Didascalie Informa

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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

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SOMMARIO

DIDASCALIE

la notizia/CSEP:

Rivista promossa dalla Provincia Autonoma di Trento (L. P. 3 maggio 1990, n.15, art. 22) Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 745 dell’11.1.1992

lingue straniere/Associazioni: Lend e Giscel consulta provinciale studenti/Riforma:

Rivista della scuola in Trentino Periodico mensile Anno XIX, numero 5 maggio 2010

Cagol il nuovo presidente

la notizia/Comitato provinciale di valutazione: lingue straniere/Trentino Tirolo:

Bilingue, rilancio del progetto strategico Studenti con Dellai e Dalmaso

Direttore responsabile: Giampaolo Pedrotti Coordinatore: Mario Caroli E-mail: mario.caroli@provincia.tn.it

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il punto

3-9 10-13 14-16

il dossier

dentro l’argomento

In redazione: Norma Borgogno Patrizia Lucca Manuela Saltori (segreteria)

“LA SCUOLA DELL’INCLUSIONE…” InCentro e in periferia: luoghi e tempi per una riflessione

In questo numero: Paola Baratter, Norma Borgogno, Beatrice Bottamedi, Marta Cainelli, Paolo Calidoni, Mario Caroli, Pietro Callovi, Francesca Costanzo, Sara Dallabrida, Sergio Filosi, Luciana Grillo Laino, Maria Grazia Leccese, Pietro Marsilli, Elisabetta Montagni, Magda Niro, Daniele Siviero, Studentesse classe 5LC “Rosmini” Trento.

Il dossier La novità Riflessione “uno” Riflessione “due” Riflessione “tre” Cooperative Centro Erickon Edizioni Inserto a cura di: Mario Caroli Interventi: Norma Borgogno, Mario Caroli, Elisabetta Montagni, Daniele Siviero

Redazione: Via Gilli 3, 38121 Trento tel. 0461/497268 - 69 fax 0461/497267

Inserto 17-32

Realizzazione e Stampa Litografia Effe e Erre - Trento Per richiedere la rivista Didascalie telefonare o mandare un fax o scrivere a: Redazione Didascalie, Palazzo Istruzione via Gilli, 3 – 38121 Trento E-mail: didascalie@provincia.tn.it Didascalie è stampata su carta ecologica, sbiancata senza cloro

Le foto di questo numero sono di: archivio Didascalie, fornite dai diretti interessati, Archivio Ufficio stampa PAT

dalle scuole/Liceo

Rosmini Trento: Ponti di Pace; Trento Napoli 33-37 Trento Palermo dentro le scuole paritarie/Arcivescovile: Maratona 38 offerta varia/servizio civile: Nelle scuole 39-41 offerta varia/il concorso: Associazione scuola senza frontiere 42-43 segnaliamo/Il libro: Bellezza e verità in Antonia Caputo 44-46 segnaliamo/La recensione: Discariche… da leggere a scuola 47 la scuola al museo/MTSN: Patatrac terza di copertina offerta varia/concorso: Premio Giuseppe Papaleoni quarta di copertina

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

didascalie Rivista della scuola in Trentino

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di: Mario Caroli Inserto a cura Daniele Siviero di: Elisabetta Montagni, Interventi Mario Caroli, Norma Borgogno,

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In copertina in alto: la cerimonia di consegna dell’Aquila di San Venceslao a Gottfried Wackerle (vedi servizio alle pagine 3-9); sempre in alto, a destra, la copertina del catalogo dedicato all’insegnante Antonia Caputo presentato nello spazio del Segnaliamol (vedi pagine 44-46); in basso, la copertina e un’immagine del dossier interno su “La scuola dell’inclusione…” (vedi pp. 17-32) n.5 maggio 2010


LA NOTIZIA

CSEP

Cagol il nuovo presidente Stefano Cagol è il primo presidente del nuovo Consiglio del Sistema Educativo Provinciale ed è stato eletto nella prima riunione il 6 maggio 2010 presso il Palazzo Istruzione a Trento. Erano quasi tutti i presenti i 38 componenti di questo organo collegiale del sistema scolastico e formativo, istituito con elezioni il 24 febbraio scorso, che è tra i più alti livelli di rappresentatività. Lo scopo principale della riunione era l’elezione del presidente, da scegliere tra la componente docenti, del vicepresidente e del consiglio di presidenza. I “lavori” sono stati avviati dall’assessore all’istruzione Marta Dalmaso mentre al dirigente del servizio scuola infanzia, istruzione e formazione professionale Roberto Ceccato è spettato il compito di spiegare le competenze e le funzioni del consiglio, oltre a tutto l’aspetto tecnico, come previsto dalla legge 5/06. La prima riunione Le facce dei presenti erano incuriosite e un po’ diffidenti come capita a chi si trova in un gruppo di cui non conosce quasi nessuno, ma il ghiaccio è stato subito sciolto con la presentazione di ogni persona che oltre al nome e cognome ha spiegato la componente di appartenenza e la provenienza territoriale. L’assessore ha quindi sottolineato l’importanza della partecipazione perché anche chi vuole partecipare e lo desidera, a volte, prova disagio e non si lancia perché non si sente valorizzato. Il consiglio del sistema educativo provinciale ha compiti importanti nei confronti dell’amministrazione provinciale e troverà anche un momento dedicato per trovare modalità di collaborazione con confronti e dibattiti. Il dirigente Roberto Ceccato ha illustrato le competenze del consiglio, riferendosi in particolare alla legge provinciale 5 del 2006, e i compiti, costituiti sia da pareri obbligatori che consultivi, che il consiglio dovrà svolgere. L’elezione del presidente Dal seggio elettorale sono risultati inizialmente tre candidati alla carica di presidente: Stefano Cagol, Alberto Lauria e Francesco Pugliese, che a turno si sono presentati al consiglio. In questo contesto il presidente della consulta degli studenti Tommaso Galli ha chiesto ai candidati se ritenevano possibile che in futuro il consiglio del sistema educativo provinciale si occupasse della valutazione dei docenti, come accade in altri paesi europei. Alberto Lauria e Francesco Pugliese hanno risposto presentando le loro esperienze, mentre Stefano Cagol ha raccontato che nell’istituto dove insegna, l’I.T.I. Marconi di Rovereto, è già in atto una valutazione del genere. I consiglieri hanno quindi espresso il proprio voto, ma non avendo nessun candidato ottenuto la maggioranza assoluta si è svolta una seconda votazione da cui è risultato eletto presidente Stefano Cagol, docente dell’istituto tecnico industriale “Marconi” di Rovereto, con 21 voti. Il vicepresidente e il consiglio di presidenza Dopo aver votato due volte, in mancanza di maggioranza assoluta, anche per l’elezione del vicepresidente è risultato eletto Francesco Pugliese, docente dell’Istituto di istruzione “La rosa bianca – weisse rose” di Cavalese con 18 voti. La votazione dei cinque membri del consiglio di presidenza si è conclusa con l’elezione di Rosa Michele, rappresentante della componente dirigenti, Ferenzena Rita, docente della scuola infanzia provinciale, Sommadossi Norma, ATA e assistente educatore, Prai Cristian, consulta degli studenti, Zecchinelli Roberto, genitore. (N.B.) n.5 maggio 2010

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comitato provinciale di valutazione IL PUNTO

Entro l’anno il primo Rapporto La valutazione come strumento di analisi e miglioramento di un sistema si sviluppa più con un lavoro continuo e sottovoce che per mezzo di classifiche gridate. È quanto sta avvenendo da anni anche nel sistema educativo trentino che, essendo stato anticipatore delle più recenti politiche nazionali di valutazione, sta proseguendo, valorizzando e perfezionando le pratiche ormai consolidate per completare il quadro secondo quanto previsto dalla L.5/2006, dagli Indirizzi della Giunta Provinciale e – conseguentemente – dal programma del Comitato Provinciale di Valutazione (CPV) (http:// www.vivoscuola.it/Valutazion/doc/PROGRAMMA-DI-ATTIVITA--2009-10.pdf ). Azioni nelle scuole Attualmente sono in corso diverse azioni che coinvolgono la grande maggioranza delle scuole per l’analisi di aspetti specifici dell’attività, finalizzate e funzionali –contemporaneamente – ad arricchire ed approfondire la consapevolezza dei punti di forza e delle criticità da correggere nelle scuole ed a fornire elementi per la valutazione del sistema nel suo complesso. Ad esempio: l’analisi delle pratiche d’integrazioni degli alunni di cittadinanza non italiana e di quelle di inclusione degli alunni che presentano bisogni educativi speciali, l’approfondimento sull’utilizzo nelle scuole delle rilevazioni standardizzate degli apprendimenti, la rilevazione delle potenzialità di sviluppo degli insegnanti, la sperimentazione dell’analisi del valore aggiunto sono attività di ricerca promosse dal Comitato Provinciale di Valutazione - realizzate grazie all’IPRASE e con la collaborazione anche di altri istituti di ricerca ed universitari - che coinvolgono direttamente le scuole che se ne avvalgono nell’ambito delle proprie strategie di analisi e miglioramento. La valutazione d’istituto In parallelo proseguono le attività di valutazione d’istituto, nelle quali giocano un ruolo sempre più rilevante i Nuclei Interni di Valutazione (NIV) con la significativa ed attiva partecipazione dei genitori e de2

gli studenti (nell’istruzione secondaria), impegnate a basare analisi e strategie di miglioramento su dati confrontabili nel tempo e con istituzioni e contesti analoghi. Significative, al riguardo, sono – ad esempio – la massiccia partecipazione volontaria degli istituti comprensivi trentini alla rilevazione degli apprendimenti realizzata a livello nazionale dell’Istituto Nazionale per la VALutazione del Sistema di Istruzione e la rilevazione della customer satisfaction con strumenti e modalità uniformi a livello provinciale. La valorizzazione ed il perfezionamento di queste pratiche sono al centro di un’azione di analisi e proposta del Comitato (CPV) orientata a renderle sempre più rigorose e funzionali per il miglioramento delle singole istituzioni e del sistema, le cui linee guida sono state condivise nell’incontro con i Dirigenti Scolastici e NIV dell’ottobre 2009 (pluriennalità della valutazione d’istituto, distinzione tra indicatori descrittivi e di performance, integrazione tra autovalutazione e valutazione esterna). Approfondimenti e Rapporto Infine, si stanno sviluppando approfondimenti sui copiosi dati disponibili di rilevazione degli apprendimenti, grazie alla partecipazione da anni a diversi progetti anche internazionali, e sulla valutazione dei dirigenti scolastici e sono in fase di realizzazione analisi e indagini ‘sperimentali’ su aspetti del sistema di valutazione previsti dalla L.5/2006 ed ancora da attivare a regime: valutazione per la valorizzazione degli insegnanti, misurazione dell’efficienza delle istituzioni scolastiche, opinione pubblica sulla scuola come capitale sociale. Le azioni previste dal programma del CPV produrranno report tecnici e confluiranno nel Rapporto (biennale) sulla valutazione del sistema educativo trentino che fornirà alla Giunta (secondo quanto previsto dalla L.5/2006) un bilancio delle trasformazioni in corso ed indicazioni e strumenti per valutare l’efficacia del sistema educativo provinciale e delle singole istituzioni scolastiche e formative. Paolo Calidoni Presidente “Comitato provinciale di valutazione del sistema educativo” n.5 maggio 2010


LINGUE STRANIERE

Trentino Tirolo BILINGUE

Rilancio del progetto strategico Il Presidente della Provincia ha conferito l’Aquila di San Venceslao a Gottfried Wackerle, ex dirigente scolastico VS Hötting West, principale ideatore e sostenitore del progetto di scuole bilingue in Trentino e nel Tirolo, con scambio reciproco di docenti per un intero anno. Cerimonia presso l’aula magna della Fondazione E. Mach a San Michele all’Adige, sabato 22 maggio 2010, all’interno del Seminario di studio dedicato al progetto iniziato nel 2005 e che ora proseguirà portando a 4 i docenti trentini ed altrettanti quelli tirolesi in scambio nelle scuole gemellate. Momento importante per fare il punto e rilanciare, alla presenza dell’assessore provinciale all’istruzione, Marta Dalmaso, e la sua collega Beate Palfrader, assessore all’Istruzione del Land Tirol, oltre ai docenti coinvolti. La cerimonia Mattinata intensa di comunicazioni, dati e riflessioni sul progetto di scambio di docenti in scuole bilingue del Trentino e del Tirolo, ma anche di emozioni fra insegnanti ed operatori che da anni ormai collaborano alla riuscita di un’esperienza, iniziata timidamente nel lontano 2003 con un incontro a Candriai su un progetto di scambio già allora definito ‘storico’ “perché dopo quasi un secolo di storia si trovano a confronto la scuola trentina e quella tirolese”. Un progetto, che ora vedrà il rilancio, grazie all’integrazione sottoscritta il 22 maggio 2010 del Protocollo iniziale e ad una Lettera d’intenti (ma anche di impegni concreti) tra la Provincia autonoma di Trento ed il Land Tirolo. Didascalie ha sempre seguito e documentato i passaggi decisivi di questo scambio, culminato con l’avvio della scuola bilingue presso l’Istituto “J. A. Comenius” di Cognola/TN2 e proprio nella cartella del Seminario del 22 maggio scorso sono stati inseriti i servizi della rivista del febbraio 2003, maggio 2005 (progetto e firma del Protocollo a Innsbruck), maggio 2006 e n.5 maggio 2010

il dossier interno del marzo 2009. Il Seminario è stato allietato da intermezzi musicali di un gruppo di fiati, del Conservatorio “Bonporti” di Trento, ed una soprano accompagnata da un pianista. In apertura, gli interventi dei due assessori all’istruzione, Marta Dalmaso, della Provincia Autonoma di Trento, Beate Palfrader, del Land Tirol, che hanno riconosciuto entrambi il valore culturale, oltre che didattico, dello scambio tra docenti e delle varie iniziative di gemellaggio e collaborazione tra scuole, che – come hanno ribadito tutti i docenti nelle esperienze successive raccontate sia per il Trentino che per il Tirolo – non si limitano solo alle relazioni fra insegnanti e fra ragazzi, ma coinvolgono quasi sempre l’intera comunità, tanto che i contatti proseguono anche dopo che i ragazzi sono usciti dalla scuola. La dimensione del progetto, il percorso che via via si è ampliato e irrobustito nei numeri e nelle iniziative, è stato presentato per il Trentino da Carlo Basani, dirigente generale del Dipartimento istruzione, da Mario Turri, dirigente scolastico che segue da sempre il progetto; dall’ispettore scola-

stico Reinhold Wöll, per il Land Tirol. Poi, è toccato agli insegnanti entrare nel vivo delle esperienze con aneddoti e riflessioni molto partecipate. L’aquila di San Venceslao a Gottfried Wackerle In tarda mattinata, la cerimonia di conferimento dell’Aquila di San Venceslao, consegnata dal Presidente della Provincia di Trento a Gottfried Wackerle, ex Dirigente scolastico VS Hötting West. La motivazione: – per essere conoscitore e cultore della storia comune e delle radici della nostra autonomia – per aver collaborato da più di 12 anni alla realizzazione di progetti culturali comuni tra Tirolo e Trentino – per aver creato le condizioni per la nascita delle scuole bilingue di Innsbruck e Trento, del progetto di scambio docenti Trentino – Tirolo, delle Sommerschulen a favore degli alunni trentini presso scuole primarie di varie località tirolesi – per essere persona di riferimento importante in tutte le relazioni che coinvolgono le scuole dell’obbligo trentine e tirolesi.” Lorenzo Dellai: il valore storico, culturale e politico “Questo progetto – ha assicurato il Presidente della Provincia autonoma di Trento – proseguirà e verrà esteso, anche perché si inserisce in una cornice già ricca di importanti iniziative di collaborazione nell’ambito della regione transfontaliera che abbiamo detto di voler costruire in Europa, in un’ottica che ci vede glocali, legati al nostro contesto ma aperti al mondo. C’è uno sforzo comune da parte del Trentino e del Tirolo. Le assem3


blee legislative del Tirolo, Trentino ed Alto Adige sono da sempre impegnate nella rivendicazione di questo patrimonio comune, attraverso numerose azioni di cooperazione transfrontaliera. Parlare dei rapporti tra Tirolo e Trentino significa parlare di storia. Una storia secolare comune nella quale tutto il nostro patrimonio linguistico e culturale affonda le proprie radici; una storia ed un terreno fertile e virtuoso, sempre pronto al dialogo ed alla crescita. Oggi ci troviamo qui riuniti per portare avanti un progetto di internazionalizzazione delle nostre scuole: l’estensione della scuola bilingue italiano-tedesco e tedescoitaliano anche agli istituti di istruzione secondaria di primo grado. Ma il dialogo interculturale, sebbene si attui in primis attraverso lo strumento linguistico, può essere stimolato e realizzarsi anche attraverso ulteriori modalità e vie di comunicazione. E’ per questo motivo che, accanto all’istituzione di scuole bilingue e ad uno scambio continuo di docenti dalle rispettive regioni, il Trentino ed il Tirolo stanno investendo a 360 gradi nella promozione dei giovani, cioè in varie direzioni, nella consapevolezza che ciò costituisca un valore aggiunto per l’intera comunità. In Trentino stiamo facendo delle scelte importanti anche sullo studio del tedesco, con discussioni talvolta accese. Insistiamo coi giovani sulla necessità di non smarrire il proprio patrimonio storico e di non tralasciare l’ambiente geografico ed antropologico nel quale vivono; ma siamo convinti altresì che vogliamo e dobbiamo essere glocali. Il dialogo interculturale 4

dovrebbe servire per superare proprio queste presunte barriere e per affrontare con maggiore comprensione ed apertura mentale le differenze dell’altro. In questo senso assume grande importanze la ricerca di valori comuni, passati e presenti, che legano due realtà confinanti come il Trentino ed il Tirolo. Garantiamo il nostro impegno a proseguire e intensificare questa esperienza di collaborazione tra scuole, con l’augurio che cresca e si allarghi anche ad altri livelli dell’istruzione, della ricerca e di altre istituzioni sociali.” Marta Dalmaso e Beate Palfrader: assessori all’istruzione Trentino e Tirolo Palfrader, con un intervento in italiano, ha insistito sull’obiettivo dell’abbattimento delle barriere e sulla ricaduta in questa direzione grazie ai contatti ed ai progetti di partenariato fra scuole, fra ragazzi, fra insegnanti… “collaborazione reciproca per creare sempre più punti di unione fra il Trentino e il Tirolo. Mi pare che ci stia-

mo avvicinando sempre di più al raggiungimento del nostro obiettivo dichiarato nel Protocollo del 2005 ed ora integrato al meglio.” Un grazie particolare, l’Assessore Palfrader l’ha indirizzato in modo chiaro “agli insegnanti, che si impegnano a diffondere sempre di più la lingua tedesca anche in Trentino; senza di loro non succede nulla, le Amministrazioni possono mettere i soldi e le strutture, ma solo coi docenti si può dare vita al progetto.” Dalmaso si è rammaricata per non essere in grado di rispondere alla collega in tedesco. Ha parlato di “giornata anche di festa” ed ha ricordato come proprio nei giorni “caldi” del confronto sulla riforma delle superiori “abbiamo ripreso la riflessione sullo studio della lingua tedesca fino a 16 anni, abbiamo dovuto ridire e rimotivare il valore dello studio del tedesco, spiegando il perché, le ragioni storiche, geografiche e culturali dello scambio tra il Trentino e l’area mitteleuropea. Concetti ripresi in parte anche dalle Linee guida ai Piani di studio del primo ciclo. Siamo tutti consapevoli come lo studente della scuola trentina viva in una regione particolare. Per questo riteniamo fondamentale che i nostri ragazzi sappiano comunicare in modo efficace, nella

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loro lingua nativa (quella parlata in famiglia), nella lingua d’istruzione (non solo Italiano, ma per noi anche il Ladino, il Mocheno e il Cimbro) e nelle lingue comunitarie Tedesco ed Inglese. L’Inglese è indispensabile. Il Tedesco però, oltre ad essere la lingua dei nostri vicini, è un valore aggiunto, quel “di più” che risulta altrettanto indispensabile, perché “fa la differenza”. Insegnare Tedesco, fare apprendere il Tedesco agli studenti trentini fino al 16° anno ci è sembrata una scelta in linea con il mandato che la storia ha assegnato alla nostra provincia. Valorizzare il Tedesco significa anche contrastare l’omologazione, quella che nasce, prima che dalla voglia - lecita e spesso passeggera di annullare le differenze con i propri coetanei, da una certa noncuranza (spesso tollerata e trasmessa dai genitori ai figli), da quella stessa “disattenzione” che porterebbe, a lungo termine, ad annullare quasi le differenze tra la nostra provincia e le altre. Il plurilinguismo scolastico ha i suoi problemi, non possiamo negarlo. L’introduzione dell’Inglese in affiancamento al Tedesco (più in generale le due lingue nella primaria) ha avuto l’effetto di costituire un’area di apprendimento entro la quale i bambini possono avere livelli differenziati di apprendimento. C’è però anche la difficoltà della diminuzione dell’orario dell’una e dell’altra lingua, sulla quale è ancora necessario riflettere. L’assessore Dalmaso ha concluso con una citazione dalla Lectio magistralis di Mons. Iginio Rogger 18 agosto 2009: “Per convivere occorre conoscere bene la sensibilità (e a volte la suscettibilità) del partner. In ogni caso la sola promozione dei meri interessi materiali non potrà mai essere il glutine che tiene insieme una convivenza regionale. Solo su una nuova e forn.5 maggio 2010

te impostazione culturale ed ideale si potranno costruire insieme progetti e programmi più articolati. Penso anche che la stessa “identità del Trentino”, anziché perdersi in disquisizioni retoriche, potrebbe emergere in modo più concreto dal confronto più differenziato e concreto con i nostri primi vicini. Le risorse morali per questa crescita vanno dunque richiamate a raccolta, riconosciute nel loro valore, confermate nell’esercizio quotidiano della giustizia e della solidarietà, garantite e sorrette con regolamenti e norme adeguate. Sono molti i capitoli che ci uniscono ancor oggi con le popolazioni altoatesine e tirolesi, senza pregiudicare le nostre caratteristiche proprie, che nessuno oggi del resto mette in pericolo. Sono molto ampie, a ben guardare, le cause e le motivazioni comuni e gli spazi stessi di interessi materiali coincidenti, che possono avvantaggiarsi efficacemente da una promozione fatta insieme, piuttosto che da una ricerca in ordine sparso”. Carlo Basani: Dirigente generale Dipartimento Istruzione Provincia autonoma

Trento Il dirigente generale ha ringraziato tutti i docenti “per il grande lavoro di verifica e riflessione fin qui svolto, docenti partiti dalla voglia di collaborazione culturale ma subito divenuto anche un modo nuovo e significativo di apprendere le lingue straniere con la scoperta di nuove modalità d’insegnamento. Si tratta di dar voce ad un’attività comune tra Trentino e Tirolo volta all’internazionalizzazione e all’apertura verso una realtà regionale cui siamo legati dalla Storia, nello spirito di promuovere e valorizzare la reciproca conoscenza e collaborazione. In particolare, esso dà voce ad otto anni di relazioni svoltesi tra la Provincia di Trento e il Land Tirol in ambito scolastico, attuate su vari livelli e percorsi. Una occasione di confronto e di riflessione tra tutti i partecipanti per ipotizzare futuri sviluppi, una sintesi del progetto di scambio docenti tra Trentino e Tirolo. La possibilità di attuare questo progetto è proposta ogni anno scolastico. Il progetto si articola essenzialmente in un incontro di progettazione, una settimana di scambio effettivo e un incontro finale di valutazione. Esso pone l’accento su una progettualità comune che coinvolge gli Istituti Comprensivi - con Scuole Primarie e Secondarie di I grado della Provincia Autonoma di Trento - e le Scuole elementari e medie del Tirolo. Sono coinvolti in primo luogo i docenti, ma anche gli alunni, i genitori, e le comunità scolastiche. Lo scopo primario è migliorare le conoscenze linguistiche e culturali, con un’attenzione particolare 5


di scuola bilingue con programmi scolastici integrati a Trento e ad Innsbruck. Questa sperimentazione ha concluso il percorso nella scuola primaria (elementari) ed ora proseguirà nella Scuola secondaria di I grado (medie). E’ intenzione comune aumentare da tre a quattro le unità di docenti coinvolti in questa iniziativa. Le classi interessate a tale progetto sono: Scuola primaria e secondaria di I grado “Comenius” di Cognola dell’Istituto Comprensivo di Trento 2 la scuola elementare “Innere Stadt” e la scuola media “Fritz Prior” di Wilten. Insegnamento veicolare agli aspetti della socializzazione e della costruzione di rapporti tra le comunità. Il progetto e lo stato dell’arte La finalità dell’iniziativa si esplica, infatti, nella promozione di interazioni tra le due realtà non solo dal punto di vista scolastico-didattico, ma anche da quello territoriale e culturale. Questo progetto è nato con una durata quinquennale a partire dall’anno scolastico 2002/03; ora viene rinnovato con un atto formale che sarà sottoscritto dai due Assessori. Siamo partiti con la partecipazione di 20 docenti trentini, di cui 10 della Scuola Primaria (elementari) e 10 della Scuola secondaria di primo grado (medie), ed altrettanti tirolesi per i rispettivi livelli di scolarità. Questo numero è stato successivamente aumentato di 4 unità per un totale di 24 docenti per ciascuna delle parti. Dall’avvio del progetto e fino al 6

2009 hanno partecipato 148 docenti trentini e 160 docenti tirolesi. Ognuno per le proprie competenze ha messo in comune metodologie didattiche e percorsi pedagogici tesi a sviluppare le competenze linguistiche in Italiano e in Tedesco e ad ampliare la conoscenza reciproca sotto molteplici aspetti. Nell’incontro di valutazione finale vengono raccolte tutte le relazioni delle varie esperienze e vengono elaborate delle schede di sintesi (progetti didattici comuni) per la pubblicazione sul sito della scuola trentina – Vivoscuola. Protocollo, scuole bilingue Nell’ambito di questa interculturalità, come diretta emanazione del progetto di scambio docenti, e a seguito del protocollo d’intesa fra la Provincia Autonoma di Trento e il Land Tirolo del 20 aprile 2005 (di durata quinquennale e quindi in scadenza), si è dato avvio nell’anno scolastico 2005/06 alla creazione sperimentale di sezioni

Sempre sul fronte dell’insegnamento della lingua e cultura tedesca un altro aspetto importante da sottolineare è l’attivazione in diverse scuole del Trentino dell’insegnamento in modalità CLIL su discipline quali, ad esempio Arte e Immagine, Musica, Geografia, Cultura Tedesca/Inglese, Attività Motorie e Sportive, Attività di Laboratorio. Al momento ci sono nella scuola primaria: 84 classi di 21 plessi appartenenti a 18 Istituti Comprensivi, 12 progetti per il tedesco e 9 per l’inglese. circa1600 alunni e 48 docenti (veicolaristi e di classe). Nella Scuola secondaria di I grado: 60 classi appartenenti a 15 Istituzioni Scolastiche 9 progetti di cui 8 per il tedesco e 11 per l’inglese. Istituti Scolastici di Scuola secondarie di II grado 13 con circa 150 classi. Infine la Provincia Autonoma di Trento nell’ambito della dimenn.5 maggio 2010


sione internazionale della scuola trentina ha attivato anche l’iniziativa dei gemellaggi europei ed extraeuropei che vede la propria nascita nell’anno scolastico 2006/07. I progetti europei finanziati finora dalla Provincia Autonoma di Trento sono 107. Per l’anno scolastico 2009/10: 23 progetti di cui 5 rivolti all’Austria con 15 docenti trentini e 163 studenti di cui 72 delle scuole secondarie di primo grado, 91 degli istituti secondari di secondo grado. Al di là della freddezza dei numeri, questi dati ci dicono comunque che si tratta di un progetto non solo didattico, ma fortemente culturale, un percorso faticoso e impegnativo, che ha richiesto azione continua di mediazione, ma che deve andare avanti. Reinhold Wöll, Ispettore scolastico del Land Tirol

L’ispettore del Land Tirol, scherzando ma non troppo, ha richiamato Trento “città del Concilio, importante per la fede, ed oggi San Michele “il Concilio pedagogico”. Riflettendo sul percorso di scambio transfrontaliero, “chi vuole conquistare il futuro – ha detto – deve conquistare i bambini per aiun.5 maggio 2010

tarli a come capire il mondo. L’idea dell’intuizione si basa proprio sul farci un’immagine, un’idea del mondo: l’identità non si crea chiudendosi, ma aprendosi. La lingua italiana ha suoni musicali, è poesia, (“pensiamo al suono gradevole della parola ‘capuccino’…); ma anche il tedesco ha un suo fascino, non è solo la lingua dei grandi pensatori, ha moltissime metafore che non ci sono in altre lingue”. Proprio per questo, ha detto rivolto ai docenti trentini, sono felice che voi vogliate studiarla. Tutto questo è un passo avanti anche per noi del Tirolo, gli studenti conoscono e studiano altre lingue, ma non sempre conoscono quelle del vicino, perché c’è come una riserva. Per esempio, l’avvio delle scuole bilingue: c’era paura di sottoscrivere oggi il protocollo e l’Intesa che regolamenta lo scambio di quattro docenti trentini e quattro tirolesi per tutto l’anno. Invece è un eccellente risultato. “Grazie al sostegno della Giunta e delle Amministrazioni delle due realtà ora tutto è più chiaro e regolamentato anche col Ministero e dopo il Protocollo ora integrato avremo più coraggio per fare nuovi passi importanti (penso, ad esempio, a scambi durante le vacanze estive). Si tratta di esperienze non solo per imparare insieme, ma anche per imparare l’uno dall’altro. Con ricadute che ritroveremo e persone che poi ritorneranno nei reciproci posti.”

Mario Turri dirigente scolastico presso Dipartimento istruzione Provincia autonoma Trento Il gusto di scoprire il vicino Tutte le scuole realizzano attività educative e progetti che si collegano ai propri piani di studio e molte individuano dei filoni di lavoro che, nel tempo, le caratterizzano e le rendono un po’ diverse l’una dall’altra. In questo progetto, però, ci sono docenti e scuole un po’ particolari; scuole che scelgono di andare in profondità, più che in lontananza, che scelgono di proporre ai loro alunni dei percorsi di lavoro che le portano poco lontane sulla carta geografica, ma fanno fare il vero viaggio di scoperta, che non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. Queste scuole hanno deciso di riscoprire il vicino, il gusto della prossimità. E’ anche questo un modo per non dimenticare che “Un paese ci vuole, non fosse altro che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. I progetti Nei resoconti che annualmente questi docenti fanno sulle loro 7


esperienze di partenariato, una delle cose più commoventi è il racconto della meraviglia dei bambini nello scoprire i punti in comune tra le nostre realtà. I docenti li portano, ad esempio, a scoprire nella “Sprache des Nachbarn” che ci sono parole simili a quelle dei nostri dialetti, che da noi ci sono persone che hanno il cognome tirolese e lassù ce l’hanno trentino. Scoprire che „alle müssen mit Wasser kochen“ fa bene ai nostri bambini perché dà loro dei riferimenti essenziali di realtà. Trovare elementi comuni nella diversità è propriamente un esercizio filosofico, significa educare all’astrazione, a trovare la sub-stantia – ciò che sta sotto - delle cose, trovare ciò che vale. Nella carta geografica i confini sono tracciati dalla politica, ma nella realtà c’è un continuum sociale, culturale, linguistico che va dal Polo all’Equatore. Il Tirolo – Terra tra i monti – è luogo in cui l’osmosi linguistica e culturale, che va dalla Groenlandia al Maghreb, si intensifica, forse anche a causa della conformazione orografica di questa terra, e si rende particolarmente interessante. Le comuni, severe condizioni di vita della montagna ci hanno portato a sviluppare una forte cultura della sicurezza e della solidarietà. Sono valori sociali irrinunciabili, riferimento per tutti coloro che fanno educazione. Ecco perché in Trentino, provincia italofona con tre importanti minoranze linguistiche, abbiamo un mandato speciale dalla Storia, ecco perché abbiamo una storia speciale, siamo una provincia speciale, con un’autonomia speciale. Il tedesco in Trentino Oggi è ovunque difficile insegnare, non solo perché le famiglie e quindi 8

i ragazzi hanno problemi una volta più rari, ma anche perché siamo in un’epoca di passaggio da: un’economia industriale ad un’economia fondata sulla conoscenza da un testo ad un ipertesto Sappiamo che oggi è difficile insegnare il Tedesco in Trentino, come altrove è difficile insegnare l’Italiano, crediamo: più propriamente, è difficile insegnare una lingua che non sia l’Inglese. In Trentino abbiamo quattro tappe fondamentali per l’insegnamento delle lingue: 1972, quando il Tedesco è stato inserito come insegnamento speciale; in Italia si comincia solo nel 1992, dopo la Legge 148 1997, con la legge 11, che ha espresso una scelta a favore del Tedesco 2005, con le due lingue alla primaria 2010 con i nuovi piani di studio. Da cinque anni in Trentino abbiamo quindi due lingue nella scuola primaria e i nostri PSP parlano di apprendimenti a livelli differenziati di apprendimento, parlano di lingua come strumento di comunicazione, parlano di legame con il territorio. All’inizio i docenti di Tedesco furono testimoni dell’allestimento pionieristico dei materiali, soprattutto di una buona formazione al lavoro comune, anche a livello territoriale. Per tutti noi, si tratta ora di insegnare in modo che chi apprende abbia il coraggio ed il gusto di buttarsi a parlare. Nelle fasi di cambiamento, ciò che non cambia deve essere cambiato. Dobbiamo riprendere l’impegno di allora. Bisogna sostenere la passione e la competenza di questi docenti, perché sono protagonisti. E’ un progetto partecipativo nato dal basso. La politica dei due Länder lo ha però sostenuto fortemente, fino ad inserirlo negli ordini del giorno del Dreierlandtag.

Si tratta di un progetto poco costoso, il valore lo lasciamo giudicare ad altri. Ora si ipotizzano alcuni passi di miglioramento: – l’allestimento di un panel dei rapporti strutturali contenente i partenariati delle scuole che decidono di dare stabilità al loro rapporto. – un maggiore coinvolgimento dei dirigenti scolastici

Gottfried Wackerle ex dirigente scolastico scuola primaria Hötting West Sicuramente l’intervento più toccante e coinvolgente, quello di Gottfried Warckerle, “motore e cuore” del progetto di scambio, come lui stesso ha voluto definirsi. “Felice di vedere realizzato qualcosa che pensavo da piccolo: scoprire quanto e come il Trentino e l’Alto Adige siano legati al Tirolo, una terra abitata da genti e ceppi diversi, peò resta nel suo insieme una regione, divisa al suo interno per decisioni venute dall’Alto, ma che ora può cancellare ciò che è avvenuto prima.” Storia comune, ci servono le tre lingue: italiano, tedesco, ladino Wackerle ha poi iniziato un accattivante excursus autobiografico, n.5 maggio 2010


per confermare metaforicamente la forza della regione tirolese: “mio nonno si chiamava Giuseppe Viero, nato a Lavis e come tirolese austriaco ha studiato a Vienna, poi esperto legale in ufficio, sposato con mia nonna proveniente dall’Alto Adige, dalla quale ha avuto una figlia (mia madre), primo ufficiale austroungarico caduto in Boemia nel 1912… Io vivo ad Innsbruck, ma spesso vengo a Lavis dove da bambino per due o tre settimane ho anche frequentato la scuola materna… Ho avuto da sempre chiaro che malgrado le differenze tra noi saremmo riusciti a parlarci ed a capirci. Proprio per questo era necessario studiare la terza lingua, che per noi era straniera, ma era la lingua del vicino, dell’altro e tutt’e tre le lingue ci servivano e ci servono ancora oggi e in futuro: ladino, italiano, tedesco. Ci aiutano a riscoprire nella moderna Europa le nostre radici, era il lascito anche dei nostri nonni. Rendere ovvio e naturale la non necessità di barriere e confini… Ci sono ancora delle barriere, come c’erano i contadini che non riuscivano a capire ciò che accadeva, ma se guardiamo ancora oggi i necrologi scopriamo sempre che ci sono i nomi della ex regione del n.5 maggio 2010

Tirolo, che ora sono oltre i confini costruiti artificialmente nel cuore delle persone, ed oggi nella testa dei bambini. Siamo noi i colpevoli del fatto che oggi vengano cercati nuovi confini, perché non siamo riusciti a far capire che è naturale vivere insieme e non vivere separati.” Certe cose si possono dire e capire solo utilizzando la lingua madre. Una volta non si pensava proprio di dover cercare confini e barriere logistiche, basta guardare le nostre vallate e lo sanno bene gli alpinisti e gli amanti della montagna. Questo dev’essere l’obiettivo per tutta l’Europa: rendere ovvia e naturale la non necessità di barriere e confini. E questo acquista ancora più significato, se detto in una sede come questa di San Michele all’Adige, nella rotaliana e a due passi dall’Avisio, che segnava il confine linguistico con le altre Vallate… in questo territorio diviso e martoriato poi da molte battaglie, ma che ci ha visti sempre restare uniti. Le esperienze nel racconto degli insegnanti Motivazioni, percorsi, attività sono stati “raccontati” brevemente da alcuni insegnanti sia del Trentino che del Tirolo: Lucia Borto-

lon, Barbara Riser, Lucio Gazzini e Cordula Egger. Sono stati richiamati i punti di forza del progetto: possibilità di ampliare i propri orizzonti, rinforzare la motivazione e la conoscenza, ampliare le conoscenze di Landeskunde/civiltà, offrire una didattica dinamica, la possibilità di soggiorni in famiglie straniere, possibili evoluzioni della corrispondenza a distanza con utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione. Non solo scambio tra ragazzi, ma in classe, nel territorio e con rapporti interpersonali. Esperienze nel dettaglio riferite all’I. C. di Vigolo Vattaro, di Mori e delle scuole gemellate del Tirolo. Racconti con foto dei momenti più significativi, ma anche con riflessioni dei docenti e richiamo ai genitori. Racconti di esperienze, che didascalie continuerà a riprendere e documentare, come fatto finora. “Questo che noi facciamo”, ha detto Barbara Riser, docente del Tirolo, è il fusto iniziale dell’albero, dal quale sono già usciti molti rametti con gemellaggi ed altre iniziative, ma il nostro alberello comincia ora a dare dei frutti. I nostri ragazzi guardano all’Europa in modo diverso, per questo il progetto va sostenuto e portato avanti.” servizio a cura di Mario Caroli 9


associazioni LEND

Bilancio sulla valutazione autentica I duecento insegnanti giunti a Levico da tutta Italia per il convegno nazionale promosso dall’Associazione nazionale LEND dal 4 al 7 marzo 2010 sono stati salutati dall’ assessore provinciale all’istruzione e allo sport, Marta Dalmaso, e dal presidente del Consiglio provinciale, Gianni Kessler. Levico 2010 è stato un primo momento di scambio, siamo riusciti a seminare molte stimolanti domande che sono il sale del nostro lavoro e anche a dare qualche risposta (comunque mai definitiva). L’idea è di continuare il lavoro sulla valutazione autentica insieme con i relatori presenti al Convegno e con tutti gli insegnanti interessati a condividere analisi ed esperienze (i siti www. lendtrento.eu/convegno e www.lendtrento.eu sono sempre attivi). Noi del Direttivo di lend Trento, (oltre a me, Michela Chicco, Phil Dahl, Anna Goio, Sandra Lucietto, Maria Lorenza Mancin e Maria Chiara Schir) cercheremo di rendere disponibili tutti i nostri materiali ma vogliamo anche i contributi dei colleghi che stanno già lavorando in questo settore o stanno sperimentando quanto visto a Levico. Ouvertures Il primo importante risultato del Convegno è stato quello di non isolare la valutazione autentica come fenomeno periferico e parziale, in un certo modo successivo rispetto alla centralità della presentazione delle strutture grammaticali e/o lessicali; già la sessione iniziale di Viljo Kohonen ha chiarito che essa rappresenta l’anima del nostro lavoro e va quindi inserita nel tessuto più pregnante della pratica didattica come atteggiamento primario del docente. L’intervento ha evidenziato le connessioni con l’autonomia dello studente, la personalizzazione dell’insegnamento, l’interazione sociale in classe e l’autenticità di persone, contesti e relazioni. Poco dopo, Jim Cummins ha ribadito l’importanza di un’impostazione costruttivista e della pedagogia trasformativa: il nostro intento come insegnanti è di rendere consapevoli gli studenti delle intersezioni tra conoscenza e realtà sociali per promuovere la loro alfabetizzazione critica. Ha soste10

nuto con forza il potere inclusivo dell’apprendimento e la funzione essenziale della lettura. La valutazione autentica richiede una pedagogia autentica. Nei laboratori… Nei laboratori si è cercato di analizzare e utilizzare strumenti per la valutazione autentica, come griglie di auto-valutazione e di valutazione tra pari; i partecipanti sono stati incoraggiati prima alla riflessione e poi all’applicazione nelle proprie classi di quanto visto e vissuto, nell’ottica della ricerca-azione. L’aspetto operativo del lavoro è stato prevalente in quasi tutti i laboratori; questo ci riporta alla dinamica di base del lavoro dell’insegnante, cioè l’interazione con gli alunni senza intermediazioni tecnologiche (Tessa Woodward dice “You have to teach with nothing”). Credo sia necessario soffermarsi sul rapporto pedagogico con e tra gli allievi che spesso dimentichiamo e/o nascondiamo dietro altre preoccupazioni.

Speaking in tongues Un altro grande risultato del Convegno è stato far interagire docenti di diverse lingue e gradi di scuola nello stesso contesto: operazione non facile e non compresa da tutti prima dell’inizio dei lavori. Molti erano preoccupati di non capire; altri avevano espresso in modo esplicito la loro preferenza per un Convegno ‘parcellizzato’ in settori, corrispondenti alle 5 lingue presenti. Anche di fronte a queste rimostranze, abbiamo confermato la giustezza e la lungimiranza della nostra decisione, anche se dobbiamo ammettere che molte delle scelte effettuate per i laboratori sono state dettate – purtroppo – dalla lingua di insegnamento: è difficile per tutti cambiare forme e stilemi che ci portiamo dietro dalla più tenera età! Nessun problema invece a livello di comprensione: hanno sicuramente aiutato le presentazioni in italiano e la capacità di cambiare lingua (vedi plenaria di Teresa Hernández González). I contributi… Richard Rossner ha affrontato il punto di vista dell’auto-valutazione degli insegnanti, come sviluppo professionale continuo organizzato attorno a descrittori di ‘valori’, ‘atteggiamenti’, ‘saperi’ e ‘abilità’. Monica Barni e Maria Piscitelli hanno parlato del contesto italiano, ponendo l’attenzione su criteri e standard per la valutazione autentica e sui processi di costruzione della conoscenza. Petra Köhler e MarieThérèse Medjadji hanno analizzato il tema nelle proposte pedagogiche per la lingua tedesca e per quella francese, rispettivamente; Teresa n.5 maggio 2010


Hernández González ha presentato il materiale prodotto insieme con i suoi alunni in un progetto di apprendimento bilingue in Spagna. Altri esperti hanno trattato della valutazione autentica in diversi contesti in sessioni più brevi, all’interno del programma “Fringe”: Dave Allan, Mathilde Anquetil, Elsa Del Col, Sarah Ellis, Elizabeth Guerin, Peeter Mehisto, Lorenzo Rocca e i nostri due amici Maria Chiara Schir e Phil Dahl. Qualcuno ha presentato ricerche nel campo, altri hanno analizzato gli strumenti pedagogici che contraddistinguono la valutazione autentica. La valutazione autentica In chiusura, Franca Quartapelle ha raccolto i diversi fili del Convegno, prendendo lo spunto da una ricerca svolta con Francesca Gattullo e Graziella Pozzo. Si sono approfondite le implicazioni della valutazione autentica nella nostra attività didattica: alcuni compiti e attività dovranno essere rivisti perché non in sintonia con il nuovo atteggiamento pedagogico e perché purtroppo spesso in contraddizione con le richieste di “oggettività” da parte dei nostri dirigenti scolastici. Secondo Franca Quartapelle, “per valutare delle capacità richieste dal mondo reale vanno proposti compiti contestualizzati analoghi a quelli della vita reale” come interviste, saggi, racconti e progetti. Troppo difficile? Per cambiare abbiamo bisogno di cominciare a sperimentare. La stessa relatrice ha lasciato il discorso/dialogo aperto a nuovi stimoli e discussioni: la fine non è che un nuovo inizio. Luci e ombre... E veniamo a qualche aspetto negativo, che non manca – né guasta – mai: alcune voci raccolte attraverso i moduli di feedback hanno sotton.5 maggio 2010

lineato la preponderanza della teoria sulla pratica, anche durante i laboratori. Altri docenti hanno posto l’attenzione sull’informazione e la mancanza di pubblicità data all’evento. Altri hanno lamentato l’assenza – più psicologica che fisica – delle istituzioni e la discrepanza tra quanto detto durante le sessioni e la normale pratica scolastica. L’ultimo mese prima del Convegno è stato difficile per noi del Direttivo di lend Trento, al lavoro continuo per l’evento si univa l’ansia di non farcela. A metà febbraio, avevamo 25 partecipanti (solo una ventina da tutti i gruppi lend) e poi, il Centro per la Formazione Insegnanti di Rovereto ci ha dato una mano, impegnandosi a pagare le quote di iscrizione per gli insegnanti in servizio nella Provincia di Trento. Anche se largamente sottoutilizzata (il Centro aveva messo a disposizione fondi per 150 docenti), questa possibilità ci ha dato la tranquillità di cui avevamo bisogno, il Convegno era salvo (e anche noi). Imparare sperimentando E per finire, un inno alla libertà, di cambiamento, di movimento, di sperimentazione. Siamo troppo spesso vittime di costrizioni poste da altri ma anche da limiti in cui noi stessi ci rifugiamo per difenderci e sentirci protetti. Liber-

tà è proseguire nel proprio percorso di sviluppo professionale, è fare, e sbagliare, e ritornare indietro, e perdonarsi e riprendere daccapo, anche se è doloroso rendersi conto dei propri limiti ... e delle proprie incapacità. È riguadagnare entusiasmo, motivazione e fiducia, anche attraverso un seminario come questo. Le ultime due voci che vi propongo sono segnate – in un certo senso, paralizzate – dalla stanchezza e dall’impotenza sia verso l’esterno sia, in modo ancora più chiaro e toccante, verso la propria interiorità e inadeguatezza. Va bene tutto quello che ho sentito ma tante cose non possono diventare realtà nella situazione italiana. E a questo neanche Levico 2010 può rispondere o fornire soluzioni. Proviamo a muoverci a piccoli passi, a prenderci i nostri spazi di manovra, di prova ed errore; rinunciamo a un esercizio o a una pagina del libro; scegliamo di credere nelle nostre intuizioni; ascoltiamo le voci dei nostri studenti, accettiamo le loro difficoltà e anche le nostre. Non riusciremo mai a cambiare tutto il sistema ma riprendiamoci la libertà di lavorarlo ai fianchi. E raccontiamoci la storia di quando, in un freddo pomeriggio di inizio marzo, abbiamo partecipato a un Convegno sulla valutazione autentica … Pietro Callovi, Lend Trento 11


associazioni GISCEL

Un convegno e un libro L’associazione GISCEL Trentino è nata ufficialmente nel 2006 come articolazione regionale del GISCEL - Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica - costituitosi nell’ambito della Società di Linguistica Italiana nel 1973 con lo scopo di studiare i problemi teorici e sociali dell’educazione linguistica nella scuola e di contribuire a rinnovarne i metodi e le tecniche dell’insegnamento. GISCEL Trentino collabora con la Facoltà di Lettere e Filosofia di Trento, l’IPRASE e le istituzioni scolastiche del territorio e nel 2008 si è costituito come associazione professionale riconosciuta dalla PAT, la segreteria è composta da Paola Baratter, Sara Dallabrida e Stefano Morelato, con l’incarico di tesoriere.

po GISCEL infatti si è posto l’obiettivo di confrontare basi teoriche ed esperienze reali utili per un nuovo curricolo grammaticale, la pratica didattica quotidiana e l’analisi della produzione viva degli studenti. A tal fine nelle due giornate seminariali sono stati anche attivati, sotto la guida di esperti, alcuni laboratori ripresi durante il corso dell’anno scolastico nell’attività didattica dei docenti. Il risultato del lavoro di ricerca e sperimentazione è confluito nel volume Lingua e grammatica. Teorie e prospettive didattiche (Franco Angeli, 2009) che raccoglie i contributi dei relatori che hanno partecipato al convegno e propone, a titolo esemplificativo, tre esperienze didattiche condotte in scuole differenti per ordine e grado. La categoria lessicale del nome

Chi fa che cosa L’associazione, che oggi conta circa 40 soci tra docenti di ogni ordine e grado della scuola trentina più altrettanti simpatizzanti, si incontra periodicamente anche attraverso l’articolazione in piccoli gruppi che, in un’ottica di ricerca-azione, compiono approfondimenti teorici e sperimentano nelle proprie classi metodologie e materiali elaborati insieme. In questi anni il GISCEL Trentino ha promosso inoltre numerose iniziative di formazione e aggiornamento con professori universitari e docenti esperti (ricordiamo, per citarne solo alcuni, gli incontri seminariali con Serenella Baggio, Adriano Colombo, Patrizia Cordin, Valter Deon, Manuela Facinelli, Paola Iannacci, Donatella 12

Lovison, Luisa Miola e Letizia Rovida), occupandosi prevalentemente di comprensione del testo, grammatica valenziale, didattica della grammatica, e, in anni recenti, anche di dislessia. Dal seminario al libro Nell’autunno 2008 il GISCEL Trentino ha proposto un seminario dal titolo Riflessioni sulla lingua e la grammatica: prassi e prospettive didattiche per approfondire alcune questioni grammaticali, lessicali e sintattiche, che coinvolgono docenti di lettere quanto di altre discipline, e per trovare nuove prassi didattiche da sperimentare a scuola. Attraverso la ricerca sulle strutture della lingua italiana e le ricadute cognitive della riflessione linguistica, il grup-

In generale l’attenzione è stata rivolta all’analisi morfemica e al modello valenziale quali possibili strumenti utili per lo sviluppo cognitivo dell’alunno e per abituarlo a riconoscere, e possibilmente correggere, testi sintatticamente e semanticamente non compiuti. Apre la prima parte del volume una ricerca sull’apprendimento della categoria lessicale del nome condotta da Maria G. Lo Duca, Martina Ferronato e Elena Mengardo, le quali mettono in discussione gli obiettivi stabiliti dalle Indicazioni per il Curricolo per la scuola dell’Infanzia e per il primo ciclo di istruzione. In accordo con le conclusioni della ricerca, Donatella Lovison riflette sull’uso e sui contenuti di tre manuali di grammatica per la scuola secondaria di I grado e propone una trattazione ideale della categoria del nome. Nei contributi di Patrizia Cordin e Fioretta Mandelli, invece, viene spiegato il modello valenziale attraverso casi paradigmatici e complessi utilizzabili nella prassi n.5 maggio 2010


didattica. Infine Valter Deon interviene sul significato e l’opportunità del fare l’analisi logica se inserita in un modello logico-semantico che abbia come riferimento complessivo il testo. I percorsi sperimentati La seconda parte della miscellanea presenta tre percorsi didattici sperimentati in scuole diverse per ordine e grado a partire dalle precedenti considerazioni teoriche. Sull’utilità dell’analisi morfemica per comprendere termini nuovi e di ambiti differenti viene proposto il lavoro di sperimentazione condotto da Alvise Cristinelli e Elena Martinelli; sulla rappresentazione grafica della frase semplice e complessa come strategia d’aiuto per gli studenti, la ricerca di Paola Baratter e Cristina Fait; sul modello valenziale e sulle possibili omissioni di argomenti in testi letterari, il modulo svolto da Sara Dallabrida e Magda Niro. Il volume termina con un intervento di Giancarlo Navarra volto a mostrare come le conoscenze matematiche non si possano costruire senza un controllo significativo degli strumenti linguistici. Il convegno a Padova “La grammatica a scuola? Meglio meno, ma meglio” Si è tenuto a Padova, dal 4 al 6 marzo 2010, il XVI Convegno GISCEL che ha visto la presenn.5 maggio 2010

za di trenta relatori, tra cui Tullio De Mauro e Luca Serianni, e la partecipazione di centinaia di docenti provenienti da tutta Italia. Il tema scelto era in effetti di grande attualità, come evidenzia il titolo: La grammatica a scuola. Quando? Come? Quale? Perché? Si tratta di domande per le quali non è facile trovare una risposta, ma alcuni punti fermi sono emersi, primo tra tutti l’inutilità di fare grammatica esplicita prima della IV elementare, a causa dell’insufficiente evoluzione cognitiva degli alunni. In questa prospettiva il GISCEL Lombardia si occupa da alcuni anni della costruzione di un percorso curricolare di grammatica per la scuola primaria che sia “sostenibile”, nel senso di fondato, giustificabile e plausibile nei suoi riferimenti scientifici, ma soprattutto equilibrato, praticabile e rispettoso delle caratteristiche cognitive degli alunni a cui si rivolge e dei loro bisogni di apprendimento. Come fare la grammatica Sul come fare grammatica, la risposta è unanime: non ha alcun senso studiare liste di parole e repertori di regole, ma è necessario selezionare i contenuti grammaticali essenziali e approfondirli, studiarli sotto diversi aspetti, con lo scopo di coinvolgere attivamente gli studenti in un procedimento di riflessione e scoperta. Tra le relazioni Giuseppina Franca Colmelet e Valter Deon hanno indagato le modalità del procedere del pensiero degli studenti attraverso i connettivi espressi e non espressi nella scrittura di un testo. Al convegno sono stati presentati anche i primi risultati di una ricerca condotta da Maria G. Lo Duca in collaborazione con i docenti trentini Alvise Cristinelli e Elena Martinelli sul riconoscimento della categoria

del verbo da parte degli studenti di due scuole, una elementare e l’altra media, del Trentino. Quanto al perché fare grammatica, se tutti concordano sulla sua utilità come palestra del pensiero, Maria Teresa Serafini ha sottolineato come le capacità degli studenti di rivedere i propri scritti possano essere potenziate dall’utilizzazione di conoscenze grammaticali che permettano agli studenti di capire l’errore e di parlarne. L’incidenza del testo Luca Serianni ha affrontato un delicato problema di teoria e metodologia della didattica. “Quale incidenza può avere, nell’insegnamento della grammatica, il testo adottato? Quali caratteristiche hanno i libri usati dagli insegnanti? Quale il rapporto tra libro di testo e ‘pratiche’ di insegnamento?” Un’indagine mirata lascia intravedere elementi interessanti. In genere si caratterizzano per un’attenzione eccessiva alla classificazione e scarsa all’applicazione pratica. La relazione ha suggerito alcuni ambiti di intervento per migliorare l’insegnamento: l’incremento della riflessione linguistica, la problematizzazione degli argomenti teorici e delle esercitazioni proposte, l’articolazione progressiva dell’insegnamento. Anche Tullio De Mauro ha riflettuto sui testi scolastici di grammatica, lamentandone le mancanze, e ha proposto una progressione nell’insegnamento apprendimento della grammatica che parta dalla chiarificazione della nomenclatura per arrivare, solo a partire dalla scuola superiore, all’analisi della realtà grammaticale. Gli atti del Convegno saranno pubblicati nella collana Giscel edita dalla Franco Angeli. Paola Baratter, Magda Niro, Sara Dallabrida 13


CONSULTA PROVINCIALE DEGLI STUDENTI

riforma 4 MAGGIO 2010

Incontro con Dellai e Dalmaso Martedì 4 maggio 2010 i ragazzi della Consulta provinciale e i rappresentanti degli studenti eletti nel consiglio dell’istituzione si sono incontrati con il presidente della provincia Lorenzo Dellai e con l’assessore all’istruzione Marta Dalmaso in assemblea plenaria. Il confronto si è articolato su questioni precise e sulle motivazioni delle scelte operate a cui punto per punto hanno risposto sia il presidente che l’assessore all’istruzione. L’incontro è stato guidato dal presidente della Consulta Tommaso Galli che ha presentato in quest’occasione un protocollo d’intesa per la promozione di iniziative svolte a sviluppare il senso di cittadinanza attraverso l’informazione e la formazione alla conoscenza e ad un uso appropriato e attivo degli spazi di partecipazione negli organismi collegiali degli istituti scolastici e dei centri di formazione professionale.

gnamento del tedesco inizia già nella scuola primaria e arriva fino al biennio delle secondarie di secondo grado con il senso di un ciclo di 10 anni di studi della conoscenza della lingua e cultura tedesca. Va considerato oltre a ciò anche il rapporto economico e lavorativo con il mondo tedesco. Il metodo di insegnamento

La lingua tedesca Il confronto ha preso il via con l’intervento di Tommaso Galli che chiedeva, per quel che riguarda l’insegnamento delle lingue straniere, le ragioni del tedesco come seconda lingua obbligatoria nel biennio delle scuole secondarie di secondo grado. Lo sguardo verso la lingua tedesca, ha spiegato l’assessore, non è una decisione a monte ma una scelta argomentata, dettata dalla collocazione geografica oltre che dalla storia di ieri e di oggi. Si sa che l’inglese è la lingua universale e in quanto tale è la prima lingua ma è parso opportuno continuare la conoscenza anche del tedesco come lingua obbligatoria. Il punto di vista dell’insegnamento della lingua tedesca non è quello di un biennio che non si conclude, ma considerando il fatto che l’inse14

La riforma inizia adesso, ha spiegato il Presidente, nel momento in cui si affrontano i veri nodi, cioè i contenuti della componente educativa: i piani di studio provinciali e la metodologia dell’insegnamento e dell’apprendimento. È corretto dire se le lingue devono essere presenti, ma è più importante sapere come si devono insegnare. C’è molto da fare per introdurre metodologie innovative, capaci di suscitare più interesse e questo lavoro enorme entra nel merito anche di formazione del personale insegnante e di madrelingua. L’idea, ha sottolineato Dellai, è di lavorare molto sulla metodologia e spingere su incentivi per soggiorni all’estero e esperienze fuori dall’Italia, perché il punto più importante su cui discutere è come riuscire, fuori dal contesto scolastico, ad accattivare lo studio linguistico, magari copiando anche esperienze che ci sono in Europa. “Dobbiamo essere glocal fino in fondo – ha detto il presidente – cioè non perdere di vista il mondo in cui siamo inseriti: siamo su una linea di confine, tra il mondo italiano e tedesco, importante non solo dal punto di vista storico ma economico e lavorativo, con interscambi e rapporti. La conoscenza di un linguaggio universale come l’inglese è fondamentale ma bisogna coltivare opportunità importanti”. Anche in prospettiva è importante capire che va discusso come si possono apprendere le lingue straniere con più facilità, si sta facendo un ragionamento su questo con il centro di Rovereto per n.5 maggio 2010


la formazione degli insegnanti ma aspettiamo suggerimenti sulle modalità anche dagli studenti. L’orientamento scolastico L’altro vasto argomento che sta particolarmente a cuore agli studenti è l’orientamento scolastico e la relazione tra superiori e università: come legare il passaggio? Di certo non è sufficiente un open day per operare la scelta di un percorso di studi universitario hanno detto i ragazzi. Secondo loro ci vuole un meccanismo di raccordo, per esempio prefigurare alcune lezioni che gli studenti degli ultimi anni delle superiori possano seguire all’università. L’innovazione è cercare un filo tra questi due poli così che gli studenti possano scegliere con consapevolezza. Anche riguardo a questo proposta la componente politica ha espresso la convinzione che sia una buona base su cui riflettere. Nel quinto anno delle superiori, secondo l’assessore, bisogna spingere lo sguardo oltre, con uno slancio verso il dopo che sia mondo del lavoro o università. Anche secondo Dellai bisogna aver presente che: il 5° anno orientativo si presta a esperienze di rapporto tra scuola e università, che vanno costruiti poli di specializzazione nella rete della scuola che operino nel campo della ricerca, formazione, università e mondo del lavoro, pensati come filiere, dove il rapporto con l’università sia un rapporto organico con interscambio costante e infine che è importante che anche le equipe dei docenti possano lavorare in partnership con quelli dell’università di Trento che è di grande qualità. L’Alta Formazione Alcuni ragazzi sono poi intervenuti durante il dibattito per riportare argomenti che stanno loro a cuon.5 maggio 2010

re, come le modalità con cui verrà strutturato il biennio e quali percorsi si stanno delineando con il lavoro del gruppo scientifico o l’attivazione dell’Alta Formazione. A quest’ultimo quesito l’assessore ha risposto spiegando che Alta Formazione non è in sé prosecuzione della formazione professionale, ma una vera e propria specializzazione. L’elemento caratterizzante è che è fortemente collegato con il mondo del lavoro. È una proposta flessibile anche nell’organizzazione e diventa un’opportunità importante perché questo quinto anno di istruzione consente di raggiungere la maturità. Questo percorso dovrà essere attivato quando ci sarà l’accordo da Roma, ma è fondamentale perché sono percorsi di qualità che danno titoli spendibili. Dellai, dal canto suo, ha sottolineato, in proposito, che la volontà di superare la formazione professionale e gli istituti professionali ha portato con sé l’opportunità di riorganizzare questo ramo, cioè la formazione professionale che raccoglie il 20% delle iscrizioni. È una parte del sistema formativo di grande importanza e consente di ridurre al minimo la percentuale di dispersione scolastica. Riassumendo la formazione professionale standard dura tre anni, diventerà di 4 anni, poi ci sarà il quinto anno e l’alta formazione, visti come elementi in più per rispondere ai ragazzi che scoprono, lungo il percorso scolastico, la voglia di proseguire e possono così recuperare la maturità. La proposta di protocollo d’intesa Tommaso Galli ha letto poi un protocollo d’intesa il cui oggetto è l’autonomia e la corresponsabilizzazione della componente studente che fa riferimento alla Consulta provinciale. L’autonomia che interessa i ragazzi è quella degli studenti negli organi collegiali scolastici come occasione reale di partecipazione, coinvolgimento, indrizzamento della scuola verso mete condivise dati ragazzi. Sono convinti che partecipazione significhi senso di appartenenza e perciò identificazione con le proprie scuole e quindi miglioramento dei livelli di apprendimento e formazione di quell’alto senso di cittadinanza che si nutre di saperi insieme sociali e disciplinari. Chiedono quindi uno sforzo da parte della scuola, dirigenti scolastici e docenti, segreterie e tecnici per riconoscere e valorizzare il diritto – dovere degli studenti alla partecipazione. Sia l’assessore che il presidente sono rimasti piacevolmente sorpresi dal taglio del protocollo e dall’impostazione di grande serietà. “Se ci viene proposto questo documento – ha concluso Dellai - sarà accettato come stimolo positivo a condividere spazi di autogoverno, individuando figure di sistema nella comunità educante”. (N.B.) 15


9 MARZO 2010

Primo faccia a faccia sulla riforma Il primo vero confronto sulla riforma del secondo ciclo tra gli studenti ed i rappresentanti istituzionali, il presidente della Provincia, Lorenzo Dellai, e l’assessore provinciale all’istruzione, Marta Dalmaso. Giudizio decisamente positivo espresso da antrambe le parti e impegno a proseguire con altre iniziative analoghe di confronto, come poi avvenuto due mesi dopo (vedi servizio nelle due pagine precedenti). Approfonditi alcuni nodi tematici

I dati del questionario L’iniziativa era partita dalla Consulta provinciale degli studenti, allargata alla partecipazione dei rappresentanti eletti nei Consigli dell’Istituzione della scuola superiore in Trentino, anche per presentare i risultati di un breve questionario inviato a 1300 studenti dell’ultimo anno delle superiori su aspetti specifici della riforma del secondo ciclo, per un commento, da fare assieme. Più di cento i rappresentanti degli studenti, che hanno risposto all’invito della Consulta di partecipare all’assemblea plenaria allargata. Un confronto approfondito, ma pacato e nel merito delle questioni precise, introdotto da Tommaso Galli, presidente della Consulta. Dai risultati del questionario erano giunti segnali incoraggianti per le scelte operate dall’Amministrazione in merito al monte ore settimanale ed al biennio orientativo, con una percentuale del 63% favorevole, mentre era stata espressa una chiara preferenza per potenziare le materie d’indirizzo e quelle di laboratorio ed una scelta secca a favore del mantenimento dell’educazione fisica anche nel quinto anno. 16

Questionario a parte, il confronto aveva toccato tutti gli aspetti della riforma. Molti gli interventi degli studenti, tante le richieste di chiarimento. Sul metodo, sul mancato confronto nella prima fase, sul biennio, sull’obbligatorietà del tedesco, sulla soppressione degli istituti professionali e del liceo scientifico tecnologico, sui quadri orari ed i piani di studio. Punto per punto, il presidente e l’assessore avevano ribadito le motivazioni delle scelte operate, gli spazi ancora aperti per il confronto sui piani di studio e sul percorso ancora da fare, la chiarezza sulla distinzione dei ruoli tra chi deve esprimere pareri ed opinioni e chi alla fine deve pur assumersi il peso delle decisioni. A più riprese, sia il presidente che l’assessore avevano dovuto ribadire agli studenti che molti rilievi erano privi di fondamento, per il semplice fatto che non ci sono nella proposta trentina di riforma. “Condivido – aveva replicato ad una studentessa l’assessore Dalmaso– che questo è un momento di smarrimento per tutti i soggetti coinvolti, ma se si continuano a ripetere gli stessi slogans che si vuole distruggere l’Iti di Rovereto o altre cose del genere, il confronto non farà passi in avanti”. Dopo due ore di domande e risposte, però, tutti concordi sulla positività dell’iniziativa, sulla necessità di percorrere strade operative nuove e nuovi strumenti per l’informazione ed il confronto sulla riforma, a cominciare dagli aspetti che più direttamente possono interessare gli studenti e le famiglie”. “Confronto molto interessante, molto civile per il quale vi ringrazio” aveva concluso Dellai; “clima sereno e voglia di entrare nel merito delle questioni, che deve continuare” per l’assessore. Da qui, impegno a ripetere l’idea dell’assemblea plenaria allargata ai rappresentanti degli studenti nei consigli dell’istituzione” da parte del presidente della Consulta provinciale, Tommaso Galli. (m.c.) n.5 maggio 2010


il dossier

dentro l’ARGOMENTO il dossier la novità riflessione “uno” riflessione “due” riflessione “tre” cooperative centro Erickson

“LA SCUOLA DELL’INCLUSIONE…” InCentro e in periferia: luoghi e tempi per una riflessione Inserto a cura di: Mario Caroli Interventi di: Norma Borgogno, Mario Caroli, Elisabetta Montagni, Daniele Siviero

n.5 maggio 2010

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il dossier BES E DINTORNI

Iniziative e riflessioni sull’inclusione Da qualche mese c’è un nuovo riferimento anche fisico per il problemi dei BES (Bisogni Educativi Speciali) e più in generale sull’integrazione nella scuola trentina. Una novità, anzi no, vedremo più avanti. Sempre in questo ultimo periodo ci sono stati tre diversi momenti in cui s’è fatto in modi diversi il punto sui temi dell’inclusione: due giorni a Rovereto ed uno a Trento, proposti su iniziativa anche del Centro per la formazione permanente di Rovereto e poi ancora a Trento presso l’Istituto professionale provinciale di viale Verona. Infine, su iniziativa di Con.Solida, il Consorzio di cooperative trentine che operano nel sociale, c’è stata una giornata di interessante confronto tra scuola e cooperazione sulla figura dell’Assistente Educatore, a conclusione anche di una ricerca specifica. Ce n’é abbastanza per documentare il sintesi in questo dossier un passaggio che riteniamo significativo.

Centro Risorse… In centro città, a Trento, nei pressi della nuova biblioteca universitaria di via Verdi, a ridosso della ferrovia, al numero civico di via Tomaso Gar 10 c’è una targhetta che diversi insegnanti, ma anche genitori ed operatori della scuola trentina hanno imparato a riconoscere perché hanno cominciato a mettere piede nella sede del Centro Risorse INtegrazione. Una novità, ma non del tutto, perché chi varca la soglia trova ad accoglierlo delle figure note dell’Area Bisogni Educativi Speciali: Angela De Mitri, Elisabetta Montagni, Daniele Siviero … le stesse persone che fino a ieri operava18

no nella stessa Area presso il Palazzo Istruzione di via Gilli a Trento e che continuano ad operare all’interno del Dipartimento istruzione, in stretto collegamento con le altre figure di riferimento per i Bes, che sono: Antonia Dallapè, che sostituisce Chiara Ghetta ora in aspettativa per partecipare alla fase finale del corso-concorso per dirigenti scolastici, Patrizia Rigotti e Flora Plotegher. Siamo andati di persona a conoscere questa nuova sede e, sinceramente ci è piaciuta molto la “personalizzazione” che hanno fatto degli spazi, ma anche l’articolazione e la gestione dei momenti di contatto con gli insegnanti, i genitori, gli stessi studenti e gli operatori a vario titolo. Difficile sintetizzare quello che abbiamo visto e le informazioni che abbiamo avuto dai diretti interessati. Abbiamo chiesto a loro stessi di farci l’esempio di come hanno gestito un mese, quello di marzo, di fatto il primo mese completo e pieno, e nelle tre pagine seguenti c’è il resoconto fatto da Elisabetta Montagni. Un resoconto dettagliato, che a tratti può sembrare la trascrizione dell’agenda degli operatori, ma

dà il senso di ciò che “gira attorno”. Abbiamo ben capito che si tratta di “un posto per… avere informazioni, creare contatti, fare delle buone chiacchiere, lavorare in gruppo, avere consulenza anche informale presso il Centro o presso la propria scuola. Un posto dove “si produce pensiero”, ci è stato detto, ma anche “dove si raccoglie e si mettono in atto azioni…” Inclusione, perché non resti una parola vuota… A partire dalla nuova realtà anche fisica sui problemi dell’integrazione, abbiamo pensato di unire in un dossier significativo i vari momenti di riflessione che ci sono stati in questo periodo, accanto ad altri che noi però non abbiamo potuto seguire. Un nuovo riferimento fisico a Trento, tre seminari, una ricerca sull’assisitente educatore che opera nelle scuole ma legato alla cooperazione, ma anche, in questo stesso periodo, l’inaugurazione a Gardolo (Trento) della nuova sede delle edizioni Erickson, che con l’integrazione hanno certo a che fare, e che si propone ora di allargare ulteriormente la propria offerta di iniziative e laboratori rivolti a docenti e alla scuole. Siamo perfettamente consapevoli che non esauriamo certo con queste pagine le occasioni di approfondimento sui temi legati ai Bisogni Educativi Speciali, ma aggiungiamo un nuovo tassello, continuando a “raccontare” momenti significativi nella nostra provincia sul tema. Mario Caroli n.5 maggio 2010


la novità INCentro

Per esempio in marzo 2010 … Le attività del Centro cominciano a prendere forma. In marzo 2010 parte il “Percorso per voi” dedicato ai docenti con funzione di coordinamento per i BES, si avviano i gruppi di confronto fra docenti, si apre l’attività “Le buone chiacchiere”, si avviano i contatti con il Centro di formazione di Rovereto, si comincia a preparare i seminari del 29 aprile e del 13 maggio 2010. Nel frattempo continuano le attività di consulenza presso il Centro e nelle scuole, di documentazione di pratiche di inclusione, i contatti telefonici e di posta elettronica, gli incontri a tema con soggetti esterni, le attività di coordinamento con il Dipartimento Istruzione, l’organizzazione interna….

Una partenza in sordina Il centro è partito in sordina, c’è stato il tempo di accordare gli strumenti, definire il repertorio, cominciare a suonare insieme. Ora siamo una buona band (banda BESsotti così qualcuno ha definito affettuosamente l’area BES). Stiamo imparando ad usare le nostre competenze nella gestione di un centro che è anche nel centro della città. Il vincolo istituzionale delimita modalità e campo di azione, promuove un’interpretazione creativa, prepara a rappresentarsi gli esiti come possibili (non certi), fa stare più vicini l’agito e il dichiarato (sei quello che fai). È una struttura esposta e SENsibile che incrocia più facilmente i percorsi di docenti, educatori, genitori, studenti. n.5 maggio 2010

SENsibile (SEN: Special Educational Needs): detto di persona o gruppo di persone, sensibile indica la capacità, l’attitudine a sentire, avvertire, essere ricettivi. Detto di strumento, sensibile indica la capacità di fornire una risposta variabile in relazione alle sollecitazioni e alle variazioni che esso rileva. Nel sistema tonale, la sensibile è la nota che rappresenta il settimo grado della scala. distante un semitono dalla tonica. Il termine trae il suo significato dal fatto che la tendenza melodica del settimo grado è sensibilmente rivolta verso la tonica; per la sensazione che crea dà un senso di incertezza, instabilità, di ricerca di un punto d’appoggio. Il Centro si propone come strumento di ascolto, supporto, facilitazione, dialogo sui temi dei bisogni

educativi speciali SENsibilmente rivolto alla tonica rappresentata dalle scuole e dalle persone che in esse operano per la complessa armonia dell’inclusione. Percorso per voi Il gruppo di confronto: la proposta nasce dalla rilevazione di un bisogno diffuso di informazioni e scambio di esperienze efficaci nella didattica per gli studenti con disturbi specifici di apprendimento. Si intende anche far emergere e documentare pratiche didattiche messe in atto con successo nelle scuole sulla problematica in oggetto e promuovere condivisione e collaborazione fra docenti che operano con studenti della stessa fascia di età. Ipotesi che sorreggono l’azione: Le proposte funzionano se fanno riferimento a bisogni espressi o impliciti che non sono solo di mancanza (difficoltà, fatica, solitudine…) ma anche di presenza (desiderio, espressione, relazione…) e se riconoscono le persone a cui sono rivolte (esperienza, competenza, funzione “implicita”..). L’immagine che ha dei docenti stessi chi fa proposte agli insegnanti, influenza il tipo e l’efficacia della proposta; i docenti hanno un sapere didattico e pedagogico che può essere riconosciuto e valorizzato attraverso il confronto e lo scambio. Il dialogo con le scuole permette di vedere che non sempre servono interventi dall’alto: a volte è sufficiente mettere in contatto, allestire luoghi di incontro, mettere in circolazione le risorse esistenti. Docenti che lavorano con studenti della stessa fascia di età possono lavorare insieme anche se sono in scuole con differenti curricoli e i docenti dell’IS e della FP non si conoscono. Ci sono pregiudizi forti che influenzano l’orientamento e le scelte degli studenti e delle famiglie. 19


INCROCI

Al Centro e nelle scuole Le molteplici richieste di informazioni (soprattutto telefoniche) o i colloqui al centro rivelano: necessità di formazione specifica sui casi ,difficoltà a rappresentarsi lo studente con DSA, studente dal funzionamento sconosciuto, ambiguo, difficile da valutare, difficoltà nella relazione con le famiglie (soprattutto le madri), rappresentazioni di inadeguatezza e ansia. Gli inviti presso le scuole rivelano: necessità e difficoltà di condivisione fra colleghi, richiesta di “fare il terzo” fra spinta innovativa del dirigente o del coordinatore e corpo docente resistente, desiderio di mostrare ciò che si mette in atto, si promuove, si realizza, si scopre attraverso l’esperienza. Se i docenti si confrontano sui vissuti e sulle pratiche didattiche è possibile che si formino altre rappresentazioni degli studenti e dei docenti; le rappresentazioni che i docenti hanno degli studenti e di se stessi 20

come insegnanti influenzano grandemente l’efficacia della loro azione di insegnamento. Le buone chiacchiere La giornata nasce nel cuore del Centro Risorse e Integrazione. E’ rivolta in particolare ai docenti, agli alunni, agli educatori e ai genitori, tutti invitati a fare, appunto, quattro chiacchiere importanti su temi fondamentali come la disabilità, per condividere esperienze e imparare. Il centro è luogo di INformazione e INcontro per fornire supporto alle istituzioni scolastiche e formative per la integrazione e la inclusione di studenti con bisogni educativi speciali documentare, valorizzare e diffondere il sapere costruito attraverso la esperienza e la professionalità nelle scuole facilitare processi di collaborazione fra scuole, istituzioni e professionalità diverse. Un appuntamento al mese dalle 17.00 alle 19.00 al Centro dove un ospite propone un tema su cui conversare.

LE SCUOLE A SCUOLA Nel mese di marzo abbiamo avuto incontri con le scuole presso le loro sedi: 1 marzo: partecipazione al gruppo di lavoro presso IFPA di Rovereto: le difficoltà nei percorsi di inclusione come oggetto di lavoro, micro spostamenti come ipotesi di risposta; 2 marzo: consulenza I.C. Lavis – team docenti, referente BES, genitori, per studenti con DSA; 3 marzo: consulenza I.C. Mezzolombardo – Dirigente, referente BES, servizi clinici e privato sociale, docente referente medie, genitori, per progettualità disabilità gravissima; 4 marzo: consulenza I.C. Cembra – docenti medie e referente BES su “Lettera C”; 5 marzo: incontro Consiglio di classe IFP Legno: un percorso personalizzato da fuori a dentro la classe; 8 marzo: consulenza I.C. Avio – incontro Dirigente e referenti BES primaria e secondaria per Regolamento; 9 marzo: consulenza I.C. Primiero – Collegio docenti primaria, secondaria di primo e secondo grado su Regolamento art. 74; 10 marzo: consulenza I.C. Trento 7 – team docenti e referente BES per la progettazione del percorso per uno studente con disturbo della condotta; 12 marzo: consulenza I.C. Isera Rovereto incontro Dirigente, referente BES, team primaria, insegnate media, genitori, progettualità studente disabilità gravissima; 12 marzo: interviste presso IC di Mori per documentazione di pratiche inclusive; 22 marzo: incontro con il consiglio di classe IS La Rosa bianca di Cavalese per un percorso personalizzato sperimentale; 25 marzo: consulenza I.C. Ala – Dirigente e docenti primaria su Regolamento art 74; 29 marzo: incontro presso scuola steineriana con il gruppo degli insegnanti di sostegno; 30 marzo: Pergine II n.5 maggio 2010


Curie partecipazione ai consigli di classe di I sociale e II aziendale sul tema: curricoli personalizzati, curricoli differenziati e consulenza I.C. Primiero – team docenti plesso Tonadico – gruppo di lavoro sul tema “Lavorare in gruppo” . LE SCUOLE AL CENTRO Nel mese di marzo abbiamo ospitato al Centro le seguenti scuole: 15 marzo: gruppo di confronto dei docenti dell’II Martini sulle azioni di supporto agli studenti con DSA ; 30 marzo: incontro con suor Marisa della scuola paritaria Maria Bambina su risorse e azioni di supporto per studenti con difficoltà di apprendimento; 29 marzo: conversazione con Direttrice CFP Barelli-Levico sul numero elevato di studenti con disturbi della condotta che approdano presso il Centro: è necessaria una riflessione su questo tema; 8, 9, 10 marzo: contatti telefonici fra IC e CFP su orientamento e passaggi di studenti da una scuola all’altra Coi docenti: incontro e confronto 4 marzo: gruppo di confronto per i docenti che hanno partecipato al corso. Aperture presso la casa laboratorio di Cenci: ricaduta dell’esperienza, organizzazione della giornata con i ragazzi del centro ANFFAS per la fine dell’anno scolastico; 8 marzo: gruppo di confronto per docenti di lingue straniere della FP e IS su insegnamento delle lingue a studenti con DSA; 10 marzo: gruppo di confronto per docenti di matematica della FP e IS su insegnamento/apprendimento della matematica con studenti con DSA. Incontri di approfondimento per docenti coordinatori BES: 11 marzo: l’orizzonte comune (per chi inizia); 16 marzo: attraversamenti (il passaggio da una scuola all’altra); 23 marzo: il cammino n.5 maggio 2010

percorso (la valutazione); 24 marzo: l’orizzonte comune 2. Educatori, cooperative, servizi… 8 marzo: a Maso Pez: i luoghi alternativi nei percorsi personalizzati, il ruolo della cooperativa, la rete delle scuole, gli esiti possibili; 18 marzo: Kaleidoscopio: il ruolo dell’educatore nei percorsi personalizzati; 23 marzo: partecipazione Tavolo di lavoro “Politiche giovanili” con Politiche sociali – (Presso Polo Sociale TN Sud) : la co-progettazione di azioni di rete a supporto dei giovani a rischio di abbandono scolastico. Incontro con genitore e studente con deficit sensoriale per problematiche relative allo svolgimento dell’esame di maturità, incontro con genitore e studente con DSA per rischio abbandono scolastico, consulenza ai genitori di uno studente con DSA, consulenza al genitore di uno studente con autismo al Centro. Incontri e seminari: 9 marzo: le buone chicchiere “Alla periferia della classe” con Marco Rossi Doria. Partecipano docenti, educatori della CS4 e i colleghi del Centro Pais di Bolzano. Un filo la collega alla serata successiva: “la diversità che è in ciascuno di noi”, il nostro trovarci per qualche aspetto alla periferia o vicini a essere fuori. Partecipazione al gruppo Disturbi della condotta presso il Dipartimento Istruzione. Incontro gruppo disturbi della condotta per la preparazione del seminario (presso IPC L. Battisti); 15 marzo: incontro presso il Centro di formazione di Rovereto, per il seminario di studi Includere. Al telefono: conversazione con un genitore di bambino con sindrome di Down, sul difficile percorso di integrazione nella scuola media; arriva un sms: il percorso sta an-

dando bene; ogni venerdì arriva una telefonata che tiene aperto il contatto: il percorso continua (lo studente sta tentando di “tenere” un percorso temporaneamente ad orario ridotto; sappiamo tutti che è complicato) La lente su una mail: ci arrivano anche richieste di aiuto tramite mail come questa: “Abbiamo due ragazzi certificati secondo la 104 in uscita e sto cercando di attivare in zona un progetto tipo Perla per loro. Ho contattato il servizio sociale e le associazioni del privato sociale del nostro territorio (C8), ma anche loro non sanno come muoversi. Come possiamo fare? Il Servizio ci può dare indicazioni? C’è qualcun altro nella mia stessa situazione? Eventualmente sono disponibile a far parte di un gruppo di lavoro per fare rete e cercare una soluzione.” Organizzazione interna. 19 marzo: riceviamo in regalo una tesi di laurea sul portfolio delle competenze nei percorsi Perla produzione di materiali. Elisabetta Montagni

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riflessione “uno” INCLUDERE

Due giornate di studio a Rovereto Il Centro Formazione Insegnanti di Rovereto ha organizzato nei pomeriggi dell’8 e 9 aprile scorsi due giornate di studio rivolte ai dirigenti scolastici ed ai referenti con funzioni di coordinatori di istituto sui BES e sugli alunni stranieri. Come dichiarato in apertura dei lavori da Italo Fiorin, scopo dei due giorni era di fare il punto sull’inclusione degli studenti stranieri e con BES nella scuola. Parafrasando le tre “I” della scuola morattiana, Inglese, Internet e Impresa, con questo seminario si voleva evidenziare invece le tre “ I ”della scuola inclusiva: Inserimento, Integrazione, Inclusione e il Mal di scuola. ai margini. Così la valutazione può avere un effetto perverso sulla persona, con il rischio che la scuola diventi il luogo di una silenziosa selezione sociale. Meglio non agire da soli e coinvolgere le famiglie altrimenti si perde un alleato e sembra di lavorare contro vento. Due approcci La nuova vulnerabilità Ha aperto gli interventi della prima giornata Ivo Lizzola, preside facoltà di Scienze della Formazione di Bergamo, con un intervento che significativamente s’intitolava Aver cura. Bisogna aver cura d’ogni bambino che entra a scuola con la sua storia: “Includiamo i corpi i sentimenti e le storie degli studenti delle nostre classi”. A scuola si trovano alunni stranieri tra loro, ma non estranei, perché si avvicinano agli stessi oggetti culturali delle discipline. Ciò può avvenire attraverso l’esperienza di costruire conoscenze in maniera responsabile con gli altri. Questa cura deve riattraversare i luoghi scolastici, perché vivono un tempo di fragilità e d’esposizione a situazioni di vulnerabilità. C’è però una nuova vulnerabilità cognitiva delle nuove generazioni che deriva dai contesti sociali. In questa zona grigia, dove si entra per un’instabilità relazionale o una frattura famigliare, basta poco per scivolare 22

Nel suo intervento Dario Ianes domanda provocatoriamente Chi è che se ne occupa?( degli alunni con BES). La risposta di Ianes è che se ne devono occupare tutti con competenza. Ma prima di arrivarci affronta il tema delineando due approcci: quello Speciale-Speciale, che dice che siccome sei speciale ti devo dare una risposta speciale. Così degli alunni con BES ne occupano gli specialisti, con il rischio di dare etichette alle persone e creare percorsi separati. Viceversa l’approccio Normale – Normale, che afferma una sostanziale uguaglianza, comporta che siccome sei uguale tutti ti possono aiutare. Bisogna spaccare il dilemma e la sfida è tenere insieme le due cose. Le esperienze sul campo La coordinatrice nazionale del progetto I care Luciana Ferraboschi ha presentato gli esiti che questo ha avuto nel mettere in luce i processi per l’inclusione nelle scuole ita-

liane. Pur con le difficoltà che comporta essere dei docenti che operano come professionisti riflessivi, chi ha provato il percorso di ricerca-azione di I care ha ricavato dei vantaggi da questo percorso, quali la capacità di trasformare i casi in modello, disseminare le buone pratiche, dando valore alla rete di scuole, praticare la documentazione per promuovere la diffusione dei materiali, attivando un processo di miglioramento continuo nella scuola. L’esperienza concreta è stata presentata da Erik Gadotti, direttore del CFP Artigianelli, che nel suo interevento Quando la disabilità è una sfida ha riportato ciò che è stato fatto nel suo istituto. Innanzitutto si è cercato di creare un ambiente con un elevato benessere sociale, che nascesse nel gruppo dei pari, favorendo momenti informali, come l’accompagnamento in mensa degli alunni con autismo con gruppetti di compagni. Si è poi intervenuti sull’organizzazione didattica, introducendo ogni due mesi una settimana dedicata al recupero ed al potenziamento, coinvolgendo gli alunni migliori e più sensibili in attività d’affiancamento dei compagni disabili. Il patto con le famiglie La seconda giornata dal titolo Mal di scuola è stata aperta dalla presentazione da parte di Marco Rossi Doria, coordinatore del progetto n.5 maggio 2010


provinciale Campus. È da abbandonare l’idea che la scuola risolva tutta l’esperienza di un adolescente perché la vita è più grande. La scuola deve essere un luogo salvo, che è aperto e sì connesso in rete con i servizi del territorio e le famiglie, ma che deve restare scuola, mantenendo il suo mandato, altrimenti si dequalifica rispetto ad altre agenzie. Un tema caldo è quello del patto con le famiglie. In passato il patto era implicito, mentre oggi è un patto esplicito. Se il patto viene rotto bisogna riscoprire creativamente le sanzioni, perché hanno in parte perso il loro valore simbolico. C’è un rischio educativo che non possiamo evitare di prenderci, proprio per questo va spiegato nel patto il valore educativo della sanzione. La cosa peggiore è la mancanza di una risposta ad una cosa fatta male. Bisogna essere equilibrati ma bisogna pensare a cose simbolicamente riparative, brevi. Ma è poi possibile trovare delle sanzioni riparatorie? In definitiva bisognerebbe declinare quali sono le virtù civili, il saper stare al mondo. Imparare ad imparare L’altra cosa fondamentale è l’imparare ad imparare. Nel metodo di studio è cruciale la motivazione all’apprendimento, il senso. Il problema non è portare a scuola i ragazzi, secondo Marco Rossi Doria, n.5 maggio 2010

ma è piuttosto quello di farli scoprire il gusto di apprendere, che è una sfida ancora più ardua. Quanto è compatibile questo tipo di scuola con la scuola? Una scuola che dà le stesse cose a tutti non regge. Oggi è l’individuo che prevale sulla categoria plurale di persone. Anche la scuola sembra aver assunto questa visione. Se la scuola vuole declinare l’equità deve rafforzare le parti deboli, rinforzare le parti forti, fare esplorare le parti nascoste. La scuola ha due vincoli di rigidità: l’aula e il tempo. Siccome non si possono moltiplicare i contenitori, partendo da una base comune per tutti, il resto, tempo (orario lezioni) e luoghi (aule), vanno rivoluzionati. Dalla storia dell’intercultura alla costruzione del gruppo Il responsabile del Ministero dell’Istruzione per l’Intercultura Vinicio Ongini ci ha presentato una cronistoria dell’Intercultura attraverso i documenti ufficiali degli 20 anni nella scuola italiana. Il ritardo accumulato dall’Italia che è partita affrontando tardi il problema rispetto ad altri paesi ci ha posti però al riparo dagli errori fatti altrove, ponendoci in pochi anni all’avanguardia, almeno dal punto di vista legislativo, nel campo dell’inclusione scolastica degli studenti stranieri a scuola. Il tema della gestione della classe e la costruzione del gruppo è stato sviluppato da Claudio Girelli dell’Università di Verona. Si cresce attraverso esperienze di successo, che non vuol dire non provare insuccessi, ma trovare la via del successo dopo l’insuccesso. Se non costruisco un vero gruppo il buon esito della parte emersa rischia di essere invalidata. Sempre di più infatti arrivano bambini scoperti dal punto di vista relazionale. La classe come gruppo tra efficienza e affettività/socialità va tenuta

in equilibrio. Diventare un gruppo classe è il frutto del lavoro implicito nell’apprendimento, è il modo di azione. Claudio Girelli ci ricorda che a scuola ....“Tutto conta. Non si deve fare altro, ma farlo in un altro modo.” L’inclusione come processo Infine ha concluso i lavori Luciano Covi, direttore del Centro Formazione Insegnanti che ha ricavato dal seminario la convinzione che l’inclusione è un processo, che può evolvere o regredire, e che per questo va sempre coltivato. Con la consapevolezza che la scuola inclusiva debba essere tutelata, cercando di aver cura delle buone pratiche che vanno seguite e accompagnate, ha ricordato che inclusione significa coinvolgimento reale di tutti gli attori, dai docenti agli studenti, passando dalle famiglie e dalle agenzie formative del territorio. Chiamare a raccolta tutti i soggetti del territorio per fare un azione coordinata è esattamente nelle intenzioni del Centro Formazione Insegnanti. Con questo spirito sostiene gli appuntamenti che l’area Bes con il Centro Risorse Integrazione ha organizzato il 29 aprile e l’area Intercultura con il Centro Millevoci per il 18 maggio. Daniele Siviero 23


riflessione “due” UN GIORNO PER…

Docenti coordinatori BES il 29 aprile a Trento, presso l’Istituto Formazione Professionale “Pertini”, il Centro Risorse Integrazione ha organizzato il seminario ”Un giorno per… trovare il tempo di riflettere sui propri passi: interpretazioni, spostamenti, evoluzioni, relazioni, tra investimento personale e dimensioni organizzative istituzionali”, dedicato ai docenti coordinatori per i bisogni educativi speciali. Questa giornata, incentrata soprattutto su narrazioni ed esperienze concrete di dirigenti e docenti, è stata presentata come occasione di riflessione intorno alla funzione e ai percorsi di integrazione e inclusione raccontati da chi vive questa quotidianità, cioè ragazzi, genitori, docenti, educatori, dirigenti.

deve essere fulcro della diffusione tenendo ben presente il rapporto con il territorio e l’importanza di costruire reti di scuole così come è stato fatto nelle Valli Giudicarie e nelle valli di Non e di Sole, per le quali sia Raffaela Alberico e Rosanna Lizzari che Paola Barolo e Pierpaolo Endrizzi ci hanno spiegato che la parola vincente è stata condivisione nell’ottica di confronto e scambio. Le criticità

Tra specialità e normalità La sala è gremita, sono tutti docenti coordinatori per i bisogni educativi speciali, che hanno accolto l’invito a trovare un giorno per riflettere sul proprio lavoro, sulla funzione del coordinatore e sul contesto in cui si trova ad operare. Le reali mansioni sono veramente tante e in parte si modificano anche a seconda della scuola in cui si trova l’alunno con difficoltà. Essere referente, hanno spiegato le coordinatrici intervenute come Lina Broch dell’I.C. Tn 7 e Chiara Bertolini, direttrice del CFP di Levico, significa coordinare il gruppo di insegnanti di sostegno, educatori e curricolari con compito di conduzione del gruppo di lavoro, affiancare gli insegnanti nuovi, integrare nel PI le figure esterne in convenzione, documentare dei percorsi personalizzati, oltre a confrontarsi 24

costantemente con i dirigenti, essere referente per il lavoro con il Servizio Sociale, partecipare ai Tavoli di lavoro territoriali. Tra centralità e diffusione Dalle molte testimonianze è emerso che essere referente è una responsabilità, un prendersi cura affinché i saperi e le risorse possano creare collaborazione e condivisione. “Se penso ad un’immagine del mio lavoro penso ad una ragnatela”, ha detto una coordinatrice che ha voluto rimanere anonima. E per spiegare ancora la necessità di aprirsi spiega che nell’essere referente è molto importante il lavoro in rete con un altri istituti. C’è chi, come Miriam Michelotti dell’I.C. Arco, si interroga sul ruolo dell’istituto e pensa che

Ci sono anche elementi di criticità da tenere presente e tante le difficoltà che si sono trovati ad affrontare gli insegnanti, come Silvia Pavan (Don Dilani di Rovereto), sia in classe che in rapporto alla famiglia, alla quale va data l’informazione, l’accoglienza e poi il tempo necessario per presentare la certificazione. Annamaria Pradel (Primiero) ha raccontato il suo disagio: “Ho vissuto il primo anno di esperienza con forti aspettative di vedere realizzazioni, con addosso l’ansia e la sensazione che l’impegno era ‘troppo’ ...”. Maria Teresa Lever (Riva) riferisce che in tanti anni di insegnamento ha sentito una serie di affermazioni come “ Ma, io insegno così da 20 anni…” , “..ad alunni normali, come faccio con questo?...” e ha cominciato a porsi delle domande. Lucia Castelli riporta come elementi di criticità anche il numero elevato di studenti BES soprattutto nella Formazione professionale, e la fatica nel gestire la complessità smussando i contrasti ed evitando le incomprensioni tra le parti e facendo lavoro di squadra. Il punto È stato affidato a Claudia Marabini, formatrice e consulente nell’amn.5 maggio 2010


bito dei servizi sociali e formativi di Milano, il compito di fare il punto per mettere a fuoco gli apprendimenti costruiti e la loro utilità. Claudia Marabini ha individuato tre focalizzazioni: i cambiamenti del contesto sociale e l’esigenza di individuare i bisogni educativi speciali, la difficoltà per gli insegnanti a entrare in contatto con questi cambiamenti e quindi assumere questi i ragazzi come oggetto di lavoro, ricostruire transiti culturali organizzativi rispetto all’identità professionale dell’insegnante. Quattro le difficoltà che gli insegnanti incontrano: quella legata all’avvicinamento culturale, la scarsa legittimazione a livello sociale per gli insegnanti, il mettere in discussione le competenze e la fatica individuare un’identità professionale, la spinta individualistica. I transiti Claudia Marabini ha chiuso il suo intervento con una riflessione sui transiti, cioè i cambiamenti culturali e sociali che sono emersi dalle testimonianze, e che in sintesi sono questi: da una visione di scuola al centro dei processi socio-educativi a centro che va costruito; da una visione di problemi solo se certificati da specialisti a una visione vista e valutata da un diverso punto di vista; da una visione di referente BES, attribuito da un ruolo formale, a uno che si accredita nelle relazioni significative che riesce a tessere, valorizzandosi perché fa quello che serve; da una visione individuale e singolare del referente che fa con una visione che deresponsabilizza a quella di un referente che allestisce e accompagna gli apprendimenti per poter assumere corresponsabilità, creando cultura e sensibilizzazione; da una valutazione negativa ad una valutazione di ricerca di risorse per il singolo e le famiglie. n.5 maggio 2010

I percorsi del pomeriggio Nel pomeriggio sono stati presentati percorsi di integrazione e inclusione personalizzati, con un occhio di riguardo per chi ha vissuto in prima persona le difficoltà: Istituto “A. Rosmini” Trento: i laboratori gestiti dagli studenti per l’integrazione dei compagni disabili I. C. Ala: i percorsi personalizzati I. C. Altopiano di Pinè: la valutazione inclusiva Testimonianze varie: i genitori di studenti con DSA I.F.P Alberghiero Rovereto: il percorso di uno studente down I.F.P del Legno Villazzano e C.F.P. Veronesi di Rovereto : i percorsi con la classe e personalizzati I. C. Val di Cembra: presentazione di un sito interattivo per l’integrazione nella classe e tra scuola e famiglie. Dalle testimonianze è emersa una ricerca diffusa di percorsi propositivi che ricercano buone pratiche da capitalizzare e condividere e che convincono che vale la pena investire. Non possiamo entrare nel merito di tutte le situazioni, che continueremo a monitorare, ma la costante che è emersa è sicuramente quella di porre al centro dell’attenzione il ragazzo, prima di tutto come persona, nella convinzione condivisa che gli obiettivi non sono solo cognitivi ma e soprattutto anche sociali. Disabilità 2%, BES 15%, differenze 100% L’inclusione, ha spiegato Dario Ianes, è una sfida che tocca l’essere, il fare e il diventare. Si deve mirare ad una cultura inclusiva in cui coinvolgere i genitori, e tutti gli attori del sistema, nell’ottica di una progettualità inclusiva che è una delle prassi che

qualifica il referente coordinatore bes con un piano di intervento per l’integrazione e l’inclusione. Le alleanze interne ed esterne sono chiavi del successo di alcune dimensioni territoriali che tessono reti interistituzionali formali e informali e che, documentando le buone prassi, fanno anche vera e propria ricerca. Ci vuole riconoscimento contrattuale, manutenzione continua e sviluppo di un portfolio personale di competenze e processi di reclutamento, un monitoraggio e una valutazione dei vari livelli di prassi. La monocoltura della certificazione, le ore di sostegno, dovrebbero sparire dal lessico per dare vita a una scuola di full inclusion dove riusciamo a fare una personalizzazione di tutti. La corresponsabilità va vista nell’ottica che la specialità diventa normale e può convivere nella assoluta normalità. Non conclusioni ma punto di partenza Nella parte conclusiva del seminario è intervenuto Luciano Covi che ha posto la domanda di quale ruolo può assumere il Centro di Formazione di Rovereto in questo processo? Il metodo è partire dalla pratica, dal vissuto esperienziale, per farlo oggetto di metacognizione che se anche presenta difficoltà poi riesce ad incidere maggiormente e va condiviso con i colleghi. C’è poi il coinvolgimento di diversi attori (insegnanti, genitori, ragazzi) che incidono sull’inclusione e che a livello trasversale riguardano anche le istituzioni e il tema di fare scuola. Sia Luciano Covi che l’assessore hanno concordato che seminari come questi sono punti di partenza più che di arrivo, momenti in cui prendere atto del lavoro di tutti e insieme. (N.B.) 25


riflessione “tre” I disturbi del comportamento Il pomeriggio del 13 maggio 2010, nell’aula magna dell’Istituto Professionale “Pertini” di Viale Verona a Trento, si è svolto il seminario “I disturbi della condotta in età evolutiva. Sintesi di un lavoro e proposte per un progetto” promosso dall’Assessorato all’istruzione e allo sport e l’Assessorato alla salute e politiche sociali. Scopo del seminario era quello di dare una restituzione del lavoro di ricerca svolto dal gruppo di lavoro interassessorile provinciale sui disturbi della condotta in età evolutiva, gruppo insediato nel 2008 e coordinato dal dirigente scolastico dell’I.P.S.S.C.T. Battisti di Trento Stefano Kirchner. Il seminario ha raccolto oltre 120 persone, tra operatori sociali, educatori, insegnanti, psicologi e medici e dirigenti scolastici hanno seguito i lavori. Il gruppo di lavoro e le sue finalità L’attenzione ai bisogni e alle caratteristiche degli studenti con disturbi gravi del comportamento, soprattutto nel mondo della scuola, aveva fatto sentire, già qualche anno fa, l’esigenza di costituire, ha spiegato Stefano Kirchner aprendo i lavori, un gruppo di lavoro che si ponesse domande su “che cosa di diverso” o “che cosa in più” si sarebbe potuto fare per questi ragazzi. Nel 2008 era nato quindi su proposta del Gruppo di Lavoro Interistituzionale Provinciale il “Gruppo di lavoro interassessorile sul tema dei disturbi gravi del comportamento in età evolutiva”che prevedeva per il lavoro la durata di un anno. Il gruppo era composto da professionisti rappresentativi di ciascun servizio dei due assessorati con lo scopo di: avere una conoscenza più approfondita del disturbo della condotta dai punti di vista clinico, pedagogico e psico-sociale, individuare le proporzioni del problema a livello epidemiologico, effettuare la ricognizione dei progetti e pratiche attivi, divulgare i saperi e le pratiche attraverso un seminario, ipotizzare percorsi più efficaci anche con metodo di ricerca azione. 26

Gli intenti Il gruppo di lavoro era composto da Alberico Raffaela Docente scuola secondaria I grado I.C. Tione, Barone Corrado Neuropsichiatra infantile - Distretto Giudicarie e Rendeva, Bassetti Claudio Docente scuola secondaria I grado I.C. Trento 7, Berloffa Anna Centro per l’infanzia Trento, De Mitri Maria Angela Dipartimento istruzione, area B.E.S., Disnan Giuseppe Psicologo clinico - Distretto Bassa Valsugana e Tesino, Kirchner Stefano Dirigente scolastico IPSCT Battisti Trento, Roner Daniela Ufficio programmazione politiche sociali, Chilovi Flavia assistente sociale, Pederzolli Elena assistente sociale, Bridi Susan Tirocinante Università di psicologia Padova, Candioli Melissa Tirocinante Università di psicologia Padova, Gabrielli Lorenza Tirocinante Università di psicologia Padova. Il gruppo si è mosso nell’intento di esplorare contemporaneamente la dimensione teorica dei modelli di riferimento assieme ad una dimensione più operativa relativa alle pratiche formali ed informali con le quali ciascun servizio opera, ma anche i modelli di intervento, le buone prassi, a livello territoriale, nazio-

nale ed europeo. Nel muoversi tra le due dimensioni, nei diversi sistemi, l’intento è stato quello di integrare i saperi con le esperienze al fine di identificare risposte possibili a carattere organizzativo, terapeutico, sociale-comunitario, educativo che possano essere messe a disposizione degli operatori dei servizi coinvolti. Gli esiti clinici Lo scopo della giornata del 13 maggio è stato proprio quello di restituire gli esiti da parte dei componenti del gruppo di lavoro. Il quadro clinico del problema è intervenuto Giuseppe Disnan che ha definito da un punto di vista medico chi sono i soggetti con disturbi della condotta in età evolutiva e la loro caratteristica callosità emozionale, che li rende impermeabili ai sensi di colpa, portati a sfidare i pericoli, in conflitto con l’autorità. Corrado Barone ha evidenziato che la diagnosi non deve diventare solo un’etichetta sul bambino, ma dovrebbe raccontare i bisogni di quel bambino, per poter progettare un intervento psico-pedagogico che non è né una psico-terapia né vuole essere una terapia farmacologica. Sarebbe importante costruire una rete che coinvolga i clinici, gli insegnanti, gli educatori, gli assistenti sociali, compito affatto facile. I risvolti sociali L’esigenza di un approfondimento del tema dei disturbi del comportamento è nato da molteplici fattori come la scarsa efficacia negli interventi con soggetti DC, l’elevato rischio di insuccesso e abbandono scolastico, la frustrazione degli operatori per “risultati inesistenti” con costi personali e sociali elevati, le storie di vita con esiti spesso drammatici, l’elevato n.5 maggio 2010


rischio evolutivo verso “carriere” devianti o psicopatologie dell’età adulta, il lavoro di rete spesso “in crisi”, la problematicità dei servizi nella gestione dei casi. Lorenza Gabrielli e Melissa Candioli hanno presentato il loro studio (hanno fatto la tesi di laurea su questa ricerca) su casi rappresentativi, i criteri metodologici e l’approccio epidemiologico adottati. A livello sociale Flavia Chilovi sostiene che l’azione preventiva costa di meno dell’azione riparatrice che si attiva per l’emergenza e che una formazione comune potrebbe aiutare a far dialogare meglio le diverse figure professionali coinvolte. Le piste di lavoro Stefano Kirchner ha provato a tracciare delle prospettive di lavoro per il gruppo: realizzare modelli efficaci di lavoro di rete tra i servizi per condividere responsabilità, procedure, azioni, strategie, mediante co-costruzione di progetti in un’ottica di progetto di vita e che si caratterizzino per alta specificità e flessibilità degli interventi da parte dei servizi; avere personale specializzato; ampliare la fascia di analisi alla prima infanzia ed età prescolare; creare un coordinamento per rispondere alle emergenze; identificare una proposta formativa innovativa in collaborazione con il Centro di Rovereto per la formazione degli insegnanti e il Centro risorse integrazione Area Bes; coinvolgere l’ IPRASE per la parte di ricercaazione nella scuola, introducendo una variazione negli aspetti metodologici dello “studio di caso” n.5 maggio 2010

utilizzando “una consulenza alle equipe su progetto”; identificare procedure di collaborazioni tra i servizi; implementare ed organizzare la documentazione (di processo) attraverso un archivio dei materiali. Il dibattito Quando è stata data la parola al pubblico si è capito che il tema dei disturbi della condotta in età evolutiva suscita molto interesse e preoccupazione. Dal dibattito è pervenuta la richiesta di una figura di connessione come quella dell’educatore, figura “alta” con profilo sanitario. Si è sostenuto che l’educatore, non avendo i vincoli che ha l’assistente sociale rispetto al tribunale dei minori, riesce ad entrare in relazione in modo più proficuo. C’è stato poi chi ha chiesto che il gruppo di studio venga integrato con operatori del privato sociale. E’ stato ripetuto il ruolo strategico della rete per evitare interventi settorializzati e costruire una risposta istituzionale, riconoscendo il ruolo del team, andando anche a riconoscere l’impegno degli inse-

gnanti. Qualcuno poi ha voluto rimarcare l’assenza di un interlocutore, cioè il tribunale dei minori, che andrebbe coinvolto nel gruppo di lavoro interassessorile. Infine qualcuno ha ricordato l’esperienza positiva della legge 35 provinciale del 1991. Le conclusioni Riassumendo gli esiti interistituzionali Stefano Kirchner ha poi elencato i punti di forza evidenziati dalla ricerca: l’ importanza del lavoro di rete tra i servizi, l’attenzione a progettare interventi specifici con equipe, la presenza di interventi personalizzati e flessibili, la formazione condivisa per tutti i soggetti coinvolti e lasciando delle domande aperte quale mandato per la prosecuzione del lavoro, come ipotizzare azioni di prevenzione, come rispondere a situazioni di emergenza (scolastica). Sia Marco Rossi Doria che l’assessore Marta Dalmaso nelle conclusioni hanno ribadito che lavorare in modo efficace per i casi di disturbi del comportamento richiede un coordinamento, una rete, che è elemento importante, ma faticoso perchè deve essere fatta da persone fisse con un mandato chiaro. Bisogna tenere in carico questi casi con una regia che li segua e tenga insieme le risorse multidisciplinari e trovare dei luoghi che restituiscano situazioni di successo, che possano entrare a far parte del bagaglio personale di questi ragazzi come racconti interi, che ridiano un significato alle narrazioni spezzettate. (D.S.) 27


cooperative EDUCATORI

Saperi condivisi: una ricerca Un Convegno per fare il punto su una storia ventennale e per tratteggiare le linee del futuro: con la partecipazione degli assessori provinciali all’Istruzione e alla Cooperazione si è tenuto a Trento, sabato 15 maggio 2010 presso la Sala “Don Guetti” della Federazione della Cooperazione Trentina dal titolo “Saperi condivisi: bisogni educativi speciali, la Cooperazione sociale nella scuola”. Un’opportunità davvero preziosa, per la riflessione e i contributi e perché nel convegno sono stati illustrati i risultati di una ricerca, finanziata dall’Assessorato alla Cooperazione, proprio su ruolo e funzione delle figure di educatori tra scuola e cooperativa.”

Con.Solida, la scuola, la ricerca La ricerca “Saperi Condivisi”, prosegue ed allarga l’indagine che era stata svolta nel 2005 all’interno delle cooperative sociali che aderiscono al Con.Solida: ha quindi consentito di riflettere sul percorso fatto fino ad ora e ha permesso di interrogarsi sul futuro della cooperazione sociale nella scuola. Introdotta da Francesco d’Amico e Miriam Branz. Nel corso della ricerca sono state sentite 73 persone tra focus group e interviste individuali; con il procedere della ricerca il percorso di indagine iniziale è stato arricchito dal coinvolgimento di nuovi interlocutori quali neuropsichiatri, logopedi28

sti, assistenti sociali e psicologi clinici. In particolare sono stati sentiti sei genitori di alunni con bisogni educativi speciali; diciassette educatori; quattordici insegnanti; cinque coordinatori di area scuola delle cooperative; quattro funzionari del Servizio Istruzione della Provincia. Interviste individuali sono state fatte a quattro assistenti sociali, a sei dirigenti di istituto comprensivo, a sei referenti per bisogni educativi speciali, a due psicologhe cliniche, a un logopedista e a tre neuropsichiatre. La presenza della cooperazione sociale trentina inizia nel 1993 con la cooperativa sociale CS4 di Pergine Valsugana e, l’anno successivo, con “Grazie alla Vita” di Mezzolombardo, due cooperative attive nell’am-

bito della disabilità, vennero inizialmente chiamate a riempire un vuoto creatosi nell’organico degli assistenti educatori che allora dipendevano dai Comprensori. All’inizio del Duemila vengono coinvolte anche altre cooperative che lavorano principalmente con i minori, coprendo quindi, nelle scuole trentine, le tre aree della disabilità, dell’infanzia e dell’adolescenza. L’autonomia didattica concessa agli istituti nel 1999, l’attivazione delle procedure di accreditamento degli enti in convenzione presso la Provincia autonoma di Trento nel 2004, la legge Salvaterra del 2006 e il successivo regolamento attuativo hanno definito gli ambiti e le modalità del nostro intervento nella scuola trentina. È del 2002 la stipula delle convenzioni direttamente con gli Istituti comprensivi e il compenso standard orario di € 25,00 per assistente educatore indicato dalla provincia e a tutt’oggi in vigore. In questa storia quasi ventennale si assiste ad un’evoluzione della figura centrale della nostra presenza a scuola attraverso l’assistente educatore. Partendo da mansioni di assistenza di base ad alunni disabili gravi, l’assistente educatore è arrivato oggi a differenziare i suoi campi di intervento nei confronti dei disturbi specifici dell’apprendimento, le patologie neuropsichiatriche, il disagio sociale, fino alle attività di laboratorio e di interscuola, mantenendo l’attenzione rivolta all’alunno portatore di bisogno da un lato, e all’istituzione scolastica dall’altro. È la “classe”, quindi, il luogo dell’intervento dell’educatore, ma anche l’oggetto, il contesto stesso su cui lavora perché la sua abilità è quella di favorire una duplice inclusione: la sua e quella dell’alunno. “Lavorare nella scuola in questi anni – hanno detto d’Amico e Branz, – ha avuto un notevole impatto sulle cooperative sociali sia sul piano organizzativo sia su quello gestionale”. n.5 maggio 2010


LA RICERCA: “Saperi condivisi” Le cooperative sociali che hanno partecipato alla ricerca “Saperi Condivisi” sono: Con.Solida (rete di 50 cooperative sociali); Arianna di Gardolo; Progetto 92 di Trento; Grazie alla Vita di Mezzolombardo; Ephedra di Riva del Garda; Kaleidoscopio di Povo; Arcobaleno di Riva del Garda; C.S.4 di Pergine Valsugana; Il Ponte di Rovereto; G.S.H. di Cles; L’Ancora di Tione. Coordinata da Silvia Fargion dell’Università di Bolzano, che ha presentato i risultati. “Questa linea di ricerca valorizza quella che è stata definita la saggezza pratica o saggezza professionale degli attori coinvolti. La saggezza pratica si caratterizza come una capacità di utilizzare fonti di sapere differenti per mettere in atto strategie per prove ed errori e trovare soluzioni contingenti, ragionevolmente positive. La ricerca si colloca in questo universo ed è una esplorazione di come le diverse persone, i diversi soggetti e professionisti coinvolti nell’inclusione scolastica trovano dei modi di dare un senso alla propria operatività e al proprio ruolo, di come spiegano e rappresentano la realtà e i problemi che sono chiamati a fronteggiare, di quali soluzioni e vie mediano per stare nelle situazioni e per migliorare la qualità dell’esperienza di ridefinire e raggiungere degli obbiettivi.” I risultati Questi i quattro punti analizzati: L’inclusione scolastica: ovvero governare l’incertezza Tre modi di fronteggiare l’incertezza: la delega, mettere a tacere i segnali, avviare un processo di ricerca Il modello euristico e le reti: Tenere i fili: il tema della continuità, La rilevanza dei ruoli di ponte, Percepire i nodi di rete come risorse: Il n.5 maggio 2010

gioco delle parti Incertezza, indefinitezza e reti: la questione delle identità professionali Molto ricco e interessante il report con la trascrizione delle risposte dei soggetti coinvolti. Riportiamo solo alcune considerazioni riportate nella ricerca Il gioco delle parti: i pregiudizi fra assistenti educatori e insegnanti sono decisamente un ostacolo. La percezione degli educatori è di avere in carico le persone e il loro benessere, mentre gli insegnanti sono visti come titolari della classe e della didattica. Nell’attribuzione di un codice paterno e di un codice materno gli educatori finiscono con l’essere protettivi e gli insegnanti invece lavorano sull’autonomia intesa come capacità di fare da soli. “Quello che dicevo forse io prima, di questo rapporto che magari si può creare troppo di dipendenza tra l’alunno e questo insegnante, che è stato nominato, che è lì proprio per lui, questo va gestito molto attentamente, diciamo, perché non diventi una dipendenza … noi come obiettivo abbiamo l’autonomia dell’alunno, questo non dev’essere perso di vista, e credo che sia un pericolo insito in questo tipo di rapporto e quindi va tenuto presente e va controllato” (insegnante). “e mi sono avvicinata per vedere il compito e “Non aiutarlo, eh, perché lui deve farlo da solo”, l’ha preso e l’ha spostato in un’altra aula....cioè....al che gli ho detto, “Guardi, voglio dire, non è nel mio interesse suggerirgli....non è che siamo qua per far sì che lui arrivi all’ottimo per forza” e allora lì si è un

attimo inquadrata....Però io ero quellache aiutava, in tutto e per tutto, pur di arrivare alla sufficienza....cosa assurda in realtà” (educatrice). “e due-tre volte spuntava sulla verifica del bambino che seguivo “Nessun voto perché aiutato dall’assistente educatore”. Una volta. Due volte. Tre volte. La quarta volta sto bocia poreto c’è rimasto malissimo, si stava per mettere a piangere, io mi sono arrabbiato proprio tanto quella volta lì.” (educatore). “mi sono avvicinata ad un bambino a chiedere se riesce, non riesce, se ha bisogno di aiuto, lei mi ha detto “No Carla, aspetta, deve finire”. Va bene. Però ci mettiamo d’accordo prima, perché vuol dire che io non sto nelle regole. Allora, non conosco quello che bisogna fare in quella lezione lì, allora… il bambino ti vede come incapace in qualche modo. Io mi sono avvicinata, ero anche curiosa, mi piace… No. Stop Carla!” (educatrice). Assistenti educatori comunque apprezzati La natura della ricerca, la selezione degli intervistati in parte sulla base della responsabilità, fanno ritenere che mediamente i soggetti coinvolti fossero già tra i più attenti al tema dell’integrazione scolastica, e impongono cautela nella generalizzazione dei risultati. Tuttavia va rilevato che, se innegabilmente si colgono dei chiaroscuri e delle esperienze di tensione, in linea generale la ricerca ha fatto emergere un deciso apprezzamento della figura dell’educatore. 29


LE ESPERIENZE: scuola, cooperativa, genitori Rosanna Lazzeri (psicopedagogista I. C. Storo), Marcella Giovanelli (genitore), Cristina Fuoli (coop. Grazie alla vita) e Matteo Calliari (educatore “Progetto ‘92) hanno portato la propria esperienza evidenziando anche alcuni punti critici. E’ stato richiamato, come una sorta di invitato di pietra, il Progetto formativo d’Istituto, all’interno del quale va trovato lo spazio per “un continuo interrogarsi e nel confronto tra relazione educativa degli operatori scolastici”. L’assistente educatore ha subìto una costante evoluzione rispetto ai suoi tempi, alla sua funzione, al rapporto col territorio. L’ingresso dell cooperative sociali in diverse forme in supporto all’attività educativa dei ragazzi è un esempio positivo di come “incoraggiare, essere incoraggiati e non fermarsi solo ad alcuni esiti raggiunti nell’integrazione”. Dal genitore un richiamo al “desiderio di senso che tutti abbiamo nel nostro lavoro”, ma anche la puntualizzazione che “l’inclusione non può essere affare di un solo professionista né della sola scuola né della sola famiglia”. Così come dall’educatore il richiamo all’ottica dialogica tra figure diverse, sforzo di conoscenza reciproca, di riprogettazione in itinere, studio e formazione congiunta, costruire insieme. I DIALOGHI: non solo mansionario Il valore certo, della ricerca così come del confronto nella mattinata del 15 maggio 2010, sta innanzitutto nel fatto che sugli assistenti educatori si discuta non in termini prettamente sindacali, ma a partire dal vissuto dell’educatore nella scuola, nella classe, nel rapporto con i ragazzi per un’integrazione migliore. E’ stato richiamato Andrea Caneva30

ro più volte (l’educazione è un bricolage che bisogna saper tenere insieme), la necessità di una riflessione sul senso dell’educare più che sui mansionari. Tanti gli stimoli anche dalla tavola rotonda coordinata da Franco Floris (Animazione sociale). Marta Dalmaso ha detto che sull’integrazione non ci sono scorciatoie, questo è, però, un buon punto di partenza per affrontare il problema col taglio giusto: vanno chiariti bene i mandati delle varie figure e meno i mansionari, che sono una garanzia ma che a volte diventano un problema che non ci cogliere le vere potenzialità. Va pensata una regia di sistema che possa aiutarci in questo senso, perché nella scuola trentina ci sono realtà molto innovative ed altre in cui si fa ancora molta fatica ad operare per l’inclusione. ” Sulla chiarezza nei “mandati” e sulla ripresa di una riflessione seria sul senso dell’educare aveva insisitito anche Franco Floris nell’introdurre la tavola rotonda: “educare come ponte tra scuola e territori, perché la vita del bambino è continua anche oltre la scuola”. La scuola al tempo delle “reti” può ancora appassionarsi col territorio come soggetto di vita? La cooperativa sociale cosa può fare come apporto a questo soggetto? Solo manodopera? Bisogna riscoprire cos’è la cooperazione nel momento in cui entra ad operare nella scuola non come singoli operatori ma come istituzioni sociali virtuose. Bisogna tenere il filo della continuità con il Progetto in evoluzione: “avete condiviso dei saperi, ma motli saperi sono ancora da condividere” Ancora stimoli e condivisione da Silvano Deavi, presidente di Con.Soli-

da (la partecipazione di persone giovani: capitale umano, è una novità importante che alza anche la responsabilità di chi ha compiti diversi); da Elina Massimo, dirigente scolastico I. C. Trento6 (gli assistenti educatori sono entrati da un’altra logica e un altro sguardo ed hanno costretto la scuola a fare i conti col proprio modo di operare. Individualità e diversità oggi sempre più differenti tra loto, non solo i disabili. Leggere scrivere e far di conto, ma anche fare educazione sociale e aggredire in rete il problema da più punti di vista); Elena Giammarco, assistente sociale (“tenere la regia della Rete e garantire pari opportunità a tutti”); Corrado Barone, neuropsichiatra infantile (partiamo da “progetti di vita” e non da “progetti d’istituto” o cose simili; non solo saperi condivisi ma anche saperi co-costruiti, dobbiamo abbattere le difese delle barriere di funzioni e ruoli, dobbiamo dirci: da solo col mio sapere non posso.” A cura di Mario Caroli n.5 maggio 2010


l’evento ERICKSON

Nuova sede nuove idee Inaugurazione della nuova sede, a Gardolo in via del Pioppeto al numero 24, alle ore 16.00 di lunedì 26 aprile 2010. Prima e dopo, però, una serie di eventi aperti a tutti e sconti speciali sull’acquisto di materiale della Erickson, “Open week” dal 26 al 30 aprile, riuscito e con successo di pubblico. Madrina dell’inaugurazione Maria Concetta Mattei, sala gremita da operatori della scuola, del sociale e del welfare in particolare (i due punti di forza delle edizioni), da dipendenti e collaboratori. Il taglio del nastro, ma già in corsa…

tina, giornalista e conduttrice televisiva RAI.

Cerimonia semplice ma nello stile cui ci hanno abituati da tempo le edizioni “trentine ma internazionali”: evento in grande, però attenzione ai contenuti, momento comunque per “pensare” e per accogliere. Così, Accoglienza musicale piacevolissima del «Gruppo Archi Versus» diretta dal Maestro Zoran Milenkovich, saluto del sindaco della città, Alessandro Andreatta, presentazione della casa editrice da parte di Giorgio Dossi, presidente Edizioni Erickson, breve ma intensa tavola rotonda condotta da Pierangelo Giovanetti, direttore de «L’Adige», con Michele Colasanto (Università Cattolica di Milano) presidente Agenzia del Lavoro, i due fondatori (Fabio Folgheraiter e Dario Ianes) e due autori Erickson, Alberto Pellai e Carlo Scataglini. Conclusioni del Presidente della Provincia, Lorenzo Dellai, prima del taglio del nastro. Tra gli ospiti, in prima fila, Marta Dalmaso, assessore provinciale all’istruzione e allo sport, ma s’è vista anche “tanta famiglia”, sia nel senso dei dipendenti e collaboratori della casa editrice che in senso stretto di madri e bambini che scorazzavano. Cerimonia condotta da Maria Concetta Mattei, tren-

Dai banchi del liceo scientifico e poi dal 1984…

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I due fondatori di Erickson Edizioni c’erano, ovviamente, da protagonisti: Fabio Folgheraiter (Università Cattolica di Milano) e Dario Ianes (Università di Bolzano). Un video, tanta leggerezza e poca insistenza sull’amarcord. “Eravamo così, come si vede in quella foto con la valigia in mano, in partenza per la prima Fiera a Francoforte. Già dal liceo il gusto del sapere, del conoscere e dell’apertura internazionale. Con la scuola trentina – è Ianes a rimarcarlo – c’è sempre stato un rapporto reciproco, noi abbiamo ricevuto molto in termini innovativi, specialmente per l’inclusione, su cui il Trentino è la-

boratorio all’avanguardia, ma abbiamo anche dato il nostro contributo nella stesura di alcune leggi provinciali”. We care… Nella tavola rotonda, tanti i richiami alla necessità di capire il fenomeno Erickson come impresa, ma anche capire “come può far lievitare in Trentino una più forte società della conoscenza”. Lo ricorda Michele Colasanto che “una casa editrice ha come compito quello di aiutare un territorio a pensare”; Pierangelo Giovanetti parla di “boccata d’ossigeno per il Trentino ma non solo e, per questo, i trentini devono essere fieri e orgogliosi di qvere tale novità editoriale”. Tema, che Dellai riprenderà e svilupperà nelle conclusioni. Dai due autori Pellai e, messaggio in piena sintonia: prima letto-

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ri e fruitori di libri Erickson, poi da insegnante di sostegno (Carlo Scataglini) e da medico e ricercatore (Alberto Pellai) diventati autori più che orgogliosi “perché avere un libro con Erickson è subito un marchio di qualità, curato, ricercato, a prescinedere dalle vendite” e, in particolare pe la scuola “perché la casa punta sulla operatività e dà una mano a scovare e trovare materiali da far circolare.” Dellai: grazie per questa impresa della conoscenza… Dal Presidente della Provincia di Trento innanzitutto tre “grazie” ai

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fondatori della Erickson: per aver scelto la zona di Gardolo, a nord di Trento, per la nuova sede (“qualifica la rete di imprese e strutture che già ci sono sul territorio, che qualcuno in mala fede continua a considerare come il Bronx”), per la scommessa che c’è dietro questa impresa, e per il modo in cui la Erickson ha scelto per presentare un’impresa di successo. Nel merito della storia e dell’evoluzione della casa editrice, Dellai ha riconosciuto il merito “di aver capitalizzato una parte importante del tessuto trentino. Ogni impresa ha dietro di sé anche una visione del mondo e del futuro e questa è un’impresa della conoscenza. C’è dietro il coraggio dei fondatori, ma anche la fiducia e la scommessa per il futuro; un’impresa che dà lavoro qualificato, che fa filiera, che dà lavoro ad altre imprese trentine. Fa filiera anche nel mondo della scuola, della cooperazione, e con successo. Il Presidente Dellai si è fermato in particolare sul tema della conoscenza. “Il trentino deve riuscire sempre più a pensarsi come un distretto della conoscenza. Servono investimenti nella formazione e nell’impresa, ma ci vuole un humus, una cultura, una visione che non può che nascere da una comunità. In questo distretto c’è la

GARDOLO

CHIESA

Erickson

PASSAGGIO A LIvELLO

Supermercato

POLI REGINA

scuola ed è lei che deve trovare la sua flessibilità per tirare fuori i talenti, rispettandoli e non piegandoli alle necessità organizzative e corporative.” Concludendo con gli auguri, Dellai ha detto. “Continuate ad essere stimolo per la scuola, per il Trentino, per la scuola trentina perché non perda concentrazione sulla visione sulla sua mission, sapndo di essere uno dei punti più avanzati del sistema a livello nazionale. E’ importante recuperare il senso di una mission e tante imprese culturali come la Erickson ci aiutano a non perdere questa visione. Dateci una mano ad essere all’altezza del “We care” che avete indicato come slogan e che suona anche meglio del “I care”, don Milani mi perdoni”. (m.c.)

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DALLE SCUOLE

liceo “Rosmini” Trento PONTI DI PACE

Due viaggi di istruzione diversi Didascalie ha sempre raccontato, attraverso la voce degli insegnanti e degli studenti, molte esperienze di gemellaggi, di viaggi di istruzione o di semplici “uscite” dalla scuola. In queste pagine, abbiamo voluto dare spazio a due “gite scolastiche” davvero speciali: si sceglie la destinazione, una città come le altre, ma poi il tutto si intreccia – prima/ durante/dopo – con un tema d’alto valore educativo e civile, quello della legalità, e non solo. Con ricadute positive per chi l’ha fatto, per l’istituto e per altri studenti e docenti che volessero ripetere ed approfondire l’esperienza. Due classi del liceo “A. Rosmini” di Trento, raccontano qui di seguito questo interessante percorso. (m.c.)

TRENTO NAPOLI Classe 4 BD: la docente referente Viaggio a Napoli: un percorso iniziato in classe. Come sempre accade, il mese di ottobre è dedicato alla programmazione delle attività per il nuovo anno scolastico e durante il primo consiglio di classe di una 4a liceo sociopsicopedagogico vengo a sapere che gli studenti avrebbero scelto Napoli come meta del loro viaggio d’istruzione, unitamente ad un itinerario lungo la costiera amalfitana. Mi domando se quel viaggio, peraltro già “collaudato” negli anni precedenti da altre classi dell’istituto non n.5 maggio 2010

possa diventare per i miei alunni l’occasione per legare le materie d’indirizzo ad una realtà che andranno a conoscere, per dare concretezza e senso ad uno studio teorico che da alcuni non è ancora compreso nella sua funzione formativa, per offrire ad altri la possibilità di un approfondimento che li aiuti a guardare quella particolare realtà con l’occhio di chi ha cominciato a comprendere e vorrebbe capirne di più proprio incontrandola. Propongo ai ragazzi l’idea, chiarisco che sto chiedendo loro un supplemento di lavoro che si aggiunge a quanto già previsto dalla programmazione. Lascio che ne discutano tra loro. La risposta presto arriva ed è un sì convinto a collaborare. Ora tocca a me progettare il percorso che vedrà coinvolta anche la classe 4E dell’indirizzo scienze sociali, guidata dalla collega Silvia Tarolli che condividerà con noi la parte sociologica del percorso. Sociologia e pedagogia: le discipline più coinvolte Si decide per il nostro indirizzo di privilegiare le discipline di sociologia e pedagogia; con la collega Maria Elena Margoni, docente di pedagogia, scegliamo di approfondire lo studio del fenomeno dell’abbandono scolastico nella città di Napoli. L’argomento infatti permette di incrociare l’analisi di taglio sociologico del territorio di Napoli, con le sue povertà, le sue emergenze, come quella della criminalità organizzata e la riflessione di tipo pedagogico per l’importanza che assumono in quel contesto di grave disagio sociale le “scuole di seconda occasione” nell’azione di contrasto al fenomeno dei “drop-out” e come esempio di un modo diverso di fare scuola, capace di tener conto di bisogni diversi che nella scuola ordinamentale non sono sempre considerati. Inoltre si ritiene anche che il tema proposto, per l’apertura che esso offre su problemi rilevanti del nostro Paese, possa aiutare i ragazzi a esercitare in prima persona quella cittadinanza attiva che ci rende cittadini attenti e partecipi di quanto accade anche ad altri perché in qualche modo ci riguarda. Un testimone privilegiato Si pensa che il percorso abbia bisogno di un testimone privilegiato, di qualcuno che, da napoletano, ci racconti la città, ci trasmetta la sua anima, conosca i ragazzi di camorra perché ci è vissuto fianco a fianco nel suo lavoro di educatore. La scelta cade sul maestro di strada Marco Rossi Doria che con entusiasmo risponde alla nostra richiesta. I due incontri che egli avrà con i ragazzi saranno fondamentali non solo 33


La studentessa: il mio diario

per la mole di informazioni trasmesse ma anche perché egli porterà la sua esperienza di maestro di strada e la passione per questo mestiere. L’approfondimento nei mesi successivi prosegue poi con gruppi di studio sulle scuole di seconda opportunità , con la lettura di una ricerca sul fenomeno della camorra come organizzazione d’impresa in un’ottica glocal, con la visione del docufilm “Biutiful Cauntri” e si conclude con le relazioni degli studenti alla classe sui singoli temi. Il viaggio, il rientro, il saggio breve… Il viaggio a Napoli nel mese di aprile e l’incontro con gli insegnanti e gli alunni della scuola media del quartiere Forcella , nel centro storico, permette ai ragazzi di completare e inverare il percorso compiuto precedentemente potendo dialogare con chi, vivendo in prima persona l’emergenza dell’abbandono scolastico cerca di porvi rimedio. Infine, al rientro dal viaggio, abbiamo proposto agli alunni un saggio breve come momento di verifica pluridisciplinare sul tema trattato. L’esito è risultato molto buono e l’obiettivo ci è sembrato raggiunto. Maria Grazia Leccese L’insegnante di sociologia classe 4BD, referente per il viaggio a Napoli

Trento, 19 marzo 2010 Lo scopo principale del nostro viaggio di istruzione con destinazione Napoli era quello di poter visitare e capire il funzionamento di una scuola media e elementare situata a Forcella, quartiere molto povero in cui la criminalità è all’ordine del giorno. Diversi mesi prima della partenza le professoresse di sociologia (Maria Grazia Leccese) e di pedagogia (Maria Elena Margoni) ci hanno accompagnato, con un preciso percorso di studio, alla comprensione e allo studio del disagio sociale presente a Napoli che è fortemente collegato all’abbandono scolastico. Abbiamo inoltre avuto la possibilità di imparare di più sulla camorra, sulla sua organizzazione e sul funzionamento delle scuole di seconda occasione. Un altro aiuto importante ci è stato fornito da Marco Rossi Doria, formatore di docenti sulle didattiche laboratoriali e le metodologie di contrasto della dispersione scolastica, del disagio e dell’esclusione precoce e fondatore del progetto Chance, che si era messo a disposizione dell’istituto Antonio Rosmini di Trento per alcuni incontri con la nostra classe (una quarta del liceo socio psico pedagogico) e un’altra (quarta del liceo sociale) in preparazione all’imminente viaggio verso Napoli. Egli, dopo averci illustrato la storia di Napoli e la situazione attuale della città, ci ha portato la sua personale testimonianza, come ex maestro di strada, di quelle che sono le grandi problematiche che devono affrontare i ragazzi nati in situazioni di disagio e come il suo lavoro sia improntato sulla pazienza e sulla comprensione. Nelle sue parole, nei suoi discorsi, nelle sue riflessioni e nelle sue storie traspariva in maniera chiara la passione che lo ha portato, e lo porta tutt’ora, a svolgere un lavoro così impegnativo e non finalizzato al guadagno economico. L’incontro coi ragazzi di Forcella… Il giorno della partenza per il viaggio, spinti da entusiasmo e curiosità, ci sentivamo tutti pronti per visitare e affrontare una realtà così vicina ma nel contempo così diversa dalla nostra. Appena giunti alla scuola di Forcella le professoresse ci hanno accolto con calorosità e gentilezza e, orgogliose, ci hanno delineato le particolarità del proprio istituto e del relativo operato. Le insegnanti hanno esplicitato come nelle zone frequentate dalla Camorra sia importante trasmettere fortemente nell’alunno valori quali la legalità e l’importanza dell’istruzione per evitare che i ragazzi finiscano sulla strada come compo-

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nenti attivi della grande organizzazione camorristica. Il compito della scuola di valorizzare le attitudini e sviluppare le competenze di ogni singolo alunno assume una maggiore importanza nelle zone come quelle di Forcella. È stata inoltre di grande interesse l’esibizione da parte dei ragazzi frequentanti la scuola che hanno voluto intonarci una canzone scritta da loro molto semplice ma densa di significato. Attraverso il loro componimento ci hanno raccontato e trasmesso la loro volontà di cambiare la situazione attuale di Napoli e il loro impegno nei confronti della società (“...Forcella è segno del nostro impegno/in questa città io voglio restare/per questa città io voglio lottare/da questa città io non voglio scappare...”). “Siamo fortunate perché abbiamo una scuola che ci accoglie…”

futuro concreto ed è importante che gli abitanti di Forcella ne siano consapevoli. È importante puntualizzare come la scuola da noi visitata sia un punto di riferimento per tutto il quartiere in quanto è riuscita a formarsi in una situazione difficile e, con grande impegno, quotidianamente educa ragazzi decisi a cambiare il destino della propria città in meglio ed è solo grazie a loro che nutriamo nel futuro maggiori speranze di miglioramento sociale e culturale. Nel complesso l’esperienza che abbiamo vissuto è stata di rilevante importanza per il nostro percorso di studio e ci ha aiutato a conoscere e capire un mondo che, senza l’aiuto della nostra scuola, non avremmo mai realmente scoperto fino in fondo. Beatrice Bottamedi Studentessa classe 4BD

Un altro intervento toccante è stato quello di una delle alunne che, con voce tremante, ha voluto evidenziare come lei e i suoi compagni si trovino in una situazione privilegiata rispetto alla gran parte dei loro concittadini in quanto hanno la fortuna di avere una scuola stabile in grado di accoglierli in ogni momento e di aiutarli con tutti i mezzi disponibili. L’intervento dei ragazzi ha strappato a tutti noi un sorriso e, commuovendoci, ci ha aiutati a comprendere veramente come questa scuola permette a molte persone di costruirsi un n.5 maggio 2010

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classe 5a LC TRENTO PALERMO

Il progetto nel resoconto della docente Sempre dello stesso istituto questa seconda esperienza di viaggio d’istruzione “speciale” effettuato a Palermo, legato alla tematica della legalità e pensato dopo la partecipazione al concorso Insieme per la Pace, intitolato a Pierluigi Bettiol e promosso dal comune di Trento. Un concorso rivolto ai giovani, che mira a sostenere la realizzazione di progetti finalizzati a promuovere la cultura della pace e della multiculturalità nella cittadinanza di Trento e a realizzare scambi culturali con Paesi in via di sviluppo. L’esperienza della classe 5^LC del liceo “Rosmini” di Trento è stata realizzata prima di quella di Napoli raccontata nelle pagine precedenti..

Un’idea nuova Alla quarta C del nostro liceo linguistico lo scorso anno con la collega di filosofia abbiamo lanciato una proposta che esulava dalle solite ipotesi per il viaggio di istruzione. Perché non rendere la solita gita qualcosa di unico e di significativo e formativo? Così è nata l’idea di far partecipare la classe al concorso Bettiol promosso dal comune di Trento e a cui le ragazze si sono dedicate con interessere e convinzione. Ne è nato un progetto che prevedeva tra l’altro la nostra permanenza a Palermo nell’ultima settimana di ottobre, non per i soliti giri turistici, ma per poter toccare con mano una realtà di cui si 36

era visto solo in televisione o letto sui giornali. Il concorso è stato vinto e così di contatto in contatto ne è nato un programma denso di incontri con persone che ci hanno segnato nel profondo e che hanno mostrato alle ragazze un aspetto della realtà finora sconosciuto. Personaggi come Giovanni Impastato, fratello di Beppino, piuttosto che Rita Borsellino hanno destato in noi un profondo interesse soprattutto per la convinzione e il desiderio di non lasciarsi determinare dagli eventi ed essere sempre e comunque protagonisti della realtà. Il giro per Palermo con i ragazzi dell’associazione “Addio pizzo” e lo scegliere locali “pizzo free” ci hanno fatto riflettere su una piaga

sociale, che da noi apparentemente non esiste e su un modo di guardare alla città siciliana diverso rispetto ai soliti pregiudizi. Solidarietà e sussidiarietà: tra i bambini del quartiere Zen L’incontro con alcuni alunni di un liceo locale il “Danilo Dolci” ed un collega ci hanno permesso un interessante dialogo e confronto per evidenziare quanto siano maggiori i punti di contatto rispetto agli elementi di divisione tra due realtà regionali apparentemente così lontane. Sicuramente però ciò che ci ha maggiormente segnato sono stati i tre pomeriggi trascorsi ad aiutare nello studio e in attività di doposcuola i bambini del quartiere Zen due. Alle nostre alunne così abituate a girare l’Europa (Inghilterra, Germania, Spagna), passando con facilità da una lingua all’altra, si è spalancato un mondo nuovo, quello della solidarietà e della sussidiarietà, aiutando un gruppo di suore della carità, tra cui una nostra ex collega trasferita in Sicilia tre anni fa, nelle loro attività. Dedicare gratuitamente del tempo a chi ha praticamente bisogno di tutto è stato significativo anche per rivalutare ciò che nel quotidiano appariva spesso scontato. L’esperienza è risultata preziosa sotto tanti punti di vista ed il desiderio è questa possibilità possa essere ripresa e vissuta da altri nostri ragazzi tanto da poter diventare un progetto del nostro istituto. Marta Cainelli Insegnante liceo “A. Rosmini” Trento n.5 maggio 2010


TESTIMONIANZE

Le studentesse raccontano Siamo le studentesse della classe 5^LC e, essendo molto interessate e vicine alle tematiche di pace e multiculturalità, abbiamo deciso di prendere parte ad un progetto organizzato dal comune di Trento intitolato “Insieme per la pace”. Abbiamo ritenuto che, per quanto il mondo e la stessa Europa abbiano bisogno di attenzione e sostegno, non dobbiamo dimenticarci del nostro Paese, in particolare del Sud, che presenta problematiche che non vanno sottovalutate. Per questo abbiamo pensato che per aiutare gli altri popoli sia necessario aiutare prima noi stessi. Accade spesso di sentir parlare dei problemi che affliggono lo Stato italiano come se esso fosse diviso in due parti, in maniera tale da far sembrare che gli accadimenti del Nord non riguardino in nessuno modo le regioni meridionali e viceversa. Come studentesse, ma anche come giovani ragazze che si stanno preparando a far parte della società in modo attivo, responsabile e consapevole, ci siamo chieste se sia davvero così e se l’idea di un’Italia “spaccata” in due sia reale o immaginaria. Il quartiere Zen Abbiamo vissuto un’esperienza nuova che ci ha insegnato non solo a comprendere meglio il nostro Paese, ma anche a rapportarci con altre persone che vivono una realtà in cui alcune problematiche sono palpabili ed evidenti. Infatti abbiamo avuto l’occasione di entrare in contatto con dei giovani che vivono nel quartiere Zen di Palermo. Coscienti che questo progetto ci avrebbe potuto far imbattere nella realtà mafiosa che è nascosta eppure molto evidente, non abbiamo preteso di risolvere tale profonda ferita di cui il Sud è vittima, eppure pensiamo che la conoscenza e l’esportazione del problema al Nord potrebbe far agire i nostri concittadini in maniera più consapevole e soprattutto dimostrare a quelle persone di non essere sole nel contrastarlo. La nostra motivazione Il nostro obiettivo principale era quello di donare un supporto umano che ci permettesse di instaurare un n.5 maggio 2010

ponte tra il Nord e il Sud in un rapporto da protrarre nel tempo. Per fare questo abbiamo preso i contatti con suor Francesca Ranghetti, una nostra ex-insegnante di religione, che da tre anni opera nel quartiere Zen ed è venuta a contatto con la realtà che noi volevamo conoscere e analizzare. Inoltre ci siamo attivate, anche con l’aiuto di altre classi dell’istituto, a raccogliere dei fondi finalizzati all’acquisto di materiale scolastico per i bambini e per permettere loro di uscire dalla loro realtà e visitare la città di Trieste per qualche giorno. Così oltre a cercare una risposta alla domanda se davvero il nord sia immune da un certo tipo di problemi, abbiamo condiviso con i ragazzi siciliani alcuni pensieri: sapere come loro vivono la loro realtà e se la considerano davvero problematica come viene dipinta, come pensano sia la vita in Settentrione e se secondo loro l’Italia sia davvero divisa in due. Per realizzare questo progetto, abbiamo: Studiato in classe in modo approfondito il fenomeno della mafia in tutti i suoi aspetti (quando è nato e perché, come agisce, ecc…); contattato suor Francesca e una classe del liceo linguistico Danilo Dolci del quartiere Brancaccio di Palermo; organizzato assieme a suor Francesca e altre volontarie alcune attività di dopo-scuola e di laboratorio con bambini che abitano nel quartiere Zen; incontrato alcuni ragazzi di Palermo con i quali ci siamo confrontate e abbiamo stretto amicizia (“Associazione Lievito” e alunni del liceo D. Dolci); visitato la città con la guida di alcuni volontari dell’associazione “Addio Pizzo”, incontrato Giovanni Impastato, fratello di “Peppino”, e Rita Borsellino, sorella del giudice Paolo Borsellino. Il prossimo passo sarà quello di organizzare un incontro serale e un’assemblea di istituto in modo tale da poter condividere la nostra esperienza con alunni, genitori e docenti del nostro istituto. Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno donato il loro contributo per la realizzazione del nostro progetto e vi invitiamo a partecipare numerosi agli incontri che organizzeremo. Le studentesse della classe 5^LC 37


DENTRO LE SCUOLE PARITARIE

arcivescovile MARATONA

La festa delle scuole cattoliche Meno autorità sul palco e meno presenze politiche, per impegni coincidenti o per altro, rispetto alle precedenti edizioni della Maratona di primavera delle scuole cattoliche, ma i numeri c’erano tutti anche per l’appuntamento di domenica 16 maggio 2010: oltre 15 mila i biglietti venduti e più di tremila i partecipanti alla marcia non competitiva. Sul palco, comunque, c’erano i referenti principali per la città di Trento e per il mondo della scuola: il sindaco Alessandro Andreatta, e della Provincia, l’assessore all’istruzione e allo sport, Marta Dalmaso.

Allegria, gambe e solidarietà… Il via ufficiale alla Maratona, come sempre, alle 10 in punto, in prima fila l’arcivescovo monsignor Luigi Bressan, il preside degli istituti superiori dell’Arcivescovile, don Umberto Giacometti, il sindaco di Trento, l’assessore Dalmaso e il rettore del collegio, don Bruno Tomasi.

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Scaletta della mattinata un po’ modificata, col saluto delle autorità anticipato a prima della celebrazione della messa, brevi messaggi che richiamano tutti l’importanza della presenza delle scuole cattolche e paritarie nel nostro territorio. Oltre al Sindaco Andreatta ed all’assessore Dalmaso, anche il saluto di Giancarlo Paolazzi, presidente dell’Associazione genitori scuola cattolche Agesc, e don Sergio Borsato, presidente regionale della Fidae. Poi la maratona in città, ancora Domenico Spina il vincitore degli ultimi quattro anni e Carla Damin, la prima donna degli ultimi tre anni e tutti gli altri “non competitivi”. Ovviamente anche la lotteria e l’omaggio per tutti i partecipanti. Attorno alla Festa, molte le iniziative, ma anche il tradizionale opuscolo con le riflessioni degli alunni delle

scuole paritarie trentine, concerti, incontri, giochi e intrattenimenti. La presentazione della edizione 2010 della Festa è stata fatta mercoledì 12 maggio dai ragazzi insieme a don Borsato ed ai veri “motori” dell’organizzazione: Giampiero Guerra, Mauro Caldara, Emanuela Galliani e Manuela Cammelli, la studentessa autrice del manifesto con lo slogan e obiettivo di solidarietà 2010: “Sotto il cielo dello Zambia: una scuola da salvare… un futuro da progettare”. (m.c.)

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OFFERTA VARIA

servizio civile NELLE SCUOLE

“Adotta un bene culturale” “Adotta un Bene Culturale” è un progetto nato dalla collaborazione tra la Soprintendenza per i Beni Storico-artistici e il Servizio Civile: un importante tassello tra le iniziative che caratterizzano le attività di un ente come la Soprintendenza che già quotidianamente opera sul territorio provinciale. L’obiettivo del progetto, coordinato da Daniela Floris, era quello di fornire una corretta informazione al bene culturale e promuovere nella popolazione, in particolare quella più giovane, una maggiore sensibilità sul tema della tutela e della conservazione di questi beni. Un’offerta nuova attraverso la quale si è cercato di coinvolgere i cittadini nella riscoperta delle emergenze culturali presenti sul territorio. Il percorso ha coinvolto per tutto l’anno 2009 quattro volontarie: Linnet Betta, Luciana Cincelli, Francesca Costanzo e, fino a settembre, Luana Tarter, tutte con studi nel campo storico-artistico alle spalle.

Progetto e percorsi La prima parte attiva del progetto è stata dedicata alla stesura di un breve fascicolo: “A lunga conservazione. Guida pratica all’uso del patrimonio culturale”, uno strumento di facile e rapida consultazione che raggruppa tutte le informazioni necessarie per orientarsi nell’ampio tema del patrimonio culturale e nella normativa vigente; l’intento principale è quello di avvicinare le istituzioni al cittadino rendendo sempre più trasparente il lavoro della pubblica amministrazione. Gli argomenti proposti spaziano dai servizi offerti dalle soprintenn.5 maggio 2010

denze e le pratiche che possono essere evase attraverso i loro uffici, a consigli concreti su come contribuire alla conservazione del patrimonio. Tutti gli argomenti sono stati proposti con un linguaggio leggero che rende il tema coinvolgente anche per chi si approccia per la prima volta a questa vasta materia. La guida è scaricabile in formato pdf dal sito di Vivoscuola nella sezione Editoria – Libri e pubblicazioni; oppure è possibile richiederla in formato cartaceo presso la Soprintendenza per i Beni Storico-artistici di Trento. Madonna di Campiglio Il Salone Hofer del Grand Hotel Des Alpes La seconda parte del progetto, invece, ha previsto la partecipazione delle scuole del territorio trentino che, in via sperimentale, è stato circoscritto alle Valli Giudicarie Interiori. La scelta del bene culturale con il quale coinvolgere gli alunni, è ricaduta su Madonna di Campiglio, dove è presente uno dei più antichi edifici turistici del Trentino: il Salone Hofer del Grand Hotel Des Alpes, decorato con un ciclo di pitture dal tema profano mitologico naturalistico commissionato al pittore bolzanino Gottfried Hofer nel 1898. Solo da pochi anni il Salone è stato dichiarato bene d’interesse culturale dalla Provincia Autonoma di Trento e nel dicembre 2007 ha purtroppo subito anche un gravoso incendio che lo ha in parte danneggiato. Tutte queste particolarità rendevano l’edificio interessante sotto diversi punti di vista -la storia delle pitture, il restauro, la tutela e la manutenzione del patrimoniosui quali ci si è concentrati per elaborare le proposte di lavoro, diversificate in base all’ordine e al grado delle classi coinvolte in modo tale da inserirsi agevolmente nel programma scolastico. Il programma La scuola coinvolta è stata la secondaria di I grado presente in paese, sia perché in questo modo non c’era il problema dello spostamento degli studenti, sia perché si è ritenuto che i ragazzi sarebbero stati maggiormente stimolati nella riscoperta di un bene a loro così vici39


Per tutti gli

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no. Sul piano pratico, il percorso si è sviluppato organizzando per ogni classe un’uscita di circa tre ore nel Salone e un incontro di un’ora a scuola, avvenuti nei mesi di ottobre e novembre 2009, grazie alla supervisione dell’insegnante Rudi Corradi. Il ridotto numero degli incontri è stato scelto principalmente perché il tempo dedicato al curriculum scolastico locale è limitato e nel medesimo tempo non si voleva utilizzare tutto il monte ore delle già poche lezioni di educazione artistica. Durante la visita al Salone, i ragazzi si sono avvalsi del supporto di semplici schede semistrutturate, ideate in modo da sollecitare un continuo scambio tra l’osservazione, l’organizzazione delle informazioni e il conseguente raffronto tra esse e i documenti in possesso. Tra mito e conservazione I ragazzi della classe prima hanno affrontato il tema del mito, per cui hanno potuto scoprire i personaggi che popolano le pareti del Salone, come fauni, ninfe, dei, e scoprire le narrazioni fantastiche di cui sono i protagonisti; infine sono stati stimolati ad individuare i danni, purtroppo molto evidenti, che l’incendio ha provocato ai dipinti. Le classi seconda e terza, dopo una breve visita guidata del Salone, sono state chiamate a riflettere sulla conservazione e la tutela dei luoghi d’arte: hanno analizzato un articolo di giornale che trattava dell’incendio e poi hanno tentato di immedesimarsi in funzionari della Soprintendenza per compilare a gruppi una breve scheda di catalogo sulla scena delle pareti che più preferivano. Infine, nell’appuntamento conclusivo in classe, sono state consegnate ulteriori schede riassuntive e attraverso semplici giochi si è ripassato quanto visto durante la visita. Al pro40

getto hanno partecipato un totale di 39 alunni che si sono svelati ottimi osservatori, deliziosi detective in erba e simpatici curiosi d’arte. Caderzone Terme Percorso nel centro storico Contemporaneamente agli incontri di Madonna di Campiglio, si è ritenuto opportuno coinvolgere nel progetto anche il target delle scuole primarie, perciò è stato avviato un percorso con le classi terza e quarta di Caderzone Terme. Questo comune è stato preferito in quanto offre uno dei centri storici più antichi della Val Rendena e, proprio per questo, adatto ad illustrare anche ai più piccoli il patrimonio culturale che li circonda. La posizione della scuola, a pochi passi dal centro storico, ha agevolato l’organizzazione delle uscite per esplorare i beni del paese. Il programma è stato realizzato in cinque incontri settimanali tra novembre e dicembre 2009 in cui si sono alternati laboratori in classe e uscite nel centro storico. Di volta in volta, in base alla modalità didattica con cui s’intendeva affrontare la lezione, è stato strutturato il materiale: schede tecniche, giochi, disegni, in modo tale da favorire il coinvolgimento e l’apprendimento dei bambini. Anche in questo caso i temi sono stati diversificati in base alle classi aderenti. Per la terza è stato scelto il tema degli animali da riscoprire nell’iconografia dei santi presenti nella vicina chiesa di San Biagio. La chiesa e le terme Durante il primo incontro i bambini sono stati introdotti all’argomento e invitati ad osservare la chiesa che si trova proprio davanti alla loro scuola, mentre neln.5 maggio 2010


LE TESTIMONIANZE

le settimane successive, sono stati accompagnati alla scoperta della chiesa; prima di tutto sono stati aiutati a riconoscere le varie parti della facciata, in modo da imparare qualche facile termine specifico, dopodiché sono stati aiutati, grazie ad alcune schede, nella ricerca di tutti gli animali che abbondano nei dipinti e nelle statue all’interno. La quarta, invece, ha affrontato l’argomento dell’acqua dato che il loro comune è sede di una stazione termale. Il primo incontro è stato, anche per loro, introduttivo alla successiva visita esterna. Durante l’uscita i bambini hanno visitato l’edificio delle terme, nel quale la maggior parte di loro, pur abitando in zona, non era mai entrata; in seguito sono stati accompagnati attraverso il paese alla scoperta delle numerose fontane stimolandoli ad osservare particolari poco evidenti e le diverse caratteristiche di ognuna. Nuovamente in classe, negli incontri seguenti, è stato affrontato il funzionamento del mulino anche con l’ausilio di un modellino. Il diario Infine in entrambe le classi. nel corso dell’ultimo laboratorio, ciascuno degli alunni ha ordinato, sottoforma di diario, tutte le schede e i propri lavori, includendo alcune fotografie scattate negli incontri precedenti, che lo vedevano protagonista delle varie esperienze vissute sia in classe che durante le uscite. Il diario è sembrato un modo utile e riassuntivo per lasciare il ricordo dell’esperienza e del lavoro svolto. L’esperienza ha coinvolto un totale di 34 alunni e ha fatto conoscere ai bambini alcuni beni del loro paese particolarmente importanti avvicinandoli all’arte con il gioco e il divertimento. Francesca Costanzo n.5 maggio 2010

“Ho visto il fauno Pan, la ninfa Siringa ed Eco, Asclepio dio della Medicina, Franz Josef Oesterreicher ed Elisabetta, le montagne, i laghetti ed i fiori delle Dolomiti staccarsi dalle pareti e materializzarsi, come per incanto, tra i ragazzi, pronti a farsi conoscere e comprendere. Questa è la magia che ho visto nelle due ore trascorse all’Hofer”. Grazie a un puzzle, alla ricerca di indizi, alla soluzione di un cruciverba, al “trova le differenze”, al compilare una scheda tecnica di analisi simulando di essere dei piccoli restauratori o esperti al servizio della Soprintendenza per i Beni Storico-artistici di Trento, i ragazzi, tramite il gioco, si sono avvicinati in modo semplice e naturale al mondo dell’Arte. Di sicuro un metodo vincente del fare cultura sensibilizzando gli alunni a quella che è la conoscenza del patrimonio artistico-culturale del proprio territorio. Rudi Corradi insegnante scuola secondaria I grado Madonna di Campiglio L’attività svolta con le operatrici in Servizio Civile si è dimostrata motivante e accattivante sia per le insegnanti che per gli alunni. Tale attività ha permesso agli scolari di conoscere luoghi e tradizioni presenti sul territorio che in altri contesti non sarebbero stati presi in considerazione. Tutto questo può ritenersi utile nel caso dello studio della storia locale previsto nei Programmi Provinciali da poco approvati. Auspichiamo che il progetto possa, negli anni, venire attuato anche nelle classi inferiori per valorizzare sempre di più i luoghi e le bellezze artistiche presenti in tutto il territorio. Le insegnanti classi III e IV Scuola primaria Caderzone Terme Servizio Civile Il Servizio Civile ha la durata di un anno ed è rivolto ai giovani tra i 18 e i 28 anni. I settori in cui è possibile operare sono i più diversi: assistenza, protezione civile, patrimonio culturale ed educazione. Per tutte le informazioni relative ai progetti e alle modalità di partecipazione rivolgersi a: Ufficio Servizio Civile - Provincia Autonoma di Trento Via Gilli, 3 - 38121 Trento tel. 0461.493111 – fax 0461.493101 www.serviziocivile.provincia.tn.it e-mail: uff.serviziocivile@provincia.tn.it 41


il concorso ASSFRON

L’incontro

Associazione Scuola Senza Frontiere Trentino Solidale onlus, in collaborazione con l’assessorato all’istruzione ha indetto un concorso sui diritti dei bambini, la cui premiazione è stata fatta il 21 aprile 2010 presso la sala della cooperazione di Trento. Moltissimi erano i bambini presenti, con i loro insegnanti e i genitori che hanno partecipato alla cerimonia di premiazione a cui è intervenuta anche l’assessore alla solidarietà internazionale ed alla convivenza Lia Giovanazzi, oltre a diversi amministratori comunali, sindaci e assessori dei comuni di provenienza dei bambini. Hanno fatto le veci dei padroni di casa la presidente di Trentino Solidale Francesca Ferrari e il responsabile del progetto Carlo Bridi.

Il numero di elaborati presentati è stato notevole soprattutto dalle scuole e dalle classi che erano state incontrate dall’esperto volontario Carlo Bridi, che è riuscito a entrare in contatto con 267 classi,con 5680 alunni e 560 insegnanti, visitando non solo la città di Trento, ma le valli dell’Adige, la Vallagarina, le Giudicarie, la Valsugana, le valli di Non e Sole, Fiemme e Fassa e soprattutto la Val Rendena. Carlo Bridi non ha incontrato solo le scuole ma anche molte giunte e consigli comunali per ricordare le importanti ricorrenze della Dichiarazione sui diritti dei bambini e della Convenzione dell’Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. In tutti gli incontri è stato proiettato il video realizzato da Bridi sui diritti dei bambini e nelle classi elementari anche quello realizzato su un’idea della scuola elementare di Serravalle lo scorso anno sul signor diritto e sul signor dovere. L’associazione

Il concorso Durante l’anno scolastico 2009/10 sono ci sono state due ricorrenze importanti: il 50° della promulgazione della Dichiarazione sui diritti dei bambini e il 20° dell’approvazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Questo concorso è stato suddiviso in sei sezioni: la prima riservata alle prime tre classi della scuola primaria per le quali era prevista la partecipazione con un disegno; la produzione di un elaborato scritto spettava invece alle 42

successive tre sezioni: la seconda riservata ai bambini delle classi quarte e quinte, la terza ai ragazzi della scuola secondaria di primo grado e la quarta alla secondaria di secondo grado. La quinta sezione prevedeva la narrazione di un fatto vissuto nei rapporti con un ragazzo terzomondiale e la sesta e ultima sezione riguardava i video. La giuria era composta da insegnanti dei vari ordini di scuola per valutare i 652 elaborati pervenuti, mentre la sezione video, a cui sono arrivati 26 cortometraggi, è stata visionata da un regista della Rai.

Assfron, cioè associazione scuola senza frontiere, di cui Carlo Bridi è segretario e Marina Borlotti Nardelli la presidente è coinvolta direttamente in quanto proponente del progetto. Assfron è costituita da un gruppo di insegnanti e di esperti di tematiche della solidarietà, della pace, dell’ambiente, della biodiversità. Lo scopo è quello di sensibilizzare i ragazzi in primo luogo, ma anche gli adulti, su queste tematiche favorendo la conoscenza e aiutando ad approfondire dei temi che possono portare ad un modello di sviluppo più ecocompatibile ed un rapporto più solidale nel nostro Paese e con i popoli dei paesi impoveriti. Sono previste attività formative per gli insegnanti su questi temi, attività di informazione nelle scuole di n.5 maggio 2010


ogni ordine e grado, predisposizione di materiale didattico e informativo. L’associazione è aperta a tutti gli insegnanti e più in generale tutti coloro che sentono il bisogno di dare il proprio contributo alla costruzione di una società più equa, più giusta e più solidale e che si impegnino a rispettare le finalità dell’associazione. Se si desiderano ulteriori informazioni la sede dell’associazione è in piazza Leonardo da Vinci 2, a Trento, il modulo di domanda è scaricabile dal sito www.scuolasenzafrontiere. it e va spedito all’associazione. I vincitori In ordine di classificati Sezione A disegni (prime classi primaria) terza Caderzone gruppo “fiocco di neve”, a pari merito: gruppo ”forbici” Sacra Famiglia Trento e Noemi Cologna della 3C Mezzolombardo, gruppo Snupy Caderzone. n.5 maggio 2010

Sezione B elaborati scritti (classi IV e V primaria) classe V di Giustino, classe V Mezzolombardo con pseudonimo “ricordatevi”, V Carano: Zamboni Anica, Deagostin Federico e Stroppa Vanessa; segnalazioni classe IV Caderzone e V Sacra Famiglia di Trento, premio speciale III e IV Mezzolombardo. Sezione C elaborati scritti (secondaria di primo grado) Daria Borsetti II F di Lavis, a pari merito Di meglio Federica III B Bomporti di Trento e Tait Alessia I D Mezzolombardo, a pari merito Salvatori Consuelo III A Bomporti e Marlen Gironimi III B Martini Revò. Premio per l’originalità: Iesse Tisi di Pinzolo, Decarli, Bhuyan, Mazzoni I C Mezzolombardo e Giuliani, Maestrelli, Sicher III C Mezzolombardo. Sezione D elaborati scritti (secondaria di secondo grado) Barbara Dellai Scuola d’arte Vittoria

Trento, a pari merito Erica Chiocchetti Rosa Bianca Cavalese e Devigili Jenny Liceo Scienze Sociali Martini Mezzolombardo, Patrizia Ioriatti Rosa Bianca Cavalese. Sezione E narrazione di un fatto vissuto IV e V primaria Sofia Puddu e Silvia Bulla Darè Val Rendena, secondaria di primo grado Mercedes Albertini Revò, Federico Paris II F Lavis, Leonardo Ceolan II F Lavis, secondarie di secondo grado Zeoli Anna Teresa e Devigili Veronica III Liceo Martini Mezzolombardo, Valeria Tonolli II C Vittoria di Trento. Sezione F video a pari merito Florio Carlotta e Luca Dallarosa con Alessandro Paluselli Rosa Bianca di Cavalese, a pari merito Alessandro Misconel, Carpella Martina, Beatrice Ventura e Marta Deflorian, Varesco, Paolazzi, Federico e Ilaria Rosa Bianca di Cavalese. 43


Scheda

SEGNALIAMO

Bellezza e Verità nell’opera di Antonia Caputo – La serialità delle opere di Antonia Caputo sarebbe fraintesa se si applicasse la categoria che si fonda sul dualismo di prototipo e immagine, oggetto primo e replica, creazione irripetibile e manufatto funzionale. Proprio in ragione del fatto che la realtà da rappresentare si trova sempre al di là di ogni possibile rappresentazione e sempre inaccessibile alla comune percezione, la serialità sperimentata da Antonia non fa che attestare la molteplicità degli sforzi dell’artista per afferrare mediante l’immagine un’idea intuita, quella verità che è impossibile possedere e fissare senza perderla di vista, quel senso della vita che può essere solo pensato e riesposto in forme sempre deludenti e tuttavia sempre avvincenti…

il libro BELLEZZA E VERITÀ

L’esperienza artistica di Antonia Caputo Per omaggiare la memoria di Antonia Caputo suo marito Claudio Tugnoli ha predisposto un catalogo sulla sua opera pittorica nel quale, accompagnate da alcuni saggi e testimonianze, sono riprodotte oltre duecento opere. Una artista toccata nell’intimo dal “sacro fuoco” dell’arte, che deliberatamente ha abdicato ad inseguire il successo, a promuoversi e ad imporsi, per misurarsi soltanto col suo mondo percettivo ed alla quale la “funzionalità” del prodotto pittorico le è sempre apparsa irrilevante. Opere, le sue, essenziali (che non vuole dire semplici), abitate da qualcosa di aereo e dominate dal sapiente accostamento fra il segno sottile, i colori solari e le forme definite e fluttuanti. Il catalogo, presentato lunedì 31 maggio alle 17.00 nell’Aula magna dell’Istituto d’arte “Alessandro Vittoria” di Trento, Via Zambra 3, alla presenza di colleghi, amici e a tanti che apprezzano la Bellezza e la Verità. L’attività di Antonia, come docente e artista, così come nel catalogo, è stata affadata al dirigente scolastico Sergio Filosi, al critico Andrea Diprè e a Pietro Marsilli, docente di Storia dell’arte e per oltre venti anni collega di Antonia Caputo all’Istituto d’arte. (P.M.) La formazione come etica del soggetto

Antonia Caputo (Bari, 1 aprile 1952 – Trento, 3 gennaio 2010) diplomata all’Accademia di belle Arti del capoluogo pugliese, è stata titolare della cattedra di Discipline pittoriche presso l’Istituo d’Arte “A. Vittoria” di Trento, pressoché ininterrottamente dal 1977, anno del suo arrivo a Trento, al 19 novembre 2009. Qui ha svolto la sua attività didattica con paziente dedizione, impegnandosi in molteplici iniziative di aggiornamento e formazione, e in qualità di coordinatrice di numerosi progetti d’Istituto. Moltissime le mostre cui ha parteciato ed i premi conseguiti. Claudio Tugnoli (a cura di), Bellezza e Verità nell’opera di Antonia Caputo, - Antologia di un’esperienza artistica nella scuola trentina. Istituto d’Arte “A. Vittoria” Trento 2010. Il volume non è in commercio, ma può esserne richiesta copia a: tugnoli53@virgilio.it 44

Gli allievi entrano in classe. Il loro atteggiamento è disteso. Le sedie e i banchi sono disposti in modo da facilitare il lavoro come in un vero atelier. In esso brilla il silenzio, il raccoglimento, l’addensarsi di “oggetti” possibili in veste del pensiero metaforico. Lo scopo principale dell’insegnante è di far produrre idee e forme da soggetti non inibiti. Gli allievi lavorano su problemi (essenzialmente lo studio della natura, della figura umana e la decodificazione di opere d’arte), mettono insieme materiali vari (per presentare nella forma il potere del significante cherealizza le possibilità di apertura all’immaginazione) e raccolgono dati (per rispondere ad un nuovo atteggiamento mentale). C’è curiosità ed interesse a realizzare cose nuove, poiché il farsi della forma costituisce nel contempo un lavoro intellettuale e la percezione di elementi emotivi. E’ così che si riallarga gradualmente la fase delle attività: si osserva, si percepisce, si ricerca, si progetta, si sperimentano problemi tecnici e teorici che caratterizzano i compiti da eseguire. Nell’aula, infatti, dall’azione mediata o immediata ai suoi preparativi, dall’esperienza reale all’esperienza mentale, dall’azione sulle cose all’azione sui segni, aleggia qualcosa di inarrestabile: la produzione deliberata dell’immaginazione. Lo spaccato di vita formativa sopra descritto rappresenta l’asse portante di tutta l’attività didattica ed educativa esercitata da Antonia Caputo fin dal lontano 1977 presso l’Istituto d’Arte di Trento. E ciò costituisce senza dubbio il “cuore” dell’operazione n.5 maggio 2010


interpretativa, secondo la modalità della monografia a carattere multidisciplinare, del “raccolto ricordare” a pochi mesi dalla scomparsa della docente. Il punto essenziale è che la pratica educativa di Antonia Caputo ha la natura di un gesto “luminoso” relativo alle pulsioni emotive, che preludono ad una potenziale, impensata “umanissima” età dell’uomo. In questa prospettiva la docente riveste con gli allievi un comportamento intersoggettivo declinato ad un esplicito compito etico. Tale prescrizione induce a far ricavare insegnamenti dalla pratica dell’introspezione, occasione continua di esercizio, occasione ed esercizio di “figure”, nel senso di poterla ripetere e farla accadere ex novo: educando, traendo fuori di esso una nuova “etica del soggetto”, un nuovo modo di stare nel sapere e nel mondo, sicchè ognuno diviene membro di quel “luogo di verità”, specchio di nuove pratiche sociali, morali, psicologiche e culturale. Per di più, la maggior parte degli psicologi legati alla Gestalttheorie documentano che l’introspezione “corrisponde ad una modifica del fatto primitivo ed essa risponde ad un nuovo atteggiamento mentale”. In tal senso, siamo abilitati a sostenere che l’introspezione è interamente un esercizio pedagogico e un peculiare agire alla soglia dinamica della verità. Pertanto le immagini apparentate alle pulsioni emotive disegnano una nuova soglia di senso tra “stupore” e nuovi frammenti di ulteriori verità. In termini più mediati, la vita recupera la propria “archè” e si apre alla speranza del futuro. Tale sapienza di vita insieme risana e redime. Un impegno di ricerca-azione Dai dati esposti, si rileva che la docenza di Antonia Caputo abbia acn.5 maggio 2010

quistato una precisa fisionomia nell’ambito di un impegno di ricerca-azione, volto a documentare pedagogicamente “un processo di emancipazione dell’insegnante e dell’allievo, che richiede un campo comune di interazioni concrete” (L. Corradini). Più in generale, sul piano della prassi artistica, si è trattato di un tentativo di mantenere strettamente connessi fra di loro il versante distintivo delle implicazioni esistenziali in senso soggettivo, ovvero della procedura che rivaluta gli affetti, i sentimenti e le emozioni alla luce della teoria dell’empatia, e quello di natura metodologica afferente agli atteggiamenti scientifici delle dottrine della percezione visiva, della metodologia della visione, della psicologia contemporanea con a capo la Gestalttheorie (discipline queste che costituiscono i fondamenti per ogni percorso artistico). Comprendere questa circolarità tra atteggiamenti prasseologici e scientifici, che può essere percepita a variabile forte o debole, potrebbe anche condurci a far emergere ulteriori proficui contorni delle esperienze estetiche della docente. Un contributo a questa interpretazione ci sembra possa sopraggiungere dalla pratica di un insegnamento non ancorato ad un sapere concluso, ma aperto ad una trasformazione progressiva legata alla responsbilità etica, in quanto riconduce all’atteggiamento gnoseologico primario di procedere lungo sentieri diversi rispetto ai modelli di stampo classico-positivistico. Basterebbe esaminare quali effettive pratiche di vita coinvolgono i giovani a fronteggiare i loro bisogni “psicologici” per addivenire alla pretesa di una nuova, impellente dottrina pedagogica. Non si tratta di prospettare soltanto il risveglio “etico”, ma piuttosto di esercitare la funzione esplorativa per la quale si richiede di far tran-

sitare il soggetto alla verità. E se la verità è nei “modi trans-eunti” (C. Sini), per poter indirizzare gli alllievi a nuovi stili di vita (essere nel mondo, avere un mondo, transitando nell’essere in errore), occorre immaginare un modello di ricerca-azione che abbia la forza di raffigurare il ritorno alla “soglia” del saper fare e saper dire, per poi ricominciare da capo. In tal senso l’ulteriore frequentazione teorica è l’esercizio di quella azione “politica” dell’educatore, consapevole del valore della modernità, di reinventare nuovi modi di espressione e di coinvolgimento che, proprio allo stato attuale, le istituzioni ufficiali della scuola mortificano. E così, rispetto ai modelli educativi della tradizione, la ricerca-azione trova la sua speficificità, tanto da poter far brillare, con particolari contenuti estetici, la pienezza ideale dell’uomo secondo uno slancio utopico verso una nuova e chiara coscienza di civiltà. In tali termini l’insegnante assume il ruolo di educatore-guida, che segue da vicino il suo allievo, lo sollecita, lo sorregge, ma non si sostituisce a chi deve imparare. L’impegno a trasformare la realtà Su questi vissuti didattici, Antonia Caputo avverte la necessità di 45


rafforzare il principio secondo cui la ricerca-azione spinge i soggetti all’urgenza di impegnarsi a trasformare la realtà, mediante la persistenza e la volontà, poiché tale modo di procedere prende numerose forme con la natura della conoscenza. Sullo sfondo di tale enunciazione, la docente libera peraltro il punto di vista del pensiero scientifico dal fondamento della realtà oggettiva e di assolutezza, in quanto tale pensiero nega la diversità dell’azione. Di fatto il metodo della pratica creativa ha anche lo scopo di segnare i piccoli e grandi atti della vita, modificare abitudini, determinare nuove disposizioni, produrre un senso nuovo all’esperienza dell’individuo, anche attraverso l’abisso dell’indicibile o più propriamente dando ascolto alle spressioni dell’essere. E’ inevitabile che in un tale processo educativo il docente non solo abbia la capacità di programmare l’azione educativa e di realizzare interventi a favore degli apprendimenti, della produzione, ma abbia in particolare la competenza di affrontare i problemi con le modalità di pensiero divergente. Nella letteratura tassonomica, che studia la gerarchia dei comportamenti cognitivi nei processi di apprendimento, si prescrive che lo studente possa maturare compiutamente le risorse intellettuali di ordine superiore nella duplice versione di intuizione e scoperta (Bloom, Guilford, Sullivan). Da ciò si deduce che solo attraverso la capacità del pensiero divergente (piano della scoperta, della invenzione e di soluzioni nuove), sussiste la possibilità di incidere sugli atteggiamenti di fondo degli studenti. Altresì l’intuizione, nella sua qualità di saper stimare, riconoscere un problema chiave, prevedere il nascosto, l’obliato o una possibile visione di ciò che viene alla luce dall’io, e che non ha 46

ancora nulla di speculativo, è costantemente aperta alle possibilità dell’immaginario. Sebbene nella esperienza artistica il concetto più inclusivo sia quello relativo alla dottrina della percezione, d’altra parte anche l’istanza alla “bella forma” assume una posizione centrale nella pratica artistica, poiché finisce col ritenere che l’uomo possa essere “liberato” alla luce della bellezza. Se non vogliamo mantenere una figura parziale della attività educativa di Antonia Caputo, potremmo dire che il suo cammino fa riferimento ad una possibile compenetrazione tra pensiero (pensare intellettualistico tramite lo studio degli elementi costitutivi delle forme) ed essere (esperienza di un mondo immaginario, penetrante di analogie e inavvertite proiezioni di segni), dove comunque l’immaginario è una configurazione che destina al significato e alla verità. Appare evidente che la stessa produzione artistica della docente indichi che l’attività artistica è un modo di esistere e non è ancorata al solo studio della forma, e postuli piuttosto rapporti con un insieme molto complesso di fenomeni emotivi. D’altra parte il sottrarsi dell’essere implica necessariamente la necessità di una relazione diretta con “l’attitudine sentimentale” o comunque con quei fatti cognitivi che non sembrano avere un carattere intellettivo. Tali possibili configurazioni “rivelative”, di cui vive la nostra esperienza, sono “presentificate” attraverso l’invenzione for-

male di una “poiesis” immaginativa che dà origine ad un nuovo orizzonte di significati, non certo nella immediatezza ma secondo un perspicuo lavoro riflessivo. Ciò conduce alla considerazione che alla base del lavoro concettuale debba permanere l’immaginazione, la qualità del “sentire”, la forma nell’attitudine “estetica” (S. Borutti). Pertanto il processo creativo è un dono che intreccia esperienze di carattere psicologico, cognitivo e ontologico, e non pone distanza tra noi e l’essere, poiché da sempre alberghiamo in esso, sebbene luogo invisibile e indicibile e correlazione di spazi speculativi lontani tra di loro. Così definito il processo creativo, va considerato come del tutto peculiare l’intento esplorativo di Antonia Caputo di tracciare linee su molteplici fronti nei quali ha trovato la propria deontologia professionale, nel senso di avere avuto modo di esibire un proprio peculiare stile di intervento, pronto ad interrogarsi sulla propria identità e funzione culturale, pronto ad educare in noi l’intreccio del vivere e del pensare. Sergio Filosi Dirigente dell’Istituto delle Arti di Trento La parole per dirlo […] Il presente catalogo è pubblicato per iniziativa e impulso dell’uomo che Antonia ha avuto al suo finaco per ventiquattro anni, suo marito. Antonia non se lo sarebbe mai aspettato, e sarà per lei una piacevolissima sorpresa accorgersi che noi quaggiù la stiamo ricordando con affetto riconoscente, cercando di comprendere e di mettere a frutto quel modo altro di essere qui tra noi che è la sua eredità. Claudio Tugnoli Insegnante di Filosofia e Storia nei Licei e libero docente in Filosofia Morale n.5 maggio 2010


la recensione DISCARICHE…

Leggere e riflettere anche a scuola Perché leggere questo romanzo a scuola? perché suggerirne la lettura? Perché, semplicemente, è un romanzo vero, completo, appagante. Invita a meditare su Filippo e sul suo vivere in ombra, su Gregoriana e sul suo ritorno - sconfitta? sconfitta! - a casa della madre, ammalata, alla ricerca di radici salde, dopo decisioni difficili e dolorose. Invita a meditare sulla coerenza, sulla correttezza professionale, sugli “intrighi” che, come un cancro, penetrano nella nostra società. Invita ad amare la terra, a recuperare le radici, ad esaltare i valori umani... È un romanzo, insomma, che invita il lettore a riflettere, proponendo fatti e situazioni di cui tanto si è detto e scritto, ma che necessitano, forse, di un ripensamento ed un approfondimento seri e consapevoli. Un romanzo che invita a pensare Emilia Bersabea Cirillo, architetto avellinese, autrice di racconti e di un altro romanzo, con questa storia raggiunge, a mio avviso, una maturità compiuta. Tutto è lineare, la Cirillo segue un percorso, anche linguistico, assolutamente naturale, rivelando nel contempo una sensibilità acuta ed una intelligenza profonda. Non c’è una parola di troppo o una pagina superflua. Il romanzo si legge d’un fiato, sia per la storia che racconta, sia per come è raccontata, sia infine per l’attualità scottante del tema di fondo. Splendido romanzo “doppio”, questo Una terra spaccata: da un lato la storia di una professionista seria e coerente, che preferisce perdere il lavoro piuttosto che dare il suo assenso alla costruzione di una discarica che devasterebbe il territorio, con conseguenze gravi, a lungo termine; dall’altro una donna fragile e appassionata, affamata d’amore, capace di dire, di dare, di ascoltare, di ascoltarsi. Gregoriana De Felice, la protagonista, bella donna poco più che quarantenne, geologa affermata, inviata a Napoli dalla Società di prospezioni geologiche per cui lavora, insieme a due colleghi, uno più anziano di lei, l’altro - neoassunto - più giovane. n.5 maggio 2010

Di pagina in pagina la conosciamo e comprendiamo ( e condividiamo) i suoi stati d’animo, la sua intransigenza, le sue malinconie, la sua incorruttibile professionalità. La lenta scoperta dell’uomo… Il romanzo ce la rivela lentamente, perché procede a ritroso, nel senso che inizia in un asettico obitorio, dove Gregoriana si reca per riconoscere un morto. Dopo lo sconcerto, il pianto silenzioso, il non voler accettare una realtà inattesa e incomprensibile, fluiscono i ricordi... Leggiamo che Gregoriana ha un compagno, un diplomatico, sempre in viaggio, inafferrabile. Quando lo vorrebbe vicino, è dall’altra parte del mondo; quando decide di lasciarlo, lui, come un bambino viziato al quale non è più concessa la marmellata, insiste, supplica, implora. Invano. Perché Gregoriana ha conosciuto Filippo, misterioso e gentile, signore d’altri tempi, che ora sembra corteggiarla, ora evitarla, ora nasconderle un segreto. … di Napoli, della discarica, della bellezza Accompagnata da Filippo, Gregoriana scopre una Napoli “minore”, bel-

la e struggente, e, insieme, storie affascinanti di vite. A lui Gregoriana parla anche del suo lavoro, gli manifesta dubbi e incertezze sulla località dove alcuni vogliono costruire la discarica, tanto che Filippo diventa un difensore appassionato di quei luoghi, che impara a conoscere e ad amare. Quando Gregoriana legge i diari di Filippo, apprende con sorpresa che egli si è recato spesso lassù per “difendere la bellezza...questo luogo è un richiamo...la luce è già matura. Comunica speranza, una luce così pulita”. E insieme all’immagine di Gregoriana, ormai partita, Filippo sembra ritrovare in quel luogo un tempo lontano e perduto e ricordi dolorosi, un’infanzia dimenticata, una madre “speciale”... Per lui, difendere una terra, anche mettendo a rischio la vita, è come difendere quei trecento ettari che tanti anni prima erano stati sottratti a suo nonno, ma nello stesso tempo, è anche un modo per ritrovarsi accanto Gregoriana, che “...è andata via. Ma già mi manca. Doveva. E’ una donna coraggiosa...Non ho voluto salutarla. Odio gli addii. Gli strazi. Le promesse. Non farò nulla per farla tornare. Lei è diversa. Lei è accogliente. Come il silenzio. Come la terra.” Luciana Grillo Laino Emilia Bersabea Cirillo, Una terra spaccata, San Paolo s.r.l., Torino 2010, pp 227,€ 14,50 47


LA SCUOLA AL MUSEO

Museo Tridentino di Scienze Naturali PATATRAC

Gioca in sicurezza

patentino di “Esperto in sicurezza” che certifica la loro preparazione. Perché l’INAIL

È stata inaugurata il 27 aprile 2010 presso il Museo Tridentino di Scienze Naturali l’esposizione, dedicata ai bambini dai 4 agli 8 anni, sul tema della sicurezza domestica, alla presenza dell’assessore all’istruzione e allo sport Marta Dalmaso e all’assessore alla cultura, rapporti europei e cooperazione Franco Panizza. Il titolo della mostra è Patatrac! Gioca in sicurezza, un percorso interattivo e giocoso che ha lo scopo di prevenire e di creare cultura della sicurezza nei bambini di età scolare. È l’INAIL che ha proposto questa campagna di prevenzione dei rischi in ambiente domestico per i bambini della provincia di Trento. Progettato e curato dall’associazione culturale Nasinsù, “Patatrac” si sta muovendo su tutto il territorio nazionale dal 2003 ed oggi è giunto alla XIX edizione, coinvolgendo circa 85.000 bambini di 18 città diverse. La novità di questo mostra interattiva è di insegnare attraverso l’esperienza diretta.

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Il direttore provinciale dell’Inail per il Trentino, Fabio Lo Faro, dopo l’esperienza in altre regioni, ha promosso questa mostra per la prima volta qui in Trentino. Interessante è cercare di capire perché, visto che il target prevede bambini dai 4 agli 8 anni, se ne occupa l’Inail, istituto nazionale assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. La politica sottesa è quella di prevenire, nelle forme di informazione e formazione. Fin da piccoli i bambini vanno educati alla cultura della sicurezza, quando saranno grandi, un domani, se avranno interiorizzato alcune regole, si vedranno i risultati sul lavoro. È vero infatti che sono davvero molti, statistiche alla mano, gli incidenti che avvengono in casa, e da qui l’idea che partendo dai più piccolini si formino in prospettiva quelli che saranno i lavoratori di domani. La proposta è quindi quella di formare caratteri prudenti, far si che le azioni diventino spontanee. Sono previsti 6000 visitatori entro il 6 giugno, data di conclusione della mostra.

Il percorso

Abituare alla sicurezza

L’assessore provinciale all’istruzione Marta Dalmaso è stata accompagnata da Laura Fusco di Nasinsù attraverso la mostra, che riproduce una casa vera e propria, con tutti gli ambienti nel suo interno, dalla cucina al bagno alla cameretta, dove tutto può e deve essere toccato e sperimentato dai bambini. Il protagonista è Patatrac, un cucciolo d’orso molto simpatico ma un po’ birichino che, accompagnato da Nasinsù, il padrone di casa, scopre insieme ai bambini quanti pericoli ci siano nell’ambiente domestico e negli spazi aperti se non si presta la giusta attenzione. Grazie ai consigli di Nasinsù, Patatrac si rende conto di come sia facile avere incidenti solo stando in casa! I bambini si divertono molto e scoprono così che i rischi non ci sono solo per gli adulti sul posto di lavoro, ma aiutando l’orso combinaguai a rispettare le regole “per non farsi male” imparano a loro volta che ci si può far male anche in luoghi che sembrano sicuri, tanto che alla fine ricevono un

Anche l’assessore all’istruzione Marta Dalmaso ha apprezzato l’idea dell’Inail e il progetto dell’associazione Nasinsù. Importante è trovare tutte le modalità per fare della cultura di prevenzione per preservare la vita e la salute. Ci sono tante norme di sicurezza, leggi, tutte cose necessarie per favorire la consapevolezza che tutti dobbiamo contribuire per la sicurezza, sia nostra che per quella degli altri. Per far capire spesso è necessario sperimentare, facendo esperienza e mettendosi a confronto con il pericolo nel momento in cui si crea. Far conoscere i pericoli ai bambini non ha lo scopo di incutere il timore ma di dar loro sicurezza: se conosci non hai paura, perché se sai individuare il pericolo puoi riuscire ad evitarlo. Le cose possono essere tanto utili quanto dannose, a seconda dell’uso che se ne fa, quindi imparare le regole della sicurezza fin da bambini significa che con il tempo possono diventare categorie, habitus mentali che sfrutteranno poi da grandi e nel mondo del lavoro. (N.B.) n.5 maggio 2010


n.5 maggio 2010


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Premio Giuseppe Papaleoni X Edizione

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Norme

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Sezioni

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Premi

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n.5 maggio 2010


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