ANNO XXIX N 36 21 Ottobre 2012

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Anno XXIX 21 Ottobre 2012

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Anno de

2012 Chiamati per nome

È Cristo la risposta alla “desertificazione spirituale” L’annuncio del Vangelo dei nostri giorni Inaugurando l’Anno della Fede, Benedetto XVI indica nei documenti del Concilio Vaticano II, la base su cui poggiare la Nuova Evangelizzazione una solenne Celebrazione Eucaristica che consacra un evento storico per la Chiesa, in coincidenza con due anniversari importantissimi: l’apertura dell’Anno della Fede, in concomitanza con il 50° anniversario dell’avvio del Concilio Vaticano II e il 20° dalla promulgazione del viCatechismo gente della Chiesa Cattolica. Stamattina alla presenza di migliaia fedeli, giunti da tutto il mondo in piazza San Pietro, papa Benedetto XVI ha presieduto la Santa Messa, concelebrata da 80 Cardinali, 8 Patriarchi e Arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche, i Vescovi Padri Sinodali, 104 Presidenti delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo e 15 Vescovi che parteciparono in qualità di Padri ai lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II. Alla celebrazione hanno preso parte, come rappresentanti ecumenici, l’arcivescovo di Canterbury, rowan Williams, e il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I. Quest’ultimo ha pronunciato un suo indirizzo di saluto al termine della messa. La processione iniziale, come ha ricordato il Papa all’inizio dell’omelia, “ha voluto richiamare quella memorabile dei Padri conciliari quando entrarono solennemente in questa Basilica”. Altri segni specifici sono stati l’intronizzazione

dell’Evangeliario (copia di quello utilizzato durante il Concilio) e la consegna dei sette Messaggi finali del Concilio e quella del Catechismo della Chiesa Cattolica, che il Papa ha compiuto prima della Benedizione finale. tali ha segni, spiegato il Santo Padre, “ci offrono anche la prospettiva per andare oltre la commemorazione” del Vaticano II, con l’obiettivo di comprendere più profondamente il “movimento spirituale” che lo caratterizzò. L’Anno della Fede che si inaugura oggi è strettamente legato alla storia e agli eventi della Chiesa dell’ultimo cinquantennio: dal precedente Anno della Fede, indetto da Paolo VI nel 1967, al Grande Giubileo del 2000, celebrato durante il pontificato del beato Giovanni Paolo II. Il magistero di questi ultimi due pontefici converge in particolare su “Cristo quale centro del cosmo e della storia, e sull’ansia apostolica di annunciarlo al mondo”, sul Figlio di Dio che “non è soltanto oggetto della fede, ma, come dice la Lettera agli Ebrei, è «colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (12,2)”. di Luca Marcolivio (Zenith org)

riguarda ogni cristiano

Noi, ciascuno di noi, io stessa e tutti coloro che possono dire “io”, che cosa abbiamo a che vedere e spartire con la nuova evangelizzazione? Non è una questione di preti, suore e vescovi? Se così fosse, non solo non avremo capito un bel nulla dell’omelia del Santo Padre pronunciata domenica 7 ottobre all’apertura del Sinodo dei vescovi ma neppure del nostro essere e dirsi cristiani. Sarà ben utile perciò entrare nell’ottica di quanto il nostro Pastore Benedetto ci propone come linee portanti di vita. Che significa evangelizzazione? Dopo il Vaticano II affermiamo che “l’evangelizzazione è quella della chiamata universale alla santità, che in quanto tale riguarda tutti i cristiani”, con alcune peculiarità concrete: “La loro intercessione e l’esempio della loro vita” che può dirsi evangelizzatrice perché “attenta alla fantasia dello Spirito Santo”. Non è una sollecitazione entusiasmante, rimanere in ascolto di quella forza e di quel vigore creativo che lo Spirito Santo dona fin dalla creazione del mondo, aleggiando sulle acque? Egli crea in noi “la bellezza del Vangelo e della comunione in Cristo” che contagia tutti, perché non solo vive l’esperienza sacramentale ma la vive con “gusto”, cioè l’assapora mentre plasma dentro e dona il Suo fuoco creatore che entusiasma e guida. Questi sono i Santi, non quelle figure oleografiche con gli occhi sbarrati e lo sguardo languido, ma quelle persone che vivono “la Parola di Dio e il Pane di vita, l’Eucaristia” come loro fonte perenne. Lo sguardo allora corre sul loro ruolo nella storia fecondato dall’annuncio. Il mondo è sempre stato percorso da cristiani e cristiane generose che hanno valicato monti e mari, confini linguistici e culturali, forti solo del “linguaggio dell’amore e della verità”: i missionari per eccellenza e per definizione. Oggi però il Papa ci chiede una novità, una “nuova” evangelizzazione che si rivolga al nostro specifico ambiente, senza valicare frontiere geografiche o culturali, rimanendo sul terreno quotidiano, magari abbandonato, incolto, non dissodato e non seminato. Bisogna guardarsi intorno, farsi carico di quanto avviene e delle persone con cui viviamo, gomito a gomito, l’avventura della vita. Dovremmo far trasparire che il Signore “solo riempie di significato profondo e di pace l’esistenza” e, quindi, diventare annunciatori di un incontro personale e profondo che liberi da preclusioni, pregiudizi e interrogativi mal posti, “la riscoperta della fede”.

PAROLA DEL SIGNORE VENTINOVESIMA DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO B DONACI, SIGNORE, LA TUA GRAZIA

Dal VANGELO secondo MARCO E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedéo, dicendogli: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”. Egli disse loro: “Cosa volete che io faccia per voi?”. Gli risposero: “Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Gesù disse loro: “Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?”. Gli risposero: “Lo possiamo”. E Gesù disse: “Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato”. All’udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatili a sè, disse loro: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. (MARCO 10,35-45)

“ChI VUOL ESSERE IL PRIMO TRA VOI SARà IL SERVO DI TUTTI.” “IL FIGLIO DELL’uOMO INFAttI NON è VENutO PEr ESSErE SErVItO, MA PEr SErVIrE” In queste due frasi troviamo la risposta di Gesù alle farneticazioni di Giacomo e Giovanni, ma troviamo anche il senso, il fondamento, la via maestra del Cristianesimo. Diverse volte nell’Antico testamento si parla del Servo, il Servo di Jahvè, soprattutto nei brani di Isaia. Come possiamo notare nella prima lettura della liturgia di questa domenica. Isaia ne parla come il Sofferente, come “uomo dei dolori che ben conosce il patire”; in cui la sofferenza può acquistare un senso diverso, può acquistare, in Cristo, una luce e una speranza diverse e anche la salvezza. Il Servo nelle parole di Gesù, è colui che si spende per i fratelli, in gesti di amore, colui che nella sua vita, non ha pretese di dominio, di potere, di sopraffazione, ma di servizio a favore dei fratelli, del suo prossimo. La grandezza secondo l’insegnamento di Gesù, si “misura” con la grandezza dell’amore, con la grandezza del servizio. Più si ama, più si serve, più ci si dona agli altri, più si è grandi, in pratica è il contrario dell’atteggiamento “mondano” , in cui la grandezza si misura in potere e denaro. Gesù vuole che nel nostro cuore ci sia la sconfitta dell’egoismo

e la vittoria dell’altruismo, dell’amore verso i fratelli, per questo Egli ci mostra con la sua vita, con il suo insegnamento come deve vivere, operare, agire chi vuole seguirlo. Egli, per primo, si sottopone alla legge dell’amore, incarnandosi, beneficando, morendo sulla croce per la salvezza di tutti i suoi fratelli. Egli per primo non si tira indietro di fronte alle esigenze di questo servizio, ma con forza, con coraggio, con amore vive tutta la sua vita come una offerta di amore al Padre per la salvezza di tutti i suoi figli. Gesù dice di se stesso: “IO SONO LA VIA, LA VErItà , LA VItA” la Via perché egli ci insegna come raggiungere, il Padre e la salvezza tutta intera; Verità perché attraverso la sua vita ci mostra la sua adesione e la sua obbedienza alla volontà del Padre, la Vita perché nella resurrezione egli ci dona la conferma, e al tempo stesso la possibilità per chi lo segue di vivere la vita stessa di Dio. Immersi nel suo amore, nella sua gioia per l’eternità. Chiediamo al Signore di farci comprendere la grandezza del servizio, di donarci la disponibilità ad amare senza aspettarci nulla in cambio, di donarci un cuore semplice, di rafforzare la nostra fede, per poterlo seguire lungo la via che conduce al Padre buono, che alla fine del percorso ci attende a braccia aperte, per festeggiare con noi. RICCARDO

SAGGEZZA PER PENSARCI SU: CHI VuOLE VIVErE, DEVE MOrIrE OGNI GIOrNO AL PrOPrIO EGOISMO. (ANONIMO)


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