Italia Ornitologica - numero 11, 2021

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVII numero 11 2021

Estrildidi Fringillidi Ibridi

Ondulati ed altri Psittaciformi

Canarini di Colore

Canarini di Forma e Posizione Arricciati

Il Verdone giallo (1ª parte)

Il fattore Viola

Standard Jaspe doppio fattore

Il ciuffo del “Fiorino”



ANNO XLVII NUMERO 11 2021

sommario 3 5

Finalmente in presenza Gennaro Iannuccilli

Il Verdone giallo (1ª parte) Piercarlo Rossi

Spazio Club Club Amici dell’Ondulato

L’erba medica Pierluigi Mengacci

OrniFlash News al volo dal web e non solo

Il Torcicollo: un uccello chiacchierone Marilena Izzo

Annibale Tornielli di Crestvolant Roberto Basso e Martina Lando

Le metamorfosi del Lizard

Estrildidi Fringillidi Ibrdidi

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Canarini di Colore

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Problemi impellenti Giovanni Canali

Il fattore Viola Giovanni Fogliati

Standard provvisorio del Canarino Jaspe doppio fattore C.T.N. Canarini di Colore

Photo Show Le foto scattate dagli allevatori

Dissertazioni sullo Scotch Fancy Sergio Palma

Il collezionismo ornitologico (9ª parte) Francesco Badalamenti

Il ciuffo del “Fiorino” Gianluca Piviero

La mutazione Opale nel tipo Nero Leonardo Soleo AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le Mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it

Antonio Di Tillio

17 21 23 27 32 35

Ondulati ed altri Psittaciformi

Canarini di Colore

Iniziare la scuola di canto Francesco Di Giorgio

Cosa dicono gli uccelli? Pier Franco Spada

I nostri Lutti Attività F.O.I. Verbale Consiglio Direttivo Federale del 21 agosto 2021

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Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 11 - 2021 è stato licenziato per la stampa il 17/11/2021



Editoriale

Finalmente in presenza di G ENNARO IANNUCCILLI

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i recente mi è capitato di assistere alla proiezione di una pellicola, ambientata in Giappone, nell’ambito di una rassegna cinematografica che ho dovuto seguire per impegni di lavoro. Il film, il cui titolo è Petit Ami Parfait, è incentrato sull’assurda relazione che alcune persone, soprattutto giovani ma non solo, vivono contestualmente con un personaggio femminile, dalle sembianze di fumetto “manga”, ideato per un videogioco da un team di creatori di contenuti multimediali. In pratica, senza dilungarci troppo nella sinossi, il regista ha messo in parallelo le storie di un padre di famiglia, alcuni giovani studenti e perfino un anziano, i quali, invece di relazionarsi affettivamente e fisicamente con i rispettivi partner della loro vita reale, vengono completamente rapiti da questa ragazza virtuale, in collegamento continuo con i suoi followers attraverso cellulari e dispositivi sempre connessi con l’applicazione generata ad hoc per creare in loro “dipendenza emotiva”. Alla fine della proiezione, ho avvertito un senso di angoscia diffusa al solo pensiero di come le nostre vite possano ormai essere “dirottate” dalla realtà quotidiana – più o meno bella – verso situazioni apparentemente astratte ma, complici i nuovi applicativi della tecnologia, pericolosamente invasive nei confronti dei nostri affetti e delle nostre relazioni intersociali.

Come sempre accade, ogni sensazione positiva o negativa che sia, viene correlata d’impulso al nostro vissuto e, ancor più, alle nostre passioni. Infatti, è stato per me spontaneo traslare quasi automaticamente tale riflessione verso il mondo dell’ornitologia amatoriale che tanto ci appassiona. Mi sono venuti in mente, quindi, i quasi due anni orsono in cui, non potendoci frequentare in occasione delle mostre espositive, abbiamo dovuto tessere sempre più frequenti incontri virtuali attraverso le varie piattaforme che – per alcuni versi positivamente – hanno consentito a tutti noi di poterci parlare e vedere, anche se a distanza, attraverso lo schermo di un computer o di uno smartphone. Al contempo, abbiamo sentito l’esigenza di incrementare la pubblicazione sui vari social di foto dei nostri soggetti d’allevamento, quasi come per partecipare a una mostra virtuale attraverso la quale ricevere anche dei giudizi, dei commenti e delle opinioni tecniche sugli uccelli all’uopo “postati”. Non vi nego di aver avuto una concreta necessità di cercare in rete e visualizzare canarini (di colore, nel mio caso) per tenere sempre teso quel filo che ci lega alla voglia di apprezzare il lavoro selettivo compiuto dai tanti allevatori – in ciò consiste l’impegno di ogni giudice ornitologico – al fine di poterci confrontare sportivamente. Tutto sommato, si è trattato di una urgenza dettata dall’isolamento al quale siamo stati costretti per lungo tempo,

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Editoriale

quindi una modalità di “emergenza” messa in atto per tenere viva la nostra passione. Ora però ho notato uno strano, preoccupante atteggiamento da parte di alcuni allevatori (pochi finora, per fortuna): nonostante si sia entrati – finalmente – in un periodo di ripresa delle attività pubbliche e sociali, mi è capitato più volte di ascoltare e leggere riflessioni sulla prospettiva futura delle mostre, mettendole in discussione, quasi come fosse ormai diventato superfluo andare a vedere gli uccelli in esposizione, preferendo una più comoda visione attraverso un display che, grazie alla tecnologia, ora consente di scorgere da ogni prospettiva pregi e difetti di un soggetto esposto solo all’obiettivo della video-camera. Tali affermazioni mi hanno indotto a un raffronto con il film di cui ho raccontato sommariamente la trama, suscitando l’ipotesi di una futura (ma neanche tanto) tendenza verso concorsi ornitologici virtuali, confronti irreali, giudizi “in video”, senza più necessità (e voglia) di frequentarsi di persona, di stare insieme per organizzare una mostra, con tutte le difficoltà del caso, di partire – sacrificando qualche giornata di lavoro - per andare a giudicare gli uccelli alloggiati nelle apposite “rastrelliere” da esposizione. Potrei continuare con la lista di attività che hanno un nesso diretto con l’ornicoltura, che costano sicuramente impegno e “fatica” a cominciare dalla riproduzione dei soggetti in allevamento, ma che trasmettono sensazioni positive e producono irripetibili stati di giovamento psicofisico in tutti noi. Stiamo davvero inoltrandoci in questa direzione? Spero vivamente di no, e non per opporsi alle nuove tecnologie – atteggiamento comunque miope e inutile – tantomeno per denigrare nuovi comportamenti sociali da esse consequenziali. Non mi piace, però, pensare a un futuro in cui i canarini (pappagalli o che siano) possano essere visti

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solo collegandosi in remoto, in solitudine, senza possibilità di discussione e confronto in presenza; si finirebbe sempre più con l’allontanarci dalle basi che costituiscono il nostro vivere ornitologico, con conseguenze nefaste sul nostro movimento così come lo abbiamo conosciuto finora; si sfocerebbe inevitabilmente in una finzione come se fossimo al cospetto di un moderno “tamagotchi” (chi di voi ricorda il pulcino virtuale che creava dipendenza nei bambini?) Molto meglio credere e sostenere che continueranno a esserci e, magari, a proliferare Associazioni che non fungano solo da “raccoglitori” di soci fittizi, motivati solo dalla richiesta di anelli, senza alcun nesso con il proprio contesto territoriale, bensì Associazioni che puntino a essere riferimento locale e concreto per i rispettivi soci, per l’organizzazione di mostre espositive e per tutte le altre attività divulgative e formative da svolgere insieme. Come sempre, la tecnologia può e dovrà costituire un valido aiuto in tutti gli aspetti della nostra vita, anche quelli più apparentemente frivoli, ma non potrà mai sostituire il piacere di avere relazioni interpersonali negli ambiti a noi più congeniali. La ripresa delle mostre ornitologiche ha evidenziato che c’è ancora - e forse più di prima - voglia di frequentarsi, di partecipare ed esporre i soggetti dei propri allevamenti, come dimostrano gli alti numeri di ingabbi fin qui registrati soprattutto nelle mostre internazionali. Auspichiamo che il trend continui a essere positivo, fino a culminare con una grande partecipazione al 70° Campionato Mondiale, momento focale della nostra passione in relazione con gli allevatori di altri Paesi. Con l’augurio di vederci tutti a Piacenza dal 14 al 23 Gennaio, finalmente in presenza!


ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Il Verdone giallo

Prima parte

testo PIERCARLO ROSSI, foto e allevamento MASSIMO CORBELLA

Confronto Agata con Agata giallo

“A

lla zampa di ogni uccello che vola è legato il filo dell’infinito”. Forse in questa frase del grande Victor Hugo c’è il segreto della nostra voglia di allevare, chissà… Ogni anno, tra le varie specie domestiche allevate, il Verdone (Chloris chloris), con il suo aspetto fiero, vanta un numero sempre maggiore di appassionati, complice un buon adattamento all’ambiente controllato acquisito negli anni. Grazie ad un adeguamento, sia climatico che alimentare, questo fringillide è presente in un areale molto ampio che comprende la lontana Scandinavia, la Russia, parte del Nord Africa occidentale fino ad Israele; inoltre, ad ovest è presente in Irlanda, mentre ad est lo si può osservare fino nella parte nord dell’Iran. Un areale così ampio e variegato gli permette di incontrare una sterminata varietà di alternative alimentari e vantare ben 10 sottospecie. Originariamente legato agli ambienti

Confronto del ventre tra Ancestrale e Ancestrale giallo

creati dalle attività agricole, il Verdone ha mostrato negli ultimi decenni uno spiccato adattamento alle aree residenziali, in particolare zone suburbane

ricche di giardini, parchi, viali alberati, cimiteri con cipressi e pini, alternati a porzioni di suolo coltivato (orti e frutteti familiari) o incolto.

Confronto maschio Ancestrale con maschio giallo

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Questi ambienti gli hanno permesso di nidificare a stretto contatto con l’uomo, spesso utilizzando proprio le piante resinose piantate a scopo ornamentale.

Femmina giallo agata

Femmina giallo ancestrale

Femmina giallo ancestrale

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Alimentazione in natura Come già accennato in precedenza, possiamo definire il Verdone una specie poco selettiva nella ricerca del cibo; infatti, analizzando nel dettaglio il suo becco noteremo che ha una lunghezza media intorno ai 13 mm e rapporto lunghezza-larghezza 1,20; questo gli consente di gestire i semi più disparati, che vanno dalla minuta artemisia (0,10 mg) a quelli della faggiola trigona del faggio (230 mg). Tra tutti i fringillidi comunemente allevati, il Verdone è l’unico a prediligere non solo i cereali come grano, grano saraceno, avena, orzo ma anche le arachidi originarie del Brasile, Cina ed India, che contengono olio in abbondanza e vitamina P. Senza ombra di dubbio, il girasole è uno tra gli alimenti più ricercati, specie quando i semi sono ancora nella fase immatura. Alcuni ricercatori dell’Università di Oxford hanno effettuato uno studio molto dettagliato con prelievo di materiale nei gozzi di adulti e nidiacei ed è risultato quanto segue: “Il Verdone appetisce circa una settantina di alimenti diversi e si piazza al terzo posto come varietà, preceduto solamente dal Ciuffolotto e dal Fringuello; la sua dieta include mediamente non oltre il 2% di invertebrati ed è stato rilevato, inoltre, che non fornisce ai suoi nidiacei

Femmina giallo bruno

prodotti diversi da quelli da lui assunti per nutrirsi. Nelle prime nidiate, quelle di maggio e giugno, gli invertebrati sono stati rilevati con una presenza non superiore al 10-12% del totale, mentre nelle successive nidiate questa percentuale scende dall’1% al 3%. Nel periodo da gennaio a marzo, dal materiale prelevato compaiono, nell’ordine, i cereali coltivati, il pepe d’acqua, la senape dei campi, le brassiche coltivate, la bardana e la rosa canina, con scarse inclusioni di carpino e more di rovo; in aprile, invece, è stata rilevata la presenza di tarassaco a diversi stadi di maturazione; da maggio ad agosto, in pieno periodo riproduttivo, vi è un alternarsi di alimenti, anche in base ai diversi areali: tarassaco, olmo, senecio e marcorella, centocchio ed invertebrati, soprattutto bruchi e afidi, fanno la parte del leone, assieme ad un 810% di cereali coltivati. Luglio e agosto vedono una decisa impennata delle brassiche a livelli che toccano il 40-48%, seguite dai soliti cereali coltivati a quote del 33%, assieme alla sempre amata persicaria o pepe d’acqua. Da settembre a dicembre, periodi di muta e di migrazione, sono state rilevate sempre dosi importanti di cereali coltivati, la persicaria e, a seguire, la bardana, il tasso ed il carpino, con residuo minimo di senecio e rosa canina. In questo periodo si è notato un ritorno di interesse per alcuni grossi invertebrati, peraltro giustificabili con le esigenze migratorie e di sverno.


Per quanto riguarda i gozzi dei nidiacei, si è notato che ricevono notevolissime quantità di cereali di vario genere, oltre ad una minima parte di bruchi ed afidi. È stato rilevato un particolare molto significativo; infatti, le proteine di origine animale vengono fornite fino, e non oltre, al settimo giorno di vita, mentre nelle covate di maggio e giugno addirittura si rileva la loro scomparsa dal “menu”. Questi giorni, infatti, sono (fra il quinto e il settimo) coincidenti con l’attivarsi di tutti i tratti di sviluppo del piumaggio dei nidiacei, segno evidente che i giorni precedenti l’organismo ha assimilato le dosi di proteine animali sufficienti ad avviare il relativo processo”. Le mutazioni del Verdone Dopo questo breve excursus sulle sue abitudini alimentari, spero gradito ai nostri lettori, vorrei analizzare le mutazioni che sono apparse negli anni in questa specie. Il Verdone è sicuramente la specie allevata da più tempo in ambiente controllato e vanta sul suolo italico un numero veramente molto importante di grandi estimatori: come non ricordare Severino Arlotti, Federico Boccarusso, Quirino Bellucci, Bruno Zamagni, Marco Zaccaria e molti altri. Il suo allevamento può considerarsi secondo solo al Cardellino; inoltre, essendo allevato da così lunga data, questo ci ha permesso di ottenere una “forma domestica”, frutto anche del meticciamento con il Verdone scozzese ed altre sottospecie, creando un soggetto che nulla ha più a che vedere con i Verdoni presenti in natura. Il Verdone domestico deve presentare una struttura imponente, che esprima robustezza e forza, presenta una livrea appariscente determinata da pigmenti melanici e lipocromici esattamente determinati. Esiste e deve essere giustamente espresso il tipico dimorfismo sessuale della specie; nelle femmine, sul dorso la carica lipocromica è fortemente inferiore a quella maschile così da mettere in evidenza il fondo melanico notoriamente più ricco di eumelanina bruna e di feomelanina che va a realizzare un colore bruno caldo ed intenso, su cui va ad evidenziarsi un re-

golare disegno a grani dai toni nerastri. Sulla base appena descritta sono state introdotte e selezionate le mutazioni fino ad oggi apparse; sicuramente quella su cui si è raggiunto, ad oggi, un grandissimo risultato selettivo è l’agata grazie alla forte ossidazione del residuo melanico richiesto come espressione selettiva della varietà. Questo ci ha permesso di osservare, soprattutto nelle mostre specialistiche, soggetti al top della selezione, forse un po’ a discapito del lipocromo. L’agata annovera tre mutazioni alleliche e precisamente l’ambra, la mascherato e la lutino. Con le prove di complementazione, quest’anno scopriremo se l’ambra è la stessa mutazione chiamata Aminet nel Cardellino grazie a Bruno Zamagni. Sulla scala dei bruni avremo, appunto, la mutazione bruno: bellissimi quelli selezionati da Quirino Bellucci; tra gli altri, l’isabella (la combinazione di bruno + agata) e la satiné (combinazione di bruno +lutino). Di più recente apparizione sono la pastello del tipo recessivo sesso-legato (come tutte le mutazioni fino ad ora descritte) e la diluito, che grazie al suo fattore autosomico a dominanza parziale ci ha permesso di osservare soggetti a singolo e doppio fattore, come succede anche nel Lucherino europeo; questa mutazione è stata traslata nel Cardinalino del Venezuela. Di più recente acquisizione la selezione

Femmina giallo lutino

Femmina giallo lutino

Femmina giallo satinè

Femmina giallo satinè

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Femmina pezzato giallo intenso agata

Femmina satinè giallo intenso x maschio isabella portatore satinè

Maschi giallo satinè

del Verdone pezzato che, dopo anni di lavoro, ci ha permesso di osservare soggetti completamente lipocromici ad occhio nero (come era successo in passato con il canarino domestico). Grazie ad un abile allevatore, il giudice internazionale J.M. Eytorff, è stata selezionata e fissata la mutazione a becco giallo, che accentua il lipocromo e trasforma le parti cornee, unghie, zampe e becco, facendole diventare di color giallo dorato. Questa mutazione è autosomica recessiva ed è stata già sommata ad altre mutazioni, come la bruno, l’agata…, creando cromie veramente interessanti. Presenta le stesse caratteristiche della mutazione «urucum» scoperta nel canarino di colore.

Il Verdone giallo Veniamo ora all’argomento principe di questa nota: il Verdone giallo. L’allevatore italiano che ha deciso di cimentarsi in questa nuova sfida è Massimo Corbella, giudice EFI FOI, a cui passo la penna… “Allevo da quando ho 16 anni, ma la passione l’ho avuta praticamente da sempre, ereditata in primis da mio padre; a quell’età mossi i miei primi passi nel mondo dei fringillidi, che mi ha appassionato in modo particolare. Nel corso del tempo, ho avuto esperienze con quasi tutte le specie appartenenti a questa famiglia, essendo anche fortunato nell’allestire gli spazi di alloggio per loro, gabbie e voliere

di tutte le dimensioni. Gli spazi sono parte fondamentale per una buona riuscita dell’allevamento. Per coincidenza sempre fortunosa, ho vissuto il periodo che sta a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Duemila, quando c’è stata una vera e propria esplosione di novità riguardanti le mutazioni dei colori del piumaggio della fauna europea, che ha acceso l’interesse europeo sull’allevamento e la selezione delle novità riguardanti i colori del piumaggio. Le ho avute quasi tutte e di alcune, grazie all’attività di mio padre, sono venuto in possesso per primo in Italia.” Continua sul prossimo numero

Femmine giallo lutino

Maschi giallo ancestrali

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CANARINI DI COLORE

Problemi impellenti di GIOVANNI CANALI, foto E. DEL POZZO e ORNITOLOGIA LODATO

C

i sono diversi aspetti della canaricoltura di colore che sarebbe bene non rimanessero ulteriormente in una sorta di limbo. Giustificata l’attesa dalla pandemia, ma ora con la riapertura, e speriamo che continui, direi che necessita una presa in mano dei problemi. Sono interessati: tipo, varietà e categoria. Comincerei secondo lo schema tradizionale con il tipo. Preciso che non mi dilungo sui vari casi avendoli già trattati nelle sedi opportune. 1 - Questione opale e simili. Ho più volte sottolineato il fatto che l’opale, per ora, è l’unica mutazione che abbassa la melanina, segnatamente l’eumelanina, nella pagina inferiore della penna. Inoltre, è l’azzurro, almeno nei pigmentati, a rendere l’opale tipico. Ebbene, è stato riconosciuto giustamente il tipo mogano, che creava problemi enormi (a volte vincevano i mogano come opale, specialmente all’estero) e che rischia di crearne ancora con gli intermedi. Tuttavia, il riconoscimento è stato utilissimo, oltre che giusto. Peccato che ci sia ancora chi sostiene trattarsi di selezione, i tempi del dubbio sono finiti... serve approfondimento. Non mi dilungo. Oggi però c’è un altro tipo che io mi sono permesso di chiamare ossidiana che pure imperversa. Questo tipo riduce le melanine meno dell’opale, non le abbassa e non produce azzurro. Ebbene, c’è chi lo apprezza considerandolo un opale d’avanguardia. Micidiali gli intermedi. Urge riconoscimento; trattasi di mutazione non disprezzabile, anzi discretamente interessante. I suoi estimatori avrebbero tutto l’interesse al riconoscimento (inizialmente anche econo-

Coppia canarini selvatici, fonte: canale youtube di Ornitologia Lodato

mico) e ad allevarla a parte. Se poi si volesse dare un nome diverso non importa. Esiste una tesi, in fase di verifica, secondo la quale mogano ecc...

Oggi c’è un altro tipo che mi sono permesso di chiamare ossidiana che pure imperversa

non sarebbero mutazioni alleliche all’opale ma l’effetto di fattori di “inscurimento”. Non ci credo, ma anche se fosse così non cambierebbe molto, sarebbero comunque dei tipi diversi e non degli opale tipici e quindi da giudicare a parte. C’è poi la triste situazione dell’isabella opale. Quando abbiamo commesso l’errore gravissimo di assecondare richieste straniere per avere un disegnino, io avevo pensato al peggio e purtroppo non mi sbagliavo, il peggio è arrivato. Ho visto diversi isabella opale non con un disegnino, ma con un disegno “bruno simile”, lungo ed

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Agata opale intenso giallo, foto: E. del Pozzo

evidente. Pare che utilizzino, nella selezione, anche dei bruni opale deboli di feomelanina. Non faccio ulteriori vani commenti, penso però che a livello di giudizio non si dovrebbero accettare disegni pesanti. Un validissimo tecnico mi ha esposto un suo pensiero e cioè che non sarebbe male se in Italia dessimo l’ottimo anche agli isabella opale veramente tipici, cioè quelli di una volta, con disegno annullato dalla diluizione ed il perlaceo sulle penne forti. Un’idea che all’inizio era venuta anche a me, ma che non ho propugnato come avrebbe meritato. Getto lì anche questo pensiero, che non è peregrino, ma da considerare. Noto, semmai, che la scarsa diluizione negli isabella opale attuali disegnati ha annullato il perlaceo sostituendolo con una marcatura. Per quanto concerne le dicerie sulle interferenze che l’opale avrebbe sui portatori, a vote dette buone ma più spesso cattive, ribadisco che interferenze non ci sono affatto ed è tutta una selezione del tipo base. A questo proposito, mi permetto di segnalare che alla mostra di Parma (con sog-

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Allo stesso modo, ma con qualche perplessità, dubito che con la semplice selezione si possa allargare oltre un certo limite il disegno

getti non in vendita) ho vinto negli agata opale intensi gialli ed anche con un classico agata brinato giallo punti 92 portatore di opale. Non mi interesserebbe se qualcuno dovesse ritenere questa segnalazione vanitosa, poiché è utile. Vogliamo parlare di tipo base? 2 - Sarebbe bene parlare di tipo base, in considerazione del fatto che specialmente all’estero, invece di privilegiare il disegno di base tipico, si privilegia quello pesante negli agata opale e non solo, ma anche negli agata pastello e agata topazio. Inutile dire che questa pessima tendenza può far danno anche in Italia. 3 - Secondo me oltre all’ossidiana ci

sono altri tipi che andrebbero valutati e, ritengo, almeno in parte riconosciuti. Penso al monomelanico e all’all black. Ritengo trattarsi di mutazioni, specialmente la prima, non credo affatto che con la semplice selezione si possa inibire totalmente la feomelanina. Allo stesso modo, ma con qualche perplessità, dubito che con la semplice selezione si possa allargare oltre un certo limite il disegno, facendo diventare, fra l’altro, le strie della testa quasi una calotta. I suddetti tipi, se non valutati a parte, possono inserirsi in altri, creando situazioni poco chiare, già in atto per il monomelanico. Del resto, già in altre specie abbiamo avuto mutazioni del genere: come il petto bianco nel diamante della signora Gould che inibisce la feo o diverse mutazioni che inscuriscono, come nel pappagallino ondulato che da verde chiaro diventa oliva con mutazione omozigote o verde scuro con situazione intermedia. Nel canarino è stata descritta una mutazione avvenuta all’estero, detta “mulatto”, dominante sessolegata che aumenta le melanine. Nel canarino di colore hanno serpeggiato anche altri fattori probabilmente mutati, andati dispersi, forse come quello che sembrava simile al satiné ma autosomico o quello apparentemente opale ma ad occhi rossi. Attualmente serpeggiano dei tipi molto simili al topazio nero ma che tali non sono, almeno a mio parere. Ritengo che sarebbe necessaria una certa attenzione, se non altro per evitare confusione. 4 - C’è poi la questione phaeo. In questo tipo, la voce -appunto- “tipo” va anche troppo bene, per l’aspetto feomelanina addirittura abbiamo maschi che battono le femmine. Non va bene però per il disegno al negativo molto ridotto; non a caso, i portatori sono molto patinati e quasi privi di disegno. Penso che maggiore attenzione a questo aspetto ci vorrebbe. Il problema grosso è che mancano i nerobruni. Certo, l’errore di cambiare selezione da nero-bruno a nero fa danni a tutto campo, ma nel phaeo c’è anche qualche aspetto in più; infatti, si scoraggia l’allevamento dei neri


phaeo penalizzando la melanina centrale anche nelle timoniere e questo non va bene. Nei neri phaeo è difficilissimo avere inibizione del disegno anche nelle timoniere e quindi andrebbe tollerato. Non si dimentichi che il nero aiuta a mantenere il disegno negli ossidati, come l’agata nei diluiti. Va anche detto che nei phaeo si è privilegiata la voce “tipo” più che in tutti gli altri casi. La conseguenza è che le altre voci sono trascurate, per cui spesso abbiamo pessimi piumaggi e scadenti varietà; quanto alla categoria, gli intensi sono intensi, mentre con gli altri si fatica a distinguere i brinati dai mosaico. Quando non si alza la gabbia per vedere se c’è il taglio netto, si sbaglia alla grande. Ho visto vincenti pessimi brinati come mosaico e non solo nel phaeo. Sul mosaico mi soffermerò più avanti. Necessita comunque una certa attenzione. 5- Per quello che concerne la varietà, c’è la triste faccenda della colorazione da nido. Nonostante i palesi difetti, è ricercata anche per evitare penalizzazioni in caso di penne mutate. Sarebbe bene, a mio parere, penalizzare solo le penne che non sono mai mutate (salvo incidenti), vale a dire: remiganti primarie, remiganti secondarie e grandi copritrici delle primarie. Negli altri casi, ovvero remiganti terziarie, alula e timoniere, in vari casi mutate anche in modo naturale, sarebbe bene non penalizzare. In particolare, non ha alcun senso prevedere le remiganti terziarie non mutate, poiché sono mutate nella grande maggioranza dei casi e sono poco visibili in quanto coperte in parte dalle scapolari. Fra l’altro, spesso non vengono penalizzate già ora, poiché sfuggono all’osservazione. Ricordo brevemente che i difetti della colorazione da nido sono: rimozione di un punto naturale utile per la valutazione genetica reale, danno al giallo che appare un poco meno limone, generale peggioramento per una uniformità molto meno gradevole del contrasto. Senza contare che nei gialli ci sono problemi vari, fra cui la poca differenza con i non colorati.

Con la varietà si potrebbe citare anche la scarsa attenzione alla stessa ed alla tonalità limone

Con la varietà si potrebbe citare anche la scarsa attenzione alla stessa ed alla tonalità limone, ma non intendo dilungarmi. Invoco, semmai, l’attenzione di chi ha voce in capitolo in OMJ per spiegare queste cose ed evitare la penalizzazione dei melanici non colorati.

6 - Nella categoria si nota che la scelta errata di privilegiare la brinatura fine rispetto a quella media, come si usava un tempo, favorisce la presenza di zone poco o per nulla brinate. Sarà il caso di penalizzare adeguatamente. Nel mosaico la china va sempre più verso il bianco eccessivo. Gialli e rossi mosaico non possono essere degli aspiranti bianchi. La carena nelle femmine è sempre più ridotta e meno frequente, mentre nei maschi non si ha più lo scudetto ma una carena, anche in quelli ben dotati di maschera. I ciliari nelle femmine sono sempre meno percettibili, ovviamente in particolare nelle gialle e giallo avorio. Secondo me bisogna non solo tollerare, ma richiedere tracce lipocromiche sul

Phaeo intenso rosso, foto: E. del Pozzo

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dorso dei maschi, per evitare un palese eccesso. Ho più volte segnalato come anche la lotta contro i ciliari lunghi non abbia alcuna logica alla base. I ciliari lunghi sono tali già nel selvatico e non c’è alcuna ragione di combatterli. Non vado oltre, è la questione degli standard errati in quanto avulsi dalla caratteristica naturale che vorrebbe ciliari lunghi e mascherina nelle femmine, come si vede accoppiando in modo equilibrato con intensi. Quindi i ciliari nelle femmine sono solo il residuo della mascherina, manteniamo almeno quello! Non starò a parlare dell’origine del mosaico, sulla quale mi sono già ampiamente espresso. Intendo però ricordare bene due cose: le zone di

Mosaico giallo maschio, foto: E. del Pozzo

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elezione intense non le ha create il mosaico, poiché ci sono già nel brinato, a partire dal selvatico, e quando si accoppiano i mosaico con intensi sono identiche. Frasi come: “È mosaico, non vedi che ha le zone di elezione evidenti?” gradirei non doverle più sentire. Vi sono brinati abbondanti estremamente simili al mosaico, comprese le zone di elezione (a volte vengono pure confusi), anzi nei brinati, spesso, le zone di elezione sono anche più intense, visto che si accoppia con l’intenso. Seconda cosa: il mosaico non aumenta effettivamente il dicromatismo sessuale, ma lo sottolinea soltanto. Il canarino è specie dicromatica, già dal selvatico, sia come tipo che come varietà che anche come categoria.

Per la categoria basta guardare i selvatici o i malinois che sono brinati: la brinatura è maggiore nelle femmine e le zone di elezione sono maggiori nei maschi. La somiglianza con mosaico non selezionati è evidentissima. Se i maschi e le femmine vincenti alle mostre fossero fratelli e sorelle avremmo sì un aumento effettivo del dicromatismo sessuale, ma ben sappiamo che non sono neanche parenti. Esistono due linee selettive diverse e le madri dei maschi vincenti a volte hanno più maschera dei padri delle femmine vincenti. Bisogna ben dire che siamo di fronte ad un artificio selettivo. Scusate la debolezza, ma quando parlo di queste cose non posso non chiedere perché non accoppiare il mosaico con l’intenso ed avere standard equilibrati per entrambi i sessi. Lo so, siamo troppo abituati così, non serve domandare. Comunque, nei melanici qualcuno accoppia i mosaico con intensi e con qualche ottimo risultato, visto che la categoria incide meno e si guadagna da altre parti: piumaggio, tipo e varietà ed in parte anche nella categoria per via delle zone di elezione intensissime, almeno nei maschi, sia pure a prezzo di diffusioni. Senza farmi illusioni dico che, almeno, bisognerebbe cercare di tutelare le zone di elezione e la carena, nonché lo scudetto, senza farsi abbagliare dal bianco… per quello ci sono i bianchi. Non dimentichiamo che il mosaico è sì un super brinato, ma la super brinatura deve essere dove è in natura e non deve corrodere le zone di elezione (maschera facciale, spalline e codione). Secondo me sarebbe bene evitare degenerazioni eccessive; pertanto, fra una femmina senza carena ed una con qualche soffusione in più preferirei senz’altro quest’ultima. Quanto alla mancanza di ciliari li riterrei difetto gravissimo, da squalifica se fosse prevista, almeno dovrebbe essere penalizzato adeguatamente. Analogo discorso per la maschera spezzata dei maschi. Non mi dilungo, spero in adeguati interventi.


ONDULATI ED ALTRI PSITTACIFORMI

FORMA & POSIZIONE PARTIAMO DALLE BASI

Il fattore Viola testo e foto di GIOVANNI FOGLIATI

I

n Australia, nel 1934 è stato segnalato il primo Viola nell’allevamento del signor A. Burton nella città di Sydney, ma fu il signor Harold Pier ad esporre una femmina violetta in quello stesso anno. In Europa, il primo accenno di un uccello che avrebbe potuto essere visivamente un Viola fu nel 1935 a Copenaghen. In una lettera al Budgerigar Bulletin, l’allevatore scrisse che aveva allevato un Cobalto, “che chiamerei

Azzurro Viola

In Europa, il primo accenno di un uccello che avrebbe potuto essere visivamente un Viola fu nel 1935 a Copenaghen

Viola”, fornendo poi tutti i dettagli dei suoi uccelli Viola, osservando anche come i soggetti precedenti che aveva visto allevati in Germania alla fine degli anni Venti e commercializzati come violetti, erano poco diversi dai soliti Cobalto e tendevano a perdere il loro colore Viola con l’età. Nel 1924 in Inghilterra e nel 1932 in Australia vennero allevati uccelli chiamati “Royal Blues”, ma questi non erano Viola. Nel Regno Unito il signor

Verde Viola scuro

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C. H. Rogers, scrisse nel 1937, di aver visto per la prima volta in Inghilterra al Cambridge Diploma Show di quell’anno, una femmina Viola esposta da Stevenson e Tucker. Dato che questi due allevatori avevano altri otto uccelli dello stesso colore, molto probabilmente dovevano averli allevati per la prima volta alcuni anni prima. Poiché i Verde chiaro Viola sono molto simili nell’aspetto ai Verde scuro, sembra probabile che un piccolo numero di Verde chiaro Viola siano stati allevati in diversi allevamenti negli anni ‘20, mascherati da Verde scuro. La loro vera natura rimase nascosta per anni, ma fu rivelata solo quando furono abbinati ad animali della serie Blu e questo non poteva accadere fino a quando i pappagallini blu non fossero disponibili, il che avvenne solo negli anni ‘30 del secolo scorso.

chiaro Viola mostrano una finitura più satinata. Le timoniere sono più pallide rispetto al Cobalto o al Verde scuro, quasi simili a quelle del Verde chiaro, in maniera particolare in prossimità dell’apice della penna. I Verde chiaro Viola mancano del colore blu scuro presente nelle remiganti dei Verde scuro. I Verde scuro Viola SF hanno un colore del corpo a metà strada tra il Verde scuro e il grigio scuro. I Verde Oliva Viola SF sono molto simili ai Verde Oliva. Ci si aspetterebbe che i Verde chiaro, scuro e Oliva Viola a Doppio fattore siano leggermente più scuri dei corrispondenti uccelli SF, ma le tinte non sempre si evidenziano in maniera univoca. Gli Azzurro Viola SF hanno un colore del corpo che va dal’azzurro scuro al cobalto medio. La maggior parte potrebbe facilmente essere scambiata per Cobalto anche se un occhio attento e allenato noterebbe facilmente il tipico riflesso vinaceo caratteristico della mutazione Viola. La colorazione di timoniere e remiganti risulta essere il requisito distintivo più affidabile. I Cobalto hanno

Descrizione del fattore Viola Nel pappagallino Ondulato, la mutazione Viola è una delle circa trenta mutazioni che ne influenzano la colorazione. Il fattore Viola produce un effetto visivo in ogni soggetto che lo porta. L’effetto visivo che se ne Verde Viola ottiene dipende dal fatto che il fattore Viola sia in singolo o doppio fattore e se siano presenti le mutazioni scure e blu. In totale, sono riconoscibili diciotto combinazioni visivamente diverse. Tuttavia, solo una di queste è riconosciuta dalla competente C.T.N. come tale; quella che abbia il Viola a due fattori unitamente al Cobalto (singolo fattore scuro nel blu). La World Budgerigar Organisation ha stabilito standard precisi utilizzando i Codici Pantone; questo per permettere un più agevole riconoscimento degli animali a fattore Viola, siano essi della serie bianca che della serie gialla. I Verde chiaro Viola SF (Singolo Fattore) presentano caratteristiche simili al Verde scuro, ma mancano le nervature tenui presenti nelle penne del corpo tipiche di un vero Verde scuro, in questo modo le piume dei verdi

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timoniere centrali blu scuro per tutta la loro lunghezza, mentre negli gli Azzurro Viola ombreggiano al turchese all’estremità della piuma. Le remiganti dei Cobalto sono blu scuro, quelle degli Azzurro Viola mostrano un’iridescenza turchese lucida, simile a quella degli azzurri, ma leggermente più scura. I Cobalto Viola SF hanno un colore violetto e sono conosciuti come Viola visivi o Violetti. I Malva Viola SF sono molto simili nell’aspetto ai normali Malva (Blu con doppio fattore scuro). A volte una sfumatura vinacea può essere intravista nei Malva Viola se questi sono posizionati vicino a un vero Malva, in particolare nell’area del Codrione. Gli Azzurro Viola DF sono simili ai singolo fattore, ma la tinta si offre più ricca e profonda; questo fa sì che possano essere facilmente individuati come Viola. Le loro timoniere centrali sono Blu scuro con un residuo Blu pallido o turchese all’estremità della penna. I Cobalto Viola DF sono simili ai corrispettivi SF ma solitamente hanno un colore viola più vivace. Questa varietà di Viola è considerata in assoluto la migliore nell’aspetto visivo. Si ritiene che i Malva Viola DF siano di colore simile ai Malva Viola SF. L’ereditarietà La mutazione Viola ha una relazione dominante incompleta con il suo allele omologo “Wild Tipe”; nella pratica esistono tre distinti fenotipi, che possiedono zero (il tipo selvaggio), uno (il singolo fattore “eterozigote”) e due (il doppio fattore “omozigote”) alleli Viola, con l’eterozigote che ha un aspetto intermedio tra il tipo selvatico e l’omozigote (per tipo selvatico si intende i Normale). La mutazione Viola è autosomica, ma non è ancora stato determinato se vi sia un legame con una qualsiasi delle altre mutazioni. In passato, si riteneva che l’allele Viola fosse letale nei doppio fattore, ma questo è ora smentito da molti allevatori che regolarmente allevano Viola DF da anni.


Accoppiamenti ideali per ottenere il Cobalto Viola SF Azzurro Viola x Malva Viola x Malva Azzurro x Malva Viola Malva x Verde Scuro Viola / Blu Naturalmente i ruoli maschio e femmina nelle tabelle degli accoppiamenti possono essere invertiti, trattandosi di una mutazione autosomica. Se si utilizzerà anche la mutazione opalino per ottenere soggetti a fattore Viola, sarà opportuno selezionare i soggetti non presentanti caratteristiche intermedie che in questa mutazione (l’Opalino) sono particolarmente visibili e difficili da togliere; quindi niente sfumature di colore del corpo tra le ondulazioni, niente iridescenza nella livrea e fare molta attenzione a punti della maschera in sovrabbondanza e alla ticchiolatura. Esperienze personali Sicuramente il Viola possiede un fascino a cui pochi sanno resistere; anche io ne restai ammaliato nei primi anni di carriera da allevatore. Purtroppo la difficile gestione della mutazione e l’inesperienza portarono all’estinzione della linea Viola da me selezionata allora. Alcuni anni fa in Svizzera ebbi modo di acquistare presso il signor Armin Giger un Grigio Viola che unii ad una femmina Cannella Azzurro Viola proveniente dalla mia linea. Da quella coppia (evidentemente il maschio era portatore di Cannella) ottenni tre maschi Cannella Cobalto Viola di buona fat-

Cannella Viola Cobalto

tura e colore. Nei prossimi anni imposterò un programma d’allevamento per mantenere la mutazione,

migliorare la struttura ed eventualmente portare il Viola fuori dal Cannella.

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CANARINI DI COLORE

Standard provvisorio del Canarino Jaspe doppio fattore testo della C.T.N. CANARINI DI COLORE, foto M. DE FILIPPO, A. GRANO E G. ZAMBETTA

N

egli ultimi anni la selezione mirata operata dagli allevatori della mutazione Jaspe ha portato alla produzione di soggetti omozigoti, comunemente denominati “Jaspe Doppio Fattore” o “Jaspe Doppia Diluizione” con caratteristiche fenotipiche che rispondono al requisito della differenziazione, fondamentale affinché un nuovo tipo possa essere ufficialmente riconosciuto e ammesso a concorso. Diverse fonti riportano che il fattore Jaspe opererebbe una riduzione del 50% della carica melaninica rispetto al singolo fattore. È evidente che una tale affermazione avrebbe bisogno di un riscontro scientifico (osservazione al microscopio della concentrazione dei granuli di melanina su rachide, barbe e barbule) che ad oggi non ci risulta effettuato. Tuttavia tale assunto può costituire un punto di riferimento importante per valutare l’espressione ottimale della carica melaninica manifestata.

Il Nero Jaspe doppio fattore Caratteri tipici - Il canarino evidenzia una tonalità melaninica grigiastra, molto diluita - Il disegno, seppur leggero, dovrà essere chiaramente percettibile, completo su testa dorso e fianchi e con la conformazione tipica del Singolo Fattore - La barratura alare e caudale dovrà essere visibile e con estensione pari al Singolo Fattore - Ossidazione delle parti cornee - L’evidenziazione del rachide me-

lanizzato (ad oggi non sempre manifestato) costituisce un pregio e un’indicazione per il miglioramento selettivo della mutazione Difetti: - Presenza di melanina bruna visibile - Tonalità melaninica poco percettibile o, al contrario, tendente a quella del singolo fattore - Scarsa ossidazione delle parti cornee - Barratura poco evidente o eccessivamente estesa - Presenza di penne non interessate dalla mutazione

Nero Jaspe DD, all. Michele De Filippo

La selezione della mutazione Jaspe ha portato alla produzione di soggetti omozigoti denominati “Jaspe Doppio Fattore”

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Nero Jaspe doppio fattore - punti a disposizione 30 - Parametri di valutazione Valutazione

OTTIMO

Descrizione Il piumaggio è caratterizzato da un velo di eumelanina grigiastra che lo avvolge lasciando intravedere il disegno tipico della mutazione. Melanizzazione del rachide percettibile, bordatura delle penne del dorso di colore grigio chiaro che delimita un’area più chiara che forma un disegno lineare chiaramente percettibile. Il disegno deve essere percettibile su testa e fianchi. La barratura delle remiganti e delle timoniere deve avere la stessa estensione del singolo fattore. Assenza di melanina bruna visibile. Becco zampe ed unghie ossidate.

Punti

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Rispetto all’ottimo, la valutazione “buono” va attribuita al soggetto che si discosta leggermente dalle caratteristiche tipiche, con una leggerissima presenza di melanina bruna, un disegno meno netto e/o leggermente discontinuo. BUONO

28 - 27 Il disegno su testa e fianchi deve essere visibile. Barratura alare e caudale con estensione leggermente maggiore o minore rispetto all’ottimo. Becco, zampe ed unghie ossidate. Espressione melaninica sufficiente a individuare il tipo. Tonalità eumelaninica chiaramente inferiore (slavato) o superiore rispetto a quella tipica o che evidenzia melanina bruna. Disegno eumelaninico corto e stretto, ovvero non visibile, con una patina di 26 - 24 SUFFICIENTE melanina che avvolge il piumaggio senza evidenziare il disegno. Barratura alare e caudale poco estesa o troppo estesa. Becco, zampe ed unghie scarsamente melanizzati. Sarà valutato insufficiente il soggetto la cui tonalità tende al singolo fattore o che comunque non evidenzia le caratteristiche tipiche previsto dallo standard. Sarà altresì valutato insufficiente il canarino che mostra più difetti tra quelli di seguito elencati, anche tenendo conto della gravità di ognuno di essi: - Disegno eumelaninico stretto e discontinuo INSUFFICIENTE - Mancanza di disegno su testa e fianchi. 23 - 18 - Eccesso di melanina bruna. - Piume melaniche che non manifestano la mutazione. - Barratura alare e caudale assente o che si estende alle remiganti secondarie e terziarie o troppo estese sulla coda. Becco, zampe e unghie chiare.

Bruno Jaspe DD, all. Arioste Grano

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Il Bruno Jaspe doppio fattore Caratteri tipici - Il canarino evidenzia un velo di eumelanina bruna, molto diluita - Il disegno seppur leggero dovrà essere chiaramente percettibile, completo su testa dorso e fianchi e con la conformazione tipica del Singolo Fattore - La barratura alare e caudale dovrà essere visibile e con estensione pari al Singolo Fattore - Parti cornee brunastre - L’evidenziazione del rachide melanizzato costituisce un pregio e un’indicazione per il miglioramento selettivo della mutazione Difetti: - Presenza di feomelanina bruna rossiccia visibile - Melanizzazione non chiaramente percettibile (attualmente rappresenta il difetto più diffuso) - Scarsa ossidazione di becco, zampe e unghie - Barratura poco evidente o eccessivamente estesa - Presenza di penne non interessate dalla mutazione Bruno Jaspe DD, all. Arioste Grano


Bruno Jaspe doppio fattore - punti a disposizione 30 - Parametri di valutazione Valutazione

Descrizione

Punti

Il soggetto tipico evidenzia un velo di eumelanina bruna diffusa su tutto il piumaggio che lascia intravedere un leggero disegno, nella tipica conformazione della mutazione, lineare e completo su dorso testa e fianchi. OTTIMO 29 La barratura alare e caudale è ben definita ma non troppo estesa. Becco, zampe ed unghie brunastre. Rispetto all’ottimo, la valutazione “buono” va attribuita al soggetto che si discosta leggermente dalle caratteristiche tipiche con una espressione melaninica leggermente inferiore ma pur sempre facilmente percettibile e/o con disegno meno netto e/o leggermente discontinuo. BUONO 28 - 27 Il disegno su testa e fianchi deve essere visibile. Barratura alare e caudale con estensione leggermente maggiore o minore rispetto all’ottimo ma comunque chiaramente percettibile. Becco, zampe ed unghie brunastre. Scarsa presenza di eumelanina bruna ma ancora sufficiente a riconoscere il tipo. Striature eumelaniniche corte e strette. Fianchi con striature deboli. SUFFICIENTE 26 - 24 Barratura alare e caudale poco estesa o troppo estesa. Penne melaniche che non manifestano la mutazione. Becco, zampe ed unghie chiare. Scarsa melanizzazione del fondo tale da creare difficoltà nel riconoscimento del tipo. Tonalità bruno-rossiccia dell’espressione melanica. Sarà altresì valutato insufficiente il canarino che mostra più difetti tra quelli di seguito elencati, anche tenendo conto della gravità di ognuno di essi: - Disegno stretto e discontinuo. INSUFFICIENTE - Disegno scarso su testa e fianchi. 23 - 18 - Piume melaniche che non manifestano la mutazione. - Barratura alare e caudale assente o che si estende alle remiganti secondarie e terziarie o troppo estese sulla coda. Becco, zampe e unghie chiare. Penne che non manifestano totalmente la mutazione.

Agata Jaspe DD, all. Gaetano Zambetta

L’Agata Jaspe doppio fattore L’effetto del Doppio Fattore nell’Agata, se tipico, genera un canarino molto particolare e interessante soprattutto nei mosaici e negli apigmentati. Caratteri tipici sono: - Tonalità grigio perla che evidenzia particolare luminosità e brillantezza (queste ultime caratteristiche sono meno evidenti negli intensi e nei brinati) - Disegno netto, ben visibile e pari a quello dell’agata classico - Barratura alare e caudale visibile e con estensione pari al Singolo Fattore - Becco, zampe e unghie carnicini Difetti: - Scarsa espressione eumelaninica - Disegno lungo - Presenza di melanina bruna - Melanizzazione di becco e unghie - Penne melaniniche che non evidenziano la mutazione - Barratura alare poco evidente o eccessivamente estesa - Tendenza al tipo Agata Opale Indicazioni di supporto al giudizio Per quanto la barratura alare e caudale vale quanto chiarito per il singolo fattore. La barratura alare dovrà riguardare le remiganti secondarie nella parte centrale. Con l’ala chiusa, la barratura non dovrà essere visibile sulle remiganti secondarie e terziarie. Nella coda la barratura deve interessare la parte superiore. L’assenza o l’eccessiva estensione è un difetto grave e deve esser adeguatamente penalizzato. Tuttavia una barratura appena percettibile potrà determinare la valutazione “sufficiente” nella voce Tipo in un soggetto che risulterebbe ottimo in presenza di estensione tipica. La presenza di penne melanizzate sarà sempre oggetto di penalizzazione e valutata in ragione della rilevanza del difetto, fino a determinare l’insufficienza quando risulta particolarmente visibile e localizzato su più zone del piumaggio. Isabella Jaspe doppio fattore In conseguenza dell’estremo grado di diluizione che la mutazione esercita sull’Isabella, è intuibile che ad oggi non possa essere presa in considerazione la possibilità di riconoscimento di un apposito standard.

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Agata Jaspe doppio fattore - punti a disposizione 30 - Parametri di valutazione Valutazione

Descrizione Tonalità melaninica complessiva grigio perla molto luminosa con disegno ben evidente di conformazione pari a quello dell’agata classico. Disegno netto e ben visibile su testa e fianchi. OTTIMO Assenza di melanina bruna visibile. Barratura alare e caudale ben definita con la tipica estensione del singolo fattore. Becco e unghie chiare. Sarà valutato “buono” il soggetto che si discosta leggermente dall’ottimo per la tonalità del disegno o per la sua estensione, ovvero per la presenza di melanina bruna appena percettibile, ovvero per un’estensione delle barrature appena maggiore o inferiore all’ottimo. BUONO Becco e unghie chiare. Scarsa espressione melaninica ma ancora sufficiente a individuare il tipo. Striature eumelaniniche lunghe e larghe o poco evidenti sulla testa e sui fianchi. SUFFICIENTE Presenza di melanina bruna. Barratura alare e caudale poco marcata o troppo estesa. Leggera melanizzazione su becco e/o unghie. Tonalità melaninica scarsa e appena percettibile. Tendenza al tipo Agata Opale. Striature eumelaniniche troppo larghe e troppo lunghe o assenti sulla testa e sui fianchi. Eccesso di melanina bruna. Evidente melanizzazione di becco e unghie. INSUFFICIENTE Sarà altresì valutato insufficiente il canarino che mostra più difetti tra quelli di seguito elencati, anche tenendo conto della gravità di ognuno di essi: - Striature eumelaniniche lunghe e larghe. - Disegno scarso o assente sulla testa e sui fianchi. - Piume melaniche che non manifestano la mutazione. - Barratura alare e caudale assente o che si estende alle remiganti secondarie e terziarie o troppo estese sulla coda.

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La consultazione è abilitata a tutti, anche se non registrati

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L’accesso per pubblicare gratuitamente le inserzioni è riservato in esclusiva agli allevatori in regola con l’iscrizione alla F.O.I. o accedendo dall’area INTRANET FOI

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Questo mese, il protagonista di Photo Show è: ALESSANDRO D’ANGELO RNA 31ZM con la fotografia che ritrae il soggetto “Arlecchino portoghese testa ciuffata - maschio” Complimenti dalla Redazione!

• Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

• All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.

(*) Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione



CANARINI DI FORMA E POSZIONE LISCI

Dissertazioni sullo Scotch Fancy testo e disegni di SERGIO PALMA, foto T. DE BIASE

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ei Canarini in genere, oltre ad appassionarmi il loro allevamento e la conoscenza delle loro caratteristiche “morfo-fenotipiche” mi incuriosisce molto e sempre di più la ricerca della loro storia, la loro comparsa nel mondo della Canaricoltura domestica. L’aspetto storico, di ogni cosa che oggi mi circonda, attira la mia attenzione ed è per me un continuo stimolo alla ricerca ed alla conoscenza di quello che non conosco, accendendo in me la voglia di confrontare le mie idee e le mie perplessità con altri appassionati. Quello che a molti potrebbe sembrare retorica o “minestra scaldata” è invece storia. Questa ci porta a conoscere il passato, che è decisivo e consente di cogliere le analogie tra le esperienze degli uomini passati e presenti: “da cause simili è naturale che si producano effetti simili”. Quindi, in teoria, se si conosce il passato non si dovrebbe fare altro che migliorare e, questo concetto, è molto importante nel nostro hobby dove, talvolta esagerando, si vogliono raggiungere obbiettivi che mal con-

Figura 1

Secondo Aristotele, la ricerca condotta con metodo storico aggiunge valore alla conoscenza delle cose

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vivono con i dettami di Madre Natura. Nella mia continua ricerca, mi sono imbattuto anche nella storia dello “Scots Fancy”. Non è uno sbaglio la parola Scots, ma uno dei tanti nomi utilizzati dagli allevatori per individuare questo canarino, nonché sinonimo dell’attuale denominazione. La figura numero 1 rappresenta un canarino, sicuramente un antesignano degli attuali Bossu’ e Scotch che, come tutti sappiamo, hanno la stessa provenienza, il quale viene raffigurato nel testo del 1853 dal titolo “THE BIRD FANCIERS”. Il soggetto raffigurato viene descritto come “longbreed or French canary” (razza lunga o canarino francese), allevato nella zona di Glasgow, dove hanno indirizzato la selezione in modo da dar vita a quello che oggi conosciamo come Scotch Fancy. Questa teoria è confortata dalla figura n. 2, la quale, ripresa da un testo del 1904 dal titolo “THE CANARY BOOK”, porta nella didascalia “Glasgow don or Scotch fancy”. Non c’è competenza senza formazione. Lo Scotch Fancy è uno dei più vecchi canarini di posizione, con una postura speciale che lo contraddistingue per le sue caratteristiche peculiari quali la forma del corpo e la posizione; non a caso, sono le prime due voci che incontriamo nella scheda di giudizio. È un canarino di discreta taglia (17 cm), con un corpo affusolato curvo a forma di semicerchio dalla testa alla coda. Ha un bel dorso circolare che forma il segmento esterno, o convesso, la cui forma è ben tagliata in un arco concavo netto. La testa è piccola, ordinata e in apparenza un po’ serpentina, leggermente piatta sulla sommità e il collo è lungo, sottile, ben rastremato (parte da una base più larga e va a stringersi sulla sommità) e si estende bene quando l’uccello è in piena posa. Le spalle, quasi

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Figura 2

impercettibili, sono alte, strette e ben riempite, senza alcun effetto grondaia che va a formarsi tra i carpi, correndo tra di loro e lungo la schiena.

Lo Scotch Fancy deve avere un portamento audace, libero e sbarazzino, con gambe lunghe e flesse che gli danno vitalità e azione spostandosi da un posatoio all’altro. In posizione, deve essere ben rialzato, formando un cerchio alto e non deve accucciarsi o appoggiarsi sul posatoio

La coda è lunga, stretta e spazia bene sotto il posatoio, tenendosi lontana da esso, nel proseguimento della curva dalla spalla al dorso. Lo Scotch Fancy deve avere un portamento audace, libero e sbarazzino, con gambe lunghe e flesse che gli danno vitalità e azione spostandosi da un posatoio all’altro. In posizione, deve essere ben rialzato, formando un cerchio alto e non deve accucciarsi o appoggiarsi sul posatoio. Gli anni scorsi si tendeva a produrre canarini con abbondante piumaggio nel tentativo di aumentare la taglia, provocando sbuffi nel piumaggio specialmente sui fianchi e nella parte anteriore che andavano a creare i cosiddetti “colpi di vento”. Lo sforzo oggigiorno dovrebbe essere quello di allevare un canarino con buona qualità di piumaggio serico sia nella parte superiore che quella inferiore. Essendo la taglia e la lunghezza degli Scotch, durante il giudizio, di una certa importanza è necessario che negli accoppiamenti i maschi usati posseggano una buona dimensione. Nel maschio dobbiamo avere lunghezza del collo, lunghezza del corpo, lunghezza delle ali e della coda, nonché una spalla robusta e ben riempita, senza cioè il canale a grondaia. Se poi hanno pure una buona forma ed una buona azione tanto meglio. Scioltezza della testa e un corpo ben curvo si devono ricercare nelle femmine, come anche la forma. Anche le femmine devono essere belle nel piumaggio e anch’esse devono possedere un certo carattere, senza però mostrare nervosismo. Non importa quanto buoni possano essere i maschi: se le femmine hanno la testa pesante, il collo corto e un’azione lenta o goffa, in questo caso non ci si può aspettare di allevare soggetti che diano soddisfazioni


nelle esposizioni. Un punto di grande importanza, e che non deve mai essere dimenticato nell’accoppiamento degli Scotch Fancy, è questo: non allevare mai un uccello che sia seduto sul posatoio; un buono Scotch Fancy tira in posizione il corpo per tutta la durata del giudizio ed oltre. Guida della posizione è la massima estensione possibile del collo, ma quando il canarino spinge la testa e il collo in avanti deve agire contestualmente con le spalle e la schiena nella direzione opposta, come per fare da contrappeso. Non si possono avere uccelli grandi da uno piccolo, né puoi allevare uccelli eleganti e tesi da genitori goffi e pigri. Lo Scotch Fancy ha bisogno di una discreta quantità di addestramento in gabbia da mostra se si vuole raggiungere il successo nelle esibizioni.

Scotch fancy bianco, all. T. De Biase

Dobbiamo immaginare i nostri canarini come degli atleti e tutti gli atleti per vincere devono essere ben allenati. In posizione deve stare teso, con la testa ben portata in avanti e formare con il dorso e la coda, che deve essere ben ricurva sotto il posatoio, un arco continuo. In azione, dovrebbe muoversi liberamente e senza sforzo da posatoio a posatoio, mostrando una certa spensieratezza ed eleganza, ma senza distruggere il contorno essenziale della silhouette con sbuffi e “cravatte” varie nel piumaggio. L’emozione è una reazione affettiva intensa di breve durata, determinata da uno stimolo esterno che ci consente di provare piaceri o dispiaceri. Quando vedo un bello Scotch mi emoziono, una sensazione che provoca in me piacere.

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DIDATTICA & CULTURA

Il collezionismo ornitologico

Nona parte

Le statuine testo e foto di FRANCESCO BADALAMENTI

Collezione di Salvo Affronti

Q

ueste mie note sul collezionismo ornitologico stanno riscontrando consensi positivi; sono brevi e di facile lettura, sono ac-

cessibili a tutti, semplici da scrivere e frequentemente supportate da un buon numero di foto. Mi hanno consentito di avviare con-

tatti con nuovi appassionati collezionisti e di scoprire inconsueti rami e sezioni di un comparto del collezionismo assolutamente di nicchia. Ho ri-

Cardellini

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Crested modellino in metallo

cevuto parecchie telefonate, messaggi WhatsApp ed email contenenti immagini, commenti, suggerimenti (l’indirizzo, lo ricordo nuovamente è: badalamenti@foi.it).

Sono stato, pertanto, invogliato a proseguire; rimane ancora qualche altra idea per i prossimi numeri di Italia Ornitologica, nonostante siano stati pubblicati già diversi articoli (con questo siamo al numero nove). Inizialmente avevo ipotizzato di dedicare questo testo all’oggettistica in generale, ma la buona disponibilità di foto di uccelli in modellini e figure stilizzate mi ha indotto a destinare interamente uno spazio alle cosiddette “statuine” (lo so, il termine non è il massimo, ma non sono riuscito a trovar di meglio per individuare questa specifica sezione). In legno, di porcellana, in fusione, in resina, in vetro soffiato, in metalli vari, smaltate e decorate a mano e perfino in marmo… l’estro artistico e la fantasia artigianale di chi realizza questi oggetti sono davvero eccezionali. Numerose sono le aziende che si sono

Gloster consort, figura stilizzata in marmo

Canarini di Forma e Posizione Lisci, statuine in terracotta realizzate da S. Affronti: Border, Fife, Llarguet, Lizard, Ciuffato tedesco e Norwich

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Piccole collezioni: Pappagallini Ondulati e Gufi

cimentate nella produzione e commercializzazione di statuette raffiguranti modellini di uccelli in vari formati, materiali e dimensioni. In alcuni casi si tratta di pezzi unici di Limoges, di Capodimonte o in porcellane pregiate; altri sono soggetti facenti parte di piccole collezioni o serie speciali, forniti perfino in confezione regalo e con brochure descrittiva del soggetto rappre-

sentato. Tra questi, la “John Beswick Birds” ha dedicato agli amanti del birdwatching di tutto il mondo una collezione di modellini in ceramica dei più comuni uccelli britannici; ogni statuetta mette il soggetto in un apposito minidiorama o piccola scena, per conferire profondità o per creare un ideale movimento o un particolare effetto del piumaggio.

Nell’agosto del 2003 la Hachette, casa editrice multinazionale specializzata nella pubblicazione di opere a fascicoli collezionabili, dedicate al mondo del modellismo, degli hobby e delle collane di prodotti editoriali e del collezionismo, introdusse sul mercato, attraverso il consueto canale di vendita delle edicole, una collezione dedicata agli appassionati di uccelli, denominata

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Foto varie

“The Country Bird Collection”. Il progetto editoriale prevedeva n. 80 piccole sculture in resina, dipinte a mano e scolpite dall’artista mr. Andy Pearce. La raccolta, economicamente accessibile a tutti, prevedeva una pubblicazione settimanale costituta da un fascicolo contenente dettagli, immagini e informazioni su ciascun uccello della raccolta e da una piccola scultura (l’intera collezione, completata da Salvatore Cirmi, è visionabile presso la sede F.O.I.). Come già in passato, alcune tra le fotografie a corredo me le hanno inviate gli amici Salvatore Alaimo e Pippo Visconti; altre raffigurano soggetti della mia piccola raccolta personale ed altre ancora sono della collezione fotografica che si trova a Piacenza, nelle vetrine presso la sede

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La più importante carrellata di foto riguarda statuine raffiguranti le diverse razze di Canarini di Forma e Posizione Lisci

della Federazione; qualche foto, infine, è tratta dal web. Una po’ per caso, ma soprattutto per mia personale propensione e passione, la più importante carrellata di foto riguarda statuine raffiguranti le diverse razze di Canarini di Forma e Posizione Lisci, anche se il soggetto più gettonato è ovviamente il Carduelis carduelis, il più amato tra i Fringillidi, che attrae

per il suo splendido e unico abbinamento di colori. Tra le foto a corredo della presente nota, molte raffigurano statuine in terracotta realizzate a mano e decorate personalmente dal fraterno amico Salvo Affronti, da qualche anno allontanatosi, per motivi familiari, dal mondo dell’ornitologia amatoriale, ma per diversi decenni seriamente impegnato sotto il profilo sia amministrativo sia tecnico dell’ornitofilia sportiva. Tra il 2005 e il 2008 con Affronti ci vedevamo spessissimo, in quanto eravamo rispettivamente Presidente e Segretario della C.T.N. C.F.P.L. e quindi posso affermare di aver visto nascere molti tra questi suoi modellini. Inizialmente i soggetti riguardavano esclusivamente la Razza Bossù Belga (avevamo infatti fondato a Palermo nel 2000, il Club Italiano Bossù, insieme a un nutrito gruppo di allevatori siciliani e qualche caro amico campano). Affronti, approfittando delle attrezzature e dei forni del laboratorio artigianale di ceramica di sua figlia, realizzò l’intera premiazione della mostra specialistica del Club del Bossù, organizzata nel 2007 in provincia di Palermo, dove ho avuto l’onore e il privilegio di essere convocato per giudicare, e nel 2008 ad Ercolano (NA). In seguito, i modelli realizzati da Affronti non furono più soltanto e solo Bossù Belga, ma riguardarono numerose altre diverse razze di forma e posizione (Border, Fife, Scotch, Japan Hoso ecc.).

Canarini lipocromici in terracotta di Salvatore Alaimo


2008 Ercolano, premiazione per la specialistica del Club Italiano Bossù

I soggetti per alcuni anni vennero donati all’Associazione come premio per il Campione Razza C.F.P.L. della mostra Ornitologica organizzata dall’A.M.O. Palermo. Successivamente, Salvo decise di realizzarne un buon numero per regalarli agli amici più stretti e per tenerne un po’ per se stesso; sicuramente qualche pezzo ce l’ha anche il compagno di tante avventure e collega Peppino Fiore.

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CANARINI DI FORMA E POSZIONE ARRICCIATI

Il ciuffo del “Fiorino” testo e foto di GIANLUCA PIVIERO

on questo mio scritto voglio descrivere, in base alle mie conoscenze da allevatore, le caratteristiche del ciuffo del canarino Arricciato di forma “Fiorino”. Molto spesso capita di osservare, sia tra le cavalle delle mostre che sui social o nei gruppi WhatsApp, immagini di soggetti che non rispettano lo standard relativo a questa voce che,

C

nella categoria Ciuffati, deve essere osservata al meglio poiché fa la differenza con la categoria Liscio. Detto ciò, riassumo quello che è lo standard per tale voce: “Ciuffo completo, centrato e simmetrico che lascia vedere l’occhio” (foto n. 1). Come innanzi detto, molti neofiti ingabbiano in questa categoria dei soggetti

Foto 1

Foto 2

Foto 3

Foto 4

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che rispettano le altre voci dello standard in modo perfetto ma nel ciuffo, se esaminato a fondo nella parte frontale (foto n. 2), si nota che tende leggermente ad aprirsi, a volte in modo davvero difficile da cogliere, potenzialmente ingannando anche qualche giudice, oltre a coloro che non sono esperti della razza o a coloro che iniziano il proprio percorso come allevatori. Osservando i soggetti allevati si nota che, così come avviene per le altre voci, più il soggetto tende ad avere una taglia grande tanto più sarà bello il suo ciuffo. Qui entriamo in gioco noi allevatori che, applicando una selezione drastica, scarteremo tali soggetti o cercheremo di innestare tali ciuffi su soggetti di taglia piccola rispondenti allo standard della Razza, vista l’importanza della taglia che deve essere, come previsto dallo standard, piccola. Altro aspetto degno di nota è che il ciuffo tende ad ingannare l’occhio umano poiché, nel pileo più scuro, tende a manifestare una forma migliore del ciuffo rispetto a soggetti lipocromici,

Foto 4 bis


Foto 5

quali i bianchi o i gialli, ma con questo non si vuole certo dire che questi ultimi siano penalizzati o non abbiano la possibilità di realizzare ciuffi ottimi come nei pezzati o melaninici (tale manifestazione non è immediatamente intuibile se si riferisce solo ad un effetto ottico o an-

che alla reale struttura del ciuffo – ndr) Altri difetti spesso riscontrabili sono quelli relativi alla calvizie nucale (foto n. 3) ed a piccole “fagianine” dietro la nuca di alcuni soggetti (foto n. 4 e 4bis); questi ultimi devono essere immediatamente scartati, altrimenti porteremmo queste tare nelle future generazioni. Da appuntare, infine, un ulteriore difetto, con una piccola curiosità spesso discussa con altri allevatori, ovvero soggetti con un ciuffo che ha una sorta di piccola cresta davanti (foto n. 5) i quali, sebbene non presentino mai calvizie nucale, vanno subito scartati. Concludo nella speranza di aver contribuito, nel mio piccolo, a dare un supporto ed un aiuto a coloro che si accostano e che sceglieranno questa razza da allevare. Questi canarini hanno raggiunto, dopo anni di selezione, livelli che sfiorano la perfezione dello standard. Il lavoro giornaliero di noi “fiorinisti” è un impegno a raggiungere il ciuffo perfetto.

Nota a margine

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n chiave selettiva può essere sicuramente condivisibile scartare drasticamente i soggetti con ciuffi che manifestano una leggerissima tendenza ad aprirsi frontalmente (anche se quasi impercettibile come nella figura 2). Per quanto riguarda invece l’utilizzo di soggetti ciuffati di taglia superiore, al fine di migliorare la qualità dei “ciuffi”, c’è da evidenziare che tale procedimento potrebbe essere assai insidioso specialmente per gli allevatori novizi. Senza la necessaria esperienza, c’è il reale rischio di inserire un grave difetto (taglia eccessiva) per correggerne un altro meno importante. Esistono ottimi ciuffi anche nei Fiorini di piccola taglia che sono quelli da utilizzare prioritariamente per il miglioramento del connotato. Ricordiamoci che la “taglia eccessiva”, nei Fiorini, è uno dei difetti più difficili da correggere Francesco Rossini

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CANARINI DI COLORE

La mutazione Opale nel tipo Nero Distribuzione dell’eumelanina e percezione del colore testo e foto di LEONARDO SOLEO

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osa accade quando un canarino interessato dal 3° fattore di riduzione, ovvero opale, viene esposto a un fascio di luce? È d’obbligo prima citare i nomi dei “creatori”, per meglio dire i valorizzatori di questa splendida mutazione, i sig. Rossner e Muller, che nel 1949 quando è comparsa per la prima volta nel loro allevamento, hanno saputo portarla avanti con caparbietà, arrivando al Mondiale di Bruxelles del 1962 dove è stata ufficialmente riconosciuta. Da allora se ne è parlato e se ne parla molto ancora oggi, fonte di innumerevoli discussioni e pareri discordanti su come deve essere lo standard e su come interpretare questo benedetto criterio di giudizio. Più chiaro? Più scuro? Se posso esprimere un parere personale, visto finalmente il riconoscimento della mutazione Mogano che ha creato un po’ di confusione nell’ultimo decennio, abbiamo la possibilità e il dovere di preservare questa splendida mutazione, di cui se ne apprezza il meglio solo in quei soggetti con tonalità di nero non troppo marcato, sebbene non si suggerisca una selezione contro il nero (più avanti capiremo il perché). Sottolineando che il tipo base è sempre fondamentale, c’è da precisare che l’effetto maggiore della mutazione opale si evidenzia nel tipo Agata, dotato di un nero ridotto. Oggi siamo in molti a gradire la loro compagnia nei nostri allevamenti. Grazie all’ausilio delle foto allegate, cer-

Fonte di innumerevoli discussioni e pareri discordanti su come deve essere lo Standard

cheremo di vedere insieme la distribuzione della melanina nera nel piumaggio e il comportamento del colore in funzione ad alcune varianti, peculiarità di questa mutazione. Facciamo prima una breve introduzione di come è strutturata una penna: calamo - cilindro cavo

Pagina superiore e inferiore di penne Nero Opale

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inserito nella cute; rachide - proseguimento del calamo dove sono agganciate le barbe, le quali tutte insieme formano la superficie piana detta anche vessillo; e per finire le barbule, diramazioni perpendicolari delle barbe. Barbe e barbule sono quelle che determinano in gran parte il riflesso della luce. Il piu-

Pagina superiore di penne Nero Opale Una delle svariate percezioni di colore strutturale, funzione della “temperatura” di colore della sorgente.

Particolare del dorso di Nero Opale

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maggio di un uccello ha molteplici funzioni: oltre alla più immediata, ossia di farli volare, li protegge dalle condizioni climatiche, viene usato per comunicare e nei riti di accoppiamento grazie ai suoi colori, per la difesa e il mimetismo, e molto altro ancora. Dopo questa semplificata premessa, diamo un’occhiata alla immagine n° 1. Come si può notare, la massima concentrazione di melanina nera si evidenzia nella parte inferiore e nel canale midollare della penna, in questo caso remiganti e timoniere, mentre nella parte superiore si manifesta la massima riduzione del pigmento nero. Tale riduzione può arrivare fino ad ottenere fenomeni di trasparenza, favorendo un maggior passaggio della luce e quindi il raggiungimento delle zone alveolari, dette anche spugnose della cheratina, proteina prevalente nella composizione chimica del piumaggio. Parte della luce viene riflessa con tonalità grigio azzurre, detti anche colori strutturali, i quali in questa mutazione si apprezzano in modo particolare. I colori strutturali sono una serie di tonalità che, al contrario dei colori normali (colori chimici), non derivano da un pigmento ma sono il risultato che si ha quando si accomunano tre fattori: sorgente di luce, oggetto e osservatore. In poche parole, possiamo dire che questo effetto è la percezione della luce modificata da un oggetto da parte dell’osservatore. Particolarlmente influenti sono il tipo di fascio di luce “solare o artificiale” che colpisce la piuma, l’angolo della luce incidente e, in questo particolare caso, la concentrazione della eumelanina (pigmento nero) che tanto più è maggiore e meno riflette, in quanto assorbe tutte le lunghezze d’onda visibili della luce, inibendo così le proprietà che caratterizzano l’opalescenza, come l’opacità traslucida e l’iridescenza. Quest’ultima è un fenomeno ottico che amplifica i colori blu e viola sulla tonalità grigio perla (foto 2) e insieme all’opacita traslucida sono la principale fonte di ispirazione per il nome attribuito a questa mutazione. Per l’esattezza, specifichiamo che il fenomeno che ci fa percepire l’azzurro è dubbio se sia diffusione di Tyndall oppure interferenza. Oggi si dà più credito all’interferenza.

Influenti sono anche il tipo di tessuto (tegumento), l’irruvidimento della superficie mediante fitti rilievi (texture) e strutture microscopiche, nano particelle solide e liquide come acqua e pulviscoli. Sono tutte queste varianti a conferire quell’eccezionale effetto che a noi “opalisti” piace tanto.

Opale: minerale colloidale

Similitudine cromatica tra la livrea del canarino opale e il minerale opale


S pazio Club D

omenica 12 settembre, in Reggio Emilia, presso la sede S.O.R. sita in via Fratelli Manfredi 57, si è tenuto un incontro-mostra scambio interamente dedicato al pappagallino ondulato, sia di colore che di forma e posizione. L’evento rientra all’interno del progetto “Maratona Ornitologica”, ideato e realizzato dalla S.O.R., che prevede, a cadenza settimanale, una giornata dedicata a una specifica razza e/o specie, così da fornire agli allevatori, dopo tanta attesa, un momento e un luogo per incontrarsi, confrontarsi, scambiare soggetti e approvvigionarsi. L’incontro sul pappagallino ondulato, evento inaugurale della Maratona, è stato realizzato dalla Società Ornitologica Reggiana in collaborazione con il Club Amici dell’Ondulato, rispettando tutte le disposizioni anti-covid previste dalla Legge. Per fornire qualche dato: 27 sono stati i tavoli occupati e circa 300 i visitatori intervenuti gratuitamente. Molto interesse hanno suscitato i soggetti di ondulato di colore “faccia nera”, presentati dall’allevatore Gianluigi Terzi, davanti ai quali i numerosi giudici presenti e gli allevatori si sono a lungo soffermati a osservare e discutere. Il Club Amici dell’Ondulato ha approfittato dell’occasione per tenere una riunione del proprio Consiglio Direttivo, nella quale si è ana-

lizzato l’andamento del Club a circa un anno dall’elezione del nuovo Direttivo, gettando le basi dei progetti futuri; in particolare, si è discusso del Mondiale W.B.O. che si terrà il prossimo anno a Chianciano Terme. Nell’occasione, si è lanciata anche la campagna iscrizioni per l’anno 2021/2022, registrando 23 iscrizioni in sole 4 ore, sintomo evidente che ci sia voglia di ripartire, insieme, verso un radioso futuro ornitologico. Il pranzo post-evento, organizzato da Roberto Sabattini, è stato “ottimo e abbondante” e, con l’allegria e la goliardia che lo hanno caratterizzato, ha rappresentato la ciliegina sulla torta che ha concluso la giornata. In sintesi: bella e attesa esperienza, da ripetere al più presto! Filippo Morrone, per il Club Amici dell’Ondulato

Club di specializzazione

Breve cronaca di una domenica Ornitologica

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ALIMENTAZIONE

L’erba medica

Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo

Foraggio di eccellenza, nutriente e coltura sostenibile di PIERLUIGI MENGACCI, FOTO AUTORI VARI

Premessa Siamo nel mese di Giugno del 2010. Mentre ero intento a raccogliere alcuni rametti di erba medica in fiore da alcuni cespugli che ogni anno ricacciano nel mio giardino-frutteto, compare alle mie spalle l’amico agronomo Massimo. - Ciao Gigi, come al solito il tuo cancello è aperto. Qual è il problema? - . Lì per lì rimango sorpreso e un po’ perplesso, poi, ricordatomi della telefonata che gli avevo fatto: -Ah, sì, ecco… Ciao, volevo farti vedere una vite che, carica di uva, stava appassendo e perdeva le foglie, pur avendo fatto tutti i trattamenti. Nel frattempo, però, è passato “Gig d’Albertein”, e l’ha tagliata. Secondo lui era ammalata, stava morendo e, prima che attaccasse la malattia anche alle altre viti, andava eradicata. Scusami se non ti ho avvisato”-.

Stelo di erba medica, foto: P. Mengacci

Erba medica, fonte: erbecedario.it

- Fa niente, passavo da queste parti. Con quella “spagnèra” (erba medica) che ci fai? Non mi dire che la dai ai canarini…-. - Hai indovinato. In questo periodo, ai novelli in voliera, do volentieri anche la “spagnèra”, alternata ad altre erbe. Durante la muta, essendo ricca di carotenoidi, è di aiuto alla colorazione e brillantezza del piumaggio. Inoltre, come tutte le infiorescenze delle erbe commestibili, è un ottimo diversivo antistress che tiene i canarini impegnati nella ricerca dei semini-. -Va bene, ma non esagerare. Lo sapevi che la “spagnèra”, oltre ad essere il foraggio di eccellenza in campo zootec-

nico, essenziale per la salute degli animali, è ritenuta uno tra i più completi alimenti dal punto di vista nutrizionale anche per la nostra salute?-. - Ma va? non ci credo!- gli rispondo. - Te lo dico perché l’ho sperimentato su me stesso. Un giorno mi sentivo giù, uno di quei momenti in cui ti senti scarso di energie… Mi reco in una farmacia-erboristeria e, per farla breve, esco con una boccetta: tintura madre di Medicago Sativa (erba medica): 30 gocce da prendere per 2 o 3 volte al giorno lontano dai pasti in poca acqua. È stato un toccasana: due giorni e… più pimpante di prima! In fitoterapia viene consigliata anche come infuso

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per depurare il fegato, come diuretico naturale, come rimineralizzante-vitaminico, ecc. Tienilo in considerazione. Per quanto riguarda la vite, ha fatto bene “Gig” ad eliminarla, tieni controllate anche le altre e, mi raccomando, zolfo e rame!-. Lo accompagno al cancello, ci salutiamo e mi reco con il mazzetto di erba medica raccolta nella stanza dei canarini. Mentre lo sto mettendo all’interno della voliera, ripenso alle parole di Massimo: Lo sapevi che la “spagnera” è ritenuta uno tra i più completi alimenti dal punto di vista nutrizionale

ho pensato di sfruttare questa proprietà durante la muta: oltre al pastone, fornisco alcuni steli di erba medica ancora in fiore che nascono naturalmente nel mio giardino-frutteto, alternandoli alle altre erbe selvatiche di cui, in miei precedenti articoli, ho elencato proprietà ed utilizzi. Anche quella volta Massimo mi ha dato l’input per conoscere meglio un’erba che non avevo mai preso in considerazione e per scoprirne i valori nutrizionali e le proprietà fitoterapiche. Dagli appunti dell’epoca, rivisti, corretti e aggiornati ho ricavato questo articolo,

medicina. Fu introdotta prima in Grecia durante l’occupazione dei Persiani e successivamente dai Romani in Italia e nel bacino del Mediterraneo. Nel Medioevo cadde in disuso, ma con le incursioni degli Arabi ricompare in Spagna, e di nuovo in tutto il continente, e da qui anche il nome di Erba Spagna. Dai colonizzatori spagnoli, venne portata nelle Americhe come foraggio per i loro cavalli e di seguito venne coltivata anche in quei luoghi. È una pianta erbacea perenne, la cui radice fittonante può raggiungere profondità e lunghezze fino a 4 o 5 metri ed oltre. È costituita da una corona basale da cui si sviluppano steli cavi ed eretti fino ad una altezza di un metro. È una pianta molto longeva: trovando le condizioni ideali, può raggiungere anche i 20 anni di età. Nelle rotazioni colturali può insistere nello stesso appezzamento di terreno per 5 o 6 anni, con una media di tre sfalci annuali. La profondità dell’apparato radicale e la perennità delle chiome che immagazzinano carboidrati come riserva energetica rendono l’erba medica molto resistente, soprattutto alla siccità. Le foglie sono trifogliate con la foglia centrale picciolata che le distingue da quelle dei trifogli. I fiori sono costituiti da un racemo (grappolo) di colore blu-violaceo. Sono molto bottinati dalle api, che producono un miele nettarifero alquanto ricercato. I frutti sono dei legumi che possono contenere fino a 6 semini.

Fiori di erba medica, fonte: domsireni.ru/it

anche per la nostra salute? Effettivamente non ci avevo mai pensato e non mi ero mai interessato al riguardo. Ho sempre ritenuto l’erba medica un ottimo foraggio animale anche nelle sue trasformazioni (fieno, pellettato, farina). Per i miei canarini avevo già utilizzato per alcuni anni un pastoncino contenente farina di erba medica consigliatomi da un amico per la sua appetibilità, digeribilità, valore proteico e vitaminico, ma la presenza di carotenoidi mi ha poi dissuaso dal suo utilizzo durante la riproduzione. Allora

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sperando che sia interessante, utile e gradevole per i lettori della nostra bella rivista Italia Ornitologica. Note botanico-storiche L’erba medica o Medicago sativa L., detta anche “erba Spagna” (Spagnèra nel mio dialetto) oppure “Alfa-alfa”, nome di origine araba che significa “padre di tutti gli alimenti”, è una pianta erbacea perenne, che appartiene alla famiglia delle Leguminose. È originaria della regione Media, in Persia, oggi Iran; da qui l’appellativo di “Medica”, nulla a che vedere con la

Proprietà e utilizzi Partendo dalla definizione araba “padre di tutti gli alimenti”, possiamo capire come nel corso degli anni l’erba medica si sia rivelata un vero contenitore di principi attivi. Infatti, i componenti principali riportati nel sottostante elenco, ripreso da un articolo di Simona Oberhammer (*), ci dimostrano che la presenza di vitamine, composti proteici, minerali e pigmenti antiossidanti come il betacarotene e la clorofilla, contenuti nell’erba medica, possano essere utili per la nostra salute e, visto che siamo in campo ornitofilo, anche per i nostri volatili.


Componenti Proteine: 20% Vitamine: provitamina A, vitamine A, B, B1, B2, B6, C, D, E, K, acido folico. Sali minerali (2-10%): fosforo, calcio, potassio, clorofilla. Principio ed attività estrogenica (fitoestrogeni): isoflavoni: genisteina, cumarine: cumestrolo Altri componenti: saponine, fibre solubili e insolubili, alcaloidi. Prima di addentrarmi nell’uso che ne possiamo fare noi uomini, un piccolo cenno all’uso zootecnico di quest’erba, foraggera per eccellenza. Il suo utilizzo principale è da sempre il fieno; da diversi anni viene usata per produrre pellet e farina disidrata, alimenti per animali da carne, latte e uova, che garantiscono appetibilità e digeribilità elevate per gli animali. La disidratazione fa sì che questa pianta abbia una resa maggiore in termini di proteine e fibre. Inoltre, il contenuto di vitamine, oligoelementi e acidi organici rende l’erba medica una vera miniera di sostanze nutritive fondamentali per la crescita di animali sani, longevi e produttori di latte, carne e uova di alta qualità. Per questi motivi è molto usata negli allevamenti avicunicoli e degli uccelli. L’erba medica viene consigliata anche perché è apportatrice di innumerevoli benefici al nostro organismo sotto forma di alimento, di integratore e se impiegata in un trattamento terapeutico. - Come alimento, le parti utilizzate sono i germogli, ricchi di tutti i componenti sotto riportati nella tabellina, soprattutto vitamine e fibre che la germinazione esalta. Sono molto apprezzati perchè hanno un sapore delicato, fresco e croccante e si prestano ad essere utilizzati per numerose preparazioni. Si possono mantenere in frigorifero per alcuni giorni e si possono consumare in insalate, su crostini, in farciture, salse e condimenti vari. Valori nutrizionali Medi per 100 g di Germogli freschi di Erba Medica o Alfa-alfa (crudi). Fonte: database USDA - Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti Acido Oleico: 0,056 g Acido Linoleico: 0,0234 g Acido Linolenico: 0,175 g

Zuccheri Fruttosio: 0,12 g Glucosio: 0,08 g Sali Minerali Potassio: 79 mg Fosforo: 70 mg Calcio: 32 mg Magnesio: 27 mg Ferro: 0,96 mg Zinco: 0,92 mg Vitamine Vitamina C: 8,2 mg Tiamina (B1): 0,076 mg Riboflavina (B2): 0,126 mg Niacina (B3): 0,481 mg

mentazione insufficiente, nelle convalescenze; inoltre, viene consigliata come fortificante nei casi di affaticamento e come corroborante generale. - In fitoterapia, oltre all’intera pianta, le parti che vengono più utilizzate sono i fiori e le foglie, ad esclusione delle radici, sotto forma di infuso, tintura madre e farina disidratata. È consigliata per carenze di vitamine e minerali, per depurare fegato, come diuretico naturale, ricostituente, nutriente ecc. da consumarsi prima e dopo i pasti:

Cespuglio di erba medica nel giardino dell’autore, foto: P. Mengacci

Acido pantotenico (B5): 0,563 mg Piridossina (B6 vitamina): 0,034 mg Colina: 14,4 mg Betacarotene: 87 mcg Vitamina K: 30,5 mcg Aminoacidi Leucina: 0,267 g Lisina: 0,214 g Valina: 0,145 g Isoleucina: 0,143 g Treonina: 0,134 g - Come integratore (capsule a base di erba medica), è ritenuta un efficace ricostituente, rimineralizzante, nutriente nei casi di un’ali-

prima dei pasti per aumentare l’attività gastro-intestinale; dopo i pasti, per agevolare l’assorbimento delle sostanze nutrienti più importanti. - In campo ornitologico, pur essendoci pareri contrastanti nell’alimentazione dei canarini, (vedi Canaricoltura del prof. Zingoni, pubblicato dalla FOI- p.214), la farina di erba medica viene usata da alcune aziende nel confezionamento di pastoncini come alimento per tutti quegli uccelli che non hanno problemi con i carotenoidi,

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Steli di erba medica pronti per i Canarini, foto: P. Mengacci

per l’elevato contenuto di proteine, l’ottimo apporto di vitamine, minerali, amminoacidi e antiossidanti, la poca fibra contenuta e non ultime, l’appetibilità e digeribilità. A mio parere, il consistente contenuto di carotenoidi, maggiore di qualunque altro alimento

Germogli di erba medica, fonte: alimentipedia.it

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utilizzato per i nostri volatili (vedi tabella a pag. 175 - pag. 182 nella seconda edizione, ndr - del succitato volume Canaricoltura) rende la farina di erba medica più che consigliata per i canarini a fattore rosso, ai quali, per esperienza personale, durante il periodo della muta, attribuisce un colore rosso brillante. Alcuni allevatori consigliano di somministrare l’erba medica dopo averla fatta seccare all’ombra, tritare le foglie e aggiungerle al pastoncino nella quantità di circa un cucchiaio per chilo. Altri consigliano di somministrare i germogli freschi nella quantità necessaria per inumidire il cous-cous e il pastoncino affinché venga consumato nell’arco di 4 o 5 ore. Comunque, qualsiasi soluzione è buona purché sia certa la provenienza e, a mio parere, si usino prodotti bio.

Alcuni allevatori consigliano di somministrare l’erba medica dopo averla fatta seccare all’ombra

Conclusione: “La coltura più sostenibile” Al giorno d’oggi, quando la parola sostenibilità dovrebbe essere presente in ogni azione umana, ho trovato interessante questo articolo sull’erba medica ritenuta “la coltura più sostenibile”. “L’Erba Medica oggi” (**) Da qualche decennio, l’erba medica – prodotto della tradizione agricola destinato all’alimentazione animale – è entrata, nella sua forma disidratata, nell’epoca della modernità. Oltre che essere alla base della nutrizione animale, l’erba medica ha il fondamentale ruolo di garante di un’agricoltura performante, volta alla protezione dell’ambiente e alla preservazione del territorio. Oggi l’Erba Medica copre circa 35 milioni di ettari della superficie terrestre, per una produzione annua di 47 milioni di tonnellate. In Europa, dove la produzione è di circa 10 milioni di tonnellate, la coltivazione di questa leguminosa è concentrata maggiormente in Francia, Spagna e Italia. Il valore dell’erba medica è legato al suo contenuto di proteine vegetali, di cui è naturalmente ricca. Le proteine sono indispensabili nell’alimentazione dei conigli, dei ruminanti da latte e carne, degli avicoli, soprattutto nel caso delle galline ovaiole, e dei cavalli. Sono però le virtù meno conosciute dell’erba medica a conferirle il titolo de “La coltura più sostenibile”: - È essenziale per la biodiversità e per l’apicoltura: la coltura di erba medica ospita una microfauna fino a 100 volte maggiore di quella del grano ed il periodo di fioritura prolungato assicura nutrimento alle api da maggio a ottobre; - Con il suo sistema radicale, sviluppato fino a 5 metri di profondità, assicura lo scambio di materia organica con il suolo per tutto l’anno, contrastandone così l’erosione; - È allo stesso tempo purificatrice e fornitrice di azoto: l’erba medica assorbe azoto dall’aria e dal suolo, quindi non ha bisogno di ricevere fertilizzanti, mentre grazie alla pro-


Steli di erba medica in voliera, foto: P. Mengacci

fondità del suo apparato radicale permette di catturare l’eccesso di azoto disciolto nel terreno, restituendolo poi alla coltura che la segue; - Ha un ruolo fondamentale contro l’inquinamento prodotto dalle attività agricole durante la rotazione colturale: la coltura di erba medica dura in media 5 anni, mentre quella dei cereali è annuale; - È indispensabile per la salute degli animali: una dieta a base di erba medica rispecchia una nutrizione equilibrata e fisiologica, garanzia di salute e benessere. Ricerche effettuate per conto dell’EFSA (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare) mostrano come l’erba medica aumenti e migliori la produzione di latte permetta lo sviluppo di una carne meno

Canarino che assaggia l’erba medica, foto: P. Mengacci

grassa, più tenera e più rossa; i suoi pigmenti donano al tuorlo dell’uovo il colore giallo, mentre gli acidi grassi (Omega 3) arricchiscano la carne dei conigli. - È consigliata anche per noi umani: ricca di vitamine, acido folico, sali minerali, fibre solubili ed insolubili e pigmenti antiossidanti come il betacarotene e la clorofilla, l’erba medica viene sempre più utilizzata per l’alimentazione umana sotto forma di germogli. Inoltre, nel 2009 l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha omologato l’estratto fogliare di erba medica, complemento alimentare impiegato come integratore di proteine, in grado di dare, in larga scala, un importante contributo alla lotta contro la fame nel mondo.”

Questo scritto mi ha ulteriormente convinto che pure noi “ornitofili” allevatori possiamo essere fautori di sostenibilità anche nella scelta e nell’utilizzo di prodotti non solo ad uso personale, ma anche nell’allevamento dei nostri uccelli; prodotti che provengano da colture o procedimenti lavorativi che «soddisfino i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri». Ad maiora, semper! FONTI - * Simona Oberhammer, la naturopata più famosa d’Italia - www.biotipioberhammer.it/alfa-alfa-erbamedica - **www.gruppocarli.com/erba-medica - cibocrudo.com/erba medica - Canaricoltura di U. Zingoni edito FOI

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O rniFlash Anche i pinguini riconoscono i loro simili attraverso i sensi

News al volo dal web e non solo

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ulla rivista scientifica Proceeding of the Royal Society B, è stato pubblicato uno studio dei ricercatori dell’Università di Torino, dal titolo “Cross-modal individual recognition in the African penguin and the effect of partnership”, che mostra come i pinguini africani riconoscano i loro compagni di colonia attraverso i sensi. Gli autori della ricerca hanno scoperto che la capacità di riconoscere i propri simili utilizzando diversi sensi, caratteristica tipica dell’essere umano, è presente anche in questa specie di volatili a rischio estinzione. Dopo che coppie di pinguini hanno trascorso del tempo insieme in una zona isolata, uno è stato rilasciato dalla zona, lasciando l’altro, pinguino focale, da solo. Una chiamata vocale è stata immediatamente riprodotta dalla direzione in cui il pinguino ha lasciato. Il pinguino focale ha risposto più velocemente alla chiamata se non corrispondeva all’identità del pinguino che aveva appena visto uscire. Questo comportamento dimostra che la chiamata ha violato le loro aspettative e indica che possono immaginare l’altro individuo nella loro mente e accedere a questa immagine attraverso diversi sensi. “I nostri risultati - afferma il Dott. Livio Favaro, coautore senior della ricerca per l’Università di Torino - mostrano che questi pinguini non si affidano, come si pensava in precedenza, solo alle informazioni vocali per la comunicazione. Il nostro lavoro apre anche nuove strade per indagare la cognizione complessa in una specie di uccelli non precedentemente nota per la sua intelligenza”. Fonte: Università degli Studi di Torino – Ufficio Stampa

Jiangsu: alla scoperta dei “fossili viventi”

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iangsu è una sorta di paradiso terrestre che accoglie ogni anno centinaia di specie di uccelli migratori nelle sue zone umide protette, regalando spettacoli indimenticabili di pacifica convivenza e di amicizia tra gli animali stanziali e i nuovi arrivati. Rare cicogne bianche, piccoli gabbiani relitto (Ichthyaetus relictus) dell’Asia centrale, i minuscoli Reed parrotbill, delicatissimi (perché in via di estinzione) che volano tra i canneti, sono solo alcune delle decine di specie volatili che popolano da nord a sud questo territorio, un’area in cui l’urbanizzazione si è diffusa senza mai danneggiare la biodiversità, e in cui uomo e natura convivono armoniosamente. Si tratta di molte specie di volatili che rientrano nella categoria dei “fossili viventi”, coniata dal grande esploratore Charles Darwin, cioè di specie che conservano caratteristiche considerate primitive e che erano state ritenute estinte. Tra questi, spicca su tutti la cicogna bianca orientale, specie in pericolo d’estinzione di cui attualmente esistono solo 3000 esemplari in tutto il mondo, che arriva nella Cina orientale dopo la riproduzione e qui sverna fino a marzo. A favorire il suo arrivo, anni di sforzi in favore della protezione dell’ambiente, sia nella pesca sia nello scavo dei fondali, che hanno reso il lago Luoma una delle più importanti aree umide protette della provincia: sulle sue sponde, infatti, non approda solo questo meraviglioso volatile dalle lunghe zampe e dalla livrea bianca e nera, ma tanti altri stormi di uccelli che fanno tappa qui in cerca di cibo e riposo. Centinaia e centinaia di ali spiegate su un tappeto d’acqua azzurra, un vero e proprio incanto per gli appassionati di birdwatching. Fonte: https://viaggi.corriere.it/itinerari-e-luoghi/jiangsu-alla-scoperta-dei-fossili-viventi-nelparadiso-cinese-del-birdwatching-jiangsu-travel-native-adv/


O rniFlash Il condor della California può dare vita a “nascite vergini” l Gymnogyps californianus, noto comunemente come condor della California è un possente uccello rapace, che attualmente versa in condizioni di notevole minaccia d’estinzione. Un team di ricerca del San Diego Zoo Wildlife Alliance, effettuando test genetici su svariati esemplari, ha individuato un fenomeno alquanto atipico: due cuccioli del 2001 e del 2009 si sono sviluppati da uova non fecondate e posseggono una comunanza genetica unicamente con la madre. Ciò ha permesso ai ricercatori di evincere che nessun maschio avesse partecipato alla fecondazione delle uova. Si tratta della prima evidenza mai registrata di riproduzione asessuata nel condor della California, sebbene il processo, noto come partenogenesi, sia stato identificato in svariate altre specie, come le api, i draghi di Komodo e gli squali. Per quanto riguarda gli uccelli, si tratta di un meccanismo che si instaura unicamente quando gli esemplari femminili sono divisi da quelli maschili. Nel caso in esame, invece, le femmine erano state allevate in presenza di maschi e avevano dato alla luce 34 pulcini. Ciò rende ancora più strano l’avvenimento, in quanto avvenuto in presenza di un maschio fertile. Proprio per queste caratteristiche i ricercatori hanno dichiarato che si tratta del primo caso di riproduzione asessuata di una specie di uccello in cui fosse presente un individuo maschile in grado di fecondare le uova. Gli esemplari partenogenetici sono stati scoperti durante test genetici di routine sulla popolazione e, secondo quanto dichiarato dai ricercatori “Tra i 467 condor maschi della California testati nell’analisi della parentela, nessun maschio si è qualificato come potenziale padre”. Fonte: https://tech.everyeye.it/notizie/uccello-predatore-america-dare-stupefacentinascite-vergini-550263.html

La perdita della biodiversità spegne il canto degli uccelli

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no studio condotto da diverse istituzioni europee coordinate dalla britannica University of East Anglia a Norwich e pubblicato sulla rivista Nature Communications indica che il paesaggio sonoro costituito dal canto degli uccelli si sta impoverendo sia in Nord America sia in Europa come conseguenza della riduzione sia del numero degli animali sia della loro diversità. Incrociando i dati sul numero degli uccelli con le registrazioni del loro canto, la ricerca ha ricostruito il cambiamento del paesaggio sonoro primaverile nel corso degli ultimi 25 anni in oltre 200.000 località sulle due sponde dell’Atlantico, nessuna delle quali in Italia. “I paesaggi sonori naturali sono sottoposti a una pressione sempre crescente a causa della perdita globale di biodiversità e i nostri risultati rivelano un deterioramento cronico della loro qualità”, scrivono i ricercatori. “Questi cambiamenti - aggiungono - suggeriscono che i paesaggi sonori naturali, nel complesso, sono diventati sia più omogenei sia più silenziosi”. In molti luoghi il canto degli uccelli è rimasto l’unico flebile contatto con l’ambiente naturale, che però si sta assottigliando sempre di più. “Si prevede che il calo progressivo delle popolazioni di uccelli provocherà un’ulteriore riduzione della qualità del paesaggio sonoro e, di conseguenza, una continua diluizione dell’esperienza di contatto con la natura”, concludono gli scienziati. Fonte: https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/terra_poli/2021/11/03/la-perditadella-biodiversita-spegne-il-canto-degli-uccelli-_fc8abeba-5f84-4e48-849c-fd9fc5ab7612.html

News al volo dal web e non solo

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UCCELLI IN NATURA

Il Torcicollo: un uccello chiacchierone di MARILENA IZZO, foto GIUSEPPE PASSACANTANDO

Torcicollo, Jinx torquilla, foto: G. Passacantando

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n modo di dire molto diffuso per indicare chi parla troppo e a sproposito è avere una lingua lunga e una delle caratteristiche del torcicollo è proprio questa. Oltre a possedere un piumaggio perfettamente mimetico, questo uccello è dotato di una lingua lunghissima, un’arma che però non utilizza per raccontare in giro fatti propri o altrui bensì per catturare le sue prede preferite: le formiche. Il torcicollo è un picchio atipico, non si arrampica sui tronchi degli alberi, non ha le penne della coda rigide tipica dei picchi, non tamburella sui tronchi e per questo non presenta un becco spesso e duro come tutti gli altri uccelli della sua famiglia. La particolarità di avere un becco esile si ripercuote anche sul fatto che, non essendo in grado di forare le cortecce degli alberi, nidifica solo in cavità naturali preesistenti, in fessure realizzate da altri uccelli o in cassette nido. Inoltre è l’unico tra i picidi europei che migra su lunghe distanze, arrivando a svernare a sud del Sahara.

Per quanto riguarda la sua alimentazione, in maniera perfettamente analoga a un trapano elettrico, tutti gli altri picchi scavano col proprio becco robusto dei fori sui tronchi per nutrirsi di larve e altri insetti nascosti sotto la corteccia. Il torcicollo invece, a causa del suo becco appuntito e sottile, è completamente inadatto al tipico lavoro dei picchi. Al contrario, però, è uno degli uccelli con la lingua più lunga tra tutti, che può arrivare a raggiungere fino i 12 centimetri, pari a circa due terzi della lunghezza corpo. Questa straordinaria lingua è talmente lunga che, quando non è estesa per catturare le prede, si avvolge attorno al cranio all’interno di un apposito canale per poi arrivare superiormente al becco una volta fatto tutto il giro. Estensione a parte, la lingua del torcicollo risulta particolare anche per la presenza di piccole squamette rivolte all’indietro ed è inoltre molto appiccicosa a causa di una ghiandola posta al di sotto del becco che secerne uno spesso muco.

Tutte queste caratteristiche gli consentono di avere una dieta altamente specializzata: la lingua lunga, retrattile e appiccicosa può farsi strada nei fori più stretti, come le gallerie scavate nei formicai, per intrappolare le proprie prede e trascinare facilmente le formiche nascoste fuori con sé. Alimentandosi frequentemente a terra, quindi, il torcicollo è necessariamente legato ad un habitat che comprende ambienti boschivi poco densamente alberati, circondati da ampie radure, aperte e soleggiate, importanti proprio per la sua alimentazione. Ma la peculiarità forse più affascinante del torcicollo, che spiega anche l’origine del suo nome comune, è che quando viene minacciato riesce a torcere il suo lungo collo simulando il movimento sinuoso di un serpente. Questo curioso comportamento di difesa ha fatto sì che, nelle credenze popolari, il torcicollo venisse usato per maledire le persone. Tanto che tutt’oggi viene ancora utilizzato il detto “to put a jinx on someone” per augurare una sciagura a qualcuno.

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DIDATTICA & CULTURA

I Padri dell’Ornitologia italiana

Annibale Tornielli di Crestvolant (Genova 1926 - Parma 1992) di ROBERTO BASSO E MARTINA LANDO, foto ARCHIVIO CIVICO MUSEO DI STORIA NATURALE DI JESOLO

Annibale Tornielli di Crestvolant (a destra) assieme a due grandi dell’ornitologia italiana: Elio Augusto Di Carlo ed Edgardo Moltoni (al centro)

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nnibale Tornielli di Crestvolant nacque a Genova nel dicembre 1926. Di origini nobiliari, era figlio del Conte Federico Tornielli di Crestvolant e della Contessa dal Verme degli Obbizi, Maria Zileri. La famiglia affondava le proprie radici nella antica città di Molare in provincia di Alessandria, dove il nonno paterno di Annibale, il Conte Celestino Tornielli di Crestvolant, nel 1834 fece

Il Tornielli manifestò sin da giovane la propria innata passione per la zoologia; infatti, studiò e si laureò in medicina veterinaria

edificare Palazzo Tornielli, nel quale ancor oggi vivono i discendenti della famiglia. Il Tornielli manifestò sin da giovane la propria innata passione per la zoologia; infatti, studiò e si laureò in medicina veterinaria. Nel novembre 1955 Annibale sposò Maria Luisa Fontanabona, dalla quale ebbe tre figli, due maschi e una femmina. In seguito al matrimonio, Annibale si trasferì a Parma, dove iniziò a coltivare sempre più i propri studi e ricerche nell’ambito delle scienze naturali e in particolare nell’ornitologia. Dedicò molto tempo alle ricerche sul campo nella provincia di Parma e, negli anni a seguire, grazie a questi studi approfonditi, pubblicò diversi lavori inerenti l’avifauna del Parmense, soprattutto su riviste come “Rivista Italiana di Ornitologia” e “Gli uccelli d’Italia”. L’opera, però, più importante che produsse in quegli anni fu “Gli Uccelli del Parmense”, che venne pubblicata nel 1965 e che risultò essere un lavoro mai realizzato prima, in quanto ordinava per la prima volta, con criterio di sistematicità, le locali specie ornitologiche. Lo stesso Tornielli racconta nella prefazione che impiegò all’incirca 15 anni per realizzare quell’opera e ciò grazie a una meticolosa attività di rilevamento sul campo.

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Storica foto raffigurante il sontuoso Palazzo Tornielli a Molare (AL)

Ogni anno, durante il periodo di migrazione primaverile e autunnale, si recava giornalmente in località diverse annotandosi le specie, le date del loro transito o del loro arrivo e partenza verso le aree di svernamento o di nidificazione, i loro habitat

L’opera “Gli Uccelli del Parmense” prima edizione del 1965

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Si dedicava, inoltre, all’attività di inanellamento in diversi periodi dell’anno

Copertina della seconda edizione “Gli Uccelli del Parmense” (1991)

preferenziali e le quote altitudinali frequentate dalle diverse specie ornitiche. Si dedicava, inoltre, all’attività di inanellamento in diversi periodi dell’anno così da poter rilevare gli erratismi delle specie indigene. Studiava e confrontava i suoi dati con quelli storici, provenienti dalla bibliografia e dalle collezioni ornitologiche private locali e dell’Università di Parma, avvalendosi anche delle preziose testimonianze di cacciatori e uccellatori del luogo. Ottenne poi uno speciale permesso di caccia, rilasciatogli dal Ministero dell’Agricoltura e Foreste, con cui poté catturare le specie di difficile identificazione. Una gran parte degli esemplari che catturò durante questo periodo di studio dell’avifauna parmense furono egregiamente tassidermizzati dallo stesso Tornielli, che riuscì negli anni a costituire una ricca e singolare collezione di studio ornitologica, corredata di tutti i dati morfologici. Venne infine pubblicata nel 1991 una seconda edizione dell’opera, nella quale sono state inserite le cartine di distribuzione e i disegni al tratto magistralmente realizzati dal Dott. Sergio Frugis.

La monografia “Gli Uccelli del Parco Nazionale del Circeo”, edita da Ad Novas nel 1984


Altro lavoro di notevole rilievo del Tornielli fu “Gli Uccelli del Parco Nazionale del Circeo”, pubblicato in anteprima nel 1983 sulla rivista “Uccelli d’Italia” e poi l’anno successivo come volume monografico dalla casa editrice Ad Novas. Per la realizzazione di quell’opera impiegò all’incirca 12 anni, dedicati soprattutto al rilevamento sul campo e ad un’attenta ricerca bibliografica. Il Parco Nazionale del Circeo attirò particolarmente il Tornielli, in quanto all’epoca costituiva una delle aree più interessanti in Italia dal punto di vista non solo ornitologico, ma anche faunistico. Dedicò quel lavoro al Prof. Edgardo Moltoni, grande ornitologo italiano e direttore del Civico Museo di Storia Naturale di Milano. Il Tornielli, oltre ad essere stato suo discepolo, fu anche un suo caro amico, tanto che insieme fecero diverse escursioni orni-

Vetrina zoologico-espositiva della collezione Tornielli presso il Museo di Storia Naturale dell’Università di Parma

tologiche nella penisola italiana. Fu proprio durante uno di quei viaggi che il Moltoni suggerì ad Annibale di intraprendere lo studio sul Parco Nazionale del Circeo. Per molti anni il Tornielli fu, inoltre, non solo un membro del Consiglio direttivo e tesoriere del Centro Operativo degli Studi Ornitologici (C.I.S.O.) ma anche componente del “Comitato di Omologazione delle Segnalazioni di Specie Accidentali per l’Avifauna Italiana” sin dalla sua fondazione, nel 1981. Annibale Tornielli di Crestvolant morì nel 1992 a Parma. La sua collezione zoologico-tassidermica, per lo più ad indirizzo ornitologico, come anche la sua ricca e tematica biblioteca, è stata successivamente donata dai suoi discendenti al Museo di Storia Naturale dell’Università di Parma, nel quale, in una sala a lui dedicata, è stato ricostruito il suo studio di naturalista.

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CANARINI DI FORMA E POSZIONE LISCI

Le metamorfosi del Lizard Gioie e dolori degli allevatori

Il modesto piumaggio grigiastro, opaco e quasi insignificante dei novelli lascia gradualmente il posto a quello da adulto, di tessitura sericea nei dorati e vellutata negli argentati

di ANTONIO DI TILLIO, FOTO A. DI TILLIO e H. EVANS

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on la prima muta nel canarino Lizard, forse più che in ogni altra razza, si verifica una vera e propria metamorfosi, quando il modesto piumaggio grigiastro, opaco e quasi insignificante dei novelli lascia gradualmente il posto a quello da adulto, di tessitura sericea nei dorati e vellutata negli argentati, finemente decorato con un disegno di scaglie, rowings e lacings, che sembra uscito dalle mani di un abile artigiano. Una trasformazione, descritta da G. T. Dodwell come un piccolo miracolo (1), che porta il giovane Lizard ad assumere, nel corso del primo anno di vita, il suo aspetto migliore e più adatto alle esposizioni. Ciò è dovuto anche al fatto che nei novelli, diversamente da quanto accade agli adulti, remiganti e timoniere normalmente non vengono rinnovate (proprio in base a tale caratteristica, gli allevatori inglesi distinguono i novelli – unflighted – dagli adulti – flighted). Le ali e la coda appaiono pressoché nere per il sovrapporsi delle rispettive penne (remiganti e timoniere), le quali invece rivelano tutta la loro trasparenza se osservate singolarmente; dalla loro perdita e conseguente sostituzione derivano difetti più o meno vistosi, consistenti in forme di depigmentazione che potremmo definire “parafisiologiche” nei soggetti di oltre un anno di età. Pertanto, diversamente da alcune razze pesanti di canarino domestico, evitare la perdita di tali penne nei Lizard novelli destinati alle esposizioni

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La calotta, unica area interamente lipocromica del lizard, resta invariata per forma e dimensioni; striature continue e parallele sul dorso preludono ad un futuro ordinato spangling, foto e all. A. Di Tillio

rappresenta uno dei maggiori obiettivi dell’allevatore. In alcuni casi, per motivi non ben conosciuti (2), anche i novelli come gli adulti vanno incontro ad una

sostituzione pressoché totale delle penne, compromettendo in tal modo le proprie chances espositive. Più frequentemente vengono perdute, simmetrica-


mente, soltanto le remiganti secondarie ed in alcuni casi anche qualche timoniera, con comparsa quasi inevitabile di “spot” bianchi apicali (in inglese white tips), che verranno ad essere penalizzati in sede di giudizio. Nel caso delle timoniere si può pensare al fenomeno del “plucking”, ovvero al fatto che altri soggetti becchino e strappino le penne; da ciò è invalsa la consuetudine di alloggiare i novelli più promettenti all’interno di gabbie di dimensioni ridotte, singolarmente o in compagnia di pochi altri esemplari. Subentra, tuttavia, in questi casi la coscienza dell’allevatore, che deve valutare un bilancio tra il benessere animale e le esigenze espositive. Nel caso personale, la soddisfazione di vedere i giovani Lizard irrobustirsi e socializzare in comunità, compiendo evoluzioni quasi acrobatiche all’interno di una capiente volieretta, supera il timore di vederne irrimediabilmente compromessi i risultati espositivi. Va inoltre ricordato che, oltre ai fattori ormonali, anche le condizioni ambientali influiscono sulla muta; tra queste, la presenza di altri soggetti aiuta ad uniformarsi e sincronizzarsi con questa particolare fase del ciclo biologico. L’esposizione alla luce solare per alcune ore del giorno garantirà l’imbrunimento delle zampe oltre ad esercitare, più in generale, un benefico effetto sull’intero organismo (a tutti sarà capitato di osservare le buffe posture, con piumaggio arruffato, assunte dai canarini durante un bagno di sole al fine di garantire la massima penetrazione dei raggi solari). La prima muta differisce dalle successive anche per motivi diversi da quelli fin qui illustrati. Mentre nei soggetti adulti tale processo, che consuma molte energie ed è inizialmente evidenziato soprattutto dalla subitanea perdita delle timoniere, si caratterizza per l’atteggiamento apatico e la perdita del canto nei maschi, nei novelli la vivacità rimane inalterata ed i maschi esprimono un “pre-canto” che diviene sempre più forte e simile al canto degli adulti. Unitamente al dimorfismo sessuale, che nel Lizard si rende ben evidente al termine della muta, ciò consente di distinguere agevolmente e piuttosto precocemente i maschi dalle femmine. Diversamente dagli adulti, inoltre, nei

novelli l’inizio della muta si palesa con la perdita delle copritrici alari maggiori, la cui assenza lascia scoperta la parte più prossimale delle remiganti, anche se ben prima inizia, quasi inosservata, la sostituzione molto lenta e graduale delle piume di petto, addome e dorso, con la timida comparsa anche di qualche sporadica scaglia. Nel caso delle copritrici, trattandosi di una sostituzione fisiologica anche in prima muta, l’eventuale comparsa di orlature bianche non costituisce difetto e viene tollerata anche in ambito espositivo (diverso, invece, è il discorso in caso di comparsa di una penna interamente bianca, che costituisce sempre un grave difetto). Contemporaneamente, vengono perse anche le copritrici minori e mediane (3), che configurano l’elemento definito da-

gli inglesi con il termine “lacings” (che letteralmente significa “allacciature”, ma anche “galloni”, “mostrine”), a cui lo standard riserva 5 punti per nitidezza e regolarità. I lacings sono costituiti da tre file di penne (4), simili alle scaglie nella forma e di dimensioni crescenti nel loro digradare verso le copritrici maggiori, ma più vicine alle remiganti nella loro colorazione; anche da un punto di vista embriogenetico si differenziano dalle scaglie per la loro derivazione dallo pterilio omerale anziché spinale. Nel complesso assumono l’aspetto di una merlettatura, che si interpone quale zona di raccordo tra le scaglie e le ali (Dodwell comprende anche le copritrici maggiori in quello che definisce “elemento di artistica connessione” tra scaglie ed ali5). Attualmente, purtroppo, si tende

Femmina dorata dopo la prima muta: l’avvenuta sostituzione delle remiganti secondarie è rivelata dalle lievi depigmentazioni apicali, foto e all. A. Di Tillio

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Femmina argentata, in evidenza i lacings; schiarite al margine delle copritrici sono da considerarsi fisiologiche dopo la prima muta, foto e all. H. Evans

Esemplare maschio argentato calotta netta di rara bellezza, foto e all. H. Evans

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a trascurare tale caratteristica del disegno (6), cui invece andrebbe riservata la giusta importanza, quale storicamente è sempre stata riconosciuta, come si evince dagli standard più antichi, ricordando tra l’altro che, a parità di altre qualità, cinque punti in esposizione possono fare la differenza. Elementi del piumaggio come i lacings possono essere schematicamente evidenziati ed isolati dal contesto generale soltanto in una razza che sembra essere stata creata per perfezionisti amanti del disegno, in cui il contrasto tra margine chiaro ed area centrale scura rende le penne singolarmente individuabili, ciascuna potendo così rivendicare la propria importanza ed il proprio ruolo, come in un mosaico ove dimensione, forma, colore e collocazione delle singole tessere contribuiscano a determinare il complessivo effetto finale, che nel caso del Lizard è espresso dal perfetto equilibrio e dalla delicata armonia del suo pregiato, unico ed inconfondibile disegno. Da quanto fin qui esposto si comprendono le difficoltà, insite nella razza, nell’ottenere soggetti privi di difetti e la necessità di attendere il termine della prima muta, per poter individuare quelli esteticamente più aderenti allo standard e adatti ad un futuro sia espositivo che riproduttivo. Ciononostante, in alcuni casi anche il piumaggio giovanile può lasciar trasparire, fin dall’inizio, le caratteristiche di un soggetto dotato di una marcia in più rispetto agli altri. Si tratta in genere di esemplari che presentano lunghe strisce melaniniche che corrono in modo continuo, ininterrotto e parallelo lungo il dorso, dalla nuca fino al sovracoda, lasciando presagire un futuro ordinato spangling (anche se ciò, ovviamente, non è sufficiente ad escludere altri possibili difetti, anche a carico delle stesse scaglie, per quanto allineate esse siano). Sicuramente di più difficile previsione è la quantità e qualità del disegno ventrale (rowings), che può riservare le maggiori sorprese dopo la muta sia in senso positivo che negativo. Ultime a mutare sono le piume del capo, le sole ad essere totalmente lipocromiche a livello della calotta che, quando presente, costituisce l’unica vera costante nella livrea del canarino Lizard, mante-


nendosi invariata per tutta la vita sia nella forma che nelle dimensioni (nelle sue diverse tipologie intera, spezzata, quasi mancante ecc.), ove si eccettui l’evidenza di una intensificazione del lipocromo dopo la prima muta. Il titolo dell’articolo indica che “le metamorfosi del Lizard” sono più di una: con la seconda muta, infatti, si verifica un nuovo cambiamento piuttosto drammatico che, purtroppo, in questo caso è in grado di sorprendere in senso negativo, ponendo fine ad un incantesimo durato soltanto un anno, quasi un attimo di splendore nell’eterno grigiore. In questa “Cenerentola della canaricoltura”, il piumaggio totalmente rinnovato perde infatti molta della propria brillantezza e della definizione del suo caratteristico disegno, ma sono soprattutto le penne remiganti e timoniere che, una volta sostituite, mostrano i segni del tempo con la comparsa di depigmentazioni soprattutto apicali, ma spesso presenti anche a livello della radice o dell’intera penna, sotto forma di generale brizzolatura: è l’inizio del lungo “autunno” della vita esteriore del canarino Lizard. Tale fenomeno era già noto nell’Ottocento, quando Charles Darwin, in un breve paragrafo dedicato ai canarini, scriveva: “V’è poi un altro carattere degno di menzione, in quanto si manifesta in un solo periodo della vita; e, limitatamente a quel preciso periodo, è rigorosamente ereditario: vale a dire, le penne dell’ala e della coda nei canarini pregiati sono di colore nero, ma esse rimangono tali solo fino alla prima muta, poiché, in seguito, questa particolarità scompare” (7). I “canarini pregiati” a cui il famoso scienziato inglese faceva riferimento non potevano che essere il Lizard ed il London, razze a quell’epoca sicuramente già presenti oltre Manica e conosciute da oltre un secolo (informazioni di questo tipo dovevano essergli state fornite certamente dal suo corrispondente B. P. Brent, autore del primo standard del canarino Lizard che si conosca, risalente al 1860). Come scrive Darwin, tale fenomeno “è rigorosamente ereditario”, ovvero geneticamente determinato e, dunque, almeno in parte legato anche alla selezione dell’uomo. In questo senso, la previsione di categorie espositive riservate anche

Femmina argentata al suo terzo anno di vita, con degenerazione del piumaggio ridotta al minimo, grazie ad una sapiente selezione, foto e all. H. Evans

ai soggetti di oltre un anno di età (in inglese “overyear”), come in uso già da molto tempo in Inghilterra, induce gli allevatori a selezionare i propri soggetti in modo da ridurne al minimo il fenomeno delle depigmentazioni. Esemplari geneticamente meno predisposti alla degenerazione del piumaggio risulteranno avvantaggiati anche durante il loro primo anno di vita, in caso di perdita accidentale delle penne. NOTE (1) G.T. Dodwell, “The Lizard Canary and other rare breeds”, Triplegate LTD, 1982, pag. 43. (2) U. Zingoni, “Canaricoltura – Biologia e allevamento del Canarino domestico”, F.O.I., Pia-

cenza, 1990, pag. 76. (3) Noble S. Proctor, Patrick J. Lynch, “Manual of Ornithology – Avian Structure & Function”, Yale University Press, 1993. (4) Secondo Huw Evans esisterebbe anche una quarta fila, composta da sole 3 penne e quasi mai visibile, perché coperta dalle altre penne di contorno (finespangledsort.com Lizard canary basics part 2: the difference between spangles & lacings). (5) G.T. Dodwell, cit. pag. 25. (6) Huw Evans, “The Hitch-hicker’s Guide to the Lizard canary: Episode 6”, Cage & Aviary Birds, October 7 2020, pag. 10. (7) Charles Darwin, “The Variation of Animals and Plants under Domestication”, 1868. Traduzione in italiano: “La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico”, a cura di A. Volpone, Einaudi Ed., 2011, p. 294.

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CANARINI DA CANTO

Iniziare la scuola di canto di FRANCESCO DI GIORGIO, foto P. MARSON

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n canaricoltura si intende per “cantore” quel canarino per il quale è stato fissato uno standard con melodie proprie riportate su apposita scheda di valutazione. Bisogna porre in essere un insieme di iniziative che tendono ad orientare verso gli obiettivi prefissati. Ogni melodia, ogni frase di canto, ha una propria struttura, coerenza, bellezza. Va subito rimarcato che le capacità virtuali – segnate nel DNA dei nostri piccoli amici – sostengono come una salda impalcatura lo sviluppo delle singole unità di apprendimento. Con ansia gli allevatori di canarini da canto affrontano ottobre e l’impatto con uno dei riti ornicolturali più importanti: l’ingresso dei giovani pupilli della scuola di canto. Il primo vero distacco, il primo segnale tangibile che il piccolo ormai è autonomo, che non dipende più totalmente dai compagni di voliera, fin troppo allegri e rumorosi. E, come tutti i riti di passaggio, anche questo porta con sé uno strascico di dubbi, incertezze su come comportarsi, se adottare o meno la “linea dura” qualora l’alato dovesse restare molto “scioccato” al momento del distacco. Preoccupazioni preventive e forse un po’ eccessive.

Di solito i novelli sono assolutamente pronti ad affrontare la scuola canora

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Di solito i novelli sono assolutamente pronti ad affrontare la scuola canora. Anzi, in genere sono stanchi di giocherellare in continuazione, rincorrersi, contendersi il cibo, affinarsi l’ugola in coro. E hanno una gran voglia di concentrarsi, di appartarsi, sempre che l’ambiente e la scuola siano accoglienti. Il gruppo degli allievi, quanto più è piccolo ed omogeneo, tanto più è ricettivo rispetto al modello canoro combaciante. Detta comunità, in quanto tale, affianca e rafforza l’azione educativa del canarino istruttore in modo naturale e significativo, perché all’interno di essa attività, regole, dinamiche emozionali, scopi comuni sono la ragione stessa del contesto relazionale.

Un criterio fondamentale è che il maestro cantore non si sovrapponga al discente, ma lo consideri nella sua individualità irripetibile, nella sua storia individuale, tenendo conto delle difficoltà che il giovane canarino incontra verso l’autonomia e accettandolo pienamente. Ci sono molti passaggi fra trasmettitore e ricevente connessi alla codificazione dei messaggi, alla loro trasmissione e ricezione, decodificazione e interpretazione. L’ornicoltore deve monitorare l’apprendimento degli allievi e avere cura della propria professionalità. Spetta a lui assicurarsi che ogni messaggio canoro arrivi a destinazione e sia chiaramente interpretato. Il distacco dei canarini novelli implica per “l’addetto ai lavori” la necessità


di ripensare il proprio ruolo e ristrutturare la propria immagine, che ora sono più indissolubilmente legati ad un surplus di lavoro (più gabbie da accudire, alternanza di semioscurità e brevi periodi di luce, maestri di canto che non commettano il benché minimo errore). Mi si consenta un paragone: i novelli sono un po’ come i bonsai che, se non fossero trattati fin da germogli in un certo modo, crescerebbero come piante vere. Un inserimento tardivo dei piccoli dentro l’armadio scuola, con l’amatore che si ostini a coccolarli dentro la voliera, può essere vissuto come svalutante nei loro confronti, visto che essi non vedono riconosciuta la propria capacità di autogestirsi. Sarebbe teatro e finzione una scuola di canto con maestri di altro indirizzo. Nell’avanzamento del linguaggio canoro, l’imitazione ha una parte molto

Nell’avanzamento del linguaggio canoro, l’imitazione ha una parte molto importante

importante, ma non bisogna dimenticare che altrettanto influente è l’attività spontanea capace di determinare un vivo rapporto tra l’io e le diverse unità melodiche. Detto altrimenti, l’apprendimento non è mai un semplice immagazzinare l’informazione, ma significa connetterla all’informazione già presente nella memoria a lungo termine dell’allievo. La conoscenza viene, cioè, costruita

più che registrata e semplicemente recepita, e tale costruzione è influenzata dal modo in cui la conoscenza precedente è strutturata. Riassumo il tutto: un’educazione giusta e scientificamente concepita non si riduce davvero a un trapianto meccanico, dall’esterno, di ideali, sentimenti e aspirazioni completamente estranei ai giovani canarini. Ci vuole pazienza, è un lavoro artigianale. Ciascuno va seguito individualmente, curato come un figlio. E ogni figlio è diverso dall’altro. E come un’opera d’arte non si può apprezzare appieno se non al suo compimento, così il repertorio dei giovani cantori assurge a grande fasto non prima di dicembre-gennaio: allora i virtuosi si intrecciano, prendono sempre più piede e con più facilità vengono fuori i grandi campioni; nella loro canzone è la nostra pace.

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DIDATTICA & CULTURA

Cosa dicono gli uccelli? Canti e Richiami di PIER FRANCO SPADA, foto CRISTIANA VERAZZA

Regolo

L

a voce è un importante mezzo di comunicazione per gli uccelli. I canti, più o meno complessi a seconda della specie, forniscono un aiuto indispensabile per la loro identificazione. Il sottocanto, una versione più sommessa del canto a piena voce usata nei periodi in cui i canti si riducono di intensità, proviene in genere dai giovani maschi. Molti uccelli hanno anche un repertorio di richiami semplici, emessi soprattutto quando vivono in gruppo, oppure più complessi, di cui ancora oggi non si conosce il significato preciso per ogni specie. È un vero peccato che i canti che ascoltiamo, compresi quelli dei nostri

Verdone

Molti uccelli hanno anche un repertorio di richiami semplici, emessi soprattutto quando vivono in gruppo

amici con le ali che teniamo in casa o in allevamento, che ascoltiamo con tanto piacere, siano usati dagli uccelli prevalentemente per stabilire le di-

stanze tra di loro come fanno anche in Natura. Ma, come appunto accade in Natura, il canto si fa più intenso nel periodo in cui gli uccelli delimitano i propri territori. Un uccello canta con maggior vigore per scacciare un intruso, ma una volta che i territori sono consolidati, i vicini praticamente si ignorano. Il canto è anche usato dai maschi per cercare una compagna e i risultati di studi condotti da diversi ornitologi in questo campo sembrano confermare che le femmine di alcune specie, come ad esempio il pettirosso, scelgono il compagno in base alle qualità del suo canto, quali la durata o il ritmo con cui viene emesso. Può darsi che il ma-

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Strillozzo

schio che canta meglio sia quello più sano, oppure quello che possiede un territorio più ricco di cibo. In entrambi i casi noi diremo che un canto complesso e vario potrebbe essere, quindi, l’equivalente sonoro di un piumaggio molto appariscente, come le piume della coda del pavone che serve ad abbagliare la femmina e a convincerla ad accettare quel compagno. Un pettirosso “celibe” canta più di uno che ha già trovato la femmina, e alcuni uccelli cessano di cantare una volta che si sono accoppiati. Altri, invece, continuano a cantare per rafforzare l’unione e per favorire l’accoppiamento. Personalmente, mi piace passare diverso tempo ogni primavera ad ascoltare i canti degli uccelli, cercando di riconoscerli e di identificare di nuovo la specie attraverso il canto. Anche così facendo, vi sono tuttavia dei canti che mi lasciano perplesso, specialmente quando il repertorio di un uccello è molto vario, oppure ogni volta che il suo canto può essere facilmente confuso con quello di un’altra specie. Un sistema che in passato ho inventato per ricordare i canti degli uccelli comuni e diffusi

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nelle campagne del mio paese natale, San Gavino Monreale nella provincia di Cagliari, e che ancora oggi utilizzo, è quello di inventare dei giochetti mnemonici, come, per esempio, delle parole che si adattino alle note. Uno dei misteri tuttora insoluti è la ragione per cui alcuni uccelli hanno dei canti molto semplici e si accontentano di ripetere cu-cu o un’altra frase altrettanto monotona anche centinaia di volte, mentre altri emettono una cascata di suoni, trilli e gorgheggi. Un solo pettirosso, per esempio, possiede un repertorio di parecchie centinaia di frasi, e ogni ci-

Uno dei misteri tuttora insoluti è la ragione per cui alcuni uccelli hanno dei canti molto semplici

clo di canto comprende circa quattro di queste frasi. La sequenza cambia continuamente, per cui ogni canto è diverso e non si ripete che molto raramente. Pare che questi canti così complessi servano al pettirosso per persuadere gli altri maschi a stabilirsi altrove, facendo loro credere che quella zona particolare è già stracolma di potenziali rivali. Se un pettirosso maschio ha un repertorio così vasto, come fa a scegliere le note giuste in modo che la femmina riconosca il canto di un possibile compagno? In effetti, il canto di un uccello ha una componente ereditata dai genitori o istintiva, ma è anche il risultato di canti di altri uccelli ascoltati fin dai primi giorni di vita. Egli cresce, infatti, ascoltando il canto dei maschi della sua specie che vivono nei territori vicini e il ricordo delle loro note gli serve per comporre il suo repertorio. Un giovane fringuello comincia a cantare quando lascia il nido, ma il suo primo canto è uno strano miscuglio di suoni e cinguettii in tono sommesso, chiamato sottocanto, che sembra essere una specie di esercitazione. D’inverno, tuttavia, questo canto cessa per riprendere in primavera, quando il giovane fringuello delimita il suo primo territorio. In primavera il suo sottocanto cambia, diventa più forte e assomiglia di più a quello degli adulti, ma manca ancora di alcune fasi tipiche del canto pieno che, probabilmente, scatta al momento dell’innamoramento. Molti uccelli cantano quasi tutto l’anno, salvo durante l’allevamento dei piccoli o nel periodo della muta. In autunno, gli “scoppi” improvvisi di canto coincidono con il momento in cui alcuni uccelli stabiliscono il proprio territorio. L’arrivo del freddo interrompe in una certa misura queste attività canore, ma nelle belle giornate invernali si può sentire ancora qualche canto. All’arrivo della primavera, l’aria si riempie di suoni e di canti dall’alba al tramonto. I cori non sono mai così intensi come all’alba, quando le prime note risuonano in un mondo ancora immerso nell’oscurità e nel silenzio. Man mano che si fa giorno, il suono aumenta perché altre specie aggiungono la loro voce e il coro mattutino al com-


pleto continua per circa mezz’ora. Non si capisce perché gli uccelli cantino con tanto ardore all’alba, quando parrebbe più giusto che, dopo il digiuno notturno, si dovessero dedicare per prima cosa a un’abbondante colazione. Sono state avanzate varie ipotesi a proposito. Una è che, contrariamente alle aspettative, uno stomaco pieno non è l’ideale per un piccolo uccello, perché lo appesantisce e rende il volo difficoltoso, per cui gli uccelli rimandano la colazione e aspettano l’ora giusta cantando. Un’altra ragione possibile è che alle prime luci dell’alba sia difficile trovare il cibo, perché gli insetti, ancora intontiti dal freddo notturno, si muovono poco ed è difficile vederli. In entrambi i casi, comunque, potrebbe anche essere utile ricordare ai vicini, all’inizio del nuovo giorno, di non avventurarsi in territori altrui. Ma forse, come per lo stesso canto, non esiste un’unica spiegazione per i cori mattutini.

Occhiocotto

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Oltre al canto, gli uccelli usano una serie di richiami di significato diverso. La cinciallegra, per esempio, emette più di una dozzina di richiami specifici a seconda delle esigenze. Gli uccelli, attraverso i richiami, coordinano il proprio comportamento comunicandosi intenzioni e umori. Il tipo di comunicazione più semplice è quello di far conoscere agli altri uccelli la propria posizione con le “note di contatto”. Dei suoni striduli accompagnano un piccolo gruppo di cince che avanzano lungo una siepe o volano tra gli alberi: servono a tenerle in contatto mentre sono in cerca di insetti e spesso non riescono a vedersi tra loro. Quando, ad esempio, un gatto cerca di avvicinarsi minacciosamente, il suo tentativo è spesso segnalato da un richiamo di allarme che è sempre costituito da note semplici e aspre provenienti da un uccello di guardia. Gli uccelli di tutte le specie riconoscono questo suono e, non appena emesso, si mettono in salvo nascondendosi sugli alberi. Questo richiamo è usato anche per attaccare in gruppo civette, assioli e barba-

Sterpazzola

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gianni. Quando una civetta viene scoperta sul suo posatoio diurno, gli uccelli gli si fanno intorno con grida che fanno accorrere altri uccelli e la civetta è spesso costretta ad abbandonare il suo posatoio e a cercarne uno più tranquillo. Attirando l’attenzione sul gatto o sulla civetta, gli uccelli distruggono le sue possibilità di catturare la preda. Una tattica diversa viene adottata nel caso dei rapaci diurni. Quando viene avvistato un falco, gli uccelli si ritirano tra il fogliame ed emettono dei richiami di allarme sottili che suonano come sii. Questi segnali per il falco, a differenza di quelli per la presenza di un gatto o di una civetta, sono ventriloqui e difficili da localizzare, perciò gli uccelli li emettono senza paura di poter essere rintracciati. Sono comunque delle creature meravigliose che forse meriterebbero una maggiore attenzione da parte delle autorità preposte alla difesa dell’ambiente. Si ringrazia la fotografa naturalista Cristiana Verazza per avere messo a disposizione alcune delle sue numerose e stupende fotografie.

Usignolo di Fiume

Pettirosso


I NOSTRI LUTTI

In ricordo di Paolo Gregorutti

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on il cuore ricolmo di dolore abbiamo appreso che lo scorso 23 settembre il caro Amico Paolo Gregorutti ha concluso la sua esistenza terrena. Uomo di stile, uomo perbene ed accogliente, grande allevatore, eccellente Giudice, lascia un vuoto incolmabile nella nostra Famiglia. La sua sobrietà, il suo equilibrio, il suo esempio, il suo senso di appartenenza rimarranno per sempre nella storia del nostro movimento ornitologico italiano e internazionale. Tutti coloro che hanno avuto modo di conoscere Paolo Gregorutti e di relazionarsi con lui, siamo certi che ricorderanno indelebilmente i suoi insegnamenti, basati su una grande sapienza tecnica ma anche – e soprattutto – su una grande “umanità” espressa attraverso azioni e comportamenti esemplari per la nostra vita di allevatori/appassionati e non solo. A sua figlia Antonella, a sua moglie ed alla sua famiglia la Federazione Ornicoltori Italiani partecipa le più sentite condoglianze.

In ricordo di un Amico

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ome scritto anche in passato, esistono i padri dell’ornitologia che con i loro lavori hanno fatto progredire verticalmente la nostra passione magari attraverso ricerche scientifiche o certosini lavori di elaborazione dati… e poi esistono i promulgatori ornitologici che sono coloro che hanno invece fatto progredire l’ornitologia orizzontalmente facendo in modo di far allargare a macchia d’olio la nostra passione tra gli allevatori. Luciano Griggio faceva parte decisamente di questo secondo tipo di persone, coloro i quali danno il loro contributo dietro le quinte appunto per tenere in piedi, consolidare e ampliare il sistema associativo del nostro hobby. Non è solo una questione di guardare o accudire un canarino ma è un influenzare altri a farlo, a farlo bene e a fare in modo che tutti partecipino al fine di creare un sistema virtuoso che come un boomerang consenta a tutti di avere benefici. Per fare questo bisogna dedicare tante ore, tanta benzina e tanta pazienza. Dal 15 aprile scorso Luciano Griggio è venuto a mancare e da quel giorno molti di noi, Associazione Padovana e Club del Padovano in primis… ma poi tutti gli amici in generale, hanno un vuoto. Prima per qualsiasi cosa tutti sapevano a chi rivolgersi e ora è palese che manca il punto fermo. Chi legge non si faccia l’idea che Griggio sia stato solo una persona che faceva le cose, la differenza rispetto ad altri era il come le faceva, con umanità, stimolando e soprattutto includendo le persone. L’ideale spirito che deve trovare chi vuole iniziare ad allevare canarini. Troppo spesso nel nostro hobby purtroppo alcuni hanno in mente eccessivamente la competizione, qualcuno magari pensa al guadagno e alcuni hanno gelosia dei propri segreti. Griggio allevava arricciati sia negli anni di buon guadagno, sia negli anni di crisi, non seguiva le razze che andavano di moda per qualche euro in più e tantomeno faceva i conti se ci perdeva o guadagnava; se avesse messo in conto le ore che perdeva - o meglio, che investiva - per gestire l’associazione, per gestire il club o per i lunghi viaggi che faceva per esaudire le richieste di mangimi degli allevatori… Concludendo, credo che aver condiviso per anni la nostra passione ornitologica con Griggio sia stata una fortuna per tutti noi e per il movimento, la sua vitalità contagiosa anche nei momenti di difficoltà quotidiani sono certo ci abbiano fatto diventare persone con un animo migliore; spero che il suo esempio di amicizia disinteressata attecchisca in alcuni di noi in modo tale da tramandare alle generazioni future di allevatori un messaggio di valore morale senza distrazioni di convenienza. Un abbraccio e grazie, o come diceva lui: “ciao intanto” Michele Volpato a nome di Amico, del Club Arricciato Padovano e dell’Associazione Padovana Ornicoltori

In memoria di Angelo

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l 13 ottobre un’altra brutta notizia scuote i soci dell’Associazione Ornitologica Legnaghese: per la quarta volta quest’anno siamo a piangere la perdita di un altro grande amico e socio, Angelo Trentini, anche lui come gli altri tre amici scomparso troppo prematuramente. Angelo di nome e di fatto, una persona sorridente, sempre disponibile, presente quando le necessità dell’associazione lo richiedevano; amico di tutti, esperto allevatore di canarini di colore, aveva anche un’altra grande passione, i colombi ornamentali e viaggiatori. A questa passione dedicava parte del suo tempo libero presenziando alle mostre colombofile, incontrando altri soci e scambiando pareri e opinioni in modo sereno e costruttivo. Ciao Angelo riposa in pace Il direttivo e i soci dell’Associazione Ornitologica Legnaghese

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Attività F.O.I. Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 21 agosto 2021 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Aggiornamento del Presidente sugli incontri riguardanti l’organizzazione del Campionato Mondiale di Piacenza 2022 intercorsi nei giorni 11 e 12 agosto u.s.; Il presidente riferisce al consiglio circa la tenuta di diversi incontri avuti nei giorni 11-12 agosto 2021 con i responsabili dell’Ente Fiera Piacenza Expo e delle strutture ricettizie della città di Piacenza al fine di porre le basi organizzative del prossimo Campionato Mondiale Piacenza 2022. In particolare si è avuto un incontro estremamente proficuo con l’ufficio tecnico del Piacenza Expo con il quale si sono concordate tutte le collocazioni logistiche necessarie per l’organizzazione della mostra. Si sono poi susseguiti incontri con i responsabili delle strutture alberghiere più rappresentative del territorio per garantire la doverosa ospitalità al Comitato Direttivo della COM, al Comitato esecutivo dell’OMJ ed all’intero staff che coadiuverà il Comitato organizzatore per la tenuta dell’evento. Del pari si è avuto un incontro con il responsabile della società di catering all’interno della Fiera e con il ristoratore per la cena di gala. - Sede Campionato Mondiale 2023: determinazioni; Risultano pervenute entro il termine prefissato due proposte organizzative da parte dell’AO Apuana e dell’ADOP di Parma nonché una offerta di disponibilità da parte dell’AO Cesenate. Necessitando diversi approfondimenti in ordine al con-

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tenuto delle predette proposte, il CDF si aggiorna in ordine alla scelta definitiva. - Varie ed eventuali - Il CDF delibera la concessione di un contributo straordinario all’Associazione Passione Pappagalli pari ad euro 1.500,00 per l’acquisto di n. 2 gazebo (preventivi nn. 75/2021 e 83/2021) e per la continuazione delle attività progettuali già in corso. - Il presidente riferisce di aver ricevuto da Giovanni Matranga il menabò di un suo nuovo lavoro con titolo provvisorio “AVIFAUNA ITALIANA”. Il CDF, nell’esprimere dichiarazione di interesse in ordine al predetto manuale, ringrazia l’Autore per il senso di appartenenza costantemente dimostrato nonché per l’impegno e la competenza profusi, nel contempo pregandolo di far pervenire il relativo file presso la Segreteria Federale per modo che lo stesso possa essere devoluto alla commissione editoriale in essa da intendersi ricompresi i componenti della competente CTN di riferimento per ogni opportuna verifica. - Il CDF conferisce delega al Presidente di valutare di sporgere denuncia querela nei confronti del signor Bernardino Villa per le molteplici affermazioni false, diffamatorie ed oltraggiose perpetrate nei confronti della FOI e dei sui dirigenti. - Il CDF ratifica l’approvazione della scheda Tecnica proposta dal Club del Canarino Bianco (delibera CTN Colore n. 1/21)




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