Didascalie informa - Aprile 2010

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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

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SOMMARIO

DIDASCALIE

la scelta dell’unità di lezione 1 il collegio docenti: Per capire: quattro testimonianze 2-8 provincia/piani di studio: Secondo ciclo il percorso illustrato ai dirigenti 9-11 provincia/ Primo ciclo: via libera da Roma al Regolamento 12 la notizia/Superiori,

Rivista della scuola in Trentino Periodico mensile Anno XIX, numero 4 aprile 2010

la notizia/Dentro

Rivista promossa dalla Provincia Autonoma di Trento (L. P. 3 maggio 1990, n.15, art. 22) Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 745 dell’11.1.1992 Direttore responsabile: Giampaolo Pedrotti

il dossier dentro la scuola

Coordinatore: Mario Caroli E-mail: mario.caroli@provincia.tn.it

“PARTECIPAZIONE: NOI CI PROVIAMO… !” Studenti al “Rosmini” di Trento, Scuole partecipate, Consiglio del Sistema Educativo Provinciale…

In redazione: Norma Borgogno Patrizia Lucca Manuela Saltori (segreteria) In questo numero: Roberta Angeli, Caterina Balestra, Anna Bellini, Cristina Bianchi, Norma Borgogno, Miriam Branz, Mario Caroli, Matilde Carollo, Simone Casciano, Luciano Corradini, Mariangela De Mitri, Dalia Rigotti, Andreas Fernandez, Luca Guglielmi, Patrizia Lucca, Marco Linardi, Marco Riccadonna, Antonella Valer, Roberto Zecchinelli.

il dossier la dirigente il progetto la formazione gli studenti scuole partecipate Consiglio Scolastico Educativo Provinciale Genitori eletti Inserto a cura di: Mario Caroli Interventi: Roberta Angeli, Caterina Balestra, Anna Bellini, Norma Borgogno, Caterina Bianchi, Matilde Carollo, Mario Caroli, Simone Casciano, Luca Guglielmi, Marco Linardi, Patrizia Lucca, Marco Riccadonna, Dalia Rigotti, Antonella Valer, Roberto Zecchinelli.

Redazione: Via Gilli 3, 38121 Trento tel. 0461/497268 - 69 fax 0461/497267 Realizzazione e Stampa Litografia Effe e Erre - Trento Per richiedere la rivista Didascalie telefonare o mandare un fax o scrivere a: Redazione Didascalie, Palazzo Istruzione via Gilli, 3 – 38121 Trento E-mail: didascalie@provincia.tn.it Didascalie è stampata su carta ecologica, sbiancata senza cloro

Inserto 13-36 provincia/dirigenti scolastici: Ultima fase del corso-concorso bisogni educativi speciali/Percorso e Seminario:

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Disturbi: che fare coi bambini terribili 38-40 gara: Europa a scuola, progetto, giochi, conoscenze 41-43 segnaliamo/Il libro: Cittadinanza e Costituzione, di L. Corradini 44-45 segnaliamostrumenti: Due opuscoli dalle politiche giovanili 46 università/L’incontro: Dibattito scientifico al caffè 47 educa 2010/L’avvio: 48 Generazioni, da Rovereto il via alla nuova edizione offerta varia/Il concorso: Soroptimist per le scuole terza di copertina offerta varia/Il Convegno: Intelligenze e Educazione quarta di copertina europa/La

Le foto di questo numero sono di: archivio Didascalie, fornite dai diretti interessati, Archivio Ufficio stampa PAT

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

didascalie Rivista della scuola in Trentino

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n.

aprile 2010 il dossier ParteciPate scuole delle continua rete trentina insegnante formazione trento per la del personale autonoma di centro Provincia e l’aggiornamento istruzione dipartimento

e innovazione dell’autonomia ParteciPazione scuola si raccontano nella le scuole

partecipate

sulle esperienze un confronto orizzonti e comunità: incerti e nuovi famiglie confini Scuola, tra complessità, Interventi

sabato

di:

Italo Florin Mortari Luigina Girelli Claudio Gino Mazzoli

20 febbraio

2010

Ore 8,30/18,00 Istruzione del Palazzo 3, Trento Aula Magna Via Gilli

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Maurizio

Corradi

Per informazioni: famigliascuola@provincia.tn.it

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Scuole partecipate, di Trento, Provinciale… al “Rosmini” Studenti del Sistema Educativo Consiglio

di: Mario Caroli Norma Borgogno, Inserto a cura Caterina Bianchi,Marco Linardi, di: Anna Bellini, Interventi Luca Guglielmi, Zecchinelli. Caterina Balestra, Simone Casciano, Antonella Valer, Roberto Roberta Angeli, Rigotti, Matilde Carollo, Mario Caroli, Marco Riccadonna, Dalia Patrizia Lucca, n.4 aprile 2010

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In copertina in alto: un’immagine degli studenti delle superiori impegnati nella gara provinciale del concorso sull’Europa “Chi vuol essere europeo” (vedi servizio alle pagine 41-43); sempre in alto, a destra, la copertina del libro di Luciano Corradini presentato nel Segnaliamo (pagine 44- 45); in basso, la copertina e un’immagine del dossier interno su “Partecipazione: noi ci proviamo …” (vedi pp. 13-36) n.4 aprile 2010


LA NOTIZIA

SUPERIORI

La scelta sull’unità di sezione 18 istituti superiori su 25 hanno deliberato a favore della proposta dell’Amministrazione provinciale di adottare l’unità di lezione di 50 minuti, sei si sono astenuti dal prendere ogni decisione (in questo caso verrà adottata la proposta provinciale), un solo istituto ha scelto l’unità di 60 minuti. Questi i dati comunicati dalle scuole al Servizio Scuola dell’infanzia, istruzione e formazione professionale del Dipartimento istruzione, il 21 aprile 2010. I dati Il 16 marzo 2010 la Giunta Provinciale ha emanato la delibera n. 533 “Discipline obbligatorie e quantificazione oraria di insegnamento delle stesse per i percorsi del secondo ciclo di istruzione per l’anno scolastico 2010-2011. Iniziativa innovativa ai sensi dell’articolo 57 della legge provinciale n. 5 del 2006”. Nella “Nota esplicativa sui piani di studio” inviata alle scuole dal dirigente Roberto Ceccato si ricordava che il punto 4 della delibera prevedeva che entro il termine del 20 aprile 2010 ogni Istituzione scolastica dovesse deliberare se aderire o meno a tale iniziativa innovativa. In discussione era la scelta del “modello trentino” con l’unità di lezione di 50 minuti o quello nazionale con l’ora di 60’. La decisione finale sull’adesione o meno all’iniziativa innovativa, come previsto dall’articolo 24, comma 2 della legge provinciale sulla scuola, spetta al consiglio dell’istituzione sulla base del parere espresso dal collegio dei docenti, così come avviene per il progetto d’istituto. La Nota esplicativa ricordava inoltre che “il termine del 20 aprile è perentorio” e che “qualora l’istituzione scolastica non deliberi di aderire o meno all’iniziativa innovativa entro tale data, si applica l’iniziativa innovativa stessa (punto 8 del dispositivo della deliberazione della Giunta provinciale), cioè si applica il modello con l’unità di lezione di 50’. All’Ufficio Pianificazione e Organici del Servizio competente sono giunti dalle scuole i dati con il risultato definitivo delle decisioni prese dai rispettivi consigli dell’istitutzione. Sull’Iniziativa innovativa: HANNO ADERITO 18 Istituti: Isa Vittoria Trento, I.T.C. Tambosi Trento, I.P.C. Battisti Trento, Liceo Prati Trento, Liceo Da Vinci, Liceo Galilei, Don Milani Rovereto, I.T.C.G. Fontana Rovereto, I.I. Tione, Liceo Maffei Riva, Istituto Floriani Riva, Istituto Ladino di Fassa, Istituto d’istruzione Borgo, ITI Marconi, Istituto Primiero, Liceo Rosmini Rovereto, Istituto Martini Mezzolombardo, I.T.C.G. Pilati Cles. NON HA ADERITO 1 Istituto: I.T.G. Pozzo Trento SI SONO ASTENUTI 6 Istituti: Istituto d’istruzione Rosmini Trento, ITI Buonarroti Trento, Istituto d’istruzione Pergine Valsugana, Istituto d’istruzione Cavalese, Liceo Russel Cles, Istituto Filzi Rovereto. Il commetto dell’Assessore “Esprimo soddisfazione per il risultato finale complessivo sulle decisioni dei consigli dell’istituzione del secondo ciclo, che ci consente di passare ora ad una fase operativa per l’avvio della riforma. Per quanto riguarda i collegi docenti prendo atto di questo momento difficile e delicato vissuto dalle scuole e di alcune criticità, segnate spesso da incomprensioni, sulle quali comunque dovremo riflettere. Auspico ora che ci sia lo stesso impegno nel trovare soluzioni organizzative istituto per istituto, che mettano prioritariamente al centro lo studente ed il suo diritto ad un insegnamento/apprendimento all’altezza delle aspettative di una scuola trentina da sempre ai migliori livelli nel panorama nazionale. Nel merito, ricordo solo che in questa ultima fase ho scelto di non intervenire per non influenzare i collegi e i consigli nelle loro decisioni; che la delibera ipotizza come regola i 50 minuti e come eccezione i 60’ perchè ad oggi praticamente quasi tutti gli istituti superiori del Trentino fanno già i 50 minuti con obbligo di ricuperare il tempo non lavorato; che evidentemente nella procedura si sono inserite altre dinamiche, di natura politica e sindacale, che vanno ascoltate e discusse nelle sedi opportune, così come avvenuto finora; che la sperimentazione dura un anno e poi si farà un bilancio; che non è vero che per il biennio si faranno meno ore che nel resto d’Italia, ma anzi di più; che i piani di studio del triennio andranno concordati col Ministero in vista della maturità e della università; che con i 50 minuti la Pat mette in campo più risorse umane ed economiche. L’impegno prioritario adesso è quello di lavorare sui piani di studio anche per il secondo ciclo, ciò che l’Amministrazione è già impegnata a fare, così come comunicato mercoledì scorso ai dirigenti scolastici, ai quali va riconosciuto l’importante impegno diretto nella gestione di questa fase delicata”. (m.c.) n.4 aprile 2010

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dentro il collegio docenti

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TESTIMONIANZ

“Vuoi tu, collegio docenti…. Non si scherza, siamo a scuola”

PER CAPIRE

“Io l’ho vissuta così…” Non c’è dubbio che il dato più rilevante per capire questa “partita” sull’unità oraria di lezione di 50 o 60 minuti, dal punto di vista degli insegnanti, sta tutto o molto nelle ormai fatidiche riunioni dei collegi docenti davvero particolari e diverse dalle altre sedute dei collegi. Abbiamo avuto molte testimonianze dirette, da presidi e docenti che parlano di riflessioni forti, scontri, stravolgimenti di rapporti anche dentro la stessa scuola, sofferenze personali. Non solo lotta sindacale, insomma, né solo segnale di appartenenza politica “contro la riforma Dalmaso”, né la semplicistica scelta di schieramento tra i 50’ e i 60’. Allora, proprio per capire meglio quali dinamiche sono confluite in queste sedute dei collegi docenti, abbiamo chiesto a quattro insegnanti di raccontarci “senza veli” come loro hanno vissuto il proprio collegio, con quali pensieri sono arrivati, quali percezioni durante l’incontro, l’intervento del preside e qualche pensiero finale. Non per aprire un asettico dibattito tra 50’ e 60’, ma per capire meglio. Come abbiamo scelto i quattro insegnanti? Con l’unica accortezza che non si trattasse di rappresentanti ufficiali di questo o quello schieramento e che non fossero insomma troppo “talebani”, infatti, quasi nessuno di loro dice di essere intervenuto a parlare, ma tutti hanno vissuto con molta intensità e coinvolgimento personale la scadenza. Le quattro voci sono di: 3 insegnanti di istituti di città e 1 di istituti periferici 3 femmine e 1 maschio 4 di ruolo, di cui uno verso la pensione da settembre 2010 Insegnano tutti materie diverse provengono da: liceo scientifico liceo classico istituto tecnico liceo scienze umane 2

Pronti, attenti, via. È il giorno X, il giorno della votazione. “Vuoi tu, collegio docenti, sposare la riforma della scuola trentina e promettere di esserle fedele sempre ...”. No, un momento, dai non si scherza: siamo a scuola, è aprile, e dopo mesi di discussioni e di incertezze siamo stati convocati tutti noi docenti per decidere, attraverso il nostro voto liberamente espresso, se optare per i 50’ o per i 60’. Pronti: sì, siamo pronti. Ci siamo preparati bene, abbiamo creduto nella riforma, sono quasi vent’anni che ci stiamo preparando. Abbiamo messo insieme idee e progetti, abbiamo innovato, cambiato, siamo tornati indietro e poi abbiamo riprovato: la scuola è stata un cantiere, abbiamo lavorato tutti per poter migliorare tutto. Poi sono arrivati questi ultimi due anni: sembrava giunto il momento opportuno, questa volta ci siamo. Abbiamo organizzato commissioni per studiare i piani di studio, quante convocazioni e quante discussioni tra noi colleghi. Sì, perché uno vorrebbe questo, uno qualche cosa d’altro, ma poi è facile trovare l’accordo, perché la scuola è la nostra quotidianità e la nostra straordinarietà, e sappiamo di cosa hanno bisogno i nostri studenti, conosciamo le esigenze del nostro territorio. È bello pensare che qualcuno darà valore a tutti questi anni di lavoro, al nostro entusiasmo e alla nostra voglia di fare, alle competenze acquisite a livello pratico e teorico (anche grazie al sostegno della provincia, siamo stati formati per innovare). È giunto il momento, ci sentiamo pronti. Sì, siamo pronti, ma chi avrebbe dovuto cogliere la nostra preparazione, non si è curato molto di noi. Abbiamo detto in tanti, e scritto anche: “Venite, guardate come è cambiata la scuola dall’interno. Vi stiamo servendo la riforma già pronta su un piatto d’argento, no, addirittura d’oro, tanto è bella e luminosa e di valore. Non dovete fare altro che approvarla, voi, non noi che la stiamo già vivendo. Queste sono le “istanze di base” (già, caro Presidente, proprio quelle del suo gruppo studentesco; forse possiamo cambiare le parole, ma la sostanza deve restare): prendetele ed attuatele.” Qual è allora la sensazione che provo io, uno dei tanti docenti qui convocati: quella di un’occasione mancata. Perché invece di cercare lo scontro con i docenti (che altro può significare questa votazione – veramente ho sentito anche “ricatto”, “presa in giro” ed altro -, quando sappiamo benissimo che non c’è una possibilità di scelta, che più che sentirci liberi di votare ci sentiamo con le mani legate, che optare per i 50’ o per i 60’, per la “riforma Dalmaso” o n.4 aprile 2010


per la “riforma Gelmini”, che in realtà è una “riforma Dalmaso 2” dal momento che i 60’ trentini non sono i 60’ nazionali, sarà comunque una perdita di qualità per la scuola trentina, una perdita di tempo scuola per i nostri studenti, una perdita di posti di lavoro), non si è data visibilità all’impegno, alla preparazione, all’entusiasmo degli insegnanti, parole non monetizzabili, ma certamente ricche e arricchenti. Perché, che lo si voglia o no, i docenti della scuola trentina sono competenti e bravi e preparati e motivati. E non lo dico perché parte direttamente interessata, ce lo dicono i risultati OCSE-PISA e anche chi dagli altri paesi viene a vedere il nostro lavoro. Già, perché forse in troppi si sono dimenticati che la scuola funziona e dà risultati anche grazie ad una delle sue tante componenti: i docenti. Attenti: sì, ma non sull’attenti Attenti: sì, ma non sull’attenti. Attenti, nel senso di vigili, capaci di cogliere le novità e le necessità dei propri studenti. Attenti alla società in evoluzione e alle sue richieste. Attenti, vigili e osservatori. Ecco un’altra occasione mancata: perché non dare riconoscimento al docente come professionista riflessivo. Questa sarebbe stata la vera innovazione della scuola trentina. Mi voglio distinguere da quella nazionale, voglio sfruttare la mia autonomia? Allora devo essere capace di scelte coraggiose. Non basta parlare, organizzare convegni e corsi di formazione, bisogna riconoscere, cioè dare tempo e denaro, chiedendo anche in cambio i risultati di queste osservazioni e riflessioni, perché ci teniamo tutti “a fare bella figura” (la scuola trentina, la scuola trentina) Via: il brusio in fondo alla sala si smorza lentamente. Adesso la parola spetta alla dirigente. È stata brava in questo compito ingrato che la vede tra l’incudine e il martello, lei che avrebbe forse preferito la vecchia parola “preside” e sa che noi docenti facciamo fatica ad usare il termine “dirigente” (già, le parole), o ancor meglio “capo di istituto”, perché la scuola è anche sua (non bisogna dirlo ad alta voce, l’ho già fatto una volta, ma mi è stato detto che no, non va bene, il dirigente deve essere “mobile”; questo contratto – penso io – lo ha reso più ricco, ma più povero, perché non possono bastare tre anni o cinque a conoscere un ambiente così complesso e variegato, a tessere relazioni che sono il sale e il lievito della scuola). Ha lavorato all’interno delle commissioni e nei dipartimenti, ha chiarito e spiegato ai piccoli gruppi e ha raccolto pareri e malesseri. La ricerca del consenso? Piuttosto del dialogo e del confronto. n.4 aprile 2010

Ha convocato un collegio dei docenti solo per la presentazione delle due proposte e per dare spazio al nostro “sfogo”: abbiamo bisogno di un momento ufficiale dopo le accese discussioni in sala insegnanti, sui corridoi e nelle assemblee sindacali. Ci presenta i quadri orario con estrema chiarezza, sostiene la validità del tempo scuola con unità di 50’, ma le certezze di alcuni di noi incominciano a vacillare. Condividiamo le preoccupazioni dei colleghi precari e di quelli che hanno visto sparire le loro discipline, ma ci rendiamo tutti conto che non c’è un male minore: la parola d’ordine a livello nazionale e provinciale è risparmiare e quindi tagliare. Ho partecipato il 13 marzo scorso al convegno “Essere insegnanti oggi”, organizzato dal Centro di Rovereto a conclusione del corso di formazione per i nuovi docenti: il pubblico in sala era “di mezza età” (non me ne vogliano i colleghi, ma è la triste realtà). Quando entreranno in ruolo i colleghi tra i trenta e i quarant’anni? La dirigente dice che non si può pensare ad una scuola a due velocità: 60’ per le classi prime e 50’ per le altre. Ovvio, ingestibile. Due velocità non vanno bene. Ma perché a livello di vertici continuo ad imbattermi in scelte che vanno a due velocità, perché le contraddizioni sono così evidenti? Mi terranno in classe almeno fino a 65 anni e mandano in pensione i dirigenti a 60, mi spingono alla ricerca-azione per puntare alla qualità, ma non me ne danno i mezzi, vogliono la personalizzazione dell’insegnamento e mi tolgono tutti gli strumenti per attuarla. Una battutaccia con la collega seduta accanto a me… Mi scappa una battutaccia con la collega seduta accanto a me: “Va bene il volontariato, ma gratis et amore dei, no di Dellai” (da pronunciare rispettando la rima). Già, il volontariato: sarebbe bello potersi occupare di più di questo settore, magari rimanendo in ambito scolastico. Quanto ossigeno potrebbero dare le associazioni degli insegnanti alla scuola stessa, potrebbero diventare laboratori di buone pratiche, occasioni di confronto anche in sinergia con i gruppi nazionali e internazionali e, perché no, valvole di sfogo contro il burn out. Sì, ma quando lo trova un insegnante il tempo e dove le energie se la sua giornata lavorativa è mediamente di 8 ore al giorno (dati delle ricerche IPRASE). Perché finiamola una volta per tutte di calcolare solo le ore in classe con gli studenti come ore di lavoro (non uso volutamente l’abusata parola “frontale” che ha una connotazione metodologica ben precisa, anche per non rischiare di essere espulsa io stessa dalla scuola, visto che di ore frontali non ne 3


faccio, né di 50’, né di 60’), chi ha lavorato e lavora nella scuola con passione ed entusiasmo, con coerenza, competenza e convinzione lo sa, gli altri, via!, non sanno quello che si sono persi e che si perdono. Ecco un’altra occasione mancata, ma forse recuperabile: dare valore al tempo di preparazione, programmazione, condivisione di idee, studio, approfondimento, pensiero (ah, questi lavori intellettuali; sì, perché l’idea innovativa magari ti viene mentre stai lavando i piatti o preparando da mangiare o, non sia mai, ammirando un tramonto e allora prendi un pezzo di carta e ti annoti un appunto, ma poi come lo spieghi a chi non è del mestiere che anche questo è tempo lavoro e come lo quantifichi? Ma se te lo tolgono il tempo del pensare, tu il tuo lavoro quando lo fai e come? Perché hai voluto fare l’insegnante-educatore-intellettuale?). E perché non esagerare e dare riconoscimento anche al volontariato nel direttivo delle associazioni professionali. Questa è autonomia. I pensieri, i sogni volano via. È il tempo della decisione. La dirigente propone di votare per i 50’ con l’aggiunta di una delibera per motivare la scelta. È un gesto forte, ma non ci convince pienamente. Su un punto siamo d’accordo: non arrivare spaccati, che (lo so, sono maligna, ma le guerre fra poveri fanno comodo) sembra essere la volontà di chi ha passato ai collegi docenti la decisione su ambiti che non sono strettamente di loro competenza. Ecco la soluzione: noi abbiamo la competenza sulla didattica, ma qui si tratta di prendere una decisione che andrà ad incidere notevolmente sugli organici. Il mio (lo so, il senso di appartenenza non va bene, ma tant’è) collegio docenti non mi delude: non accetta di venire spaccato e sceglie all’unanimità di non votare la proposta. Non ci sono né vincitori né vinti: ci sentiamo delusi. Non si può essere contenti sapendo che il 20 aprile si chiude una brutta pagina della storia della scuola trentina. Una grande occasione mancata.

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TESTIMONIANZ

“Sono arrivato al collegio già tormentato…e alla fine ho preso una decisione soffertissima” Il mio stato d’animo nell’arrivare al Collegio docenti è stato di un insegnante, che prima di passare in ruolo è stato precario per sei anni e che ha vissuto l’incertezza che si vive comunque prima del ruolo anche negli anni passati prima che ci fos4

se questa situazione qui. È chiaro che il mio stato d’animo è stato di quel insegnante che pensa ai suoi colleghi che adesso sono a loro volta precari, quindi uno stato d’animo molto triste. Sì, sono arrivato sapendo che qualsiasi decisione prendevo aveva delle contropartite anche dolorose. Ed alla fine, onestamente io sono arrivato a prendere una decisione soffertissima pur astenendomi, perché qualunque decisione avessi preso sicuramente mi avrebbe lasciato comunque lo stato d’animo triste, ho dei miei colleghi precari e so che scegliendo i 60’ anche per qualcuno di ruolo la situazione non sarebbe stata delle migliori. Io sono in ruolo da quattro anni, ho fatto sei anni di precariato, con la fortuna comunque di stare sempre nella stessa scuola, però conosco colleghi con famiglia e figli che si spostano anche di 50 Km per insegnare e adesso si possono ritrovare magari col rischio di perdere il posto, avendo alle spalle mutui in banca… Il mio pensiero era rivolto soprattutto a queste persone, ai miei colleghi, per una forma di solidarietà al di fuori della politica, al di fuori di tutto, ma che un insegnante sente dentro. Nel merito, c’erano state le assemblee sindacali e incontri vari, diciamo che la spiegazione su quello che andavamo a scegliere era chiara, nel senso che il nostro dirigente ha spiegato molto bene a tutti e molte volte quello che andavamo a scegliere e ognuno con il suo pensiero, al di fuori del sentimento, sapeva a quello che andava incontro. Il nostro dirigente ha fatto molti incontri, due collegi docenti prima, quindi ha illustrato le varie proposte che arrivavano anche dal Ministero e dalla Provincia. “La mia decisione legata ad un sentimento verso i colleghi…” La mia decisione è stata frutto soprattutto del sentimento interiore, perché sapevo, ero cosciente, sapevo cosa succedeva se io sceglievo i 50’ e cosa succedeva se sceglievo i 60’ cosa succedeva e cosa se sceglievo l’astensione. Quindi la mia decisione presa in quel momento come insegnante è stata proprio in funzione del sentimento verso i colleghi che potranno perdere il posto e quindi, essendo un corpo insegnante abbastanza uniti, quello nostro, questo è emerso poi anche in Collegio docenti. Il clima all’interno del Collegio è stato molto sereno per quello che ho percepito io. Sereno, perché siamo arrivati ad una decisione quasi all’unanimità su una scelta, che come tutte le scelte può essere giusta o sbagliata, però è stata scelta da quasi tutti gli insegnanti. Nella mia scuola è stata approvata una mozione che non sceglieva né i 50 né i 60 minuti; non un’astensione, ma una mozione che spiegava i mon.4 aprile 2010


tivi del perchè, una scelta motivata in base a quelli che sono stati tutti i movimenti interni prima della seduta del collegio. È durato un paio d’ore, questo Collegio, e - a quello che ho sentito in giro o letto sui giornali, rispetto ad altri Collegi docenti - è stato molto sereno; sereno, perché il dirigente ha saputo indirizzare le discussioni in maniera democratica e onesta. È stata presentata una mozione e poi su quella mozione c’è stata la votazione, quasi all’unanimità, dopo discussioni. Chi ha presentato la mozione, l’ha spiegata nel merito; prima il dirigente ha fatto vedere diverse proposte sui 50 o 60 minuti, quindi in modo molto democratico, chi ha voluto parlare ha parlato, chi ha voluto ascoltare ha ascoltato, però non ci sono stati né attacchi né scontri. I miei pensieri li ho sentiti molto in sintonia negli interventi dei colleghi. La preoccupazione maggiore che ho avvertito – che è poi quello che la mozione chiedeva – era la paura che una scelta definitiva da parte del Collegio docenti potesse comunque mettere gli insegnanti nelle condizioni di decidere non su un modello orario rispetto ad un altro, ma sulla sorte degli altri colleghi, e questo non è corretto. Tutti gli insegnanti (visto che poi la scelta è stata all’unanimità) abbiamo avvertito il fatto che non era giusto che noi scegliessimo la sorte dei colleghi. Era in gioco una scelta più grande di noi, una scelta che probabilmente non doveva essere nostra e allora è chiaro che nessuno si è voluto prendere una responsabilità così grande che andava contro comunque a quello che è il corpo docenti. Sarei bugiardo se non dicessi che negli interventi ho avvertito una grossa solidarietà sentita da tutti e non propagandistica. “L’astensione non l’ho vissuta come scelta sindacale, ma maturata dentro di me come insegnante…” S’è discusso tanto, ho ascoltato motivazioni dettagliate, ma nella decisione finale ha prevalso la solidarietà e la preoccupazione per la perdita o meno di colleghi, non tanto nel merito dei singoli aspetti della riforma. In parole povere hanno detto: guardate che qua se passa una cosa si perdono posti, se passa l’altra… È chiaro che tutti sapevano quando avrebbero scelto i 50’ o i 60’ o la mozione di non voto a cosa andavano incontro, perché tutti avevano già chiaro, visto che la scuola ci ha messi nelle condizioni di mettere in chiaro le cose fin da subito, a quello che andavamo a scegliere. Però quello che è emerso è che il corpo docenti è stato solidale verso chi rischiava di perdere il posto. Questa una sensazione chiara che ho avuto. Infatti, con la “non scelta” si sceglievano i 50’ alla fine, così come poi ha deciso anche il Consiglio di istituto. n.4 aprile 2010

Io non sono intervenuto, mi sono astenuto dal farlo stavolta, perché in quel momento interiormente ero preoccupato ed insisto che questo collegio è stato emotivamente forte dal punto di vista delle motivazioni positive perché mi sono sentito comunque parte di un gruppo, di un gruppo che era solidale verso altri insegnanti. Di solito nei collegi docenti c’è una sorta di distacco emotivo dalle cose che si dibattono. E invece in questo no, sono stato interiormente colpito io, ma questo lo avvertivo anche dagli altri vicino a me, emotivamente forte. Un collegio molto democratico, non ci sono stati né attacchi né prese di posizione forti né tra colleghi né nei confronti del dirigente, come solitamente accade. Mai visto in dieci anni che insegno - io ho fatto tantissimi Collegi docenti – un collegio così: questa volta si parlava con il cuore e con la rabbia naturalmente per quello che potrà magari accadere, ma sempre nei confronti degli insegnanti. Il momento del voto: votazione motivata sulla “astensione”, quasi unanime, a parte due Finito il Collegio mi sono fatto un’idea della mia astensione, sono stato contento di essermi astenuto; di solito l’astensione non è una cosa positiva perché uno deve prendere una posizione nella vita, però sono contento di essermi astenuto perché ho percepito dentro di me, cioè ho votato dentro di me, dentro il mio stato d’animo ho votato quello che era comunque il mio pensiero, l’emozione condivisa di tutti i colleghi. Non l’hai avvertita come una scelta sindacale pura, ma maturata come insegnante.

A3

TESTIMONIANZ

“Sto per andare in pensione, ma un collegio così… scontri, sorprese, però grande onestà.” Noi eravamo piuttosto preoccupati per questo collegio… ne avevamo fatto un altro prima della proposta ultima di riforma ed aveva approvato in larga maggioranza i 60 minuti, però il preside ci aveva avvisato chiaramente che cambiando le condizioni avremmo dovuto votare di nuovo, perché era cambiata l’offerta della Provincia. Diciamo che le preoccupazioni fondamentali erano due: quelle delle cattedre, cioè i 50 minuti chiedono molte ore di recupero, ma questo in 5


futuro non potrà voler dire una classe in più per i docenti stabili e quidi delle cattedre in meno per gli altri?. Nonostante le rassicurazioni che vengono da diverse parti, queste sono le preoccupazioni. All’inizio mi sono sentita coinvolta sui problemi della mia materia. Io vado in pensione l’anno prossimo, però facevo parte della commissione che doveva in un primo tempo riorganizzare le materie e i colleghi mi avevano comunque dato mandato di sostenere, ad esempio, la posizione degli insegnanti di latino, quindi diciamo godo di una certa rappresentatività … Per gli insegnanti di lettere, c’è preoccupazione perché hanno visto molto diminuita l’area umanistica (nell’articolazione delle scienze applicate), preoccupati perché i ragazzi vengono dalle scuole medie sempre più scoperti in particolare nel lessico italiano, noi vediamo ragazzi, per la stragrande maggioranza, con un lessico povero per cui non possono neanche affrontare le materie scientifiche... Quindi il secondo collegio è stato più tormentato. Siamo giunti con molte riflessioni fatte dal gruppo di colleghi di lettere in questo senso, per cui la questione dei 50 e 60 minuti ci sembrava quasi superflua rispetto alla perdita complessiva di ore delle materie letterarie… “Il rapporto con la Pat e l’amarezza per l’opinione pubblica che pensa che noi lavoriamo poco” Prima ci sono stati contatti, riunioni di dipartimento (soprattutto di lettere e di matematica e fisica), l’assemblea sindacale e l’ipotesi di non votare era già stata ventilata… L’ipotesi di non votare nella convinzione che la provincia avrebbe fatto comunque quel che voleva. C’è un precedente che ci è venuto in mente su come la Provincia abbia moltissimo spazio d’azione, ma lo usi in maniera autocratica. Tutti noi veniamo dall’esperienza del libro di testo in comodato, dell’esperienza del fallimento di tutte le osservazioni negative sull’uso del comodato, una cosa disastrosa e io l’ho vissuta come imposta, anche i presidi hanno chiesto di rivedere la questione del comodato, ma non c’è stato mai nessun cenno di comprensione, mentre per studiare i ragazzi hanno bisogno di avere i propri libri, non di doverli restituire senza poterli toccare. Quindi c’erano altri pensieri ad altre cose che rimandano al rapporto con la Provincia Ma c’era principalmente di base, anche se l’abbiamo metabolizzata, l’amarezza che viene dal fatto che l’opinione pubblica pensa che noi 6

lavoriamo poco e che i 50 e 60 minuti sono entrati in qualche modo nella dinamica. Noi facciamo poco e questo ci deprime perché è chiaro che noi non facciamo solo il lavoro a scuola, ma casa. Quindi diciamo che nel collegio sono confluite molte cose sospese e tutto quello detto anche fuori dal collegio, in sala professori dove si parla moltissimo in questo periodo. L’altra cosa che è confluita nel collegio riguarda le ore eccedenti: una preoccupazione di natura sindacale (anche se il preside ci aveva preparato un promemoria in cui ci faceva vedere come, con l’intervallo e altro, in realtà il pacchetto di ore da recuperare si era ridotto molto) ed una di natura didattica. Le ore eccedenti, il preside, le preoccupazioni didattiche Il preside una settimana prima aveva diffuso un promemoria molto puntuale, che sostanzialmente si dichiarava favorevole ai 50 minuti perché questo permetteva un’articolazione delle materie più adeguata al nostro modello. Senza poi che in collegio docenti lui premesse per questo seppur avesse chiarito che lui è dirigente della provincia. A mio parere il dirigente ha fatto un’informazione molto onesta: lui ha detto per queste ragioni secondo me ci conviene, cioè ci permette meglio di articolare il modello scolastico disciplinare coi 50 minuti. L’altra preoccupazione intorno alle ore eccedenti non di natura sindacale, ma didattica è venuta fuori nel collegio: dovremmo chiamare i ragazzi anche di pomeriggio, se volessimo recuperare tutte le ore previste, e questo scombina il loro pomeriggio già molto spesso scombinato. Infine, incrementare le ore di recupero vuol dire confermare nello studente l’idea che tu a scuola puoi fare poco perché tanto vai al recupero. Tutto questo non c’è con le ore di 60 minuti. A me è sembrato che aver votato i 60 minuti al collegio fosse determinato sostanzialmente da ragioni di tipo didattico, che è quello che ci coinvolge di più. “Un collegio davvero caldo... … e un vago sentimento di rivalsa” Ci sono stati molti interventi… io non sono intervenuta, anzi sono intervenuta alla fine perché è successa una cosa abbastanza strana. Alla fine, l’atteggiamento della maggioranza era che la Provincia vuol farci fare delle cose come le decidessimo noi e in realtà le ha già decise lei, quindi c’era come un vago sentimento di rivalsa non dovuto solo a questo motivo, ma a tutti i motivi n.4 aprile 2010


precedenti, che contano certamente di più. Un’anomalia di questo collegio c’è stata. Il preside aveva chiarito molto bene che i due colleghi che c’erano di fianco a lui, i due collaboratori erano lì in veste di insegnanti, non facevano parte della dirigenza in quel momento, cosa che è successa per la prima volta. Prima della votazione, finiti gli interventi, ha preso la parola il vicepreside, in qualità di insegnante, ed ha ipotizzato la fattibilità invece dell’orario di 60 minuti, ha detto che secondo lui 60 minuti si potevano fare e che lui aveva pensato un piano. Questa cosa detta alla fine della discussione senza un quadro significativo… C’è stato un momento di dichiarato disorientamento. Quindi siamo proprio arrivati al momento della chiarificazione che è stato invece il massimo della confusione, anche se tutto detto sempre con grande onestà, che secondo me è la cosa bella di questo collegio. Alla fine era arrivata la scadenza dell’orario (dalle 15.00 alle 18.00), è stata chiesta una pausa, durante la quale il preside si è allontanato, e allora una buona parte dei colleghi ha deciso di uscire, cioè di far venir meno il numero legale, circa 2/3. Alla fine la posizione della maggioranza è risultata questa: perché dobbiamo votare su una cosa di cui non sappiamo bene il significato, non sappiamo se in futuro ci saranno più cattedre, le stesse cattedre, meno cattedre… La votazione non è stata fatta, nonostante i giornali abbiano detto più di una volta che noi ci siamo astenuti, in realtà noi non ci siamo astenuti, è la votazione che non è stata fatta. La preoccupazione maggiore: se mi danno una classe in più, chi correggerà i temi? Ci sono alcuni colleghi abbastanza giovani, non giovanissimi che secondo noi sono colleghi di grande valore e che ci dispiacerebbe perdere perché sono qui da qualche anno.. ma penso e pensiamo anche a noi: la preoccupazione è che se mi danno una classe in più (soprattutto a noi insegnanti che abbiamo la correzione dei temi), non sappiamo dove metterla la correzione dei temi. Ci dispiace per i colleghi più giovani, anche se sappiamo che perderebbero la cattedra qui e la troverebbero in un altro istituto, però sarà dura perché lavoriamo bene in gruppo, c’è uno scambio intenso in tutti i dipartimenti, sentiamo molto lo spirito do gruppo. Nel precedente collegio c’era stata un po’ di frattura tra gli insegnanti di materie linguistiche e quelli di materie scientifiche, ma stavolta c’era sotto il pensiero che noi stavamo discutendo di 50 o 60 minuti, ma la questione vera era l’imn.4 aprile 2010

pianto, l’obiettivo è la figura dello studente che esce dal nostro indirizzo. Quindi alla fine non si è votato e il clima non era più particolarmente teso. La mia riflessione finale è: oggi si studia ancora? Vediamo che molti ragazzi mettono lo studio domestico al penultimo posto della loro gerarchia, e questo con l’approvazione dei genitori che non vogliono o non riescono o non sono convinti che studiare a casa sia ancora necessario. Non si può fare a meno di studiare a casa, per cui i ragazzi vengono a scuola dove ascoltano anche molto volentieri, ma è come se fossero davanti alla televisione Quindi dietro il pensiero dei 50 minuti c’era come retropensiero tanta roba… La convinzione generale è che invece di fare la grande rivoluzione bastava fare degli aggiustamenti, perché in questi anni abbiamo modificato tantissime cose ..la preoccupazione è per il futuro. I nostri collegi non sono mai tumultuosi. C’è una preoccupazione sotterranea, ma che non è mai emersa in maniera così clamorosa.

A4

TESTIMONIANZ

“In collegio docenti: disorientati, confusi, arrabbiati, spaccati…” Come ho vissuto il Collegio dei Docenti in cui si doveva scegliere se aderire o meno alla cosiddetta “iniziativa innovativa”? Semplice: malissimo. I giorni che hanno preceduto la fatidica riunione sono stati per me giorni di tensione e di fatica, giorni in cui tutti a scuola sentivamo di vivere un momento cruciale, ma senza bene avere la coscienza di ciò che stava accadendo e soprattutto del perché. In sede di Collegio poi, nel vederci tutti, chi più chi meno, disorientati, confusi, arrabbiati, spaccati, ciò che ho provato è stato anzitutto un profondo senso di frustrazione, dato dalla netta sensazione che il mio lavoro valesse ben poco: e pazienza se a pensarla così fosse chi di scuola non sa, non si interessa, non si occupa; triste e difficile da digerire, ma pur sempre accettabile. Ben diverso è tuttavia, almeno credo, se a darmi questi pensieri è chi la scuola la fa con me, la pensa con me, mi dovrebbe guidare nelle scelte. Già! Questo è ciò che più mi fa soffrire e, diciamolo pure, imbestialire: che a dimostrare di non capirci un bel niente alla fine è chi la scuola la dirige e dai piani alti del suo palazzo di cristallo mi guarda con aria di sufficienza. 7


Mi sono allora sentito impotente, incapace di fare arrivare la mia voce e il mio pensiero là dove potessero essere ascoltati, per far capire che forse anch’io, nel mio piccolo, ho qualcosa di sensato da dire. Per far partire l’ “iniziativa innovativa” infatti (e già il dover coniare sintagmi appositi dà a parer mio un’idea molto chiara del fatto che si sta rimestando nel torbido) hanno solo fatto finta di consultarmi: ma io, insegnante -e duole chiederlo a chi non dovrebbe avere dubbi in merito- non sono protagonista della scuola? Non sono un professionista? Invece mi hanno calato dall’alto uno schema, una scatola vuota, a quanto pare ancora ben lontana dall’essere riempita. “Coi colleghi ci accapigliamo, qualcuno si lascia prendere la mano, si alzano i toni, e io mi chiedo: perché?” Quando in altre occasioni ho protestato, mi si è obiettato che le linee guida della “riforma” già si conoscevano da tempo e che fino a questo momento nessuno si era sognato nemmeno lontanamente di rilevare alcunché. Ma io non mi metto a discutere sui principi, è chiaro che non mi voglio opporre a una scuola che abbia tra i suoi cardini la centralità dello studente. Discuto, questo sì, su come i principi vengono declinati, ma mi sento inascoltato. Senza contare l’umiliazione che ho provato. Sono in riunione, con i miei colleghi, ci accapigliamo, qualcuno si lascia prendere la mano, si alzano i toni, e io mi chiedo: perché? Perché devo scegliere se voglio lezioni di 50 o 60 minuti quando non so ancora cosa devo mettere dentro le lezioni? Come faccio a decidere se non so quali saranno davvero le implicazioni e le conseguenze, a tutti i livelli, della mia decisione? Ma conta la durata delle lezioni o come le svolgo? Ma ci sarà qualcuno a rendicontare minuziosamente tutti i minuti che faccio? E mi sento sempre più piccolo, insignificante. E mortificato. Io non guardo mai l’orologio: se un ragazzo ha bisogno del mio tempo, glielo do; se un genitore chiede più attenzione, gliela concedo; se un collega ha bisogno, ci sono; se una riunione dura più del previsto, resto finché serve. E allora? Questi minuti non contano? Io non sono speciale. Sono un docente. In tanti fanno così, tanti miei colleghi. Ma possibile che chi ci governa e porta avanti certe scelte non lo capisca e non sappia che andare in classe preparati e consapevoli, non solo in merito alla propria disciplina, ma più in generale a livello educativo, richiede tempo ed energie? Che non ci si improvvisa insegnanti? Che oltre all’orario di cattedra c’è studio, preparazione dei materiali e delle verifiche, correzioni, 8

aggiornamento, approfondimento sulle novità didattiche e sulle più recenti tecnologie, e chi più ne ha più ne metta? “La maggior parte di noi si spende ben oltre il dovuto… … io lavoro. Non rubo lo stipendio” Sono in Collegio e mi piacerebbe aver davanti chi decide per fargli vedere cosa ha combinato, quanto livore ha sparso; vorrei fargli vedere che, se ce la prendiamo così tanto, è perché alla scuola ci teniamo: la maggior parte di noi si spende ben oltre il dovuto, ben oltre il contratto, per la scuola e soprattutto per gli studenti. Noi insegnanti lavoriamo, io lavoro. Non rubo lo stipendio. Non c’è bisogno di farmi recuperare il tempo perso. Che perso non è. Mai. Il mio Collegio ha fatto le sue scelte, i miei colleghi le loro considerazioni. Siamo in democrazia: ognuno si esprime, la maggioranza governa. Io non volevo scegliere. Non mi bastava semplicemente astenermi, ma avrei voluto affermare con forza, a chiare lettere, che quello che sta accadendo non mi piace, da nessun punto di vista, e quindi rispedire al mittente il pacco-riforma così mal confezionato e la relativa scelta, a dire: se proprio volete rovinare la scuola, fatelo senza il mio consenso. Il Collegio è andato, ma temo che il bello, anzi il brutto, debba ancora venire. A me pare che in fin dei conti altri siano i fondamenti della “riforma”, altrimenti davvero non riesco a comprendere tanto accanimento terapeutico nei confronti della morente scuola trentina: né più né meno, come a livello nazionale, si tratta di risparmiare e razionalizzare le risorse. Nient’altro. E si sa: per risparmiare davvero, ed avere così di che investire in modo diverso o in altri settori, bisogna risparmiare sul personale. E il gioco è fatto. Non mi interessa difendere la categoria, i precari, la mia materia, il mio posto: chiedo solo onestà e correttezza intellettuale. Mi fosse stato detto che la scuola costa, che ci sono sacche di spreco, che occorre semplificare il sistema, al limite che c’è la crisi in tutti i settori e che anche la scuola deve dare il suo contributo, avrei anche potuto accettarlo. Ma ammantare di pedagogia e didattica quelle che sono scelte di carattere prevalentemente economico è appunto, a mio modestissimo parere, disonesto. Ed ora? Sarà il caso di rimboccarsi le maniche, perché qualcuno prima o poi dovrà provare a dare un senso a tutto questo gran pasticcio e credo già di sapere a chi toccherà. A cura di Mario Caroli n.4 aprile 2010


PROVINCIA

piani studio SECONDO CICLO

Il percorso illustrato ai dirigenti Mercoledì 14 aprile 2009 si è svolta la riunione con i dirigenti scolastici del secondo ciclo per illustrare i cambiamenti dati dalla definizione dei Quadri Orari settimanali ed annuali con l’approvazione della delibera n. 533 del 16 marzo 2010, che richiede la ripresa del lavoro di elaborazione dei piani di studio provinciali. Assieme all’assessore, il dirigente Paolo Renna e il direttore dell’Iprase, Arduino Salatin, che hanno presentato il nuovo gruppo di studio coordinato da Michele Pellerey. Dopo la normativa, i Piani di Studio Provinciali È stata la prima occasione, dopo l’approvazione della riforma, per presentare a tutti i dirigenti del secondo ciclo il percorso tracciato verso l’elaborazione dei Piani di studio provinciali (c’era stata la sospensione dell’attività del gruppo di esperti ed anche dei gruppi di lavoro dei docenti); un incontro per comunicare chi farà che cosa e soprattutto la nuova mission dei gruppi di lavoro per l’elaborazione dei piani di studio provinciali, alla luce dei cambiamenti intervenuti anche nei provvedimenti nazionali. L’intervento dell’assessore ha sottolineato che il lavoro che rimane da fare sul regolamento, sui piani di studio e sulle linee guida è il lavoro più corposo e consistente e quello per il quale è necessario l’apporto delle scuole, dei dirigenti e dei docenti che saranno coinvolti. Insieme a Michele Pellerey sono stati convocati anche il gruppo di lavoro con i nuovi collaboratori esperti che sono entrati a completamento del gruppo, nuove competenze più legate agli assi disciplinari del secondo ciclo: Mario Fierli, Walter Moro e Mauro Frisanco, esperti referenti rispettivamente per i tecnici, i licei e l’istruzione/formazione professionale. n.4 aprile 2010

tuti tecnici, le linee guida nazionali dovrebbero essere comunicate nei prossimi giorni. Da definire ora è cosa deve fare la scuola trentina rispetto al quadro di riferimento nazionale (eccetto per la formazione professionale che è di competenza esclusiva della provincia, ma che deve tener presente il problema del riconoscimento dei titoli di studio). Insomma, l’obiettivo fondamentale del Gruppo sarà la definizione del Regolamento provinciale per il secondo ciclo e delle Linee guida per la predisposizione dei piani di studio d’istituto. Il quadro europeo

Michele Pellerey: “Adesso, Regolamento e Linee guida” Michele Pellerey ha richiamato la Legge provinciale sull’istruzione (5/2006) e la necessità di arrivare ai regolamenti provinciali riguardanti il secondo ciclo, un problema complicato anche a livello nazionale, la cui definizione non sarà semplice neanche per la provincia di Trento. Attualmente abbiamo come riferimento fondamentale i regolamenti approvati in seconda lettura dal Consiglio dei Ministri, che fanno fede perché sono l’ applicazione della legge. Ci sono però due percorsi diversi che emergono dai regolamenti: uno riguardante i licei e uno riguardante l’istruzione tecnica e professionale. Per i primi c’è un documento mandato al Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, per i secondi, gli isti-

In questa fase di elaborazione e sviluppo e anche la provincia deve prendere decisioni per “partire” ragionevolmente il primo settembre 2010, per non creare problemi agli studenti, visto che un nodo fondamentale è quello dei processi di apprendimento di qualificazione degli studenti. Apparteniamo ormai a un regime “europeo”, che si aspetta che entro il 2012 ci sia il livello comparativo di tutte queste qualificazioni, ma per arrivare a questo ci saranno difficoltà anche di riconoscimento prospettico dei titoli che vengono poi attribuiti. Il quadro di riferimento europeo bada ai risultati dell’apprendimento e non tanto ai percorsi, intesi come anni, ma ai risultati di apprendimento, nell’ottica di una cultura dove le competenze, conoscenze e abilità, effettivamente acquisite dai soggetti, cioè apprese, devono essere riconosciute, pur con la necessità e difficoltà di trovare meccanismi di riconoscimento e anche se queste sono acquisite fuori dalla scuola. Questo problema complesso cambia la prospettiva del percorso, quello che fa l’insegnante e quello che fa la scuola per intenderci, e quello che la scuola ottiene con il suo percorso educativo. 9


Il nuovo gruppo di lavoro potenziato Il punto di partenza: come si può potenziare il gruppo di lavoro delle persone esperte per identificare meglio le caratteristiche fondamentali dell’istruzione tecnica, dei licei e dell’istruzione professionale e della formazione professionale per impostare immediatamente i bienni. Da qui la scelta di integrare il gruppo di lavoro con persone di grande qualità: Mario Fierli, da sempre legato all’istruzione tecnica, ha ricoperto ruoli di dirigente ministeriale e componente di varie commissioni; Mauro Frisanco, che è stato quello che ha aiutato a sbloccare la situazione per le qualifiche e i diplomi nella formazione professionale; Walter Moro, che da sempre ha partecipato a tutte le commissioni e ai programmi di studio della scuola italiana, e che è stato scelto per reimpostare l’ambito dei licei. Nel Gruppo di lavoro rimangono poi i rappresentanti dell’Iprase, Arduino Salatin, del Comitato di valutazione, Paolo Calidoni, e del Centro di formazione per gli insegnanti di Rovereto, Italo Fiorin. L’area tecnica Con tre brevi interventi, i nuovi esperti hanno tratteggiato il pano10

rama nazionale per le aree di loro competenza. Mario Fierli, consulente dell’area tecnica, ha illustrato la struttura del regolamento nazionale, anche se il riordino non è concluso, con i quadri orari e tutta una serie di disposizioni che riguardano il modo con cui devono essere adottate le stesse. Il regolamento propone la declinazione dei risultati di apprendimento in competenze, abilità e conoscenze, ed è affidata alle istituzioni scolastiche nella loro autonomia, sulla base delle linee guida, nelle quali verrà spiegato come si devono declinare competenze, abilità e conoscenze e le competenze base che sono già state scritte nel regolamento. Tutto questo fa concludere che alla provincia di Trento attende un compito non semplice, perché occorre interpretare, riflettere, forse declinare ulteriormente i programmi rispetto alle indicazioni del ministero e certamente decidere poi cosa fare di questa risorsa aggiuntiva. L’aerea professionale Mauro Frisanco, per l’istruzione e formazione professionale, ha accennato al fatto che per quanto riguarda il Trentino la questione nazionale cogente è la validità dei titoli di studio, conseguiti al termine sia del triennio che del

quarto anno, la realizzazione di un percorso di lavoro non solo per innovare e sviluppare questo sistema che, per la sua specifica identità, è molto correlato col mondo del lavoro, e quindi le qualifiche e i diplomi hanno la necessità di una manutenzione sulla base dei fabbisogni che sono già stati segnalati e che il territorio ha fatto emergere. L’idea è di valorizzare quello che è stato prodotto, armonizzare le scelte che verranno fatte per quel che riguarda il biennio rispetto agli altri sistemi, realizzare un percorso parallelo di sviluppo per le successive annualità e un importante lavoro per tracciare gli elementi essenziali di identità che finiranno dentro il regolamento, attingendo dal documento recentemente depositato del nuovo profilo educativo culturale professionale. I licei L’intervento di Walter Moro ha messo in evidenza soprattutto elementi di sfondo: la complessità e problematicità del cambiamento, l’approvazione dei decreti che sono ormai forma e sostanza, la mancanza del regolamento per le classi di concorso (legato soprattutto ai quadri orari e alle discipline), la mancanza del decreto ministeriale, la mancanza del den.4 aprile 2010


L’operatività e la via trentina nel secondo ciclo

creto sulla valutazione, sui criteri e sugli indicatori di valutazione e autovalutazione, la traduzione operativa di questa riforma. Quali sono i documenti fondamentali da tener presente per poter attuare una progettazione di qualità? Il regolamento del DM 139 che innalza l’obbligo d’istruzione a 16 anni e che definisce gli impianti culturali basati su competenze e su assi, il pecup, cioè il profilo culturale educativo professionale dei licei e, in particolare, la parte che riguarda gli obiettivi di apprendimento comuni, che sono il telaio di riferimento per tutti gli indirizzi e dei licei, i piani di studio che sono in discussione al consiglio nazionale della P.I. e sono improntati su un format estremamente leggero, in cui c’è la prima parte che è il profilo generale di competenze e poi è articolato in bienni, con obiettivi specifici di apprendimento per il primo e secondo biennio e il quinto anno. Nella progettazione del lavoro della scuola è importante mantenere uno stretto collegamento tra l’impianto specifico dei piani di studio con le indicazioni delle competenze rispetto agli obiettivi specifici di apprendimento che sono appunto trasversali e costituiscono il collegamento di riferimento. n.4 aprile 2010

La percezione è che rimangono due cose da fare: da un lato come chiudere la fase attuale che è stata molto controversa e dall’altro aprire una seconda fase per il nuovo scenario che si è determinato sia a livello nazionale sia a livello provinciale. Per Arduino Salatin i due principi che guidano questa riflessione sono la concentrazione degli sforzi nel breve sul biennio e la seconda assumere carattere progressivo del percorso con le scuole. Il 25 gruppi che si erano resi operativi, coordinati dai dirigenti, dovranno lavorare in una nuova prospettiva avviando una fase di impostazione già a maggio per partire di fatto a settembre. Le linee di questa via trentina nel secondo ciclo prevedono tre piani di lavoro: Elaborazione di uno zoccolo culturale comune relativo al biennio, che sarà fatta per gruppi più ristretti formati da tutti docenti assieme (istituti tecnici, istituiti professionali, licei, formazione professionale e anche del primo ciclo) recuperando anche un lavoro sul curricolo verticale. Gli ambiti identificati come proposta dal gruppo Pellerey sarebbero italiano e linguaggi, lingue straniere (due), matematica e scienze (possibilmente che dialoghino tra di loro, creando sottogruppi) e l’asse storia, geografia e cittadinanza con elementi di diritto e economia. Lavoro che dovrà dare dei contributi per fare sviluppare linee guida provinciali e il raccordo con i piani di istituto, fase delicatissima in cui le scuole devono essere aiutate. Sviluppo degli ambiti disciplinari non compresi nel zoccolo comune, affidato a scuole capofila o a reti di scuole, che verranno identificate a partire da autocandida-

ture sulla base delle proprie esperienze e delle proprie eccellenze e aggregando istituti comuni e vicini. Come avverrebbe questo? Alla scuola verrebbe affidato un format preciso e un mandato di elaborare una proposta che serva di riferimento per tutta la scuola trentina e per poi essere analizzata dalla commissione. Il coordinamento, sotto la responsabilità del dirigente, sarà affidato a un esperto in affiancamento, per dare convergenza al prodotto finale e per dare il massimo di trasferibilità. Informazione e il coinvolgimento dei docenti. Per i docenti che insegneranno in prima ci saranno incontri territoriali nei primi giorni di settembre con calendario deciso per tempo e con una copertura dei sei principali bacini territoriali, in modo da favorire la massima partecipazione. L’idea è di presentare in quel contesto i piani di lavoro e anche un primo documento di orientamento che la commissione metterà poi a disposizione, anche perché il lavoro dei primi mesi non sarà del tutto diverso da quello fatto precedentemente e dall’altro lato ci sono comunque le indicazioni nazionali rispetto alle quali ci si deve orientare. Successivamente bisognerà fare dei riferimenti più precisi per quanto riguarda i dispositivi di valutazione. Da poco sono uscite inoltre le indicazioni nazionali per la certificazione dell’obbligo di istruzione e comincia ad esserci una progressiva definizione anche degli organi di valutazione fino al lavoro che sta facendo l’INVALSI per definire una prova nazionale per tutti alla fine della seconda classe superiore. Sono elementi che dovranno essere tenuti in conto e per i quali si dovrà esprimere una progettualità e le soluzioni per il Trentino. a cura di Norma Borgogno 11


PRIMO CICLO

Via libera da Roma al Regolamento È giunta nel pomeriggio di martedì 27 aprile 2010 la notizia del parere favorevole da parte del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione sulla bozza di Regolamento per l’applicazione dei piani di studio provinciali nel primo ciclo. Un passaggio atteso da tempo, ma che giunge anche col voto favorevole unanime e con diversi riconoscimenti nel merito del percorso seguito in Trentino. Un voto unanime Un voto unanime da parte del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione che nella seduta di questo pomeriggio dato il parere favorevole “sullo schema di regolamento stralcio per la definizione dei piani di studio provinciali relativi al percorso del primo ciclo di istruzione della Provincia Autonoma di Trento”. Per la Provincia autonoma di Trento erano presenti Roberto Ceccato, dirigente del Servizio Infanzia Istruzione e Formazione professionale, e Beatrice de Gerloni, dirigente scolastico con incarico presso il Dipartimento istruzione. Immediato il commento dell’Assessore provinciale all’istruzione e allo sport: “Questo passaggio per noi molto importante lo attendevamo da tempo, ma oggi siamo particolarmente soddisfatti sia per la votazione favorevole unanime da parte del Consiglio Nazionale della P. I. sia per i riconoscimenti nel merito del percorso realizzato in Trentino per l’elaborazione dei piani di studio e per la sperimentazione degli stessi nel primo ciclo. Il confronto con la scuola e coi docenti proseguirà in ogni fase dell’applicazione operativa dei piani di studio, ma ora, con l’approvazione del Regolamento anche in giunta provinciale, abbiamo una legittimazione ulteriore sul piano normativo ed un riconoscimento 12

di merito da parte dell’organo collegiale di rappresentanza a più alto livello nazionale”. Riconoscimenti nel merito Nel merito il Consiglio Nazionale P. I. ha osservato che “i Piani di studio provinciali, molto opportunamente, delineano una proposta culturale che scaturisce da un’analisi dettagliata del contesto trentino (documento di lavoro del Gruppo di studio) in cui sono presentate le caratteristiche della popolazione studentesca, i dati relativi agli alunni in situazione di handicap e agli studenti che provengono da altri paesi, le risorse professionali disponibili, le esigenze di articolazione dell’offerta formativa, le specificità locali. Una scelta, che fa della proposta culturale una risposta coerente con la domanda, conseguente agli elementi di positività/criticità evidenziati nel rapporto sul sistema scolastico e formativo trentino elaborato dal Comitato provinciale di valutazione, ripresi nel primo documento del Gruppo di studio.” Sul metodo il CNPI ha riconosciuto che si è trattato di “un percorso condiviso con il mondo della scuola trentina, coinvolta nella stesura dei Piani di studio provinciali e nelle successive Linee guida per l’elaborazione dei Piani di studio d’istituto. Un metodo di lavoro

che ha visto protagonisti attivi un numero consistente di insegnanti e dirigenti scolastici, in continuo confronto con la commissione di esperti nominata dalla Provincia, le istituzioni scolastiche, il territorio. Un metodo di lavoro molto apprezzato, in quanto valorizza l’esperienza della scuola trentina e le competenze professionali dei suoi insegnanti e dirigenti sia nella fase dell’elaborazione che nella fase dell’ascolto, una scelta finalizzata alla condivisione della proposta culturale.” Molti i rilievi anche lusinghieri sui vari punti specifici. “I Piani di studio provinciali, pur ribadendo l’importanza di tutte le discipline, sottolineano che si debba riservare particolare attenzione all’insegnamento della lingua e della matematica, riservando ad entrambe un tempo orario consistente nella scuola primaria e secondaria di primo grado.” In particolare sulle lingue straniere “Lo studio dell’inglese e del tedesco previsto fin dalla scuola primaria e nello stesso numero di ore nella scuola secondaria di primo grado, appare al Consiglio una scelta interessante, in linea con l’esigenza di garantire ai propri studenti una formazione plurilingue in un contesto europeo caratterizzato dalla mobilità. Una scelta coerente, altresì, con quanto indicato nel quadro comune europeo di riferimento per le lingue.” La bozza di Regolamento era già stata approvata in giunta già il 22 luglio del 2009, poi inviata al Ministero (MIUR) il 18 agosto 2009 e solo martedì 27 aprile 2010 è stato discusso nel Consiglio Nazionale della P. I. che ha espresso all’unanimità il parere favorevole. Ultimo passaggio, dopo il parere ufficiale da Roma, l’approvazione in Giunta provinciale nella stesura definitiva. (m.c.) n.4 aprile 2010


il dossier scuole ParteciPate rete trentina delle continua centro per la formazione personale insegnante e l’aggiornamento del di trento Provincia autonoma dipartimento istruzione

innovazione ParteciPazione e l’autonomia nella scuola del e si raccontano

le scuole partecipat

un confronto sulle esperienze Scuola, famiglie e comunità: e nuovi orizzonti tra complessità, confini incerti

Interventi di:

Italo Florin Luigina Mortari Claudio Girelli Gino Mazzoli

sabato 20 febbraio 2010 Ore 8,30/18,00

o Istruzione

Aula Magna del Palazz

Via Gilli 3, Trento

disegno Maurizio Corradi

Per informazioni: tn.it famigliascuola@provincia.

dentro la scuola il dossier la dirigente il progetto il percorso la formazione gli studenti Scuole partecipate Consiglio Scolastico Educativo Provinciale Genitori eletti

“PARTECIPAZIONE: NOI CI PROVIAMO…!” Studenti al “Rosmini” di Trento, Scuole partecipate, Consiglio del Sistema Educativo Provinciale… Inserto a cura di: Mario Caroli Interventi di: Roberta Angeli, Caterina Balestra, Anna Bellini, Caterina Bianchi, Norma Borgogno, Mario Caroli, Matilde Carollo, Simone Casciano, Luca Guglielmi, Marco Linardi, Patrizia Lucca, Marco Riccadonna, Dalia Rigotti, Antonella Valer, Roberto Zecchinelli. n.4 aprile 2010


La svolta… quale?

il dossier PRESENZE VERE

Si cercano nuove forme e modalità Il dossier di questo numero della rivista è dedicato alla “Partecipazione” delle varie componenti del mondo della scuola alla vita, all’organizzazione, alle decisioni della “propria scuola”. Partiamo da un’esperienza che abbiamo ritenuto, su indicazione di docenti, studenti e dirigenti come “una buona pratica di partecipazione” da parte degli studenti presso il Liceo “Antonio Rosmini” di Trento; poi riferiamo di un momento di riflessione, ma anche per il fare il punto sulle “scuole partecipate” ed infine registriamo l’avvio dell’esperienza degli eletti nel nuovo CSEP (Consiglio Scolastico Educativo Provinciale), facendoci dire dai tre genitori eletti cosa si aspettano in questo nuovo ruolo provinciale perché possano dire davvero di “partecipare alla vita della scuola” in quello che, sulla carta dovrebbe essere l’organo collegiale elettivo rappresentativo al più alto livello in Trentino.

La partecipazione… in salita! “Libertà è partecipazione” cantava il mitico Giorgio Gaber tra ironia e senso civico. Tutti la vogliono, tutti la cercano, tutti la reclamano, ma praticarla con buoni risultati sembra davvero un’impresa. Ricordiamo bene il periodo dell’illusione un po’ troppo ideologica, all’avvento dei Decreti delegati negli anni settanta, alla scatenamento delle liste, programmi, appelli al voto, tutto molto sindacalizzato, molto politicizzato tanto da farci scambiare – per molti in buona fede – una noiosissima se14

duta notturna del consiglio d’istituto quasi per un passaggio obbligato prima della rivoluzione. Eravamo e siamo convinti, comunque, che era diffusa in molte persone, non solo tra gli addetti al lavoro interni, che tutto ciò che si decide e si fa dentro le mura scolastiche interessa, deve interessare la comunità attorno. Non erano ancora maturati in termini didattici e organizzativi i discorsi sulla comunità educante, ma una comunità che aveva voglia di “esserci” anche sulle questioni della scuola c’era già allora, penalizzata dalla ideologizzazione e dallo scontro politico in tutto ciò che si metteva in campo.

Tempi andati. Poi, però, siamo ancora qui, a quasi quarant’anni di distanza, a registrare alti e bassi nella partecipazione vera (non parliamo di numeri e votanti), ma a prendere atto che ci sono davvero tanti rivoli nuovi di partecipazione, le aule scolastiche si sono aperte una volta per tutte quasi ovunque ed è difficile che si torni indietro. I genitori, gli zii, i fratelli, ma anche gli amministratori locali, gli operatori del sociale, le casse rurali, le associazioni del territorio, il mondo economico e imprenditoriale ci sono in vecchie e nuove forme nella vita della scuola. E c’è anche il nuovo sostegno normativo, anche se è a questo livello che restano forse le maggiori fumosità e incertezze. La legge Salvaterra (l.p. 5/2006) richiamata ad ogni piè sospinto, è stata una legge di svolta proprio sulla partecipazione (introduzione del Consiglio delle autonomie scolastiche e formative, delle Consulte dei genitori, studenti ecc. ecc.); ma la strada è davvero ancora in salita. Non è mistero che competenze e funzioni di organismi ora “nuovi” restano fumose, spesso si sovrappongono, non hanno la necessaria chiarezza terminologica ed allora il rischio che la partecipazione anche sulla carta e nei momenti ufficiali resti e si riduca ad un rito con punte irrisorie di partecipazione al voto, ma anche con la dichiarata “ignoranza” su cosa possa davvero servire l’organismo nel quale si è candidati o si è stati eletti (vedi il servizio sui genitori appena eletti). Ma la chiarezza su chi partecipa e come, richiama in ballo altri organi collegiali come il collegio docenti e il consiglio dell’istituzione, oppure il Consiglio delle autonomie e le riunioni di servizio dei dirigenti scolastici…. In questo dossier, partiamo da qualcosa che pare funzioni e anche bene, almeno per gli studenti. Mario Caroli n.4 aprile 2010


la dirigente MATILDE CAROLLO

Dirigente scolastica “Rosmini” Trento

Stiamo lavorando sulla consulta degli studenti che deve crescere nella capacità di gestione efficace e di interagire con gli altri organismi; la stessa cosa la stiamo facendo con la consulta dei genitori. Partire dallo statuto per poi procedere alle varie attività legate alla sua piena realizzazione, regolamenti degli studenti, regolamento d’istituto, la carta dei servizi, ecc. ha dato conto di un processo che si concretizzava e dava significato alla modalità partecipativa. Alcune

ricadute già si notano e la scuola ha in mente di proseguire…

L’intervista Cosa

vuol dire oggi concretamente “partecipare nella scuola”, dopo la legge Salvaterra, pensando in particolare a genitori e studenti? È una parola che comincia a riempirsi o ancora rimane questa idea fumosa di…

Le difficoltà ci sono perché partecipazione vuol dire trovare modalità, stimoli, dimensioni per rendere ricco di contenuti un termine. La scuola ha un compito fondamentale che è quello della formazione del cittadino prima di tutto e quindi deve lavorare su questo ma perché ci crede davvero. Uno degli obiettivi della formazione del cittadino è verificare le dimensioni partecipative a vari livelli della società, che si apprendono e si possono quindi applicare in ambito scolastico. La legge può predisporre gli organismi preposti, ma se manca lo spirito formativo risultano inefficaci e non realizzati. Se capisco bene: la legge può anche creare gli organismi e le strutture, però se rimane l’idea che la scuola siamo “noi” personale e dirigente e la società, i genitori, gli studenti sono altro…

È un problema di modalità, di gestion.4 aprile 2010

ne di competenze, di strumenti legislativi offerti, ma è anche un problema di spirito di ricerca della dimensione partecipativa nel cittadino. Se lo facciamo partendo dai bambini, forse saremo in grado anche di formare il cittadino responsabile e consapevole. La scuola si può attivare, in Trentino con la Legge 5/2006 sono stati previsti alcuni organismi partecipativi in alcuni casi retaggi dei vecchi organi collegiali ma in altri anche nuovi. Uno dei leitmotiv della legge era proprio la ricerca della dimensione della partecipazione. Come poi questi si traducano in pratiche operative è legato all’elaborazione progettuale delle scuole e noi su questo ci siamo mossi cercando di trovare la modalità migliore per far crescere l’ambito partecipativo sia degli studenti che dei genitori. Quello che raccontiamo in questo dossier, come è stato vissuto dall’istituto? E ci sono già delle ricadute? Che la scuola l’abbia vissuta come una propria iniziativa è fondamentale, perchè è quello che consente poi di dare vero spessore alla partecipazione di tutte le componenti. Che ci sia stata anche una crescita direi di sì e noi dobbiamo capire dove e in che termini orientare questa crescita.

Si la scuola ha in mente di proseguire, abbiamo messo le basi per alcune attività di formazione (che verranno meglio spiegate dagli studenti) per quanto riguarda la partecipazione studentesca; l’idea è proprio di proseguire in questo senso dando conto di una progressione anche continua dei ragazzi che partecipano in modo tale che arriviamo ad una disseminazione della formazione fra i ragazzi dell’istituto. Dopodiché stiamo lavorando per strutturare meglio anche la partecipazione dei rappresentanti di istituto e nella consulta provinciale in modo da avere anche in questo senso una consapevolezza maggiore del proprio ruolo e della capacità di gestire situazioni di difficoltà anche dal punto di vista organizzativo come l’organizzazione di assemblee di istituto e di una cogestione che comportano il coinvolgimento di un notevole numero di studenti. Quindi la prospettiva è quella di rafforzare la formazione pensando anche a delle modalità di integrazione con i tutor, i ragazzi che supportano i nuovi ragazzini che subentrano, a sportelli informativi e di orientamento partecipativo con gli studenti e quindi cercando di rendere il più possibile organico un progetto che vada a presidiare tutte le forma partecipative degli studenti all’interno dell’istituto. Mario Caroli 15


il progetto PARTECIPARE

Ripensando la Costituzione A dispetto della retorica di rito che caratterizza i festeggiamenti della Festa della Repubblica, l’anniversario dei 60 anni della Costituzione è stato per il liceo Rosmini di Trento un’occasione per ripensare concretamente quel felice momento storico che è stato il periodo costituente tra il 2 giugno del ‘46 e il primo gennaio del ‘48. Perché il periodo costituente, a detta di tutti i suoi protagonisti e osservatori, è stato proprio un laboratorio straordinario nel quale si sono contemperati l’aspro confronto di tesi e ideologie diverse con la volontà e la capacità di comporre una felice sintesi in vista del bene comune e delle comuni regole.

Lo Statuto della scuola Un periodo costituente è anche quello che stanno affrontando da qualche anno tutte le scuole del Trentino che, su preciso dettame della legge provinciale sull’istruzione n. 5 del 2006, hanno dovuto stendere e approvare, entro il 2008, il proprio statuto, nell’autonomia che la legge conferisce loro. Un impegno notevole e una sfida per una scuola che vuole fare dell’autonomia un elemento di qualità e della stesura delle regole comuni un laboratorio di legalità e democrazia. È per questo che il Liceo Rosmini di Trento ha scelto di affrontare questo compito scommettendo sulla partecipazione e procedendo ad una stesura 16

condivisa della “carta costituzionale della scuola”, attraverso un progetto articolato che ha impegnato studenti, genitori e personale della scuola per quasi quattro anni. Su una bozza di indice si è svolta nel 2007 una prima consultazione di tutte le componenti della comunità scolastica. “Quali principi dovrebbero guidare la nostra scuola, quale finalità, quali sono i diritti da riconoscere e quali i doveri da esplicitare” sono alcune delle questioni poste. Ma anche: in che modo le diverse componenti devono essere rappresentate negli organi collegiali decisionali, quali sono gli strumenti di partecipazione di cui la scuola dovrebbe dotarsi, come deve rapportarsi con il territorio, in che modo si

può rendere il bilancio annuale uno strumento trasparente e utile al perseguimento degli obiettivi didattici e formativi? Il gruppo di lavoro e il consulente A partire dai contributi raccolti, un gruppo di lavoro misto, che si è avvalso della consulenza di Fulvio Cortese dell’università di Trento, ha poi proceduto a fare sintesi e formulare i diversi articoli dello Statuto con una duplice attenzione. Da un lato c’era la preoccupazione che le aspettative espresse potessero trovare ascolto e spazio nella norma giuridica in via di scrittura. Dall’altro la ricerca di un linguaggio preciso e giuridicamente corretto, ma semplice e comprensibile da tutti, come la Costituzione italiana, appunto. E la Costituzione è stata proprio il testo modello a cui riferirsi nel momento della strutturazione e nel tentativo di volare alto sui principi e sulle finalità. Così come la Costituzione non ha trovato subito e sempre applicazione concreta su quanto, con grande lungimiranza, aveva previsto. Anche i protagonisti del progetto sanno bene che per fare una scuola accogliente e capace di facilitare efficaci percorsi di apprendimento, nel rispetto delle differenze, non sarà sufficiente scriverlo sullo statuto. Però la discussione e il confronto, talvolta anche acceso, sulle reciproche aspettative (cosa si aspettano gli studenti e i genitori dagli insegnanti e viceversa) e sulle modalità concrete per favorire la partecipazione di tutti, sono stati già un momento di consapevolezza e di crescita di quei principi che si vanno a scrivere e approvare. La bozza predisposta dal gruppo di lavoro misto è poi passata al vaglio di n.4 aprile 2010


tutte le componenti e infine è stata approvata dall’organo deputato, il Consiglio dell’istituzione, entro i termini previsti. Il Regolamento degli studenti Un percorso simile è stato poi riproposto per la stesura di un altro importante documento giuridico della scuola, il Regolamento su diritti e doveri degli studenti, previsto dallo Statuto. In questa seconda esperienza di scrittura partecipata il protagonismo degli studenti è stato ulteriormente stimolato dall’oggetto della norma giuridica in discussione. Il lavoro di riflessione, di progettazione degli strumenti di partecipazione e di scrittura vera e propria del testo è stato quindi oggetto di lavoro del laboratorio di diritto, gruppo opzionale riservato agli studenti delle classi quinte del corso sociale che, guidati dalla docente Michela Fia, sono partiti dal testo del vecchio regolamento e hanno proposto alle diverse componenti della scuola di apportare suggerimenti e modifiche articolando la riflessione su tre argomenti principali: i diritti e doveri, il senso delle regole e quello delle sanzioni. Parlando di regole e sanzioni Ampiamente dibattuta è stata la questione relativa al senso della “conversione delle sanzioni”, ai soggetti da coinvolgere durante la procedura sanzionatoria e alle modalità di applicazione delle conversioni. Ogni componente ha trovato modalità proprie di coinvolgimento. Per quanto riguarda gli studenti, durante lo stesso anno scolastico le classi quarte sono anche state coinvolte in un percorso sulla legalità durante il quale hanno letto collettivamente il libro “Suln.4 aprile 2010

le regole” di Gherardo Colombo e con l’autore si sono confrontati proprio sul tema delle sanzioni. Una prima bozza del documento che raccoglieva i contributi degli studenti attraverso un lavoro di sintesi fatto nella Consulta degli studenti (con il metodo “a margherita”) e dei genitori (che hanno condotto in piena autogestione il loro percorso) è stato presentato dagli studenti del laboratorio al Collegio Docenti e ad una riunione della Consulta dei genitori. Successivamente un gruppo di lavoro di docenti ha elaborato alcune riflessioni proprie che sono state portate e discusse in Collegio e hanno portato ad una serie di emendamenti. Ne è uscita una versione ancora nuova e diversa che è attualmente all’approvazione del Consiglio dell’Istituzione, rappresentativo delle diverse componenti. La qualità del processo Tra le principali novità del regolamento, oltre ad una maggiore chiarezza nel linguaggio, emerge una procedura più chiara e trasparente relativa alle modalità con cui impartire la sanzione, una tabella illustrativa delle principali sanzioni e le loro possibili conversioni, la revisione degli organi sanzionatori. Il risultato è in ogni caso solo uno de-

gli aspetti da valutare. Nei processi che si propongono la partecipazione come obiettivo ha un ruolo fondamentale proprio la qualità del processo. È dalla valutazione dei processi che avvengono che si possono trarre le conclusioni. In che modo sono state coinvolte e si sono lasciate coinvolgere le diverse componenti che costituiscono la scuola? Quale è stata la qualità della comunicazione nei momenti di confronto? Quale effetto hanno avuto questi momenti nella consapevolezza dei partecipanti e nelle modalità di fare scuola quotidianamente? Che cosa è cambiato nel livello di partecipazione e democrazia all’interno della scuola? L’impressione di chi scrive è che alcuni cambiamenti si siano verificati e che coloro che maggiormente si sono coinvolti abbiano potuto assaggiare la fatica e le gioie della partecipazione. Il percorso ha anche fatto emergere alcuni limiti dell’organizzazione, delle singole persone, dei meccanismi di comunicazione e degli strumenti normalmente utilizzati per la discussione democratica. Nell’ottica dell’innovazione negli strumenti di discussione e partecipazione (anche con i grandi numeri) il contributo più innovativo è emerso proprio dal percorso proposto agli studenti e dagli studenti. Antonella Valer 17


il percorso LA REFERENTE

Il cammino per i rappresentanti Nella nostra scuola da alcuni anni si è vista la necessità di porre una particolare attenzione alla partecipazione studentesca, realtà non così sostenuta “ideologicamente” come nei primi anni di vita degli organi collegiali e, nel nostro caso, resa complicata dalle dimensioni della scuola. Mi è stato affidato perciò questo compito, come riferimento per gli studenti (con un’ora settimanale a disposizione) e per l’organizzazione delle attività.

Un ruolo importante Si è curata la diffusione dell’informazione e la motivazione degli studenti in occasione delle elezioni degli organi collegiali, e poi la formazione degli stessi rappresentanti. Gli studenti che vengono eletti rappresentanti di classe, infatti, vengono chiamati a svolgere una funzione di mediazione molto delicata all’interno della classe e con i docenti, in particolare nel Consiglio di classe. Questo ruolo rappresenta una delle prime occasioni per sperimentare la partecipazione democratica e la gestione di un 18

gruppo: di fronte a tale compito gli studenti non sempre possiedono le necessarie competenze che, più spesso, si acquisiscono con l’esperienza. Per questo nei due anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009 si è attuato un percorso svolto in 2 incontri di 2 ore ciascuno, all’inizio o alla fine della mattinata, per i rappresentanti di tutte le classi divisi in 5 gruppi (max 28 partecipanti per gruppo). Nella nostra scuola, con circa 60 classi divise in 3 sedi, questo ha comportato anche un certo impegno organizzativo per la composizione dei gruppi e gli spostamenti degli studenti. Lo scopo era

conoscere e riflettere sul ruolo del rappresentante di classe, conoscere e soprattutto sperimentare alcuni strumenti per una gestione più efficace delle assemblee di classe. Il corso col formatore esterno Il corso è stato tenuto da Marco Linardi, formatore esterno alla scuola ma con molta esperienza con gli studenti. È stata confermata dagli studenti stessi l’opportunità di una figura esterna di supporto, che possa stare “al di fuori delle parti” ma anche aiutarli nell’assunzione delle loro responsabilità. I contenuti sviluppati nel percorso sono stati: elementi di legislazione scolastica, diritti e doveri degli studenti, dinamiche di gruppo, ascolto attivo, metodologie e strumenti per la conduzione di gruppi, problem solving, metodi decisionali, rappresentanza e partecipazione. Le modalità sono state: attività di simulazione e role playing, alternate a momenti di approfondimento e rilettura metodologica che hanno favorito l’apprendimento e la partecipazione in prima persona degli studenti, la sperimentazione degli strumenti e l’approfondimento delle tematiche proposte. Viene promossa la peer education, sia nei gruppi misti di studenti con più o meno esperienza sia in particolare per i rappresentanti delle classi prime con il coinvolgimento degli studenti “tutor”. Alla fine di ogni percorso si è verificata la validità dello stesso, sul raggiungimento dei tre obiettivi: conoscere le funzioni e la composizione dei principali organi dell’istituzione scolastica, sperimentare alcuni strumenti per una gestione più efficace delle assemblee di classe, riflettere sui concetti di rappresentanza e di partecipazione in ambito scolastico. n.4 aprile 2010


Gli aspetti positivi e le difficoltà Durante gli incontri di formazione sono stati raccolti gli aspetti positivi e le difficoltà dei rappresentanti. Tra gli aspetti negativi e le difficoltà sono emersi: il disinteresse e l’indisciplina di alcuni compagni o di alcuni gruppetti; la difficoltà di tenere la classe e di favorire la partecipazione e l’ascolto; l’interesse per le assemblee più per perdere tempo che per far emergere e affrontare i problemi; la difficoltà di mettere in pratica le soluzioni trovate per la resistenza di compagni o dei professori. Tra gli aspetti positivi sono emersi: il senso di responsabilità, la voglia di mettersi in discussione, i successi sopratutto quando si risolvono i problemi tra i compagni, la disponibilità della maggior parte degli insegnanti, l’esperienza di rappresentare l’idea degli altri, la possibilità di contribuire a risolvere i problemi. Riguardo ai rapporti con gli insegnanti è emerso che c’è disponibilità da parte loro, salvo riguardo alle scelta delle ore dell’assemblea (per cui si è proposta e attuata una rotazione). Un’altra difficoltà è che quando i rappresentanti portano avanti una richiesta per decisione della classe, gli insegnanti spesso non gli credono e la attribuiscono ai rappresentanti, magari chiedendo conferma ai singoli studenti davanti a tutti Questo è un modo molto scorretto perchè non riconosce il ruolo di rappresentanza e mette in imbarazzo gli altri studenti. In altri casi, il rappresentante in difficoltà a contenere i compagni in alcuni momenti dell’assemblea minaccia di chiamare l’insegnante: in questo caso si può concordare un intervento, ma è bene confermare il più possibile la fiducia nel rappresentante n.4 aprile 2010

stesso. Si è visto anche che gli studenti hanno molto spirito critico anche verso sé stessi: in un caso ad esempio hanno detto che “Gli insegnanti ce l’hanno con noi ma hanno ragione”! Le riflessioni in collegio docenti e “grazie” da una collega Al termine di uno dei percorsi ho potuto riportare al Collegio Docenti queste osservazioni emerse, come stimoli per i colleghi, dando conto anche del percorso svolto. Un inaspettato quanto gradito riscontro è venuto da una collega, che mi ha ringraziata “per il tuo prezioso intervento al Collegio Docenti e per le energie spese per organizzare le utilissime attività per gli studenti rappresentanti” e continuava: “Ho potuto, personalmente, constatare la ricaduta positiva in alcune assemblee di classe, con un conseguente beneficio soprattutto per i rappresentanti stessi, i quali nel caso specifico hanno evidenziato maggiore consapevolezza del ruolo assunto, equilibrio e armonia nella gestione dialettica degli incontri, e una certa ‘’pacificazione’’ del carattere, talvolta esuberante”. Naturalmente risultati così positivi non si possono generalizzare: spesso ci sono difficoltà notevoli legate alle persone, alle situazioni, alla mancanza di comunicazione… Alla fine del percorso, come “vademecum” e documentazione è stato consegnato a ciascuno un libretto realizzato dal formatore stesso dott. Linardi sulla base dei lavori svolti: Cassetta degli attrezzi per giovani rappresentanti, idee e spunti per promuovere i diritti e la partecipazione a scuola. E quest’anno… Per l’anno scolastico 2009/2010 si è pensato di riservare la forma-

zione ai rappresentanti delle classi prime e dei loro tutor, e di impiegare le energie e risorse disponibili per un percorso di consulenza e progettazione partecipata rivolto ai rappresentanti di istituto e ai membri della consulta degli studenti. Si è così avviata la coprogettazione delle riunioni della Consulta e delle Assemblee di istituto, per potenziare la partecipazione attiva e consapevole degli studenti alla vita della comunità scolastica attraverso una riflessione e l’elaborazione di strumenti e metodologie di democrazia partecipata. Contenuti offerti in questo percorso, ogni volta che se ne presenti l’occasione e la necessità, sono elementi di legislazione scolastica, dinamiche di gruppo, ascolto attivo, metodologie e strumenti per la conduzione di gruppi, problem solving, metodi decisionali, rappresentanza e partecipazione. Si è creato un “comitato studentesco” che si ritrova il venerdì pomeriggio, ed è di supporto ai rappresentanti stessi condividendone i progetti e l’attuazione. Questa “impresa formativa” è ancora in corso, e non se ne possono ancora valutare le ricadute (intese anche come cadute e possibilità di rialzarsi!!) in termini di efficacia e efficienza. Quello che posso dire di aver notato, finora, è che si è creato un clima veramente più “partecipativo”, ad esempio nelle riunioni della Consulta interna degli studenti, e sperimentandone la possibilità e l’efficacia gli studenti sono più motivati ad impegnarsi e a “prendere parte” alla vita della scuola… in questo caso, l’importante è veramente “partecipare”! Caterina Bianchi docente incaricata per la Partecipazione Studentesca 19


la formazione L’ESPERTO

Una mano dall’esterno È Marco Linardi l’esperto esterno che ha curato la formazione degli studenti del Liceo Rosmini di Trento riguardo alla partecipazione per dare vita a questo complesso progetto. Il 22 marzo nei locali del liceo abbiamo incontrato anche lui, che in due parole ci ha illustrato il percorso di formazione rivolto ai ragazzi ed i valori su cui è basato.

so che comprendono ragazzi di varie età appartenenti a classi diverse per poter sfruttare lo scambio di esperienze e la peer education tra studenti. Le due parole chiave che hanno guidato la formazione dei ragazzi sono state, secondo quanto ci riferisce Linardi, “ascolto” e “partecipazione” dal momento che la capacità di “rappresentanza” non può prescindere dalla capacità di ascolto dei bisogni di coloro che ci troviamo a rappresentare. Le dinamiche relazionali

La fiducia dei ragazzi Ciò che ci colpisce subito di Marco Linardi è il fatto che non è un insegnante anche se da parecchi anni collabora con le scuole in genere per parlare degli effetti della globalizzazione, dal momento che fa parte dell’associazione “D’altro canto”. In questo progetto è capitato forse un po’ per caso, essendo conosciuto da una delle docenti organizzatrici e, con il suo modo di fare, si è conquistato subito la fiducia degli studenti. Si tratta di un giovane adulto, impegnato nel sociale, la cui attività si è configurata quasi come una mediazione tra le esigenze degli studenti e quelle degli insegnanti, rappresentata concretamente dalla sua età, appunto un’età di mezzo tra quella dei docenti di ruolo, che come sappiamo non più “giovanissimi” e quella dei ragazzi. Il suo linguaggio, l’abbigliamento, l’aspetto, l’età appunto, ma soprattutto il fatto che non faccia parte di coloro che a scuola danno i voti gli hanno permesso di dia20

logare molto apertamente con gli studenti, di conquistarne la fiducia, di favorirne la riflessione, in primo luogo quella su di sé e sui propri comportamenti, spesso non facile da attuare a scuola, dove magari è più facile scaricare la responsabilità sugli altri. Ascolto e partecipazione I percorsi formativi rivolti agli studenti sono stati diversi in questi anni. Si è partiti, infatti, dal gruppo che si doveva occupare della partecipazione alla scrittura dei documenti della scuola dell’Autonomia che ha lavorato principalmente sulla ricerca delle domande da sottoporre ai compagni per ottenerne il coinvolgimento e il contributo, per passare poi alla formazione dei rappresentanti di classe e di istituto, lavorando sempre con gruppi di massimo 25 studenti. Attualmente si stanno formando solo i rappresentanti delle classi prime. I gruppi con cui si lavora sono “misti” nel sen-

Come in ogni gruppo di formazione che si rispetti, le dinamiche relazionali sono state ciò su cui si è maggiormente lavorato, magari utilizzando strumenti “leggeri” e accattivanti come quello delle metafore. Per descrivere certi comportamenti o modi di relazionarsi con gli altri sono stati usati i paragoni con gli animali, così si è parlato di leoni e topolini, ma anche di gazze e canarini ed in questo modo gli studenti sono diventati consapevoli di sé e degli altri, della complessità che si nasconde nel campo delle relazioni, delle reazioni che un certo stile relazionale suscita nell’altro, quasi giocando. E tanto si è parlato anche del rapporto coi docenti perché è sempre attraverso la relazione che sviluppa l’apprendimento, che nasce la motivazione ad imparare, ma in una relazione, come dice Linardi, si è sempre in due, ognuno ha le sue responsabilità. Il focus era sempre come comunicare, relazionarsi, ottenere l’attenzione ed il coinvolgimento dell’altro e soprattutto come lavorare coi compagni per quel compito che sappiamo difficilissimo che è la conduzione delle assemblee di classe. A tale proposito come risultato dei lavori dei gruppi è uscita una “cassetta per gli attrezzi” un libricino giallo che contiene una serie di tecniche, “giochi”, suggerimenti e strategie per condurre un un’assemblea di classe. n.4 aprile 2010


gli studenti PROTAGONISTI

Il racconto di chi partecipa Lunedì 22 marzo, attorno al tavolo rettangolare della presidenza del Liceo Rosmini di Trento, abbiamo incontrato alcuni studenti e studentesse per sentirci raccontare dalla loro viva voce il percorso sulla partecipazione studentesca che il Rosmini da alcuni anni a questa parte sta portando avanti. Erano presenti: Studenti: Anna Bellini - V linguistico Luca Guglielmi - ex rappresentante di istituto ora fuori dall’istituto Dalia Rigotti - IV linguistico ed ex rappresentante di classe Caterina Balestra - IV linguistico ed ex rappresentante di classe Simone Casciano - V pedagogico, rappresentante degli studenti nel Consiglio dell’istituzione ed ex rappresentante di classe Formatore: Marco Linardi Dirigente: Matilde Carollo didascalie: Mario Caroli, Patrizia Lucca

La coversazione All’inizio della conversazione con gli studenti si è fermata anche la dirigente scolastica, Matilde Carollo, per presentarci i ragazzi, per ricordare qualche aggancio necessario con le scelte “a monte”, ma poi lei ha ripreso il suo lavoro e siamo rimasti solo con gli studenti e con il formatore Marco Loinardi. Ad essere sinceri una cosa ci ha subito colpiti. Di solito facciamo un po di fatica a far parlare gli studenti su temi che riguardano la scuola e non solo su una singola iniziativa, un viaggio di istruzione o momenti di autogestione “dal vivo”. Stavolta, gli studenti avevano proprio tante cose da dire, alcuni di loro sono usciti da poco dalla scuola superiore e si sono già inseriti in università o in percorsi lavorativi, ma vorrebbero aggiungere anche proposte ulteriori sull’esperienza che hanno fatto di partecipazione vera presso il liceo “Rosmini” di Trento. C’è chi punta il dito su come ci si possa sentire utili ed “importanti”, per esempio, facendo il tutor ad un “pivellino” appena giunto in prima classe superiore, con i primi passi per l’accoglienza ed il sostegno proprio nella partecipazione; qualche altro è rimasto davvero colpito quella volta che ha dovuto parlare coi ed “ai” docenti, magari in colegio docenti, ma anche per il percorso di formazione per redigere lo statuto o per altri momenti specifici che vengono raccontati nelle pagine che seguono. La scelta degli studenti La scelta degli studenti con cui parlare l’abbiamo delegata alla scuola “che li conosce meglio”, ma non è stata certo casuale. Anna Bellini della V liceo linguistico sta svolgendo tuttora il ruolo di tutor per una classe prima, Luca Guglielmi ex studente che ha svolto il ruolo di rappresentante di istituto partecipando al percorso speciale di formulazione delle domande alle classi per redigere poi il Regolamento, Dalia Rigotti che ha vissuto l’esperienza di rappresentante di classe e che quest’anno frequenta la IV del linguistico, Caterina Balestra anche lei della IV liceo linguistico e anche lei ex rappresentante di classe e Simone Casciano, ex rappresentante di classe e attuale rappresentante degli studenti nel Consiglio dell’istituzione, della classe V del liceo pedagogico. (m.c.)

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IL FORUM

Le assemblee di classe

Un intreccio di percorsi Siamo venuti a sapere che la formazione rivolta agli studenti ha conosciuto momenti diversi. La prima, che ha coinciso con l’avvio del progetto, è stata quella rivolta a quelli che avrebbero dovuto coordinare la scrittura partecipata dei documenti dell’istituzione scolastica, in particolare del regolamento che ha accolto le proposte delle varie assemblee di classe effettuate a tale scopo. Gli altri percorsi formativi hanno preso in esame più direttamente il ruolo del rappresentante di classe, quello del rappresentante di istituto e le funzioni della Consulta degli studenti. La fatica di questa esperienza Luca esordisce raccontandoci quanto, secondo il suo punto di vista, l’esperienza di rappresentante sia stata “faticosa”, uno da fuori magari non lo immagina e sicuramente non lo immaginano i compagni di classe, i quali pensano si tratti semplicemente di organizzare qualche assemblea, invece si tratta di un’esperienza che porta via molto tempo e si deve sacrificare molto tempo libero, “la scuola è grande e mettere d’accordo tutti è pressoché impossibile” spiega Luca “ho avuto molti diverbi con ragazzi della scuola”. Però la sua percezione del lavoro svolto risulta positiva, gli sembra che siano stati raggiunti degli scopi precisi. “La scuola ha istituito dei corsi per rappresentanti di classe e di istituto per agevolare gli studenti nel confronto e nel dialogo con gli altri, tramite giochi ed esperimenti ci è stato insegnato come approcciare agli altri studenti, io mi sono servito relativamente dei consigli di Marco (il formatore, perché avevo già sperimentato il ruolo di rappresentante ed elaborato delle tecniche mie”. Simone ci dice che la figura di Marco Linardi è stata come quella di un compagno d lavoro, attualmente si è deciso che i rappresentanti di istituto stiano in carica tre 22

anni e si punta molto sul trovare un metodo di lavoro efficace. “Lavoriamo insieme alla preparazione dell’assemblea di istituto – continua Simone- e agli incontri con la Preside, la figura di Marco è quella di un mediatore” Il rapporto coi docenti Anna ci dice che il corso di formazione quest’anno si è incentrato anche sul rapporto insegnanti-studenti. “Anche gli altri anni!” fanno eco gli altri studenti. Attualmente si sta svolgendo la formazione solo per i rappresentanti delle prime e per i tutor di classe. Caterina specifica che al corso sono state fatte delle simulazioni su come approcciarsi ai prof., “Qualcuno ha fatto finta di essere l’insegnante con il quale magari si sta vivendo un problema e si è cercato il modo più efficace per esprimersi”. I ragazzi affermano di aver scoperto che il modo più efficace è parlarne a quattrocchi con l’insegnante piuttosto che parlarne in consiglio di classe, dove potrebbe sentirsi a disagio in mezzo ai colleghi ed ai rappresentanti dei genitori. Magari alcune cose si sapevano già , ad alcune competenze relazionali gli studenti erano arrivati grazie all’esperienza personale, ma la formazione mirata aiutando a dare un nome alle cose e soprattutto alle emozioni vissute ha accelerato i processi.

Alla domande “ Come gestite adesso che avete fatto una formazione specifica, le assemblee di classe?” che Caroli ha rivolto agli studenti, Caterina risponde “Abbiamo usato alcuni trucchi, come ad esempio quello di far finta di avere un microfono da passarci quando si parla, così parliamo uno alla volta, poi ci mettiamo seduti in cerchio eliminando i banchi , così parliamo meglio ed i rappresentanti di classe non stanno dietro la cattedra ma in mezzo a noi”. È capitato anche di portare qualcosa da mangiare durante un’assemblea di classe, così tutti con la bocca piena stavano più zitti e ascoltavano, altrimenti c’è sempre il rischio che qualcuno si metta a fare i compiti per l’ora successiva o giochi col cellulare. Anche la simulazione del dialogo con l’insegnante, con il quale si vive qualche disagio, è stata usata nelle assemblee di classe per trovare il modo migliore di comunicarlo e la cosa, a parere degli studenti, ha portato ad esiti positivi, perché “dopo parlando con l’insegnante, siamo riusciti ad ottenere quello che volevamo”. Si sente la soddisfazione in questa affermazione e la rinnovata fiducia della partecipazione, che è in fondo l’obiettivo che si vuole raggiungere nell’educazione dei giovani, anche in vista di una loro futura cittadinanza attiva. Il Consiglio di classe “E nel Consiglio di classe le cose sono cambiate?” è la domanda successiva che viene rivolta agli studenti. “Sulla formazione dei rappresentanti di classe la scuola ha investito molto – precisa Simone – il Consiglio di classe è un momento importante, ma forse è meglio parlare di un problema n.4 aprile 2010


solo con il professore e non in consiglio perché lì potrebbe sentirsi attaccato. La cosa più importante è fornire delle strategie per migliorare il clima di classe, ad esempio si possono suggerire delle strategie per migliorare l’attenzione ” Di solito prima del Consiglio di classe a cui partecipano anche i rappresentanti degli studenti, che durante l’anno sono due, viene fatta un’assemblea di classe per sentire se ci sono dei problemi particolari. “A noi è capitato di riferire i nostri problemi in consiglio di classe- racconta Dalia - e i professori sono stati sempre disponibili ad ascoltarci” “Ovviamente le cose bisogna dirle in un certo modo “ aggiunge Caterina però abbiamo la percezione di poter parlare liberamente”. Però certe proposte faticano ad essere accolte, ci fanno notare alcuni dei presenti, così qualche volta capita anche di avere due prove al giorno oppure che qualcuno venga interrogato durante la finestra tecnica ( periodo che dovrebbe servire solo per il recupero). “ Più si va avanti più il dialogo con gli insegnanti migliora – si sente di precisare Anna – è anche una faccenda di età” “Sì – le fa eco Caterina – si impara a conoscersi meglio reciprocamente, mentre a volte qualche studente di prima è più pretenzioso, come tutor diciamo aspetta a giudicare quel prof. perché se lo trattate così, finirà per comportarsi in questo modo”. Essere tutor Naturalmente siamo curiosi di sapere cosa significa questa esperienza particolare dell’essere tun.4 aprile 2010

ché si sa che il primo anno delle superiori è un’esperienza che a volte presenta delle difficoltà. All’inizio dell’anno viene organizzata una gita o un’uscita a cui partecipano anche i tutor così si familiarizzano subito con la classe a cui sono stati destinati. Un tempo la gita poteva durare anche tre giorni e la socializzazione era un fatto spontaneo, quest’anno invece sono stati fatti dei giochi e delle attività speciali, come ad esempio costruire un ponte tibetano senza sapere come fare, per stimolare gli studenti a collaborare tra loro, a conoscersi meglio, a sentirsi da subito una squadra. La Consulta “Margherita” tor “Affianchiamo i ragazzi di prima nel loro percorso del primo anno scolastico, partecipiamo ad alcune delle loro assemblee di classe, alla distribuzione delle padelline per aiutarli a capire perché hanno delle insufficienze”. A parlare questa volta è Anna, che ci dice che molte volte il problema che si nasconde dietro alle insufficienze è il metodo di studio, quindi sono stati attivati dei corsi appositi, la funzione dei tutor è quella di dare dei consigli. Di solito vengono scelti due tutor all’interno di una stessa classe ed ogni classe prima ha due tutor, magari appartenenti alla stessa sezione così i consigli sono più “mirati”. Quello che si vuole incentivare è il tutoring di qualcuno che magari ha vissuto le stesse esperienze ed ha trovato il modo di superarle ottenendo il successo scolastico per-

Un altro obiettivo verso cui è stata rivolta la formazione dei ragazzi è stato la partecipazione efficace alla Consulta degli studenti, composta da tutti i rappresentanti di classe e di istituto, che dovrebbe, ad esempio, proporre e decidere gli argomenti da trattare nelle assemblee di istituto o nelle giornate dedicate all’approfondimento. “Il primo anno - ci racconta Luca, lo studente in un certo senso “veterano” - la Consulta c’era, ma funzionava poco o niente, poi con alcuni escamotage siamo riusciti nel tempo ad ottenere maggior attenzione, fino ad arrivare a creare un Regolamento degli studenti veramente condiviso”. È stato chiamato “Consulta Margherita”, questo modo di gestire i lavori della Consulta, che è utilizzato per la prima volta e con successo per costruire il Regolamento e che ora i ragazzi hanno appreso e scel23


gono deliberatamente di utilizzare quando ne sentono il bisogno. Secondo questa modalità la Consulta viene suddivisa in gruppetti di lavoro, che fanno le loro proposte, le quali poi vengono raccolte per lavorarci sopra insieme nel gruppo grande. Ogni gruppo piccolo ha un suo portavoce, vengono scelte le persone autorizzate a parlare per il gruppo in plenaria, le quali sono come le corolle che raccolgono quanto hanno detto i petali. Da qui appunto il nome “margherita”. Come si è arrivati al Regolamento È sempre Luca a raccontare “ il gruppo in formazione al quale ho partecipato quell’anno aveva elaborato il percorso per arrivare alle domande da fare nelle assemblee di classe”. Il gruppo di cui sta parlando aveva coinvolto gli studenti delle classi quinte ed aveva avuto luogo nelle ore opzionali, dedicate al laboratorio di diritto- economia. Questo gruppo, della cui formazione si era occupato Marco Linardi, era stato invitato ad aprire il lavori sul Regolamento, individuando le domande che con l’aiuto dei rappresentanti di classe sarebbe state rivolte a tutte le classi dell’istituto. Da questo lavoro è nata la Consulta Margherita, proprio per raccogliere le proposte e le esperienze di tutte le classi. I risultati poi sono stati portati al collegio docenti da due rappresentanti degli studenti, i quali avevano preparato con molta cura ed anche con l’ausilio delle slide questa presentazione. Alcuni docenti, trovandosi di fronte ad una specie di capovolgimento dei ruoli, con studenti che mostravano grafici e risultati, facevano proposte e parlavano in un luogo tradizionalmente riservato ai docenti “come se fossero loro 24

a gestire una lezione per gli insegnanti” hanno “snobbato” la cosa ma altri si sono mostrati entusiasti delle competenze raggiunte da questi ragazzi. Le assemblee di istituto “Stiamo cercando di fare un percorso diverso da quello degli altri anni” ci spiega Simone, che attualmente è proprio rappresentante di istituto e che viene dal liceo da Vinci, dal momento che ad un certo punto del suo percorso scolastico, si è accorto di aver sbagliato nella scelta ed ha cambiato indirizzo “ venendo da una realtà molto attiva, qui ho trovato una partecipazione minore, le tre ore di visione di un film mi sembravano un po’ poco, così quest’anno stiamo cercando un modo diverso per fare le assemblee e a dicembre abbiamo avuto la prima assemblea di sei ore”. “Bellissima!” lo interrompe Dalia. Veniamo a saper che questa assemblea che sembra aver riscosso molto successo tra gli studenti, in realtà è costata molta fatica dal punto di vista organizzativo. Difatti era impostata secondo due turni di attività diverse e gli studenti partecipavano sia al primo che al secondo turno, potendo scegliere quali tra le numerose attività offerte seguire. C’è stato quindi anche il problema di reperire gli spazi fisici. Tra le attività previste c’erano ad esempio corsi di pittura organizzati con l’aiuto degli studenti dell’istituto d’arte, corsi di fotografia, di teatro, di regia, di musica…ma anche di caponeria, si è proprio cercato di andare incontro ai gusti di tutti. Non è mancato neppure un cineforum piuttosto impegnato con la proiezione di un film documentario “All the invisibile children”. Parlare in pubblico Per la prossima assemblea di istituto, gli studenti stanno pensan-

do ad una via di mezzo tra la fatica organizzativa “ enorme” ( sono parole loro) di quella di dicembre e quelle tradizionali poco partecipate, per cui hanno progettato la visione al cinema Roma di un film, che offrirà degli spunti di discussione come “La classe” a cui seguirà un dibattito sulla scuola perché gli studenti, dopo la “delibera sulla scuola superiore” sentono la necessità di confrontarsi in proposito. “Non è facile far parlare i ragazzi in pubblico” precisa Dalia. “Le opportunità di comunicare sono poche – continua Simone – la più importante è offerta dalla Consulta degli studenti, ma mantenere alto il livello di attenzione e far sentire la responsabilità nei confronti dei compagni non è facile. Bisogna far vedere che questa partecipazione attiva dà i suoi frutti, perché c’è il rischio di fare dei dibattiti sterili”. Si torna a parlare così della consulta, questo organismo di partecipazione di cui gli studenti avvertono l’importanza e che vorrebbero utilizzare al meglio e i presenti dichiarano di aver usato molto, soprattutto dopo la formazione ricevuta, la Consulta. L’hanno usata per far parlare i ragazzi ed anche per proporre, hanno messo i partecipanti seduti in cerchio… li guardo un po’ stupita, mentre faccio un rapido conto mentale riguardo al numero dei partecipanti, “ …sì in cinque cerchi concentrici...” allora precisano i presenti “ e abbiamo dato dei bigliettini su cui scrivere i pro e i contro delle assemblee precedenti e i consigli per l’assemblea successiva”. È un dato di fatto comunque che la partecipazione alle assemblee studentesche è notevolmente aumentata, perché negli anni precedenti si aggirava sul 22%. Sintesi a cura di Patrizia Lucca n.4 aprile 2010


n.4 aprile 2010

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le scuole partecipate

rete trentina delle scuole ParteciPate centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante dipartimento istruzione Provincia autonoma di trento

LA RETE

ParteciPazione e innovazione nella scuola dell’autonomia

I genitori si confrontano

le scuole partecipate si raccontano

Scuola, famiglie e comunità: un confronto sulle esperienze tra complessità, confini incerti e nuovi orizzonti

Interventi di:

Italo Florin Luigina Mortari Claudio Girelli Gino Mazzoli

sabato 20 febbraio 2010 Ore 8,30/18,00

Aula Magna del Palazzo Istruzione Via Gilli 3, Trento

Per informazioni: famigliascuola@provincia.tn.it

disegno Maurizio Corradi

Sabato 20 febbraio, dalle 8.30 alle 18.00 si è svolto presso l’aula magna del Dipartimento istruzione il primo Convegno “Partecipazione e innovazione nella scuola dell’autonomia: le scuole partecipate si raccontano”organizzato dalla Rete trentina delle scuole partecipate. Scopo dell’incontro riflettere insieme e fare il punto sulle esperienze vissute e sulle buone prassi attivate nelle diverse istituzioni scolastiche ad un anno di distanza dalla costituzione della Rete che raccoglie otto istituti comprensivi. Presenti in qualità di relatori Italo Fiorin e Gino Mazzoli, i lavori hanno avuto inizio con il saluto dell’Assessore Marta Dalmaso e l’introduzione del dirigente Giuseppe Santoli.

te anche il Centro di formazione di Rovereto ha dichiarato il suo appoggio per quanto riguarda la formazione in servizio degli insegnanti e quella dei genitori rappresentanti nei vari organi collegiali della scuola dell’autonomia. Occorre uno sforzo comune

La storia della Rete Altopiano di Pinè, Cavalese, Cembra, Isera-Rovereto, Levico, Pergine1, Trento 6, Trento7 sono gli otto istituti comprensivi che hanno deciso di fare parte della rete delle scuole partecipate, progetto coordinato da Stefano Sarzi, attualmente in servizio presso il Dipartimento istruzione. La Rete ha avuto inizio da un lavoro avviato dal Dipartimento Istruzione nel 2006 con un gruppo di dirigenti, insegnanti e genitori finalizzato ad individuare insieme la risposta alla fatidica domanda “che cosa chiede una scuola in quanto partecipata?”. 26

Al termine del percorso è stato elaborato un documento sul rapporto scuola-famiglia dal titolo “dalla rappresentanza alla partecipazione” che è stato distribuito anche ai presenti al convegno del 20 febbraio. Anche sulla base di questo documento alcune scuole trentine hanno chiesto di poter costituire una rete, sostenuta dall’Iprase, nella prospettiva di costruire contesti scolastici più partecipati. La proposta di rete è stata poi allargata ad alcuni tra gli istituti più sensibili verso la tematica in questione. La Rete ha messo insieme esperienze di carattere partecipativo che avevano già avuto inizio. Attualmen-

Ogni scuola della Rete era presente al convegno con una rappresentanza dei genitori e dei docenti per offrire al territorio trentino la propria esperienza di coinvolgimento dei genitori. L’assessore Marta Dalmaso ha esordito dicendo che la riforma della scuola non ha senso se non la mettiamo in correlazione con il tema educativo. Occorre quindi coinvolgere nella riflessione la famiglia, il territorio, la comunità, cioè tutta la complessità sociale nella quale la scuola è immersa. Questo convegno restituisce centralità ad un tema imprescindibile, il compito educativo chiede uno sforzo comune, occorre quindi progettare per lavorare insieme, è questa la strada che può permettere ad ognuno di noi di crescere, non solo agli studenti. Il lavoro di rete esalta l’autonomia delle scuole, l’obiettivo è generare un sistema che con la collaborazione di tutti sia in grado di promuovere l’eccellenza nelle prassi. n.4 aprile 2010


Gli esiti del percorso Stefano Sarzi, coordinatore del progetto ha esposto in questa sede le caratteristiche salienti del percorso che si è proposto di ricostruire il rapporto scuola- famiglia attraverso la ridefinizione di una triplice prospettiva: di senso, di ruolo e di azione. Il metodo è stato quello del lavorare assieme scuola-famiglia e territorio, a partire dalle prassi o esperienze valorizzando le competenze di tutti. La scuola dell’autonomia è una scuola restituita alla comunità, che è rappresentata in primo luogo dalle famiglie. L’esperienza è un contenitore enorme di saperi, scopo del progetto è stato appunto quello di far emergere questi saperi dal basso. Tra gli esiti del processo partecipativo Sarzi annovera sul piano personale e relazionale la consapevolezza che si può dialogare, interagire, comunicare senza cadere per forza nel conflitto, sviluppando un clima di fiducia e stima reciproca che implica valorizzazione delle competenze e dei saperi. Sul piano delle logiche di sistema, la consapevolezza che possono cambiare le logiche di funzionamento e di rapporto guardando al bene del figlio/alunno e co-costruendo le risposte. Dalla individuazione di un disagio alla condivisione e alla co-costruzione del problema, per passare poi dalla definizione alla co-struzione del progetto. Questo stesso progetto di per sé è un esito di un’esperienza partecipativa ed è la base perché possano svilupparsi buone prassi. Spesso i progetti si vivono come elementi isolati mentre questo nasce all’interno di un processo condiviso. Esempi di buone prassi Le buone prassi degli istituti scolastici aderenti alla rete delle scuole partecipate sono state presentan.4 aprile 2010

te nel corso della mattinata dalla viva voce dei genitori e degli insegnanti che le hanno messe in atto. L’istituto comprensivo dell’Altopiano di Pinè, per esempio ha attivato una serie di iniziative volte ad incrementare il coinvolgimento dei genitori nella vita della scuola, quali il progetto Accoglienza e Arrivederci, la formazione dei genitori, con corsi di lingua italiana per genitori stranieri e l’approfondimento di tematiche educative grazie alla cooperativa Kaleidoscopio, il sito web denominato “crescere insieme” che permette di informarsi su appuntamenti formativi e consultare il materiale degli incontri, condividere iniziative, letture, interessi, confrontarsi su un apposito forum. Altri momenti di condivisione riguardano il contratto formativo di classe, gli incontri personalizzati e lo sportello psicologico, inoltre la scuola cerca di valorizzare il più possibile la consulta dei genitori. Il momento della assemblea di classe viene gestito con particolare attenzione per definire collaborazioni coinvolgendo la componente genitori nei progetti di classe per quanto riguarda la formazione rivolta ai genitori si è cercato di trasformare gli stessi da fruitori a co-attori competenti rispetto all’individuare un fabbisogno formativo. Non mancano gli

incontri conviviali come gite e pizze di inizio e fine anno e la festa conclusiva di fine ciclo. Insieme sul problema dei compiti a casa All’I.C. di Levico terme è stato organizzato nel 2006/07 un corso di formazione per insegnanti e genitori insieme intitolato “Il rapporto scuola-famiglia: opportunità e nuove prospettive”. Il gruppo di lavoro presente nella scuola, composto da insegnanti e genitori ha individuato poi un argomento problema su cui costruire un progetto di partecipazione: i compiti a casa. Nella fase iniziale del percorso è emerso quanto non sia sempre facile comunicare condividere con altri i propri timori e le proprie ansie, per i genitori mettersi in gioco davanti agli insegnanti dei propri figli e per gli insegnanti mettersi in gioco davanti ai genitori dei propri alunni. Il percorso compiuto finora ha già permesso di comunicare meglio e condividere tra gli insegnanti di team e i genitori della classe idee e riflessioni per definire in merito ai compiti: funzioni, tempi, gradualità e valutazione. Sempre a Levico è stato creato un gruppo interistituzionale, a cui aderiscono scuola, Comuni, comprensorio e associa27


zioni, con lo scopo di organizzare corsi per i genitori su adolescenza, moderne tecnologie dell’informazione ecc. I genitori inoltre entrano in classe per l’organizzazione di moduli come quelli sull’educazione alimentare e sui lavori manuali. Esiste all’interno dell’ istituto una speciale biblioteca per genitori a cui si può accedere per leggere libri sulla crescita, le regole o il metodo di studio. Tante le occasioni di incontro Tra gli istituti compresivi che hanno presentato le loro buone prassi era presente anche l’I.C. di Pergine 1, dove da diversi anni è attiva l’associazione Comunità Educante, nata nel 2005, pensando che la scuola non possa farsi carico da sola dell’educazione dei bambini. In questa società molto complessa, in cui spesso ci si sente inadeguati e disarmati, c’è proprio bisogno di non sentirsi soli sia come genitori che come insegnanti. È fondamentale trovare un approccio educativo armonico tra le varie componenti in modo che non ci siano contraddizioni tra casa e scuola. A questo scopo occorre creare un dialogo tra scuola – famiglia – comunità, avente come obiettivo prioritario l’educazione dei bambini. Per favorire un maggior raccordo tra la scuola, le famiglie ed il territorio sono state attivate una serie di iniziative, quali le serate culturali per genitori e figli, con il piacere della cultura condivisa, l’organizzazione di incontri con esperti su temi educativi, le visite ai luoghi significativi del territorio come ad esempio quella in Val di Rabbi, le domeniche “ A spasso per i masi di Palù”. C’è stato anche il tentativo di coinvolgere i nonni affidando a loro il racconto degli eventi passati riguardanti il territorio. 28

Alla base il rispetto reciproco I principi che stanno alla base di questo lavoro sono: il rispetto della persona, tra genitori e figli, ma anche tra genitori e tra insegnanti a cui si aggiunge il rispetto del ruolo dell’altro, il che significa riconoscere le competenze e la professionalità. Fondamentale risulta anche il saper ascoltare senza quei pregiudizi che bloccano la comprensione, per capire le ragioni e le esigenze dell’altro, non imponendo le proprie idee, ma condividendole ed individuando forme efficaci di comunicazione anche non verbali. Infine come principi base sono state indicate coerenza e sincerità, l’apertura sui fatti e non solo a parole. La scuola, in questo caso, si è impegnata su più fronti. Si è impegnata a studiare il territorio nel quale è collocata e quello altrui, a promuovere attività ricreative, a fare ricerca sul campo. La musica e lo sport sono stati utilizzati come un veicolo per creare momenti di incontro e come occasione per conoscere meglio il territorio circostante, come le gite in mountain bike. A ciò si aggiunge il giornalino di istituto denominato Q.B. cioè Quanto Basta, il mercatino dell’usato, le serate di gioco e divertimento, il che non guasta. Non è stato sottovalutato il gioco, la scuola infatti aderisce al progetto MindLab; poi ci sono le fiabe nel pomeriggio, con i genitori spesso coinvolti nella preparazione delle coreografie; il cineforum con film per genitori, insegnanti e bambini, a cui segue una discussione collettiva; i corsi di informatica per i genitori e qualche nonno.

I.C. di Chiusi Alla presentazione di buone prassi è stata presente anche una scuola toscana, si tratta dell’I.C. di Chiusi che ha presentato il progetto “ Insieme per crescere”, un patto per una comunità educante. La dirigente scolastica racconta di aver trovato, all’inizio del suo incarico, nel 2006, un istituto comprendente 3 scuole dell’infanzia, 2 primarie, 1 secondaria, il quale si trovava in condizioni disastrate, con un vistoso calo di iscrizioni che aveva fatto crollare la possibilità di istituire il tempo prolungato e problemi anche nella didattica. Si trattava quindi di restituire credibilità a questo istituto ed al suo ruolo di agenzia formativa. Le strade scelte sono state quelle di recuperare il dialogo coi genitori, ridare valore al consiglio d’istituto, ripristinare una relazione costruttiva con l’esterno, in primo luogo con l’Ente Locale, la Chiesa, le associazioni ed il mondo del lavoro, rendendo l’istituto perno centrale di un sistema formativo policentrico, perché la scuola è la prima agenzia deputata a produrre cultura. Insieme a partire da un problema condiviso Il progetto “Insieme per crescere” è nato intorno ad una tematica condivisa, quella del disagio giovanile, l’apatia e la demotivazione dei ragazzi, la difficoltà degli adulti da cui l’abdicare al loro ruolo di educatori. La dirigente ha quindi creato delle alleanze per generare appartenenza al territorio, sia chiedendo di partecipare in prima persona ai “tavon.4 aprile 2010


li che contano” ma anche mettendo tutti “attorno ad un tavolo”. All’inizio è stata organizzata una giornata di studio sul problema con vari esperti alla mattina e al pomeriggio gruppi di lavoro misti. Erano presenti rappresentanti della sicurezza, del Comune, dello sport, del tempo libero, dell’ASL, della Chiesa, del volontariato e naturalmente i docenti. Sono nati così 8 gruppi di lavoro, che hanno lavorato per tre anni, coordinati da insegnati appositamente formati. Alla fine è aumentata la collaborazione e anche la Banca locale ha dato il suo sostegno finanziando, con 30.000 euro, l’acquisto di strumenti per costituire un’orchestra della scuola. Insieme a questo è stato rivalutato il ruolo del Consiglio di istituto a partire da quello del suo presidente e si è messo mano a tutte le strutture fatiscenti della scuola, aule, laboratori, palestre, mensa ecc. ed infine si è provveduto ad una nuova edizione del Regolamento di istituto. Le famiglie in difficoltà La relazione di Gino Mazzoli, psico-sociologo, esperto in tematiche sociali, che ha avuto luogo nella seconda parte della mattinata, ha illustrato la nuova mappa dei disagi, in quanto se ieri era facile individuare situazioni di normalità ed altre di devianza conclamata, attualmente assistiamo all’emergere di situazioni di “disagio invisibile” più difficili da intercettare anche da parte dei servizi e quindi da aiutare. Le famiglie con maggiori difficoltà sono, secondo Mazzoli quelle del ceto medio impoverito o in via di impoverimento “pressati e sfibrati, a volte impasticcati, separati, indebitati, soli e depressi” che a volte presentano anche una scarsa tenuta familiare, a differenza del “buon vecchio ceto popolare” che magari ha meno risorse economiche ma una maggior coesione familiare, mentre i n.4 aprile 2010

veri emarginati con poche risorse e poca coesione familiare sono quelli più sostenuti dai servizi sociali. Inoltre viviamo in un’epoca caratterizzata da una velocità innaturale, che ci chiede di essere anche noi “iperveloci”, in una società dei “no limits” e del “impossibile is nice”. L’altra faccia della medaglia in un mondo in cui tutto sembra possibile e a portata di mano, se soltanto lo si vuole e si ha la capacità individuale di raggiungerlo, è la depressione, per chi non riesce a mantenere il ritmo e ad aver bruciato tutte le proprie energie per farlo, mentre le reti di sostegno tradizionali come ad esempio quella del vicinato o quelle parentali sono andate in frantumi. Il compito della scuola Gli studenti attuali appartengono a questo tipo di società. In questo scenario, non può non cambiare il mandato istituzionale della scuola; uno dei suoi compiti diviene quello di coinvolgere queste famiglie “vulnerabili” in processi partecipativi, perché se non si vive dentro un tessuto di legami sociali la democrazia stessa finisce per impoverirsi. Molte persone sole hanno bisogno di trovare occasioni per socializzare e la scuola può offrire questo servizio alla comunità, una scuola che promuove, attraverso l’istruzione, spazi di socializzazione adeguati alla società in cui si vive. La scuola che

è lo spazio politico più importante della società. Certamente questa necessità di ri-orientare culturalmente le famiglie è un compito immane a cui la scuola non può far fronte da sola. Ma riesce la scuola a farsi aiutare? È la domanda stimolo che ci pone il relatore. La scuola è abituata ad insegnare agli altri e fa fatica a chiedere aiuto. Si può partire cercando varchi e appigli nei contesti quotidiani, come gite o attività alternative, ma soprattutto la costruzione del progetto di istituto che se non è condiviso non vale nulla. Possono quindi essere utili gruppi di progettazione educativa che abbiano anche un occhio fuori dalla scuola e sono connessi con le altre iniziative del territorio. Il ruolo dei rappresentanti di classe Claudio Girelli dell’Università di Verona ha presentato i risultati di una ricerca condotta sui rappresentanti di classe dei genitori al fine di ripensare a questo ruolo in vista di una sua eventuale evoluzione, con lo scopo di contribuire al sostegno dei processi partecipativi attivati. Obiettivi della ricerca erano appunto comprendere come il ruolo di rappresentante dei genitori viene interpretato e cogliere nella pratica indicazioni per promuoverne lo sviluppo. Il ruolo del rappresentante di classe è un ruolo istituzionale, riconosciuto, che ad esempio giusti29


(Istituti Comprensivi di: Altopiano di Pinè, Cavalese, Cembra, Isera-Rovereto, Levico, Pergine 1, Trento 6, Trento 7) La Rete ha origine da un intenso lavoro avviato dal Dipartimento Istruzione nel 2006 con un gruppo di Dirigenti, genitori e insegnanti delle scuole trentine, che aveva nel confronto con le buone prassi lo spunto principale di riflessione. Il lavoro culminò con la stesura partecipata di un Documento che rispondeva alla domanda: che cosa è e che cosa chiede una scuola in quanto partecipata? («Dalla Rappresentanza alla partecipazione» su www.vivoscuola.it, area genitori) Da quella esperienza prese le mosse un’azione con protagoniste le scuole stesse (6 Istituti Comprensivi), che decisero di continuare a lavorare assieme per costruirsi appunto come scuole partecipate. Si trattava di spostare l’asse di riflessione e di azione dentro i propri confini chiedendo al Dipartimento (inizialmente all’Iprase) di sostenere tale lavoro nella logica della sussidiarietà e al tempo stesso dell’autonomia che il lavoro in rete rende possibili. L’asse metodologico è sempre centrato sul confronto e la condivisione di prassi, esperienze e progetti. La «Rete» nasce formalmente nel giugno 2008; nel novembre 2009 altri due Istituti Comprensivi (Cembra e Pergine 1) si aggiungono ai sei pre-esistenti.

Per la ParteciPazione al convegno Si prega di segnalare la propria partecipazione inviando una mail a famigliascuola@provincia.tn.it e inserendo i seguenti dati: Nome e Cognome Comune e scuola di appartenenza Ruolo (genitore, insegnante …) Indirizzo mail Gruppo di lavoro in cui si desidera essere inseriti (A, B, C: vedi programma)

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fica il fatto di telefonare agli altri genitori, ma attualmente è anche un ruolo in crisi, non desiderato, perché andare ad un consiglio di classe è tutto tranne un’esperienza partecipativa piacevole. La ricerca aveva un intento non solo descrittivo, ma anche trasformativi, infatti se domandi qualcosa a qualcuno lo fai anche pensare. Le schede distribuite i rappresentanti dei genitori degli istituti comprensivi intendevano verificare come questo ruolo viene percepito e interpretato da chi lo svolge. Alle schede sono state affiancate alcune interviste semistrutturata a diversi rappresentanti di classe per ogni istituto comprensivo. Gli esiti della ricerca Le prospettive emerse dalla ricerca sono quelle di vivere il ruolo nella sua complessità, senza limitarsi agli aspetti educativi, nella consapevolezza che per il bene del proprio figlio occorre andare oltre e promuovere una passione e una responsabilità educativa pubblica. Andare oltre il ruolo formale e 30

Il «centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante»

rete trentina delle scuole ParteciPate centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante dipartimento istruzione Provincia autonoma di trento

Il recente varo del «Centro per la formazione continua del personale insegnante» completa la rete dei soggetti istituzionali strategici che operano, in accordo con il Dipartimento, nel campo dell’istruzione e della formazione professionale, a sostegno del sistema educativo di istruzione e formazione professionale della Provincia Autonoma di Trento, affiancando l’IPRASE e il Comitato di Valutazione. È evidente la complementarità dei tre soggetti: la formazione continua (affidata al Centro di Rovereto) affianca i docenti sul piano del necessario permanente aggiornamento e, soprattutto, sul piano formativo; la valutazione di sistema consente di individuare le criticità e di monitorare l’efficacia degli interventi; la ricerca contribuisce ad alimentare di nuove conoscenze il know how complessivo e stimola ad intraprendere percorsi di innovazione.

ParteciPazione e innovazione nella scuola dell’autonomia le scuole partecipate si raccontano

Scuola, famiglie e comunità: un confronto sulle esperienze tra complessità, confini incerti e nuovi orizzonti

In questo quadro, il Centro:

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è al servizio delle scuole dell’autonomia;

sabato 20 febbraio 2010

è al servizio delle scelte provinciali strategiche in tema di istruzione e formazione;

Ore 8,30/18,00

Aula Magna del Palazzo Istruzione Via Gilli 3, Trento

promuove collaborazioni e partnership.

Alcune delle azioni formative previste dal Centro per il biennio 2010/2011 riguardano:

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la formazione di insegnanti neo-assunti in ruolo;

la formazione per il rafforzamento delle competenze didattiche nelle aree disciplinari e trasversali;

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il rafforzamento delle competenze didattiche funzionali all’introduzione dei nuovi piani di studio provinciali;

la formazione a supporto delle figure di staff e di coordinamento didattico; la formazione a supporto della partecipazione responsabile alla vita della scuola.

cercare di tessere legami, operando in una logica di interdipendenza positiva, andare oltre le rivendicazioni, affrontando i problemi come un’opportunità; tra genitori e insegnanti. invece di erigere muri costruire sentieri di confine. Il confine è simbolo della diversità, ma accanto a questo vanno costruiti sentieri di avvicinamento reciproco che possano attraversare i confini Dalle schede restituite è emerso che gli insegnanti vengono percepiti come professionali e disponibili al dialogo. Riguardo alla dimensione comunicativa sono state segnalate come importanti la disponibilità relazionali in termini di accoglienza, ascolto e apertura verso i genitori. È a partire da una base di relazione positiva che si aprono spazi di collaborazione insegnanti e genitori riguardanti sia la soluzione degli inevitabili problemi che nascono lungo il percorso scolastico sia la partecipazione ed il coinvolgimento per la realizzazione di attività. Rispetto alla professionalità dei docenti vengono apprezzati la competen-

disegno Maurizio Corradi

la «rete trentina scuole Partecipate»

za, la passione e l’impegno, oltre all’apertura all’innovazione nello svolgere il proprio lavoro, così come la disponibilità e l’attenzione verso i singoli alunni. L’importanza del fattore umano È stato evidenziata l’importanza del ruolo di rappresentante dei genitori, in particolare per quanto riguarda la conoscenza del contesto. Alcune risposte hanno evidenziato come esistano anche condizioni di contesto che possono ostacolare la relazione insegnante genitori ( normative, metodi di lavoro) ma viene visto come prevalente il fattore umano: “dipende dal rapporto che si instaura e dalla volontà delle persone”. Tra le azioni compiute dai rappresentanti dei genitori sono emerse: partecipare, informare, sentire gli altri genitori, tessere rapporti, supportare gli insegnanti, filtrare i problemi, risolvere i problemi, promuovere. Ai rappresentanti dei genitori infine è stato chiesto di indicare con una metafora il loro n.4 aprile 2010


sentito rispetto al ruolo svolto. Così scopriamo che alcuni si sono sentiti “ un fantasma, cioè non riconosciuto”; oppure “l’araldo che annuncia quello che deve essere fatto” o ancora “ un ragno che tesse la sua ragnatela”, “ una membrana che si trova in mezzo tra la scuola e i genitori” ma anche “ la camminata, perché come prima esperienza è stata da costruire passo a passo”. Quale il rapporto tra innovazione e partecipazione? Nel pomeriggio Italo Fiorin, presidente del Centro di Rovereto per le formazione degli insegnanti, ha associato la partecipazione all’innovazione, si dà per scontato che c’è un legame tra questi due concetti, ma la partecipazione è difficile, laboriosa e faticosa, richiede tempo e la cultura attuale è poco incline a questi valori. È una cultura del fare e del produrre, è insofferente e non vuole perdere tempo ad ascoltare, tende a considerare la partecipazione come un freno all’innovazione. Ma che cosa significa innovare? Fiorin a questo punto ha presentato l’evoluzione di questo concetto negli ultimi 40 anni. Negli anni Settanta abbiamo assistito al passaggio dalla scuola delle stato alla scuola della comunità. Erano gli anni dell’istanza partecipativa, in cui sono stati varati i decreti delegati che hanno istituito gli organi collegiali, tra cui il consiglio di istituto presieduto da un genitore. Anni in cui si è iniziato a parlare di curricolo, secondo il quale a programmare deve essere la scuola stessa e non più solo il Ministero, tenendo conto delle esigenze del contesto, delle istanze e risorse locali. A questo punto sorge un problema teorico perché ci sono due istanze che sembrano confliggere tra loro: quella della professionalizzazione e quella della partecipazione. n.4 aprile 2010

L’insegnamento infatti è una professione complessa, però di per sè non ha una natura partecipativa, tende ad essere autogestita, mentre qui si comincia a chiedere partecipazione. La partecipazione svuotata Negli anni Ottanta assistiamo ad uno svuotamento burocratico dell’istanza partecipativa, dovuto principalmente a due cause. La prima è che alla richiesta di una maggior partecipazione nella vita della scuola intesa come comunità ha continuato ad essere affiancato dalla tradizionale centralizzazione dello scenario scolastico. L’altra è che si è affermata una concezione della partecipazione intesa come delega, che da sola non è sufficiente se non viene affiancata da un’idea di partecipazione più ampia. Negli anni Novanta c’è stata la rivoluzione copernicana del sistema di istruzione di cui il Ministero non costituisce più il centro, bensì la scuola con la sua autonomia didattica, organizzativa di sperimentazione, ricerca e sviluppo. Il progetto di istituto è diventato così lo strumento con il quale può comunicare la propria identità culturale e progettuale. Attraverso questo documento la scuola dice a se stessa e agli altri cosa vuole essere e cosa si impegna ad essere. Il fatto che la scuola possa darsi ora le proprie regole era lo sfondo che mancava prima. La scuola al bivio Infine negli anni che hanno fatto seguito al Duemila ci troviamo di fronte ad un bivio tra due culture. Una molto forte è quella dell’efficienza, si tratta di una cultura funzionalista che ha nell’utile il suo criterio di valore. La scuola utile è quindi considerata quella che corrisponde al cambiamento

nell’economia. Un’altra cultura invece è quella che mette l’educazione al centro. una cosa è ciò che è utile, l’altra ciò che è indispensabile. Alla fine sono cinque le questioni da affrontare legate alle scelte che la scuola scrive nel proprio progetto di istituto. Quale idea di scuola, scuola come azienda o scuola come comunità? Oltre a questo occorre anche confrontarsi su quale idea di alunno ( cliente o persona?) quale idea di apprendimento, perché una cosa è l’apprendimento inteso come processo individuale un’altra il co-apprendimento o l’apprendere insieme agli altri, quale idea di comportamento ( competizione o cooperazione?) ed infine quale idea di genitore: cliente o partner? Tutti nei gruppi Nella seconda parte del pomeriggio ci si è ritrovati tutti nei gruppi, insegnanti e genitori a confrontarci sui numerosi stimoli ricevuti dai relatori, per raccogliere dubbi e domande da porgere ai relatori stessi, ma anche a raccontarci le nostre esperienze di scuole “partecipate” a volte non facenti parte della Rete, ma comunque impegnate a migliorare il rapporto con la componente genitori ed abituate ormai a lavorare con le altre agenzie educative del territorio. Ognuno ha avuto modo così di individuare almeno una buona prassi nel suo istituto, nell’ottica di una scuola che si fa promotrice di comunità. Al termine di questa giornata di lavori la tavola rotonda finale ha messo di nuovo al centro della discussione il senso da dare ai rappresentanti di classe dei genitori, per valorizzarne la presenza e più volte è stato ricordato che si tratta di un cammino che richiede pazienza e tenacia, costruzione di fiducia reciproca a partire da ciò e da chi c’è, senza l’ansia di arrivare subito a risultati eclatanti. (P. L.) 31


Consiglio Sistema Educativo Provinciale C.S.E.P.

Inizia il nuovo percorso Nella seduta del 16 aprile 2010 la Giunta provinciale ha approvato, su proposta dell’assessore all’istruzione e allo sport, la delibera con la nomina definitiva dei componenti eletti il 24 febbraio 2010 nel Consiglio del sistema educativo provinciale e quelli poi designati da enti e associazioni, come previsto dall’articolo 39 della Legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5. Il nuovo Consiglio resterà in carica per la durata della legislatura e la sua scadenza è fissata al sessantesimo giorno successivo alla data di elezione della prima Giunta provinciale della nuova legislatura. Componenti eletti Dirigenti scolastici: Michele Rosa Matilde Carollo Pasqua Cinzia Salomone paritarie: Dario Donatini Docenti: scuole infanzia provinciali: scuole infanzia equiparate: scuole primo ciclo:

istituti secondo ciclo:

paritarie:

(Lista I “Autonomia e responsabilità”) (Lista I “Autonomia e responsabilità”) (Lista I “Autonomia e responsabilità”) (Lista I “Più valori nella scuola più valori nella vita”) Rita Ferenzena (Lista I “UIL scuola infanzia – il primo gradino del sistema istruzione”) Patrizia Dallafior (Lista I “UIL scuola infanzia – il primo gradino del sistema istruzione”) Michele Valentini (Lista II “FLC CGIL – Una scuola di qualità per tutti”), Marcello Salvini (Lista I “UIL scuola del Trentino – La voce libera della scuola”), Tamara Lambiase (Lista III “La scuola merita di più”), Nicoletta Lorandi (Lista II “FLC CGIL – Una scuola di qualità per tutti”), Sara Bortolamedi (Lista I “UIL scuola del Trentino – La voce libera della scuola”) Rosaria Zanvettor (Lista II “FLC CGIL – Una scuola di qualità per tutti”), Stefano Stefanini (Lista I “UIL scuola del Trentino – La voce libera della scuola”), Francesco Pugliese (Lista II “FLC CGIL –Una scuola di qualità per tutti”), Stefano Cagol (Lista III “La scuola merita di più”), Alberto Lauria (Lista I “UIL scuola del Trentino – La voce libera della scuola”) Cristian Ghensi (Lista I “Insieme si può”), Barbara De Marco (Lista I “Insieme si può”)

Personale ATA e assistente educatore: Sergio Fox (Lista III “Unicuique suum (a ciascuno il suo)”), Norma Sommadossi (Lista IV “FLC CGIL – Una scuola di qualità per tutti) Genitori:

Roberto Zecchinelli (Lista IV “FLC CGIL – Una scuola di qualità per tutti)”, Marco Riccadonna (Lista III “Genitori delle Giudicarie”), Roberta Angeli (Lista II “Libertà educativa”).

Componenti designati Associazioni riconosciute dei genitori: Giancarlo Paolazzi; Studenti del secondo ciclo: Tommaso Galli, Alessandro Conti, Cristian Prai e Alice Secchi; I.P.R.A.S.E.: Elvira Zuin; Agenzia del Lavoro: Michele Colasanto; Università degli studi di Trento: Pier Luigi Novi Inverardi; Consiglio delle autonomie locali: Enzo Ballardini, Sindaco del Comune di Preore; Datori di lavoro: Roberto Pallanch e Marina Pancheri; Sindacati dei lavoratori: Claudia Loro e Ermanno Monari; Componente mochena e cimbra Conferenza minoranze linguistiche: Ines Lenzi Consiglio generale dell’istruzione e della formazione di Fassa (Consei general per l’educazion e la formazion): in attesa di designazione. 32

n.4 aprile 2010


IL CONSIGLIO

Organo rappresentativo provinciale Il Consiglio del Sistema Educativo Provinciale (istituito con l’art. 39 della L.P. 7 agosto 2006, n. 5 e disciplinato dalla delibera della Giunta Provinciale del 25/09/09) è l’organo di partecipazione e di rappresentanza delle componenti della comunità scolastica, sia provinciale che paritaria, e resta in carica per la durata della legislatura. In seguito alla determina n. 176/09 del dirigente Roberto Ceccato mercoledì 24 febbraio 2010 si sono svolte, presso tutte le istituzioni scolastiche e formative provinciali e presso le istituzioni scolastiche e formative paritarie della provincia di Trento, le elezioni dei componenti del Consiglio del Sistema Educativo Provinciale che andrà a sostituire l’attuale “Consiglio provinciale dell’istruzione”. Competenze e funzioni Il consiglio esprime parere sugli atti provinciali di indirizzo e di programmazione in materia di: autonomia delle istituzioni scolastiche e formative, attuazione delle innovazioni ordinamentali, piano provinciale per il sistema educativo e distribuzione dell’offerta formativa, anche in relazione a percorsi di integrazione tra istruzione e formazione professionale, educazione permanente svolta dalla istituzioni scolastiche e formative, criteri per la definizione degli organici delle istituzioni scolastiche e formative provinciali. Inoltre svolge attività consultiva e di supporto su altri temi di interesse rientranti nelle materie di competenza o sottopostigli dalla PAT e sui disegni di legge provinciale attinenti al sistema educativo provinciale. La Giunta Provinciale definisce le modalità di costituzione, di elezione e di funzionamento del consiglio, prevede le modalità per la nomina del vicepresidente e le modalità di formazione e nomina del consiglio di presidenza. Sono organi del consiglio: il presidente, eletto a maggioranza assoluta tra i membri della componente dei docenti nella prima n.4 aprile 2010

seduta successiva alla nomina, il vicepresidente il consiglio di presidenza. Quest’ultimo è composto dal presidente, il vicepresidente e da 5 membri scelti dal consiglio e provvede all’istruttoria di atti e documenti sottoposti al parere del consiglio di ogni altra tematica che rientra nell’attività consultiva e di supporto sottoposta dalla provincia. Come si compone Il Consiglio è costituito sia da membri eletti che da membri designati. La componente elettiva, costituita con l’elezione del 24 febbraio, ha rappresentanti tra i dirigenti delle istituzioni scolastiche e formative provinciali, docenti della scuola dell’infanzia provinciale ed equiparata, docenti del primo e del secondo ciclo, di cui almeno uno di sostegno, rappresentanti personale ATA e assistente educatore e per le scuole paritarie rappresentanti del personale direttivo e personale docente e, infine, rappresentanti dei genitori. La componente designata ha quattro rappresentanti tra gli studenti del secondo ciclo, il diretto-

re IPRASE o suo delegato, il presidente Agenzia del lavoro o suo delegato, il rettore Università studi di Trento o suo delegato, un rappresentante Consiglio delle autonomie locali, due rappresentanti datori lavoro e 2 dei sindacati dei lavoratori. Ulteriori componenti del Consiglio sono il Dirigente del dipartimento provinciale competente in materia di istruzione o suo delegato e, senza diritto di voto, un rappresentante del consiglio generale dell’istruzione e formazione di Fassa. Non si votava dal 2003 Le elezioni per il rinnovo delle componenti elettive del Consiglio del sistema educativo provinciale, previsto dalla legge dalla Legge Salvaterra sono un passaggio decisamente atteso ed importante. Il nuovo Consiglio si riunirà per la prima volta il prossimo giovedì sei maggio 2010 alle 17,30 presso l’aula magna Nord del Palazzo dell’Istruzione. Un passaggio importante, perché si tratta di fatto delle prime elezioni per rinnovare l’organo collegiale del sistema scolastico e formativo rappresentativo al più alto livello. Se vogliamo vare un paragone, anche se non meccanico, il CSEP è il nostro Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione. Il consiglio del sistema educativo provinciale è un importante organo di partecipazione e di rappresentanza delle componenti di tutta la comunità scolastica, sia provinciale che paritaria, e quello appena nominato andrà a sostituire l’attuale consiglio provinciale dell’istruzione, che a sua volta aveva sostituito il “Consiglio scolastico provinciale” (presieduto per molti anni dall’insegnante Lucia Coppola). 33


Dall’anno 2003 non ci sono più state elezioni dei vari componenti, ma, in attesa della legge di riforma e dei suoi regolamenti attuativi, si è andati avanti solo con proroga di quelle esistenti, in attesa dell’introduzione del nuovo organo rappresentativo, “il consiglio del sistema educativo provinciale”.

Ultima riunione ex consiglio.

Le liste

La commissione elettorale provinciale La Commissione elettorale provinciale, costituita da 7 membri, ha avuto il compito di approvare gli elenchi degli elettori e trasmetterli alla sezione elettorale, formati e suddivisi per sezioni elettorali, dei dirigenti delle istituzioni scolastiche e formative provinciali e degli elettori del personale direttivo delle istituzioni scolastiche 34

e formative paritarie. Ha ricevuto le liste dei candidati, ha verificato che fossero regolarmente compilate, accertando l’autenticazione delle firme e che non ci fossero motti identici o confondibili, e le ha esposte all’albo. Dopo aver preso le decisioni sulla regolarizzazione delle liste viene data comunicazio-

ne a tutte le commissioni elettorali, già costituite presso ogni istituzione scolastica. Ricevute le buste con la sintesi dei voti e, dopo aver svolto gli adempimenti descritti nella disciplina, ha reso noto i dati sulle votazioni svoltesi il 24 febbraio in tutte le scuole del Trentino ed ha proclamato gli eletti.

PARTECIPAZIONE AL VOTO ISTITUZIONI SCOLASTICHE E FORMATIVE PROVINCIALI DIRIGENTI SCOLASTICI DOCENTI SCUOLE INFANZIA PROVINCIALI DOCENTI SCUOLE INFANZIA EQUIPARATE DOCENTI PRIMO CICLO

ELETTORI VOTANTI

% affluenza

Sono state presentate le seguenti liste dei candidati che, come previsto, dovevano essere contraddistinte da un motto: 1 lista per i dirigenti delle istituzioni scolastiche e formative provinciali, 2 liste per i docenti scuola infanzia provinciale, 2 liste per i docenti scuola infanzia equiparata, 3 liste per i docenti istituzioni scolastiche e formative provinciali del primo ciclo, 3 liste per i docenti istituzioni scolastiche e formative provinciali del secondo ciclo, 4 liste per il personale ATA e Assistente Educatore delle istituzioni scolastiche e formative provinciali, 2 liste per la componente docenti istituzioni scolastiche e formative provinciali paritarie, 1 lista per la componente personale direttivo istituzioni scolastiche e formative paritarie 4 liste per la componente genitori.

87

62

71,2

766

162

21,1

1165

205

17,6

4481

2181

48,7

2314

717

30,9

1843

1079

58,6

DOCENTI SECONDO CICLO PERSONALE ATA E ASSISTENTE EDUCATORE PERSONALE DIRETTIVO SCUOLE PARTIARIE DOCENTI SCUOLE PARITARIE

19

10

52,6

939

460

48,9

GENITORI

114180

6058

5,3

Totali

125794

10934

8,7 n.4 aprile 2010


gli eletti IO VORREI…

Parlano i genitori del CSEP Nel nuovo Consiglio Scolastico Educativo Provinciale entrano a far parte, tra gli eleetti dalle liste dei genitori, tre di loro per i quali è “la prima volta” (il quarto si è aggiunto successivamente insieme agli altri membri designati). Cosa vuol dire per loro “partecipare” alla vita della scuola trentina, a livello provinciale? Cosa e come si sentono di rappresentare gli altri genitori? Li abbiamo sentiti, proprio per cercare di capire: Cosa sanno di questo organo di partecipazione e di rappresentanza delle componenti di tutta la comunità scolastica, eletto ora per la prima volta in base alla nuova disciplina della Legge 5/2006? Cosa si aspettano da questa nuova esperienza e come pensano di contribuire alla vita della scuola con il loro apporto? Quale inoltre la prima proposta che vorrebbero fare, quella che sentono come prioritaria? Al telefono, ci hanno raccontato…. Avvicinarsi alla scuola Riccadonna Marco, Lista “Genitori delle Giudicarie”: Sono stato presidente del Consiglio dell’Istituzione nella scuola di Ponte Arche, dove vivo e dove i miei figli frequentano la scuola e poi, quando ho sentito che si sarebbero svolte le elezioni per costituire il Consiglio del sistema Educativo Provinciale, istituito dalla Legge 5, ho deciso di avvicinarmi a questa responsabilità. È importante che i genitori siano più vicini alla scuola. Di solito quando c’è un problema il genitore va a scuola a lamentarsi con gli insegnanti o con il dirigente, ma ormai a cose avvenute, forse è meglio preoccuparci prima ed essere più vicino alla vita dei nostri bambini per poter essere di aiuto anche agli altri genitori, che potrebbero avere problemi molto simili ai nostri. La mia percezione è che la nostra struttura scolastica sia complessa e preparata: ci sono persone veramente valide e questo è un aspetto molto importante per relazionarsi n.4 aprile 2010

con la scuola. Purtroppo per così dire la “ macchina” è lenta perché ci sono tante cose da mettere in pratica, ma a volte i tempi sono lunghi e sarebbe importante snellire certe situazioni, anche se non mi sto lamentando del sistema che in sé va bene. Il contributo dei genitori Io auspico che il CSEP confermi e rafforzi le riconosciute qualità della scuola e possa portare nuovo ossigeno. Questo vorrei evidenziare, vorrei che le scelte che riguardano in modo concreto la struttura scolastica e che sono dettate al fine di rafforzare la stessa, potessero essere guidate anche dall’aiuto concreto dei genitori. Questa è anche la differenza che percepisco rispetto al Consiglio dell’Istituzione, di cui facevo parte prima e nel quale mi sembrava che le cose fossero in parte già decise e gestite, anche se il dirigente era una persona davvero in gamba. La mia idea è che i genitori devono confrontarsi e che poi soprattutto la scuola e i genito-

ri devono lavorare e camminare assieme, ascoltandosi e interagendo tra loro. Mi sento molto fortunato perchè in questa nuova “avventura”, di fatto non ancora partita, ci sono già state delle fasi importanti. Per realizzare la lista, ad esempio, ci siamo trovati come genitori tutti d’accordo che ciascuna scuola presentasse un candidato che la rappresentasse, in modo che tutti portassero una parte della realtà della nostra valle, le Giudicarie. Grazie a questo abbiamo fatto una riflessione tra di noi, ognuno portando la sua realtà anche territoriale, perché la valle è grande e fisicamente quasi divisa in due dalle gallerie che si trovano tra Ponte Arche e Tione e poi su fino a Pinzolo e oltre. Le problematiche in fondo sono diverse ma anche uguali e il confronto arricchisce sempre. Già un primo obiettivo Dopo la riunione del Consiglio che si terrà ai primi di maggio, l’idea è quella di proporre una riunione con i presidenti dei Consigli dell’Istituzione delle scuole e i genitori delle Consulte delle Valli Giudicarie. L’obiettivo è quello ricreare una rete di genitori per essere più propositivi verso la scuola. In realtà anche se è appena iniziata questa nuova avventura un obiettivo è già stato raggiunto, quello di confrontarci. Tutti abbiamo volontà di raccogliere qualcosa di utile, concretamente lo sviluppo va verso la nostra scuola (che secondo me è da applaudire rispetto ad altre realtà fuori dal Trentino), e anche se la burocrazia rallenta l’importante è riuscire a confrontarsi. Per quello che c’è da proporre non mi sbilancio, voglio aspettare la prima riunione.. quello che so è che un gruppo unito ha sempre maggior forza e funge poi da richiamo. Creare l’interesse è sempre importante perchè fa avvicina35


re anche altre persone, che all’inizio possono essere scettiche. La speranza di contare zecchinelli roberto, lista cgil “una scuola di qualità per tutti”

Fino a poco tempo prime che scadesse il precedente Consiglio provinciale dell’istruzione, presieduto dalla Coppola, non sapevo nemmeno del ruolo di questo nuovo Consiglio Scolastico Educativo Provinciale. In realtà la stessa affluenza dei genitori votanti il giorno delle lezioni, il 24 febbraio, con una percentuale di circa il 5 % mi dà l’idea che sia davvero poco conosciuto e che soprattutto non si conoscano le funzioni che ha. Mi sono proposto nella lista della CGIL perché ritengo importante occupare ogni spazio di democrazia possibile. La speranza è conoscere più a fondo la Legge 5 e grazie a quella poter contare di più nel mondo della scuola, ovviamente come componente dei genitori. Scuola pubblica Cosa mi aspetto? Innanzitutto di essere convocati abbastanza spesso, con la speranza di poter contare come organo, anche se consultivo. Questo consiglio può diventare lo spazio in cui esprimere parere su alcune questioni, facendo emergere comunque il punto di vista dei genitori. Per quanto riguarda le proposte che farei, subito mi verrebbe in mente: scuola pubblica, scuola pubblica, scuola pubblica. Le persone che erano in lista e con cui mi sono confrontato puntavano molto su questo aspetto della scuola pubblica. È importante esserci, anche nel sindacato (CGIL), ognuno nella sua categoria. A proposito di quello che vorrei.. vorrei capire a fondo l’agibilità, le competenze, fino a 36

dove si può arrivare, dove puoi intervenire. Quindi la mia risposta su una eventuale proposta è aspettare…un punto di vista nuovo. Trovarsi con gli altri genitori eletti e capire cosa possiamo fare. Fondamentale è partecipare a certi organi, poi dopo la prima riunione sarà tutto molto più chiaro, si potrà capire di più, intanto c’è l’attesa, poi ne saprò di più. Educazione e collaborazione scuola – famiglia roberta angeli, lista educativa”

Le liste dei genitori “libertà

Mi aspetto che questo organismo sia realmente efficace nel promuovere un confronto costruttivo fra le diverse componenti della comunità scolastica, e così offrire all’ente pubblico punti di vista concreti e orientati al bene dei ragazzi. Desidererei anche che esso sappia contribuire a far crescere una maggiore sensibilità verso l’importanza centrale della questione educativa e l’esigenza di una solidale collaborazione fra scuola e famiglie. Dal punto di vista delle proposte, ritengo che in linea generale sia importante proprio la collaborazione fra scuola e famiglie e la reciproca sensibilizzazione verso la finalità comune di educare i nostri figli a crescere come persone. In rapporto alle esigenze del nostro tempo, auspicherei che il consiglio del sistema educativo contribuisca alla formazione di una comunità scolastica che aiuti a restituire valore alla fatica del pensare e del far pensare.

Per l’elezione del nuovo Consiglio Scolastico Educativo Provinciale, relativamente alla componente dei Genitori, si erano presenate quattro liste, all’interno delle quali bisognava scegliere gli eletti. Queste le liste: “La Rete dei laghi”, con nove candidati che fanno riferimento prevalentemente alle scuole della Valle dei Laghi, Riva del Garda, Arco, Dro e Valle di Ledro; “Libertà educativa” con quattro candidati e che si richiama all’Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche); “Genitori delle Giudicarie” con otto candidati e riferimento all’Age (Associazione Genitori) del bacino delle Giudicarie; FLC-CGIL: “Una scuola di qualità per tutti” con cinque candidati che si riferiscono alla Federazione Lavoratori della Conoscenza, della CGIL. Da queste liste sono stati eletti 3 componenti mentre il quarto è stato designato da una associazione riconosciuta dei Genitori. Testi raccolti da Norma Borgogno n.4 aprile 2010


PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

dirigenti scolastici TRENTA

Ultima tappa del corso concorso Trenta candidati del corso – concorso per diventare dirigenti scolastici della scuola in Trentino hanno superato tutti gli ostacoli delle diverse fasi precedenti e hanno iniziato la fase finale che porterà ancora un una ulteriore “decimazione” di cinque di loro, perché il bando prevede che i corsi messi a disposizione di questo concorso sono solo 25. Alcuni di questi 25 potranno sedere sulla “poltrona” già dal prossimo primo settembre, gli altri attenderanno che via via si liberino altri posti nei prossimi anni. Con le regole nuove

Le fasi superate…

La legge provinciale 3 aprile 2009, n. 4 (Norme di semplificazione e anticongiunturali di accompagnamento alla manovra finanziaria provinciale di assestamento per l’anno 2009) aveva modificato l’articolo 100 prevedendo in particolare che al corso-concorso sia ammesso il personale docente in servizio a tempo indeterminato, in possesso di diploma di laurea, che ha maturato almeno sette anni di servizio effettivo, anche a tempo determinato, nelle scuole statali o provinciali e ha rinviato al regolamento la disciplina delle modalità di svolgimento del corso – concorso. Non erano più richiesti, perciò, sette anni di servizio di ruolo (a tempo indeterminato), ma essere sì di ruolo e aver maturato almeno sette anni di servizio effettivo anche a tempo determinato. Questo, per favorire la partecipazione anche di insegnanti più giovani. Nella delibera il 3 luglio 2009, la Giunta aveva ribadito l’esigenza di dare attuazione alle novità introdotte dalla legge provinciale n. 4/2009 con l’approvazione del regolamento, prevedendo nello stesso modalità di reclutamento dei dirigenti delle istituzioni scolastiche e formative provinciali che garantiscano, attraverso un corsoconcorso, una selezione ottimale.

Le fase di preselezione sono state le seguenti, in base òòa nuova procedura del corso-concorso: una preselezione per titoli che valorizzi il percorso culturale e l’esperienza maturata nella scuola; una ulteriore prova di preselezione che verifichi il possesso delle conoscenze di base sull’autonomia scolastica e sulla legislazione scolastica del Trentino e nazionale, nonché delle attitudini necessarie nell’espletamento del ruolo di dirigente delle istituzioni scolastiche e formative provinciali; un concorso di ammissione che, attraverso una prova scritta ed una prova orale, consenta di verificare la preparazione del candidato sulle principali tematiche che riguardano il governo dell’istituzione scolastica e gli interventi educativi e formativi nel processo di apprendimento; un periodo intensivo di tirocinio formativo, al termine del quale sarà effettuato un esame finale, con una prova scritta e una prova orale incentrate sugli argomenti sviluppati nel periodo di tirocinio formativo, volto ad accertare la padronanza complessiva delle competenze richieste per l’esercizio del ruolo di dirigente delle istituzioni scolastiche e formative provinciali.

n.4 aprile 2010

… e quelle da superare un periodo intensivo di formazione e tirocinio formativo, che dovrebbe concludersi entro fine maggio/giugno, comporta 120 ore di tirocinio e 180 di formazione in aula e i cnadidati ammessi devono frequentare almeno 85% delle ore perché vengano poi ammessi alla tampa finale: un esame finale, con una prova scritta e una prova orale incentrate sugli argomenti sviluppati nel periodo di tirocinio formativo, volto ad accertare la padronanza complessiva delle competenze richieste per l’esercizio del ruolo di dirigente delle istituzioni scolastiche e formative provinciali. L’elenco dei trenta candidati ammessi al tirocinio formativo I nominativi dei candidati ammessi al periodo di tirocinio formativo del corso-concorso in ordine alfabetico: Bellabarba Daniela, Bertoldi Giulio, Bertoncello Olivella, Caroprese Domenico, Cavasin Franca, Chesini Stefano, Chincarini Paolo, De Donno Laura ,Depentori Daniela, Felicetti Marco, Ghetta Chiara, Gulli Tiziana, Lasaracina Francesca, Lucca Patrizia, Mingione Giuseppe, Pasqualin Paola, Periti Teresa, Poian Marina, Rasera Paolo, Rigotti Enrica, Romantini Alfredo, Rossi Tiziana, Ruscelli Marco, Simoncelli Daniela, Turrini Sara, Vanin Franco, Veladiano Maria Pia, Zanolla Valentina, Zini Maura, Zoller Laura 37


BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI

percorso e seminario DISTURBI

Che fare coi bambini terribili “Sono ragazzi in grado di logorarti. Le energie che investi per loro, per il gruppo e per l’armonia della classe sono troppe e troppo esigui sono i risultati che ottieni. Spesso non puoi far altro che fare i conti con la tua impotenza”. Molti insegnanti che nella loro carriera educativa si sono dovuti confrontare con bambini o ragazzi che presentavano disturbi della condotta possono facilmente riconoscersi in questa affermazione. Si tratta di bambini definiti “terribili” ed “ingestibili”, verso i quali la scuola, la famiglia e gli specialisti sanitari non possono che provare un forte senso di impotenza. Molto spesso vi è la percezione che il loro destino sia già segnato: nella migliore delle ipotesi un abbandono scolastico, nella peggiore l’evoluzione verso “carriere devianti” o psicopatologie nell’età adulta. È evidente che di fronte a queste situazioni non si può rimanere indifferenti, ma bisogna riuscire a creare una rete che sia in grado di accogliere la sofferenza di questi bambini contenendo i loro comportamenti e la loro distruttività. La mission del gruppo di lavoro Qualche anno fa il Dipartimento Istruzione della Provincia di Trento, in relazione alle problematiche emergenti nel mondo della scuola, aveva focalizzato l’attenzione sui bisogni e caratteristiche degli alunni con disturbi gravi del comportamento, al fine di individuare più sintoniche ed efficaci risposte. La riflessione era nata dalla constatazione e consapevolezza che le consuete azioni pedagogiche ed organizzative si rivelavano spesso in questi casi insufficienti, inadeguate o inefficaci. Sulla base di queste osservazioni nel 2008 è nato un tavolo di lavoro istituzionale a carattere interassessorile avente come obiettivo quello di porsi degli interrogativi su “che cosa di diverso” o “che cosa in più” si dovrebbe o potrebbe fare per questi ragazzi. Il “Gruppo di Lavoro Interassessorile sul tema dei Disturbi Gravi del Comportamento in età Evolutiva” è un progetto promosso dall’Assessorato all’Istruzione della provincia di 38

Trento in collaborazione con l’Assessorato alla salute e politiche sociali. Al gruppo hanno partecipato due rappresentati per ogni assessorato (tre per l’istruzione) e tre tirocinanti dell’Università degli studi di Padova – Facoltà di Psicologia: Susan Bridi, Melissa Candioli e Lorenza Gabrielli. I bambini “terribili” I destinatari della riflessione sono soggetti in età scolare con gravi disturbi del comportamento. Nel mondo della scuola la situazione di questi ragazzi emerge principalmente attraverso la manifestazione comportamentale che nel contesto scolastico rappresenta il fattore di maggior criticità. Il gruppo si è concentrato in particolare sui bambini certificati ai sensi della L.104/92 con “Disturbo della condotta” (F91-F92) secondo la classificazione prevista dall’ICD-10. La problematica di questi soggetti, pur essendo a volte identificabile ed identificata in epoche precedenti, emerge con maggiore intensità e diviene più difficilmente gestibi-

le nella preadolescenza e adolescenza in concomitanza con la frequenza della scuola secondaria; si ritiene pertanto prioritaria l’attenzione a questa fascia di età; ciò non ha precluso tuttavia un interessamento circa i fattori predittivi e preventivi già presenti nella prima infanzia e per tal motivo ampio spazio è stato dato alla storia pregressa di questi ragazzi. L’obiettivo era quello di individuare le principali criticità cliniche, sociali, istituzionali e pedagogiche legate a questo tipo di disturbi partendo dallo “stato dell’arte” per poi ricercare, riflettere e individuare nuove strategie possibili per un intervento efficace e tempestivo in ciascun ambito ed in modo integrato. L’ottica della complessità L’ottica adottata è di tipo multisistemico, in quanto legata alla natura complessa e pervasiva del Disturbo. Analizzando le storie di questi ragazzi emerge infatti l’esistenza di una rete di contesti e di relazioni che influenzano e contribuiscono a rendere complesse le interazioni: a partire dalla rete familiare, fino ad arrivare al sistema scolastico, sanitario e ai servizi sociali. Si rende chiara l’esigenza di un approccio multifocale, che prenda in considerazione i vari ambiti di vita del soggetto, a partire dalle dinamiche individuali, allargandosi secondo una prospettiva relazionale e di interazione tra i vari sistemi che entrano i gioco. Un lavoro su più fronti Nel suo anno di lavoro il gruppo si è concentrato su vari fronti. Il primo passo è stato quello di fare una chiara e puntuale mappatura dei soggetti in età scolare con Disturbo della Condotta sul territorio Trentino. I dati relativi all’ann.4 aprile 2010


no scolastico 2008/2009 indicano come i casi in cui è presente una diagnosi di Disturbo della condotta o Disturbo misto della condotta e della sfera emozionale sono 97, di cui in situazione estremamente critica circa 38. Si tratta per lo più di una popolazione maschile con un rapporto maschi femmine di 5,5:1. Tra questi il 42,2% frequenta la scuola primaria, il 30,9% la scuola secondaria di primo grado, il 3,1% la scuola secondaria di secondo grado e il 23,7% è iscritto ai C.F.P. Lo studio di casi Una volta ottenuta una fotografia dei casi presenti nelle scuole della Provincia Autonoma di Trento, il gruppo di lavoro ha rivolto la sua attenzione ai Centri, Comunità e progetti presenti a livello territoriale, nazionale ed europeo per la presa in carico di questi disturbi. La comunità internazionale sembra iniziare a rivolgere particolare attenzione a queste problematiche, come evidenziato da diversi manuali e linee guida create negli ultimi anni (Safeguarding our children: an action guide -USA- e i due documenti realizzati dal Ministero dell’educazione nazionale francese: Faits ou situatios d’insècuritè dans les etabilissements scolaires ou à leurs abords e Conduites a tenir en cas d’infraction en milieu scolaire). Si è quindi effettuata un’approfondita ricerca bibliografica in modo tale da avere un’immagine più completa e ricca possibile di ciò che, a livello internazionale, è stato scritto relativamente a questi disturbi. Il nucleo centrale di questo primo anno di lavoro è rappresentato da un approfondito studio di casi rappresentativi. I casi sono stati revisionati, organizzati e strutturati secondo una griglia di analisi che si proponeva di mettere in evidenza le criticità, gli aspetti probleman.4 aprile 2010

tici e la loro connotazione all’interno della presa in carico da parte dei vari servizi. Bambini frammentati in grado di frammentare L’analisi dei casi, in particolare, ha messo in luce come tali situazioni siano in grado di mettere in ginocchio i vari servizi che si trovano frequentemente a sperimentare sentimenti di impotenza e vissuti di rabbia. Il coinvolgimento emotivo dimostrato dai vari partecipanti durante i nostri incontri mette in evidenza come tali situazioni colpiscano nel profondo le varie figure che hanno in carico il bambino, le quali, nonostante gli sforzi e le energie spese, vedono spesso la situazione scivolare via dalle loro mani. La fenomenologia stessa del disturbo rende difficile per insegnanti, famigliari ed altri operatori accogliere questi bambini come sofferenti di un disturbo, provocando invece reazioni di rabbia verso comportamenti che solo in apparenza sembrano essere legati a quella che il senso comune chiama “maleducazione”. Sono bambini frammentati ed in grado di frammentare ossia in grado di mettere in crisi un rapporto di rete che spesso diviene conflittuale e per tal motivo improduttivo. Dopo gli incontri diversi operatori ci hanno ringraziato per aver fornito loro la possibilità di confrontarsi all’interno di un gruppo che si è dimostrato in grado di accogliere le loro preoccupazioni, favorire la comunicazione ed il confronto sbloccando anche situazioni di non comunicazione o di comunicazione poco efficace tra operatori. Va sottolineato come obiettivo principale dei vari incontri non era in realtà fornire indicazioni o aiuto, ma di tentare una comprensione dei processi in gioco e di raccogliere elementi di criticità o risorse.

Altre riflessioni Ciò ci ha fatto riflettere sull’importanza di una figura o uno spazio di riflessione che aiuti a fornire continuità ad elementi ed attività che altrimenti rischierebbero di frammentarsi. L’urgenza di un intervento che permetta di sostenere i vari operatori nella presa in carico di questi casi è emersa anche dalle diverse richieste di materiali, indicazioni o sostegno che le scuole, una volta venute a conoscenza del Progetto, ci hanno fatto. Dallo studio dei casi è emerso poi come, molto spesso, nella ricostruzione della storia, manchino indicazioni da parte della scuola dell’infanzia e, si è potuto osservare come il passaggio di informazioni da un grado all’altro di istruzione, o comunque all’interno di ciascun servizio e tra i servizi, sia spesso assente o poco efficace per la progettazione condivisa. Sulla base di queste riflessioni e del lavoro fin qui svolto risulta chiaro come un’individuazione precoce ed un intervento di rete tempestivo, flessibile ed in grado di “tenere nel tempo”, risultano essere elementi cruciali per rendere l’ambiente più competente nel favorire progetti e percorsi di crescita. Un progetto e una sfida Il lavoro fin qui svolto si pone come primo passo di un progetto che mira ad avere ulteriori sviluppi. In primo luogo risulta fondamentale ampliare la fascia di analisi alla prima infanzia e all’età prescolare, estendendo la partecipazione ad un gruppo di rappresentanti della scuola dell’infanzia. Sulla base degli effetti positivi che i nostri incontri hanno avuto per le varie figure che di volta in volta vi hanno preso parte e sulla base dell’importanza di una riflessione condivisa, sarebbe interessante procedere ulteriormente nell’esplorazione del tema attraverso un ap39


proccio di ricerca-azione distribuito su un ampio arco di tempo. Condivisione e partecipazione La giornata di studio Disturbi Gravi del Comportamento in età Evolutiva: Scuola, servizi sociali e sanità: sintesi di un lavoro e pro-

posta di un progetto che avrà luogo il 13 maggio 2010, vuole essere un momento di condivisione e di partecipazione estesa ai rappresentanti istituzionali e ai professionisti dei vari servizi coinvolti (Assessorato all’istruzione e sport e Assessorato alla salute e politiche sociali) ma anche a tutti coloro che ritengono utile un approfondimento del-

la tematica. Oltre ad una dettagliata presentazione del lavoro verrà lasciato spazio ad una riflessione condivisa e ad un arricchimento che potrà venire da tutti i partecipanti, nell’idea che un pensiero collettivo e costruito assieme possa essere la vera ricchezza per il cambiamento. Mariangela De Mitri

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EUROPA

la gara EUROPA A SCUOLA

Progetto, giochi e conoscenze Sono seicentodieci gli studenti trentini, appartenenti a otto istituti diversi, che partecipano quest’anno alla sesta edizione de “L’Europa va a scuola”, iniziativa realizzata dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) di Milano, in collaborazione con numerose province - fra cui quella di Trento - ed altre istituzioni, compreso il Parlamento Europeo. Strutturata come un quiz, “Chi vuol essere europeo”, a cui le classi accederanno dopo essersi adeguatamente preparate utilizzando anche un cd rom, l’iniziativa è stata presentata all’ITI Buonarroti di Trento, lunedì primo marzo 2010, alla presenza, fra gli altri, dell’assessore provinciale all’istruzione Marta Dalmaso (accompagnata dai dirigenti e dai tecnici dell’assessorato), all’europarlamentare Herbert Dorfmann, al dirigente scolastico Paolo Dalvit. L’attività complessiva seguita per il Dipartimento, da Giorgio Battocchio e da Francesco Pancheri, direttore ufficio. Chi vuol essere europeo

20.000 studenti

Nel percorso verso l’integrazione europea si avverte la necessità di informare e di formare nel modo più corretto possibile sull’Unione europea e sulle sue politiche, sulla storia e il suo ruolo nel mondo, sui suoi meccanismi di funzionamento. Diventa prioritario allora puntare sui giovani delle scuole medie superiori perché sono proprio loro i nuovi cittadini europei. Con questo obiettivo l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) di Milano – in collaborazione con le Province di Milano, di Catania, di Genova, di Pisa, di Roma, di Salerno, di Vicenza, di Trento, il Ministero della Pubblica Istruzione e con il supporto della Fondazione Banco di Sicilia, del Parlamento europeo, delle Rappresentanze in Italia della Commissione europea e degli Uffici in Italia del Parlamento europeo – ha realizzato cinque edizioni del progetto “L’Europa va a scuola” che hanno coinvolto in totale più di 20.000 studenti.

L’ incontro di apertura - con la presentazione del quiz e del cd rom - si è tenuto il primo marzo 2010 presso l’Aula Magna dell’Istituto Buonarroti di Trento. Da un primo, informale “test”, la preparazione degli studenti trentini sulle questioni europee sembrerebbe piuttosto buona. L’assessore Marta Dalmaso ha colto l’occasione per auspicare che “lo sguardo rivolto all’Europa ci aiuti a guardare in maniera diversa anche il percorso fatto dalla scuola trentina in questi mesi. Al di là delle diversità di vedute, spero che gli elementi ‘europei’ di questo percorso, peraltro non ancora concluso, possano essere colti e valorizzati.” L’europarlamentare regionale Herbert Dorfmann, dopo avere sottolineato l’importanza di quello che si configura come il “primo processo di unificazione dell’Europa condotto con mezzi pacifici”, ha sottolineato gli aspetti a suo giudizio più significativi ma anche più problematici che l’unificazione porta con sé: il progressivo federarsi degli Stati, destinato a superare

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gradatamente la dimensione degli Stati-nazione come delineatasi dopo la Rivoluzione francese, l’allargamento dei confini dell’Unione (ad esempio alla Turchia, che Dorfmann vede come molto problematico) e le politiche di coesione poste in essere dalla Ue. I partecipanti trentini A seguito dei risultati ottenuti con le prime cinque edizioni, l’ISPI sta realizzando, già dal gennaio scorso, la VI edizione dell’iniziativa che si protrarrà fino a maggio e che vede coinvolte, con la Provincia autonoma di Trento, altre Province italiane per un totale di 3.500 studenti. L’iniziativa promossa con un accordo tra l’Assessorato all’istruzione e sport della Provincia e l’ISPI ha coinvolto come protagonisti otto Istituti scolastici Superiori con la partecipazione di 31 sezioni e impegnando 610 alunni. Le scuole che hanno partecipato al Progetto in Trentino sono: istituto Martini di Mezzolombardo, l’Arcivescovile di Trento istituto Fontana di Rovereto liceo Rosmini di Rovereto istituto Floriani di Riva del Garda Istituto Ladino di Fassa liceo Rosmini di Trento ITI Buonarroti Trento. Il percorso è stato articolato in più selezioni: la selezione di una classe partecipante all’interno di ogni scuola, poi gli studenti suddivisi in sezioni hanno affrontato, per fasi successive, una serie di prove-quiz via internet confrontandosi con sezioni di studenti delle altre province italiane, quindi una selezione successiva da cui è emerso una classe vincitrice per ogni provincia ed infine le fasi finali, che si svolgeranno a maggio a Milano. La classe vincitrice che a livello nazionale si classificherà al primo posto vincerà il viaggio a Strasburgo. 41


L’articolazione del progetto Le iniziative che sono state realizzate nell’ambito del progetto, in ordine di tempo, sono l’evento di apertura a Palazzo Clerici (sede dell’ISPI a Milano) alla presenza di Parlamentari europei e di altre personalità del mondo politico, accademico e dei media in Italia e all’estero, l’evento di apertura in ciascuna provincia (alla presenza di personalità politiche italiane ed europee) in cui il progetto verrà presentato agli studenti e ai docenti delle scuole partecipanti, la selezione della classe vincitrice di ogni scuola (utilizzando il gioco “Chi vuol essere europeo”, inviato in tempo reale tramite Internet), l’evento di chiusura in ogni provincia per selezionare la classe vincitrice provinciale (tra le classi vincitrici di ogni scuola). Manca ora l’evento di chiusura da realizzare a Milano al termine del quale verrà selezionata (tra le classi vincitrici di ogni provincia) la classe vincitrice finale e l’assistenza online per docenti e studenti per tutta la durata del progetto mediante un apposito sito Web (www.europavaascuola.eu) e un Forum di dialogo moderato dall’ISPI (utilizzabile sia dagli studenti che dai docenti). Come funziona La gara ricalca la falsariga del gioco “Chi vuol essere milionario”, anche se i giocatori effettivi, invece di uno sono cinque, tutti posizionati davanti al video di un PC. Questi ragazzi sono i portavoce dei cinque sottogruppi in cui è stata divisa la classe dall’insegnante. Il resto della classe intanto si posiziona nelle postazioni preparate dagli organizzatori in fondo alla classe e funge da suggeritore: hanno a disposizione anche appunti, libri di testo e internet. Gli “aiuti” hanno la possibilità di essere interpellati soltanto due volte, pena l’esclusione, dai cinque compagni che realmente stanno conducendo il gioco. Le domande sono 16 e partono da 100 fino ad arrivare al milione. La classe che perde viene 42

eliminata ma poi può godere del ripescaggio. Gli alunni che hanno partecipato alla fase provinciale, a ricordo dell’iniziativa, hanno ricevuto un gadget diversificato a seconda della posizione in classifica della propria sezione. I commissari dell’ISPI hanno spiegato e vigilato sulla regolarità dello svolgimento della gara. La data fissata per la gara a Milano dove ci si confronterà con le altre classi finaliste è il 7 maggio, mentre l’8 maggio l’ufficio del Parlamento Europeo di Milano organizzerà una festa per i giovani. Superata definitivamente la finalissima, la classe vincitrice si recherà in visita a Strasburgo, dove potrà incontrare i membri del Parlamento Europeo. I punti di forza Per questa nuova edizione si è puntato su alcuni punti di forza: momenti di formazione e dibattito con gli studenti attraverso un linguaggio e strumenti adatti ai giovani; gli innovativi strumenti multimediali e interattivi come il Cd-Rom, il Forum e il sito Web (www.europavaascuola.eu). In particolare il Cd-Rom contiene interviste video a esponenti di primo piano a livello internazionale (Antonio Tajani, Vice Presidente della Commissione Europea, Emma Bonino, già Ministro per le Politiche Comunitarie, Hubert Vedrine, ex Ministro degli esteri francese, e altri nomi di rilievo come Sergio Romano, Luigi Spaventa ecc.). Ogni volta che l’intervistato tocca un argomento specifico, questo compare in una lista e può essere “cliccato” per ottenere informazioni e chiarimenti. Il CdRom contiene anche una ricchissima parte documentale; il Forum, moderato dai ricercatori e dal personale dell’ISPI, permetterà un continuo dialogo tra gli studenti di tutte le scuole partecipanti al progetto (per creare un senso di “comunità”). I docenti e tutti gli studenti avranno inoltre la possibilità di rivolgere domande e chiedere spiegazioni (sia di tipo “scientifico” che organizzativo) all’ISPI (on-line service); il focus sull’attualità comunitaria (sia nel

Cd-Rom che negli incontri con gli studenti), con particolare riguardo alla difficile situazione dell’Unione e al ruolo della UE nella competizione economica globale; una modalità di apprendimento “divertente” tramite il gioco a quiz “Chi vuol essere europeo” (ben noto ai giovani)). A ciò si aggiunga un meccanismo premiante degli studenti sulla base dei punti conseguiti da ogni classe tramite il gioco. La gara finale al “Martini” di Mezzolombardo Lunedì 19 aprile 2010 si è svolta la fase di chiusura della gara provinciale che ha visto diversi istituti gareggiare tra loro e confrontarsi ad eliminazione diretta sulla conoscenza delle istituzioni europee. L’istituto vincitore è risultato essere il “Martini” di Mezzolombardo, seguito dall’Arcivescovile e, a pari merito, dal Rosmini e dal Floriani. Gli studenti sono stati preparati dai loro insegnanti e dai materiali multimediali forniti dall’ISPI. L’iniziativa ha attratto molto anche per la modalità con cui viene svolta, una vera e propria competizione a quiz fino allo scontro finale. Tra i tanti ragazzi presenti fuori dalla classe dove si sono svolte le selezioni, due ragazze sorridenti hanno raccontato che è stata davvero una bella esperienza. La loro prof di diritto ha prima iscritto la loro classe e poi glielo ha comunicato… ma loro l’hanno presa bene. Operativamente si sono divisi in cinque gruppi, ciascuno con un portavoce che si è offerto liberamente. È stato fornito loro dall’ISPI un Cd-Rom con la documentazione da studiare, anche se non con tutte le informazioni, una parte era compito loro reperirla. Hanno studiato parecchio, si sono impegnati tutti e anche a scuola hanno dedicato molto tempo a questa preparazione, sempre nelle ore di diritto, e comunque a partire dal mese di marzo. Le domande erano un po’ difficili, forse più del previsto ma si è creato tra i compagni un bello spirito di squadra. (N.B.) n.4 aprile 2010


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Scheda

SEGNALIAMO

Cittadinanaza e Costituzione – Questo libro intende offrire strumenti utili a chiarire i problemi sul piano pedagogico e giuridico e sul piano pratico, mostrando come si possa verificare, anche con l’auspicabile conforto della sperimentazione che C&C merita di essere considerata non come vaga aspirazione destinata a scomparire di nuovo fra i flutti di sterili contese e le sirene di un miope mercato, ma come alto orizzonte di senso e come denso contenuto culturale, meritevole di essere inserito nel curricolo, anche come “nuova disciplina”. Essa può svolgere il ruolo di catalizzatore delle valenze educative civiche e sociali che sono già, talora inconsapevolmente, presenti nelle discipline scolastiche canoniche. Non dunque aut aut ma et et fra disciplinarietà e trasversalità.

il libro

Luciano Corradini ha curato il volume. Già ordinario di pedagogia generale nelle Università di Milano Statale e di Roma Tre, presidente dell’IRRSAE Lombardia, vice presidente del CNPI, sottosegretario alla P. I. nel Governo Dini col Ministro Lombardi, presidente nazionale dell’ARDeP. Associazione per la riduzione del debito pubblico, dell’AIDU (docenti universitari) e dell’UCIIM (docenti medi), Medaglia d’oro dei benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte, Grosso d’oro del Comune di Brescia pe ril volontariato. Luciano Corradini (a cura di), Cittadinanza e Costituzione. Disciplinarità e trasversalità alla prova della sperimentazione nazionale. Una guida teoricopratica per docenti, Tecnodid Editrice Napoli 2009, pagine 335, € 32,00 44

CITTADINI

Un “manuale” per le scuole “Cittadinanaza e Costituzione” è la fatica più recente di Luciano Corradini , che i lettori di didascalie, gli insegnanti e il personale della scuola trentina conoscono molto bene. Un libro , che ha già scatenato grande dibattito sui mass media nazionali. Noi vogliamo in seguito ragionare con l’autore e con altri docenti sui suoi contenuti densi e corposi (come sempre lo sono quelli di Corradini). Qui ci limitamo fare un’informazione “doverosa”, con testo fornito attraverso la casa editrice e un breve messaggio del Presidente della Repubblica, riproposto nel testo. “Un manuale di pronto soccorso” Il libro in questione è in certo senso un “manuale di pronto soccorso”, perché con notevole tempestività rende possibile alle scuole informarsi e farsi un’idea complessiva intorno alle certezze, alle incertezze e alle possibilità attivate dalla legge Gelmini 30 10 208, che istituisce i maniera un po’ sibillina una nuova disciplina scolastica, appunto Cittadinanza e Costituzione, lasciando però all’autonomia delle scuole il compito d’interpretarne le modalità di attuazione, nell’ambito della sperimentazione prevista dalla stessa legge. Frutto di un impegno maturatosi in gran parte nell’ambito di un gruppo di lavoro ministeriale sull’educazione civica, questo libro non risponde però solo ad un’emergenza, ma costituisce anche uno sforzo organico per dimostrare le ragioni, le radici, le dimensioni di un’educazione a C&C che andrebbe intesa e normata anche come insegnamento disciplinare. Gli autori si sono infatti proposti offrire strumenti utili a chiarire i problemi sul piano storico e teorico e sul piano pratico, mostrando come C&C non sia un vago discorso aperto a tutte le prospettive, e in pratica a nessuna, o un’intrusa, che toglie spazi “seri” e pretende di monopolizzare tutti i valori, ma possa essere proposta come orizzonte di senso trasversale e come organico contenuto culturale, meritevole d’essere inserito nel curricolo anche come “nuova disciplina” (la novità sta soprattutto nel rilievo dato al concetto di cittadinanza attiva), catalizzatrice delle valenze educative che sono già, talora inconsapevolmente, presenti nelle discipline scolastiche canoniche. La tesi generale è che non ci sia alternativa ma complementarità e sinergia fra soluzione disciplinaristica e soluzione trasversalistica di questo insegnamento. Il libro si articola in quattro parti: 1) legittimazione, 2) potenzialità educative di tutte le discipline, 3) insegnamento, programmazione e valutazione per competenze, 4) appendice documentaria. Ricostruiamo in estrema sintesi il filo del discorso. A partire dall’Assemblea Costituente, la Costituzione italiana è comparsa, in tutti gli atti normativi riguardanti la scuola, come finalità generale e come criterio guida, per chi la scuola deve strutturarla legislativamente, amministrarla, gestirla e farla vivere negli istituti e nelle classi. Era chiaro ai Padri costituenti che fra questi compiti c’è anche quello di educare alla Costituzione, di insegnarla, di studiarla, perché si radin.4 aprile 2010


La parole per dirlo […]

chi nelle coscienze e nei comportamenti delle giovani generazioni, a partire da uno specifico impegno dei docenti. Per la complessità della materia e la delicatezza dell’impresa, la Costituzione è finita sempre fuori del curricolo, o vi è rientrata precariamente con le “educazioni”, frutto di emergenze, di sensibilità politiche e di preferenze individuali. Il gran disegno della Costituzione è restato così ai più ignoto e inutilizzato, anche se citato in ogni norma relativa alla scuola, insieme alla Dichiarazione universale dei diritti umani. Pur con tutti i loro meriti, le “educazioni” avevano il limite della dipendenza da circolari “di stagione” e dalla volontarietà d’impegno dei docenti e degli studenti, sulla base di modeste risorse finanziarie aggiuntive. E in sostanza non facevano, né potevano fare, data la loro numerosità e la loro variabilità, parte integrante del curricolo. “Disciplinaristi” e “trasversalisti” La discussione fra “disciplinaristi” e “trasversalisti” che ne è seguita, stava per finire in soffitta, quando l’articolo 1 della legge 169/08 ha rilanciato la questione con l’impegno a promuovere “conoscenze e competenze” relative a “Cittadinanza e Costituzione” (C&C), attivando “azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale della scuola” e affidando ad una sperimentazione nazionale il compito di “esplorare possibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi” (art. 11 dpr 275), e cioè “di portare a regime il nuovo insegnamento”, come dice la relazione governativa al decreto legge 137, poi convertito nella citata legge 169. Un insegnamento che dovrebbe trovare posto “nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse”. Il che pone un non facile problema di attuazione, dato l’attuale regime di crisi economica e di tagli agli orari e agli organici delle scuole. Per questo nel libro si esplorano le “valenze educative” di quasi tutte le discipline canoniche, sia per mostrare che non serve una disciplina che parli di Costituzione in solitudine, sia per mostrare che queste valenze possono trovare un efficace “catalizzatore” proprio in una disciplina ad hoc, sia pure ospitata nell’area prevista dalla legge, per questa si spera transitoria condizione di povertà di risorse scolastiche. Per certi aspetti si è fatto un salto di qualità, perché le scuole dell’autonomia potrebbero in tal modo da un lato liberarsi dalla precarietà delle “educazioni”, dall’altra trovare le radici di un impegno educativo a 360 gradi proprio nella Costituzione. È per non vanificare questa possibilità che si spiega l’impegno degli autori sul piano civile e sul piano professionale. Gli autori dei diversi contributi Sono quasi tutti membri di commissioni di lavoro ministeriali ed hanno seguito le vicende relative alla legge e alle sue prospettive. Sono: Nicoletta Annunziata, Gregorio Arena, Giovanna Boda, Fabio Calvino, Mario Castoldi, Piero Cattaneo, Sandra Chistolini, Sergio Cicatelli, Sonia Claris, Luciano Corradini, Paolo Danuvola, Mario Falanga, Ottavio Fattorini, Cristiano Giorda, Maria Teresa Marsura, Giuseppe Mingione, Pasquale Moliterni, Maria Teresa Moscato, Maria Luisa Necchi, Antonio Papisca, Vitaliano Pastori, Stefano Pierantoni, Andrea Porcarelli, Luigi Ronga, Stefano Spina, Alberto Spinelli, Annapaola Tantucci. n.4 aprile 2010

“Può anche bastare, sapete, che con calma cominciamo a guardare in noi e ad esprimere desideri. Come vorremmo vivere domani? No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete voluto più sapere! Avete mai pensato che nei prossimi mesi si deciderà il destino del nostro Paese, di noi stessi? Quale peso decisivo avrà la nostra volontà, se sapremo farla valere; che nostra sarà la responsabilità se andremo incontro ad un pericolo negativo? Provate a chiedervi un giorno quale stato, per l’idea che avete voi stessi della vera vita, vi pare bene ordinato: per questo informatevi a giudizi obiettivi. Questo e altro dovete chiedervi. Dovete convincervi e prepararvi a convincere, non a sopraffare gli altri, ma neppure a rinunciare. Oggi bisogna combattere contro l’oppressore. Questo è il primo dovere per noi tutti. Ma è bene prepararsi a risolvere quei problemi in modo duraturo e che eviti il risorgere di essi e il ripetersi di tutto quanto si è abbattuto su di noi”. (Da una lettera indirizzata dal carcere agli amici da Giacomo Ulivi, studente diciannovenne di giurisprudenza, imprigionato e fucilato dai fascisti sulla piazza di Modena il 10 novembre del 1944. Medaglia d’argento al valor militare alla memoria). “La Costituzione è una specie di “giacimento” etico, politico e culturale per lo più sconosciuto, che possiede la singolare caratteristica di fondare in una visione unitaria i diritti umani e l’identità nazionale, l’articolazione autonomistica e l’apertura sovranazionale, la scuola come istituzione e il suo compito di ricerca, d’insegnamento, di garanzia e di promozione della persona. In questo senso la Costituzione assume il ruolo di indicatore di marcia anche per la scuola e di messaggio di speranza che le generazioni anziane consegnano ai giovani che si affacciano sulla scena del mondo”. (Allegato alla Dir. Min. 8.2.1996 n. 58, Nuove dimensioni formative, educazione civica e cultura costituzionale) 45


strumenti La condizione dello studente a Trento È una pubblicazione di un’indagine statistica che si concentra prima di tutto – ma non solo – sul contributo socio-economico degli universitari alla comunità trentina. Si tratta di una ricerca promossa e realizzata, nelle sue varie fasi di raccolta ed elaborazione dati, da un gruppo di studenti universitari provenienti da differenti estrazioni disciplinari, ma tutti appartenenti all’Ateneo trentino. Tale iniziativa, patrocinata dalla Provincia Autonoma di Trento e dall’Università degli Studi di Trento, si è sviluppata tramite il Piano Giovani d’Ambito T.A.U.T. (Tavolo delle Associazioni Universitarie Trentine). Oltre il mero contributo economico e l’impatto nell’economia locale che hanno gli studenti universitari, l’intento di questa indagine è volto ad analizzare le dinamiche sociali e i meccanismi di inserimento nell’ambiente culturale e nell’offerta di intrattenimento della città di Trento. I numeri e le percentuali riportate in questo lavoro, quindi, non quantificano solo il contributo socio-economico, ma tentano anche di evidenziare la ricchezza e la profondità delle relazioni che legano, in particolar modo, gli studenti universitari al territorio trentino. A quanto ci è dato sapere, non esistono lavori simili i cui committenti siano stati, come in questo caso, proprio gli studenti. Quindi, se l’obiettivo delle politiche giovanili provinciali è quello di supportare non iniziative di facciata, ma progetti concreti, che diano ai giovani prospettive di futuro, si può concludere affermando che siamo sulla strada giusta. Informazioni: www.taut.it andrew.cecchinato@gmail.com armando_mbc@hotmail.com

Professione\Giovane\Professionista “Cosa sono” e “cosa fanno” le professioni intellettuali regolamentate? Con chiari obiettivi di orientamento per i giovani, è a questa domanda che vuole rispondere l’opuscolo informativo Professione\Giovane\Professionista edito dal Gi. Pro, Tavolo “Giovani e Professioni” del terzo Piano d’Ambito (insieme a quelli dedicati alle categorie economiche e alle associazioni universitarie). Si tratta di un piccolo prodotto editoriale, quindi, che nasce con l’intento di essere uno strumento ad uso degli studenti delle scuole medie superiori, affinché compiano una scelta consapevole e vengano stimolati ad investire coscientemente in un progetto di vita. Ma in modo più ampio, tale pubblicazione si rivolge anche a quel giovane che dovendo scegliere una scuola, una facoltà o una specializzazione, può aver bisogno di raccogliere informazioni, dati e notizie, utili per iniziare a pensare al proprio futuro professionale. Pagina dopo pagina, attraverso descrizioni di storie, di facce e di possibilità di realizzazione personale, può essere soddisfatta anche la semplice curiosità di scoprire quel mondo che c’è dietro al nome “conosciuto” di una professione. Progetti editoriali simili, nati da importanti sinergie fra gli Ordini, i Collegi professionali e le politiche giovanili della Provincia, costruiscono i percorsi che valorizzano sempre di più la grande risorsa che i giovani trentini rappresentano per il territorio. Infatti, come viene scritto nelle battute introduttive dell’opuscolo qui presentato: “una comunità è viva quando riesce a trovare gli spazi d’espressione anche alle più giovani professionalità. Quando sa offrire un futuro a chi chiede di poter investire sul proprio lavoro e sulla propria passione”. Informazioni: www.gipro.tn.it referente.tecnico@gipro.tn.it A cura di Andreas Fernandez

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UNIVERSITà

l’incontro UNIVERSITÀ

Dibattito scientifico al caffé Martedì 12 gennaio alle 11.00 al TJ BAR in via delle Orne, in pieno centro a Trento, il rettore dell’Università di Trento Davide Bassi ha presentato il Caffè Scientifico “Farsi UN’Idea”, un’iniziativa strutturata con incontri tenuti al bar, dove tra un caffè e un pasticcino, professori, ricercatori ed esperti dialogano con tutti i cittadini, giovani e meno giovani. Appuntamento ogni terzo venerdì del mese al TJ BAR dalle 16.00 alle 17.00 fino luglio 2010 aperto a tutti. L’elemento chiave non è la conferenza tradizionale e accademica, ma si basa sull’idea di una conversazione. Le argomentazioni presentate non puntano a dare soluzioni, ma offrono opportunità per discutere, porre domande, chiarirsi dubbi, sono in sostanza spunti per un’autonoma riflessione. Abbiamo seguito la presentazione ed il primo incontro più direttamente legato al mondo della scuola: “Religione a scuola. Cosa prevede la legge italiana?”. Al bar con i prof Accanto a persone che sorseggiano il caffè e chiacchierano in un posto informale, come il bar, si svolge una discussione con tematiche ogni volta differenti tenuta da professori e ricercatori dell’Università di Trento che, su base volontaria, hanno raccolto l’invito di parlare di argomenti vari, come la religione a scuola o il gelato all’azoto o il futuro del dialetto. Rappresenta un tipo di approccio più diretto e vicino non solo agli studenti, ma anche ai cittadini in generale. È un primo ciclo sperimentale con vari argomenti, affrontati in maniera leggera, ma seria, di cose scientifiche. Sul sito www.unitn.it è possibile scaricare il programma e vi si trovano anche anticipazioni sui temi dei vari appuntamenti con una presentazione degli ospiti. Protagonisti tutti i presenti che, liberi di intervenire nella discussione, ponendo domande agli ospiti, sia professori universitari che ricercatori o esperti. Religione a scuola. Cosa prevede la legge italiana? Il primo appuntamento è stato presentato da Erminia Camassa docente di Diritto ecclesiastico italiano e Diritto comparato delle religioni alla Facoltà di Giurisprudenza di Trento. Tra le domande poste c’è stato n.4 aprile 2010

cosa succede in Europa. In Italia l’insegnamento della religione cattolica è disciplinato da una legge, mentre in Europa le situazioni sono molto diversificate. Simile all’Italia, con nessuna religione alternativa, c’è solo il Portogallo. Anche la Spagna negli ultimi anni ha molto laicizzato l’insegnamento della religione cattolica. In Germania si insegnano le religioni più presenti sul territorio e poi una materia non definita, tipo etica pubblica laica. In Francia, invece, non solo non si insegna religione nella scuola pubblica, ma gli stessi simboli non sono ammessi per la neutralità dello stato pubblico e quindi anche della scuola, valore da difendere a tutti i costi. La normativa italiana, a dire la verità, prevede che gli studenti, con l’avvallo della loro famiglia, possano non avvalersi dell’ora di religione cattolica e, in tal caso, la scuola è obbligata ad organizzare attività alternative. Insegnare religione Altri quesiti riguardavano sia i contenuti dell’insegnamento della religione che la figura professionale dell’insegnante di religione. Il docente di religione non può discostarsi dalle direttive e dai principi della Chiesa cattolica con riferimento al Concordato del ‘29 e all’Accordo dell’ ’84 con lo stato italiano, che deve garantire l’insegnamento della religione cattolica. I contenuti sono controllati e approvati dalla Conferenza Episcopale e quindi va fatta una mediazione tra la libertà di insegnamento e i contenuti stessi che devono essere di tipo culturale e non catechetico. pur nel rispetto dei i principi cristiani cattolici. Dal punto di vista giuridico non c’è obbligo di fede da parte degli insegnanti, che sono laici con preparazione accademica scientifica (attestazione professionale e idoneità rilasciata dall’Ordinario Diocesano) e devono essere graditi all’autorità ecclesiale. (N. B.) 47


EDUCA 2010

l’avvio GENERAZIONI

Da Rovereto il via alla nuova edizione La passione per il futuro è ciò che fin dalla sua nascita caratterizza Educa, l’evento che propone l’educazione come agire positivo e come leva per costruire una società in cui viver bene. Ma di quale futuro stiamo parlando? Di quali aspettative? Di fronte ad un domani percepito come instabile, c’è il rischio di essere presi più dallo sconforto che dalla passione e rimanere schiacciati dai ritmi incalzanti del presente o rinchiusi in un passato che impedisce di proiettarsi nel futuro. Giovedì 8 aprile 2009 c’è stato a Rovereto il primo appuntamento “ufficiale” con gli Amici di Educa, le organizzazioni che hanno collaborato alle scorse edizioni” con la lectio magistralis di Ivo Lizzola, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bergamo. Dal 23 al 26 settembre 2010 Educa 2010, dal 23 al 26 settembre riempirà gli spazi di Rovereto per parlare di GENERAZIONI, “cuore e chiave di lettura dell’evento”, come le ha definite Silvia Cavalloro - Forum Trentino delle Famiglie e membro del Comitato Organizzatore - all’appuntamento dell’8 aprile. All’incontro Michele Odorizzi - presidente del Comitato - ha riflettuto sulle origini di Educa e ricordato il suo essere non solo evento ma progetto culturale ampio e partecipato che crea opportunità di confronto e produce sapere nel campo dell’educazione. È stato un momento anche di dibattito - che continua sul Forum di educaonline.it - perché la co-

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struzione partecipativa è caratteristica di Educa per continuare a sviluppare i contenuti, approfondirli e favorirne la sedimentazione in più luoghi. Trento, Padova e Milano sono infatti solo alcune delle tappe in cui Educa presenterà il tema di quest’anno. Quella delle generazioni è una fitta filigrana che a settembre si snoderà attraverso seminari specifici rivolti ad insegnanti, genitori e formatori, ma anche attraverso dialoghi aperti a tutti; non mancheranno il confronto di esperienze pratiche, buone prassi e il linguaggio delle emozioni, quello teatrale e cinematografico, affinché ognuno possa vivere un’esperienza motivante e sentirsi parte di un’unica comunità. Futuro, contestazione e memoria saranno le parole chiave attorno a cui si intrecceranno i

dialoghi: futuro in quanto essenza di Educa, memoria, necessariamente legata al domani, perché patrimonio rigenerante da donare alle nuove generazioni, e contestazione come leva di cambiamento, letta in una dimensione più spirituale e interiore. Ci si interrogherà sulle relazioni intergenerazionali non solo in famiglia, fra nonni e nipoti, ma anche tra e nelle diverse culture che abitano luoghi differenti. È la “danza delle generazioni”, come l’ha definita Ivo Lizzola, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bergamo, durante la lectio magistralis dell’8 aprile. Una danza complessa, partecipata da tanta forza quanta fragilità, in cui i nonni si prendono cura dei nipoti, ma anche i nipoti disegnano sempre più il loro tempo attorno alla presenza dei nonni. “Un’iniziativa che metta al centro il tema delle generazioni è un’occasione riflessiva preziosissima sostiene Lizzola - per riscoprire i rapporti, e imparare a conoscersi attraverso i racconti che scorrono le generazioni, per lasciare ma anche per ereditare. Se non riconquistiamo il senso delle generazioni rischiamo di costruire, in una società così fragile come quella di questo tempo, una gerarchia sociale che porterebbe all’indifferenza reciproca.” Miriam Branz

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OFFEERTA VARIA

il concorso

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ore 8.15 registrazione dei partecipanti ore 8.45 saluti

La Bottega dell’Arte Emma Alborghetti - associazione culturale nità di Primiero Comu a cultur alla ore assess guz Paolo Mene TAA e consigliere provinciale ale Region lio Consig ente presid li Marco Depao

creativa”

dell’intelligenza ore 9.15 “Le strategie Cognitiva - Università Cattolica di Milano Alessandro Antonietti - docente di Psicologia

delle intelligenze multiple”

ne gerarchica ore 10.15 “L’organizzazio rale - Università di Padova Cesare Cornoldi - docente di Psicologia Gene ore 11.15 pausa caffè

motivata” ore 11.30 “L’intelligenza Personalità - Università di Padova Rossana De Beni - docente di Psicologia della ore 12.30 dibattito ore 13.00 pausa pranzo nze”

bino e più intellige di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione ore 14.15 “Un solo bam te Paola Nicolini - psicologa, psicoterapeuta, docen Università di Macerata are il potenziale creativo

a: svilupp ore 15.15 “Intelligenze all’oper °” 360 a i bin o dei bam Generale - Università Cattolica di Milan Manuela Cantoia - docente di Psicologia - Università Cattolica di Brescia rale Gene logia Psico di te docen bo Colom e Barbara

del conoscere” ore 16.15 “Lo stupore rsità degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Carla Rinaldi - docente di Pedagogia - Unive Presidente di Reggio Children

enziare le funzioni intellettive

lligente, ma… Pot ore 17.15 “Sarebbe inte esecutive a scuola”Università di Padova, USP di Treviso Beatrice Caponi - psicologa, ore 18.00 dibattito e chiusura lavori Dalla Gasperina moderatore del convegno: Sandroegno : Prof. Cesare Cornoldi coordinatore scientifico del conv di partecipazione al Convegno. A richiesta sarà rilasciato l’attestatomagg io 2010 Iscrizioni al convegno entro il 14

MODULO DI ISCRIZIONE

di € 10,00 nte modulo e versando l’importo sario iscriversi compilando il segue Per partecipare al convegno è neces Bottega dell’Arte codice IBAN: IT83 CO82 7935 6800 0000 0052 420 La ione sul c/c intestato all’Associaz il nominativo dell’iscritto! specificando nella causale

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ne al convegno (8 ore) che ritirer

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Firma il 14 maggio 2010 a:

da rispedire compilato entro acqua (Tn) rte”- via Marconi 9 - 38054 Trans Associazione “La Bottega dell’A dell’associazione www.labottegadellarte.eu sito sul te amen dirett e oppure on-lin

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