Rivista Diffidare dalle Imitazioni nr.4

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Quali sono le tecniche che prediligi e come si è evoluto il tuo tratto nel tempo? Le tecniche principali sono due: la matita e l’acquerello. La prima è malleabile, si adatta molto alla mia ricerca di dettagli ed è molto gestibile davanti ad errori o ripensamenti. La seconda è molto pittorica e mi affascina per la sua freschezza. L’evoluzione del tratto è passata attraverso molti cambiamenti (e molti ne attraverserà ancora) cominciando dall’inchiostrazione classica con i pennelli e i pennarelli. È una tecnica imparata alla scuola del fumetto, ma che in verità non ho mai sentito mia. È troppo rigida per il mio carattere, tanto che con il tempo sono passato alla mezzatinta (inchiostro diluito) e poi all’acquerello.

Come ti collochi all’interno del mondo dell’arte? Che importanza dai a ciò che produci? La sensazione che provo è strana, è una sensazione che devo mettere ancora ben a fuoco. È come entrare con il biglietto pagato in un teatro e scoprire che sulla mia poltrona qualcuno ha messo già il suo cappello per occupare il posto. Sto studiando questa sensazione per capire se effettivamente quello è il mio posto e nel frattempo tutto il mio impegno è speso a migliorare la mia tecnica sia nel disegno che nella narrazione. Tutto quello che disegno, che racconto, ha per me un’importanza totale, perché tra quei segni a matita e in quelle parole metto tutto me stesso. E così proseguo una ricerca interiore iniziata molti anni fa e che non è ancora terminata. Le tue storie sono spesso improntate sul tema sociale e religioso. Quanto pensi sia importante veicolare questi messaggi nella società attuale che appare sempre più lontana da queste tematiche? Più che sociale e religioso, direi che nelle mie storie racconto il rapporto che ho con gli altri. In particolare quel rapporto speciale che mi lega agli indifesi. Ma soprattutto il rapporto che ho con me stesso, la parte più profonda, quella che sto imparando a conoscere vivendo la mia vita. Due mondi, quello esteriore e quello interiore, che provo a capire e a proteggere. Diciamo che certi messaggi, più che veicolarli nella società attuale, li racconto a me. Se riesco a strappare una riflessione o un sorriso non posso che esserne orgoglioso. Come disse un personaggio famoso duemila anni fa, sono i malati che hanno più bisogno di un medico (sorride).

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