Chiesa46 significa al tempo stesso prendere coscienza che la liturgia è anche culmine e fonte dell’agire etico di ogni comunità cristiana e di ogni singolo credente, chiamato dalla liturgia stessa a non dimenticare i fratelli che sono nel bisogno e quanti vivono situazioni di ingiustizia»47. Il dottore della Legge che mette alla prova il Divino Maestro. Il malcapitato. I briganti stessi. Il sacerdote. Il levita. E, finalmente, il Samaritano. Infine l’albergatore stesso. Tutto questo intreccio di persone ci fa pensare non a scoprire il prossimo, ma a ri-scoprirlo. Gesù prende per mano questo conoscitore della Legge e lo invita a ri-leggere, con occhi nuovi, i fatti e le persone, facendo riemergere in sé l’entusiasmo forse sopito che lo aveva portato ad accostarsi alla Legge di Dio. E questo per renderlo da asettico conoscitore della Legge a discepolo la catechesi in Italia, 45. 45 GOFFREDO BOSELLI, Il senso spirituale della Liturgia, Edizioni Qiqajon Comunità di Bose 2012. 46 CONCILIO VATICANO II, Sacrosanctum Concilium, Costituzione sulla Sacra Liturgia, n. 10. 47 G. BOSELLI, Il senso spirituale della Liturgia, op. cit.

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dell’Amore. Non sappiamo che cosa le parole di Cristo abbiano provocato nel cuore di questo dottore, sappiamo però cosa debbono provocare in noi: coscientizzarci. L’azione liturgica da sempre ha inscritto nel suo essere il suo primo e fondamentale momento, dove si fonda, o per meglio dire su Chi si fonda il nostro ‘essere insieme’. Nella comunità radunata dall’ascolto della Parola, è Gesù il buon Samaritano che passa accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito, versandovi sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza48. Tutta questa divina attenzione avviene soprattutto nell’Eucaristia domenicale, facciamo l’esperienza dell’essere creature amate da Dio e, in quanto tali, capaci di amare il prossimo. Infatti, “non siamo buoni perché noi amiamo Dio. È Dio che amandoci ci rende buoni”! Il nostro procedere da pellegrini verso la comunità riunita ci fa prendere coscienza che siamo dei poveri atei che ogni domenica ci sforziamo di comprendere la fede e di ricominciare a credere. Andiamo a messa perché vogliamo credere! Vogliamo contemplare e trovare Colui che è il Verbo della Vita (cfr. 1 Gv 1, 1). Ma la comunità riunita per l’azione liturgica è anche “la locanda”, lo spazio dove ciascuno si sente a proprio agio, dove vi approdano anche tanti derubati, feriti, morenti, tutti quelli che la grazia improvvisamente tocca e che richiedono un aiuto un sostegno spirituale e materiale per rimettersi in piedi nel viaggio della vita. A questo punto si riscopre come l’annuncio, poi, non è solo ‘verbale’. L’annuncio della Buona Notizia, del Vangelo di Cristo, è costituito da fatti e parole, da gesti ed insegnamenti tra loro intrinsecamente connessi e profondamente collegati49. Siamo invitati a ricomporre il volto fraterno delle nostre comunità, l’attenzione premurosa verso quanti si aspettano da noi un aiuto, rendere samaritana ogni comunità. Tutta la Celebrazione della Divina Eucarestia non è solo l’azione sacerdotale di un popolo di sacerdoti chiamato ad offrire a Dio a nome di tutta l’umanità, il rendimento di grazie per i Suoi doni. Nell’Eucaristia, ma direi in ogni azione liturgica siamo chiamati a realizzare quella forma responsoriale di vita, o meglio quella strutturale dialogicità umano/divina che ci consente di effettuare la traduzione in opere e gesti di quanto Dio ci indica. In realtà, già il ‘riunirsi’ insieme in assemblea celebrante appartiene, in potenza, a tale ‘risposta’: ne è il momento 48 49

Cfr. MESSALE ROMANO, Prefazio Comune VIII, cit. Cfr. CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum, n. 2.

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iniziale ed originante, in quanto l’assemblea è il rispondere tangibile alla ‘convocazione’ da parte di Dio. Tutta la celebrazione, nel suo complesso, è da comprendersi come ‘risposta cultuale’ alla ‘proposta’ di Dio, al Suo intervento salvifico nella storia, nella mia storia. È lode e ringraziamento al Padre della misericordia che ci fa salire verso Gerusalemme, ci fa fare esperienza del nostro peccato, ma che poi non ci lascia tramortiti: ci avvicina, ci cura, ci salva (cfr. Lc 10, 25-37). Nella fractio panis, infatti, che è anche segno di condivisione fraterna, l’azione profetica celebrata da un popolo di profeti, proclama, davanti al mondo, in nome di Dio, il dovere di condividere i doni da Lui elargiti, di spezzare il pane per saziare l’affamato, di beneficare e sanare i prigionieri del male. Quel pane spezzato, è la vera ed unica ‘risposta’ alla ‘proposta’ di Dio: quella condivisione dell’unico pane è la realtà centrale dell’Eucarestia. Ed in quanto pane spezzato e condiviso, inteso come relazione con l’altro, realizza pienamente la sua essenza di Pane e la Sua verità Eucaristica. Quel pane spezzato e condiviso è il grande gesto con il quale la Chiesa testimonia che il Suo Signore ha affidato all’uomo, tratto dalla terra, le risorse della terra stessa, affinché chi è nella abbondanza condivida con i poveri nella solidarietà e nella giustizia. E allora sì che la fractio panis ridiventa il grande gesto profetico che la Chiesa compie ogni volta che celebra la Divina Eucaristia. Ogni comunità cristiana è chiamata ad attingere il senso autentico del suo partecipare alla Divina Eucaristia, verificando il proprio modo di celebrare la liturgia e di comprendere l’Eucaristia, nella consapevolezza che l’essere e l’agire della Chiesa e di ogni cristiano dipendono, nel bene come nel male, dalla loro concreta prassi eucaristica50. È urgente la riscoperta della Domenica nella proposta di iniziazione cristiana, ma anche in chi desidera ricominciare una riscoperta del proprio Credo. I sacramenti che celebriamo corrispondano realmente alla volontà di un rinnovato impegno di vita cristiana. La prima carità che quotidianamente annunciamo consista soprattutto nel radicale riavvicinamento del Mondo a Dio e delle menti degli uomini alla Cfr. J. F. KEENAN, Le opere di misericordia cuore del cristianesimo, EDB, Bologna 2010; «La missione affidata ai discepoli non può allora consistere se non, radicalmente, in un ministero della parola, in base al quale, proprio come il loro maestro, essi annunciano l’euanghélion della salvezza donata in Gesù Cristo. Nella parola kerygma viene detto e così viene lo stesso Gesù Cristo. Colui che è la parola incarnata per noi, si fa proclamare nella parola della predicazione per essere parola di salvezza e di grazie per tutti gli uomini (A. MILANO, La Parola nella Eucaristia. Un approccio storico-teologico, Dehoniane, Roma 1990, p.47). 50

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sapienza del Vangelo.

13. Con i giovani per un cammino generativo A tutti è nota la grande sensibilità dei giovani rispetto ai temi umanitari, ambientali, la sete di giustizia e il desiderio di autenticità. Permangono le incertezze pastorali per riprendere un dialogo, in sintonia con le aspettative dei giovani, «essi ci mostrano la necessità di assumere nuovi stili e nuove strategie. Ad esempio, mentre gli adulti cercano di avere tutto programmato, con riunioni periodiche e orari fissi, oggi la maggior parte dei giovani si sente poco attratta da questi schemi pastorali. La pastorale giovanile ha bisogno di acquisire un’altra flessibilità»51. Abbiamo la chiara percezione che bisogna cambiare, tuttavia restiamo spesso ancorati a visioni statiche. L’esortazione apostolica post sinodale Christus vivit, di Papa Francesco ai giovani e a tutto il popolo di Dio, costituisce un sicuro punto di riflessione e di rifermento per entrare nella complessa questione della pastorale ordinaria e in specie quella giovanile. L’apporto teologico-ecclesiologico è un solido sostegno alla possibilità di tentare nuovi percorsi per intercettare i giovani, le loro domande, le loro aspirazioni e le loro attese. Non si trascuri nelle comunità un approfondimento di questo Documento post sinodale. Nell’icona biblica di riferimento del nostro percorso pastorale, quella del buon Samaritano, cogliamo l’atteggiamento di Gesù, che si mette in ascolto, comprende l’intenzione di colui che ha di fronte, che gli pone domande e quesiti, e per questo senza rifiutare la discussione teorica, sposta la questione su un piano prevalentemente pratico, concreto, vuole indurre ad agire e risponde con una parabola: «Un uomo discendeva sulla strada da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti» (v. 30). “Un uomo”: chi sia o non sia non ha importanza; non è detto chi fosse o cosa facesse. Un uomo e basta. Ecco un processo decisivo, passare dall’idea alla realtà: questo è il passaggio che Gesù propone e invita a compiere; non è solo il sapere che salva, ma anche il fare, che è difficile e costa sacrificio. Cercare di capire sul piano intellettuale non è sufficiente, quanto richiesto dalla Legge di Mosè è praticare l’amore verso Dio, non in modo qualunque, ma in maniera assoluta, sopra ogni altra persona o cosa, e con tutte le proprie forze. Tuttavia la novità che propone Gesù «sta nel fatto che non è più una legge, 51

FRANCESCO, Christus vivit, n. 204.

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impossibile da osservare, che denuncia il peccato, ma è vangelo, annuncio del dono di un Padre che ama l’uomo con tutto il cuore e di un Figlio d’uomo che ama Dio con tutto il cuore e i fratelli come se stessi»52. Per far comprendere tutto ciò, Gesù risponde con una storia. Se l’azione umana ha un senso e un’intenzionalità, non vi è dubbio che produca qualcosa di nuovo e quindi diventi anche narrazione. In questa narrazione Gesù, conoscitore del cuore dell’uomo, non solo non cede alla provocazione di chi, come Luca nota espressamente, vuole metterlo alla prova per farlo cadere in fallo, ma anche questa volta, come negli altri casi simili, è Lui a prendere in mano la situazione e a mostrare che il modo sbagliato di pensare non è quello suo, bensì di chi lo vuole mettere alla prova. Così ribalta la posizione della domanda e mette in luce che non ci si sceglie il prossimo, si diventa prossimi di un Dio che ama nascondersi nella realtà e non nei ragionamenti. Sebbene esista un tipico “copione” umano che prevede atteggiamenti difensivi o di attacco di fronte alle provocazioni altrui, Gesù opta per una visione trasformativa delle dinamiche copionali, insegnando che i pretesti non distruggono l’identità creativa della persona, né la sua volontà di dare significato alle situazioni che vive, attribuendo un senso nuovo e nascosto agli eventi. Egli dimostra che in dinamiche interpersonali che possono diventare consuete e pesanti, è possibile fare qualcosa di diverso dando una risposta che diventi una conquista superiore e che conduca l’individuo a uscire dai circuiti logoranti della provocazione. Gesù insegna che ogni situazione può diventare un’occasione per trasformare gli ostacoli in risorse utili per il cambiamento. Il Maestro ascolta attentamente e legge in profondità, a differenza di molti invece, come evidenzia l’esortazione post sinodale Christus Vivit, nei quali anziché l’ascolto, «prevale la tendenza a fornire risposte preconfezionate e ricette pronte, senza lasciar emergere le domande giovanili nella loro novità e coglierne la provocazione» (n. 65). Difatti i giovani oggi si relazionano nei confronti della Chiesa ponendo una serie di provocazioni; sull’esempio di Gesù dunque, chi accompagna si impegnerà nel compiere un passo oltre gli attacchi per «cogliere il punto giusto in cui discernere la grazia dalla tentazione […] – ricorda papa Francesco – devo domandarmi che cosa mi sta dicendo esattamente quella persona, che cosa mi vuole dire, che cosa desidera che io capisca di ciò che le sta succedendo. Sono domande che aiutano a capire come 52

S. FAUSTI, Una comunità legge il vangelo di Luca, EDB, Bologna 2001, p. 383.

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si agganciano fra loro gli argomenti che muovono l’altro e a sentire il peso e il ritmo dei suoi affetti influenzati da questa logica. Questo ascolto è volto a discernere le parole salvifiche dello Spirito buono, che ci propone la verità del Signore, ma anche le trappole dello spirito cattivo, i suoi inganni e le sue seduzioni. Bisogna avere il coraggio, l’affetto e la delicatezza necessari per aiutare l’altro a riconoscere la verità e gli inganni o i pretesti»53. Gesù non snobba la domanda provocatoria, né cede ad essa, ma si dimostra generativo prendendosi cura del reale bisogno del legalista e conducendolo al cuore del suo discorso. È così che il Maestro aiuta a vivere54, egli genera alla vita vera e lo fa raccontando. Le narrazioni possono costituire un mezzo privilegiato di accesso alla mente e al cuore, aiutano a connettere il sentire e il pensare e contemporaneamente offrono materiale per la narrazione di sé55. Secondo Jerome Bruner, l’essenza stessa della comunicazione è il significato che gli esseri umani creano in base ai loro contatti con il mondo, per costruire e attribuire un senso non solo al mondo, ma anche a sé stessi. La forma narrativa è lo strumento per la costruzione del senso della vita, che può assumere un valore universale tale da permettere alle persone di comprendere la realtà e di comunicare su di essa56. In essa si ritrovano non concetti, verità o norme astratte, ma delle storie, racconto di personaggi, di fatti, di eventi. Le vicende, verso le quali scattano potenti meccanismi di identificazione, possiedono una capacità e una forza di persuasione, tali da costruire significati che sfociano in una rilettura di se stessi. L’episodio del Buon Samaritano permette di cogliere che «Gesù, con la sua vita e con le sue parole, ci ha rivelato in pienezza, e una volta per tutte, la verità del nostro essere, e quindi anche quale sia il desiderio fondamentale del nostro cuore: noi desideriamo amare Dio, la Fonte del nostro essere, e amare il nostro prossimo. Questo è il comandamento supremo per ciascuno di noi, un ordine però che non viene affatto dal di fuori di noi come una sorta di legge estrinseca o di imposizione, ma sgorga invece proprio dalle profondità più intime del nostro stesso essere: sono proprio io che voglio amare così, perché solo così divento me stesso»57. FRANCESCO, Christus vivit, n. 293. Cfr. R. TONELLI, Per una pastorale giovanile al servizio della vita e della speranza, Elledici, Torino 2002. 55 Cfr. M. BOTTURA, Il racconto della vita, in Tredimensioni 4 (2007) pp. 32-41. 56 Cfr. J. BRUNER, La mente a più dimensioni, Laterza, Bari 1998. 57 M. GUZZI, Imparare ad amare. Un manuale di realizzazione umana, Paoline, Milano 2013. 53 54

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Ascoltare attivamente e profondamente significa porre l’enfasi sul destinatario e sulle sue reali richieste oltre l’esteriore provocazione, di modo che il narratore tenga sempre in mente chi è il suo interlocutore, colui che accoglie la sua storia. È in tal senso che il racconto diventa generativo, quando il destinatario scopre e sente che è rivolto proprio a sé e che lo interpella nell’intimo, aiutandolo a trovare prospettive più autentiche di vita; quando avverte che la propria storia personale si intreccia così efficacemente con la storia che è narrata e in un certo qual modo anche con la storia del narratore e ciò avviene in particolare quando colui che racconta è Gesù. Spiega Papa Francesco: «alla volontà di questo dottore della legge di metterlo alla prova, Gesù risponde con il proprio mistero. Il Signore è il samaritano». Gesù narra se stesso e la sua missione, mentre alla fine «il dottore se ne andò zitto, pieno di vergogna: non capì il mistero di Cristo»58. Essere generativi è narrare se stessi per «contribuire alla crescita dell’altro, soprattutto in riferimento al senso della propria identità e, più in generale, alla possibilità d’integrare la propria esistenza. L’integrazione, infatti, è quel processo formativo che ci consente di accogliere-raccogliere-unificare-significare la vita (e noi stessi)»59. Al dottore della Legge è chiesto il compito di unificare la Legge, con la vita concreta di tutti i giorni; è invitato a coltivare in sé la sensibilità del cuore, per essere capace di farsi prossimo come il samaritano che vede quel poveretto lungo la strada, come Gesù che si è fatto prossimo a lui, manifestandosi quale «Maestro che educa al recupero della propria autorevolezza, insegnando a inginocchiarsi ai piedi degli altri»60. Carissimi fratelli e sorelle, il cammino che ci impegniamo a intraprendere consolida la fede e la speranza, direi che attraverso la carità la vita della Chiesa e delle comunità acquista una vitalità particolare. È necessario riflettere e pregare comunitariamente per approfondire gli Orientamenti Pastorali. Vi affido nella preghiera all’intercessione della Vergine della Visitazione, che spinta dalla carità intraprende un vero pellegrinaggio alla FRANCESCO, Meditazione Mattutine del 9/10/2017, in L’Osservatore Romano, Ed. quotidiana, n. 232, 10/10/2017. 59 A. CENCINI, Raccontare e raccontarsi. Dalla scoperta del senso all’attribuzione di senso, in Tredimensioni 5(2008), p. 20. 60 L.M. EPICOCO, Telemaco non si sbagliava. O del perché la giovinezza non è una malattia, S. Paolo, Milano 2018, p. 39. 58

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ricerca di una casa nella quale farsi accogliere come “prossimo” e come portatrice di carità. I Santi patroni ci aiutino e ci accompagnino nel nostro lavoro pastorale. Di cuore vi benedico. Teggiano, 15 agosto 2019 Solennità dell’Assunzione della B.V. Maria + padre Antonio De Luca Vescovo

Vergine e Madre Maria, Stella della nuova evangelizzazione, aiutaci a risplendere nella testimonianza della comunione, del servizio, della fede ardente e generosa, della giustizia e dell’amore verso i poveri, perché la gioia del Vangelo giunga sino ai confini della terra e nessuna periferia sia priva della sua luce. Madre del Vangelo vivente, sorgente di gioia per i piccoli, prega per noi. Amen. Alleluia. (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n. 288)

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MESSAGGIO PER LA

XXV EDIZIONE DELLA MOSTRA DEL PRESEPE A PADULA La recente Lettera Apostolica di Papa Francesco Admirabile signum è un richiamo interessante a restituire al Natale la sua peculiare originalità. L’attuale società, spesso alla ricerca del sensazionale e all’insegna del consumismo, ha travolto la festa del natale, riducendo l’evento ad un ricordo vago ed indefinito. Anzitutto è necessario rivalutare nelle comunità cristiane l’annuncio evangelico del Natale, così come emerge dalla Parola di Dio. I Vangeli di Natale, lungi dall’essere considerati una fiaba per bambini, sono invece la manifestazione dell’amore e della misericordia del Padre che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3, 16). Proprio l’incarnazione del Verbo eterno del Padre restituisce all’uomo la sua dignità disgregata dalla disobbedienza, ricongiungendo l’uomo a Dio, la terra al cielo. Significativo, a tal proposito, il testo liturgico del prefazio III di Natale: “La nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te in comunione mirabile, condividiamo la tua vita immortale”. La riproposizione del mistero umano di Dio attraverso le scene e le immagini del presepe, costituiscono un immediato messaggio ad ogni uomo di buona volontà, che con consapevolezza e responsabilità, cerca Dio, ma anche la gioia di tutta l’umanità. In tal senso il presepe continua ad essere un monito a chiunque desidera e cerca un percorso di rinnovato umanesimo. «Dio si è fatto uomo affinché l’uomo diventasse Dio» (Sant’Agostino). La XXV edizione della mostra del presepe a Padula merita plauso e sostegno. Si tratta di una mèta sociale, ecclesiale e collettiva che riguarda tutte le nostre comunità del Vallo di Diano. Essa fa riferimento alle profonde radici cristiane del nostro popolo, quel connaturale orientamento che, in tutte le vicende dell’umana esistenza, colloca come decisiva la scelta del primato assoluto di Dio. Arte, cultura, musica sono le vie che riconducendoci sui percorsi della bellezza, ci accompagnano “laddove Dio rifulge”. “I poveri e i semplici nel presepe ricordano che Dio si fa uomo per quelli che più sentono il bisogno del suo amore e chiedono la sua vicinanza. Gesù, «mite e umile di cuore» (Mt 11,29), è nato povero, ha condotto una vita semplice per insegnarci a cogliere l’essenziale e vivere di esso”

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(Papa Francesco, Admirabile signum, 6). Con l’auspicio di nuovi e rinnovati obiettivi, auguro un Santo Natale. 4 dicembre 2019 + Padre Antonio De Luca Vescovo

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MESSAGGIO PER IL NATALE 2019 «Oggi… è nato per noi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). La scelta preferenziale dei pastori come destinatari di un evento straordinario rivela in primo luogo la logica di Dio… scegliere i poveri, rivolgersi a chi davvero sa attendere, a chi sa ascoltare, agli umili della terra, a coloro che sono alla ricerca di un liberatore… Ecco perché i pastori diventano i primi custodi di un Vangelo, ma anche i primi testimoni ed annunciatori. I pastori sono figure deboli, considerati ai margini della società, nomadi e precari, ma quella notte si lasciano incontrare da Dio. I pastori “vegliavano nella notte”, nella notte si mettono in cammino… nella notte ritornano alle loro occupazioni lodando e glorificando Dio… In quella notte, gli ultimi della terra, scoprono una nuova ed inedita solidarietà, quella con il Divino perché “con la sua incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (Gaudium et Spes, 22). I racconti che i Vangeli dell’infanzia riservano ad una annotazione apparentemente solo cronologica “nella notte”, ha un grande significato teologico ed antropologico. La notte è anche il tempo delle tenebre, dello smarrimento, della confusione, della solitudine, della prova; nella notte la direzione si dissolve e tutto appare particolarmente indefinito, si procede a tentoni! La notte è anche simbolo dell’oblio di Dio e della menomazione di libertà, di verità, di affetti e di legami. Però la notte è anche tempo di adorazione e di preghiera, nella notte si apprezza con maggiore gratitudine la comparsa di una luce, un bagliore rifulge con tutta la forza. La notte ed il buio sono il contesto del Natale, il “cielo stellato nel buio e nel silenzio della notte. Pensiamo a quante volte la notte circonda la nostra vita. Ebbene, anche in quei momenti, Dio non ci lascia soli, ma si fa presente per rispondere alle domande decisive che riguardano il senso della nostra esistenza: chi sono io? Da dove vengo? Perché sono nato in questo tempo? Perché amo? Perché soffro? Perché morirò? Per dare una risposta a questi interrogativi Dio si è fatto uomo. La sua vicinanza porta luce dove c’è il buio e rischiara quanti attraversano le tenebre della sofferenza (cfr. Lc 1,79)” (Papa Francesco, Admirabile signum, 4). Nella notte è anche lo stato d’animo di chi perde i punti di riferimento e di chi, sommerso dalle prove e dalle angustie della vita, è costretto a procedere con timida incertezza. Nella notte dell’umano, quando il

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mondo sembra completamente e definitivamente sommerso, allora rifulge a noi la speranza di una luce nuova. “Nella pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli” (Gal 4,4). Quando la storia ha smarrito il senso e la direzione, quando un uomo, un imperatore, Cesare Augusto, ha la presunzione di farsi Dio, proprio allora Dio si fa uomo, per riportare nella direzione della giustizia e della pace il corso della storia. In questo senso dobbiamo comprendere le parole dell’angelo ai pastori: “è nato per voi un salvatore”. In Lui e con Lui la storia ha un’altra prospettiva, Egli diventa il paradigma di una nuova umanità: “In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo”, e la Chiesa “crede… di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana... per illustrare il mistero dell’uomo e per cooperare nella ricerca di una soluzione ai principali problemi del nostro tempo” (GS 10). A Natale si ripropone per ciascuno di noi, per le nostre comunità civili ed ecclesiali, per le nostre famiglie, la possibilità di una rinnovata direzione di impegno, di sincera conversione e di audacia ricerca del bene comune, con la messa al bando di ogni mediocre adattamento sulla verità e sull’annuncio della carità. A Natale siamo invitati ad un singolare apprendistato di semplicità, di questo ci parlano il buio, la grotta, la mangiatoia, i pastori; ma anche di una eccezionale apertura al trascendete, al Divino: gli angeli, e una schiera di creature invisibili che annunciano agli uomini che Dio ama, di aver finalmente ricevuto il dono di “un Salvatore, che è Cristo Signore”. A Natale si rivela Dio, con la potenza di tutta la sua predilezione di amore. A nulla possono valere i nostri discorsi intrisi di sentimentalismo sulla grotta, la mangiatoia, il freddo e il gelo, se sono diventati solo recinti del nostro egoismo e perciò ostacoli per incontrare il vero volto di Dio e dell’uomo nostro fratello. Santo Natale a tutti. 25 dicembre 2019 + Padre Antonio De Luca Vescovo

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CURIA



DECRETI E NOMINE S.E. Mons. Antonio De Luca, in data: 09/01/2019 ha nominato don Fabio Pannullo, Vicario Parrocchiale della Parrocchia San Giovanni Battista in Terranova, della Parrocchia Santa Maria dei Magi in Galdo e della Parrocchia SS. Annunziata in Castelluccio. 25/01/2019 ha nominato i membri del Collegio dei Consultori: don Giuseppe Radesca, Vicario Generale, don Martino Romano, don Giuseppe Puppo, don Salvatore Sanseverino, don Vincenzo Federico, don Giovanni Citro, don Antonio Cetrangolo, don Simone Lacorte, P. Antonio Basso, OFM 25/01/2019 ha nominato Salvatore Salamone, Vice Presidente dell’I.D.S.C. della Diocesi di Teggiano-Policastro. 15/02/2019 ha nominato i membri del Consiglio Pastorale Diocesano. 06/03/2019 ha nominato il dott. Salvatore Mautone, referente diocesano per la tutela dei minori. 17/04/2019 ha indetto l’Anno Giubilare Parrocchiale della Parrocchia Cristo Re e Sacro Cuore di Gesù in Polla. 03/05/2019 ha eretto Santuario Diocesano la Chiesa Parrocchiale della Parrocchia San Nicola di Bari in Aquara. 02/07/2019 ha dedicato la Chiesa di San Vincenzo Ferreri, nel territorio della Parrocchia Santi Pietro e Benedetto in Polla. 12/07/2019 ha eretto Santuario Diocesano la Chiesa di Santa Sofia, vedova e martire, nel territorio della Parrocchia Santa Maria Assunta in Poderia. 02/08/2019 ha eretto Santuario Diocesano la Cappella del SS. Crocifisso, nel territorio della Parrocchia San Pietro Apostolo in San Pietro al Tanagro. 25/09/ 2019 ha nominato don Angelo Pellegrino, Parroco della Parrocchia San Marco S. Marco in San Marco di Teggiano. 25/09/2019 ha nominato don Fabio Pannullo, Amministratore

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25/09/2019 25/09/2019 29/11/2019

Parrocchiale della Parrocchia S. Giovanni Battista in Terranova di Sicignano degli Alburni. ha costituito la Commissione diocesana di Coordinamento per la Tutela dei Minori: Dott. Salvatore Mautone, Sac. Giuseppe Puppo, Avv. Vincenzo Giuda, Dott.ssa Marianna De Vita. ha nominato don Angelo Pellegrino, Vicario Parrocchiale della Parrocchia S. Maria Maggiore in San Rufo. ha nominato P. Antonio Basso OFM., Convisitatore nella Visita Pastorale per la forania di Polla. ha nominato don Antonio Marotta, Parroco della Parrocchia Cristo Re e S. Cuore di Gesù in Polla

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ORDINAZIONI E MINISTERI • Il giorno 7 marzo 2019, nella Cappella del Seminario Metropolitano “Giovanni Paolo II” di Pontecagnano-Faiano, S.E. Mons. Antonio De Luca, Vescovo di Teggiano-Policastro, ha istituito accolito il seminarista Emanuele Cammarano, della Parrocchia San Daniele e San Nicola in Camerota. • Il giorno 25 marzo 2019, nella Cappella del Seminario Metropolitano “Giovanni Paolo II” di Pontecagnano-Faiano, S.E. Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi-Cava de’ Tirreni, ha ammesso tra i candidati agli ordini sacri il seminarista Saverio Monaco, della Parrocchia San Giacomo Apostolo in Monte San Giacomo e il seminarista Andrea Perilli, della Parrocchia San Giovanni Battista e San Nicola di Bari in Roccagloriosa. • Il giorno 6 giugno 2019, nella Chiesa Cattedrale di Teggiano, S.E. Mons. Antonio De Luca, Vescovo di Teggiano-Policastro ha ordinato presbitero il diacono Angelantonio Costantino, della Parrocchia di San Nicola di Bari in Castelcivita. • Il giorno 23 novembre 2019, nella Chiesa Concattedrale di Policastro Bussentino, S.E. Mons. Antonio De Luca, Vescovo di Teggiano-Policastro ha ordinato diacono l’accolito Emanuele Cammarano, della Parrocchia San Daniele e San Nicola in Camerota.

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STUDI



CONVEGNO PASTORALE DIOCESANO Annunciare la Carità Teggiano, 26 giugno 2019 Relazione del prof. Carmine Matarazzo Dalla pastorale di conservazione ad una chiesa sinodale in permanete conversione: pastorale per una profezia della carità

Se riusciremo a migliorare la società in cui viviamo realizzeremo pienamente non solo la nostra vocazione umana, ma anche la nostra vita cristiana potrà aprirsi all’infinito di Dio Monsignor Antonio De Luca Saluto in Piazza alla Diocesi di Teggiano-Policastro, 4 febbraio 2012

1. Il cammino sinodale della Chiesa di Teggiano-Policastro La Chiesa di Teggiano-Policastro con il suo pastore, monsignor Antonio De Luca, ha fatto una chiara scelta programmatica: vivere secondo le virtù teologali (fede, speranza, carità). Le tematiche sono state proposte negli Orientamenti pastorali 2012 con questa esplicita titolazione e scansione: • Educare alla Fede (2012-2015); • Educare alla Speranza (2015-2018); • Educare alla Carità (2018-2020). La prospettiva pastorale scelta dalla comunità ecclesiale di Teggiano-Policastro è essenziale, è quella di annunciare, celebrare, testimoniare le virtù teologali. È la prospettiva dell’incarnazione, dal momento che il progetto sceglie di leggere e di vivere le istanze della fede, della speranza e dell’amore nella logica educativa, in coerenza con gli orientamenti decennali della Conferenza Episcopale Italiana dedicati al

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tema: Educare alla vita buona del Vangelo. L’articolazione programmatica è posta precisamente su tre livelli, strettamente interrelati e congiunti: la porta della Parola, la vita liturgica, la coerenza testimoniale. Tale prospettiva, secondo le indicazioni del vescovo, vuole essere precisamente espressione di fedeltà ad un progetto educativo di fede, speranza, carità accolte e professate, celebrate e pregate, testimoniate e vissute, come cifra pastorale di un «cammino di relazione e di fiducia»1 con Gesù e fra i discepoli. Ripercorrere le tappe del piano pastorale degli ultimi due trienni significa fare memoria, ovvero non perdere le tappe conquistate, le criticità persistenti, le novità raccolte, gli stimoli rinnovati, i fallimenti accumulati. Nella prospettiva della valutazione e della verifica della prassi pastorale della Chiesa di Teggiano-Policastro è possibile che la “memoria” assolva ad un ruolo profetico e non autocelebrazione di trofei conquistati ed esposti. In un cammino di Chiesa, come il vescovo De Luca ricorda, la coerenza testimoniale precede e accompagna qualsiasi progettazione o strategia pastorale. Nel corso dell’Omelia per l’ingresso nella Diocesi di Teggiano-Policastro del 4 febbraio 2012, il neovescovo indicava nella Sacra Scrittura l’architrave essenziale del suo ministero episcopale, come poi ha ribadito anche nell’ultima lettera pastorale. Almeno tre elementi saltano agli occhi in questa dimensione di una Chiesa convocata dalla Parola, che è inviata ad annunciare, celebrare, testimoniare la Carità. - La dimora Monsignor De Luca, sin dall’inizio del suo ministero episcopale, medita sull’orizzonte della missione alla quale la Trinità lo ha chiamato con la consacrazione episcopale. La domanda rivolta a se stesso e alla Chiesa della quale diventa pastore è la seguente: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68). La dimora non è una casa, uno stabile, una semplice struttura fisica, bensì la tenda della Parola di Dio, come aveva a suo tempo scritto don Primo Mazzolari: «A un mondo che muore di fame, di miseria, di pesantezza, d’odio, che gli egoismi più feroci divorano, le parole non bastano. Occorre che CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti pastorali Educare alla vita buona del Vangelo, 4 ottobre 2010, in Notiziario CEI 14 (2010), pp. 243-297, cap. III. 1

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qualcuno esca e pianti la tenda dell’amore accanto a quella dell’odio, dichiarandosi contro apertamente a tutte le ferocità dell’ora, ovunque si trovino, sotto qualunque nome si celino, in uno sforzo di santità sociale che restituisca un’anima a questo nostro povero mondo che l’ha perduta»2. Il vescovo propone quest’orizzonte: la Chiesa nasce dalla Parola e in essa abita. La Parola è punto di riferimento unitamente alla celebrazione dei sacramenti e alla vita testimoniale della carità. I credenti possono presentarsi al mondo come “sale e luce” della terra. In questa linea è anche possibile ripensare la missione di evangelizzazione nelle terre della chiesa diocesana, studiando le particolarità, evidenziando le situazioni difficili, magari isolando la zizzania dal raccolto buono, per rendere ancora più significativa l’azione ecclesiale tra persone sempre più connesse ma il più delle volte dissociate e non affatto centrate sul prossimo e suoi bisogni, sulle relazioni autentiche, sugli affetti… Ecco profilarsi il compito dell’evangelizzazione odierna anche in quelle terre ritenute quasi per presunzioni “cristiane”, ovvero non più alimentate dalla linfa dell’annuncio della Parola, dal suo ascolto e meditazione, ma sempre più portate a pratiche di pietà popolare e a processi istintivi di sacramentalizzazione. Nell’Omelia per l’inizio del ministero episcopale, De Luca ricarda il ruolo fondamentale che deve svolgere la “nuova evangelizzazione”, intesa come “nuova” spinta di annuncio in quelle terre ritenute cristiane forse più per abitudine e tradizione che per senso di appartenenza e sincera apertura alla missione ecclesiale. Pe raggiungere questo scopo occorre incentivare nuove forme di incontro con Cristo. Grazie all’incarnazione le persone umane sono entrate rese partecipi del grande “mistero” della Trinità, Amore eterno ed infinito, fonte, culmine e destinazione del processo della redenzione. Per superare il pericolo insidioso della chiusura autoreferenziale, il vescovo diocesano ha indicato un obiettivo preciso: riqualificare i percorsi d’iniziazione cristiana senza trascurare gli itinerari per gli adulti che già percorrono sentieri maturi di fede.

P. MAZZOLARI, Diario 1934-1937, III/B, a cura di A. Bergamaschi, EDB, Bologna 1997, p. 387. 2

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- Il compito La missione di ogni cristiano, in primis del vescovo, è quella di portare l’Amore di Dio, viverlo ed incarnarlo nella propria esistenza, celebrarlo nella liturgia della vita, renderlo visibile nell’operosità per il bene altrui. Fa bene quindi monsignor De Luca a ricordare prima a se stesso e poi a tutta la comunità che il Vangelo è una priorità assoluta, una spinta di vita ad andare per le strade del mondo, nei contesti umani, nei luoghi più vicini e reconditi a far risuonare la Parola di Amore, di Speranza e di Fede… Forte è il richiamo di Paolo «Guai a me se non predicassi il vangelo!» (1 Cor 9,16). La chiamata all’annuncio porta in sé il gioioso dovere di andare a portare la novità assoluta dell’Amore trinitario a tutte le persone. Se questa missione non potesse essere svolta, allora tale situazione sarebbe come una disfatta, come un guaio, perché non potrebbe essere realizzata. Paolo pensa all’annuncio nella dimensione dell’ottica generativa della fede, come un compito che implica la cura e la responsabilità per i nuovi nati alla vita in Cristo. Questo comporta, secondo monsignor De Luca, una piena responsabilità educativa da parte delle single comunità ecclesiali e da parte dei singoli battezzati se essi stessi sono stati generati nella fede e resi realmente responsabili della missione di evangelizzazione delle Chiesa. Infatti, «i laici sono soprattutto chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per loro mezzo. Così ogni laico, in virtù dei doni che gli sono stati fatti, è testimonio e insieme vivo strumento della stessa missione della Chiesa “secondo la misura del dono del Cristo” (Ef 4,7)» (LG 33). In questa precisa dimensione si comprende l’attenzione speciale rivolta da monsignor De Luca agli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 – che ormai volge a conclusione – dedicati a questa finalità: Educare alla vita buona del Vangelo. Qual è lo sforzo chiesto da Cristo alla sua Chiesa? Che i “piccoli” vadano a lui! Quindi la comunità ecclesiale si fa ponte, strumento, in una parola facilita l’incontro tra le persone e l’Amore del Dio Tri-Uno. La missione della Chiesa si realizza quando facilita l’incontro con il Signore, cammina con lui e lo riconosce dallo spezzare il pane. Il compito quindi è quello di andare incontro alle donne e agli uomini per poter loro offrire occasioni significative di relazione, avendo cura

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della loro crescita umana, sociale, lavorativa… Ecco quindi anche in questo secondo aspetto indicato l’obiettivo perseguibile dalla comunità ecclesiale di Teggiano-Policastro: uscire dai nascondigli delle nostre certezze per incontrare Cristo presente nei fratelli. Siamo invitati dalla Parola a verificare la nostra coerenza cristiana e la nostra responsabilità missionaria a favore della solidarietà universale. - La missione tra sfida e consapevolezza Si profila in questo modo una missione incarnata nei contesti umani ai quali il vescovo De Luca è stato inviato come fratello e pastore, indicando nell’immagine del pescatore la rivoluzione della nuova ed inedita notizia di Cristo: chi vuole, prenda la sua croce e mi segua. In queste parole è sintetizzata la logica della sequela Christi che non obbedisce alle logiche dell’etica del dovere, ma a quella della libertà. In Cristo si realizza pienamente la persona umana, perché il Dio dell’Amore è il Dio della Libertà. Cristo promette ai suoi discepoli di farli pescatori di uomini e non capi di tribù, leader politici con lo scopo di fare proseliti. Cristo annuncia sul piano antropologico perfino la liberazione dal giogo della legge, ovvero dal formalismo. Alla delusione di non aver preso nulla, nonostante la fatica – ricorda monsignor De Luca nella sua ultima lettera pastorale –, Gesù risponde in un modo quasi sorprendente: lasciatevi prendere, piuttosto che prendere. In altri termini Gesù opera un processo di liberazione radicale: quello della indipendenza rispetto alla tentazione del possesso. Pescare vuol dire entrare “in rete”, ovvero fare relazione, “fare rete” con tutti gli uomini. Giovanni indica perfino 153 pesci (cf. Gv 21,11)! Cosa vorrà indicare questo numero? Nell’interpretazione di San Girolamo, ricorda G. Ravasi, sarebbero rappresentate tutte le specie ittiche allora conosciute. Quindi in modo allegorico si porterebbe il discorso sull’intera umanità. Ecco quindi il compito dei “pisciculi”: andare incontro a tutti gli uomini per annunciare la gioiosa notizia del Kerygma, battezzare e così riscoprire la figliolanza universale nella relazione di Amore con il Padre, il Figlio, lo spirito Santo. I cristiani come pesciolini sono legati Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore. Ecco il Kerygma, espresso con la parola greca pesce ovvero ICTUS (ΙΧΘΥΣ). Molto esplicita in merito è una frase di Tertulliano, quando scrive: «Ma noi, pisciclini, che riceviamo il nostro

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nome dal nostro ΙΧΘΥΣ Gesù Cristo, nasciamo nell’acqua e solo rimanendo in essa siamo salvi»3. La sfida che il vescovo ha davanti agli occhi è lo scopo stesso della missione che condensa nella frase di Paolo di Tarso: «Purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene» (Fil 1, 18). Se questa è la certezza trasformata in consapevolezza, grazie al dono dello Spirito Santo, della comunità cristiana, dall’altra parte si avverte forte la sfida dei vari contesti umani caratterizzati dall’indifferenza, piuttosto che dal fideismo o dall’esasperazione della superstizione. Tali situazioni a volte inducono alla tentazione a lasciar perdere, quindi il discepolo potrebbe trovarsi nella condizione dello scoraggiamento e fermarsi, rinchiudendosi nei propri luoghi abitudinari di aggregazione religiosa, dove trova un piccolo gruppo con il quale condividere e celebrare la fede. Questa è forse la tentazione più grande. Lasciar perdere, ovvero cedere il passo allo sconforto e alla chiusura. Se questo dovesse accadere, la Chiesa non esisterebbe più, perché la comunità cristiana è tale se missionaria della redenzione, anche quando le condizioni non sembrano favorevoli, i discepoli sempre in ascolto ed obbedienti diventano silenziose sentinelle della speranza, operano nella carità, mostrano la fede nel Dio dell’Amore con la loro vita. Anche in questo caso, monsignor De Luca ha indicato la meta così esprimibile: mostrare disponibilità sincera al dialogo e al confronto franco e cortese con tutti ci colloca nel comune esercizio della ricerca della verità e dell’edificazione della civiltà dell’amore. Questa proposta rende esplicita la prospettiva missionaria del Vescovo di Teggiano-Policastro, poiché il suo stile pastorale e il magistero episcopale palesano alcune fondamentali convinzioni di fondo. La prima ed essenziale convinzione è la modalità con la quale la comunità dei battezzati deve abitare la vita di fede, ovvero non come una setta chiusa al riparo dalla tempesta, ma come una barca nella tempesta che attraversa il mare insidioso. Così la Chiesa oggi è realmente in uscita, quando non oppone ostacoli mentali e sdogana ogni pregiudizio, ogni timore o paura. La Chiesa di Teggiano-Policastro si pone reali obiettivi pastorali, valutati e da verificare, ma fa una scelta radicale, quella del costante TERTULLIANO, De baptismo: PL 1/1197. In merito J. QUASTEN, Patrologia, Marietti, Torino 1978, vol. I, p. 521. 3

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dialogo con tutte le realtà della società, della cultura, dell’economia, insomma dell’umanità. Tale convinzione di fondo è espressa subito dal vescovo con questa indicazione programmatica che non lascia a dubbi o a tentennamenti: «La preoccupazione per una cultura che rispetta la dignità della persona, l’edificazione del bene comune e la responsabilità della solidarietà saranno oggetto di comune impegno ecclesiale e civile. Nella comunione il percorso diventa più facile ed agevole. Le contrapposizioni e gli sterili steccati possono vanificare la bellezza della pluralità delle vedute che se ci distinguono, non possono tuttavia distoglierci dal comune impegno per il bene di tutti, convinti che tutto ciò che è autenticamente umano è già cristiano!»4. Questo stile dialogico è chiaramente esplicitato da una profonda convinzione sinodale, esplicitata dagli Orientamenti pastorali che di anno in anno ha offerto alla comunità diocesana, includendo la fase del discernimento del tema, della strutturazione dei contenuti e della verifica del cammino. 2. Una rilettura degli Orientamenti per uscire dalla pastorale di conservazione Fermare l’attenzione sugli aspetti essenziali che hanno guidato le scelte pastorali in questi anni, significa continuare a tener presente gli obiettivi prefissati non come mete archiviate, ma come ulteriori stimoli per rinverdire l’azione ecclesiale, sempre sottoposta all’ispirazione dello Spirito Santo. Il fuoco di questa programmazione pastorale è, come già sottolineato, la Sacra Scrittura. Grazie alla Bibbia è possibile “ascoltare”, “far risuonare”, “celebrare” la Parola dell’incontro tra Dio e l’umanità, la storia dell’origine della fede rivelata, della redenzione, dell’Amore sconfinato, della Libertà crocifissa, del peccato perdonato, della giustizia divina che ha come criterio la misericordia. L’annuncio è quindi il servizio più genuino alla Parola. Essa chiede conversione e genera conversione alla fede, genera amore con storia di santità, redime nella speranza del futuro di Dio. Insomma l’annuncio della Parola è autentico quando, osserva il vescovo, si connota di responsabilità, di conoscenza, di testimonianza e 4

A. DE LUCA, Saluto in Piazza alla Diocesi di Teggiano-Policastro, 4 febbraio 2012.

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di impegno che deve essere tradotto da una teoria alla prassi della vita quotidiana, impregnare di Vangelo la vita familiare, la politica, l’economia, la convivenza delle nostre città e dei nostri paesi. - La Fede Annunciare, celebrare, testimoniare la fede oggi significa, come per Paolo, portare ed esplicitare a tutte le persone un dono, la meraviglia dell’Amore di Dio, che incita alla missione, all’uscita dal cenacolo per navigare nei mari variegati dell’umanità. Il Vangelo è comunicazione di Amore ed è una conquista, la conquista dei cuori, di ogni persona alle promesse di Dio. Ecco la certezza della fede: Dio, la rivelazione di se stesso nella storia degli uomini, la redenzione con la sua incarnazione, la certezza del ritorno. Solo un cuore convertito e in continua conversione può aprirsi alle meraviglie di Dio e scommettere sulle sue promesse. Questa è la sfida della fede. La Fede è la dimensione dell’esistenza credente, ovvero un habitus, il “modo” di pensare e di essere nella concretezza della storia personale, familiare, sociale. Il credente esprime la propria fede in ogni dimensione della realtà, senza imporre il suo stile di vita, oppure pretendere di essere un “eletto” in mezzo a tanti “perdenti”. Il battezzato che ha scelto di vivere coerentemente la fede ricevuta in dono (Se sei Cristiano, credi ciò che ti è stato trasmesso5) si pone a servizio di ogni esigenza e diventa autorevole per la forza di essere segno testimoniale. In questa dimensione di concretezza, lungi dall’essere confusa con qualsiasi frenetico attivismo da faccendieri, il vescovo De Luca ha proposto alla comunità diocesana obiettivi reali di vita cristiana per la crescita personale e comunitaria della fede nella dimensione dell’ascolto, della preghiera, del servizio testimoniale. Pertanto per uscire dagli schemi obsoleti di una pastorale del contenimento, il vescovo ha ipotizzato un percorso di rinnovamento ecclesiale nell’orizzonte educazionale, più esplicitamente di coerenza, cura e responsabilità per l’altro, in sintonia con gli Orientamenti pastorali della CEI per il decennio in corso, proprio con lo scopo di coniugare e tenere ben saldi insieme fede ed impegno educativo per affrontare la crisi. 5

TERTULLIANO, De carne Christi, 2: PL 2, 755.

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Ecco l’articolazione proposta per l’annuncio della fede in ogni ambito della vita6: - nella vita affettiva e socio-relazionale, affinché possiamo rinforzare i rapporti fondamentali per la vita di ciascuno; - nell’ambito del lavoro con lo scopo principale di evangelizzare la festa; - nella fragilità umana per le relazioni di aiuto che possiamo offrire; - nella tradizione, perché essa sia sempre fonte di rinnovamento di vita nella fede con particolare rinnovamento della vita parrocchiale; - nel settore della cittadinanza per essere “attivi” e “partecipi” testimoni del Vangelo nelle istituzioni civili e politiche a favore del bene comune. Per la seconda tappa relativa al successivo anno pastorale 20132014, il vescovo propone un ulteriore sviluppo concernente la dimensione celebrata della fede, ma, scrive il vescovo, «non direi dopo “l’annuncio”, ma accanto all’annuncio ci incamminiamo nell’impegno del “celebrare” la fede. In fondo si annuncia celebrando e si celebra annunciando!»7. Schematicamente ripercorriamo i punti di approdo proposti negli Orientamenti per l’anno pastorale 2013-2014 sulla fede celebrata8: - principale priorità è la comprensione e la vita della fede nell’ottica orante del credente come impegno ecclesiale fondante e fondamentale per conformare la vita del battezzato a Cristo maestro e pedagogo; - è necessario incentivare la formazione di educatori di comunità con un chiaro senso di fede cristiana, di appartenenza alla comunità ecclesiale, con relazioni equilibrate, capaci di lavorare insieme, attenti alla formazione permanente; - si invitano i formatori per il percorso dell’iniziazione cristiana a tenere in considerazione la proposta dell’oratorio parrocchiale e la celebrazione della Cresima in età adolescenziale; - si raccomanda una Scuola di preghiera per fidanzati, oltre a offrire formazione e spazi per celebrare la fede delle coppie di separati, Cf. Mons. A. DE LUCA, Orientamenti pastorale 2012-2013, Annunciare la fede, 2 settembre 2012. 7 Mons. A. DE LUCA, Intervento conclusivo (19 giugno 2013), Convegno Pastorale Diocesano Celebrare la Fede: «adorare il Padre in spirito e verità» (Gv 4, 23-24), Teggiano, 18-19 giugno 2013. 8 Mons. A. DE LUCA, Orientamenti per l’anno pastorale 2013-2014, Celebrare la fede: “adorare il padre in spirito e verità” (Gv 4,23-24), 1 settembre 2013. 6

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risposati e in altre situazioni con la volontà di fare un cammino di fede; - si promuove, nell’imminenza della celebrazione della Cresima, in ogni forania una celebrazione comune per il rito della consegna del Vangelo; - è richiesta in ogni parrocchia la costituzione stabile e la cura del gruppo dei ministranti; - è raccomandata speciale attenzione alla formazione delle persone che svolgono il compito di servire all’altare e di proclamare la Parola di Dio nell’assemblea; - si consolidi la celebrazione eucaristica domenicale come momento di confluenza tra l’annuncio e la celebrazione della fede; - è auspicabile favorire una prassi solenne e preparata della celebrazione comunitaria dei Sacramenti dell’iniziazione cristiana pur se sobria ed essenziale; - si fa divieto di legare alla celebrazione liturgica o evento pastorale l’obbligatorietà dell’offerta, non escludendo la sensibilizzazione dei fedeli alla partecipazione e alla corresponsabilità nell’esercizio delle iniziative pastorali, del luogo di culto e delle esigenze di gestione, anche economica, della parrocchia. - si raccomanda la conoscenza e progressiva acquisizione del Documento dei Vescovi della Campania Evangelizzare la pietà popolare al fine di curarne la graduale e responsabile attuazione. Il vescovo, a ben vedere, ripensa la fede nell’ottica della progettualità educativa, quindi vede in prospettiva sinodale il lavoro della comunità ecclesiale di Teggiano-Policastro proiettata verso la responsabilità testimoniale. Ecco il motivo che porta monsignor De Luca ad individuare l’orizzonte di senso dell’adesione alla fede cristiana, ma anche gli aspetti operativi, intesi come espressione di un processo interiore elaborato da ogni singola persona e frutto di discernimento comunitario. Pertanto si profila la dimensione testimoniale della fede, come sequela Christi, la sola vera gioia che trasforma ogni persona e vivifica i rapporti umani alla luce dell’Amore trinitario9. Si profilano così alcuni ambiti operativi sui quali riflettiamo: - prima di tutto, è opportuna una valutazione delle modalità che la Chiesa diocesana ha messo in campo per rendere “efficace” la trasmissione della fede; Mons. A. DE LUCA, Orientamenti per l’anno pastorale 2013-2014, Testimoniare la fede: «Credo, Signore!» (Gv 9,38). La sequela Christi fonte della nostra gioia!, 31 agosto 2014. 9

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- da questo monitoraggio e dalla conoscenza sempre più profonda

del tessuto socio-culturale delle varie comunità locali è possibile profilare una nuova spiritualità missionaria per l’annuncio testimoniale del Vangelo; - scopo di ogni testimone del Vangelo è quello di annunciare la Vita e quindi informare le coscienze sul rispetto per la vita non ancora nata, per quella al tramonto e per la riscoperta della missione cristiana del matrimonio; - il rispetto della vita è il rispetto che si deve ad ogni vita e include necessariamente l’accoglienza indiscriminata di ogni persona senza esclusioni o favoritismi; - tra i doveri più stringenti ai fini della coerenza cristiana c’è la collaborazione per la costruzione della città degli uomini da parte di tutta la comunità cristiana, che come tale è comunità educante e si adopera per la formazione alla cittadinanza attiva e al bene comune; - la celebrazione dei sacramenti porta ciascuna persona a stare in più stretto contatto con Dio, a vivere un’esistenza sacramentale in una prospettiva di impegno per la comunità umana, curando responsabilmente ogni ambito della vita sociale; - la pietà popolare è un aspetto che richiama l’attenzione progettuale della chiesa diocesana proprio per non mortificare la genuina espressione della fede cristiana in forme non coerenti con la tradizione e la liturgia della chiesa; - i mezzi di informazione sociale ricoprono particolare importanza anche per la comunicazione della fede e per questo motivo anche la diocesi scegli di impegnarsi con maggiore costanza nell’opera di presenza nel mondo della comunicazione sociale e di testimoniare il Vangelo anche nel modo virtuale. I percorsi e gli ambiti ora appena evocati, individuati per centrare i contenuti della fede cristiana nella vita personale e comunitaria, allargano l’orizzonte, costruiscono ponti. Sarà sicuramente vantaggioso, allora, porsi di fronte alla crisi come provocazione per una fede adulta. Abbiamo cercato di abolire dalla nostra vita la difficile avventura della nascita, del diventare adulti, o meglio, abbiamo tentato l’impossibile impresa di poter stare al mondo senza travaglio, senza dolore, senza nascita, togliendo poco per volta dal nostro orizzonte ogni tipo di crisi, di imprevedibilità, di decisione, di taglio, di separazione. Abbiamo perfino rimosso, annichilito, obliato la morte dalla vita quotidiana e ci siamo spinti a inventare e a

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reinventare strategie di vita artificiale e bisturi estetici per essere immortali. Il cambiamento radicale, avvenuto nelle nostre società occidentali negli ultimi decenni, ha comportato una altrettanto radicale e, per certi versi, drammatica frattura con il passato e ha interessato anche la vita personale e individuale dei cristiani, spesso disorientati di fronte alle res novae della contemporaneità. Anche questi fenomeni interrogano la fede e richiedono un rinnovato approccio alla realtà da parte dei credenti, adulti nella fede che sono chiamati a professare e testimoniare nella vita di ogni giorno e nelle diverse situazioni per essere realmente operatori di misericordia e rendere ragione della speranza10. - La Speranza In quest’azione di prossimità al mondo da parte della chiesa è possibile vedere tutta la forza che la comunità trova nella resurrezione di Gesù, la forza della speranza che non è una dimensione di estasi di fronte alla realtà, ma è la forza progettuale generata dalla fede11. Da qui nasce per la chiesa la necessità dell’annuncio «e non unicamente perché andare ad annunciare il Vangelo è la sua missione, ma perché se non lo fa si danneggia da sola»12. Queste parole palesano ancora più chiaramente il cuore del programma pastorale del pastore universale della chiesa che consiste nel sostituire all’etica del dovere, quindi del conformismo, l’etica della sequela, quindi della libertà, atta a tradurre in termini gioiosi la testimonianza cristiana. Ovviamente si terrà in debito conto che, come diceva Giovanni Paolo II, non è affatto facile essere discepoli di Cristo. La sequela, infatti, è impegnativa ed esigente, proprio secondo quanto dice Gesù: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16, 24). 10 In occasione del Giubileo della Misericordia, il vescovo propone una riflessione annuale con gli Orientamenti pastorali per l’anno 2015-2016 dal titolo: Misericordiosi come il Padre (Lc 6, 36). Annunaciare - Celebrare - Testimoniare la Misericordia. Giubileo straordinario della Misericordia. 11 Cf. almeno F. O. PIAZZA, La speranza: logica dell’impossibile, Paoline, Milano 1998; ID. (a cura di), I sentieri della speranza. Fonti, paradigmi e contesti, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2010. 12 M. BERGOGLIO (PAPA FRANCESCO), Il nuovo Papa si racconta. Conversazione con Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti, Salani, Milano 2013, p. 71.

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Le fede genera la speranza, la speranza consente alla fede di esprimersi e di diventare storia. Il secondo aspetto scelto in modo preferenziale dalla Chiesa di Teggiano-Policastro è precisamente la speranza, intimamente connessa con la riflessione operativa in occasione dell’Anno Santo straordinario della Misericordia, voluto da Papa Francesco. La virtù teologale della speranza è anch’essa proposta secondo l’articolazione dei tre ambiti della vita cristiana dell’annuncio, della celebrazione, della testimonianza. La prima tappa del percorso pastorale diocesano per il secondo triennio, dedicato alla virtù teologale della Speranza, è riservata alla dimensione dell’annuncio. Annunciare la speranza è un compito che spetta al cristiano in un contesto storico-culturale e socio-antropologico chiuso ad ogni orizzonte escatologico. Molto spesso si equivoca il concetto di speranza con il “tirare a campare”, quasi sinonimo di fatalismo. La speranza cristiana è un Chi, è la certezza della redenzione realizzata nel tempo e si fa attendere nel futuro di Dio, che incontra la storia degli uomini. La speranza è perfino generatrice di umanesimo, in quanto la stessa Chiesa esce perché spinta dalla necessità di annunciare la speranza di cieli nuovi e terra nuova nella tensione di abitare l’eschaton (l’evento ultimo), educando ad andare incontro all’Eschatos (il Redentore che ritorna), vera unica speranza che trasforma il mondo. Nella dimensione dell’annuncio della speranza, l’operatività credente si fa progettualità, secondo le indicazioni del vescovo De Luca13: - prima di tutto pensando al cammino di Chiesa come ad una condivisione sinodale, ovvero considerando le comunità della diocesi alla luce della pastorale d’insieme; - una dimensione di particolare importanza per vivere in modo incarnato la speranza riguarda la comprensione della Sacra Scrittura e per questo motivo si ribadisce ancora la necessità di organizzare la Scuola del Vangelo; - il Vangelo suscita ed alimenta un umanesimo sempre nuovo e quindi spinge le comunità ecclesiali in particolare quelle parrocchiali ad uscire per essere presenza edificante nella società con piccoli, ma significativi gesti; - tale presenza costruttiva e significativa diventa segno di contradMons. A. DE LUCA, Orientamenti pastorali 2016/2017, Annunciare la speranza per il nuovo umanesimo in Gesù Cristo «Prigionieri della speranza!» (Zac 9,12), 15 agosto 2016. 13

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dizione se sa alimentare un umanesimo della condivisione a comunicare dalla comunità ecclesiale, nelle relazioni, nella politica, nel suscitare la cultura della legalità; - se il Vangelo è speranza essa si impara e solo l’educazione può formare i cristiani ad uscire dalla routine e dall’attivismo frenetico per coltivare una cultura della prossimità, della cura e della responsabilità; - i giovani rappresentano certamente il presente vivo di questa dimensione ecclesiale dell’educazione alla mentalità delle fede, ovvero all’adultità cristiana il cui asse essenziale è rappresentato da Gesù Cristo, la speranza affidabile; - contestualmente l’azione pastorale curerà con particolare attenzione la famiglia, intesa come “progetto di vita”, che educa, esprime, favorisce a sua volta lo sviluppo di progetto esistenziale di vivere la vita in pienezza e con gioia, nonostante le ferite, le difficoltà, gli inciampi. Come i discepoli di Emmaus spesso i cristiani camminano sulla loro strada senza alzare la testa, oppure procedono nel loro cammino con gli occhi puntati in avanti, ma pur guardano al futuro si lascano spesso scoraggiare dalle insidie momentanee della coltre passeggera formata dalle nubi della stanchezza, della perplessità, del dubbio, della sofferenza, della solitudine. La strada di Emmaus insegna ai discepoli, nonostante si possa cedere allo sconforto e alla desolazione, la possibilità dell’incontro con l’imprevisto, ovvero con la sorpresa che è Dio. I discepoli camminano nello sconforto e i loro “occhi” non vedono. Dio stesso viene in aiuto: Parola incarnata, Parola spiegata, Parola celebrata. I discepoli, infatti, fanno memoria della conversazione con lui lungo il tragitto, della spiegazione delle Scritture e finalmente con la manifestazione con l’atto dello spezzare il pane (cf. Lc 24,13-35). Ecco il motivo che induce i discepoli a riprendere la missione da dove era stata interrotta per paura e indecisione. Essi infatti partirono e fecero ritorno: la conversione è all’inizio di ogni autentico processo di evangelizzazione e come tale ricostruisce le relazioni umane e spinge alla testimonianza dell’Amore ricevuto in dono. Così la parola è celebrata nella certezza dell’Amore e nella speranza dell’incontro. Con questa convinzione di fondo, monsignor De Luca, sempre in ascolto della Parola, apre l’attenzione del discernimento ecclesiale all’ambito di riflessione-azione, ovvero alla celebrazione della speranza,

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indicando queste macroaree14: - la scelta specifica è quella di puntare sulla esortazione post-sinodale di Papa Francesco, Amoris Laetitia per individuare i contenuti essenziali e gli obiettivi pastorali per la Chiesa di Teggiano-Policastro; - tale orientamento motiva la comunità ecclesiale a optare per una scelta preferenziale ed essenziale per la famiglia; - è nella società, nella storia, nelle famiglie che Cristo manifesta il suo Amore e la prossimità della misericordia rivela il suo Volto, dona la vita e la liturgia della Chiesa è fonte di speranza di questa vita, grazie alla quale è possibile sperimentare il culmine e la fonte della vita cristiana, la cesura tra fede e vita; - la Chiesa evangelizza come celebra e celebra come evangelizza: ecco perché si segnala l’importanza della liturgia anche per la Chiesa di Teggiano-Policastro per vivificare la speranza; - in quest’ottica, la pietà popolare non rappresentare una interpretazione anonima e divulgativa con il conseguente rischio di sostituire alla centralità di Cristo pratiche apotropaiche; - attenzione specifica deve essere riservata al ruolo dei laici nella liturgia affinché sia reale la actuosa participatio del popolo di Dio al mistero celebrato, alla missione condivisa, alla carità profusa (andrebbe meglio valorizzato il Direttorio liturgico-pastorale in adozione alla Diocesi affinché si riscoprano anche i percorsi di catechesi e di mistagogia); - la Scuola del Vangelo, iniziativa già segnalata, dovrebbe configurarsi meglio in percorsi di fede; - grazie anche al contributo qualificato delle scienze umane, la chiesa locale trova occasione per rileggere la realtà, fare analisi e progettare l’azione di fronte ai segnali preoccupanti di debolezza relazionale-affettiva, di scollamento della fede con la vita e degli alti indici di indifferenza religiosa in particolare nel mondo giovanile; - in questo scenario, la Chiesa diocesana ha scelto di puntare ancora sulla famiglia, meglio famiglia cristiana, “santuario domestico in cui si celebra la liturgia della vita”, scrive monsignor De Luca, che deve essere valorizzata per le sue imprescindibili prerogative educative e sostenuta nelle azioni formative finalizzata alla crescita umana e cristiana 14 Mons. A. DE LUCA, Orientamenti pastorali 2017-2018, Celebrare la speranza nella liturgia della vita «Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme» (Lc 24, 33), 15 agosto 2017.

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di tutti i componenti, dove, in una parola, si educa a vivere; - Volendo alimentare e sostenere una spiritualità familiare autenticamente cristiana, non si tratta di inventare fantasiosi ritrovati pastorali – scrive il vescovo –, ma urge ripartire da ciò che ci fa sentire Chiesa: la catechesi sulla Parola di Dio, la domenica come Pasqua della settimana e festa della Famiglia che nell’Eucaristia attinge la forza della sua stessa missione, l’attenzione agli ultimi e ai più vulnerabili della società. La finalità più grande, che apre al successivo ambito della vita cristiana, ovvero testimoniare la speranza, è la scoperta da parte del cristiano di vivere l’esistenza come impegno a seguire Cristo, la Persona divina che si è fatta carne, annunciata e celebrata nelle parole del Vangelo. Intanto non sarà inutile, ricorda continuamente monsignor De Luca, ribadire che per Vangelo non si intende solo la narrazione scritta di fatti, ma per vangelo si intende la buona notizia dell’evento dell’amore di Dio nella storia, narrata nelle parole umane. Il Vangelo è Cristo stesso, non è una spiegazione o un imperativo, è Kerygma, ovvero evento di salvezza e come tale esperienza di relazione. Tale lieto processo non esclude nessuno e nessuno può sentirsi escluso, neanche i “forestieri” che sono presenti nelle diverse diocesi italiane e in particolare nei variegati gruppi umani della diocesi. La speranza, nell’ottica cristiana, è vita e spinge verso la vita. Essa è carne, come lo è la risurrezione dalla morte del Nazareno, riconosciuto e confessato “il Cristo”. In questa dimensione di redenzione totale, cosmica, l’Amore che è Dio redime prima di tutto dallo sconforto e dalla malvagità degli esseri umani, spesso presi da manie autolesioniste e distruttive. Con la Terra l’umanità vive nella dimensione della speranza di carne in un rapporto di responsabilità. In tale ottica, monsignor De Luca suggerisce di leggere l’impegno testimoniale dei cristiani per quest’anno pastorale 2018-2019, avendo come esplicito punto di riferimento la lettera enciclica di Papa Francesco Laudato si’, segnalando alcune scelte di campo essenziali e fondamentali per l’impegno, la cura e la responsabilità per la casa comune15: - il punto di riferimento del vescovo è sempre la Sacra Scrittura con la lettura pastorale dell’enciclica di Papa Francesco: la terra ci precede e ci è stata data come luogo da custodire, non da distruggere o da Mons. A. DE LUCA, Orientamenti pastorali 2018-2019, Per una speranza testimoniata “Dio vide che era cosa buona” (Gen 1,10), 15 agosto 2018. 15

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dominare; - è la Parola di Dio che fa le cose: Dio chiama e le cose sono… e con la creazione nasce la relazione, nonostante l’umanità si separi deliberatamente con il peccato, poiché la persona umana è il soggetto di tutta la creazione, ovvero centro e culmine dell’agire creativo di Dio, destinatario delle sue azioni; - esiste quindi una relazione con Dio, con l’altro e con il creato che deve essere sempre più rinforzata e, visti i fallimenti recenti, c’è bisogno di un profondo rinnovamento degli stili di vita per la cura della casa comune; - tale cura si esprime attraverso concreti atti di responsabilità che dovrebbero essere al centro di una visione pedagogia rinnovata per rinnovare tutta l’azione educativa umana anche quella orientata in senso cristiano: le scuole, le famiglie, i media, la catechesi, le case di formazione religiosa; - secondo il vescovo, l’educazione diventa una strada maestra per accompagnare tutti, soprattutto le giovani generazione a diventare custodi responsabili del creato; - anche quando si parla di educazione ambientale bisogna agire nell’ottica del principio di realtà facendo un’opzione preferenziale per la realtà parrocchiale; - se è possibile cogliere l’indicazione di un metodo di educazione che tutte le comunità cristiane sono chiamate a condividere (ascolto, comprensione e discernimento, risposta), bisognerà anche sottolineare che l’educazione responsabile dovrà ancorarsi sempre più ad una più profonda e inalienabile crescita cristiana, che riconosce e assimila la bontà di Dio e la sua presenza nel mondo naturale e nella storia umana attraverso l’opera di evangelizzazione e di catechesi. - il vescovo propone, seguendo la provocazione di papa Francesco, la possibilità di elaborare un percorso di annuncio/catechesi nell’ottica di un’alleanza educativa a partire dal racconto, analisi e condivisione della “buona notizia” (Vangelo) della creazione; - la dimensione educativa ispirata ai valori della Laudato si’ riguarda e interroga la responsabilità educativa della comunità educanti prima di tutto rispetto ai giovani e le azioni educative che devono essere a loro rivolte come una priorità di assoluta importanza; - fondamentale è la valorizzazione della liturgia nella dimensione di armonia con il creato, proprio perché nella bellezza dell’azione liturgica la madre Terra testimonia la speranza e ogni evento e ogni cosa

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creata generano una lode al Signore; - il vescovo, raccogliendo le riflessioni e gli stimoli della consultazione sinodale, propone quindi di incentivare una nuova mentalità di casa comune, prima di tutto sconfiggendo l’indifferenza e valorizzando il proficuo impegno giovanile per il creato, così da far emergere alcuni criteri morali che si fondano su due principi essenziali: il superamento della cultura dello scarto, intesa in senso ampissimo e la promozione dell’ecologia umana; - sarà così possibile coltivare una nuova alleanza con la terra educandoci nuovamente all’amore per il creato con il recupero di stili di vita che, auspica il vescovo, nel territorio diocesano non contraddicono, anzi rafforzano l’identità delle comunità, quali il riuso, il risparmio energetico, la custodia dei luoghi comuni, i boschi e le montagne, ma anche l’aiuola di casa. L’apertura alla speranza nella “gioia” (alegría) – ha ribadito esplicitamente Papa Francesco nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium – è la caratteristica che contraddistingue ogni discepolo di Gesù per continuare a «progredire spiritualmente» anche quando si vuole «digiunare o adottare qualunque altra dorma di privazione»16. Vivere nella serenità, ma soprattutto l’invito a rimanere nell’alegría è l’auspicio di Papa Francesco ai giovani, alle donne e agli uomini di buona volontà che intendano costruire con la propria fatica un futuro migliore fatto di pace, concordia e solidarietà. 3. Largo alla Carità… verso una pastorale missionaria Monsignor De Luca, grazie al cammino proposto e al confronto sinodale con tutta la comunità ecclesiale di cui è pastore, ha proposto una forma concreta per vivere la fede cristiana nella coerenza testimoniale del mandato evangelico. Come è stato possibile osservare delle linee del magistero del vescovo fin qui tracciate, è ben evidente l’orizzonte rinnovato della pastorale missionaria che è stata proposta per la Chiesa di Teggiano-Policastro. Il cammino che abbiamo ripercorso ha messo in evidenza la stretta relazione tra la riflessione biblicoteologica con gli aspetti operatici che riguardano le analisi teologico pastorali e di progettazione ecclesiale con una attenta lettura del magistero del Papa e di 16

BERGOGLIO (PAPA FRANCESCO), Il nuovo Papa si racconta, p. 39.

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quello collegiale dell’episcopato italiano. Il rinnovamento ecclesiale non è un capriccio oppure l’esternazione di una volontà finalizzata alla trasformazione di etichette o di uffici curiali. Il rinnovamento è stato chiesto dallo Spirito Santo in Concilio. Papa Francesco sta procedendo con il programma conciliare, invitando le comunità ecclesiali locali a riscoprirsi come artefici e protagonisti della fantasia dello Spirito Santo. Si comprende il motivo che induce Francesco ad evocare la parresia (come ha ribadito altresì nel corso della Conferenza tenuta Napoli il 21 giugno 2019 alla Sezione San Luigi della Facoltà Teologica). In questo senso, prima di passare al “cambiamento” converrà analizzare la situazione attuale. Lo stesso monsignor De Luca, nell’ultima lettera pastorale scritta in occasione della visita pastorale, ha proposto una lettura critica e realista delle condizioni della diocesi e ha spronato a “prendere il largo” nuovamente, nonostante la fatica e le “reti vuote”. Al monito corrispondono alcuni impegni, che si rendono espliciti grazie ad una corretta e coerente azione progettuale, definendo obiettivi e finalità con relativi strumenti di monitoraggio e valutazione, così da creare una corretta e condivisa azione pastorale, secondo le esigenze delle varie zone della diocesi, ora sempre meglio conosciute dal vescovo con la visita pastorale che sta effettuando nelle varie comunità parrocchiali, associazioni, aggregazioni, istituzioni, scuole… - Scelte sinodali e centralità della parrocchia nell’annuncio della Carità Le scelte pastorali alla luce della nuova evangelizzazione devono poter manifestare una controtendenza rispetto alle proposte narcisistiche della “società individualizzata” che promuovere il culto dell’individualismo presentato, prima, come modello di vita e ora diventato perfino mentalità17. Bisognerà insomma riscoprire il ruolo della comunità ecclesiale, principalmente rilanciando la parrocchia, come struttura pastorale della chiesa locale ancora valida, nonostante sia necessaria un’opera di rivitalizzazione18. Un’indicazione che viene direttamente In merito, cf. Z. BAUMAN, La società individualizzata. Come cambia la nostra esperienza, il Mulino, Bologna 2002. 18 Cf. G. MATINO, Le strutture pastorali della chiesa locali, Dehoniane, Roma 1996. 17

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da Papa Francesco quando ha nominato una Commissione di cardinali – «gruppo consultivo outsider» – che lo accompagnerà nel gravoso compito del governo universale della chiesa, che non è, dice il Papa, «una decisione solamente mia, ma è frutto della volontà dei cardinali, così come è stata espressa nelle Congregazioni Generali prima del Conclave»19. Il Papa – confida a p. Spadaro nel corso dell’intervista pubblicata in La Civiltà Cattolica – ha fatto esperienza in un certo senso di decisioni autoritarie. Infatti, a soli 36 anni si è trovato di fronte ad una grande responsabilità quando è eletto provinciale dei gesuiti dell’Argentina. Quell’esperienza gli ha insegnato i limiti e i pericoli di quello che chiama “autoritarismo”. Dice testualmente: «Il mio modo autoritario e rapido di prendere decisioni mi ha portato ad avere seri problemi e ad essere accusato di essere ultraconservatore»20. Francesco insiste sull’immagine della Chiesa proposta dalla Lumen Gentium n. 12: «santo popolo fedele di Dio». Per superare l’individualismo e l’isolamento anche nelle comunità parrocchiali occorre riscoprire questa concezione: «Il popolo è soggetto. E la Chiesa è il popolo di Dio in cammino nella storia, con gioie e dolori. Sentire cum Ecclesia dunque per me è essere in questo popolo. E l’insieme dei fedeli è infallibile nel credere, e manifesta questa sua infallibilitas in credendo mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo che cammina. Ecco, questo io intendo oggi come il “sentire con la Chiesa” di cui parla sant’Ignazio. Quando il dialogo tra la gente e i Vescovi e il Papa va su questa strada ed è leale, allora è assistito dallo Spirito Santo. Non è dunque un sentire riferito ai teologi»21. L’invito è quello di non lasciarsi abbagliare dal mito dell’efficientismo. Le decisioni individualistiche sono talvolta scelte isolate che non ascoltano e non incontrano le vere esigenze delle comunità. Papa Francesco ha più volte ribadito l’importanza del lavoro comunitario perché “nessuno si salva da solo”. Riferendosi al Documento conclusivo della V Conferenza del Celam di Aparecida, Bergoglio sottolinea ancora una volta che «la dimensione comunitaria non è solo una “cornice”, un “contorno”, ma è parte integrante della vita cristiana, della 19 A. SPADARO, Intervista a Papa Francesco, in La Civiltà Cattolica 164 (2013), III, pp. 449-477, qui p. 458. 20 Ibidem. 21 Ivi, p. 459.

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testimonianza e dell’evangelizzazione. La fede cristiana nasce e vive nella Chiesa, e nel Battesimo le famiglie e le parrocchie celebrano l’incorporazione di un nuovo membro a Cristo e al suo corpo che è la Chiesa»22. Pertanto occorrerà riscoprire il senso della comunione e rispettare il ruolo decisionale riservato proprio alle consultazioni, al confronto e al dibattito ecclesiale, proprio per evitare il pericolo dall’autoreferenzialità23. In questa prospettiva, la comunità locale dovrà sentirsi soggetto di educazione, protagonista della progettazione, responsabile della missione al fine di creare le condizioni adatte per proporre significativi itinerari per il raggiungimento della maturità dell’esperienza di fede. Intanto bisogna riconoscere che da alcuni decenni si lamenta la crisi della parrocchia. Basti ricordare almeno le riflessioni di don Primo Mazzolari, proposte in due interventi, uno risalente al 1937 e l’altro al 1957, che, pur non scendendo in un’analisi approfondita di tutte le criticità connesse a questa secolare istituzione ecclesiale, suggerì alcune soluzioni che apparivano adatte ai nuovi tempi e rispetto alle nuove situazioni sociali, culturali, religiose. Nonostante i limiti denunciati, per l’arciprete di Bozzolo, la parrocchia resta la cellula base della Chiesa e il luogo del primo annuncio del Vangelo. Tuttavia, a parte le specifiche situazioni del periodo, di quegli scritti rimangono oggi, in particolare, il metodo usato e gli elementi di analisi suggeriti. Mazzolari, infatti, denunciava tra l’altro un insufficiente slancio missionario, evidenziando il pericolo che la parrocchia potesse restare fuori dai cambiamenti inaugurati dalla cultura moderna con il conseguente rischio di rinchiudere la figura del parroco in una specie di ghetto limitando magari la sua azione ad amministratore di sacramenti24. Secondo Papa Francesco «la parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità. Sebbene certamente non sia l’unica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà ad essere “la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”. Questo suppone che realmente stia in contatto FRANCESCO, Udienza generale, 15 gennaio 2014. A. SPADARO, Compagno di Gesù, in FRANCESCO, La mia porta è sempre aperta. Una conversazione con Antonio Spadaro, Rizzoli, Milano 2013, p. 51. 24 Cf. P. MAZZOLARI, Lettera sulla parrocchia. Invito alla discussione. La parrocchia, Edizione critica a cura di M. Guasco, EDB, Bologna 2010. 22 23

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con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi»25. Intanto, oggi la parrocchia avrebbe bisogno di meditare prima di tutto sulla crisi che attraversa il mondo contemporaneo, per poi studiare le strategie pastorali necessarie per riconoscere, analizzare e superare la crisi di identità che essa stessa attraversa, senza cercare assoluzioni a facile mercato. Riconoscere questa “crisi” significa ammettere – come ha invitato a fare Papa Francesco – quella stanchezza che passa come “staticità”, nel senso che la parrocchia, nonostante le potenzialità e le strutture di servizio, non riesce ad uscire dall’edificio fisico in cui generalmente confina le attività educative, i percorsi di catechesi, la stessa liturgia… Questo vuol dire che la comunità è solo quella “eletta” che vive talvolta quasi indipendentemente dal territorio, o vive il territorio come un “corpo separato”. È questa la percezione che si vive in molte realtà e solo una pastorale missionaria potrà effettivamente portare a ridisegnare il ruolo di questa istituzione che, nonostante la fatica dovuta al passare del tempo, può ancora servire l’evangelizzazione. «Però dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione»26. Gli stessi vescovi italiani, dopo il Convegno ecclesiale di Palermo, auspicavano una conversione pastorale per realizzare la nuova evangelizzazione. Una considerazione che, secondo l’allora arcivescovo di Buenos Aires, consiste nel «passare da una Chiesa che “regolamenta la fede” a una Chiesa che “trasmette e agevola la fede”»26. Questa conversione in chiave missionaria, come auspica l’Esortazione apostolica Evangelii gaiudium (n. 30), deve portare quindi ad una mobilitazione ecclesiale, perché oggi più che mai «non ci si può limitare alle celebrazioni rituali e devozionali e all’ordinaria amministrazione: bisogna passare a una pastorale di missione permanente»27. FRANCESCO, Evangelii gaudium, n. 28. 26 Ibidem. BERGOGLIO (PAPA FRANCESCO), Il nuovo Papa si racconta, p. 74. 27 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Nota pastorale Con il dono della carità dentro la storia. La Chiesa in Italia dopo in Convegno di Palermo, 26 maggio 1996, n. 23, in III CONVEGNO ECCLESIALE DI PALERMO, Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996. 25 26

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Nel documento del 1994 Con il dono della carità della la storia, la CEI sottolineava l’importanza di saldare la pastorale della parrocchia alla “pastorale degli ambienti”, in modo che essa si edifichi come «comunità missionaria e soggetto sociale sul territorio» e per far ci dovrà perseguire l’obiettivo di raggiungere i luoghi e i tempi della vita ordinaria: famiglia, scuola, comunicazione sociale, economia e lavoro, arte e spettacolo, sport e turismo, salute e malattia, emarginazione sociale28. Una successiva nota pastorale del 2004 sempre della Conferenza Episcopale Italiana, dedicata esplicitamente alla dimensione missionaria delle parrocchie in un mondo in rapido cambiamento, auspicava un profondo cambiamento di mentalità e di atteggiamenti, insomma una svolta della santità e della comunione che sostenga, renda efficace e accompagni «una svolta in senso missionario»29. Nella dimensione dell’annuncio della carità nel tessuto socio-relazionale-religioso della realtà diocesana, è possibile individuare, in base alle indicazioni della CEI, alcuni obiettivi perseguibili, soprattutto tenendo ben salda l’analisi della situazione alla modalità di intervento pastorale, senza creare scissioni o schizofrenia. Ecco in sintesi le indicazioni che possono essere suggerite: - non è possibile dare per scontato che nelle nostre società, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il Vangelo di Gesù: le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e devono essere comunità d’amore fraterno che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo; - l’iniziazione cristiana deve essere riscoperta, come occorre rinnovare il cammino catechistico dei fanciulli coinvolgendo maggiormente le famiglie, mentre per i giovani e gli adulti vanno proposti nuovi, gioiosi e praticabili itinerari di educazione e formazione alla vita cristiana; - la vita parrocchiale deve riscoprire la domenica, culmine e centro della settimana, ricevendo dalla celebrazione eucaristica lo slancio missionario che da essa si genera e si propaga; - nelle dimensioni degli affetti, del lavoro e del riposo deve essere Ibidem. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 30 maggio 2004, in Notiziario Cei 5-6/2004, pp. 129-161, qui p. 129. 28 29

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indirizzata l’azione pastorale di una vera parrocchia missionaria, ponendo al centro dell’attenzione le dinamiche socio-familiari e sostenendo il gravoso compito dell’attesa e dell’educazione dei figli; - le parrocchie devono assicurare la dimensione popolare della Chiesa, che rinnova il legame con il territorio nelle sue concrete e molteplici dimensioni sociali e culturali: infatti, «c’è bisogno di parrocchie che siano case aperte a tutti, si prendano cura dei poveri, collaborino con altri soggetti sociali e con le istituzioni, promuovano cultura in questo tempo della comunicazione». - oggi occorre investire in progetti finalizzati alla “pastorale integrata” per far interagire più forze e coltivare ancora con più profitto lo spirito di comunione e comunità tra varie parrocchie che possono collegarsi tra loro, superando il rischio di autosufficienza, o peggio di isolamento, valorizzando altresì la vita consacrata e i nuovi movimenti; - per realizzare, infine, una parrocchia veramente missionaria occorrono “nuovi” protagonisti: «una comunità che si sente tutta responsabile del Vangelo, preti più pronti alla collaborazione nell’unico presbiterio e più attenti a promuovere carismi e ministeri, sostenendo la formazione dei laici, con le loro associazioni, anche per la pastorale d’ambiente, e creando spazi di reale partecipazione»30. La natura sinodale e missionaria della comunità ecclesiale ha impegnato la riflessione di Papa Francesco sin dagli esordi del suo pontificato indicando una rotta pastorale ben definita e precisa che va nel senso ora descritto. Sai dai primi interventi da vescovo di Roma si individuano i principi dello stile pastorale e si palesano i pilastri dei progetti realizzati nella sua chiesa di origine. Uno stile leggibile all’interno delle più ampie scelte compiute dai vescovi latinoamericani e proposti nei documenti da loro consegnati alle comunità ecclesiali31. In questo senso, l’insegnamento di Papa Bergoglio ribadisce l’importanza dell’azione della comunità ecclesiale a servizio dell’evangelizzazione e rilancia il ruolo della parrocchia che «è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione. Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia Ivi, pp. 130-131. Cf. C. MATARAZZO, La tenda di Dio tra gli uomini. Lo stile pastorale del cardinale Jorge Mario Bergoglio a partire dalla V Conferencia del CELAM di Aparecida, in Proculus 87 (2012), pp. 9-99. 30 31

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incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare, e centro di costante invio missionario»32. Comunità nel senso di co-appartenenza tra le diverse componenti, vescovi-presbiteri, presbiteri-laici, vescovi-presbiteri-laici, tra le varie realtà associative e tra i movimenti ecclesiali. Insomma, la parrocchia sopravvive come istituzione se essa sa essere comunità e vive il suo compito in spirito di servizio “portandosi fuori” dalla fisicità dei luoghi. Francesco già aveva annunciato e vissuto da arcivescovo di Buenos Aires questo messaggio consegnato ad alcune pagine di facile lettura, che lasciano catturare un metodo che si desume direttamente dall’esperienza vissuta. Nel pensiero dell’allora arcivescovo di Buenos Aires non vi è nessuna ricetta dagli ingredienti facili… Le ricette non esistono, ma esiste una realtà che va analizzata, compresa, assunta, amata, ma alla quale bisogna poi dare una risposta concreta, secondo almeno tre criteri-guida: dialogo, discernimento, frontiera33. In questo modo i programmi pastorali possono essere analizzati, quando vi è effettivamente una valutazione concernente il grado di qualità dell’azione realizzata. Ogni comunità che vuole aprirsi al presente e al futuro dell’agire pastorale lo deve fare impegnandosi nel campo della progettazione, che consiste nell’adottare un metodo condiviso, per poi studiare la situazione e trovare soluzioni adeguate e strategie di intervento adatte ai contesti, alle persone, alle situazioni specifiche. Le analisi quindi devono suscitare e promuovere concrete iniziative pastorali, ma in senso missionario, cioè andando lì dove l’annuncio del Vangelo deve essere portato. La comunità ecclesiale dovrà assicurare prima di tutto la presenza di cristiani che sappiano essere in ascolto delle problematiche delle persone, disponibili all’incontro, a servizio della promozione umana. - Annuncio e servizio delle comunità ecclesiali A questo proposito è fondamentale insistere sulla coerenza e sulla responsabilità, due valori irrinunciabili per ogni battezzato e per le comunità ecclesiali. È questo un programma realizzabile per la comunità. 32 33

FRANCESCO, Evangelii gaudium, n. 28. SPADARO, Intervista a Papa Francesco, p. 473.

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Come si realizza se non analizzando nello specifico il grado di coesione con gli aspetti progettuali condivisi? L’esempio educa, quindi la testimonianza cristiana apre il cuore e le menti di quelle persone che attendono di “vedere” come i cristiani si amano, perché solo amandosi i cristiani potranno essere riconosciuti. Anche in questo settore occorre chiarezza. Infatti, «al cristianesimo servono testimoni, non testimonial»34. In questo senso, «la Chiesa ha il dovere di occuparsi di educazione perché ha il dovere di occuparsi della vita ed educare è una esigenza vitale»35. Questo è un aspetto fondamentale per poter ripartire con l’evangelizzazione. Creando cioè tutte quelle situazioni umane di accoglienza, di ascolto, di dialogo, condizioni quindi che possono chiamarsi di preevangelizzazione. La parrocchia, in questo modo, può essere vista come lo “strumento” che permette la costruzione dell’identità cristiana in un determinato luogo, in uno specifico contesto, in un preciso territorio, e punta sul ruolo chiave degli adulti36. La comunità ecclesiale che vuole progettarsi in prospettiva missionaria mette al centro della propria azione il kerygma, che è il primo annuncio, ma seguendo un preciso e corretto stile, che prevede preliminarmente un momento di analisi della situazione e di conoscenza, cioè momento di preparazione che coinvolge le persone meno interessate, o non raggiunte dal messaggio di Gesù. Suscitare la fede, quindi, è far incontrare le persone con l’Amore di Gesù, attraverso l’azione della chiesa37. Ascolto, accoglienza, promozione umana fanno la chiesa missionaria, nel senso che ogni comunità ecclesiale, aprendosi risolutamente ai contesti socioculturali, è presente con spirito di servizio ed interroga, attirandole, le persone con la testimonianza e il servizio. Per questo motivo ogni parrocchia è comunità missionaria. È Cristo stesso che ha stabilito la natura della chiesa; ecco perché in quest’ottica «è fondamentale che noi cattolici – sia sacerdoti che laici – andiamo incontro alla E. BIANCHI, Per un’etica condivisa, Einaudi, Torino 2009, p. 44. D. SIGALINI, L’emergenza educativa e la comunità cristiana. Il cristiano secondo la misura di Cristo, in Comunità cristiana ed educazione. L’emergenza educativa: problema e provocazione, EDB, Bologna 2009, pp. 213222, qui p. 214. 36 Cf. L. MEDDI, Formare cristiani adulti. Desiderio e competenza del parroco, Cittadella, Assisi 2013. 37 Cf. BERGOGLIO (PAPA FRANCESCO), Il nuovo Papa si racconta, p. 85. 39 Ivi, p. 71. 34 35

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gente»39. Proprio in questa direzione oggi più che mai la parrocchia e le comunità ecclesiali, nonché i singoli battezzati devono “andare incontro”, in senso di accoglienza gratuita. Operando in questa direzione i discepoli di Gesù Cristo si mettono nella prospettiva del dialogo, poiché in un contesto dove è stato “preparato” il terreno, allora può essere possibile la nuova piantagione del Vangelo, cioè l’annuncio del kerygma, in quanto la novità di Gesù Cristo, Figlio di Dio e Salvatore, è espressa prima con la vita e quindi con la parola di testimoni veri, pronti perfino a dare la vita per la Verità. Ecco individuata la seconda fase di una progettazione pastorale missionaria in un contesto di avanzata post-cristianità. Questo momento è quello dell’evangelizzazione che consiste appunto nell’incoraggiare l’incontro diretto con Gesù e quindi invogliare alla partecipazione attiva alla vita della comunità ecclesiale. In genere nelle nostre comunità, purtroppo, si dà per scontato che la cristianità sia ancora lo stato reale della società e quindi del territorio pastorale di competenza. Occorre prendere coscienza invece della mutata situazione. La comunità pertanto è inviata ad analizzare quei fattori culturali, o più in generale sociali che caratterizzano il modus cogitandi e il modus vivendi delle persone di diversa età e posizione sociale. In altri termini, non si considereranno i battezzati ipso facto evangelizzati perché chiedono i sacramenti per sé o per i propri cari. Quindi, sarà cura della comunità non bruciare le tappe e giungere progressivamente alla successiva tappa che riguarda la catechesi. Essa si presenta come l’ultimo step che accompagna l’amministrazione dei sacramenti in una logica di formazione permanente. È il momento dell’approfondimento, dopo aver accolto l’annuncio ed averlo accettato incondizionatamente nella sua totalità. La catechesi, strutturata in percorsi per età, secondo il rinnovamento catechistico realizzato della Conferenza Episcopale Italiana, infatti, si propone come un articolato progetto di vita cristiana teso all’approfondimento per tappe dei principali aspetti che riguardano la fede cristiana e la sua attualizzazione nella storia. La progettazione pastorale, dunque, dedicherà speciale attenzione all’articolazione del progetto di vita cristiana secondo le indicazioni del Magistero accompagnato da un attento studio dei fattori che caratterizzano la comunità di appartenenza e quelli che fanno riferimento al più ampio contesto socioreligioso della città. La comunità è chiamata a

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facilitare l’incontro con Cristo e non farà salti, o non ridurrà l’azione pastorale alla sola catechesi o all’amministrazione dei sacramenti. Anche da arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio osservava preoccupato come la nuova evangelizzazione fosse frenata da errate prassi pastorali, talvolta ridotte a semplici ammonimenti morali e «che non si presti attenzione al kerygma e si passi direttamente alla catechesi»38. La nuova evangelizzazione quindi dovrebbe ripartire dalle condizioni nuove che sono sorte in quest’epoca e che con Bauman abbiamo imparato a chiamare liquida. Con questo termine si indica la fluidità in tutti i sensi, fluidità proprio come precarietà assunta a stile di vita in ordine ai rapporti umani, alle domande religiose, al senso della vita, ai bisogni individuali e sociali, alle relazioni sociali, all’amore, all’educazione39. Come è avvenuto per le chiese d’Europa o d’Italia in particolare, anche le chiese del sud d’America hanno puntato strategicamente sulla necessità di ricostruire un rapporto “umano” con le persone che “abitano le città”, come è stato ribadito dalla V Conferenza del CELAM di Aparecida, ricordata da Papa Francesco nella sua visita al famoso Santuario mariano nel corso della Giornata Mondiale della Gioventù che si è celebrata in Brasile nel mese di luglio 2013. E Dio deve essere vissuto nella città, lì cioè dove abitano le persone, con le loro problematiche, le loro solitudini, inquietudini, povertà40. Una chiesa pronta ad incontrare, ma pronta all’«accoglienza cordiale», come dice il cardinale Bergoglio che aveva già ribadito che la parrocchia è per molti la “porta di ingresso” alla religione cattolica e per questo occorre rilanciare, ma pure rinnovare questa istituzione, con programmi e persone che sappiano essere al servizio di tutti. Dal canto suo, l’episcopato italiano ribadisce, negli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020, che «solo una comunità accogliente e dialogante può trovare le vie per instaurare rapporti di amicizia e offrire risposte alla sete di Dio che è presente nel cuore di ogni uomo. Oggi si impone la ricerca di nuovi linguaggi, non autoreferenziali e arricchiti dalle acquisizioni di quanti operano nell’ambito della comuniIvi, p. 85. A solo titolo esemplificativo, di Z. BAUMAN, cf. La società individualizzata, il Mulino, Bologna 2002; Amore liquido, Laterza, Roma-Bari 2003; La modernità liquida, Laterza, Roma-Bari 162010 e più recentemente Conversazioni sull’educazione, In collaborazione con R. Mazzeo, Erickson, Trento 2012. 40 Cf. J.M. BERGOGLIO, Dio vive in città, Traduzione a cura di C. Matarazzo-M. Carrozza, in Proculus 87 (2012), pp. 83-96. 38 39

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cazione, della cultura e dell’arte. Per questo è necessario educare a una fede più motivata, capace di dialogare con chi si avvicina alla Chiesa solo occasionalmente, con i credenti di altre religioni e con i non credenti»41. Un pensiero in linea con la posizione di Giovanni Paolo II che, pur riconoscendo uno stato di crisi, ha affermato che «la parrocchia, pur bisognosa di costante rinnovamento, continua a conservare ed a esercitare una sua missione indispensabile e di grande attualità in ambito pastorale ed ecclesiale»42. Essa dovrebbe essere vissuta come “luogo ecclesiale” all’interno del “luogo sociale”, come figura istituzionale data a una delle dimensioni necessarie perché si dia la Chiesa: lo spazio43. Le altre realtà ecclesiali, come i movimenti, dovrebbero lavorare in questa prospettiva intimamente ecclesiale. Non può esistere competizione tra le parti, né dualità, né antagonismo. Anzi, occorrerà ricordare che parrocchia, movimenti e nuove comunità non rappresentano il fine della vita cristiana, ma sono “luoghi” e “strumenti” orientati ad un unico scopo: suscitare, sviluppare e fortificare il legame delle persone con Dio, nella famiglia dei discepoli e testimoni di Gesù Cristo44. Occorrerà lavorare sul principio di comunione tra le parti, altrimenti le azioni programmate pur nella diversità, potrebbe diventare elemento di scaldalo, perché caratterizzate dalla disarmonia. In questo scenario sarebbe anche recuperato il contributo specifico che i religiosi sono tenuti ad offrire per la crescita della comunità e l’evangelizzazione, per facilitare occasioni di incontro, fortemente ispirate da pluralità, purché caratterizzate CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 41. In merito, cf. L. MEDDI, Educare la risposta della fede. La receptio fidei compito della catechesi di “Nuova Evangelizzazione”, in Urbaniana University Journal 56 (2013), 3, pp. 117-161. 42 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in America, 22 gennaio 1999, in Acta Apostolicae Sedis 91 (1999), pp. 737-815, qui n. 15. Per i vescovi italiani «la parrocchia – Chiesa che vive tra le case degli uomini – continua a essere il luogo fondamentale per la comunicazione del Vangelo e la formazione della coscienza credente; rappresenta nel territorio il riferimento immediato per l’educazione e la vita cristiana a un livello accessibile a tutti; favorisce lo scambio e il confronto tra le diverse generazioni; dialoga con le istituzioni locali e costruisce alleanze educative per servire l’uomo» (CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 41). 43 Cf. L. BRESSAN, La parrocchia oggi. Identità, trasformazioni, sfide, EDB, Bologna 2004. 44 Cf. J. RATZINGER, I Movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica, in PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI, I movimenti nella Chiesa, Atti del Congresso mondiale dei Movimenti ecclesiali (Roma 27-29 maggio 1998), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1999, pp. 23-51. Per ulteriori approfondimenti di carattere generale, cf. C. HEGGE, Il Vaticano II e i movimenti ecclesiali. Una recezione carismatica, Città Nuova, Roma 2001; M. FAGGIOLI, Breve storia dei movimenti cattolici, Carocci, Roma 2008. 41

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dal confronto e dal dialogo45. Ogni comunità, movimento, parrocchia può con-vivere e arricchirsi scambievolmente, ma si dovrà puntare a programmare l’azione pastorale in modo collegiale e condiviso. Per questo motivo, però, ancor prima «di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell’altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità»46. Nella comunità un ruolo fondamentale, e per certi versi perfino insostituibile, è ricoperto dal presbitero, che deve presiedere, promuovere e sostenere l’azione missionaria della comunità. Ogni presbitero sarà attento, come ricorda continuamente Papa Francesco, ad evitare il rischio di svilire la missione in una funzione di amministratore, burocrate, impiegato. Sarà necessario riscoprire l’identità del presbitero come servitore della comunità e non come amministrare, che spesso delega i suoi collaboratori nel disbrigo di questioni “pratiche”. Secondo “lo stile pastorale” di Bergoglio, i presbiteri sono i diretti responsabili e testimoni dell’azione pastorale che deve essere a sua volta corresponsabilizzata ai laici, senza correre il rischio di clericalizzarli, o senza temere la loro presenza e azione. Riscoprire a più di cinquant’anni dal Concilio Vaticano II il senso pieno della teologia del laicato, significa rimettere al centro della vita ecclesiale l’importanza della formazione alla vita cristiana e della valorizzazione dei sacramenti di iniziazione, come lo stesso Concilio ha ribadito. Significa, proprio nel contesto della parrocchia, far cadere quei “bastioni” – nel senso proposto da von Balthasar47 – che ancora rappresentano una sorta di differenza (o diffidenza) tra laicato e clero, o anche laicato e impegno ecclesiale, come recentemente ha ricordato nella sua analisi Luca Diotallevi. L’immagine serve al sociologo italiano per proporre la sua indagine e per avanzare chiare considerazioni sul rapporto laici-chiesa, avendo come guida l’osservazione del teologo gesuita quando scrisse che «l’avvenire della Chiesa – che ha oggi le più grandi 45 A. SPADARO, «Svegliate il mondo». Colloquio di Papa Francesco con i Superiori generali (Roma 29 novembre 2013), in La Civiltà Cattolica 165 (2014) I, pp. 3-17, qui pp. 9-12. 46 GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte, 6 gennaio 2001, n. 58, in Acta Apostolicae Sedis 93 (2001), pp. 266-309. 47 Cf. H. U. von BALTHASAR, Abbattere i bastioni (1952), Borla, Torino 1966 (nuova edizione, Jaca Book, Milano 2010).

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possibilità – dipende dal presupposto che si trovino laici animati della volontà di vivere dell’intatta forza del Vangelo e di plasmare il mondo»48. L’identità e la missione dei fedeli laici sono fondate nel battesimo, in forza del quale laici e presbiteri annunciano e testimoniano il Vangelo49. Occorrerà ricordare, anche e soprattutto nelle dinamiche dell’impegno pastorale parrocchiale, che «se si nega la specificità irriducibile del laicato, i preti non sono altro che imprenditori religiosi, i laici non sono altro che i consumatori religiosi, e i religiosi non sono altro che individui strani, magari capaci di incuriosire, ma alla fine innocui»50. Non è un caso che, sulla base delle dichiarazioni del decreto conciliare sull’apostolato dei laici, Apostolicam actuositatem, il Codice di Diritto Canonico definisca l’identità del fedele laico in base alla missione e alla vocazione propria del suo stato con queste parole: «I fedeli sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro proprio della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo» (can. 204, §1). In questa dimensione, se bisogna sempre meglio puntualizzare l’identità e il ruolo del laico, deve essere riscoperta ancora di più la vera immagine e missione del prete sia dal punto di vista pastorale, ma soprattutto dal punto di vista formativo e teologico, in un momento di particolare conclamata difficoltà. Infatti, lo stile di vita dei presbiteri è spesso oggetto di attacco e di critica sempre più violenta51. La riflessione su parrocchia, presbitero, laico investe ovviamente il rinnovamento della prassi pastorale oggi più che mai tesa a mostrare alla società civile ed ecclesiale modelli di vita convincenti, dunque testimoni veri Ivi, p. 53. In merito, a solo titolo esemplificativo, cf. A. FAIVRE, I laici alle origini della Chiesa, Paoline, Cinisello Balsamo 1986; B. FORTE, Laicato e laicità. Un contributo teologico, Marietti, Casale Monferrato 1986; E. ZANETTI, «La nozione di “laico” nel dibattito preconciliare». Alle radici di una svolta significativa e problematica, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma 1998; E. MALNATI, Teologia del laicato, Piemme, Casale Monferrato 2000; G. M. CARRIQUIRY LECOUR, La promozione del laicato, Viverein, Roma 2009; L. NAVARRO-F. PUIG (a cura di), Il fedele laico. Realtà e prospettive, Giuffré, Milano 2012. 50 L. DIOTALLEVI, I laici e la Chiesa. Abbattere i bastioni, Morcelliana, Brescia 2013, p. 45. 51 Cf. SERVIZIO NAZIONALE PER IL PROGETTO CULTURALE DELLA CEI, Il prete e la sua immagine, EDB, Bologna 2005. 48 49

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del Vangelo. - Annunciare la Carità. Una proposta operativa Contestualmente all’analisi bisogna rivolgere l’attenzione alla programmazione pastorale, riscoprendo in particolare la dinamica del lavoro di gruppo, che dovrebbe caratterizzare i principi di ogni progettazione e azione pastorale nello stile di una chiesa sinodale, in controtendenza all’individualismo che si impone sempre di più nella nostra società, volta all’efficientismo, alla rapidità estrema, alla massima sintesi… Opportuna è l’immagine del cammino, come propone il Papa argentino in sintonia con la più originale spiritualità francescana, ma anche ignaziana. Per ben attualizzare gli obiettivi generali di una progettazione pastorale che voglia darsi come tema l’annuncio della Carità, bisogna ricordare che non è corretto estraniare la progettazione pastorale dagli specifici contesti socioculturali negandone le dinamiche, in quanto «la trasmissione della fede non è solo questione di contenuti, di verità, ma coinvolge i meccanismi fondamentali e simbolici con cui una cultura o società trasmette conoscenze, atteggiamenti, comportamenti, con cui si tramanda e cresce»52. Al contrario, bisognerà assumere e analizzare le situazioni, conoscerle, viverle, ma l’azione della comunità ecclesiale dovrà continuare a servire il Vangelo, annunciandolo con una nuova spinta missionaria, che consiste precisamente e preliminarmente nella conoscenza dei “nuovi linguaggi” di comunicazione e degli inediti scenari antropologici costruiti dalle nostre società e dai vari gruppi umani, sempre più lontani dai valori tradizionali. I suggerimenti che seguono, dunque, si propongono di servire le comunità che intendano tradurre in obiettivi pastorali le indicazioni del Magistero e in particolare gli aspetti suggeriti da Papa Bergoglio nei suoi diversi interventi programmatici proprio sulla missione della comunità ecclesiale e, quindi, sulla nuova evangelizzazione. In questo modo, recuperando la ricchezza di indicazioni venute finora alle comunità, è possibile progettare l’azione pastorale secondo un metodo che 52 A. TONIOLO, L’anima riflessiva e formativa della teologia pastorale. Il dibattito attuale, in G. TRENTIN-L. BORDIGNON (a cura di), Teologia pastorale in Europa. Panoramica e approfondimenti, Messaggero, Padova 2003, pp. 369-388, qui p. 383.

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non scinde teoria e pratica, ma le tiene insieme. Tale aspetto è in realtà l’elemento qualificante della conversione pastorale tanto evocata in questi ultimi anni. È possibile offrire, sulle suggestioni offerte da Francesco, una sorta di identikit dell’operatore pastorale e delle criticità che devono essere superate nel concreto lavoro pastorale53. Ecco di seguito una proposta sintetica dei maggiori elementi utili alla nostra riflessione per progettare un anno pastorale sull’annuncio della Carità, cercando di dare un profilo agli operatori di tale servizio ecclesiale, della missione specifica e dei relativi compiti: - l’operatore pastorale nella sua missione spesso oggi si pone in una dimensione di isolamento, cioè di individualismo, che denuncia una palese crisi d’identità e un calo del fervore apostolico; - nonostante che la preghiera sia presente nella vita degli operatori, si tende a relativizzare o ad occultare la loro identità cristiana e le loro convinzioni; - la missione non è vista come lo scopo della vita cristiana, ma diventa una “specie di ossessione” che soffoca la gioia del discepolo; - la vita degli operatori spesso si svolge in anonimato e con disimpegno, relativizzando la dottrina e, di conseguenza, gli aspetti della vita morale; - il compito della missione deve essere la linfa vitale della vita del battezzato, vita che è una gioiosa risposta all’amore di Dio che ci convoca per la missione e ci rende completi e fecondi; - lo slancio apostolico si riconosce da come si vive la vita di fede e di apostolato, costellata da molteplici attività, che possono essere vissute male, se gli operatori non sono sorretti da forti ed adeguate motivazioni per non scivolare verso un’“accidia pastorale”; - si dovrà evitare il pericolo di “mummificare” il messaggio cristiano e le attività pastorali nella sterile routine abitudinaria che denota stanchezza, affanno, demotivazione; - sarà più che opportuno evitare il pessimismo sterile, quello che cede allo scoraggiamento per i programmi irrealizzabili e alla arrendevolezza per quei programmi che sono realmente attuabili; - lo slancio missionario è così talvolta minacciato dal senso di sconfitta, che soffoca il fervore e l’audacia della missione, si lascia catturare 53

Cf. FRANCESCO, Evangelii gaudium, nn. 76-109.

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dalla sfiducia delle proprie fragilità, si abbandona allo sconforto e non si traduce nel “trionfo della croce”, ma in un atteggiamento di egocentrismo, segnale della mondanità spirituale, cioè all’“umanesimo pagano adattato a buon senso cristiano”; - nella “desertificazione” spirituale, peculiarità delle società secolarizzate, come quelle società in cui la fede è nascosta per una precisa volontà di persecuzione, i cristiani devono irradiare con la propria vita i contesti dove si trovano ad operare, devono diventare cioè “personeanfore” per dare da bere agli altri; - i battezzati, come ogni operatore pastorale, devono essere fortemente motivati all’incontro, all’abbraccio fraterno, a costruire relazioni significative e solidali; - in questo senso, occorrerà lavorare per debellare il clima di sospetto che le nostre società dell’opulenza hanno costruito causando l’anestesia del cuore e dei sentimenti; - bisognerà pertanto investire energie sostenute per imparare nuovamente la grammatica dei sentimenti che ci porta ad essere solidali con gli altri, con le loro esigenze, speranze, felicità, attese; - l’esperienza della tenerezza porta ogni uomo e ogni donna di buona volontà ad uscire dall’isolamento, dalla chiusura egoistica rispetto alle esigenze degli altri e nei confronti della chiamata di Dio; - la comunione solidale e la fecondità missionaria devono motivare le persone indifferenti ad avvicinarsi alla comunità ecclesiale, che indossa la dalmatica del servizio e porta con la sua testimonianza un esempio di umanizzazione; - la stessa religiosità popolare deve essere segno di apertura e deve alimentare potenzialità relazionali, evitando il pericolo di fomentare fughe individualistiche o campanilismi sterili tendenti a coltivare e a far crescere perfino mentalità superstiziose; - l’unica via che consente un’esperienza edificante di religiosità popolare e mette in contatto la persona umana con Dio è l’umanità con la quale i battezzati creano occasioni di incontro, di dialogo, di accoglienza; - bisogna vivere una fraternità mistica, che offre il medicinale che guarisce dall’insofferenza per gli altri, apre a Dio che è presente in ogni essere umano, sa vivere con abnegazione i momenti difficili dell’esistenza; - ogni operatore pastorale, ogni battezzato deve superare il pericolo

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del “neopelagesimo dell’autoreferenzialità” e della “spinta prometeica dell’onnipotenza” che fomentano l’idolatria del fare e non facilitano invece l’accesso alla grazia; - l’autentico dinamismo dell’evangelizzazione nel tempo della secolarizzazione realizzata ha il coraggio di debellare gli orpelli della “mondanità” che si manifestano nell’esteriorità (cura ostentata della liturgia, della dottrina e del prestigio della chiesa) per far posto alla realtà semplice ed edificante del kerygma; - l’autocompiacimento egocentrico e la vanagloria sono i nemici giurati del vangelo che presenta invece la logica della kenosi di Dio nella storia, dell’umiltà, della fratellanza, come la vita del Popolo di Dio dovrà manifestare al mondo; - anche i piani pastorali devono essere coerenti con la logica di Dio, senza fini espansionistici e trionfali, ma devono rispondere alle esigenze della concreta realtà e seguire la logica dell’amore; - sarà più che auspicabile, nell’orizzonte di una “Chiesa in movimento di uscita da sé, di missione centrata in Gesù Cristo, di impegno verso i poveri”, una radicale conversione pastorale che porta a riconoscere la profezia negli altri, a valorizzare le loro domande, a condonare gli errori, a lavorare per l’unità, a cercare l’essenziale e ad abbandonare l’effimero e l’apparenza; - il riconoscimento nella chiesa del ruolo di ogni battezzato come servitore per la costruzione del regno di Dio porta un’inversione di vedute: l’organizzazione gerarchia è finalizzata all’edificazione della comunità che in massima parte è composta da laici, che sempre meglio hanno preso coscienza della loro identità e della loro missione; - i ministri ordinati, aborrendo qualsiasi forma potere, devono crescere nell’umiltà e nel servizio e lavoreranno per far perfezionare e consolidare la partecipazione attiva dei laici alla missione della chiesa; - per promuovere e sostenere la partecipazione attiva dei laici, molte sfide pastorali ancora attendono una risposta e tra queste un impegno più incisivo della donna nelle responsabilità ecclesiali, con la conseguente valorizzazione del genio femminile, senza correre il rischio di clericalizzare o mascolinizzare la tipicità della loro missione; - così la pastorale giovanile dovrà specializzarsi maggiormente per definire adeguati itinerari e coinvolgere di più i giovani, che non trovano risposte alle loro inquietudini, non incontrano negli adulti disponibilità all’ascolto, non riscontrano un linguaggio capace di veicolare il

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messaggio e di incidere sull’esistenza personale; - l’opera educativa attende la chiesa come sempre e oggi è un’urgenza di massima allerta, perché l’educazione è innanzitutto testimonianza ed offerta di un orizzonte di senso; - infine, la pastorale vocazionale dovrà essere attenta a valorizzare l’incontro trasformante di Gesù Cristo, puntando a lavorare sulla motivazione della scelta presbiterale che comporta una opzione radicale per la missione evangelica. È difficile oggi porre attenzione a riflessioni teoriche, perché impegnative. Spesso nella progettazione pastorale si è alla ricerca suggerimenti pratici e si rincorre il mito dell’efficienza, che ovviamente si concentra prevalentemente sull’azione, a scapito di una più ampia ed approfondita formazione. Così in questa fase della progettazione diocesana non è possibile proporre suggerimenti pratici solo per indicare “cosa fare”. Piuttosto, già il lavoro fatto finora dimostra come bisogna rileggere “nel contesto” le indicazioni teoriche emerse per guidare l’azione pastorale, ma senza l’ansia che spesso colpisce la comunità ecclesiale quando pericolosamente si lascia fagocitare dalla “cultura del fare”, piuttosto che promuovere e puntare sulla “cultura dell’essere”. La comunità ecclesiale di Teggiano-Policastro si è già aperta ad una riflessione critica sul proprio operato al fine di garantire un impegno costante, continuativo e motivato nei diversi settori della pastorale ordinaria, essa stessa bisognosa di rinnovarsi nella tensione costante di incontrare Cristo. Anche la vita cristiana necessita di evangelizzazione, come le persone che abitano i nostri territori alcuni dei quali sono perfino in attesa di un primo annuncio, o si sentono lontani perché mai inviatati, nonostante che il processo di sacramentalizzazione non si sia mai interrotto. Il metodo qui proposto si ispira al progetto missionario che, da arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Bergoglio pensò di incentrare sulla comunione e sull’evangelizzazione. Il futuro Papa, da primate di Argentina, ha riservato particolare attenzione alla V Conferenza Generale del Celam di Aparecida che ha definito «l’Evangelii nuntiandi dell’America Latina»54, affrontando in più occasioni diversi aspetti trattati dal Documento conclusivo (ricordo solo alcuni come il ruolo della famiglia, l’identità del presbitero, la situazione della chiesa nel mondo J.M. BERGOLIO, Quello che avrei detto al concistoro, in 30 Giorni 25 (2007) n. 11, pp. 18-21, qui p. 20. 54

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secolarizzato e globalizzato, il dono dei bambini, l’importanza degli anziani). Seguendo queste indicazioni di massima, è possibile lavorare almeno sui seguenti aspetti: - sulla strada di Emmaus per riscoprire e investire nella progettazione del lavoro di équipe; - sulla barca verso il largo per suscitare comunità aperte e fraterne; - come l’esperienza della pesca abbondante ed imprevista per valorizzare l’impegno consapevole del laicato; - sull’albero come Zaccheo per puntare sull’annuncio rivolto a ogni abitante della “città”; - verso il futuro… l’esempio del Samaritano per andare incontro ai fratelli in qualsiasi situazione si trovino. La “nuova” evangelizzazione riguarda anche le comunità della diocesi di Teggiano-Policastro e si fa considerando ogni realtà sociale «tenendo conto di chi ci vive, di com’è fatta, della sua storia», come diceva Bergoglio. Per raggiungere questo obiettivo invita preti e laici a lavorare collaborando insieme nei diversi settori della pastorale ordinaria, tutti orientati a suscitare la fede. Per questo ogni reale cammino di educazione alla fede alla luce della nuova evangelizzazione deve poter tornare al catecumenato, come raccomanda l’episcopato italiano, non senza riferimento alla famiglia primo e fondamentale focolare di vita cristiana, come è stato ribadito in diverse occasioni e in particolare dal Sinodo dei Vescovi. Una scelta non affatto scontata o casuale visto che, come ha anche ribadito il Pontefice, «l’educazione alla fede avviene nel contesto di un’esperienza concreta e condivisa. Il figlio vive all’interno di una rete di relazioni educanti che fin dall’inizio ne segna la personalità futura. Anche l’immagine di Dio, che egli porterà dentro di sé, sarà caratterizzata dall’esperienza religiosa vissuta nei primi anni di vita. Di qui l’importanza che i genitori si interroghino sul loro compito educativo in ordine alla fede: “come viviamo la fede in famiglia?”; “quale esperienza cristiana sperimentano i nostri figli?”; “come li educhiamo alla preghiera?”. Esemplare punto di riferimento resta la famiglia di Nazaret, dove Gesù “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52). Ogni famiglia è soggetto di educazione e di testimonianza umana e cristiana e come tale va valorizzata, all’interno della capacità di generare alla fede propria della

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Chiesa»55. Gli adulti sono un serbatoio, una riserva, sono la ricchezza testimoniale della chiesa e rappresentano la risorsa per i giovani che guardano sempre con meno fiducia a loro perché, purtroppo, incoerenti e poco affidabili. Il catecumenato si presenta quale occasione di educazione alla fede da parte degli adulti in modo adulto, capace di interloquire con le istanze della società, con le richieste di Gesù e quindi con la stessa domanda dei giovani. Propongo un’ultima indicazione di metodo, che riguarda la modalità di riflessione e del lavoro dei vari gruppi. Le sollecitazioni proposte trovano la loro giusta collocazione nell’ottica di un cammino da compiere, piuttosto che come “programma” da attuare. Con cammino, infatti, si intende meglio l’idea proposta da Papa Francesco, quando dice che vescovo e popolo, insieme, presbitero e popolo, insieme collaborano e si corresponsabilizzano. Un itinerario, dunque, ordinato, fatto di tappe che possono trovare sistemazione elastica secondo specificità ed identità delle diverse comunità. Un cammino che può essere strutturato in base alle esigenze particolari e ai punti di partenza ovviamente diversi, evitando il pericolo di «vivere in un laboratorio». Infatti, Papa Francesco sottolinea che «la nostra non è una fede-laboratorio, ma una fede-cammino, una fede storica»56. In questa luce, è importante che nell’analisi della situazione si possano registrare in modo oggettivo le criticità e possano essere evidenziate con chiarezza le tipicità delle diverse realtà socioreligiose. Ecco perché il “percorso laboratoriale” propone nuclei di riflessione che riguardano gli obiettivi da raggiungere o che sono stati raggiunti, ma che devono essere comunque verificati per un’analisi ed una valutazione critica finalizzate al miglioramento dell’azione pastorale. In tal modo il cammino proposto è dinamico, ma soprattutto “gioiosamente” aperto all’azione dello Spirito: «Dio lo si incontra camminando, nel cammino»57. L’itinerario proposto, quindi, non è chiuso in uno schema preconfezionato, ma si confronta con la realtà oggettiva di ogni comunità ecclesiale suscitando la domanda e quindi l’analisi. In questo modo si preferisce la dinamicità e la progressività delle tappe che ogni comunità farà proprie secondo le specificità, avendo ben CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 37. SPADARO, Intervista a Papa Francesco, p. 474. 57 Ivi, p. 469. 55 56

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chiaro che l’educazione alla fede non è mai diretta e immediata, perché essa si sviluppa su un piano gratuito che Dio propone a ciascuna persona. Ogni mediazione umana riesce ad essere efficace a patto che si lasci guidare dai criteri di Dio, che è Amore.

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Un per-corso laboratoriale verso la profezia della carità La Comunità generata dall’annuncio della Carità Pro-vocazioni per la riflessione

1. Annunciare-celebrare-testimoniare, insomma vivere la fede, la speranza e la carità nell’età della contingenza deve potersi presentare come un’opzione, ma chiara e decisa dei discepoli di Cristo, che si esprime tra la radicalizzazione sempre più massiccia dell’indifferenza religiosa e la richiesta insistente di coerenza rispetto al messaggio religioso professato. Infatti, «la crisi deriva dall’infedeltà delle comunità al Vangelo stesso». Si comprende questa affermazione di Luciano Meddi dal momento che per lo studioso la nuova evangelizzazione è l’azione reale finalizzata al superamento della crisi, poiché essa incentiverebbe una radicale riforma della Chiesa. Infatti, la proposta di papa Francesco «annuncia il kerigma, ma lascia il discernimento alla Chiesa, alle parrocchie, al singolo battezzato»58. 2. Siamo di fronte a una crisi di comunicazione interna alla teologia, alle comunità, ai gruppi ecclesiali, alle associazioni, alle parrocchie. È emersa una conferma ulteriore di un profondo gap generazionale, ma anche istituzionale sempre più evidente tra il mondo giovanile e gli altri universi esistenziali. Si sottolinea, infatti, «la fatica ecclesiale di interpretare la portata dei cambiamenti in corso e di formare educatori competenti. I linguaggi ecclesiali sembrano ancora poco adeguati, e i giovani li percepiscono spesso come vecchi e incomprensibili». Sovente anche bambini e adulti avvertono un certo disadattamento, più o meno esplicito, nei confronti del linguaggio liturgico, oppure della comunicazione catechistica, palesando la sensazione che l’universo simbolico della religione sia distante e obsoleto, quasi fuori tempo, stato evidente di un certo analfabetismo emotivo e relazionale della comunità cristiana, correlato a un più ampio ritardo nel campo del linguaggio digitale e informatico. 3. Sarebbe tempo, ormai, sul piano piano delle scelte ecclesiali, di 58 Cf. L. MEDDI, Prefazione a C. MATARAZZO, Dalla fine del mondo un nuovo umanesimo cristiano. L’eredità francescana della nuova evangelizzazione tra emergenze pastorali e questione educativa, Cantagalli, Siena 2014, pp. 517, qui p. 6.

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incarnare nelle comunità i principi discussi e condivisi in massima parte sul piano teorico, ma nella pratica il più delle volte le abitudini sedimentate si lasciano immutate (si pensi a solo titolo di esempio alla catechesi d’occasione, finalizzata alla prassi sacramentale). La proposta di papa Francesco è invece agli antipodi di questa visione di contenimento e auspica discernimento e arditezza (parresia) per un’azione pastorale non più di conservazione, ma missionaria, che esige, afferma il papa nell’Evangelii gaudium n. 33, «di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti a essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Un’individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia».

4. Con ciò non si vuole affermare che sia facile e scontata la sequela Christi: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24). La sequela anzi è impegnativa ed esigente, è testimonianza della croce e della risurrezione del Signore, vissuta «nella più piena libertà». Nessuno è costretto a seguirlo (se… vuoi), perché «la sequela come vincolo alla persona di Gesù pone colui che si colloca in essa sotto la legge di Cristo, cioè la croce». A ben vedere, papa Francesco, in sintonia con i predecessori, ha proposto una rivisitazione di queste prospettive della vita cristiana in base al trinomio inscindibile testimonianza/vangelo/rapporto Chiesa-mondo, come emerso dai primi gesti e dalle prime parole. 5. Le sue considerazioni sulla vita presbiterale vanno lette unitamente a quelle sulla corresponsabilità del laicato. In modo molto efficace, ma anche provocatorio, nella prima esortazione apostolica il papa ha scritto nell’Evangelii gaudium (n. 102): «I laici sono semplicemente l’immensa maggioranza del popolo di Dio. Al loro servizio c’è una minoranza: i ministri ordinati. È cresciuta la coscienza dell’identità e della missione del laico nella Chiesa. Disponiamo di un numeroso laicato, benché non sufficiente, con un radicato senso comunitario e una grande fedeltà all’impegno della carità, della catechesi, della celebrazione della fede». 6. Oggi è un’esigenza di prim’ordine quella di proporre il vangelo vissuto, attraverso testimoni coerenti e fedeli dell’esperienza

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rigeneratrice con Cristo, quelli che fanno precedere l’essere alla parola, o che accompagnano la parola alla vita. Per rendere manifeste le ragioni della fede/speranza/carità, bisognerà, da parte di tutti i cristiani, perseguire l’obiettivo della santità della vita, che «significa vita immersa nello Spirito, apertura del cuore a Dio, preghiera costante, umiltà profonda, carità fraterna nei rapporti»59. Vivere la santità in un tempo di crisi vuol dire testimoniare la fede da parte dei battezzati che operano nella storia, annunciano il vangelo di Cristo e si presentano al mondo come Chiesa “in uscita”, ovvero «comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano»60. L’icona biblica del Samaritano. Percorrere il viaggio della vita testimoniando l’Amore Oggi più che mai tale segno testimoniale è il Samaritano, secondo il racconto di Luca (10,25-37). Gesù presenta questa parabola non come un “paradosso”, ma come una possibilità. Se di possibilità si tratta, significa che anche una persona completamente estranea ad un contesto umano, nonostante la sua distanza culturale o ideologica, può farsi prossimo, semplicemente rompendo gli schemi esistenziali preconfezionati e rilanciati ogni qual volta si tratta di restare al balcone per guardare indifferenti una realtà, semplicemente passeggera… L’altro non è mai una incognita, ma è sempre un volto. A ben vedere, l’esempio del Samaritano definito per antonomasia buono deve suscitare in noi alcuni cruenti interrogativi. Chi è il mio prossimo? Ecco l’interrogativo che rende sempre attuale questo discorso di Gesù, finalizzato a suscitare in ogni suo discepolo una forte presa di coscienza: la fratellanza universale come aspetto essenziale della rivelazione. Con questa “novità” Gesù dà inizio a un movimento di conversione del cuore, di cambiamento, ovvero un cambio di baricentro: il punto essenziale della vita dei suoi discepoli non è la propria vita, ma quella del prossimo. Ciò significa scoprire l’umiltà come elemento essenziale del discepolo-missionario, sempre lontano dal FRANCESCO, Discorso in occasione degli auguri natalizi della Curia Romana, 21 dicembre 2013, in L’Osservatore Romano 153, n. 294 (22 dicembre 2013), p. 8. 60 Ibidem. 59

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pericolo dell’autoreferenzialità È possibile, dunque, realizzare una mobilitazione nell’esercizio dell’umiltà, che si realizza nell’atto di accusarsi, in quanto il cuore «si abbassa» e rende ciascuna persona disponibile all’imprevedibilità del messaggio di Dio amore: «chi si accusa lascia spazio alla misericordia di Dio; è come il pubblicano che non osa alzare gli occhi (cf. Lc 18,13). Colui che accusa se stesso è una persona che saprà sempre avvicinarsi bene agli altri, come il buon samaritano, e – questo avvicinamento – Cristo stesso realizzerà l’accesso al fratello»61. Ciò significa, in altri termini, «morire al proprio orgoglio e fidarsi totalmente di Dio, vivendo come Cristo nella totale dedizione al Padre e ai fratelli. […] La sequela di Cristo comporta un itinerario segnato spesso da incomprensioni e sofferenze. Nessuno si faccia illusioni: oggi, come ieri, essere cristiani significa andare controcorrente rispetto alla mentalità di questo mondo, cercando non il proprio interesse e il plauso degli uomini, ma unicamente la volontà di Dio ed il vero bene del prossimo»62. Gesù presenta un modello possibile per vivere una dimensione responsabile dell’esistenza, proiettata in modo consapevole nel tempo e nello spazio. Se la responsabilità è un principio cardine anche per l’etica di un laico come H. Jonas, nell’era della tecnologia digitale, il cristiano dovrebbe adoperarsi per umanizzare ogni settore dell’esistenza, testimoniando la cura-per-la-persona in modo significativo ed esplicito senza compromessi, soprattutto non lasciando margini di spazio per contrattare i valori, anzi sottolineando con fermezza quei valori non affatto negoziabili. La parabola del Samaritano ci introduce nel presente della realtà (nonostante sia circostanziata da elementi ed aspetti coevi alla narrazione). Una realtà fatta di situazioni contingenti che incrocia la profezia del futuro. Non a caso Paul Ricoeur rilegge questa parabola insieme alla narrazione del Giudizio universale63. Gesù non evoca nomi, titoli, situazioni. Il Maestro narra la storia di incontri, incontri che vorrebbe significativi, determinati per la vita. Sono incontri tra anonimi, sconosciuti, i quali si riscoprono fratelli non nemici. Le azioni compiute in questa dimensione di prossimità non hanno uno scopo diretto se non J. M. BERGOGLIO (Francesco), Umiltà. La strada verso Dio, Emi, Bologna 2013, p. 23. GIOVANNI PAOLO II, Angelus, 29 agosto 1999, in Insegnamenti II 22/2 (1999), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2002, pp. 245-246, qui p. 245. 63 P. RICOEUR, Il socius e il prossimo, in Il tetto 42 (2005), pp. 41-53. 61 62

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quello di edificare, mostrando le intenzioni della fraternità e per far questo c’è bisogno di un cammino, di quel cammino che il Samaritano stava compiendo, poiché non passava di lì per caso (come per il Sacerdote e il Levita). Egli stavo compiendo un viaggio, ovvero Gesù dichiara che quest’uomo ha una meta da raggiungere. Nonostante tale urgenza, o grazie allo scopo del suo viaggio, egli si fa prossimo al suo prossimo. Uno sconosciuto, perfino un Giudeo… La dimensione dell’alterità è la dimensione propria di Dio-che-èAmore quasi impersonata nella figura del Samaritano. È la com-passione (sentire-con) per eccellenza che diventa modello per ciascuna persona, e per il battezzato in modo particolare64. A ben vedere, la parabola è proposta da Gesù come risposta alla domanda/provocazione di un dottore della legge: “Chi è il mio prossimo?”. Gesù interrogato, interroga, dopo la conclusione della parabola ed invita il suo interlocutore a fornire una risposta, o meglio a riconoscere il modello comportamentale di un discepolo della Torah di Javhé. Nessuno, escluso il Samaritano, potranno seguire Gesù perché solo quel modello di vita è consono ai suoi insegnamenti. Potrebbe essere utile l’osservazione di J.J. Van Oosterzee sui passaggi progressivi che Gesù presenta con la parabola del Samaritano. Prima di tutto bisogna sottolineare la disposizione (cuore compassionevole) con la quale il Samaritano guarda il malcapitato. Il viaggiatore lo vide, ma non passò oltre. Egli si accorge subito delle precarie condizioni di salute dell’uomo che gli sta di fronte e senza indugio si ferma e si piega su di lui. In secondo luogo si consideri la modalità dell’aiuto (mano soccorritrice). Il Samaritano fa uso il compito del primo soccorso. Fascia e cura le ferite, si fa carico in tutto della sofferenza del malcapitato, tanto da sistemare il corpo dolorante di quella persona sul suo giumento. Inoltre, dobbiamo soffermarci sul criterio del soccorso (piede volonteroso) che induce il Samaritano a correre verso la locanda più vicina e provvedere personalmente a sostenere le spese di recupero di quell’uomo. In questo modo, oltre al coinvolgimento fisico, il Samaritano dimostra di impegnare tutto quello che può per aiutare il “suo prossimo”. Infine, l’attenzione per l’avvenire rivolta a questa persona (previdenza amorevole). Vittima di un’aggressione, ostile per appartenenza Cf. R. PITITTO, Metafore dell’esistenza e desiderio di salvezza. Un viaggio interiore, Studium, Roma 2019, pp. 188-232. 64

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sociale, semplicemente un ignoto, quest’uomo diventa il centro delle attenzioni del Samaritano, che lascia non solo due denari, ma raccomanda all’albergatore cura per quest’uomo, disposto a provvedere a qualsiasi altra cosa si rendesse necessaria per la sua piena guarigione. La promessa, che è pegno e prospettiva di avvenire: “al mio ritorno”, ovvero questa dichiarazione non lascia nell’anonimato l’aiuto offerto, ma esprime volontà di incontro e di “riconoscimento” del fratello in questa persona derubata, picchiata, abbandonata. In tale segno testimoniale, Gesù indica per tutti i suoi discepoli il senso della missione di ogni cristiano. L’annuncio della carità è già impegno di responsabilità e cura per l’altro, a prescindere dalla nazionalità, grado sociale, appartenenza religiosa. La prospettiva di Gesù supera ogni limite geografico o antropologico, religioso ed etnico, culturale o linguistico. I cristiani dimostrano semplicemente di appartenere all’Amore. Un esempio di analisi per un laboratorio sinodale Punti di riferimento Testo/1 A Diogneto, c. V, a cura di G. Gentile, EDB, Bologna 2007, p. 32. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. non sono conosciuti, e vengono condannati. sono uccisi, e riprendono a vivere.

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Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell’odio. Testo/2 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Documento Base Il rinnovamento della catechesi, Fondazione dei Santi Francesco di Assisi e Caterina da Siena, Roma 1988, n. 26. L’evangelizzazione è normalmente preceduta ed accompagnata dal dialogo leale con quanti hanno una fede diversa o non hanno alcuna fede. I cristiani sono corresponsabili della vita sociale, culturale ed economica degli uomini con i quali vivono; conoscono la loro storia e le loro tradizioni, collaborano alle loro iniziative e ai loro piani di sviluppo, chiariscono i problemi critici e i pregiudizi che riguardano la naturale religiosità dell’uomo, fino a suscitare l’interesse per Cristo e per la Chiesa. È un dialogo, che alcuni chiamano pre-evangelizzazione. Esso precede logicamente la predicazione cristiana e tuttavia ne accompagna in concreto tutto lo sviluppo. anche coloro che posseggono la fede debbono, infatti, riscoprirne costantemente la ragionevolezza e la mirabile armonia con le esigenze più profonde e più attuali dell’uomo e della sua storia. Testo/3 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Nota pastorale Con il dono della carità dentro la storia. La Chiesa in Italia dopo in Convegno di Palermo, 26 maggio 1996, n. 23, in III CONVEGNO ECCLESIALE DI PALERMO, Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996. La pastorale attuata nelle strutture parrocchiali dovrà saldarsi organicamente con la cosiddetta pastorale degli ambienti, in modo che la parrocchia si edifichi come comunità missionaria e soggetto sociale sul territorio. […] Si aprono così spazi per molteplici presenze e figure: catechisti; animatori della liturgia, della pastorale della carità e di altri settori pastorali; responsabili di gruppi e piccole comunità. La carità spinge la Chiesa a farsi carico di onerosi servizi sociali e a

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porsi come riferimento etico per la società. Oggi in Italia l’evangelizzazione richiede una conversione pasto […] non ci si può limitare alle celebrazioni rituali e devozionali e all’ordinaria amministrazione: bisogna passare a una pastorale di missione permanente. La nuova evangelizzazione sul territorio riceverà slancio e ispirazione da una sincera ed effettiva apertura alla missione universale. Per analizzare la situazione I brani ora proposti soffermano l’attenzione su aspetti specifici della riflessione ecclesiale. Qui di seguito si propongono alcuni suggerimenti per una valutazione dell’agire pastorale al fine di conoscere più approfonditamente la realtà del proprio territorio e le dinamiche socioreligiose che lo caratterizzano per un primo bilancio in vista della “conversione pastorale”.

✓ Non si può dare per scontato che chi chiede i sacramenti sia anche evangelizzato. Occorre che il Consiglio Pastorale Parrocchiale in nome della comunità possa programmare una serie di indagini conoscitive sulla tipologia di persone che, pur chiedendo i sacramenti, si dichiarano, o si suppongono interessate alla vita della comunità cristiana. ⇒ La comunità ha imparato a progettare l’azione pastorale, o si affida all’improvvisazione? ü Si rilegga il brano evangelico di Mt 13,123 dove è narrata la parabola del seminatore e si rifletta sulle fasi necessarie di preparazione alla semina, individuando le occasioni propizie per “arare” il terreno, senza correre il rischio di bruciare le tappe. ⇒ Quale importanza la comunità assegna alle indicazioni del vescovo e agli itinerari di formazione indirizzati agli operatori pastorali?

✓ Pur riconoscendo che i nostri ambienti, la nostra cultura, le nostre tradizioni sono profondamente ispirate dai valori del cristianesimo, la stragrande maggioranza delle persone vive come “se Dio non esistesse”. La dimenticanza di Dio porta alla perdita di interesse per le domande di senso, che sono correlate ovviamente all’attenzione per ogni persona umana e per la sua originalità e unicità.

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⇒ È chiaro per la comunità l’impatto che ha avuto il processo di secolarizzazione sulla cristianità e sulle singole chiese locali?

✓ Si fa sempre più strada la convinzione errata che il cristianesimo non ha più bisogno della missione perché è finito il tempo del proselitismo. Essa sarebbe stata sostituita dal dialogo interreligioso. Questa posizione non rispecchia il comando di Gesù che invece obbliga i discepoli alla testimonianza e all’annuncio del vangelo, sempre e ovunque. ⇒ Il compito missionario dell’annuncio della Carità nella comunità ecclesiale si traduce sul territorio in concrete iniziative finalizzate alla promozione umana, all’assistenza ai bisognosi, all’annuncio della Parola, alla predicazione, alla catechesi per la vita cristiana?

✓ È diffusa l’opinione che la missione non sia necessaria in luoghi

dove esiste un alto tasso di “sacramentalizzazione” e che la pastorale debba limitarsi a gestire la situazione esistente, dando per scontato l’adesione al Kerygma. Invece, oggi proprio a chi chiede i sacramenti occorre annunciare la Buona notizia. L’obiettivo della missione non è fare proseliti, ma suscitare e confermare la fede in Cristo nella certezza del suo amore per noi. ⇒ Nella comunità ecclesiale si organizza la “missione” come uno dei compiti principali delle attività pastorali programmate, avendo come scopo quello di raggiungere sia i vicini che quelli che si dichiarano lontani dalla fede?

✓ Cresce sempre di più l’esigenza di una programmazione pastorale

improntata alla rivitalizzazione della fede, all’organizzazione della speranza, all’operatività della Carità, grazie anche all’analisi dei documenti del magistero specifici sulla necessità di abbandonare la “pastorale di conservazione”. La comunità parrocchiale dovrebbe prendere coscienza della reale situazione socio-religiosa e come atto di Carità progettare di conseguenza la pastorale per “sentire” le esigenze di quelli che si dichiarano “indifferenti”, con un loro diretto e personale coinvolgimento.

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⇒ La comunità ecclesiale è pronta al rinnovamento necessario per lasciarsi percepire come segno della presenza e dell’amore di Dio, una comunità cioè che si rende credibile nella società di oggi tanto da essere capace di “attirare” anche gli indifferenti? L’annuncio della Carità. Verso dove? Obiettivi da tenere in vista Il Samaritano insegna. Fraternità e relazione, dimensioni essenziali dell’uomo FRANCESCO, Fraternità, fondamento e via per la pace, Messaggio per la XLVII Giornata mondiale della Pace 2014, 8 dicembre 2013, n. 10. La fraternità ha bisogno di essere scoperta, amata, sperimentata, annunciata e testimoniata. ma è solo l’amore donato da Dio che ci consente di accogliere e di vivere pienamente la fraternità. […] Noi cristiani crediamo che nella Chiesa siamo membra gli uni degli altri, tutti reciprocamente necessari, perché ad ognuno di noi è stata data una grazia secondo la misura del dono di Cristo, per l’utilità comune (cf. Ef 4,7.25; 1 Cor 12,7). Cristo è venuto nel mondo per portarci la grazia divina, cioè la possibilità di partecipare alla sua vita. Ciò comporta tessere una relazionalità fraterna, improntata alla reciprocità, al perdono, al dono totale di sé, secondo l’ampiezza e la profondità dell’amore di Dio, offerto all’umanità da Colui che, crocifisso e risorto, attira tutti a sé: «vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,3435). È questa la buona novella che richiede ad ognuno un passo in più, un esercizio perenne di empatia, di ascolto della sofferenza e della speranza dell’altro, anche del più lontano da me, incamminandosi sulla strada esigente di quell’amore che sa donarsi e spendersi con gratuità per il bene di ogni fratello e sorella. Dopo l’analisi della situazione per lavorare in laboratorio sull’Annuncio della Carità e affinché si possano rendere operative le scelte pastorali, realizzando significative esperienze di relazione, si propongono alcuni suggerimenti per obiettivi, che potrebbero essere operazionalizzati secondo le esigenze particolari delle comunità.

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• La rivitalizzazione della fede. A partire dal decreto conciliare Ad

Gentes, diversi sono stati gli interventi dei vescovi sulla vocazione missionaria della chiesa, con particolare riferimento al coinvolgimento dei laici, come anche di recente ha proposto monsignor De Luca. La pastorale missionaria è finalizzata al rinnovamento della fede e della vita cristiana. Per questo nelle nostre comunità ecclesiali non bisogna dare per scontata la fede, ma bisogna suscitarla sempre in modo nuovo. Essa si rafforza donandola con la testimonianza. • La comunità si edifica vivendo l’amore. «Vi riconosceranno da come vi amerete» (Gv 13,35). Questa parola di Gesù è ancora più vera oggi in quelle comunità in cui la stanchezza prende il sopravvento e la missione diventa un obiettivo impossibile. Occorre ripartire da Cristo per debellare la mentalità relativista e consumista che si sta radicando ogni giorno di più nelle nostre società secolarizzate, soprattutto perché scoraggia lo slancio missionario. • La scommessa della missione permanente. L’era della nuova evangelizzazione coincide con l’era della missione permanente in quelle società dette “post-cristiane”. Le nostre comunità dovrebbero rivitalizzare le strutture parrocchiali per organizzare la continuativa presenza sul territorio, che deve essere raggiunto nuovamente dall’annuncio del vangelo, senza lasciarsi adulare e tranquillizzare dai numeri delle indagini statistiche.

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AVVENIMENTI



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AGENDA



Data gio, 03/01/2019 18:00 dom, 06/01/2019 11:00 mar, 08/01/2019 sab, 12/01/2019 sab, 12/01/2019 20:00 dom, 13/01/2019 dom, 13/01/2019 dom, 13/01/2019 dom, 13/01/2019 18:30

lun, 14/01/2019 18:30

mar, 15/01/2019 09:30

mer, 16/01/2019

gio, 17/01/2019 10:30

gio, 17/01/2019 18:30

ven, 18/01/2019 10:00

ven, 18/01/2019 15:30 sab, 19/01/2019 20:00 dom, 20/01/2019 18:30

Appuntamento Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Antero Celebrazione Eucaristica Incontro foraniale dei sacerdoti Incontro sacerdoti ordinati nell'ultimo decennio Incontro di preparazione al Matrimonio forania Alburni Giornata diocesana della Pace Inizio percorso "Getta le tue reti" Ritiro mensile religiose Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Polla

Luogo Parrocchia Santa Maria delle Grazie, Casalbuono Cattedrale S. Maria Maggiore, Teggiano

Zuppino Convento S. Antonio, Polla

Parrocchia San Pietro Apostolo, San Pietro al Tanagro Formazione operatori Atena Lucana Scalo, pastorali Forania di Polla - Auditorium incontro tenuto dal Vescovo Il Vescovo incontra il Teggiano collegio dei Consultori, il collegio dei Vicari Foranei e i Segretari Formazione operatori Chiesa San Rocco, pastorali forania Sassano Teggiano-Sala Celebrazione Eucaristica Santuario di Sant'Antonio nella festa di S. Antonio abate, Vibonati abate Formazione operatori Chiesa di San Mercurio, pastorali forania di Roccagloriosa Camerota Il Vescovo incontra gli Teggiano operatori della Caritas Diocesana Il Vescovo incontra i Pontecagnano, Seminario seminaristi della Diocesi Giovanni Paolo II Incontro di preparazione al Zuppino Matrimonio forania Alburni Incontro di preparazione al San Rufo Matrimonio forania di Polla

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Data lun, 21/01/2019 18:30 mar, 22/01/2019 mer, 23/01/2019 mer, 23/01/2019

gio, 24/01/2019 18:30

gio, 24/01/2019 20:00

ven, 25/01/2019 ven, 25/01/2019 ven, 25/01/2019 sab, 26/01/2019 20:00 sab, 26/01/2019 20:00

dom, 27/01/2019 09:30 dom, 27/01/2019 16:00 lun, 28/01/2019 lun, 28/01/2019 18:30 mer, 30/01/2019

mer, 30/01/2019 19:00

gio, 31/01/2019 18:30

gio, 31/01/2019 20:00

Appuntamento Verifica scuola del Vangelo Forania di Polla Giornata Mondiale della Gioventù Festa dei Ss. Sposi Formazione operatori pastorali forania Teggiano-Sala Formazione operatori pastorali forania di Camerota Formazione operatori pastorali forania di Policastro Festa della Famiglia Forania di Policastro Incontro diaconi permanenti VISITA PASTORALE CONTRONE Incontro di preparazione al Matrimonio forania Alburni Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Policastro Festa della pace AC "Educare all'amore" Forania di Policastro Assemblea CEC Verifica scuola del Vangelo Forania di Polla Formazione operatori pastorali forania Teggiano-Sala Celebrazione Eucaristica festa S. Giovanni Bosco Formazione operatori pastorali forania di Camerota Formazione operatori pastorali forania di Policastro

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Luogo Atena Lucana Scalo, Auditorium

Parrocchia Immacolata, Sapri Chiesa San Rocco, Sassano Chiesa di San Mercurio, Roccagloriosa Parrocchia S. Giovanni Battista, Sapri

Zuppino Casa Canonica Parrocchia Immacolata, Sapri San Giovanni A Piro

Pompei Atena Lucana Scalo, Auditorium Chiesa San Rocco, Sassano Parrocchia Sacro Cuore Eucaristico, Montesano Scalo Chiesa di San Mercurio, Roccagloriosa Parrocchia S. Giovanni Battista, Sapri


Data sab, 02/02/2019

sab, 02/02/2019 20:00 sab, 02/02/2019 20:00

dom, 03/02/2019 dom, 03/02/2019 dom, 03/02/2019 18:45 lun, 04/02/2019 18:30 mar, 05/02/2019 mer, 06/02/2019

gio, 07/02/2019 18:30

gio, 07/02/2019 20:00 gio, 07/02/2019 20:00

sab, 09/02/2019

sab, 09/02/2019 sab, 09/02/2019 sab, 09/02/2019 19:30

sab, 09/02/2019 20:00 sab, 09/02/2019 20:00

Appuntamento Incontro di preparazione al Matrimonio zona Sala Consilina Incontro di preparazione al Matrimonio forania Alburni Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Policastro Giornata per la vita Ritiro mensile religiose Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Polla Verifica scuola del Vangelo Forania di Polla Incontro foraniale dei sacerdoti Formazione operatori pastorali forania Teggiano-Sala Formazione operatori pastorali forania di Camerota Formazione operatori pastorali forania Alburni Formazione operatori pastorali forania di Policastro Incontro di preparazione al Matrimonio zona Sala Consilina Incontro sacerdoti ordinati nell'ultimo decennio Week-end orientamento universitario Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Camerota Incontro di preparazione al Matrimonio forania Alburni Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Policastro

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Luogo

Zuppino Casa Canonica Parrocchia Immacolata, Sapri Parrocchia S. Anna, Sala Consilina Atena Lucania Atena Lucana Scalo, Auditorium

Chiesa San Rocco, Sassano Chiesa di San Mercurio, Roccagloriosa Postiglione Parrocchia S. Giovanni Battista, Sapri

Zuppino Casa Canonica Parrocchia Immacolata, Sapri


Data dom, 10/02/2019

dom, 10/02/2019 18:30 lun, 11/02/2019 10:00

lun, 11/02/2019 16:00

lun, 11/02/2019 18:30 mar, 12/02/2019 09:30

mer, 13/02/2019

gio, 14/02/2019 18:30

gio, 14/02/2019 20:00 gio, 14/02/2019 20:00

sab, 16/02/2019

sab, 16/02/2019 19:30

sab, 16/02/2019 20:00 sab, 16/02/2019 20:00

dom, 17/02/2019 11:00

dom, 17/02/2019 18:30

Appuntamento Festa della vita

Luogo

Cattedrale Santa Maria Assunta, Policastro Bussentino Incontro di preparazione al Parrocchia Santa Maria Matrimonio forania di Polla Maggiore, Sant'Arsenio Celebrazione Eucaristica Presidio ospedaliero "Luigi presieduta dal Vescovo Curto", Polla nella Giornata del Malato Celebrazione Eucaristica Presidio Ospedaliero presieduta dal Vescovo dell'Immacolata, Sapri nella Giornata del Malato Verifica scuola del Atena Lucana Scalo, Vangelo Forania di Polla Auditorium Il Vescovo incontra il Teggiano collegio dei Consultori, il collegio dei Vicari Foranei e i Segretari Formazione operatori Chiesa San Rocco, pastorali forania Sassano Teggiano-Sala Formazione operatori Chiesa di San Mercurio, pastorali forania di Roccagloriosa Camerota Formazione operatori Postiglione pastorali forania Alburni Formazione operatori Parrocchia S. Giovanni pastorali forania di Battista, Sapri Policastro Incontro di preparazione al Matrimonio zona Sala Consilina Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Camerota Incontro di preparazione al Zuppino Matrimonio forania Alburni Incontro di preparazione al Casa Canonica Parrocchia Matrimonio forania di Immacolata, Sapri Policastro Celebrazione Eucaristica Parrocchia S. Lorenzo per la giornata Martire, Torre Orsaia interparrocchiale del malato e dell'anziano Incontro di preparazione al Parrocchia Ss. Pietro e Matrimonio forania di Polla Benedetto, Polla

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Data lun, 18/02/2019 18:30 mer, 20/02/2019

gio, 21/02/2019 18:30

gio, 21/02/2019 20:00 gio, 21/02/2019 20:00

ven, 22/02/2019 sab, 23/02/2019

sab, 23/02/2019 19:30

sab, 23/02/2019 20:00 sab, 23/02/2019 20:00

dom, 24/02/2019 16:00 dom, 24/02/2019 18:30 lun, 25/02/2019 18:30 mer, 27/02/2019

mer, 27/02/2019 19:00

gio, 28/02/2019 18:30

gio, 28/02/2019 20:00

Appuntamento Verifica scuola del Vangelo Forania di Polla Formazione per operatori pastorali forania Teggiano-Sala - incontro tenuto dal Vescovo Formazione operatori pastorali forania di Camerota Formazione operatori pastorali forania Alburni Formazione operatori pastorali forania di Policastro Incontro diaconi permanenti Incontro di preparazione al Matrimonio zona Sala Consilina Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Camerota Incontro di preparazione al Matrimonio forania Alburni Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Policastro "Educare all'amore" Forania di Policastro Incontro formazione matrimonio forania Polla Verifica scuola del Vangelo Forania di Polla Formazione operatori pastorali forania Teggiano-Sala Formazione operatori pastorali forania Padula-Montesano Formazione operatori pastorali forania di Camerota Formazione operatori pastorali forania Alburni

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Luogo Atena Lucana Scalo, Auditorium Chiesa di San Rocco, Sassano

Chiesa di San Mercurio, Roccagloriosa Postiglione Parrocchia S. Giovanni Battista, Sapri

Zuppino Casa Canonica Parrocchia Immacolata, Sapri

Parrocchia Santa Maria delle Grazie, Pertosa Atena Lucana Scalo, Auditorium Chiesa San Rocco, Sassano Parrocchia Sant'Alfonso Maria de' Padula Chiesa di San Mercurio, Roccagloriosa Postiglione


Data gio, 28/02/2019 20:00

ven, 01/03/2019 19:00 sab, 02/03/2019 19:30

sab, 02/03/2019 20:00 sab, 02/03/2019 20:00

dom, 03/03/2019

dom, 03/03/2019 19:00 lun, 04/03/2019 18:00

lun, 04/03/2019 18:30 mar, 05/03/2019 mer, 06/03/2019 17:00 gio, 07/03/2019 18:30

gio, 07/03/2019 19:00

gio, 07/03/2019 20:00 gio, 07/03/2019 20:00

sab, 09/03/2019

sab, 09/03/2019

Appuntamento Formazione operatori pastorali forania di Policastro Consiglio Pastorale Diocesano Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Camerota Incontro di preparazione al Matrimonio forania Alburni Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Policastro Ritiro conclusivo percorso formazione matrimonio forania Polla Incontro con il Vescovo

Luogo Parrocchia S. Giovanni Battista, Sapri

Zuppino Casa Canonica Parrocchia Immacolata, Sapri Santuario S. Gerardo Maiella, Materdomini

Parrocchia San Giovanni Battista, Terranova Celebrazione Eucaristica Cattedrale Santa Maria nella solennitá di S. Pietro Assunta, Policastro Pappacarbone, Patrono Bussentino della Diocesi e Confermazione Verifica scuola del Atena Lucana Scalo, Vangelo Forania di Polla Auditorium Incontro foraniale dei sacerdoti Celebrazione Eucaristica e Cattedrale S. Maria rito delle ceneri Maggiore, Teggiano Formazione operatori Chiesa di San Mercurio, pastorali forania di Roccagloriosa Camerota Formazione operatori Parrocchia Sant'Alfonso pastorali forania Maria de' Liguori, Padula Padula-Montesano Formazione operatori Postiglione pastorali forania Alburni Formazione operatori Parrocchia S. Giovanni pastorali forania di Battista, Sapri Policastro Incontro di preparazione al Matrimonio zona Monte San Giacomo Incontro di preparazione al Matrimonio zona Teggiano

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Data

Appuntamento

lun, 11/03/2019

Incontro sacerdoti ordinati nell'ultimo decennio Il Vescovo conclude il percorso di formazione prematrimoniale forania Teggiano Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Camerota Incontro di preparazione al Matrimonio forania Alburni Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Policastro Ritiro di Quaresima per le Confraternite Ritiro mensile religiose Convegno zona pastorale Scuola Vangelo Assemblea CEC

lun, 11/03/2019

Esercizi spirituali CEC

lun, 11/03/2019 18:30

Verifica scuola del Vangelo Forania di Polla Formazione operatori pastorali forania Padula-Montesano Formazione operatori pastorali forania Teggiano-Sala Incontro Regionale Migrantes Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Sabino

sab, 09/03/2019 sab, 09/03/2019 19:30

sab, 09/03/2019 19:30

sab, 09/03/2019 20:00 sab, 09/03/2019 20:00

dom, 10/03/2019 dom, 10/03/2019 dom, 10/03/2019 17:00

mar, 12/03/2019 19:00

mer, 13/03/2019

mer, 13/03/2019 10:00 mer, 13/03/2019 11:00

mer, 13/03/2019 18:00

Incontro con il Vescovo

gio, 14/03/2019 18:30

Formazione operatori pastorali forania di Camerota Formazione operatori pastorali forania Alburni

gio, 14/03/2019 20:00

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Luogo

Prato Perillo

Zuppino Casa Canonica Parrocchia Immacolata, Sapri Zona Vallo di Diano Pompei Convento San Francesco, Policastro Centro La Pace, Benevento Centro La Pace, Benevento Atena Lucana Scalo, Auditorium Parrocchia Sant'Alfonso Maria de' Padula Chiesa San Rocco, Sassano

Parrocchia S. Maria Assunta e S. Francesco d'Assisi, Sanza Sant'Arsenio, Salone Parrocchiale Chiesa di San Mercurio, Roccagloriosa Postiglione


Data gio, 14/03/2019 20:00

ven, 15/03/2019 sab, 16/03/2019

sab, 16/03/2019 sab, 16/03/2019 19:30

sab, 16/03/2019 20:00 sab, 16/03/2019 20:00

dom, 17/03/2019 18:00

dom, 17/03/2019 18:00

lun, 18/03/2019 18:30 mer, 20/03/2019

mer, 20/03/2019 10:30

gio, 21/03/2019 18:30

gio, 21/03/2019 20:00 gio, 21/03/2019 20:00

ven, 22/03/2019 15:30

Appuntamento Formazione operatori pastorali forania di Policastro Ritiro Seminario Regionale Catanzaro Incontro di preparazione al Matrimonio zona Monte San Giacomo Incontro di preparazione al Matrimonio zona Teggiano Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Camerota Incontro di preparazione al Matrimonio forania Alburni Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Policastro Convegno zona pastorale Scuola Vangelo Convegno percorso formazione operatori pastorali zona Vallo di Diano Verifica scuola del Vangelo Forania di Polla Formazione operatori pastorali forania Teggiano-Sala Il Vescovo incontra il collegio dei Vicari Foranei e i Segretari Formazione operatori pastorali forania di Camerota Formazione operatori pastorali forania Alburni Formazione operatori pastorali forania di Policastro Il Vescovo incontra i seminaristi della Diocesi

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Luogo Parrocchia S. Giovanni Battista, Sapri Catanzaro

Zuppino Casa Canonica Parrocchia Immacolata, Sapri Centro parrocchiale Piergiorgio Frassati, Prato Perillo Centro parrocchiale Piergiorgio Frassati, Prato Perillo Atena Lucana Scalo, Auditorium Chiesa San Rocco, Sassano Teggiano

Chiesa di San Mercurio, Roccagloriosa Postiglione Parrocchia S. Giovanni Battista, Sapri Pontecagnano, Seminario Giovanni Paolo II


Data

Appuntamento

Luogo

dom, 24/03/2019 18:00

Incontro di preparazione al Matrimonio zona Monte San Giacomo Incontro di preparazione al Matrimonio zona Teggiano Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Camerota Il Vescovo tiene l'incontro di preparazione al Matrimonio Forania Alburni Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Policastro Giornata vocazionale zona Vallo Incontro con il Vescovo

lun, 25/03/2019 18:30

Confermazione

mer, 27/03/2019

Formazione operatori pastorali forania Teggiano-Sala Esequie Mons. A. Pagani Napoletano Formazione operatori Postiglione pastorali forania Alburni Incontro diaconi permanenti Conclusione Visita Pastorale Castelcivita Incontro di preparazione al Matrimonio zona Monte San Giacomo Incontro di preparazione al Matrimonio zona Teggiano Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Camerota Incontro di preparazione al Zuppino Matrimonio forania Alburni

sab, 23/03/2019

sab, 23/03/2019 sab, 23/03/2019 19:30

sab, 23/03/2019 20:00

sab, 23/03/2019 20:00

dom, 24/03/2019

mer, 27/03/2019 10:00 gio, 28/03/2019 20:00 ven, 29/03/2019 ven, 29/03/2019 sab, 30/03/2019

sab, 30/03/2019 sab, 30/03/2019 19:30

sab, 30/03/2019 20:00

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Postiglione

Casa Canonica Parrocchia Immacolata, Sapri

Parrocchia Immacolata, Scario Parrocchia SS. Annunziata, Sala Consilina Chiesa San Rocco, Sassano


Data sab, 30/03/2019 20:00

dom, 31/03/2019 dom, 31/03/2019 dom, 31/03/2019 16:00 dom, 31/03/2019 18:30 mar, 02/04/2019 mer, 03/04/2019 17:30

gio, 04/04/2019 gio, 04/04/2019 20:00 sab, 06/04/2019

sab, 06/04/2019 19:00

sab, 06/04/2019 19:30

dom, 07/04/2019 dom, 07/04/2019 dom, 07/04/2019 18:00

lun, 08/04/2019 19:00

mar, 09/04/2019 09:30

Appuntamento Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Policastro Giornata vocazionale zona Alburni Ritiro spirituale diocesano per la pastorale familiare "Educare all'amore" Forania di Policastro Celebrazione Eucaristica Incontro foraniale dei sacerdoti Incontro formazione Ministri straordinari della Comunione zona Vallo di Diano, Alburni e Fasanella Visita Pastorale Sicignano degli Alburni Formazione operatori pastorali forania Alburni Il Vescovo tiene l'incontro di preparazione al Matrimonio Forania Teggiano-Sala Catechesi penitenziale per i cresimandi forania di Polla Incontro di preparazione al Matrimonio forania di Camerota Giornata vocazionale zona Golfo Ritiro mensile religiose Il vescovo presiede Penitenziale e Celebrazione Eucaristica nubendi forania Padula Il Vescovo incontra i partecipanti alla Scuola del Vangelo forania Teggiano-Sala Ritiro del clero

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Luogo Casa Canonica Parrocchia Immacolata, Sapri

Marina di Camerota

Parrocchia Santa Maria San Rufo

Parrocchia Sant'Alfonso Maria de' Liguori, Padula

Postiglione Parrocchia San Marco, San Marco

Parrocchia San Michele Arcangelo, Atena Scalo

Parrocchia Sant'Alfonso Maria de' Liguori, Padula

Chiesa San Rocco, Sassano


Data mar, 09/04/2019 19:00

mer, 10/04/2019 17:30

mer, 10/04/2019 20:00

dom, 14/04/2019 11:00 mar, 16/04/2019 10:30 mar, 16/04/2019 16:00 mer, 17/04/2019 11:30

mer, 17/04/2019 17:30 gio, 18/04/2019 18:30 ven, 19/04/2019 15:30 sab, 20/04/2019 23:00 dom, 21/04/2019 11:00

gio, 25/04/2019 gio, 25/04/2019 12:00

ven, 26/04/2019 ven, 26/04/2019 18:30 sab, 27/04/2019 16:00

Appuntamento Il Vescovo incontra l'Ufficio per la pastorale della famiglia Incontro di formazione Ministri straordinari della Comunione zona Golfo di Policastro Formazione per operatori pastorali forania Alburni incontro tenuto dal Vescovo Benedizione delle Palme e Celebrazione Eucaristica Il Vescovo presiede la celebrazione Eucaristica Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Il Vescovo presiede la Celebrazione Eucaristica per gli studenti degli Istituti superiori di Sala Consilina Messa Crismale Messa in "Coena Domini" Commemorazione della Passione del Signore Solenne Veglia Pasquale presieduta dal Vescovo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella Risurrezione del Signore Visita Pastorale Postiglione Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Marco evangelista Incontro diaconi permanenti Sacramento della Confermazione Formazione operatori pastorali forania Padula-Montesano

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Luogo Parrocchia Sant'Alfonso Maria de' Liguori, Padula Parrocchia Immacolata, Scario

Postiglione

Cattedrale S. Maria Maggiore, Teggiano Parrochia San Michele Arcangelo, Padula Ospedale di Sapri Parrocchia Sant'Anna, Sala Consilina

Cattedrale S. Maria Maggiore, Teggiano Cattedrale S. Maria Maggiore, Teggiano Cattedrale S.Maria Maggiore, Teggiano Cattedrale Santa Maria Assunta, Policastro Bussentino Parrocchia Santi Giorgio e Nicola, Postiglione Parrocchia San Marco, San Marco

Parrocchia Sant'Alfonso, Marina di Camerota Santuario Madonna del Monte Carmelo, Buonabitacolo


Data sab, 27/04/2019 19:00

dom, 28/04/2019 dom, 28/04/2019 11:00 dom, 28/04/2019 16:00

dom, 28/04/2019 16:00 dom, 28/04/2019 18:00 lun, 29/04/2019 mer, 01/05/2019 12:00

mer, 01/05/2019 18:00

gio, 02/05/2019 19:00 dom, 05/05/2019 11:30 dom, 05/05/2019 19:00 lun, 06/05/2019 10:00 lun, 06/05/2019 18:00 mar, 07/05/2019 gio, 09/05/2019 18:00 ven, 10/05/2019 15:30 sab, 11/05/2019 18:00

Appuntamento Incontro Forania di Teggiano-Sala con la partecipazione del Consiglio pastorale foraniale Giornata Diocesana dei Giovani Confermazione Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo per la giornata diocesana dei giovani "Educare all'amore" Forania di Policastro Confermazione Assemblea CEC Celebrazione Eucaristica nella festa di San Giuseppe Il Vescovo presiede la celebrazione Eucaristica nella festa di San Giuseppe lavoratore Convegno zona pastorale Alburni-Fasanella Sacramento della Confermazione Sacramento della Confermazione Consiglio Presbiterale Diocesano Convegno centenario Santuario S. Sofia Incontro foraniale dei sacerdoti Consiglio Pastorale Diocesano Il Vescovo incontra i seminaristi della Diocesi Istituzione e rinnovo Ministri straordinari della Comunione

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Luogo Prato Perillo

Parrocchia Santi Giorgio e Nicola, Postiglione Parrocchia Santa Maria Maggiore, Sant'Arsenio

Parrocchia S. Nicola di Bari, Casaletto Spartano Paestum Parrocchia S. Giuseppe Operaio, Pantano Parrocchia San Michele Arcangelo, Atena Scalo

Postiglione Parrocchia San Giovanni Battista, Terranova Caselle in Pittari Teggiano Poderia

Parrocchia Sant'Alfonso Maria de' Liguori, Padula Pontecagnano, Seminario Giovanni Paolo II Convento S. Francesco, Padula


Data dom, 12/05/2019 dom, 12/05/2019 11:00 dom, 12/05/2019 18:30 lun, 13/05/2019 10:30

mar, 14/05/2019 09:30

mar, 14/05/2019 11:00

mer, 15/05/2019 10:00 mer, 15/05/2019 11:00

mer, 15/05/2019 18:30 ven, 17/05/2019 19:00

sab, 18/05/2019 11:00

sab, 18/05/2019 18:30 sab, 18/05/2019 19:00 dom, 19/05/2019 10:30

dom, 19/05/2019 17:00 lun, 20/05/2019 ven, 24/05/2019 19:00 sab, 25/05/2019 11:00

Appuntamento Giornata diocesana pro Seminario Celebrazione Eucaristica

Luogo

Parrocchia Beata Maria Vergine di Pompei, Silla Sacramento della Parrocchia San Cristoforo, confermazione San Cristoforo Celebrazione Eucaristica Santuario Madonna dei nella festa di Maria SS. dei Martiri, Casaletto Spartano Martiri Il Vescovo incontra il Teggiano collegio dei Consultori, il collegio dei Vicari Foranei e i Segretari Il Vescovo presiede la Parrocchia SS. celebrazione Eucaristica Annunziata, Sicilì festa San Biagio Incontro Regionale Migrantes Celebrazione Eucaristica Santuario di Santa Sofia, nella festa di S. Sofia Poderia centenario erezione Santuario Confermazione Parrocchia S. Marco Evangelista, Licusati Celebrazione Eucaristica Parrocchia Santa Maria nella festa di S. Pasquale dei Magi, Galdo Baylon Celebrazione Eucaristica Santuario Maria SS. nella festa della SS. Annunziata, Licusati Annunziata Confermazione Buonabitacolo Incontro con il Vescovo Pertosa, Oratorio parrocchiale Il Vescovo presiede la Parrocchia Santa Maria celebrazione Eucaristica Maggiore, Atena Lucana nella festa di San Ciro Processione e Serra Di Castelcivita, Celebrazione Eucaristica Castelcivita, Assemblea Generale CEI Roma Sacramento della Parrocchia Maria SS. delle confermazione Nevi, Celle di Bulgheria Confermazione Parrocchia Santa Maria Assunta, Tortorella

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Data

Appuntamento

dom, 26/05/2019 10:30

Celebrazione Eucaristica

dom, 26/05/2019 16:00

"Educare all'amore" Forania di Policastro Confermazione

dom, 26/05/2019 19:00

mar, 28/05/2019 09:30

Celebrazione Eucaristica nella festa di Maria SS. di Pietrasanta Ritiro del clero

mar, 28/05/2019 18:30

Confermazione

gio, 30/05/2019

Visita Pastorale Serre e Borgo San Lazzaro Incontro diaconi permanenti Confermazione

lun, 27/05/2019 10:30

ven, 31/05/2019 sab, 01/06/2019 19:00

lun, 03/06/2019 10:45

mar, 04/06/2019 mar, 04/06/2019 gio, 06/06/2019 18:30 ven, 07/06/2019 sab, 08/06/2019 19:00 sab, 08/06/2019 20:00 dom, 09/06/2019 11:30

dom, 09/06/2019 19:00 mar, 11/06/2019 09:30

Luogo Parrocchia San Michele Arcangelo, Padula

Parrocchia S. Giovanni Battista, Sapri Santuario Maria SS. di Pietrasanta, San Giovanni A Piro Convento S. Francesco, Padula Parrocchia Ss. Pietro e Benedetto, Polla Parrocchia San Martino Vescovo, Serre

Parrocchia Maria Santissima di Portosalvo, Villammare Celebrazione Eucaristica e Cattedrale S. Maria processione nella festa di Maggiore, Teggiano San Cono, Patrono della Diocesi Incontro foraniale dei sacerdoti Assemblea CEC Mugnano del Cardinale Confermazione Parrocchia Santa Maria di Loreto, Arenabianca Visita Pastorale Petina Confermazione Santuario di Sant'Antonio abate, Vibonati Veglia di Pentecoste Parrocchia San Michele forania di Polla Arcangelo, Atena Scalo Sacramento della Parrocchia Sacro Cuore Confermazione Eucaristico, Montesano Scalo Confermazione Parrocchia Immacolata, Sapri Il Vescovo incontra il Teggiano collegio dei Consultori, il collegio dei Vicari Foranei e i Segretari

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Data mar, 11/06/2019 19:30 mer, 12/06/2019 19:00

gio, 13/06/2019 06:30 gio, 13/06/2019 10:30 gio, 13/06/2019 18:00 ven, 14/06/2019 11:00

sab, 15/06/2019 11:30 sab, 15/06/2019 16:30 sab, 15/06/2019 20:00 dom, 16/06/2019 21:00

lun, 17/06/2019 19:00

mar, 18/06/2019 18:00 ven, 21/06/2019 18:00 sab, 22/06/2019 09:30 sab, 22/06/2019 18:00

dom, 23/06/2019 07:00 dom, 23/06/2019 11:00

Appuntamento Confermazione

Luogo

Parrocchia Sant'Antonio di Padova, Sala Consilina Celebrazione Eucaristica e Castelcivita benedizione del pane nella vigilia della festa di S. Antonio Celebrazione Eucaristica Convento S. Antonio, nella festa di S. Antonio Polla Celebrazione Eucaristica Parrocchia San nella festa di S. Antonio Ferdinando Re, Capitello Celebrazione Eucaristica Chiesa di Sant'Antonio di nella festa di S. Antonio Padova, Castel Ruggero Celebrazione Eucaristica San Rufo, Santuario della nella festa di Maria SS. del Tempa Rosario della Tempa Celebrazione Eucaristica Tortorella, Chiesa di San nella festa di S. Vito Vito Festa unitaria degli Casaletto Spartano incontri AC Morigerati Celebrazione Eucaristica Parrocchia Immacolata, nella festa di S. Vito Sapri Celebrazione Eucaristica Parrocchia Ss. Trinità, nella solennità della SS. Sala Consilina Trinità Sacramento della Parrocchia Scario Confermazione XXV anniversario ordinazione Parroco Celebrazione Eucaristica Parrocchia Santa Marina nella festa di S. Marina Vergine, Santa Marina Confermazione Chiesa SS. Annunziata, Padula Consiglio diocesano affari Teggiano - Ufficio economici Economato Celebrazione Eucaristica e Santuario Cappuccini, processione S. Antonio Montesano sulla Marcellana Celebrazione Eucaristica Chiesa Cappuccini, Polla presieduta dal Vescovo Confermazione Parrocchia Sacro Cuore di Gesù, Prato Perillo

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Data dom, 23/06/2019 18:00

lun, 24/06/2019 11:00

lun, 24/06/2019 19:00

mar, 25/06/2019 20:00 mer, 26/06/2019 17:30 ven, 28/06/2019 20:00

sab, 29/06/2019 11:30

sab, 29/06/2019 18:30 dom, 30/06/2019 11:30

dom, 30/06/2019 18:30 lun, 01/07/2019 19:00

gio, 04/07/2019 12:00 sab, 06/07/2019 16:30

sab, 06/07/2019 19:00 dom, 07/07/2019 10:30

mer, 10/07/2019 18:00

Appuntamento Celebrazione Eucaristica e processione presiedute dal Vescovo nella solennità del Corpus Domini Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Giovanni Battista Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Giovanni Battista Sacramento della Confermazione Convegno Pastorale Diocesano Celebrazione Eucaristica nella vigilia della solennità dei Ss. Pietro e Paolo Celebrazione Eucaristica festa San Pietro apostolo

Luogo Cattedrale S. Maria Maggiore, Teggiano

Roccagloriosa

Parrocchia san Giovanni Battista, Padula Parrocchia Sant'Alfonso Maria de' Liguori, Padula Teggiano

Parrocchia Sacro Cuore Eucaristico, Montesano Scalo Parrocchia San Pietro Apostolo, San Pietro al Tanagro Celebrazione Eucaristica Parrocchia San Pietro nella festa di S. Pietro Apostolo, Torraca Sacramento della Parrocchia San Pietro Confermazione Apostolo, San Pietro al Tanagro Sacramento della Parrocchia Santa Maria Confermazione Maggiore, San Rufo Celebrazione Eucaristica Parrocchia Santa Maria nella Festa Madonna della Maggiore, Atena Lucana Colomba Sacramento della Parrocchia San Daniele e Confermazione San Nicola, Camerota Il Vescovo partecipa al Battistero di San Giovanni percorso del Sentiero in Fonte, Padula Frassati Confermazione Parrocchia San Pietro Apostolo, Torraca Celebrazione Eucaristica Parrocchia Ss. Pietro e nella festa della Madonna Benedetto, Polla delle grazie Celebrazione Eucaristica Parrocchia Santa Barbara nella festa di S. Barbara e San Giovanni, Corleto Monforte

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Data gio, 11/07/2019 06:30

gio, 11/07/2019 18:30 sab, 13/07/2019 19:00 dom, 14/07/2019 11:00 gio, 18/07/2019 20:00 sab, 20/07/2019 17:00 sab, 20/07/2019 19:00 dom, 21/07/2019 18:00

lun, 22/07/2019 19:00

gio, 25/07/2019 gio, 25/07/2019 11:00

gio, 25/07/2019 18:30 ven, 26/07/2019 17:30 dom, 28/07/2019 11:00 dom, 28/07/2019 19:00 mar, 30/07/2019 11:00

mar, 30/07/2019 18:30

gio, 01/08/2019 20:00 ven, 02/08/2019 18:30

Appuntamento Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo

Luogo

Parrocchia San Nicola dei latini e Santa Maria dei greci, Polla Celebrazione Eucaristica Parrocchia Santa Maria nella festa di S. Benedetto delle Grazie, Pertosa Confermazione Parrocchia San Nicola di Bari, Petina Confermazione Parrocchia San Gerardo Maiella, Tardiano Pellegrinaggio al Monte Parrocchia SS. Carmelo Annunziata, Buonabitacolo Celebrazione Eucaristica Parrocchia SS. nella festa di S. Elia Annunziata, Buonabitacolo Celebrazione Eucaristica Cappella di S. Anna, nella novena di S. Anna Scario Celebrazione Eucaristica Parrocchia, Sapri nella festa di S. Francesco di Paola Convegno per il Parrocchia Maria SS. delle Centenario della statua Nevi, Celle di Bulgheria Madonna Marcia Francescana Celebrazione Eucaristica Parrocchia San Giacomo nella festa di S. Giacomo Apostolo, Monte San Giacomo Celebrazione Eucaristica Parrocchia San Cristoforo, nella festa di S. Cristoforo San Cristoforo Celebrazione Eucaristica Parrocchia S. Maria nella festa di S. Anna Maggiore, Sant'Arsenio Celebrazione Eucaristica Parrocchia San Nicola di nella festa di S. Lucido Aquara Celebrazione Eucaristica Parrocchia Maria SS. del Carmine, Acquavena Confermazione Parrocchia S. Maria Assunta e S. Francesco, Sanza Celebrazione Eucaristica Postiglione, Chiesa Santa nella festa della Madonna Maria del Carmine Celebrazione Eucaristica Parrocchia Sant'Alfonso nella festa di S. Alfonso Maria de' Liguori, Padula Celebrazione Eucaristica Parrocchia San Nicola di nella festa di S. Onofrio Bari, Petina

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Data sab, 03/08/2019 19:00 dom, 04/08/2019 18:30 lun, 05/08/2019 11:15

mer, 07/08/2019 10:30

mer, 07/08/2019 19:00 gio, 08/08/2019 19:00

sab, 10/08/2019 11:30 sab, 10/08/2019 19:00 dom, 11/08/2019 10:30

lun, 12/08/2019 19:00 mar, 13/08/2019 19:00

mer, 14/08/2019 18:30

mer, 14/08/2019 20:00

gio, 15/08/2019 18:00

ven, 16/08/2019 08:30

ven, 16/08/2019 19:30

Appuntamento Sacramento della Confermazione Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Antonio Celebrazione Eucaristica nella festa della Madonna del Cervato Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Donato, compatrono Celebrazione Eucaristica nella festa di San Gaetano Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Vincenzo Ferrer Ora Media Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Lorenzo Celebrazione Eucaristica nella festa di Maria SS. di Portosalvo Celebrazione Eucaristica

Luogo Parrocchia S. Lorenzo Martire, Torre Orsaia Fontana Vaglio, San Rufo Parrocchia S. Maria Assunta e S. Francesco d'Assisi, Sanza Controne

Chiesa di San Gaetano, Caiazzano Parrocchia SS. Annunziata, Castelluccio Cosentino Certosa di San Lorenzo, Padula Parrocchia S. Lorenzo, Torre Orsaia Parrocchia Maria Santissima di Portosalvo, Villammare Edicola sotto il Monte Bulgheria Parrocchia San Nicola Di Bari, Roscigno

Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella novena di San Rocco Confermazione Cattedrale Santa Maria Assunta, Policastro Bussentino Pellegrinaggio a piedi Cattedrale Santa Maria dalla Concattedrale al Assunta, Policastro Santuario di Pietrasanta Bussentino Celebrazione Eucaristica Cattedrale Santa Maria presieduta dal Vescovo Assunta, Policastro nella solennità Bussentino dell'Assunzione della B.V. Maria Celebrazione Eucaristica Parrocchia Nicola di Bari, presieduta dal Vescovo Ispani nella festa San Rocco Processione e a seguire Parrocchia San Matteo e Celebrazione Eucaristica Santa Margherita, nella festa di S. Rocco Sicignano degli Alburni

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Data sab, 17/08/2019 19:00

dom, 18/08/2019 10:30 mar, 20/08/2019 19:00

lun, 26/08/2019 11:00

mar, 27/08/2019 18:30 gio, 29/08/2019 20:00

sab, 31/08/2019 20:00

dom, 01/09/2019 10:00 mar, 03/09/2019

ven, 06/09/2019 16:00 dom, 08/09/2019 18:00

mar, 10/09/2019 09:30

mar, 10/09/2019 19:00

dom, 15/09/2019 gio, 26/09/2019 10:00 ven, 27/09/2019 11:00

Appuntamento Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Giovanni Battista Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Rocco Celebrazione Eucaristica nella festa di Maria SS. delle Grazie Celebrazione Eucaristica nella festa di Maria SS. di Costantinopoli Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Rufo Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Giovanni Battista Il Vescovo presiede la celebrazione Eucaristica per le vittime della strada Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Corso di formazione per i giovani progetto GIVE ME FIVE Esercizi spirituali per le famiglie Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Antonio Il Vescovo incontra il collegio dei Consultori, il collegio dei Vicari Foranei e i Segretari Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nell'anniversario della morte del servo di Dio Federico Pezzullo Incontro educatori parrocchiali giovani Incontro faraniale dei sacerdoti - Forania di Polla Celebrazione Eucaristica nella traslazione delle reliquie di S. Cono

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Luogo Parrocchia S. Giovanni Battista, Sapri Chiesa di S. Rocco, Bosco Parrocchia Santa Maria delle Grazie, Borgo San Lazzaro Parrocchia San Cono, Castelcivita Parrocchia Santa Maria Maggiore, San Rufo Parrocchia San Giovanni Battista, Terranova Porto di Sapri

Parrocchia Immacolata, Sapri

Hotel Perla, Villammare Chiesa di Sant'Antonio di Padova, Sapri Teggiano

Cattedrale Santa Maria Assunta, Policastro Bussentino

Convento di Sant'Antonio, Polla Cattedrale S. Maria Maggiore, Teggiano


Data sab, 28/09/2019 09:00 sab, 28/09/2019 10:00

dom, 29/09/2019 dom, 29/09/2019 12:00

lun, 30/09/2019 mar, 01/10/2019 10:00

mer, 02/10/2019 mer, 02/10/2019 19:00

gio, 03/10/2019 18:00 sab, 05/10/2019 09:30

sab, 05/10/2019 11:00 sab, 05/10/2019 19:00

dom, 06/10/2019

dom, 06/10/2019 18:30

mer, 09/10/2019 10:00 gio, 10/10/2019 10:00

Appuntamento VII Giornata Regionale per la Custodia del Creato Il Vescovo partecipa all'incontro foraniale dei sacerdoti zona Policastro-Camerota Giornata mondiale del migrante e del rifugiato Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Michele Arcangelo Assemblea CEC Presentazione al clero del documento tutela minori a cura di Mons. Filippo Iannone Incontro foraniale dei sacerdoti Presentazione foraniale Orientamenti Pastorali Zona Padula-Montesano Transito di S. Francesco Incontro Uffici area Catechesi programmazione Incontro Uffici area Liturgia - programmazione Presentazione foraniale Orientamenti Pastorali Zona Policastro-Camerota Consiglio Regionale AC

Luogo Salerno Salone Parrocchia S. Giovanni Battista, Sapri SA

Sala Consilina

Convento S. Francesco, Padula

Salone Parrocchiale, Padula Scalo Convento S. Francesco D’ Assisi, Padula Teggiano

Teggiano Chiesa San Mercurio, Roccagloriosa Centro Parrocchiale "Pier Giorgio Frassati", Prato Perillo Parrocchia Santa Maria Maggiore, San Rufo

Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa della Madonna del Rosario Incontro regionale Pompei Migrantes Il Vescovo partecipa Oratorio parrocchiale, all'incontro foraniale dei Postiglione sacerdoti zona Alburni-Fasanella

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Data gio, 10/10/2019 18:00 ven, 11/10/2019 10:00 sab, 12/10/2019 sab, 12/10/2019 10:00

sab, 12/10/2019 17:30

dom, 13/10/2019 dom, 13/10/2019 dom, 13/10/2019 gio, 17/10/2019 20:00

ven, 18/10/2019 17:00

sab, 19/10/2019 20:00

sab, 19/10/2019 20:00

sab, 19/10/2019 20:00

dom, 20/10/2019 19:00 mar, 22/10/2019 18:00

gio, 24/10/2019

Appuntamento Consiglio Pastorale Diocesano Consiglio Presbiterale Diocesano Incontro sacerdoti ordinati nell'ultimo decennio Il Vescovo partecipa all'incontro foraniale dei sacerdoti zona Padula-Montesano Il Vescovo presiede la celebrazione Eucaristica nella novena di San Gerardo 50 anni di Azione Cattolica Ragazzi Ritiro mensile religiose Visita Pastorale Parrocchie di Polla Presentazione foraniale Orientamenti Pastorali Zona Alburni Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Luca, patrono dell'Ordine dei Medici Incontro fidanzati e coppie che si preparano al matrimonio Incontro fidanzati e coppie che si preparano al matrimonio Presentazione foraniale Orientamenti Pastorali Zona Fasanella Celebrazione Eucaristica nella festa di S. Gerardo Inizio percorso Giovani Universitari con la presenza del Vescovo Visita Pastorale Parrocchie di Atena Lucana

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Luogo Parrocchia Sant'Alfonso Maria de' Liguori, Padula Teggiano

Parrocchia SS. Annunziata, Buonabitacolo

Santuario S. Gerardo Maiella, Materdomini

Pietrelcina

Oratorio Parrocchiale, Postiglione Presidio Ospedaliero Sapri

Salone Parrocchiale, Policastro Bussentino Parrocchia S. Alfonso, Marina di Camerota Oratorio Parrocchiale, Corleto Monforte Parrocchia San Gerardo Maiella, Tardiano Cappella Università degli Studi di Salerno


Data gio, 24/10/2019 10:30

ven, 25/10/2019 sab, 26/10/2019 11:00

sab, 26/10/2019 16:00

dom, 27/10/2019 dom, 27/10/2019 dom, 27/10/2019 18:00 ven, 01/11/2019 11:00 ven, 01/11/2019 15:00 sab, 02/11/2019 11:30 sab, 02/11/2019 15:30 dom, 03/11/2019

mar, 05/11/2019 mar, 05/11/2019 15:00

mar, 05/11/2019 19:00

gio, 07/11/2019 sab, 09/11/2019 sab, 09/11/2019 20:00

Appuntamento Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Foranie di Policastro e Camerota Incontro formazione diaconi permanenti Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Demetrio Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Forania Fasanella Incontro dei giovani e delle famiglie - Zona Golfo Visita Pastorale Parrocchia Sant'Arsenio Confermazione Cattedrale Celebrazione Eucaristica Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Incontro dei giovani e delle famiglie - Zona Vallo di Diano Incontro foraniale dei sacerdoti Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Forania Alburni Il Vescovo presiede il Consiglio Pastorale Foraniale zona Padula-Montesano Visita Pastorale Parrocchia di Pertosa Incontro sacerdoti ordinati nell'ultimo decennio Il Vescovo presiede il Consiglio Pastorale Foraniale zona Alburni

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Luogo Cimitero, Capitello

Chiesa di S. Demetrio, Morigerati Cimitero, Corleto Monforte

Parrocchia S. Maria Maggiore, Sant'Arsenio Cimitero, Teggiano Cimitero, Policastro Bussentino Sapri, Cimitero

Cimitero, Sicignano degli Alburni Salone parrocchiale, Padula Scalo

Oratorio parrocchiale, Postiglione


Data dom, 10/11/2019

dom, 10/11/2019 dom, 10/11/2019

mar, 12/11/2019 09:30

gio, 14/11/2019 lun, 18/11/2019 ven, 22/11/2019 ven, 22/11/2019 09:30 ven, 22/11/2019 10:00 sab, 23/11/2019 sab, 23/11/2019 17:00

dom, 24/11/2019 15:30

dom, 24/11/2019 18:00

gio, 28/11/2019 19:00

sab, 30/11/2019 18:30

dom, 01/12/2019 dom, 01/12/2019 lun, 02/12/2019 mar, 03/12/2019

Appuntamento Incontro dei giovani e delle famiglie - Zona Alburni e Fasanella Ritiro mensile religiose Visita Pastorale Parrocchia San Pietro al Tanagro Il Vescovo incontra il collegio dei Consultori, il collegio dei Vicari Foranei e i Segretari Visita Pastorale San Rufo Esercizi spirituali del clero Incontro formazione diaconi permanenti Consiglio diocesano affari economici Incontro mensile del clero Il Vescovo incontra i seminaristi Ordinazione Diaconale

Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Forania Padula-Montesano Celebrazione Eucaristica per l'inizio ministero di Don Angelo Pellegrino Il Vescovo presiede la Celebrazione Eucaristica Seminario Posillipo Il Vescovo presiede la Celebrazione Eucaristica incontro ministranti diocesi Ritiro di Avvento IRC Ritiro di avvento pastorale familiare Assemblea CEC Incontro foraniale dei sacerdoti

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Luogo

Teggiano

Teggiano - Ufficio Economato Hotel Torre Oliva, Policastro Bussentino Teggiano Concattedrale di Santa Maria Assunta, Policastro Bussentino Cimitero, Buonabitacolo

Parrocchia San Marco evangelista, San Marco di Teggiano Seminario Interregionale Napoli Villammare

Roccagloriosa Villammare


Data mer, 04/12/2019 10:00 gio, 05/12/2019 17:00

ven, 06/12/2019 10:30

ven, 06/12/2019 17:00

sab, 07/12/2019 sab, 07/12/2019 sab, 07/12/2019 17:30 sab, 07/12/2019 19:00 dom, 08/12/2019 dom, 08/12/2019 11:00

dom, 08/12/2019 16:00

mar, 10/12/2019 09:30

lun, 16/12/2019 18:00 mar, 17/12/2019 11:00

mar, 17/12/2019 17:30

Appuntamento Incontro regionale Migrantes Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella vigilia di S. Nicola Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Nicola Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella festa di S. Nicola Incontro diocesano ragazzi Scuola Media Incontro sacerdoti ordinati nell'ultimo decennio Confermazione Il Vescovo inaugura la mostra presepi Festa dell'adesione AC Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo nella Solennità dell'Immacolata Processione e Celebrazione Eucaristica presiedute dal Vescovo nella Solennità dell'Immacolata Il Vescovo incontra il collegio dei Consultori, il collegio dei Vicari Foranei e i Segretari Catechesi di avvento tenuta dal Vescovo Celebrazione Eucaristica nella festa del patrocinio di San Cono Il Vescovo incontra le Istituzioni Civili, Militari ed Educative, e le Associazioni della Diocesi per una riflessione sul bene comune

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Luogo Pompei Parrocchia San Nicola Di Bari, Roscigno Parrocchia San Nicola di Bari, Castelcivita Parrocchia San Nicola di Bari, Controne

Chiesa di S. Eustachio, Sala Consilina Padula

Cattedrale S. Maria Maggiore, Teggiano

Parrocchia Immacolata, Sapri

Teggiano

Parrocchia Santa Maria Maggiore, San Rufo Cattedrale S. Maria Teggiano Museo Diocesano San Pietro, Teggiano


IN MEMORIAM



S.E. Mons. Antonio Napoletano Vescovo emerito di Sessa Aurunca (Ú 8/06/1937 + 25/03/2019)

Mons. Antonio Napoletano, pastore buono e di santa vita, dopo le dimissioni da Vescovo di Sessa Aurunca, vive con grande discrezione, nell’Episcopio di Teggiano, al fianco di S.E. Mons. Antonio De Luca, Vescovo della Diocesi di Teggiano-Policastro. Il suo non è il tempo del pensionamento, ma di nuovo servizio pastorale, in primis quello di stimatissimo ed amato Padre Spirituale nel Seminario Metropolitano di Pontecagnano-Faiano (SA). Nel pomeriggio di lunedì 25 marzo 2019, solennità dell’Annunciazione del Signore, nell’Episcopio di Teggiano, concludeva il pellegrinaggio terreno. La salma, composta nella Cappella del Seminario, ha ricevuto l’omaggio e il suffragio di non pochi amici, conoscenti e Sacerdoti. La mattina del 26 marzo, nella Cattedrale di Teggiano, tra viva commozione e la partecipazione di fedeli e numerosissimi Sacerdoti, S.E. Mons. Antonio De Luca ha presieduto la Messa esequiale. La salma poi è stata trasferita a Pagani, nella Basilica di S. Alfonso, ove il giorno seguente, mercoledì 27 marzo, si sono svolte solenni esequie. Al pensiero del Superiore Provinciale dei Redentoristi, P. Serafino Fiore, si affida il profilo di questa bella figura di pastore.

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don Giuseppe Ippolito (Ú 24/06/1926 + 31/01/2019)

All’alba del 31 gennaio 2019, nella sua casa di Sant’Arsenio (SA), ove era assistito dai familiari, con il conforto dai Sacramenti, si apriva il giorno eterno del Sacerdote Giuseppe Ippolito. Nato il 24 giugno 1926 a Sant’Arsenio, aveva avuto sempre affetto e riconoscenza per il suo paese natale e per le persone conosciute. Don Giuseppe era stato ordinato Sacerdote il 3 luglio 1949 da S.E. Mons. Oronzo Caldarola. Dopo l’ordinazione svolse un periodo di servizio nel Seminario Minore di Teggiano. Nel gennaio 1951 fu nominato Parroco di San Rufo (SA), dove svolse ininterrottamente il ministero fino alle sue personali dimissioni nel febbraio del 2009. Nella sua intelligenza pastorale pubblica il “Bollettino Parrocchiale: La Buona Parola” per poter, come scrive nel suo testamento spirituale, “rappresentare Dio in mezzo al popolo”. Attraverso questo mezzo tiene vivo il legame anche con i Sanrufesi emigrati in Italia e all’Estero. Pubblica 4 volumi: San Rufo nostra, dalla cronaca alla storia 1954-1994; San Rufo e la sua storia e la II edizione riveduta e aggiornata 2004; San Rufo e la sua chiesa, per la riapertura al culto della chiesa terremotata di S. Maria Maggiore 1991; Fior da fiore, raccolta di detti e frasi celebri di tutti i tempi. Cura in Parrocchia il culto al Cuore Eucaristico e il Terzo Ordine Carmelitano. Per le nuove esigenti pastorali promuove l’edificazione della Chiesa di S. Antonio di Padova. Particolare cura dedica al culto della Beata Vergine del Rosario, venerata con il titolo della Tempa, e del Santo Vescovo e martire Rufo, di cui il paese porta il nome. Le esequie, presiedute da Mons. Antonio De Luca, Vescovo della Diocesi, si sono svolte nella Parrocchia di Sant’Arsenio con la partecipazione di molti confratelli. Al termine della liturgia funebre è stata data lettura del suo testamento spirituale.

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don Maurizio Esposito (Ú 11/06/1974 + 03/05/2019)

Il 3 maggio 2019 è entrato nella luce della Resurrezione don Maurizio Esposito. Don Maurizio era nato a Castelluccio Cosentino, frazione di Sicignano degli Alburni, l’11 giugno 1974. Vive le sue esperienze religiose di ragazzo e giovane nella piccola Comunità di Castelluccio. Matura la chiamata al sacerdozio formandosi nel Seminario Interdiocesano di Basilicata a Potenza e il 5 agosto 2005, nel suo paese natale, viene ordinato sacerdote da S.E. Mons. Angelo Spinillo. Prosegue poi gli studi di Licenza in Pastorale a Roma presso l’Istituto Matrimonio e Famiglia "Giovanni Paolo II" della Pontificia Università Lateranense. Ritornato in Diocesi, nel 2007 è nominato parroco della Parrocchia S. Cuore Eucaristico in Montesano Scalo. Nel 2011 è nominato anche amministratore parrocchiale della Parrocchia S. Anna in Montesano sulla Marcellana. Gli ultimi mesi della sua esistenza terrena sono stati segnati da un repentino morbo che ne ha minato inesorabilmente il fisico. La chiamata alla Pasqua eterna è avvenuta il 3 maggio, nell'Ospedale Monaldi di Napoli, dove era ricoverato. La sera del 4 maggio, nella chiesa parrocchiale di Castelluccio Cosentino, si è svolta una veglia di preghiera. Il giorno successivo, 5 maggio, sono state celebrate le Esequie presiedute da S.E. Mons. Antonio De Luca, con la partecipazione di numerosi Sacerdoti e gran folla di fedeli. Sentite parole di commiato sono state rivolte, alla fine del rito funebre, dal Sindaco di Sicignano, Dott. Ernesto Millerosa, e da rappresentanti della Parrocchia di Castelluccio e di Montesano Scalo. La sua salma di don Maurizio riposa nel Cimitero di Castelluccio Cosentino.

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don Vincenzo Ionnito (Ú 02/07/1943 + 29/05/2019)

Il giorno 29 maggio 2019, nell’Ospedale di Sapri, dove era ricoverato, è tornato alla casa del Padre Don Vincenzo Ionnito. Don Vincenzo era nato ad Ispani (SA) il 2 luglio 1943 e fu ordinato Sacerdote il 29 luglio 1967 dal servo di Dio Federico Pezzullo, Vescovo di Policastro. Giovane sacerdote fu nominato Parroco della Parrocchia Immacolata di Scario dove svolse il ministero per circa 31 anni. Il 1° novembre 1998 fu nominato Parroco della Parrocchia S. Lorenzo in Torre Orsaia e della Parrocchia Maria SS. delle Nevi in Castelruggero. Fu poi nominato il 9 ottobre 2001 Parroco della Parrocchia Maria SS. di Portosalvo di Villammare e il 1° novembre 2012 Parroco di S. Pietro Apostolo. in Torraca. Laureato in filosofia, aveva insegnato in diversi Istituti della zona. Aveva anche insegnato all’Istituto Superiore di Scienze religiose di Vallo della Lucania e all’Istituto di Scienze Religiose di Teggiano. Le Esequie, presiedute da S.E. Mons. Antonio De Luca, Vescovo della Disocesi, con la partecipazione di 40 sacerdoti, sono state celebrare il giorno 31 maggio 2019, nella Concattedrale di Policastro . Nell’omelia il Vescovo accostava la Liturgia del giorno, nella festa della Visitazione della Beata Vergine Maria, al cammino presbiterale di don Vincenzo: "il presbitero canta il suo Magnificat quando mette a disposizione tutto sé stesso. La morte allora riempie di senso tutta quella che è stata la nostra vita, canta che Dio è nella nostra povertà, che Egli prima ci sceglie e poi ci riempie". Al termine del rito funebre il Sindaco di S. Giovanni a Piro ha rivolto parole di commiato per don Vincenzo, mettendo in luce le doti di uomo coerente e perfetto, di Sacerdote colto, che ha lasciato un segno indelebile nella Parrocchia di Scario, dove è stato parroco per 31 anni.

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don Giovanni De Luca (Ú 15/09/1931 + 31/10/2019)

Il 31 ottobre 2019, nella Casa di Cura “Gratal s.r.l.” di Cotronei (KR), dove era stato ricoverato in seguito a gravi problemi di salute, si spegneva l’esistenza terrena del Sac. Giovanni De Luca. . Don Giovanni era nato a San Giovanni in Fiore (CS) il 15 settembre 1931 ed era stato ordinato presbitero il 9 marzo 1955. Proveniente dalla Diocesi di Venosa era stato incardinato nella Diocesi di Teggiano il 1° settembre 1971 e nominato Parroco della Parrocchia della Beata Vergine del Rosario in Silla di Sassano (SA), dove ha svolto il suo ministero pastorale fino al 2013. Nella chiesa parrocchiale di Silla, dove era stato Parroco, il giorno 3 novembre 2019, è stata celebrata la S. Messa di suffragio presieduta da S.E. Mons. Antonio De Luca, Vescovo della Diocesi.

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Sommario Vescovo Venite e vedrete Presentazione XXVII Rapporto Immigrazione Immigrazioni: conoscenza, prospettiva e visione Riempite le giare d’acqua Omelia Santa Messa del Crisma Lasciatela fare Messaggio per la Pasqua Omelia Ordinazione Presbiterale di don Antonio Costantino Preghiera a Sant’Antonio di Padova Orientamenti Pastorali 2019-2020 Messaggio per la XXV edizione della Mostra del Presepe a Padula Messaggio per il Natale

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Curia Decreti e nomine Ordinazioni e ministeri Collette anno 2019 Rendiconto relativo alla erogazione delle somme attribuite alla Diocesi dalla Conferenza Episcopale Italiana per l’anno 2019

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Studi Convegno Pastorale Diocesano “Annunciare la Carità” Relazione - Prof. Carmine Matarazzo Dalla pastorale di conservazione ad una chiesa sinodale in permanete conversione: pastorale per una profezia della carità

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Avventimenti

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Agenda

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In memoriam S.E. Mons. Antonio Napoletano Don Giuseppe Ippolito Don Maurizio Esposito Don Vincenzo Ionnito

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DIOCESI DI TEGGIANO-POLICASTRO www.diocesiteggiano.it e-mail comunicazioni@diocesiteggiano.it

Editing, impaginazione e grafica Massimo La Corte

Registrazione Tribunale di Sala Consilina del 27/05/2003 n. 58/R.E.P Cron. 725

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