Didascalie informa n.3 marzo 2010

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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

didascalie Rivista della scuola in Trentino

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SOMMARIO

DIDASCALIE

ciclo, i quadri orari protocollo coi sindacati provincia/delibere: Il calendario scolastico dalle scuole/Primaria Vela: In aula col baco la notizia/Secondo

Rivista della scuola in Trentino Periodico mensile Anno XIX, numero 3 marzo 2010

la notizia/Il

Rivista promossa dalla Provincia Autonoma di Trento (L. P. 3 maggio 1990, n.15, art. 22) Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 745 dell’11.1.1992 Direttore responsabile: Giampaolo Pedrotti

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il dossier dentro la novità

Coordinatore: Mario Caroli E-mail: mario.caroli@provincia.tn.it

“ROVERETO HA FATTO… CENTRO!” Il Centro per la formazione continua e l’aggionamento del personale insegnante

In redazione: Norma Borgogno Patrizia Lucca Manuela Saltori (segreteria) In questo numero: Renata Attolini, Marialisa Biasi, Norma Borgogno, Lina Broch, Mario Caroli, Vera Casetti, Luciano Covi, Gustavo Pietropolli Charmet, Marta Dalmaso, Marilena Degasperi, Giuseppe Deluca, Marco Donati, Michele Dossi, Liliana Dozza, Olga Esposito, Italo Fiorin, Maurizio Giangiulio, Anna Goio, Remo Job, Patrizia Lucca, Mariapaula Mazzalai, Elisabetta Montagni, Stefano Oss, Massimo Parolini, Giuseppe Peranzoni, Giorgio Robol, Daniele Siviero, Maria Giovanna Spinelli, Loris Taufer

Il dossier Il Centro I soggetti Caro Centro, ti scrivo… Il forum Il convegno La riflessione Inserto a cura di: Mario Caroli Interventi: Marilusi Angelico, Renata Attolini, Marialisa Biasi, Norma Borgogno, Lina Broch, Mario Caroli, Vera Casetti, Luciano Covi, Gustavo Pietropolli Charmet, Marta Dalmaso, Giuseppe Deluca, Marco Donati, Michele Dossi, Liliana Dozza, Olga Esposito, Italo Fiorin, Maurizio Giangiulio, Riccardo Iannicello, Anna Goio, Remo Job, Patrizia Lucca, Stefano Oss, Massimo Parolini, Giuseppe Peranzoni, Giorgio Robol, Daniele Siviero, Maria Giovanna Spinelli, Loris Taufer, Stefano Tomasi

Redazione: Via Gilli 3, 38121 Trento tel. 0461/497268 - 69 fax 0461/497267 Realizzazione e Stampa Litografia Effe e Erre - Trento Per richiedere la rivista Didascalie telefonare o mandare un fax o scrivere a: Redazione Didascalie, Palazzo Istruzione via Gilli, 3 – 38121 Trento E-mail: didascalie@provincia.tn.it Didascalie è stampata su carta ecologica, sbiancata senza cloro Le foto di questo numero sono di: archivio Didascalie, fornite dai diretti interessati, Archivio Ufficio stampa PAT

Inserto 9-40 dalle scuole/I.C.

Riva2: Genitori, a scuola di software libero 41-42 Primaria Madonna Bianca: E-learning, come utilizzare la LIM 43-44 Primaria Baselga Pinè: Danzare insieme per la pace 45 segnaliamo/Il libro: Caro sessantotto, di E. M. Montagni 46-47 segnaliamoLa recensione: La grande guerra delle minoranze 48 segnaliamole schede: Piano educativo individualizzato di Ianes-Cramerotti terza di copertina offerta varia/l’evento: Educa 2010 quarta di copertina

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

didascalie Rivista della scuola in Trentino

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AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006 08/02/2006

Vera Cadi: Mario Caroli Mario Caroli, DeluInserto a cura Lina Broch, Giuseppe di: Norma Borgogno, Marta Dalmaso, Interventi Maurizio Marialisa Biasi, Charmet, Italo Fiorin, Renata Attolini,Covi, Gustavo Pietropolli Dozza, Olga Esposito, Parolini, GiuLiliana Oss, Massimo Loris Taufer setti, Luciano Michele Dossi, Lucca, Stefano Spinelli, ca, Marco Donati,Goio, Remo Job, Patrizia Maria Giovanna Anna Daniele Siviero, Giangiulio, Giorgio Robol, seppe Peranzoni, n.3 marzo

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In copertina in alto: un’immagine degli scolari della primaria di Vela al lavoro sul baco da seta (vedi servizio alle pagine 5-8); sempre in alto, a destra, la copertina del libro di M. E. Montagni letto nel Segnaliamo da Mario Caroli (pagine 46- 47); in basso, la copertina e un’immagine del dossier interno su “Rovereto ha fatto Centro…” (vedi pp. 9-40) n.3 marzo 2010


LA NOTIZIA

SECONDO CICLO

I nuovi quadri orari dal 2010-2011 Nella riunione straordinaria di martedì 16 marzo 2010, la Giunta ha approvato la delibera proposta dall’Assessore all’istruzione e allo sport, Marta Dalmaso, con le “Discipline obbligatorie e quantificazione oraria di insegnamento delle stesse per i percorsi del secondo ciclo di istruzione per l’anno scolastico 2010-2011”. Si tratta di un’iniziativa innovativa ai sensi dell’articolo 57 della legge provinciale n. 5 del 2006. Nelle scuole ancora i dubbi tra 50’ e 60’ Dal prossimo anno scolastico, oltre alla nuova realtà dell’offerta formativa approvata dalla Giunta provinciale il 23 febbraio scorso, negli istituti del secondo ciclo entreranno in vigore i nuovi quadri orario, con l’indicazione delle discipline obbligatorie, del monte ore annuale e dell’articolazione settimanale delle stesse, con la proposta di “un modello trentino” basato sull’unità di lezione di 50’, ferma restando l’autonomia delle singole scuole di decidere quella di 60’ con evidenti conseguenze differenti sia in termini di assegnazione di organico del personale insegnante sia di utilizzo di ulteriori spazi di flessibilità e autonomia. “Ora la riflessione ed il confronto si sposterà prevalentemente sui contenuti dei piani di studio che verranno elaborati dai gruppi di lavoro dei docenti assieme agli esperti dei vari ambiti di indirizzo – ha dichiarato l’assessore Dalmaso - Con questa nuova delibera, però, studenti e famiglie hanno ulteriori elementi conoscitivi per una scelta più consapevole e mirata nella fase delle iscrizioni per il prossimo anno, mentre per gli insegnanti procede anche al tavolo dell’Apran la trattativa con i sindacati per un’applicazione efficace e condivisa della riforma”. Comunque, ha ricordato l’assessore, la delibera riguarda l’anno scolastico 2010/2011 ed è prevista una verifica sull’applicazione già entro febbraio 2011, come indicato nel Protocollo d’intesa sottoscritto coi sindacati. Il modello di 50’ La delibera contiene anche le motivazioni sulla scelta di un modello basato sull’unità di lezione di 50’ (peraltro già diffusa come scelta nella maggioranza delle scuole del Trentino), per un’organizzazione modulare del monte ore meno gravosa per gli studenti e per unificare i tempi su tutto il territorio provinciale. Il monte ore annuale medio non è inferiore a 930 ore per i licei ed a 990 ore per gli istituti tecnici ed i quadri orari settimanali per gli indirizzi che partono dal primo settembre prossimo vengono definiti con un numero di lezioni che varia da 32 ore per i licei, 38 per gli artistici e 35 per l’istruzione tecnica e professionale. Confermata la scelta di un’area comune nel primo biennio, “con duplice obiettivo di consolidare e sviluppare gli apprendimenti del primo ciclo e di assicurare una solida base comune, anche in funzione di un eventuale riorientamento”. Per quanto riguarda le lingue straniere, nel primo anno di tutti i percorsi del secondo ciclo è previsto l’insegnamento sia della lingua inglese che di quella tedesca, ma resta la possibilità dell’insegnamento di una lingua comunitaria diversa da quella tedesca “esclusivamente nei casi di consolidate esperienze già in atto, su motivato progetto dell’istituzione scolastica da autorizzare da parte della struttura provinciale competente”. I quadri orari prevedono da due a quattro lezioni settimanali a disposizione delle istituzioni scolastiche per la caratterizzazione del triennio sia attraverso il potenziamento delle discipline previste dal quadro orario, sia con l’introduzione di nuovi insegnamenti coerenti con il profilo dell’indirizzo. Tutta la documentazione sulla riforma si può consultare e scaricare dal portale della scuola trentina www.vivoscuola.it, nello spazio apposito già in homepage. (m.c.) n.3 marzo 2010

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il protocollo con i sindacati

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PROVINCIA

delibere CALENDARIO

Approvato per l’a. s. 2010-2011 Nella seduta del 26 marzo 2010 la Giunta provinciale ha approvato la delibera con il “Calendario delle attività didattiche dell’anno scolastico 2010/2011 nelle istituzioni scolastiche della provincia di Trento, nella scuola dell’infanzia e negli istituti e centri di formazione professionale”. Minino: 206 giorni di lezione Inizio delle lezioni: giovedì 9 settembre 2010 Fine delle lezioni: sabato 11 giugno 2011 Numero minimo di giorni di lezione : 206 Giorni a disposizione delle istituzioni scolastiche e formative: 2 Giorni di vacanza: tutte le domeniche; lunedì 1 novembre 2010 e martedì 2 novembre 2010 (ponte della festività di Ognissanti); mercoledì 8 dicembre 2010 (festività dell’Immacolata concezione); da giovedì 23 dicembre 2010 a sabato 8 gennaio 2011 (vacanze di Natale); da lunedì 7 marzo 2011 a mercoledì 9 marzo 2011 (vacanze di carnevale) da mercoledì 20 aprile 2011 a mercoledì 27 aprile 2011 (vacanze di Pasqua); giovedì 2 giugno 2011 (Anniversario della Repubblica). I giorni di vacanza fissati dall’istituzione scolastica coincidono per tutti i plessi di competenza, salvo che per l’eventuale determinazione di un giorno di vacanza per la festa del Patrono qualora essa cada nel corso dell’anno scolastico e fermo restando che la festa medesima rientra in ogni caso nei giorni “a disposizione”. Negli istituti comprensivi di scuola elementare e secondaria (Ladino di Fassa e Primiero) i giorni di vacanza possono essere deliberati distintamente per la scuola del secondo ciclo di istruzione rispetto alle scuole del primo ciclo. Formazione Professionale Attività didattiche degli istituti e centri di formazione professionale, provinciali e convenzionati. L’attività formativa degli istituti e centri di formazione professionale iniziale di base, provinciali e convenzionati inizia giovedì 9 settembre 2010. Gli istituti provinciali di formazione professionale iniziale di base e ciascun ente convenzionato provvedono all’organizzazio ne temporale delle lezioni, comprese le sospensioni dell’attività didattica di base e dell’orario dei docenti, nel rispetto della durata corsuale e degli ordinamenti didattici previsti per i corsi di formazione professionale iniziale di base. 4

Il dirigente il Servizio Scuola dell’infanzia, istruzione e formazione professionale fissa il periodo di svolgimento degli esami di qualificazione professionale, tenuto conto delle esigenze relative all’avviamento al lavoro degli allievi qualificati con riferimento alla realtà produttiva locale e alla programmazione delle attività, fissa inoltre il periodo di svolgimento degli esami di diploma provinciale di formazione professionale. Festività religiose ebraiche nel 2010 Si considerano giustificate le assenze degli alunni ebrei dalla scuola e dai corsi di formazione professionale, su richiesta dei genitori, ovvero dell’alunno se maggiorenne, nel giorno di sabato e nei giorni in cui si svolgono le festività del 2010, quali indicate dal Ministro dell’interno con proprio decreto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 115 del 20 maggio 2009. Per l’anno solare 2010 si farà riferimento all’atto che verrà a suo tempo emanato. 9 e 10 settembre 2010: Rosh Ha Shanà (Capodanno) 17 e 18 settembre 2010: Kippur (Vigilia e digiuno di espiazione) 23, 24, 29 e 30 settembre 2010: Succoth (Festa delle Capanne) 1 ottobre 2010: Simchat Torà (Festa della legge) Pesach ( Pasqua): vigilia, primo e secondo giorno, settimo e ottavo giorno Shavouth (Pentecoste): primo e secondo giorno Digiuno del 9 di AV Scuole dell’infanzia Per le scuole dell’infanzia le attività didattiche per l’anno scolastico iniziano mercoledì 1 settembre 2010 e terminano giovedì 30 giugno 2011. Fermo restando il periodo di durata di dieci mesi dell’attività didattica, i comitati di gestione delle scuole dell’infanzia deliberano il calendario scolastico, anche speciale, in relazione alle specifiche esigenze sociali del territorio in cui ha sede la scuola (es. calendario turistico, con aperture nei mesi di luglio e agosto). I giorni ed i periodi di sospensione dell’attività didattica per le scuole dell’infanzia sono i seguenti: tutti i sabati e le domeniche; lunedì 1 novembre 2010; mercoledì 8 dicembre 2010 (festività dell’Immacolata concezione); da giovedì 23 dicembre 2010 a venerdì 7 gennaio 2011 (vacanze di Natale); da mercoledì 20 aprile 2011 a mercoledì 27 aprile 2011 (vacanze di Pasqua); giovedì 2 giugno 2011 (Anniversario della Repubblica). È riconosciuta come giornata festiva la festa del Santo patrono del luogo in cui è ubicata la scuola. Servizio pubblico di trasporto Il servizio di trasporto della Trentino trasporti, sia di linea che speciale, è garantito per le scuole dell’infanzia dall’1 settembre 2010 al 30 giugno 2011 e per le restanti scuole dal 9 settembre 2010 all’11 giugno 2011 con esclusione dei giorni individuati dai paragrafi 1 e 4 del presente provvedimento. Il servizio erogato dall’aggiudicatario dei servizi di trasporto scolastico speciale e dagli altri trasportatori è garantito per 208 giorni di scuola e sospeso nei giorni di vacanza, in conformità a quanto deliberato dalle singole istituzioni scolastiche e dai comitati di gestione delle scuole dell’infanzia nel rispetto di quanto previsto dai paragrafi 1 e 4 del presente provvedimento. (m.c.) n.3 marzo 2010


DALLE SCUOLE

scuola primaria “S. Vigilio” Vela – I. C. TN6 IN AULA COL BACO

L’esperienza col Museo di scienze I bambini aspettano guardando fuori dalla finestra del primo piano. Sono molto emozionati perché stanno per concludere un progetto sperimentale “Dal baco al filo di seta”che è iniziato in settembre e in cui hanno allevato, in collaborazione con il Museo Tridentino di Scienze Naturali, il baco da seta, anzi tanti bachi da seta. Quando Maria Vittoria Zucchelli, l’esperta del museo, ha avviato il progetto affidando ai bambini di seconda e terza elementare e alle loro insegnanti le uova di Bombyx mori, nome scientifico del baco da seta, non ci si aspettava fosse così bello, né così impegnativo. Collaborando tutti assieme sono riusciti ad allevare il baco da seta, assistere al suo ciclo vitale, conoscendo le caratteristiche anatomiche degli stessi, le malattie, osservando lo sfarfallamento fino ad arrivare all’estrazione della seta dal bozzolo.

In classe Il progetto sperimentale ha coinvolto le due classi di seconda e terza elementare del plesso della Vela. Erica, una bambina estroversa, prova a raccontare tutte le varie fasi del loro lavoro cercando, di tanto in tanto, conferma per i termini specifici sia nello sguardo delle maestre che in quello di Maria Vittoria, l’esperta del museo, mentre Andrea l’aiuta. Insieme si entusiasmano ripercorrendo le varie fasi, n.3 marzo 2010

la consegna delle uova, la comparsa delle prime larve voracissime di foglie di gelso bianco, l’osservazione al microscopio di quei vermetti bianchi che, se all’inizio sembravano un po’ disgustosi, poi sono diventati simpatici. Per i bambini erano quasi cuccioli da proteggere, con lo stupore di certe mamme, come quella di Arianna che di avere quegli strani ospiti nel fine settimana non se l’è proprio sentita. Già ospiti, perché aderire a questo progetto sui bachi da seta significa prendere

in consegna le uova, aspettare che nascano le larve, procurare le foglie di gelso bianco fresche tutti i giorni cercando nei boschetti vicino a casa o chiedendo ai vicini di casa. Poi arriva il momento in cui le larve cominciano a bozzolare e allora cominci veramente ad emozionarti, raccontano le maestre, vedendo cosa è capace di fare questo piccolo invertebrato. Se capita poi che questo succeda nel fine settimana in cui ti sono stati affidati i bachi come è successo a Luca non rimane che spedire mail a tutti i compagni di classe per condividere la novità. Allevare i bachi Naturalmente non è facile prendersi cura di esseri viventi soprattutto per i bambini che trascorrono tante ore a scuola, infatti i bruchi mangiano ben 5 volte al giorno foglie fresche di gelso che deve, possibilmente, essere della qualità bianca perchè le foglie sono più tenere. I bachi inoltre non possono essere lasciati incustoditi perché morirebbero dopo poco. Ogni giorno quindi, a turno, un bambino si è portato a casa la bacheca con gli insetti, avvolgendola in una calda coperta di lana e con la responsabilità di far sopravvivere il prezioso tesoro in custodia. In realtà qualche piccolo incidente c’è stato: qualche baco è morto e alcuni si sono ammalati, così come accade anche agli esseri umani spiegano i bambini, ma tutto è stato portato a termine nel migliore dei modi tenendo presente che anche questo fa parte del ciclo della vita. Importante si è rivelato essere il coinvolgimento con i genitori, che hanno contribuito non solo al reperimento delle foglie di gelso, ma alla fine delle lezioni, soprattutto quelle tenute dall’esperta, venivano resi partecipi dei progressi dei bachi e invitati in classe a vedere di persona i progressi dell’allevamento. 5


Impegno ma tanta emozione Perché è stato proposto questo progetto? Cosa hanno imparato questi bambini di seconda e terza elementare da questo progetto affascinante ma anche faticoso e impegnativo? La cosa migliore era chiederlo agli stessi protagonisti. All’inizio bambini erano spaesati, non capivano cosa dovevano dire di preciso…poi hanno cominciato a raccontare le loro emozioni con la semplicità che può essere solo dei piccoli. Per prima cosa hanno imparato a conoscere gli animali invertebrati e vertebrati, a classificare gli animali, riconoscerne la morfologia e quindi dove sono le zampe, come sono, quanto vedono, quanto mangiano, come muoiono. Luca racconta di come è stato bello allevare tutti insieme, collaborando tra di loro per dare il cibo ai bachi, per pulire gli escrementi o per portarli a casa sia tutti i giorni che nel fine settimana, preoccupandosi di non farli morire dal freddo. Prendendosi cura di insetti vivi i bambini hanno capito che ogni essere vivente va rispettato e apprezzato, tanto che se all’inizio prendevano i bachi con la pinzetta successivamente questa operazione veniva fatta direttamente con le mani. Non solo seta Da queste esperienza i bambini della Vela hanno imparato a fidarsi l’uno dell’altro, quando era ora di portare a casa l’allevamento dei bachi; ad aiutarsi reciprocamente nel recuperare le foglie di gelso; ad avere pazienza, aspettando giorno per giorno il succedersi delle varie fasi del ciclo vitale: le uova, le larve, la muta, la fabbricazione del bozzolo, la crisalide; il senso di responsabilità nei confronti di insetti vivi, che han6

no bisogno di nutrimento e cure continue. La pazienza nell’aspettare l’evoluzione dei bachi in bozzoli fino alla loro trasformazione in farfalle e l’esperienza della morte, non fine a se stessa ma che lascia qualcosa di tangibile, prezioso prodotto dei bachi, il bozzolo con all’interno il filo di seta (da cui si farà poi la trattura). Dal punto di vista didattico i bambini hanno sviluppato abilità manuali, hanno imparato l’osservazione attraverso semplici strumenti di laboratorio, hanno approfondito la conoscenza degli invertebrati e l’ecologia del baco da seta, hanno acquisito conoscenze sulla bachicoltura e riconosciuto l’ importanza di questo particolare allevamento in Trentino in un passato molto recente. Un progetto quindi che ha anche lo scopo di alimentare la memoria per non perdere le proprie radici oltre che la sua importanza dal punto di vista storico ed etnografico. A scuola Dal punto di vista delle materie è grandissima la trasversalità: le scienze con l’analisi degli invertebrati e loro morfologia ma anche con il riconoscimento delle foglie di gelso necessarie per il nutrimento dei bombi e la segnalazione dei luoghi dove ritrovare le piante (geografia), oltre all’interesse scientifico per l’essere vivente; l’italiano con il racconto giornaliero delle varie fasi di vita dei bachi e la produzione di documentazione fotografica; l’educazione all’immagine con cartelloni con foto e spiegazio-

ni e pannelli in cui è stata realizzata una piccola collezione contenente elementi prodotti durante le varie fasi dell’allevamento; il punto di vista storico e la ricerca di persone anziane che ricordano come venivano adattate le abitazioni per affrontare l’allevamento del baco da seta e gli strumenti utilizzati dai bachicoltori. La trattura Dopo tanti mesi di lavoro, dopo aver allevato i bachi con tanta dedizione il 28 gennaio è arrivata la fase finale, la conclusione del lavoro: la trattura, cioè l’estrazione della seta dal bozzolo. Maria Vittoria, l’esperta che ormai i bambini adorano, prepara un pentolino di rame in cui inserisce 6 bozzoli che andranno a creare un unico filo di seta. Dopo aver portato l’acqua con i bozzoli galleggianti alla temperatura di 90 gradi con uno scopino particolare fa impigliare nelle setole un po’ di seta presenti sugli stessi in modo da ricavarne il capobava. All’inizio sembra di non vedere nulla, ma poi a guardare bene si vede un sottilissimo filo, il filo di seta. I bambini si agitano e a uno a uno si avvicinano per vedere bene. I fili vengono uniti assieme e collocati in uno strumento che Maria Vittoria si è fatto ricostruire da un esperto su disegno di un antico modello. Girando una manovella i bambini a turno cominciano a srotolare i quasi 300 metri di seta che produce ogni bozzolo. Sono agitati, sono contenti, ma anche silenziosi sia perchè percepiscono che il momento è magico sia perché si rendono conto che il loro progetto è terminato e uno di loro commenta: “proprio come tutti noi bambini insieme abbiamo fatto un bel lavoro, così anche tanti bozzoli fanno un bel filo”. Norma Borgogno n.3 marzo 2010


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BOMBIX MORI

Il racconto delle insegnanti “BOMBYX MORI : la farfalla dal filo prezioso” progetto in collaborazione con il Museo di Scienze Naturali di Trento e le insegnanti della Scuola Primaria S. Vigilio di Vela. Coinvolte le classi seconda e terza, guidate dall’esperta Maria Vittoria Zucchelli; l’esperienza è durata da settembre a gennaio. La proposta di allevare i bachi da seta in classe, pur con qualche titubanza iniziale, è sembrata un’opportunità da non scartare sia per le insegnanti che per i piccoli alunni. Con questo progetto si è approfondito dal punto di vista scientifico lo studio dei bachi da seta e il loro ciclo vitale fino alla produzione di una matassa di seta. A scuola Molti i collegamenti trasversali con tutti gli ambiti disciplinari: dallo studio scientifico allo studio storico-geografico, dalla produzione linguistica alla produzione iconica, alle competenze relative al metodo di lavoro e di studio. L’esperienza è ricaduta positivamente su tutti bambini che hanno potuto: confrontare le proprie idee con quelle degli altri, individuare problemi e domande, fare ipotesi per la ricerca di soluzioni, consultare materiale scientifico e trarne conclusioni; inoltre sperimentare a classi aperte il lavoro di gruppo, con i compagni di età e di lingua diverse e sviluppare modalità di buona convivenza come l’ascoltarsi, l’aiutarsi, portare il proprio contributo al gruppo, aspettare il proprio turno, usare un tono di voce adeguato. I “Bombyx mori” allevatori L’impegno è stato notevole e il coinvolgimento da parte nostra e dei bambini nella crescita e nell’allevamento di questi piccoli esseri ci ha portato soddisfazioni ed emozioni impensate. I bambini 8

sono stati avviati all’uso di strumenti scientifici e di uso comune come: lo stereomicroscopio e la lente d’ingrandimento per l’osservazione degli aspetti morfologici dei Bombyx , il termometro per la misurazione della temperatura, l’orologio perchè i bachi mangiavano inizialmente ogni due ore, poi a circa metà della loro crescita ogni quattro ore, il righello per misurare tutto ciò che era misurabile. Il reperimento delle foglie di gelso bianco è stato un impegno costante per garantire l’alimentazione quotidiana visto che i bachi gradivano solo foglie fresche. C’è stato un momento in cui i bambini hanno fatto richiesta di accudire personalmente i bachi a casa nelle ore serali. Questo ha provocato fermento nelle varie famiglie, ma i bambini con il loro entusiasmo hanno saputo coinvolgere anche i genitori più riluttanti. Ogni giorno a turno venivano portati a casa i particolari ”ospiti” assicurando loro un’alimentazione serale, una cura appropriata e dando l’opportunità di osservare i quotidiani mutamenti. Ciò ha portato i bambini a utilizzare il computer: comunicando in tempo reale, tramite posta elettronica, gli avveni-

menti più salienti, come la nascita della prima farfalla. Un mondo di emozioni Grande l’entusiasmo che lo sviluppo dei bachi ha provocato in tutti noi: la nascita delle larve, il ritrovamento delle mute, la tavolozza di colori che i fili dei bozzoli (arancione, bianco, rosa, verde chiaro) andavano formando, la nascita delle farfalle e il tenero mistero della riproduzione. Non sono mancati momenti di apprensione. La malattia che ha provocato la morte di alcuni bachi ha portato gli alunni a non scoraggiarsi e ad attivarsi per garantire agli altri bachi la sopravvivenza. Le foglie in autunno non davano più il giusto apporto nutrivo per la formazione del filo di seta e quindi alcuni bachi non hanno formato un adeguato bozzolo atto allo sviluppo della crisalide in farfalla. Anche il “parto “ è stato un momento delicato: i bambini hanno aiutato alcune farfalle ad uscire dal bozzolo. Sia i momenti di entusiasmo che quelli di apprensione sono stati comunque momenti di crescita personale, di arricchimento culturale e soprattutto di condivisione di esperienza. Marilena Degasperi, Mariapaula Mazzalai n.3 marzo 2010


il dossier

dentro la novità il dossier il centro i soggetti caro centro, ti scrivo… il forum il convegno la riflessione

“ROVERETO HA FATTO… CENTRO!” Il “Centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante” Inserto a cura di: Mario Caroli Interventi di: Renata Attolini, Marialisa Biasi, Norma Borgogno, Lina Broch, Mario Caroli, Vera Casetti, Luciano Covi, Gustavo Pietropolli Charmet, Marta Dalmaso, Giuseppe Deluca, Marco Donati, Michele Dossi, Liliana Dozza, Olga Esposito, Italo Fiorin, Maurizio Giangiulio, Anna Goio, Remo Job, Patrizia Lucca, Stefano Oss, Massimo Parolini, Giuseppe Peranzoni, Giorgio Robol, Daniele Siviero, Maria Giovanna Spinelli, Loris Taufer n.3 marzo 2010

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il dossier IL PUNTO

Un Centro che viene da lontano Un dossier della rivista dedicato al Centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante, che ha sede a Rovereto e che da qualche mese ha iniziato la propria attività con proposte dirette agli insegnanti, ma anche un Programma di attività pluriennale 2010-2012.

Nato da poco, ma con una storia alle spalle… Non lo nascondiamo. Era da tanto tempo che volevamo dedicare un inserto interno della rivista al “Centro” di Rovereto. Sempre combattuti tra la tentazione di fare una ricostruzione storica della stessa proposta di un polo formativo a Rovereto, che risale almeno a quindici anni fa e che è strettamente legata, da una parte alla dislocazione della stessa Università di Trento sul territorio provinciale e, dall’altra, all’articolazione territoriale dell’offerta di formazione e aggiornamento per gli insegnanti in uno scenario della scuola provinciale disegnato in modo policentrico già alla fine degli anni ’80 a ridosso della norma d’attuazione DPR 405/88: il Dipartimento Istruzione, la Sovrintendenza scolastica, il Consiglio scolastico provinciale, il Comitato provinciale di valutazione, l’Istituto Provinciale 10

per l’Aggiornamento Sperimentazione e Ricerca educativa (Iprase), la scuola a carattere statale, la scuola dell’infanzia provinciale ed equiparate, la formazione professionale, la comunicazione istituzionale (didascalie e vivoscuola), ed altre punti di riferimento che sicuramente ora sfuggono nella ricostruzione, senza tralasciare l’Università, San Michele, l’Istituto Trentino di Cultura ecc. ecc.. Un’incubazione piuttosto lunga dell’ipotesi di creare a Rovereto un polo attrattivo di tutta l’offerta di formazione continua per il personale della scuola, ma anche di coordinamento delle varie iniziative ad essa legate. Un percorso che ha dovuto via via fare i conti non solo con l’avvicendarsi degli assessori provinciali all’istruzione, ma anche con un quadro nazionale e provinciale profondamente mutato anche sul terreno delle competenze sulla formazione e l’aggiornamento degli insegnanti.

Pensiamo all’autonomia delle singole scuole, ma anche alla nuova mission dell’Iprase (ricerca) e, fino all’anno scorso, alla realtà delle SSIS (scuole di specializzazione all’insegnamento secondario) poi soppresse per lasciar posto ad un ruolo di diverso protagonismo delle singole Facoltà e dei loro Dipartimenti interdisciplinari. Negli ultimi due anni, l’ipotesi del “Centro” ha avuto un’accelerazione anche all’interno di un Seminario a Candriai tra Scuola e Università con interventi molto propositivi sulla prospettiva del Centro da parte di tutti gli intervenuti, a cominciare dal presidente Dellai e dal rettore Bassi. Tra gennaio e maggio del 2008, un Forum su Vivoscuola sul “Centro” ha fatto registrare quasi 8 mila visite, più di 200 messaggi, un riscontro entusiasta da parte dei docenti ed alcune idee precise sul futuro Centro. Oggi, il percorso ha una fisionomia diversa: passi concreti in avanti, ma anche alcune incognite da chiarire, il Centro che pensa ad una propria identità e i docenti che chiedono ancora di entrare a pieno titolo e con più visibilità in questo percorso. Questo inserto, con luci ed ombre, come sempre, vuole essere un contributo nella direzione indicata dai docenti. Mario Caroli n.3 marzo 2010


il Centro LE TAPPE

La lunga marcia a Rovereto “Centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante”. Questo il nome ufficiale del Centro di Rovereto, un nome lungo quasi come la marcia che ha dovuto fare per “vedere la luce” ed iniziare ad operare con proposte concrete così come sta facendo. Anche se, ci par di capire, non è ancora a pieno ritmo e il cammino da fare è ancora tanto. Ripercorriamo in questo spazio l’ultima fase di gestazione normativa ed operativa, certi di fare un servizio utile anche a quei docenti che hanno detto “di non sapere ancora nulla”. 4 aprile 2008: la delibera La Giunta provinciale approva la delibera con il Regolamento per l’ordinamento e il funzionamento del Centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante” a Rovereto. Con questo provvedimento la Giunta ha di fatto indicato la strada da seguire per l’avvio concreto al Centro, rispetto al quale c’è attesa da parte del mondo della scuola. 9 aprile 2008: il regolamento Decreto del Presidente della Provincia 9 aprile 2008, n. 12-119/ Leg (b.u. 6 maggio 2008, n. 19) Regolamento concernente l’ordinamento e il funzionamento del centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante. Il “Centro” - previsto dalla legge finanziaria 2008 con l’introduzione dell’articolo 42 bis della legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5 è un’agenzia della Provincia, con sede in Rovereto, dotata di autonomia amministrativa, contabile e tecnica, sottoposto ai poteri di direttiva, di indirizzo, sostitutivi e di controllo della Giunta provinn.3 marzo 2010

ciale. Al nuovo Centro vengono di fatto affidati i compiti precedentemente svolti dall’IPRASE in materia di formazione e aggiornamento del personale della scuola. Le attività del centro Così come definite in Regolamento. Il Centro: a) provvede alla formazione del personale insegnante delle istituzioni scolastiche e formative, anche per quanto riguarda l’anno di formazione obbligatoria dei docenti assunti a tempo indeterminato, con particolare attenzione agli aspetti metodologici e curriculari nonché al sostegno all’innovazione; b) provvede alla formazione di figure strumentali al supporto delle progettualità delle istituzioni scolastiche e formative e dell’attività formativa complessiva; c) offre supporto ai dirigenti e ai docenti delle istituzioni scolastiche e formative per lo sviluppo dell’attività di progettazione dell’offerta formativa rivolta al personale delle istituzioni stesse; d) promuove e collabora con soggetti pubblici e privati alla realizzazione di percorsi formativi,

certificati o certificabili anche in termini di crediti e di competenze, anche a livello nazionale e internazionale; e) promuove forme di collaborazione e di coordinamento fra gli operatori nazionali e internazionali della formazione. Il Centro promuove forme di partecipazione e coinvolgimento degli insegnanti, delle loro associazioni professionali e delle istituzioni scolastiche e formative del sistema educativo provinciale e può attivare forme di collaborazione, in Italia ed all’estero, con enti o istituzioni pubbliche o private operanti nell’ambito della formazione iniziale, continua e dell’aggiornamento del personale insegnante e con università. Gli organi e il il comitato scientifico Gli organi del Centro sono: il direttore, il comitato scientifico, il revisore dei conti Il Comitato scientifico risulta composto di nove esperti nella formazione del personale insegnante di cui: a) uno in rappresentanza dell’Università statale degli studi di Trento; b) uno in rappresentanza dell’IPRASE; 11


c) tre in rappresentanza di enti pubblici o privati, istituzioni comunitarie o internazionali; d) quattro individuati tra dirigenti o docenti di istituzioni scolastiche o formative provinciali, anche cessati dal servizio. Il Centro si avvarrà anche di personale docente e dirigente della scuola trentina, in utilizzo. 1 luglio 2009: gli esperti per l’avvio Prima della nomina dei vari organismi e relativi responsabili, la Giunta indica due esperti per “accompagnare” il centro nella fase d’avvio: Italo Fiorin: docente universitario della Libera Università LUMSA di Roma e già componente del Gruppo di lavoro sui Piani di Studio provinciali; Luciano Covi: già coordinatore dello sportello di Orientamento della Provincia. 28 luglio 2009: la sede Alle ore 15, cerimonia ufficiale della consegna delle chiavi della sede del Centro a Rovereto a Palazzo Todeschi, alla presenza del sindaco della città, del Presidente della Provincia, e dell’Assessore provinciale all’istruzione e allo sport, di altri dirigenti e funzionari del Comune di Rovereto, del dirigente generale del Dipartimento istruzione e di Italo Fiorin e Luciano Covi, le due figure istituzionali individuate dalla Provincia per avviare e successivamente guidare il nuovo Centro di Rovereto. La consegna della sede non ha solo un valore simbolico, ma segna di fatto l’avvio operativo del nuovo “Centro” rispetto al quale tante le aspettative dal mondo della scuola e, dall’altra, l’impegno del governo provinciale e dell’Assessora12

to all’istruzione ad operare perché non vadano deluse. Lorenzo Dellai: “Le cose non accadono mai a prescindere, la città di Rovereto ha sempre avuto un ruolo importante nella formazione degli insegnanti e, più in generale, nella scuola; da oggi diventa il riferimento non solo provinciale sul terreno più trasversale tra scuola e insegnanti, quello della didattica, vero cuore dell’innovazione anche in futuro. Per questo, ringrazio sindaco e città che non si sono limitati a voler ospitare il Centro, ma hanno voluto costruire un humus positivo attorno a questa idea. Quello di Rovereto ha una valenza che va ben oltre la sola formazione permanente degli insegnanti, “è un punto di riferimento di un piccolo sistema che ha come obiettivo quello di legare la formazione all’idea creatrice di capacità autorigeneratrice della scuola, che passa attraverso la didattica.” Marta Dalmaso: “Momento solenne e importante che sancisce l’avvio di questo Centro destinato a porsi accanto ad altri strumenti che la Provincia ha già, come l’Iprase ed il Comitato di valutazione, ma destinato innanzitutto a diventare la casa dell’insegnante, di tutti gli insegnanti nei vari momenti della carriera scolastica, dalla formazione iniziale ai momenti in iti-

nere alla riqualificazione in altre fasi. La casa degli insegnanti e della scuola nel suo insieme, di chi non si guarda addosso pensando che tutto si esaurisca con la qualità che già abbiamo qui in Trentino, ma che abbia voglia e sappia guardare oltre, in avanti. Perciò, Centro come punto di eccellenza, alimento costante per i nostri docenti. Stiamo tutti operando perché a settembre il Centro possa partire concretamente con attività per le scuole ”. 9 ottobre 2009: nomina del comitato scientifico Delibera e conchiuso della Giunta provinciale con la nomina del direttore e la designazione dei nove componenti del Comitato scientifico, e l’indicazione del presidente dello stesso. Luciano Covi, direttore del Centro contratto a tempo determinato fino alla durata della legislatura in corso. Covi è stato, tra l’altro, responsabile dello Sportello Orientamento formativo territoriale e coordinatore dei progetti di mobilità transnazionale realizzati nell’ambito del Lifelong Learning Programme, membro della Commissione di lavoro per la riqualificazione della Formazione professionale trentina, dell’équipe n.3 marzo 2010


di indirizzo delle attività di formazione per tutor dell’orientamento per insegnanti e collaboratore di numerosi Istituti scolastici e formativi sempre su tematiche di orientamento nei Piani dell’offerta formativa. Italo Fiorin, presidente del Comitato scientifico collabora da tempo con la Provincia autonoma di Trento, tra l’aln.3 marzo 2010

tro nel gruppo di lavoro di esperti per l’elaborazione dei Piani di Studio provinciali, è presidente del corso di laurea in Scienze della Formazione primaria all’Università LUMSA di Roma, professore associato di didattica e pedagogia speciale, ha insegnato didattica generale all’Università cattolica di Milano, coordinatore della Commissione nazionale per le nuove Indicazioni della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, autore di molti testi, con varie responsabilità editoriali, tra le quali direttore di alcune collane per l’Editrice La Scuola, direttore di “Anthropos educazione”. Altri componenti del Comitato scientifico: Franco Fraccaroli, professore ordinario di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni presso la Facoltà di Scienze Cognitive dell’Università degli Studi di Trento; Michele Dossi, docente di ruolo di storia e filosofia presso il Liceo scientifico “da Vinci” di Trento; Renata Attolini, docente di matematica e scienze presso la scuola primaria “De Gaspari” di Trento; Grazia Cattani, dirigente scolastica in pensione;

Luigina Mortari, professore ordinario in Scienze dell’educazione presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Verona; Arduino Salatin, direttore dell’Iprase Trentino; Erik Gadotti, direttore del Centro di Formazione Istituto Pavoniano Artigianelli di Trento; Boris Janner, Direttore aggiunto del Dipartimento della Formazione e dell’Apprendimento/DFA della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana/ SUPSI. 20 novembre 2009: direttive e indirizzi al centro Delibera di Giunta con le “Direttive e Indirizzi” cui il Centro dovrà attenersi nell’elaborare i suoi primi programmi di attività annuale e pluriennale: • formazione del personale della scuola neo-assunto in ruolo, curando la padronanza delle competenze tecnico-professionali e personali richieste dallo specifico profilo professionale; formazione a supporto dell’azione di leadership educativa dei dirigenti scolastici; formazione delle figure di staff a supporto della progettualità, della qualità dell’offerta didattica e del funzionamento delle istituzioni scolastiche; • formazione relativa a profili professionali innovativi, realizzata anche attraverso percorsi certificati o certificabili; • formazione a supporto degli insegnanti delle lingue comunitarie, in vista del rafforzamento della dimensione europea del sistema educativo provinciale e per favorire i processi di internazionalizzazione; • formazione dei formatori, in relazione alle diverse aree disciplinari previste dai nuovi Piani di 13


Studio Provinciali e in relazione alle aree trasversali; • formazione del personale della scuola in funzione del rinnovamento dei metodi didattici e dell’efficacia dell’azione di progettazione, insegnamento e valutazione, con particolare attenzione all’introduzione dei nuovi Piani di Studi Provinciali ed anche alla capacità di utilizzo dei linguaggi multimediali e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic); formazione a supporto del personale della scuola impegnato a contrastare l’abbandono o la dispersione scolastica e a prevenire o ridurre l’area del disagio; • formazione su temi di particolare rilevanza culturale ed educativa in collaborazione con soggetti pubblici e privati; • formazione a supporto dei dirigenti e dei docenti impegnati nella predisposizione e realizzazione del Piano dell’Offerta Formativa e nella promozione della partecipazione responsabile alla vita della scuola; • monitoraggio sull’evoluzione dei fabbisogni formativi del profilo professionale “docente”, in termini di complementarietà con le azioni formative realizzate dalle istituzioni scolastiche o da altre istituzioni territoriali; • predisposizione e cura di un centro di documentazione pedagogica a disposizione del personale della scuola che capitalizzi e valorizzi l’esperienza già realizzata e sia continuamente implementato, anche attraverso l’utilizzo di tecnologie dell’informazione e della comunicazione, da quanto di significativo nelle diverse realtà provinciali si viene realizzando. Nel realizzare quanto sopra, il Centro opera in sintonia e collaborazione col Dipartimento Istruzione, con l’Iprase, col Co14

mitato provinciale di valutazione e con le singole scuole autonome. Promuove inoltre una serie di altre forma sistematiche di collaborazione con l’Università, come le scuole e reti di scuole, con associazioni professionali e disciplinari e con altri enti e istituzioni pubbliche o private. 29/01/2010: Programma di attività e bilancio Dopo l’insediamento del Comitato scientifico, poco prima di Natale, è arrivata anche in gennaio dell’anno nuovo la delibera n. 107 del 29 gennaio 2010 con l’approvazione del bilancio del Centro di previsione 2010 e di quello pluriennale 2010/2012. La macchina si mette in moto e palazzo Todeschi, dovè collocata la sede a Rovereto comincia ad essere frequentato anche da insegnanti per le prime iniziative. Le risorse… umane e le iniziative Oltre a Luciano Covi, direttore del Centro che si insedia stabilmente ed a tempo pieno ed alle due persone della segreteria, Pa-

ola Giori e Tiziana Rossaro, cominciano a “girare” in sede Italo Fiorin, il presidente ed altri componenti del comitato scientifico. Vi lavorano una dirigente scolastica in utilizzo (Sandra Lucietto) a tempo pieno ed una docente in utilizzo a part - time (Elena Filosi) che si occupano del Progetto sulle lingue straniere, Lidi. Cominicano a circolare le prime proposte: “Diventare insegnanti forse ha una data di inizio, ma è un percorso che non si conclude in un tempo definito. Serve pazienza, studio, esercizio, passione.” Sono queste le prime parole che si leggono sull’opuscolo che riguarda i percorsi di professionalità proposti dal Centro per la Formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante, che quest’anno ha organizzato la formazione per i docenti neo-assunti con contratto a tempo indeterminato terminata con il convegno aperto a tutti dal titolo ”Essere insegnanti oggi” (vedi servizio nelle pagine seguenti). Altre iniziative con le quali il Centro ha avviato i suoi lavori sono rivolte ai docenti che hanno a che fare con l’insegnamento delle lingue straniere. n.3 marzo 2010


Anno formativo per neo-assunti in ruolo 240 docenti coinvolti: 62 della primaria, 106 della secondaria di I grado, 72 della secondaria di II grado. L’attività è iniziata nel gennaio 2010 e si è conclusa con il convegno nazionale del 13 marzo 2010 al Mart. Il corso svoltosi in modo intensivo ha trattato aspetti specifici, quali la gestione del gruppo classe, le caratteristiche dei “nuovi” alunni, le competenze e il rapporto della scuola con la comunità. Nel modulo che riguardava la classe sono state esplorate l’aula “reale” e quella “virtuale”; in quello sul “nuovo” alunno i bisogni dei “nuovi” bambini che iniziano la scuola, consapevoli che non basta sapere per insegnare, ma che è fondamentale trovare un linguaggio che parli agli alunni e sia significativo; nel terzo modulo, con un lavoro di gruppo in presenza, è stato affrontato il tema della “competenza”, nell’ottica degli orientamenti scolastici internazionali, nazionali e provinciali. Oltre alle attività frontali, sette ore sono state svolte in modalità on-line. I docenti coinvolti neln.3 marzo 2010

la formazione appartenevano alle scuole di ogni ordine e grado e i percorsi previsti erano prevalentemente comuni, con delle differenze solo riguardo agli interventi che si occupavano dell’età degli alunni. Molti i relatori impegnati nelle lezioni di formazione come Antonietti, Cangià, Fiorin, Gabbi, Ianes, Lancini, Latino, Renna e Rondanini. Altre iniziative del Centro “Valutare per apprendere. La valutazione autentica in ambito educativo”: seminario organizzato nell’ambito delle lingue comunitarie in partnership con l’Associazione LEND Trento, dal 4 al 7 marzo 2010, che ha visto il coinvolgimento di 80 docenti di lingue comunitarie del sistema educativo provinciale. “Realizzazione di una Comunità di pratica” (intesa come comunità di apprendimento con l’obiettivo finale di generare condivisione di prassi, metodologie, conoscenza organizzativa e di qualità): seminario sul tema “Educazione alla cittadinanza e all’identità europea”, in collabo-

razione con l’ITI “Buonarroti” e l’Università degli Studi di Trento, 12 i docenti coinvolti di diverse scuole secondarie di I e II grado. “Comunicazione tra famiglia e scuola”, in collaborazione con la rete delle scuole partecipate che coinvolge circa 100 docenti, seminario ancora in corso per docenti e rappresentanti di classe. “Includere: il contrario di “escludere”: seminario di studio strutturato in due moduli che fanno riferimento alle tre “I”: Inserimento, Integrazione, Inclusione, nel mese di aprile. Tale intervento avrà come scopo quello di rafforzare le competenze dei docenti su come una comunità scolastica può fronteggiare le sfide che le tante diversità pongono sul piano culturale, relazionale e didattico. È rivolto a tutti gli insegnanti, in particolare agli insegnanti referenti delle aree Bes, Intercultura, dell’Orientamento e Ri-orientamento. Progetto LiDi: lingua e didattica Una delle attività dell’Agenzia di formazione continua e aggiornamento degli insegnanti è il Progetto LiDi, che partirà in aprile. Come in altri Paesi dell’Unione Europea, anche in Trentino l’utilizzo di più lingue all’interno del normale curricolo scolastico sta progressivamente diventando una realtà concreta. Il progetto si propone quindi di promuovere il plurilinguismo individuale per investire nello sviluppo personale e professionale della persona e nella crescita della nostra società secondo gli alti obiettivi enunciati dai Paesi dell’Unione Europea già dal 2000. Investire nella competenza plurilingue e interculturale dei cittadini europei viene tuttora considerata una chiave di volta per il superamento di dif15


ficoltà di ordine economico e sociale. Il progetto LiDi è nato per rafforzare le competenze didattiche degli insegnanti in materia di lingue straniere. Si configura come un progetto di durata biennale (2010 e 2011), che offrirà attività di formazione e di sviluppo professionale continuo che si concluderanno entro il primo semestre del 2012. É di grande interesse e portata innovativa il fatto che per la prima volta i destinatari non siano semplicemente gli insegnanti di lingua straniera, bensì tutti i docenti “in materia di lingue straniere”, cioè anche i docenti che utilizzano una lingua straniera per le normali attività didattiche in materie curricolari non linguistiche, cioè i docenti che utilizzano la metodologia CLIL, e i docenti che insegnano italiano come lingua seconda agli stranieri, per i quali quindi è una lingua straniera. Gli obiettivi del corso Il progetto è articolato secondo un modello flessibile di formazione in servizio per lo sviluppo professionale continuo degli insegnanti e si prefigge obiettivi sia di ordine linguistico che metodologico didattico, tra loro sinergicamente collegati. In particolare, intende: intervenire sulla formazione continua dei docenti di lingua straniera (LS); realizzare modalità di intervento e attività di formazione e di sviluppo; individuare e sperimentare nuove metodologie didattiche; offrire agli insegnanti di lingua straniera e a coloro che insegnano altre materie curricolari in lingua straniera servizi di accompagnamento ed opportunità per la sperimentazione in un’ottica di ricerca-azione; incrementare il numero di insegnanti in possesso di certificazioni; incrementare il numero di insegnanti in grado 16

di utilizzare proficuamente e consapevolmente la didattica CLIL; promuovere interventi di sviluppo di competenze professionali mirati con azioni di accompagnamento (coaching) e di interventi personalizzati effettuati da tutor individuali; offrire percorsi formativi per agire l’intercultura e per l’acquisizione di una preparazione specifica per l’insegnamento dell’italiano come L2. Programma di attività per l’anno 2010-2012 Il Programma di attività (PdA) annuale 2010 e pluriennale 20102012 è adottato secondo quanto previsto dall’articolo 7 del Regolamento. In base a tali disposizioni, il Piano è stato predisposto a cura del direttore del centro sulla base delle linee guida definite dal Comitato scientifico e poi trasmesso alla Giunta provinciale unitamente al bilancio di previsione. Il Piano delle attività è articolato in obiettivi, ciascuno dei quali comprende più azioni e programmi di attività specifici. Si tratta ovviamente di vincoli anche formali rigidi legati all’utilizzo di finanziamenti del Fondo Sociale Europeo. Cinque gli obiettivi cui si riferiscono le attività per il 2010 e coperte dalle risorse già stanziate (si possono consultare in modo completo sul sito del Centro): • Garantire la completa operatività del Centro

• Il Centro provinciale di documentazione pedagogica • Formazione continua a supporto delle scuole provinciali • Sviluppo di partenariati locali, nazionali e internazionali in funzione del rafforzamento del sistema educativo provinciale. Attività di gestione ed assegnazioni finanziamenti Fondo Sociale Europeo (si accenna all’”attivazione di un sistema organico e strutturato di azioni destinate alla formazione permanente dei formatori”. Il sito e la newsletter Il Centro ha il suo portale all’indirizzo www.formazionescuolatrentina.it dove è possibile dialogare, trovare informazioni varie e le news riguardanti le attività del Centro e tanto altro. Il sito è di facile consultazione e, al suo interno, si possono trovare un gran numero di informazioni relative al mondo della scuola come corsi, convegni, iniziative, ed eventi. Oltre a ciò è possibile vedere anche i materiali delle varie lezioni del corso di formazione e quelli per le esercitazioni nell’aula virtuale, sezione interessante. Nell’aula esercitazioni, invece, i partecipanti del corso possono accedere solo dopo una semplice registrazione ed, eventualmente, partecipare ai forum di discussione. Gli utenti registrati alla data del 30 marzo 2010 erano 313 insegnanti e 77 le iscrizioni alla newsletter.

RIFERIMENTI “Centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante” La sede: Rovereto, Palazzo Todeschi, in via Tartarotti 7, tel. 0461.494500 - fax 0461.494509 e-mail: formazionescuola@provincia.tn.it Sito: www.formazionescuolatrentina.it In segreteria: Paola Giori e Tiziana Rossaro n.3 marzo 2010


L’ntervista COVI E FIORIN

A tu per tu coi responsabili L’idea iniziale era quella di fare un’intervista ad hoc per questo spazio del dossier al direttore del centro, Luciano Covi, ed al presidente del Comitato scientifico, Italo Fiorin. Poi mi sono ritrovato tra le mani diverse “interviste” già fatte ai due interlocutori; non proprio interviste, ma diverse domande e risposte raccolte in occasioni molto ravvicinate e tutte sul Centro, che è l’argomento di questo inserto. Ho ascoltato Covi e Fiorin in occasione della riunione al Palazzo dell’Istruzione con i referenti delle “funzioni di sistema”, ma anche due giorni prima del Convegno del 13 marzo 2010 per un’intervista a tutto tondo sulle sorti del Centro, ma non solo. Ecco ciò che ho ricavato dal mio bloc-notes con gli appunti dei due incontri.

IL CENTRO In breve, il Centro è partito con questo convegno del 13 marzo o c’era già prima? covi - Il Centro nasce di fatto nel novembre 2009 con la nomina del Comitato scientifico (composto da nove membri, due docenti e due dirigenti scolastici). La prima attività organizzata è stato il corso per i 250 docenti immessi in ruolo, quindi un percorso per loro obbligatorio dopo la nomina in ruolo: 40h nei moduli (vedi a parte), su temi trasversali e con la conclusione legata al convegno all’auditorium Melotti del Mart di Rovereto del 13 marzo 2010. Ora c’è anche il sito del Centro: www.formazionescuolatrentina.it. Il nostro riferimento ovviamente sono gli insegnanti, la cui scelta rispetto all’aggiornamento risulta, da una n.3 marzo 2010

nostra indagine, propendere per l’autoaggiornamento (30%). Il nostro intervento si affianca a quello dell’Iprase, del Dipartimento istruzione, del Comitato di valutazione del sistema scolastico e formativo provinciale, ma si muove con la massima autonomia. IL PRIMO CONVEGNO fiorin - La scelta del tema del convegno non ha segnato solo la conclusione dell’iniziativa sull’anno di formazione dei docenti immessi in ruolo, ma si lega strettamente al percorso di identità che il Centro ha oggi in atto e parlare di “essere insegnanti oggi” chiama in gioco la mission del Centro e, innanzitutto, della scuola che deve proprio “accompagnare tra passato e futuro”. La scuola fa questo da sempre, ma oggi il territorio è cambiato tutto (non a caso abbiamo scelto il simbolo del passaggio dal libro alla lavagna interattiva); i giovani, i bambini sono cambiati, “ma come?” e se sono cambiati e rivolgono altre domande, la scuola può rimanere quella di prima? Dentro le aule ci sono certo “nativi digitali” ma anche alfabeti del vivere, del vivere civile e la scuola deve potere e sapere intercettare queste nuove domande con nuovi linguaggi e nuovi metodi. La didattica torna davvero al centro perché è la modalità con cui l’insegnante entra in contatto con gli alunni. Da queste premesse si capisce come il lavoro per il nuovo Centro non manchi di fronte all’urgenza di: • non lasciare gli insegnanti soli in questo momento di transizione; • che ci sia una consapevolezza anche pubblica della centralità della didattica in questa fase; • la scuola non può rimanere nella retorica (Bruner diceva che la scuola ha a che fare col possibile più che col futuro, può fornire elementi di cambiamento). La didattica può rendere la professione docente come unica anche con nuovi metodi: serve una valigetta degli attrezzi per l’insegnante perché ci sia un ruolo da protagonista per lo studente. Questo vuol dire: • No ad approcci di tipo traspositivo e nozionistico, ma didattiche che provocano coinvolgimento e interazione; 17


• Nuove tecnologie vanno bene, ma non basta avere una lavagna digitale e multimediale se poi il ragazzo resta passivo. LE INIZIATIVE PER GLI INSEGNANTI Quale insegnante avete in mente nel formulare le vostre proposte? covi - Pensiamo ad un modello di formazione e aggiornamento che parte dagli stessi insegnanti, come si afferma per gli studenti è giusto che anche gli insegnanti siano protagonisti della loro formazione, visto che poi deve avere un ruolo di leadership educativa. Il Centro inoltre vuole creare delle vere e proprie “comunità di pratica” con relazioni tra colleghi sulla base del metodo della ricerca-azione, un circolo virtuoso dalla metacognizione alla prassi. fiorin - Non basta vivere una buona esperienza, serve anche la consapevolezza di ciò che si sta vivendo. Chi è un buon insegnante oggi? • Sa far tesoro del proprio vissuto professionale trasformandolo in esperienza che lo fa crescere; • Sa fare ricerca e ragiona in termini di ricerca-azione; • Conosce bene i contenuti, ma anche i metodi della propria disciplina; • Non è isolato, ma sa cooperare; • Pensa che la scuola non è “autoriferita” ma sa aprirsi al territorio fino alla cittadinanza planetaria. Noi abbiamo posto anche nel convegno attenzione alle domande rivolte alla scuola, ma anche alle prospettive ed alle ansie. La società cosa chiede alla scuola? Quale rapporto scuola/società? Quale relazione tra la domanda socia18

le e la scuola? Cambia la società, cambia l’economia e la scuola? Stiamo attenti, però, che non tutto ciò che viene chiesto alla scuola è coerente e condivisibile. E qui forse varrebbe la pena ricordare ciò che dice un poeta arabo: “L’unico punto certo è un punto interrogativo”. Alla scuola si chiede di tutto e di più e questo porta la scuola a snaturarsi ed a perdere di vista il suo punto d’arrivo. Più che quantità, la scuola deve rispondere in termini di qualità. Serve una testa ben fatta, non solo una testa piena! Educare o istruire? Spesso la scuola fa supplenza di fronte a mancate risposte della società e di fronte alle domande di bisogni dei ragazzi. Se la scuola non interessa, il ragazzo fa zapping e si perde. Cosa serve? Oggi molto si gioca sul concetto di competenze: non solo sapere delle cose, ma saper fare delle cose con quello che si sa. La competenza è un punto di riferimento ad ogni livello, è una linea di sviluppo della didattica, di “come si insegna”. Questo riguarda ogni ordine di scuola: la didattica è la molla. IL CENTRO, LA CITTÀ, LE ALLEANZE Il polo della formazione a Rovereto: è ancora una proposta attuale? covi - Le alleanze. Il Centro e la città di Rovereto, il Centro e l’Università. Già con l’Università di Trento (con l’ateneo nel suo insieme) c’è un Protocollo d’intesa, un accordo quadro che deve comprendere al suo interno le diverse azioni di partenariato. L’università ha un know how molto forte e può metterlo a disposizione delle scuole. Oltre il 50% dei laureati che escono dall’ateneo trentino sono dentro la scuola trentina, le singole Facoltà hanno già dei protocolli d’intesa con le scuole. A Rovereto poi c’è Scienze cognitive dentro cui era incardinata la SSIS, ma noi siamo partiti innanzitutto con l’Ateneo e poi abbiamo avviato rapporti con le singole Facoltà. Su un altro versante c’è il rapporto con le Associazioni: a Rovereto c’è un panorama ricco (cito solo le sezioni didattiche dei musei e la loro rete), c’è un panorama culturale e di soggetti interdipendenti molto interessante. Noi possiamo favorire la costruzione di una rete più solida, collaborare con tutti i soggetti che contribuiscono alla valorizzazione del profilo dell’insegnante. Il Rapporto tra il Centro e Rovereto è ottimo e passa attraverso molti rivoli. Il Comune ha messo a disposizione la struttura, il Palazzo Todeschi ex sede della SSIS. Nel Comitato scientifico c’è Fraccaroli, docente di Scienze cognitive, la sceln.3 marzo 2010


ta del Logo per il centro è stata affidata agli studenti dell’istituto d’arte “Depero”, all’interno del corso per l’anno di formazione con i docenti immessi in ruolo per metà è stato affidato al Liceo “Rosmini” di Rovereto. L’obiettivo resta quello di un Centro come polo di carattere internazionale, ma stiamo movendo i primi passi praticamente dal 21 novembre 2009, dopo l’insediamento del Comitato scientifico. La città ne trarrà sicuramente dei benefici anche da eventi che il Centro organizzerà, come quello del 13 marzo 2010. Il Centro è unico in Italia, che ha analoghe esperienze in Europa, per questo tentiamo già dei gemellaggi come con la Scuola di Locarno, in Svizzera. IL CENTRO, LA RIFORMA, L’AUTONOMIA DELLE SCUOLE Il Centro ha bisogno di tempo per darsi una propria identità; intanto però nelle scuole avanzano urgenze come i nuovi piani di studio nel primo ciclo e la riforma nel secondo. Cosa pensate di fare per supportarle? covi - Si capirà man mano l’identità del Centro. Intanto, anche in rapporto alla riforma del secondo ciclo appena varata dalla Giunta provinciale, il Centro può aiutare la scuola a transitare nella nuova scuola riformata, perché una riforma come quella del secondo ciclo pone grandi cambiamenti e grandi domande anche a noi del Centro. Il Centro ha una visione di sistema, ma non dimentichiamo che c’è l’autonomia delle singole scuole, che possono agire da sole. Se viene richiesto il nostro intervento, se sarà allettante la nostra proposta vuol dire che il centro serve e funziona, e questo può diventare anche elemento di valutazione del Centro stesso. Abbiamo già effettuato un giro di ascolto delle scuole e dei dirigenti scolastici ed è proprio da questo primo giro che nasce il nostro programma. Le scuole dell’infanzia in Trentino sono di fatto un sistema a se stante, ma per esempio sulla proposta delle lingue straniere aderiscono. fiorin - Ogni riforma, che è di sistema, esige un cambiamento. In questa riforma del secondo ciclo ci sono elementi d’innovazione forti, ne richiamo solo alcuni. L’orientamento alle competenze, elemento chiave nel quadro europeo che comporta novità a vari livelli: • Le Prove Ocse/Pisa ci offrono una comparazione sulle competenze e non sulle conoscenze, questo ha un n.3 marzo 2010

legame con la didattica e con la formazione dei docenti; • La logica dell’articolazione in bienni nel primo ciclo, nella scuola trentina impone scelte altrettanto forti; • I raggruppamenti in aree disciplinari e non per singole materie… • … L’investimento nelle lingue straniere, sulle quali peraltro il centro ha avviato una proposta organica, parte da dati ovvi come la globalizzazione, la circolazione dei giovani non solo in Europa e non solo per motivi di studio ecc., oltre al fatto che in Trentino c’è sempre stata una vocazione particolare per le lingue straniere, con una legislazione ed un investimento di risorse particolari. Sono molte le esperienze di insegnamento veicolare con l’obiettivo di renderle ancora più diffuse. CENTRO DI… DOCUMENTAZIONE DIDATTICA Oltre alla formazione…? covi - Stiamo lavorando ad un’idea del Centro come luogo in cui si possono trovare pratiche, sussidi, strumenti ecc. “Anche, ma non solo” l’ennesimo punto di raccolta di materiali didattici e operativi. Pensiamo ad un utilizzo del Centro anche in termini di sviluppo di documentazione, come metodo applicato nelle scuole. Un “sapere non immediatamente tangibile”, mettere in moto un processo per l’elaborazione riflessiva da parte dei docenti sulle prassi, ma anche come elementi di socializzazione di prassi, una regia un po’ intenzionale per mettere le scuole a conoscenza l’una di cosa fa l’altra. Mario Caroli 19


la testimonianza CARO CENTRO…

Messaggini “al volo” dagli insegnanti Li abbiamo chiesti proprio negli ultimi giorni, prima di mandare in composizione il numero della rivista. Niente schemi, niente spiegazioni, ma semplicemente: scrivi poche righe al Centro su quello che ritieni prioritario per te, per la tua scuola… Le e-mail sono arrivate subito.

vernarla, non mi fa stare del tutto serena. Non mi fido che dei miei alunni e delle loro famiglie e conto solo e pienamente sulla mia passione per il mestiere che faccio e sulla rete di relazioni professionali con i colleghi che stimo e apprezzo e dai quali imparo. Se tu conosci meglio i miei studenti e sei più bravo di certi miei colleghi (colleghi davvero “esperti” come sento presentare sempre più spesso formatori che arrivano da ogni dove) allora non vedo l’ora di conoscerti. Dimmi dove e quando … certo senza dirlo al sindacato (lui infatti non sa che noi lavoriamo e studiamo molto oltre quello che ha stabilito per noi). A presto GIORGIO ROBOL Scuola secondaria primo grado Ala – I. C. Ala

LINA BROCH Scuola secondaria primo grado Gardolo – I. C. Trento7 Caro Centro, Più di un anno fa avevo capito che alcuni compiti svolti prima da altri (Università – SSIS, Iprase, Dipartimento Istruzione, ecc) sarebbero passati a te. Non ho approfondito le motivazioni di tale passaggio perché, oltre a non averne il tempo, dò per certo che esse ci siano e siano valide. Durante questi mesi ho guardato con curiosità verso Rovereto in attesa di conferma o smentita delle aspettative che mi ero fatta del “Nuovo” che si proponeva a noi insegnanti anche con una certa enfasi iniziale. Ho cercato sui giornali e tra i commenti dei colleghi qualche segno non 20

tanto della tua esistenza, quanto delle tue attività. Hai una casa bellissima in una città accogliente … Come ti passi il tempo? Che idee hai per il tuo futuro? Ti stai divertendo? Pensi di fare qualche cosa anche con noi? O forse stai lavorando per noi? Due colleghe in anno di prova ti stanno frequentando. E’ stato per me il primo segnale della tua attività. Il secondo è stato il convegno di sabato 13. L’ho saputo dai giornali. Ascoltare relazioni dotte e ben presentate è comunque un’esperienza gradevole, me lo ha confermato una collega che c’era. La mia curiosità negli ultimi tempi tende tuttavia a mutare geneticamente e diventare timore … preoccupazione. La malcelata disistima verso chi fa scuola, sporcandosi quotidianamente le mani con la materia prima, e questo da parte anche di chi la scuola è incaricato di go-

Caro Centro di Formazione, in una realtà scolastica ormai “ammalata” di riforme, ti consiglierei di proporti come spazio di incontro e di ascolto, per quelle “tenaci” risorse umane (i docenti), che ancora credono in una scuola come luogo di ricerca e di accoglienza al servizio della comunità. Nell’affrontare le emergenze di una società, che in prospettiva delega all’insegnamento tutte le “responsabilità” legate al futuro dei giovani, ti chiedo di non farti riconoscere solo come Centro organizzativo e di consulenza pedagogica. Vorrei pensarti strutturato in ambiti di laboratorio disciplinare, ricco di proposte operative per la divulgazione di materiali significativi a sostegno dell’attività di insegnamento (programmazioni, sperimentazioni, strumenti per la valutazione). Vorrei in ogni caso poterti identifin.3 marzo 2010


care come presidio della “didattica” ! Un luogo dove poter trovare strumenti concreti, di confronto e di approfondimento, utili per migliorare la competenza e la professionalità dei docenti. Centro di formazione come spazio che nel tempo possa costituirsi in “archivio” delle esperienze e quindi memoria storica rispetto ai contenuti disciplinari e alle prospettive dei nuovi saperi (lingue, tecnologie, comunicazione). Vorrei tu potessi, infine, avviare forme autonome di collaborazione fra docenti, che su esplicito mandato dei rispettivi Collegi Docenti, potessero costituirsi in gruppi di lavoro, collegati al Centro, per la elaborazione di proposte formative (lingue straniere), di iniziative culturali (rapporti tra scuole) e ambiti di ricerca territoriale (storia e geografia locale). MARIALISA BIASI E VERA CASETTI Insegnanti ITCG “C. A. Pilati”- CLES Caro Centro ti scrivo, per comunicarti le nostre aspettative rispetto all’attività di aggiornamento per il prossimo anno scolastico. Riteniamo importante siano offerti stimoli all’approfondimento delle seguenti tematiche, con proposte che possono essere rivolte anche a più istituti in rete: Intercultura e integrazione degli alunni stranieri, con riferimento alla didattica dell’italiano L2 a livello comunicativo, per lo studio, e alla personalizzazione del curricolo d’insegnamento. Lo studio delle lingue e la valorizzazione del patrimonio ambientale e storico-artistico, con particolare attenzione al profilo in uscita offerto dall’Istituto tecnico turistico. Lo studio della seconda e terza lingua nell’attuale società globalizzata. Affinamento delle metodologie din.3 marzo 2010

sciplinari. Motivazione e metodo di studio per favorire il successo scolastico degli alunni delle classi del biennio. Utilizzo delle nuove tecnologie nella didattica. L’educazione alla legalità e alla soluzione dei conflitti. Psicologia dell’età evolutiva e problematiche dell’adolescenza. OLGA ESPOSITO Scuola primaria Seregnano – I. C. Civezzano Caro Centro per la formazione, le nuove creature sono la speranza in un futuro migliore, così ci rivolgiamo a te, nato da poco, confidando nel tuo aiuto. Ti chiediamo che nella scuola si parli di relazione, tra insegnanti, bambini, genitori, dirigenti e Istituzione. Non c’ è innovazione che tenga senza la capacità degli esseri umani di comunicare, confrontarsi, progettare insieme, superare gli eventuali conflitti, nel rispetto, nell’ascolto, nella fiducia. Ti chiediamo che l’innovazione non sia solo di carta, che la forma ed il contenuto, come in ogni opera d’arte, coincidano. Ti chiediamo una formazione obbligatoria, permanente e riconosciuta, oltre le poche 10 ore attuali, che sia in forma laboratoriale, con una ricaduta verificabile nel lavoro quotidiano. Ti chiediamo una formazione che ci permetta di offrire ai nostri alunni il piacere di cercare, di scoprire ed imparare, la motivazione ad apprendere, lavorando anche per piccoli gruppi, in un clima incoraggiante, sicuro e positivo, dove tutti sono importanti, e di riuscire ad accompagnarli in un’avventura, nella quale la scuola, come diceva C. Freinet non sia separata dalla vita.

MASSIMO PAROLINI Docente ITG “A. Pozzo” Trento Caro Centro, sono un insegnante di materie umanistiche delle scuole superiori del Trentino: personalmente mi piacerebbe che il “Centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante” svolgesse i propri compiti –già individuati ed esposti nel sito di Vivoscuola- in un progetto unitario per i vari attori della scuola: se vogliamo una scuola innovativa, collaborativa, tecnologica e solidale, dobbiamo far sì che insegnanti di classe e di sostegno, tecnici, dirigenti e rappresentanti degli studenti (Consulta e altro) partecipino in maniera sistemica all’attività di aggiornamento, formazione continua, sviluppo delle competenze informatiche, alle attività di motivazione, riorientamento e promozione del benessere a scuola, all’ implementazione di un archivio di memoria delle buone pratiche da condividere all’interno delle scuole trentine. Non penso che si possa o si debba chiedere altro ad un tale Centro: unicamente che tali necessarie e vitali attività per il futuro della scuola trentina siano realizzate in una visione olistica –cosa che oggi nella nostra scuola manca-, affiancando studenti, docenti, tecnici e dirigenti. Solo una visione di sistema potrà permettere alla nostra scuola di essere realmente in linea con la nuova visione pedagogica e sociale di questa istituzione che, come ci ha ricordato il professor Giuseppe Tognon della Lumsa di Roma nel recente convegno organizzato al Mart dal Centro stesso, è oggi l’unico luogo che permette di dare un Ordine nel caos privo di direzioni condivise della società odierna. 21


forum NOI E “LUI”

Parliamo del “Centro” Il 22 marzo 2010 abbiamo registrato un Forum sul Centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante di Rovereto. Intorno al tavolo abbiamo cercato di ragionare sul “Centro” assieme a: Maria Giovanna Spinelli, giovane insegnante con incarico annuale all’I.C. Rovereto Nord e in una prima superiore del Fontana; Loris Taufer, dirigente dell’I.C. di Lavis Renata Attolini, docente di scuola primaria presso l’I.C. Trento3 e componente del comitato scientifico del Centro di Rovereto Michele Dossi, docente presso il liceo scientifico Da Vinci di Trento e componente del comitato scientifico del Centro di Rovereto Per Didascalie: Norma Borgogno, Mario Caroli, Patrizia Lucca Le attese e i bisogni La giovane insegnante Maria Giovanna Spinelli ha raccontato che, confrontandosi anche con i colleghi lungo i corridoi o all’interno degli organi collegiali, non si sa ancora molto del nuovo Centro se non che proporrà formazione e quel po’ che si sa lo si è appreso dal sito e soprattutto dalla newsletter. La percezione del Centro e delle sue potenziali iniziative da parte del dirigente è più ampia, grazie anche all’amplificazione della stampa. La funzione del Centro è quella di raccogliere l’eredità dell’Iprase, spiegano i due rappresentanti del Comitato, cioè di proporre iniziative, attività e programmi per la formazione e l’aggiornamento. Il Centro, secondo quanto è stato detto nelle prime riunioni del Comitato Scientifico, non vuole avere una funzione centripeta, né essere un luogo di accentramento, ma si propone di essere un supporto alle scuole dell’autonomia, come stimolo, offerta di occasioni di qualità, non solo per gli insegnanti, ma per le scuole stesse. La logica dovrebbe essere quella della costituzione di una rete con poli 22

di formazione e aggiornamento che dovrebbe coinvolgere tutto il territorio. Non quindi un supermercato della formazione, ma gruppi di progetto che hanno il compito di proporre delle offerte formative e di aggiornamento, legate alle esigenze vere e concrete degli insegnanti e delle scuole. Insegnare oggi Essere insegnanti oggi significa essere in grado di saper gestire la classe, essere competenti a livello disciplinare, essere consapevoli del ruolo dell’insegnante rispetto all’organizzazione scolastica, sapersi relazionare con l’esterno e molto altro ancora. Loris Taufer ha riportato come ci siano delle urgenze che partono dal fare scuola ogni giorno, e dovere rispondere ai bisogni e alle attese degli insegnanti, tenendo conto del nuovo contesto di azione in cui sono portati ad agire, è ciò che va considerato prima di tutto nel proporre la formazione. Solitamente la formazione in servizio è portata avanti dal singolo ma è dentro la comunità di pratiche, che è la scuola, che nasce una dimensione collet-

tiva e cooperativa dentro la quale si può formare il vero professionista dell’educazione. Formare i maniera nuova gli insegnanti significa anche legare la formazione alle singole scuole con azioni di tutoring, accompagnamento in classe, consulenze specifiche tarate sul percorso formativo della singola scuola. Le funzioni del Centro Renata Attolini del comitato scientifico evidenzia, in qualità di insegnante, come ci siano molte scuole che hanno fatto esperienze interessanti e utili, che si sono create un’identità e hanno fatto comunità. Sarebbe ideale se queste scuole, grazie al Centro di Rovereto, diventassero dei poli formativi in cui le esperienze di buone pratiche potrebbero essere utilizzate in modo paradigmatico anche dagli altri istituti. L’agenzia avrebbe, secondo Michele Dossi, il ruolo di coordinare quello che già esiste sul territorio e di diventare centro di documentazione del prezioso lavoro degli insegnanti, facendo memoria non solo dei risultati, ma anche dei processi, che si realizzano in tante scuole tramite i dipartimenti. Altro compito dell’Agenzia di formazione sarà quello di creare legami di partnership con l’Università, i Musei, l’Iprase, enti che storicamente hanno avuto e hanno tuttora un ruolo importante sul territorio per la formazione in servizio degli insegnanti e di coordinare i loro apporti. n.3 marzo 2010


dal forum PENSIERI

Il “centro” tra noi… Un Forum breve ma davvero intenso, tante le opinioni espresse e le riflessioni ad alta voce da parte dei quattro partecipanti. In questo spazio riportiamo solo degli stralci dei singoli interventi ripresi dalla registrazione e che si riferiscono alla sintesi fatta nella pagina precedente. Pensieri sul “Centro”, che si completano con le “mail” di altri insegnanti che pubblichiamo nelle pagine 20-21. La percezione da parte delle scuole Lavoro sia alle medie che alle superiori, quindi ho un doppio rapporto tra medie e superiori e il Centro, di cui non sento particolarmente parlare per adesso. So che il centro si occuperà più avanti di organizzare tutti i corsi di aggiornamento, come ci dicevano le referenti di L2 e del centro Millevoci che appunto questo centro si sarebbe occupato anche della nostra formazione però tra noi ragazzi non sento particolarmente nominare questo centro anche perché personalmente non ho capito ancora bene che cosa proporrà, anche se sono iscritta alla newsletter. Alle medie ho dei gruppi di L2 quindi aspetto con ansia che esca un corso su questo perchè il centro Millevoci non ne organizza più e so che attraverso questo Centro il prossimo anno dovrebbe uscire qualcosa, è per questo dunque che me ne sono interessata. Quindi come ambiente non se ne parla più di tanto. Maria Grazia Spinelli La novità del Centro di Rovereto è stata indotta e amplificata dalla stampa e inoltre c’è stata una riunione con i dirigenti a ottobre, dove si era stati informati delle iniziative promosse dal Centro, in modo abbastanza fattivo, con una serie di sollecitazioni di quello che poteva fare il Centro. Un’altra cosa è poi l’aspetto della formazione iniziale degli insegnanti e lì è chiaro che nelle scuole arriva la notizia, l’informazione si ha per forza. Ho degli insegnanti che stanno facendo l’attività di formazione e che sono in qualche modo collegati con l’attività del Centro. Loris Taufer Ruolo e funzioni del Centro Il Centro vorrebbe porsi, non come il luogo di “accentramento” delle funzioni di formazione e aggiornamento, ma come supporto alle scuole dell’autonomia, n.3 marzo 2010

perché la competenza sia della formazione in servizio sia dell’aggiornamento in generale possa essere esercitata dalle singole scuole, non a seconda della situazione in cui si trovano, del dirigente che c’è, ma proprio utilizzando questa risorsa nuova che viene messa in campo. Da qui l’idea di un Centro che innanzitutto funge da supporto, stimolo, offerta di occasioni di qualità e di richiamo e che, in relazione alle singole scuole, faccia in modo che queste si possano proporre come poli formativi di una rete di formazione e di aggiornamento, che dovrebbe coinvolgere tutto il territorio. Al Centro di Rovereto cominciano a prendere corpo alcuni gruppi di progetto, che non hanno il compito di stilare delle liste di offerte formative perchè il Centro non vuole essere un supermercato della formazione e dell’aggiornamento, ma che hanno la funzione di supportare, di stimolare talvolta anche di proporre. Bisogna muoversi su queste diverse sensibilità, offrire percorsi formativi e di aggiornamento legati alle esigenze effettive degli insegnanti. Prima esigenza: tutte le novità che si presentano nell’ambito della gestione della classe e del gruppo degli studenti, che sappiamo da insegnanti che è una delle risorse fondamentali, ma che può comportare delle difficoltà per molti, perché tante problematiche si pongono. La seconda preoccupazione che ha un insegnante è quella di essere adeguato sul piano della disciplina, anzi delle discipline, sul piano dei saperi perciò vengono spesso richieste interventi anche di carattere contenutistico-disciplinare, come dire “riposizioniamoci un pochino sulle varie discipline”. Poi c’è l’esigenza di capire meglio il nostro ruolo di insegnanti rispetto all’organizzazione scolastica, un sistema complesso, in cui non solo i giovani insegnanti, ma anche quelli meno giovani vanno accompagnati, sollecitati, rispetto a funzioni professionali che si vanno un po’ differenziando, opportunità, ruoli che devono essere ricoperti. Ultima esi23


genza, ma ce ne sarebbero anche tante altre, quella del rapporto con l’ esterno, cioè le relazioni con le famiglie o le non-famiglie, le strutture sociali che stanno intorno alle opportunità culturali che sono offerte anche da tante altre agenzie. In questa logica di rete il Centro è chiamato a svolgere non il ruolo di chi dall’esterno viene a risolvere i problemi, ma di chi si fa carico di tutta una serie di questioni che, in alcuni casi, sono di fare delle proposte di qualità, ma fondamentalmente si muove nella prospettiva di consentire alle scuole e alle istituzioni scolastiche di essere fino in fondo protagoniste nella formazione insegnanti, che soffre, per il passato, di una interpretazione troppo individualistica, legata anche per condizioni contrattuali a definizioni del profilo professionale insegnante inadeguate. Un ragionamento che si faceva nel comitato scientifico era proprio quello che coinvolgeva le comunità di pratica o di pratiche, come dire cioè che ciò che appare impossibile o risulta molto oneroso al singolo insegnante può diventare invece possibile se si fa insieme. Tornare a concepire il nostro come un lavoro molto più collegiale non attraverso gli organi formali, ma proprio nella pratica collegiale e che la formazione passi proprio attraverso questi momenti e quindi attraverso i dipartimenti o la valorizzazione di alcune esperienze che in certe scuole possono diventare esemplari e divenire quindi poli di formazione, di richiamo, di esempio per le scuole. Michele Dossi La funzione del Centro non vuole essere una funzione centripeta, il Centro si assumerà il discorso della formazione, tenendo conto di quello che c’è già nella realtà trentina e dell’autonomia dei singoli istituti nel campo di formazione e quindi la nostra sarà una funzione di accompagnamento, sicuramente con una filosofia ben definita. In queste prime riunioni è emerso che c’è tutto un carico di assunzione da parte del Centro di iniziative, di attività, di programmi già fatti precedentemente dall’Iprase nel campo della formazione e dell’aggiornamento, di cui il Centro si deve far carico. Quindi si è avviato un lavoro di progettazione tenendo conto che non è un vero inizio di attività, perché c’è tutta una eredità da portare avanti che sarà probabilmente biennale. Si deve porre come un elemento forte e come facilitatore di quello che già esiste. Rispetto alle attività contrattuali, forse andrebbe modificato il contratto, anche tenendo conto del famoso terzo biennio della legge 24

Salvaterra, che mette insieme gli insegnanti della scuola primaria con quelli della secondaria, parliamo di 24 ore contro 18, di 2 ore obbligatorie di programmazione per gli insegnanti della primaria, mentre dall’altra parte ciò non esiste. Le questioni contrattuali dovrebbe sicuramente affrontarle il sindacato. Al Centro abbiamo anche parlato di master, di formare formatori, rivolgendosi anche a quello che già esiste. Significa dislocare quei poli territoriali di cui parlava Draghicchio, che poi non sono stati realizzati. L’idea è che le scuole che hanno fatto determinate esperienze possano diventare il polo di quel tipo di esperienza. Riempire i quaderni e non le teste sono gli slogan di quando ero giovane anch’io, quando si diceva che la libertà di insegnamento non è la libertà di fare scuola male. Io ci credo ancora a questa affermazione e secondo me se non partiamo dal fare è difficile, se non fai e non poni il problema anche ai bambini, puoi dire quello che vuoi, ma restano cose che utilizzano in ambito scolastico e finita. Per quanto riguarda la documentazione, c’erano documentazioni anche presso l’Iprase, ma gli insegnanti non le hanno mai consultate, lo so per esperienza, direttamente per l’ambito scientifico perché il polo scientifico ha lavorato per 12/13 anni e ha fornito documentazione all’Iprase che però è rimasta chiusa lì, fare un centro di documentazione che rimane un mausoleo non è sicuramente nelle nostre intenzioni, ma volgiamo che sia vitale, aperto, di facile accesso. Renata Attolini I bisogni e le attese Riguardo agli aggiornamenti che possono interessarci la funzione è assolta anche dalla newsletter che il Centro invia, una sorta di mediazione tra il mondo della scuola e le offerte del territorio che riguardano la scuola in ambito pedagogico, come convegni ed eventi, perché arrivano tutte le iniziative sia a livello nazionale che a livello locale sulla propria posta elettronica. Del Centro non parliamo tra noi giovani insegnanti, nei corridoi o nei collegi, perché non se ne sa ancora molto, ma sicuramente ci aspettiamo un supporto sia a livello nozionistico che pedagogico e didattico per una formazione veramente efficace e non troppo generalista. Se il Centro proporrà un corso prolungato nel tempo, come si faceva alla Ssis, da cui provengo, che dia nel lungo termine un modo più efficace per lavorare sarà apprezzato, perché io mi sento sempre inadeguata rispetto a tutte le competenze che si devono possedere. Quindi la formazione non è mai abbastanza e neanche il supporto psicologico che può avere un insegnante rispetto a questa professione. Da persona giovane che si è da poco inserita in questo ambiente trovo che ci sia ancora poco spazio per la collegialità e molto per l’individualismo, perché manca la visione globale di quelli che sono i compiti dell’insegnante, penso ad esempio alla valutazione che è la nostra bestia nera. Maria Giovanna Spinelli n.3 marzo 2010


Per quel che riguarda la formazione degli insegnanti bisogna tener conto del contesto nuovo in cui gli insegnanti sono portati ad agire. Credo che dentro le scuole soprattutto in quella del primo ciclo c’è una situazione di grande difficoltà nel fare scuola quotidianamente. La mia impressione è che questi nuovi nati digitali, che sono gli studenti di oggi, abbiano dei bisogni formativi molto diversi rispetto a quelli degli studenti di quindici anni fa e ciò significa che ci sono delle urgenze a proposito del modo quotidiano di fare scuola e di stare in classe. Sia nelle scuole di primo e secondo ciclo, vuoi per i nuovi arrivi, vuoi perchè non si ha una classe sola, ma almeno tre o quattro classi, cioè tre quattro tipi di utenza a cui dare risposta. Una questione molto grossa e di grande urgenza è anche quella dei genitori, che soprattutto nel primo ciclo intervengono e hanno un atteggiamento spesso intrusivo dentro la scuola stessa. Sia a livello nazionale che provinciale fare scuola è un cantiere aperto, adesso poi c’è la partita grossa delle competenze. Fare un’offerta formativa rivolta alle competenze è qualcosa di completamente diverso dal fare scuola rispetto alle discipline. Norberto Bottani ha detto più volte che una scuola per competenze è una sorta di rivoluzione copernicana sul modo di fare scuola. Queste riforme richiedono quindi una preparazione degli insegnanti. Tutte le riforme (soprattutto del secondo ciclo) sono state fatte in genere senza un’adeguata preparazione degli insegnanti e noi sappiamo che una riforma è destinata al fallimento se gli insegnanti non vengono adeguatamente preparati per questa riforma. Ho l’impressione che spesso da parte degli insegnanti ci sia un atteggiamento molto conservatore, un atteggiamento che tira indietro. Aprea ha detto di recente, riferendosi agli insegnanti, che c’è un atteggiamento del tipo “quieta non movere et mota quietare” nel senso di conservare un modo di fare scuola, di gestire la classe. Anche i sindacati spesso hanno un ruolo conservatore, ha detto anche che in Italia la forza più conservatrice sono proprio i sindacati della scuola. Loris Taufer La formazione in servizio La formazione in servizio è portata avanti dal singolo, ma è dentro la comunità di pratiche che è la scuola, il singolo è un professionista dell’educazione e, come dice Shon, un professionista riflessivo, che riflette su quel che fa quotidianamente nella logica della ricerca-azione. Proprio per questa comunità di pratiche, dentro la quale ci può essere l’azione di formazione in servizio dei docenti, un ruolo fondamentale può essere quello dei dipartimenti e quello, nella proposta nazionale, dei comitati scientifici- tecnici, che potrebbe in qualche modo collegare la scuola a ciò che avviene fuori anche ad altri agenti o attori che possono in qualche modo essere coinvolti in questa impresa. La funzione dei dipartimenti è essenziale soprattutto per n.3 marzo 2010

il varo dei piani di istituto sia il primo ciclo che per il secondo. Nella questione dei piani di studio probabilmente ci possono essere anche nuove strumentazioni. Noi, ad esempio, abbiamo realizzato una piattaforma, nella logica degli ambienti virtuali di apprendimento collaborativi e cercheremo di definire con i dipartimenti le competenze essenziali nelle diverse aree di apprendimento. Quel che stiamo facendo forma gli insegnanti, ma vogliamo anche cercare delle consulenze a tema molto specifiche. Quello che abbiamo fatto è chiedere competenze specifiche, non vorremmo fare dei corsi general-generici, ma lavorare sempre su qualcosa di specifico, chiedere agli esperti qualcosa di consono ed efficace rispetto ai nostri bisogni formativi. Credo che la formazione degli insegnanti debba svilupparsi con modalità nuove, ad esempio, azioni di tutoring, accompagnamento in classe, consulenze specifiche e anche offerta di pacchetti molto agili e specifici a disposizione delle scuole, non una formazione generica, ma strettamente collegata all’offerta formativa della singola scuola e su questo che si possa chiedere la consulenza sia all’Iprase sia al Centro di Rovereto. Credo sia molto significativo far girare gli insegnanti e creare una qualche forma d scambio. Lo stiamo già facendo con lo scambio Trentino/Tirolo. Una prospettiva da recuperare è fare dei percorsi di formazione anche all’estero, stabilire dei gemellaggi, fare progetti europei in modo che ci sia un’apertura e un’internazionalizzazione della nostra scuola, in una logica non solo di apertura sull’esterno, ma anche transfrontaliera, di costruzione di un’area similare dal punto di vista storico per quel che riguarda il suo passato comune, un’area euro-regionale che tenga conto della situazione della provincia di Trento, di quella di Bolzano e del Nord Tirol. Loris Taufer Il rapporto con le scuole Ci sono delle scuole che hanno fatto esperienze interessanti, che andrebbero riconosciute e generalmente queste scuole hanno un’identità e hanno formato comunità, il che è una cosa che aiuta anche ad affrontare meglio le difficoltà quotidiane quali il rapporto con i genitori, i nuovi arrivi e l’ avere livelli diversi nella classe. Essere comunità e confrontarsi all’interno della scuola su queste cose diventa una risorsa, un aiuto per tutti gli insegnanti. Non so dire come il Centro potrà aiutare le scuole a formare questa comunità, sicuramente lo potrà fare se si mette come un elemento che vuole ac25


compagnare le esperienze delle varie scuole. Tradizionalmente i problemi della formazione sono stati diversi per le scuole del secondo e del primo ciclo. Gli insegnanti elementari hanno avuto problemi nella formazione della singola disciplina, mentre erano più preparati dal punto di vista pedagogico didattico rispetto ai colleghi delle superiori, che invece avevano una laurea disciplinare, ma non avevano fatto studi di tipo pedagogico didattico. Questo esiste ancora adesso perché siamo una categoria di insegnanti vecchi e secondo me è un aspetto che ancora si deve considerare. Possiamo affrontare questa nuova sfida delle competenze se siamo veramente preparati dal punto di vista disciplinare, anche se è vero che uno si forma col tempo e che non deve avere tutte le risposte da dare ai propri alunni, anzi è corretto dire “non lo so, andiamo a cercarlo insieme” ed è anche molto importante. Bisogna considerare sia l’aspetto disciplinare sia l’aspetto metodologico in maniera parallela. Il discorso delle competenze secondo me è davvero una bella scommessa perché la scuola è ancora fondata sulle nozioni, con la trasmissione del sapere da parte degli insegnanti. Riempire i quaderni e non le teste sono gli slogan di quando ero giovane anch’io, quando si diceva che la libertà di insegnamento non è la libertà di fare scuola male. Io ci credo ancora a questa affermazione e, secondo me, se non partiamo dal fare è difficile, se non fai e non poni il problema anche ai bambini, puoi dire quello che vuoi, ma restano cose che utilizzano solo in ambito scolastico e basta. Dobbiamo stravolgere il nostro modo di lavorare, lavorare per competenze ci aiuta anche a lavorare sui diversi livelli, ad approfondire il discorso sia per gli alunni più deboli che per quelli più preparati, che hanno più conoscenze, per via dell’ambiente in cui sono cresciuti o per una serie di cose. Renata Attolini Credo che ricaviamo qualcosa se rendiamo protagoniste le scuole, se facciamo in modo che siano loro il soggetto primo della formazione dei propri insegnanti. Dentro questa comunità scolastica, di pratiche che deve essere, sono gli insegnanti che individuano quello che serve e che non serve. Il protagonismo deve essere dato agli insegnanti, ai dipartimenti. Il centro di Rovereto dovrà fare anche proposte alte, ma sempre contemperate con il bisogno di protagonismo delle scuole. La formazione deve avere come protagonisti prima di tutto i docenti, i dipartimenti, le singole scuole, messe in rete evidentemente. Magari l’Iprase farà più ricerca e il Centro di Rovereto più formazione in servizio e iniziale e quindi ci sono delle difficoltà. C’è un ambito sotteso a questo modo di fare scuola che si basa sull’apprendimento, bisogna insistere sempre di più sulla dimensione della laboratorialità, del fare, sulla dimensione di un apprendimento che è soprattutto il fare, con il coinvolgimento diretto dei ragazzi, degli alunni, ecc. Io vedo il Centro di Rovereto che potrebbe diventare il luogo in cui esperienze 26

di buone pratiche paradigmatiche potrebbero essere utilizzate, viste, fatte proprie dalle altre scuole. Se il Centro le proponesse come una serie di esperienze paradigmatiche come esperienze anche artificiali che possono essere trasferite io credo che da questo punto di vista il centro abbia una funzione collegata con le scuole. Loris Taufer La collaborazione con gli altri enti Uno degli obiettivi triennali che dovrebbe cominciare a concretizzarsi quest’anno è di attivare tutta una serie di relazioni con l’università, con i centri di ricerca, con la formazione con la rete museale. Questo è fondamentale. Per quel che riguarda la geografia del Trentino questo è un terreno molto spinoso che io non penso abbia una valenza sul piano strettamente pedagogico o di politica scolastica in senso stretto, che si tratta di un disegno prima appunto di carattere politico assolutamente legittimo e credo anche positivo che alcune funzioni risultino effettivamente decentrate e in alcuni momenti anche simbolici e significativi in modo da rendere protagonisti. Ci si è mossi a livello dell’amministrazione provinciale su una linea di prudenza nel passaggio di competenze dall’Iprase al Centro, tanto è vero che il direttore dell’Iprase è membro del comitato scientifico del Centro e quindi c’è una fase di accompagnamento, ma il Centro che nasce ha una missione importante che gli è stata affidata e a cui deve rispondere, però condivido anch’io che il soggetto fondamentale della formazione sono gli insegnanti e le scuole. In questo senso il Centro rispetto alla scuola valorizza, documenta, fa conoscere, sostiene, verifica la disponibilità degli insegnanti, del gruppo, del dipartimento, del coordinatore di dipartimento a fare un gruppo di progetto… Una delle idee ricorrenti in queste prime 3 o 4 riunioni del comitato scientifico è l’idea del centro di documentazione che non vuole essere una musealizzazione della scuola ma questo centro può farla con qualche forma centripeta, facciamo sì che Rovereto diventi il luogo e che in modo intelligente e dinamico si documenti il lavoro degli insegnanti, le buone pratiche, non tanto nei loro risultati, ma proprio nei processi, a partire dai processi aggregativi. Dentro le scuole si vivono questi dipartimenti che sono già da tanto tempo luoghi di formazione, aggiornamento, sperimentazione e propulsione, poi ci sono anche le situazioni in cui si fa molta fatica e c’è bisogno di qualche sostegno esterno, quindi un centro di documentazione che sappia far memoria, diventare anche luogo come si diceva “la casa degli insegnanti”, non è che debba essere un santuario, ma dove si prenda coraggio andando e vedendo quello che si fa e che è possibile fare dentro contesti non lontanissimi e a cui è facile accedere. Michele Dossi n.3 marzo 2010


il convegno INSEGNANTI OGGI

Il Centro di Rovereto si presenta Sabato 13 marzo 2010 circa 400 partecipanti al primo appuntamento importante promosso a Rovereto, presso l’auditorium del Mart dal “Centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnante”, su un tema tanto attuale e stimolante non solo per il mondo della scuola: “Essere insegnanti oggi”. Introdotto e coordinato prima da Luciano Covi, direttore del Centro, e poi da Italo Fiorin, presidente del Comitato scientifico del “Centro”, a conclusione di un percorso di formazione di circa 200 insegnanti neo-immessi in ruolo dalle elementari alle superiori. Interventi dell’assessore Marta Dalmaso e del noto psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet, autore di numerosi libri sull’adolescenza e docente di psicologia dinamica all’Università Statale di Milano Bicocca (vedi nelle pagine seguenti), Luigina Mortari dell’Università di Verona, Giuseppe Tognon della LUMSA di Roma e Giovanni Biondi, capo dipartimento del MIUR; ma anche una breve rassegna significativa delle relazioni del Centro con l’Università di Trento e con le Associazioni professionali di insegnanti.

Le richieste del sociale “La professione docente è tra le più delicate, perché sono sempre chiamate in causa la dimensione relazionale e valoriale” - ha ricordato nel saluto iniziale l’assessore Dalmaso- ed il convegno si propone appunto di analizzare le attese della società odierna nei confronti della scuola e le prospettive future. Ma ci sono innanzitutto le n.3 marzo 2010

aspettative degli studenti di oggi – ha replicato Charmet - nei confronti degli insegnanti, ai quali chiedono soprattutto di essere adulti coerenti e umanamente interessati ad entrare in rapporto col mondo giovanile, senza pregiudizi. Giuseppe Tognon, invece, ha preso in esame le richieste della società nei confronti della scuola, affermando paradossalmente

che in realtà cambiamenti ce ne sono stati anche nelle epoche passate, non è un fatto solo odierno e la società sta chiedendo qualcosa alla scuola. Fare scuola è un atteggiamento naturale dell’essere umano, mentre costruire un sistema scolastico è qualcosa di artificiale. Oggi siamo alla fine della fase eroica in cui abbiamo costruito un sistema di enorme potenza e c’è il problema del mantenimento dell’architettura. Le discipline non esistono in natura, dove esiste solo il sapere e la sua trasmissione, poi noi abbiamo introdotto gli spazi e i tempi ( le aule e gli orari) all’interno di ciò che era spontaneo. La scuola tradizionalmente ha avuto tre funzioni principali: la trasmissione del sapere; il rafforzamento delle regole sociali e la mobilità sociale. Oltre a queste non dobbiamo dimenticare la funzione critica, la produzione di un sapere innovativo sulla società e sui suoi problemi. La scuola è un laboratorio per il pensiero, non possiamo permetterci di non affidare a quella concentrazione di saperi un compito più importante di quelli tradizionali, la scuola ha anche una funzione terapeutica in quanto al suo interno si sperimentano relazioni di cura ed ha funzione simbolica in quanto fornisce rappresentazioni della realtà. Dalla vocazione alla professione Ora la scuola è un’istituzione storicamente matura, complessa, fondata sul diritto e non sulla condiscendenza. C’è stato il passaggio da una concezione vocazionale ad una professionale, abbiamo delegato la cura dell’anima, e il mantenimento del benessere mentale, conferendo loro una struttura. Ciò ha messo in 2° piano la ricchezza di una tradizione 27


culturale molto antica, legata alla vocazione per l’educare. La vocazione educativa si è trasformata in un’impresa e si è strutturata, c’è chi dice in chiave borghese, chi dice in maniera errata, ci sono comunque stati dei passaggi importanti, perché il passaggio dalla vocazione alla professione dà dignità a tutti. Oggi la scuola è figlia di una grande stagione di allargamento dei diritti: nel ‘700 i diritti civili, nell’’800 i diritti politici, nel ‘900 i diritti sociali, l’ultimo dei quali è stato quello dell’istruzione. La stagione dei diritti si è chiusa su se stessa, è diventata una stagione dove si può diventare nevrotici per una questione di ore, di minuti, di materie. Siamo talmente abituati alla scuola da non ricordare che potremmo chiedere qualcosa di diverso. Crediamo di essere vittime di qualcosa che non funziona e non ci rendiamo conto invece che siamo l’istituzione che mantiene un principio d’ordine all’interno di una società disordinata. La scuola deve pensarsi come un’architettura che dà un senso alla vita. Non c’è più organicità Siamo una scuola che era nata in una società povera di informazione e che si trova ad operare come se fosse ancora così, mentre oggi la società è ricca di informazioni, di conoscenza. Inoltre nella società odierna sono finite tutte le presunzioni di unità, questa è un’idea che nell’occidente non si manifesta più, difatti c’è la crisi del partito, la crisi della Chiesa, di tutte le ideologie unitarie. Quella che è venuta meno è la coerenza. La scuola non ha mai avuto questa organicità, perché ha sempre testimoniato la differenza e l’unicità, quindi ha tutto da guadagnarci da questa caduta dell’organicità. Poi c’è una 28

vera e propria invasione degli altri (intesi non solo come immigrati), possiamo concepirla come la tentazione di dare spazio a tutto. Non possiamo più distinguere il sacro dal profano, il pubblico dal privato. Questo è il tema della laicità (nessuna pretesa di affermare un’autorità sull’altra) come riflessione sull’abito mentale degli essere umani. La scuola ha una grande funzione di progettazione sociale, testimonia che il Mar Rosso è aperto, non si è ancora chiuso su di noi, cioè possiamo ancora uscire dal dominio del faraone. Il sapere dei pratici La riflessione di Luigina Mortaparte dalla domanda: cosa vuol dire per un docente essere competente? Schön ne “Il professionista riflessivo” dice che il mondo della pratica è visto come uno stagno paludoso, per cui è impossibile garantire una formazione ai docenti che li prepari a ad affrontare tutta la complessità che si trovano di fronte nelle loro pratica professionale. Gli insegnanti quando parlano del loro disagio spesso fanno riferimento alla difficoltà di trovare le competenze per affron-

ri

tare i problemi che i ragazzi sottopongono loro nella vita di ogni giorno. Qualcuno di loro ha paragonato l’insegnante a un domatore che entra nella gabbia dei leoni. Spesso gli esperti che parlano della scuola, ma che non entrano in aula tutti i giorni, non sanno percepire ciò. La professione docente viene svalutata, considerata come un lavoro che non è degno nemmeno di un’adeguata formazione, come se si trattasse di un lavoro esecutivo. Gli insegnanti, in quanto pratici, sono inventori di saperi di cui non rimane traccia, perché nessuno si preoccupa di scrivere questi saperi che sono etici, politici, professionali, didattici e organizzativi. Sono questi i 5 livelli di formazione dei pratici: l’ultimo è la capacità di inventare una volta che si è sul campo. In genere la formazione non pensa a preparare a questo. Cosa è chiamato a fare l’insegnante in aula? Istruzione? Educazione? Formazione? Se guardiamo all’etimologia di queste 3 parole, vediamo che instruo vuol dire portare dentro, portare i saperi disciplinari nella mente degli studenti, formare significa, invece, mettere in forma. Educare, anche se comunemente si pensa n.3 marzo 2010


che l’etimologia del termine derivi dal latino ex-ducere cioè tirar fuori, si riferisce ad un altro verbo latino che è educare ovvero coltivare (come per le piante), allevare (come per gli essere viventi), cioè avere cura. Educazione è quella che Cicerone chiamava cultura animi. Per Socrate il compito fondamentale dell’educazione è quello di avere cura dell’anima. Il termine anima si riferisce alla persona nella sua totalità, alla sua dimensione affettiva, estetica, relazionale, etica, politica. L’essere umano è tutte queste cose, quando tagliamo via qualche pezzo, il progetto dell’educazione è incompiuto. La dimensione riflessiva Il progetto dell’educazione non è semplicemente presupporre molte abilità da mettere in campo, ma è la capacità riflessiva. I docenti sono dunque dei ricercatori sul campo, come diceva Dewey “Le fonti di una scienza dell’educazione”, l’educazione non è una scienza, ma è un’arte. Per essere dei bravi artisti bisogna essere dei bravi scienziati. Il docente è colui che possiede i saperi e li sa anche inventare. La dimensione rin.3 marzo 2010

flessiva significa essere capaci di pensare su quello che si fa, essere capaci, non solo di eseguire i programmi e i progetti, ma anche di leggere criticamente quello che succede in classe, rielaborandolo e trovando soluzioni nuove. La capacità riflessiva dunque è capacità di pensare i propri pensieri. Il vero saggio ha la sapienza del sé, riesce a pensare sul pensare, capacità che è necessario avere per trasformare il proprio operato (pratica esecutiva) in una pratica rigorosa, per essere soggetti che riflettono sul proprio operato in modo critico, bisogna prima di tutto essere competenti nei vari saperi, nelle pratiche etiche e politiche, nell’arte del pensiero. Sviluppare il pensiero etico La nostra epoca secondo Heidegger manca di pensiero, noi abbiamo molta conoscenza, ma non sappiamo se abbiamo anche il pensiero. Il pensare è farsi domande di significato, di tipo etico: “cosa è il male? cosa è il bene? cosa è giusto?”. È la condizione essenziale per sviluppare il pensiero etico, che non vuol dire solo rispettare le regole. La compe-

tenza etica è andare in profondità alle questioni di significato. Sono le domande legittime di Von Forster. Secondo Bateson la scuola può essere un luogo di induzione all’ignoranza e di banalizzazione delle menti perché evita di fare domande di un certo livello. Senza queste domande non si riesce ad essere desti, vigili rispetto alle cose che accadono, rispetto alle ideologie ed alle certezze di cui è pieno il tempo in cui si vive. Occorre cercare da sé le risposte alle domande fondamentali, soprattutto quando l’umanità si trova in tempi bui. La libertà è un bene di cui ci accorgiamo quando viene meno. Socrate ci insegna a fare questo lavoro coi ragazzi che è poi il lavoro che si dovrebbe fare anche sul piano della formazione. Socrate “rompeva le scatole” ed è stato condannato, queste domande danno fastidio perché scompigliano. Quello che bisogna fare è diffondere dei pensieri che coltivano il pensiero. L’adulto competente è l’adulto etico. L’educazione alla virtù Sviluppare l’ etica è educare alla virtù, perché non c’è cultura etica senza la virtù. Senza l’ educazione al rispetto e alla giustizia non c’è civiltà. Un elemento da coltivare tutti i giorni in aula è anche la generosità, i bambini ne hanno dimenticato il significato, ma non possiamo educare al cooperative learning se non c’è la generosità, se non siamo disposti a condividere le nostre risorse con gli altri. E poi c’è la virtù della gratitudine. La virtù più citata dai bambini è quella del coraggio, intendendo con ciò la capacità di fare bene un’interrogazione o di dire alla maestra che non si sono fatti i compiti. Ma il coraggio ha un altro significato, la parresia è il parlare franco, è la capacità di dire 29


le cose come stanno. Senza questo non c’è il pensiero etico che formula giudizi e valutazioni sulla base di una ricognizione delle cose così come sono. La parresia è necessaria per stare in una condizione di libertà, è la condizione per fare di sé un soggetto etico, capace di prendere le difese di qualcuno che viene condannato ingiustamente. Mortari a questo proposito richiama il Fedro di Platone e il “pensiero alato” che sa tirarsi fuori dal mondo delle opinioni e delle mezze verità per cercare le verità profonde. Dentro un curricolo formativo dovrebbe starci il progetto di coltivare il pensiero alato. In aula il primo strumento didattico siamo noi stessi, le nostre parole diventano vere nella misura in cui abbiamo lavorato su di noi per farci strumenti didattici. Il primo compito del coltivare l’anima è coltivarla su di sé, perché i bambini vedono se c’è coerenza tra quello che pensiamo e che facciamo, i bambini lo vedono nelle piccole cose. La scuola tradizionale Secondo Giovanni Biondi del MIUR, abbiamo un modello che è nato per istruire, non per educare e che si basa sulla cattedra, i banchi, i libri. Dice questo mentre è proiettata sul grande schermo la foto di una classe del secolo scorso, coi banchi disposti a file, i bambini immobili con le mani dietro la schiena. L’insegnante di solito fa un’opera di mediazione del testo scritto, la parte educativa è lasciata all’ambiente sociale. Anche se la scuola è un grande ambiente sociale, perché c’è dialogo tra i ragazzi, la parte educativa è lasciata a lato. Sulla scuola si stanno riversando dei problemi sociali, gli adolescenti trasportano in aula dinamiche esplosive, abbia30

mo quasi l’impossibilità tecnica di prenderci cura di questi ragazzi: con 25 ragazzi per classe fare la personalizzazione degli apprendimenti è difficilissimo. Bisogna cambiare questo modello tradizionale di fare scuola che non è più adeguato. Dobbiamo trasformare radicalmente la scuola, l’insegnante è un grande mediatore di una conoscenza riportata sui testi. Oggi invece la società ci dimostra che il modo di rappresentare la conoscenza non è più sequenziale, lineare, mentre il libro è uno strumento a “legame forte” così come il nostro curricolo è lineare. Oggi le scoperte scientifiche vengono fatte dalle equipe interdisciplinari, è importante saper lavorare in team. In futuro Non possiamo avere paradigmi e modi di organizzazione dell’insegnamento legati ad un’organizzazione vecchia delle conoscenze, che oggi invece vengono diffuse non solo con il testo scritto, ma anche con altri linguaggi. Uno dei problemi fondamentali del docente è l’ambiente nel quale opera, nei prossimi anni le scuole andranno organizzate diversamente, non più con le classi chiuse, ma con spazi e luoghi che ci permettano di prenderci cura e di seguire gli studenti. La LIM è solo il primo pezzo di questo cambiamento, poi spariranno i libri cartacei, ci saranno gli e-book, il che comporterà un’organizzazione diversa dei quaderni. Non si possono introdurre le nuove tecnologie e lasciare invariato l’ambiente di apprendimento. In Europa stanno nascendo le prime scuole senza classi, l’insegnante sta seduto accanto ai ragazzi che lavorano in cerchio. I docenti che vanno in aula sono solo una parte, altri si occupano della progettazione, altri ancora della va-

lutazione. Tutto questo è possibile solo se smontiamo l’ambiente di apprendimento. Il ruolo docente nel futuro è destinato a cambiare. La valutazione dei docenti In Italia tutti i docenti sono uguali, tutti avanzano solo per anzianità, non esiste una carriera docente, mentre nella maggior parte di paesi dell’Unione europea, la valutazione viene utilizzata ai fini della progressione di carriera. È stato dimostrato che la variabilità dei risultati degli studenti è legata alla qualità dell’insegnante e non al numero di studenti per classe. Oggi la questione della valutazione degli insegnanti è ineludibile. Gli interventi di valutazione non hanno scopi sanzionatori. Anche secondo l’OCSE bisogna smettere di dare fondi a pioggia agli insegnanti, ma introdurre una carriera dei docenti. L’accountability, il rendere conto è essenziale nella scuola dell’autonomia e serve a migliorare i livelli di apprendimento, occorrono delle verifiche, che forniscano elementi di valutazione di sistema in grado di migliorare la qualità della scuola. Occorre un progetto che colleghi la formazione dei docenti ai risultati della valutazione degli apprendimenti, bisogna mettere a disposizione della scale che permettano ad insegnanti e dirigenti di fare una diagnosi e vedere il livello di miglioramento. Questo deve essere fatto da un istituto nazionale come l’INVALSI. La formazione in servizio è importante, altrimenti il sistema di rinnovamento è lentissimo. Serve anche un corpo di ispettori indipendente ed autonomo, dopodichè potremmo procedere anche alla valutazione degli insegnanti. Patrizia Lucca n.3 marzo 2010


l’assessore SENTIRSI A CASA

Il saluto di Marta Dalmaso Sono particolarmente lieta di essere qui tra voi, a portare non solo i miei personali saluti, ma quelli dell’Amministrazione provinciale. Il Convegno rappresenta una delle prime iniziative del Centro per la formazione degli insegnanti, recentemente costituito e che ha sede proprio a Rovereto. Un Centro al quale l’Amministrazione ha affidato un impegnativo e strategico ruolo nel campo della formazione dei docenti, nella convinzione che la qualità della nostra scuola trentina si difende e si accresce se si assicura un costante accompagnamento all’azione didattica, così da sostenere la professionalità dei docenti e incrementarne la competenza. L’insegnante protagonista Mi auguro che il Centro possa proporsi non solo come soggetto qualificato capace di sviluppare molteplici iniziative di formazione, ma anche come luogo aperto agli insegnanti e ai dirigenti del nostro territorio, dove chi opera nella scuola possa sentirsi “a casa”. Sono consapevole che il compito che attende il Centro non è facile, non solo per la complessità della materia, ma anche perché rappresenta nella nostra realtà provinciale una novità che arricchisce di risorse il sistema trentino e però richiede da parte di tutti la capacità di ridefinire compiti e di interagire positivamente. Per quanto mi riguarda, assicuro il massimo impegno in tal senso. Ho anche un secondo motivo di soddisfazione e riguarda il tema scelto: “Essere insegnanti oggi”. Trovo significativo che il primo Convegno di rilievo che il Centro organizza sia dedicato a mettere a tema il profilo professionale dell’insegnante, considerato nel contesto dell’attuale società in trasformazione. La riflessione è importante, per diverse ragioni. La professione docente è tra le più antiche, ma al tempo stesso tra le più interessate ai cambiamenti continui della realtà sociale. n.3 marzo 2010

All’insegnante una società chiede di formare i giovani, ma le esigenze formative cambiano con il cambiamento dei tempi. Chi dice “Ho insegnanto sempre così, perché cambiare?” non si è accorto che, intanto, tutto intorno a lui è cambiato. I bambini e i giovani che oggi incontra nell’aula sono molto diversi da quelli anche solo di pochi anni fa. Le trasformazioni continue e profonde chiedono una continua rilettura della realtà e una ridefinizione delle modalità didattiche e degli strumenti utilizzati. La professsione docente è tra le più delicate. Non può mai ridursi alle componenti tecniche o culturali, sono sempre chiamate in causa anche le dimensioni relazionali e valoriali. Ogni insegnante è importante per i suoi alunni, e per questo conta molto la sua competenza professionale, ma ancora di più la ricchezza della sua umanità e la passione che testimonia nel suo lavoro. Riconoscere la complessità del profilo professionale richiesto, essere consapevoli dell’importanza di una solida preparazione culturale e didattica, avvertire quanto sia cruciale il ruolo sociale svolto mi portano, a conclusione del mio saluto, ad esprimere un particolare ringraziamento ai docenti, a cominciare da quelli qui presenti.

Presto altre iniziative del Centro Auguro che da questa giornata emergano spunti e indicazioni utili a tutti i partecipanti, grazie alla presenza di importanti relatori, impegnati in un confronto a più voci che certamente potrà arricchire la nostra personale visione e allargare i nostri orizzonti. Contribuiscono alla riflessione non solo gli autorevoli esperti che sono stati invitati, ma anche i rappresentanti del mondo accademico non solo trentino e i responsabili di alcune storiche associazioni professionali. Leggo queste presenze come la volontà di sviluppare una importante collaborazione tra mondo accademico e mondo scolastico, e sono certa che il Centro può svolgere un prezioso ruolo di facilitazione e di sostegno. Auguro che presto altre rilevanti iniziative del Centro vedano la luce, in collaborazione con le istituzioni scolastiche, l’Università, le associazioni professionali e tutto il ricco mondo culturale provinciale, così che si pongano solide basi per un sistema di formazione sempre più qualificato, che consenta alla scuola trentina di continuare a garantire e incrementare quei livelli qualitativi che l’hanno contraddistinta in questi anni e che ci vengono riconosciuti anche a livello nazionale. 31


associazioni

UCIIM

AIMC

L’UCIM si chiama oggi “Associazione professionale Cattolica di Insegnanti, Dirigenti e Formatori”. Di ispirazione cristiana, ha come scopo la crescita professionale e spirituale dei docenti, con l’intento di migliorare la scuola e la politica scolastica. Collabora con le istituzioni, con le altre associazioni, con i gruppi e con i singoli in posizione di equidistanza rispetto ai partiti, ai sindacati e ai diversi organismi rappresentativi. Anna Goio ha sottolineato che l’UCIIM è un’associazione professionale. Quando si pensa ad un professionista, si pensa ad un avvocato o ad un medico che hanno a che fare con un paziente alla volta. E l’insegnante? L’insegnante è un professionista che deve ascoltare nello stesso momento i problemi di 20/25 “pazienti”con bisogni diversi, con stili di apprendimento diversi. Fondamentale quindi è dare dignità professionale, che risulta sommersa ma preziosa e che può ottenere visibilità e dignità all’interno di una comunità in cui esercitare buone pratiche, ricerca-azione, riflessione, dialogo professionale. Si propongono seminari e convegni, attività di consulenza, corsi di aggiornamento, incontri per la crescita spirituale e professionale dei docenti, pubblicazione di una rivista “La scuola e l’uomo”, pressione sugli organi decisionali per migliorare le scelte di politica scolastica, informazione dell’opinione pubblica su problemi riguardanti la scuola

Libera e democratica associazione professionale, articolata su tutto il territorio nazionale, costituita da insegnanti della scuola dell’infanzia ed elementare, da dirigenti scolastici, in servizio ed a riposo, che intendono operare in solidarietà nella scuola e nella società secondo i principi del Vangelo ed esplica la sua attività senza fini di lucro, mediante il servizio personale, spontaneo e gratuito dei soci.. Lo ha ricordato Giuseppe De Luca. Fondata nel 1945 l’AIMC trentina ritiene che l’innovazione è dimensione costitutiva e permanente della professione docente nella dimensione umana, professione specifica, sociale, religiosa e richiede costante aggiornamento perciò ha organizzato negli anni numerose iniziative, corsi d’aggiornamento incontri, dibattiti, stages su questioni educative e di politica scolastica per insegnanti. Soprattutto di recente si è concentrata su corsi di computer e di educazione musicale. Ora è iniziato presso la sede a Trento un ciclo di lezioni sulla didattica della lingua, rivolto principalmente agli insegnanti della scuola primaria. L’Associazione Italiana Maestri Cattolici spazio propositivo importante per la professione ma che “si prende cura” soprattutto della persona operando nella scuola da oltre sessant’anni; anzitutto in favore degli utenti: bambini, alunni e studenti e degli insegnanti, sollecitando costantemente il dialogo e il confronto con le famiglie e con i genitori degli scolari.

Riferimenti: via S.Croce 63, Trento, cell. 3491300431 email: uciimtn@yahoo.it, sito nazionale: www.uciim.it Presidente sezione Trento: Olga Bombardelli

Riferimenti: via S. Croce n. 63 – Trento tel. 0461.983774, sito: www.aimc.it Presidente: Giuseppe De Luca

Unione Cattolica Insegnanti Medi

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Associazione Italiana Maestri Cattolici

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CIDI

DIESSE

L’associazione ha la finalità di favorire l’affermarsi di una professionalità docente adeguata alle esigenze della scuola, alle riforme attuate e da attuare, un “pensatoio”, cioè un luogo dove incontrarsi, riflettere e condividere. Il CIDI di Trento, uno dei circa cento CIDI territoriali presenti in Italia, nasce come associazione professionale nella primavera del 2006 per iniziativa di un gruppo di docenti e dirigenti della scuola pubblica trentina. L’ha presentata Daniele Siviero. Propone di “…favorire, nel confronto e nel rispetto delle diverse posizioni culturali e ideali, la condivisione da parte degli insegnanti degli obiettivi di potenziamento della scuola pubblica e della sua trasformazione e rinnovamento, nel senso dei valori democratici indicati dalla Costituzione e partendo dalla centralità della funzione docente…”. Promuove: iniziative culturali, occasioni di incontro e formazione per docenti, studenti e genitori, riflessioni sulla funzione. Il CIDI Trentino collabora con le istituzioni scolastiche provinciali e porta l’esperienza nazionale al servizio della crescita della scuola trentina. Per lo scorso anno ricordiamo il laboratorio “mercoledì della chimica”, i percorsi curricolari “A scuola di costituzione” nell’ambito di un progetto di Educazione alla Legalità, il 40° convegno nazionale su “La nuova istruzione Tecnica”, il secondo convegno provinciale sugli istituti comprensivi.

L’associazione si occupa di aggiornamento continuo delle conoscenze e delle competenze degli insegnanti, tenendo ben presente che la persona è rapporto, vive e si esprime nella relazione. L’ha presentata, Giuseppe Peranzoni . La passione e la creatività del singolo hanno bisogno di un luogo in cui mantenersi deste e crescere per migliorare professionalmente. DIESSE è un’associazione professionale di insegnanti nata per rispondere all’esigenza di un luogo stabile di dialogo, di confronto, di educazione e di aiuto reciproci nello specifico del proprio lavoro. Dal 1997 svolge sul territorio trentino attività di formazione dei docenti di ogni ordine e grado sviluppando e realizzando vari corsi di aggiornamento e sperimentazioni nel campo dei modelli scolastici, della valutazione, dell’integrazione, delle nuove tecnologie, della formazione permanente. Ha inoltre progettato e gestito dal 2000 al 2006 il Centro di aiuto allo studio “Periscopio” e solo nell’ultimo anno ha realizzato corsi di aggiornamento come “Atmosphera: realtà e mito dei cambiamenti climatici”, “Fare scienza alla primaria”, “Percorsi di progettazione”, “La scuola, le materie, lo studio: educare insegnando” e in atto “Galileo: fascino e travaglio di un nuovo sguardo sul mondo”.

Centro di Iniziativa Democratica Insegnanti

Riferimenti: sede c/o Scuola Primaria “De Gaspari” Via R. Zandonai,4 Trento e-mail: ciditrento@libero.it internet: www.cidi.it Responsabile Trentino: Daniele Siviero

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Didattica e Innovazione Scolastica

Riferimenti: sito:www.diessetrento.blogspot.com e-mail: diessetrento@gmail.com Presidente Trento: Giuseppe Peranzoni, docente ITI Buonarroti Trento

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università RISORSE

Disponibilità a collaborare All’interno del Convegno del 13 marzo 2010, nella sezione “Prospettive” il Centro di Rovereto ha dedicato uno spazio ad hoc alla valorizzazione delle risorse del territorio e ad alcune esperienze di collaborazione già avviate con l’Università, con una Tavola rotonda, coordinata da Franco Fraccaroli, dal titolo “Formazione e accompagnamento professionale: il ruolo dell’Università” in cui sono state presentate le esperienze sulla formazione degli insegnanti, da parte di: Università degli Studi di Trento Lettere e Filosofia, Scienze matematiche, fisiche e naturali Scienze Cognitive Libera Università di Bolzano Scienze della Formazione Svizzera Alta scuola pedagogica di Locarno.

Maurizio Giangiulio Facoltà di Lettere e Filosofia - Trento Il preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Maurizio Giangiulio ha parlato dell’intervento che da alcuni anni a questa parte vede la sua Facoltà collaborare con il mondo della scuola e con l’IPRASE sulle competenze testuali di italiano degli studenti. Si tratta di una competenza rivolta sia alla produzione che alla comprensione dei testi, 34

che può inserirsi nell’attuale formazione al ruolo degli insegnanti di italiano, dal momento che occorre la consapevolezza che oggi alcune competenze fondamentali sono in crisi, quindi l’Università si dichiara presente e disponibile per quanto riguarda la formazione degli insegnanti nella prospettiva di una collaborazione paritaria e integrata e naturalmente progettuale, perché la formazione va progettata, quindi sottratta allo spontaneismo e alla logica del selfservice. Va progettata in rapporto agli obiettivi, individuando le aree di intervento e quelle dell’innovazione metodologica e didattica nella pratica dell’insegnamento. Nel suo intervento Giangiulio ha dichiarato la disponibilità ad una progettazione comune col centro di Rovereto. Stefano Oss Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali -Trento Anche la Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali, rap-

presentata da Stefano Oss, si è sempre chiesta quale sia il modo migliore di insegnare questi contenuti nella scuola e fin dalla sua nascita 37 anni fa ha visto la costituzione di gruppi di insegnanti che si sono mostrati disponibili ad una collaborazione con il mondo della scuola. Spesso i docenti che si occupano di ricerca scientifica fanno fatica a pensare a come raccontare la scienza ai giovani, invece la Facoltà dell’università di Trento si è dimostrata interessata proprio a questo, infatti negli anni ’70 Vittorio Zanetti aveva inventato il gioco scientifico, Mimmo Iannelli si era occupato dell’insegnamento della matematica nella scuola primaria, poi c’è stata l’esperienza delle SSIS, che si spera venga ripresa al più presto, magari migliorata, il Progetto lauree scientifiche. Attualmente si vuole rinnovare il discorso della narrazione scientifica nella scuola, perché l’insegnamento delle scienze e della matematica fanno un capitolo a sé stante, infatti ci sono momenti importanti di trasmissione dei saperi, anche se è importante la didattica laboratoriale. “Il mondo dei nostri studenti è cambiato” ha affermato Oss “la crescita della conoscenza scientifica è esponenziale, per noi la nascita del Centro di Rovereto è una occasione eccezionale” n.3 marzo 2010


Marco Donati Dipartimento dell’Alta Formazione pedagogica Locarno

Remo Job Facoltà di scienze cognitive -Rovereto

Liliana Dozza Facoltà di scienze formazione primaria - Bolzano

Secondo il punto di vista di Remo Iob, preside della Facoltà di Scienze Cognitive, che per anni ha diretto la ex SSIS di Rovereto, un insegnante competente possiede non solo conoscenze disciplinari ma anche didattiche e relazionali. Le competenze presenti all’interno della facoltà di Scienze cognitive permettono di pensare sia alla formazione iniziale che di quella in servizio, con la possibilità di attivare percorsi di formazione universitaria per il conseguimento della specializzazione sul sostegno. Numerose sono state le esperienze attuate in questi anni, tra le quali il Master per insegnanti in metodologia della ricerca educativa e l’esperienza recentissima del corso che si sta concludendo in questi giorni, rivolto ai docenti delle scuole secondarie superiori sullo studio della mente, che ha visto una massiccia adesione a conferma del desiderio di formazione continua da parte dei docenti della scuola trentina. Anche la Facoltà di scienze cognitive che si trova geograficamente vicina al Centro di Rovereto dichiara la sua disponibilità a collaborare .

Non è possibile tralasciare neppure l’esperienza dell’ Università di Bolzano, che ci è stata testimoniata in questa occasione dalla docente Liliana Dozza. Qui la facoltà di Scienze della formazione primaria e la SSIS di Bressanone hanno accolto molti studenti trentini, anche l’esperienza dei dottorati di ricerca può essere occasione di una collaborazione forte e significativa. Considerato che la professione insegnante si spende nel mondo dei pratici in un contesto carico di imprevisti attesi e non, competenze, abilità e competenze servono per pensare e ripensarsi. Cambiare la didattica impostarla in modo che gli studenti sperimentino in prima persona, riconnettere ricerca e didattica, portando la ricerca nella didattica e la didattica disciplinare nella ricerca, queste le prospettive auspicate dall’Università di Bolzano. Fare comunità quindi, una comunità in cui le università di Trento e di Bolzano siano i nodi di una rete, tenendo presente che l’università è parte di quella filiera che parte dalla scuola primaria in una prospettiva di formazione per tutta la vita, università in rete, quindi, in senso sia orizzontale che verticale.

n.3 marzo 2010

Presente per l’occasione anche il Dipartimento dell’Alta Formazione pedagogica di Locarno, rappresentato da Marco Donati, il quale sta lavorando ad una ricerca sulla fase di passaggio dall’essere studente a diventare insegnante, che cosa accade ad uno studente che si lascia alle spalle il cancello dell’istituto nel quale ha studiato e si accinge a rientrare nel mondo della scuola con un’altra veste quali pensieri, emozioni, sentimenti? Dopo aver preso visione dei rischi e pericoli connessi a questa delicata fase di passaggio da studente a docente ci si chiede se sia un bene lasciarla al caso o se non sia meglio accompagnarla. Tra le varie ipotesi su chi debba effettuare questo accompagnamento sembra che la soluzione migliora possa essere fare accompagnare questo passaggio dalle diverse componenti che entrano in gioco, non solo dai docenti dell’istituto di provenienza o dal nuovo datore di lavoro. (P.L.)

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la riflessione COME TI VORREI

Cosa chiedono i giovani all’insegnante Gustavo Pietropolli Charmet, presidente del Centro “Il Minotauro” è intervenuto nella giornata di sabato 13 marzo 2010 nella sezione denominata “Le domande”. Riportiamo ampi stralci dell’intervento di Charmet, non rivisto dall’autore nella stesura qui proposta. Pietropolli Charmet ha lavorato come psichiatra, è docente di Psicologia Dinamica all’Università di Milano da 1985. Tra gli incarichi ricoperti da Charmet: la direzione della scuola di Specializzazione in Psicologia del Ciclo di vita, la presidenza dell’Istituto di Analisi dei Codici Affettivi “Minotauro” e del “Centro aiuto famiglia e al bambino maltrattato”; è inoltre responsabile scientifico dell’associazione “L’amico Charly” e direttore scientifico della collana di Franco Angeli “Adolescenza, educazione, affetti”. Tra le sue numerose pubblicazioni ne ricordiamo alcune recenti: Non è colpa delle mamme. Adolescenti difficili e responsabilità materna, Mondadori 2007, Manuale di psicologia dell’adolescenza: compiti e conflitti, Franco Angeli 2008; Fragile e spavaldo. Ritratto dell’adolescente di oggi, Laterza 2009. Ai loro occhi la scuola ha perso il suo valore simbolico… I ragazzini negli ultimi anni mi hanno raccontato, nel corso di consultazioni psicologiche presso il nostro consultorio di Milano, delle relazioni che hanno con il loro istituto scolastico e con i loro docenti. Questi ragazzi che hanno difficoltà, alcuni perché studiano troppo, alcuni perché non studiano affatto, sono tutti coinvolti profondamente nella relazione con la scuola, è davvero molto interessante cercare di capire quali sono i loro timori, le loro aspettative, le loro speranze e quale il valore profondo, affettivo simbolico che attribuiscono alla scuola. Tento quindi di fare una sintesi tra maschi e femmine tra i 12 e i 19 anni con i quali ho avuto l’occasione di dibattere la faccenda. Nei loro resoconti ciò che più colpisce è il valore simbolico e istituzionale che la scuola ha perso ai loro occhi. È complicato cer36

care di capire perché parlano della scuola come fosse un edificio, come fosse un servizio, come fosse un ambiente nel quale trascorrere una mattina occupati in faccende di diversa natura. Per loro è come vedere un elevato numero di coetanei con degli adulti che svolgono diverse funzioni, ma al corpo scolastico stentano ad attribuire un significato simbolico, istituzionale. Il motivo per il quale gli adolescenti, i preadolescenti non aprono una delega in bianco alla scuola e non attribuiscono quindi un poderoso significato simbolico e neppure un significato istituzionale è una faccenda della quale dobbiamo occuparci in profondità per cercare di capire che cosa fanno effettivamente i docenti tutte le mattine per riattivare, per riscoprire, per riproporre, per ricomporre, per ricostruire sulla trama della loro quotidianità anche un significato simbolico che è quello che poi consente di utilizzare le mediazioni e che mette a disposizione il ruolo di stu-

dente all’adolescente e il ruolo di docente all’adulto competente, che è lì con loro per cercare la strada dello sviluppo della persona, dell’individuo, del cittadino, della conoscenza, della libertà. Insegnanti e studenti: riprendersi il proprio ruolo In realtà vedono entrare in aula non un docente, che già sarebbe un’operazione che può regalare un significato simbolico, un significato di ruolo nella persona che entra, ma vedono entrare un adulto che può essere un maschio o una femmina, abbigliati in un certo modo, che comincia a parlare rivolto loro con una certa modalità, con una certa flessione dialettale, con una certa severità. Ma in partenza quello che è entrato non ha un significato simbolico e istituzionale, è un adulto e quindi si rivolgono all’uomo e lo accolgono come questa generazione si relaziona con l’adulto, cioè con una certa familiarità, con una certa benevolenza senza un pregiudizio negativo nei loro confronti ma anche senza grandi aspettative. Aspettano che l’adulto si riveli e che faccia loro capire se serve a qualche cosa, se serve allo sviluppo del loro progetto, di una loro nebulosa ma molto personale idea di cosa sia lo sviluppo, cosa sia la crescita, a cosa possa servire all’apprendimento lo sviluppo di competenze, ecc.. Credo che sia questa una delle sfide principali di partenza della mattinata di scuola: quella di ricostruire l’edificio simbolico e di aiutare i ragazzi ad abbandonare l’illusione di poter sedere sui banchi di scuola interpretando il loro ruolo affettivo di adolescenti e aiutandoli invece ad indossare il ruolo di studenti, che mette loro a disposizione tutte le median.3 marzo 2010


zioni necessarie per star bene con i loro compagni e ovviamente anche con gli adulti che svolgono il ruolo di docente. È necessario ricostruire la scuola che giace inerte nella mattina appena si entra in aula, va riattivata e va rimessa in moto in una direzione forse diversa da quella che tradizionalmente ci si aspetta. La scuola si mette in movimento spontaneamente, autonomamente, di fronte ai ragazzi con le loro aspettative, se questi però effettuassero una delega in bianco nei confronti della scuola, che si riprenderebbe, riattiverebbe i propri automatismi e non ci sarebbero problemi. Ma non è così. All’università, “assieme a me entrava in aula un personaggio simbolico… poi entrava l’uomo invisibile” Come docente universitario ho potuto confrontare l’effetto del mio ingresso in aula negli anni ’70, ’80, ’90 e poi all’inizio degli anni 2000. Nei decenni precedenti assieme a me entrava in aula un personaggio simbolico, un rappresentante della cultura, dell’ateneo, della psicoanalisi odiata, temuta, ripudiata dagli studenti di sinistra, dagli studenti di destra, che produceva un certo effetto nel clima dell’aula. All’inizio degli anni 2000 il mio ingresso in aula non produceva più nessunissimo effetto, entrava l’uomo invisibile, non c’era assolutamente nessuna modifica né dell’acustica con cui il docente è abituato a lavorare (il mostro che abita nell’aula), né si cambiava la disposizione dei corpi che tendevano a essere, anche quelli delle prime file, tutti quanti girati dalla parte dei coetanei e non dalla parte dell’adulto docente, che assisteva in aula alla tragedia della n.3 marzo 2010

propria inesistenza. Non è che mi aspettassi che quando entravo in aula si mettessero subito sull’attenti, però il ricordo di un’accoglienza che trasformava, che modificava il clima che attuava una trasformazione sulla disposizione e induceva a trovare qualche espediente moderno che consentisse di ricostruire l’Università di Stato. Ci si riusciva perché c’era un interesse virtuale da parte di tutti, però si sentiva la necessità di offrire una relazione, di spiegare e rispiegare, di istruire i ragazzi sulla natura del lavoro che avremmo svolto, su quali erano gli obiettivi, una specie di guida di preparazione alla lezione, una specie di condivisione del progetto culturale ma anche del progetto operativo, una riformulazione di definizione delle parti, insomma un invito suadente, accattivante. Non erano le lezioni dei decenni precedenti, il taglio era diverso dal momento che erano cambiate le modalità espressive e tecnologiche, il tono, la proposta, l’intenzione era sicuramente diversa e effettivamente tutto questo aveva una certa efficacia, perché ad un certo punto i ragazzi delle prime file, cominciavano a prendere una posizione universitaria, si giravano dalla parte della cattedra, dalla parte del docente, aprivano il loro sacco, tiravano fuori le loro cose, qualcuno prendeva anche la penna e cominciavano a prendere appunti, insomma chiunque avrebbe detto che visto l’edificio dove si trovavano e quello che stava succedendo e la disposizione dei corpi e le intenzioni forse si trattava di una lezione universitaria nuova, perché più addomesticata, più familiare in un clima di maggiore intesa, di condivisione, con una ridistribuzione del potere e delle competenze, con una proceduralità forse diversa, qualcosa che assomigliava abbastanza da

vicino ad una lezione universitaria con un modo nuovo forse di studiare, di cooperare, di collaborare, di progettare. Adulto, docente… e le attese degli studenti I ragazzi vedono chi entra in aula che non è ancora un docente, non è un personaggio istituzionale, è un adulto che andrà a svolgere una funzione nei loro confronti per un certo periodo di tempo, si aspettano che chiarisca e presenti qual è la sua offerta, qual è il suo progetto, quali sono le sue intenzioni, che cosa in sostanza offre e il loro auspicio è che riesca e abbia le competenze, abbia le funzioni, abbia il potere, abbia le capacità per arruolarli nella realizzazione di un progetto convincente, che li riguardi molto da vicino, che non sia troppo remoto, troppo lontano, emotivamente troppo povero, ma nutriente della fame che hanno e della speranza che nutrono. La loro speranza è che il nuovo venuto si rivolgerà a loro per fare una proposta formativa o culturale sia pienamente identificato con i loro bisogni e cioè sia curioso nei loro confronti, non pretenda di sapere senza neanche aver chiesto loro chi sono veramente, quali sono i loro bisogni formativi, quale metodologia abbiano in mente di utilizzare per viaggiare verso saperi dello sviluppo delle competenze. Non penso che si debbano fare indagini, inchieste, questionari, gruppi di autocoscienza, parlo di una strada meno evidente ma più vissuta, perché sono disposti a evidenziare le competenze e le abilità che mette a loro disposizione il docente se la trama che lega i personaggi (il docente lo studente) è caratterizzata da una disponibilità del docente a identificarsi con i loro bisogni e non è portatore 37


di istanze che vengono dal di fuori dell’aula universitaria o della scuola o del perimetro della zona all’interno della quale si recitano i riti della formazione, della crescita, del viaggio verso la cultura e la competenza. Riuscire a trasmettere quello che c’è in fondo all’animo del docente, dell’educatore, cioè una curiosità non intrusiva, non appropriativa, non di controllo ma una curiosità di sapere, di capire quello che gli venga in qualche modo raccontato. La curiosità dell’adulto che non pretende di sapere già chi sono, cosa pensano, che cosa temono, quale sia il loro incubo e quale sia il loro livello di confusione rispetto a ciò che l’istituzione ha preparato per loro: credo che questa sia una caratteristica ampiamente auspicata non so se legittima e realizzabile, ma vera. Quello che sopportano male è che l’adulto che hanno di fronte cominci a formulare giudizi rispetto ai loro comportamenti, rispetto alla generazione, rispetto alla cultura del loro periodo, rispetto al loro abbigliamento piuttosto che all’uso che fanno delle norme, delle regole del galateo istituzionale che presuma di sapere già di che cosa si tratta. L’adulto o il docente curioso si avvicina, direttamente o indirettamente perché ammette di non sapere, perché sa che i cambiamenti e le trasformazioni che sono avvenute rispetto solo a pochi anni fa sono tali da costringere a un surplus di approfondimento e a un tentativo di immedesimarsi con i destinatari del proprio sforzo comunicativo, agli adolescenti che accettano di mettere da parte il ruolo affettivo di adolescente o comunque di utilizzarlo per prendere le motivazioni delle idee e dei problemi: a quel punto inizia la lezione, comincia lo scambio, comincia la costruzione, comincia la ricerca. Si ca38

pisce che serpeggia una motivazione che ha degli aspetti formali nuovi che bisogna riuscire a capire, studiare, ma che sostanzialmente viene da molto lontano e viene da un rapporto sano fra le generazioni. I nuovi adolescenti “senza paura e senza colpa” Per esempio oggi questa generazione di ragazzini mi incarica di avvertirvi che non hanno più paura e quindi sarà molto difficile che all’interno dell’aula il docente che è entrato possa ottenere qualcosa come il silenzio e la disponibilità cercando di far loro paura. Potranno accettare di starsene più tranquilli, di sottomettersi più o meno evidentemente ma nel loro animo non c’è più paura dei castighi perché non hanno questa esperienza nella loro infanzia e nei primi anni della loro preadolescenza, non sono abituati ad avere paura di nessuno, né della famiglia né della scuola. La minaccia dei castighi

non li dissuade dal continuare ad utilizzare le competenze del ruolo affettivo di adolescente e ad entrare in quello di studente. La paura dei castighi è edificata soprattutto dei castighi rituali e tradizionali della scuola ed è molto difficile riuscire a fargli sperimentare la colpa rispetto alle loro malefatte, ai vandalismi della relazione, al volta faccia rispetto alla promessa fatta per cooperare al progetto comune: la scomparsa di queste passioni umane nell’immaginario, nell’universo adolescenziale attuale, è un’importante trasformazione antropologica, che fa diventare molto difficile per un adulto evocare dentro di loro delle motivazioni. Niente paura e niente colpa: su questo c’è molto da discutere perché è la manifestazione più evidente recitata sullo scenario della scuola. Sappiamo che questo è uno degli effetti più evidenti del modello educativo dal quale provengono, sono bambini, ex bambini ai quale gli adulti, i genitori, la società, la comunità sociale ha smesso da tempo di far paura. Si è abbasn.3 marzo 2010


sato il livello di dolore che si ritiene educativamente compatibile e consentito di somministrare ai bambini, che non temono i castighi perchè sono reversibili, sono negoziabili e non vedono gli adulti come bersagli da abbattere o da imbrogliare, guardano gli adulti in base alla loro esperienza extra scolastica come a delle risorse virtuali potenziali se si riuscirà a intendersi si coopererà e se no si rimarrà come al solito in una vita parallela a quella degli adulti, con qualche occasione di contatto. Se l’adulto pensa di poter attingere alle motivazioni dei ragazzi allora c’è la speranza di ottenere entusiasmo, cooperazione, immedesimazione, condivisione, coprogettazione tutte cose che sono intrinseche al nuovo progetto educativo al quale più o meno consapevolmente si adeguano i genitori, gli adulti e le altre facce del percorso scolastico. Allora una valutazione anche positiva ma erogata al di fuori della relazione conta molto poco, mentre una valutazione anche molto severa e negativa ma erogata dentro una relazione in cui il docente fa capire che c’è conoscenza, che si intravede la persona che lavora assieme al ruolo di studente, è accettata senza difficoltà: l’efficacia della valutazione è legata alla quantità di relazione. Insegniamo a un soggetto antropologico complicato che è un gruppo Noi insegniamo a un soggetto antropologico complicato che è un gruppo, una mente di gruppo, che porta degli individui che cerchiamo di far di tutto per personificare, per individualizzare, per soggettivare ma che comunque vivono anche all’interno della mente del gruppo e quindi anche n.3 marzo 2010

il gruppo porta avanti le sue istanze, anche il gruppo ha bisogno proprio come mente di gruppo, come insieme, come confluenza di elementi individuali che cooperano nella costruzione di miti affettivi di normative, di regole, di leggende anche questo soggetto ha bisogno di essere preso in carico, ha bisogno di sentire che il docente è lì anche per fare quotidiana manutenzione della vita mentale del gruppo che guarda ai singoli ma guarda anche al benessere, alla disponibilità, al livello di sviluppo e di partecipazione di cooperazione che ha la mente di quel gruppo che si è formato nel corso delle settimane, dei mesi e che ha acquistato la caratteristica del proprio stile, che ha un linguaggio e che fa riferimento a miti e leggende che si sono stratificate nella sua mente. Anche il gruppo ha bisogno di sentire che c’è, che l’adulto lo tiene d’occhio, che ha una relazione anche nei suoi confronti, che assume l’incarico etico di garantire una sorta di benessere e di giustizia al gruppo. E poi naturalmente questi ragazzini sono abituati a cogestire il processo che porta all’elaborazione e alla definizione delle norme all’interno della famiglia, delle regole generalmente piuttosto scollegate nei valori, quindi regole familiari, regole domestiche, regole irreversibili, regole - come dire inventate - per svolgere una funzione semaforica nel transito degli affetti, dell’emozione all’interno della famiglia poco spendibili sulla scena sociale e quindi si aspettano che le regole, le norme ma anche i valori che governeranno la vita del gruppo (regole che se rispettate potranno garantire il benessere nella vita mentale, individuale e di gruppo) siano elaborate assieme. Credo che ci sia molto da discutere su questa cogestione dell’elaborazione delle

norme e delle regole perché tutti quelli che si interessano di questa faccenda sono concordi nel ritenere che uno sforzo del cogestire le norme e le regole porta poi a far sì che i ragazzi si identifichino col valore di regole che in qualche modo li rappresentano perché ci sono dentro le loro emozioni, i loro desideri, la loro sete di giustizia, ma anche una serie di castighi e di sanzioni che garantiscano insomma che i conflitti sociali che inevitabilmente nascono all’interno del gruppo siano gestiti da un sistema di giustizia davvero efficace. La trasformazione degli studenti “diventati studenti”…. È chiaro che essendo meno evidente e meno spettacolare il significato simbolico del docente, cambi lo sguardo degli studenti diventati studenti perché arruolati non per formula, non con la minaccia di castighi, non attirandoli nel regno della colpa e inducendoli a riparare, ad aggiustare, a chiedere scusa ad accettare la penitenza, ma arruolati in una grande campagna ideale e li garantisca che l’obiettivo è il valorizzare il sé, rispettare la persona e cooperare nella relazione a una realizzazione collegiale e sintonica di un loro progetto personale: la famiglia li ha abituati a pensare che sono abbastanza unici, abbastanza preziosi ma contemporane-

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che si tratta di un adulto etico, cioè che crede a quello che comunica, anzi che ne è dominato è quasi un profeta, il portaparola di una disciplina a loro completamente sconosciuta e che nella maggior parte dei casi lo rimarrà, ma rimarrà nella loro mente la passione con cui quell’adulto parlava di quella disciplina. A quel punto sono disposti a passare sotto silenzio tutta una serie di angherie, è una specie di Santo che può fare qualsiasi cosa perché testimonia questa possibilità: la passione per una disciplina.

amente sentono che è fortissimo il bisogno che hanno di socializzare, di integrare, di costruire cittadinanza attorno a loro, di fare gruppo, di creare una cultura alternativa, originale nella quale possono riconoscersi. Per loro, sentire un progetto ideale, non espiatorio, sacrificale, masochistico ma vero e profondo che ha l’obiettivo educativo ma anche della didattica, quella di liberare il soggetto, di aiutarlo a crescere di personificarsi, di soggettivarsi, di diventare un cittadino libero capace di svolgere una funzione critica, quindi al servizio del narcisismo individuale e di gruppo. La scuola non è un dispositivo che si sostiene soltanto sulla capacità masochistica di sacrificare il desiderio, la fantasia, la creatività e la fame di soddisfazioni e di rispecchiamento narcisistici dei ragazzi di questa generazione. È fondamentale riuscire a perfezionare la comunicazione in marketing che gli adulti devono fare di quali siano i vantaggi dell’esercizio creativo del ruolo di studente perché arricchisce il sé, perché in realtà è davvero al servizio della realizzazione del progetto personale. 40

… ma anche “il docente fuori di testa con la passione per una disciplina” Dietro le modalità con le quali il docente svolge il suo ruolo in aula ci siano anche le caratteristiche della persona perché essendo meno impenetrabile il significato simbolico ed istituzionale, avendo meno bisogno di costruire leggende improbabili sui docenti come accadeva una volta, sicuramente lo studio della persona e di come la persona dell’adulto gestisce il ruolo docente è una questione importante. I docenti sentono che si può far intendere e consentire ai ragazzi di misurare la quantità e la qualità della passione educativa e la quantità della relazione che li vincola alla comunicazione attorno alla loro disciplina. Quando i ragazzi si convincono che il loro docente è veramente fuori di testa, perché davvero crede che se la sua disciplina fosse conosciuta da tutti, se tutto il mondo conoscesse bene la matematica o la geometria, ci sarebbe la pace, la distribuzione, la ricchezza, questo li convince

Il messaggio: la scuola esiste e sa comunicare una mission comune… Il messaggio è che non hanno voglia e non hanno bisogno di avere dei volontari, non vogliono che il singolo docente si incarichi di esasperare una o l’altra delle condotte accattivanti, deduttive ma credono che sia l’intero dispositivo istituzionale a parlare il medesimo linguaggio, amano pensare che il consiglio di classe esista e che non sia burocratico ma amano pensare che la scuola esista e che ci sia comunicazione, pensano che basti citare il nome della loro scuola perché si faccia riferimento ad un dispositivo all’interno del quale gli adulti condividono, anche se su posizioni diverse, una mission comune e quindi, da questo punto di vista, pensano che si possa davvero e non soltanto per simulazione a scopo assicurativo sottoscrivere un nuovo patto educativo, ovvero una nuova alleanza educativa, perché questi ragazzi non sono contro gli adulti ma sono alla ricerca di aiuti competenti e che tocca a noi in particolare aiutarli. Gustavo Pietropolli Charmet n.3 marzo 2010


DALLE SCUOLE

Istituto comprensivo Riva 2 GENITORI

A scuola di software libero Più di 200 genitori hanno aderito al corso di informatica organizzato dall’Istituto comprensivo Riva 2 Luigi Pizzini sull’uso di software liberi. Ha avuto un successo al di sopra delle aspettative il corso di informatica che è stato promosso dall’I. C. Riva 2 per far conoscere ai genitori programmi liberi e gratuiti di scrittura e di calcolo, per posta elettronica ed internet. Hanno aderito più di 200 genitori, con grande soddisfazione da parte del dirigente Francesco De Pascale e dei docenti che hanno promosso l’iniziativa, anche se un’adesione così massiccia ha determinato un grande impegno sul piano organizzativo.

la società moderna, prendere parte ai progressi culturali ed economici in atto, non essere esclusi dai processi globali. L’informatica nell’uso dei software e di internet è un immenso serbatoio di conoscenza. Occorre però un approccio corretto e attento a tali risorse per comprenderle ed utilizzarle pienamente. Abbiamo pensato al concreto aiuto che i genitori con una buona conoscenza nell’uso dei software possono dare ai propri figli in età scolastica: allora davvero si consolida e diventa tangibile la sinergia tra famiglia e scuola nei processi educativi. Dietro la massiccia adesione ai corsi di informatica si evince che i genitori hanno intuito tutto ciò. Un aspetto degno di nota che a mio avviso spiega tale adesione al corso è anche il bisogno di aggregazione, di ritrovarsi, condividere progetti e percorsi proposti dalla scuola, essere più vicini ai propri figli. Coinvolgere i genitori

Un’organizzazione a moduli In particolare il corso riguardava il software “Open Office”, che può sostituire a costo zero il pacchetto Office della Microsoft, e l’uso di posta elettronica e internet sempre con programmi open source quali Mozilla FireFox. L’attività, cominciata nel mese di novembre scorso, è stata strutturata in moduli tenuti da insegnanti esperti e personale tecnico della scuola ed ha avuto una durata complessiva di 12 ore, di cui sei sui programmi Open Office, due sull’uso di Internet e della posta elettronica con Mozilla FireFox, 4 ore per esercitazioni sull’uso dei programmi di scrittura, calcolo e presentazione. L’organizzazione a moduli, che ha consentito non solo n.3 marzo 2010

di aderire al corso intero o a singoli moduli, ma anche di avere la possibilità di scegliere tra due orari distinti, ha favorito la partecipazione mirata da parte dei genitori. Il corso era gratuito e, grazie al contributo della Cassa Rurale Alto Garda, tutti i partecipanti hanno ricevuto in omaggio una chiavetta USB con i programmi utilizzati. Scuola aperta alle istanze di una realtà informatizzata La inaspettata partecipazione di un così elevato numero di genitori è un dato significativo che induce a riflettere. Sull’informatica si gioca la sfida del futuro: conoscerla significa essere preparati alle vorticose trasformazioni che investono

Il corso di informatica per genitori si colloca nel solco di un progetto più ampio, che ha come obiettivo quello di condividere e diffondere l’uso didattico degli strumenti multimediali: non tanto e non solo imparare a usare i media, quanto apprendere con i media. Già da qualche anno nella quattro scuole del nostro Istituto Comprensivo si sta lavorando per un’applicazione il più funzionale possibile delle tecnologie informatiche multimediali. Ormai tutti i docenti intuiscono le potenzialità delle nuove tecnologie, ma per nessuno è facile identificare opportune strategie applicative. Si vuole fare un uso della multimedialità non solo come uno strumento per insegnare o un oggetto di insegnamento, bensì come un’opportunità per ripensare le forme, i modi, i contenuti dell’insegnamento, le modalità dell’appren41


dimento e le forme di comunicazione tra le diverse componenti di una istituzione scolastica: alunni, docenti, genitori. Lavorare in questa ottica ci ha portati ad attivarci per mettere in atto strategie volte a fornire ad alunni e docenti quelle competenze che permettano loro di conoscere e utilizzare le nuove tecnologie; ma anche a cambiare il modo di pensare, in quanto si vuole anche agire sulla modalità di insegnamento e apprendimento, partendo da quello che bambini e ragazzi sanno, vivono, sono, grazie alla multimedialità. In questo processo riteniamo importante, imprescindibile coinvolgere i genitori in maniera attiva in modo che possano essere accanto ai propri figli con consapevolezza e con la possibilità di aiutarli anche concretamente. Finalità molteplici Il progetto intende perseguire diverse finalità, quali promuovere l’adozione del software libero nelle scuole allo scopo di produrre effetti positivi in termini didattici, formativi ed economici; creare comunità e promuovere l’elaborazione delle informazioni e delle comunicazioni per via telematica anche attraverso l’uso di mailing list e aree riservate nel sito rivolte a docenti e famiglie; creare una cultura informatica negli insegnanti, negli studenti, nei genitori e nel personale ATA fornendo l’approccio e le basi per l’uso degli strumenti informatici. Ci si propone anche di mettere il più possibile i ragazzi in grado di gestire autonomamente lo strumento 42

tecnologico e il proprio lavoro. L’idea è quella di poter lavorare a casa e a scuola sullo stesso software senza correre il rischio di compromettere il funzionamento del PC di casa. L’Istituto ha adottato un curricolo di informatica di otto anni condiviso anche con le altre scuole della Rete degli Istituti scolastici Alto Garda, Ledro e Valle dei Laghi. Agli alunni vengono offerti altresì corsi per il conseguimento della certificazione ECDL (il nostro Istituto è test center per gli esami ECDL) e occasioni concrete di utilizzo degli strumenti di comunicazione digitale attraverso progetti quali un gemellaggio europeo. Collaborare online Con questo progetto era nostra intenzione coinvolgere i genitori nelle scelte didattiche dell’Istituto attraverso una formazione mirata su tematiche legate alle Nuove tecnologie come internet, strumenti di comunicazione e messaggistica online, ma soprattutto offrendo corsi di formazione che prevedono moduli di lavoro sull’uso di alcuni software open source utilizzati a scuola dai propri figli. Altri obiettivi sono stati quello di favorire un uso corretto e consapevole del computer da parte dei bambini e dei ragazzi, come strumento di apprendimento e mezzo di trasmissione culturale, di promuovere ambienti di Rete di tipo collaborativo basati sui cosiddetti “Social Software”, strumenti on-line che rendono semplice la creazione e la condivisione di contenuti (testi, audio, video). I nuovi software so-

ciali danno la possibilità di entrare a far parte di una rete sociale che connette gruppi di persone unite da un interesse comune e permettono quindi di creare un ambiente di apprendimento attivo, in cui gli studenti, i docenti e le comunità del territorio discutono e condividono idee e risorse. Intendiamo inoltre favorire la costruzione di lezioni multimediali che prevedono l’impiego delle nuove tecnologie, prime fra tutte le LIM, Lavagne Interattive Multimediali. La chiavetta come strumento di lavoro Per rendere possibile tutto ciò l’Istituto si sta impegnando a mettere a disposizione degli insegnanti, dei genitori e degli alunni nuovi e diversi strumenti tecnologici da utilizzare nella didattica dotando tutte le classi delle scuole dell’Istituto di lavagne interattive e tutto l’Istituto di strumenti idonei alla partecipazione ai progetti basati sull’uso dei social software. Tutto ciò richiede un uso diffuso e finalizzato di strumenti, quali le chiavette USB. Per questa ragione abbiamo distribuito a tutti gli insegnanti, ai genitori che hanno partecipato ai corsi e agli alunni della scuola secondaria “S. Sighele”, delle classi terze, quarte e quinte delle scuole primarie dell’Istituto una chiavetta USB di un 1gb quale strumento di lavoro e didattico, con lo scopo di mettere a portata di “mouse” un “desktop in miniatura” da poter utilizzare collegando la propria pennetta USB ad un qualsiasi computer, permettendo nel contempo di distribuire i programmi free così come i documenti della scuola quali Progetto di Istituto, lo Statuto, il Promemoria per gli insegnanti, il Promemoria per le famiglie, la Modulistica. Riccardo Ianniciello n.3 marzo 2010


Scuola primaria “Madonna Bianca” – I. C. TN4 E-LEARNING

Come utilizzare la LIM L’esperienza ha avuto inizio tre anni fa ed ha coinvolto due classi prime del plesso di Madonna Bianca, il quale fa parte dell’Istituto Comprensivo Trento 4. In queste classi le attività didattiche relative alla matematica e alle scienze vengono mediate attraverso l’uso quotidiano della LIM e salvate in file che contengono la documentazione completa delle lezioni. Al termine di ogni giornata, l’insegnante invia i file alle famiglie, utilizzando due apposite mailing-list, distinte per sezione. In questo modo la LIM consente di archiviare le lezioni, rendendo possibile il loro riutilizzo anche per altri scopi come elaborare delle esercitazioni, produrre attività di verifica, creare un archivio di lezioni da mettere a disposizione di altri insegnanti. Una molteplicità di funzioni L’utilizzo della LIM in classe è una modalità di comunicazione che permette di perseguire obiettivi altrimenti impossibili da raggiungere, come, ad esempio, informare le famiglie in modo completo, esaustivo e in tempo reale sull’attività svolta. In questo modo è inoltre possibile tenere aggiornati gli alunni che sono statti assenti, offrendo loro la possibilità di svolgere a casa i compiti e le esercitazioni e, in alcuni casi, di inviarle all’insegnante per la correzione, ancora prima del rientro a scuola. Un’altra possibilità offerta è quella di consentire il completamento a casa di alcune attività non terminate a scuola, avendo come riferimento il file completo della lezione. Si possono così assecondare i genitori degli alunni che presentano difficoltà di apprendimento a svolgere un’efficace attività di tutoring. Dal punto di vista relazionale questo modello di comunicazione può essere utile per instaurare con le famiglie degli alunni una corrispondenza costruttiva, pratica n.3 marzo 2010

e tempestiva, assai più efficace di quella effettuata attraverso il tradizionale diario. Con questi strumenti si possono infine sviluppare negli alunni competenze di tipo metacognitivo, cioè saper cosa fare per apprendere. Il software Notebook: un esempio di group-ware Lo strumento utilizzato è un groupware, che è l’insieme dei software che permette a un gruppo di lavorare in rete, di interagire attraverso la posta elettronica, le chat, le audio e le video conferenze, etc. Nel caso degli alunni della scuola primaria, all’inizio di un percorso di alfabetizzazione informatica, si è ritenuto opportuno usare l’applicativo in dotazione alla LIM per le lezioni in classe, anche per le attività in laboratorio d’informatica e per i compiti assegnati per casa. Il software Notebook è stato installato anche sui computer di casa degli alunni, che hanno avuto così la possibilità di familiarizzarsi ulteriormente con questo applicativo. Si tratta di uno strumento molto duttile e potente che assem-

bla molte delle funzionalità di altri software ed è corredato di contenuti multimediali ed interattivi. Il risultato da parte degli studenti è stato un apprendimento rapido delle sue funzionalità, che ha permesso un notevole livello di autonomia nel suo utilizzo. I compiti per casa e il tutoring on-line Ogni fine settimana l’insegnante si trova quindi ad assegnare i compiti secondo due modalità diverse, cioè inviandoli per posta elettronica e consegnando gli stessi su supporto cartaceo. Gli alunni hanno così la possibilità di scegliere la modalità di esecuzione che è loro più confacente. Il riscontro è stato assai incoraggiante, visti l’entusiasmo e l’adesione all’iniziativa. Eseguito il compito, il file viene inviato al maestro per la correzione, con la collaborazione preziosa delle famiglie; l’insegnante risponde con un messaggio contenente la correzione, usando di fatto una prassi simile a quella dell’e-learning, solitamente effettuata attraverso una apposita piattaforma, come per esem43


pio Moodle. Alcuni alunni che non dispongono di collegamento ad internet usano invece le chiavette USB come repository dei file e consegnano il compito al lunedì, direttamente al maestro. Le chiavette USB consentono agli alunni di acquisire competenze di tipo informatico, quali il salvataggio dei file, la loro classificazione e la creazione di apposite cartelle al fine di un’archiviazione secondo una logica pratica. Nel laboratorio d’informatica La scuola di Madonna Bianca è stata dotata di laboratorio nuovo, con venticinque postazioni per gli alunni ed un proiettore collegato al computer dell’insegnante. In esso vengono effettuate attività di elaborazione individuale, sempre impiegando l’applicazione Notebook. In questo modo è possibile il riutilizzo dei file di alcune attività svolte con la LIM, sia per approfondire, sia per esercitarsi. Le attività svolte su file permettono l’uso di immagini, foto e suoni che, oltre a produrre un risparmio di toner della stampante, favoriscono i diversi stili cognitivi degli alunni e ne stimolano i diversi tipi di intelligenza. L’elaborazione personale migliora la memorizzazione dei contenuti e quando viene svolta col computer risulta gratificante, perché consente risultati di effetto, impossibili da ottenere con il supporto cartaceo. Il momento della verifica costituisce esso stesso una parte importante del processo di apprendimento, a patto che vi sia una forte connessione fra quanto è stato acquisito e ciò che viene richiesto. Questa condizione viene realizzata attraverso un opportuno adeguamento dei file delle lezioni per realizzare delle verifiche da eseguire col computer, che implicano anche competenze trasversali di tipo informatico. 44

Il punto di vista dell’insegnante Secondo il parere dell’insegnante utilizzatore la LIM è stata, ed è tuttora, l’occasione per un approfondimento sulla metodologia didattica, sugli aspetti teorici e quelli applicativi. Il suo utilizzo presuppone buone competenze di tipo informatico che per loro natura devono essere costantemente aggiornate, pena l’impossibilità di gestire pienamente il computer, cioè lo strumento che comanda la lavagna. Inizialmente il tempo dedicato alla preparazione delle lezioni è stato notevole, esso è diventato accettabile solo con l’avvenuta padronanza del mezzo e dopo l’interiorizzazione delle caratteristiche che le attività devono possedere per essere fruibili da parte degli studenti. Ci sono spesso inconvenienti di tipo tecnico, per affrontare i quali è necessaria sia una discreta autonomia dell’insegnante, sia la collaborazione del tecnico di laboratorio ed il supporto del Dirigente Scolastico, che nel mio caso sono state attenti e puntuali. Il punto di vista dei genitori “Per quanto mi riguarda trovo l’uso di internet una cosa positiva. Rapportandomi con altre mamme di bambini, frequentanti altre scuole, riscontro che mio figlio ha una conoscenza dell’uso del computer supe-

riore ai bambini di altre scuole e la cosa mi fa sicuramente piacere perché credo sia importante . La comunicazione diretta con la lavagna interattiva mi da modo di conoscere settimanalmente ciò che mio figlio apprende e visto le vite impegnate e frenetiche di noi genitori è quello che ci vuole” è ciò che scrive una madre. Altri genitori dicono che i proprio figli sono contenti di questa modalità di insegnamento. Per quanto riguarda l’utilizzo di internet per la comunicazione a scopi didattici, ritengono che questo strumento permetta di mantenere un contatto diretto tra il docente e i genitori, che sia valido per informarli sulle attività svolte, che aiuti ad imparare ad adoperare i programmi collegati ai compiti e allo studio e non solo al passatempo (leggasi videogiochi). Complessivamente la ritengono una pratica molto valida, da incentivare in tutte le discipline. I limiti vengono individuati nel maggior tempo necessario per eseguire i compiti, poiché non ci sono solo le difficoltà dell’esercizio, ma anche quelle di tipo informatico. Raccontano che i loro figli sono più disponibili a fare i compiti, in quanto gratificati dalla modalità stessa di esecuzione col pc. Suggeriscono di coinvolgere i genitori in una maggiore conoscenza, sia del programma Notebook, sia delle modalità di trasmissione dei file per via telematica. Stefano Tomasi Docente di scuola primaria n.3 marzo 2010


Scuola primaria Baselga – I.C. Altopiano di Pinè Danzare

Insieme per la pace Considerando che la pace deve venire dall’interno dell’essere umano e che tutti gli individui possiedono la capacità di creare valore nella società e di raggiungere l’armonia tra di loro e con il loro ambiente, il team delle insegnanti della scuola elementare di Baselga di Pinè, quest’anno ha scelto di promuovere un’attività finalizzata al recupero dei valori di solidarietà e pace, scegliendo un percorso di ricerca educativa che favorisca la capacità di cooperare, star bene assieme, accettare se stessi e gli altri. Il paracadute Il progetto si è sviluppato all’interno delle ore facoltative: tutte le classi della scuola elementare hanno sperimentato i laboratori di Danze etniche e popolari, provenienti dai vari Paesi del mondo. Vincenzo Barba, esperto di “Danzare la pace”, ha scelto una modalità ludica per la presentazione dell’ attività che ha coinvolto uniformemente il gruppo attraverso un elemento che ha rappresentato il filo conduttore di tutto il percorso: “il paracadute”. Un grande cerchio di tanti colori che tutti i bambini dovevano tenere per mano realizzando dei giochi di cooperazione, dove la forza consisteva nella sincronia dei movimenti della squadra, ogni bambino poteva esprimersi creativamente nel rispetto dello spazio altrui. Dopo aver giocato insieme con il paracadute, gli alunni venivano preparati ad entrare nel mondo della danza. Le emozioni dei bambini Per poter percepire l’intensità di questo percorso è necessario ascoltare direttamente i commenti dei protagonisti, che con estrema semplicità, sono riusciti ad esprimere le loro emozioni: “Io ho provato una bella sensazione quando abbiamo fatto il gioco della fiducia… n.3 marzo 2010

è stato bellissimo sentire che la mia compagna si era fidata di me…ecco perché mi sono divertito…”; “Il paracadute era bellissimo, coloratissimo e, quando abbiamo provato a farlo volare, sentivo tutta l’aria addosso, una sensazione di libertà, ero libera come un uccello”; “Per andare nel pianeta Danza…devi vestirti nel modo giusto, indossare una tuta speciale, il casco, le bombole, gli occhiali, i guanti, (mi sentivo uno vero astronauta) entri nella navicella spaziale…la nostra è bellissima, tutta colorata… dopo aver contato fino a venti, esci fuori e rinasci in un mondo nuovo: il mondo della danza con veri ballerini.”; “Il gioco della padella dei pop corn è stato bellissimo, la sensazione che ho provato è stata di riuscire a sentirmi unita, unita agli altri, come una squadra vera, dove l’unione fa la forza…”; “Essere uniti significa aiutarsi, aiutare chi hai acconto… puoi aiutarlo anche con parole gentili… ho imparato tutto questo provando le danze della pace, così ho conosciuto anche le musiche di altri paesi del mondo… sono contenta… vi chiedo se vendono in qualche negozio il CD, vorrei ascoltarle anche a casa…”; “Quando siamo partiti per il pianeta danza mi sembrava di essere trasportata dalle onde, ho provato una sensazione forte di leggerezza…quando siamo arrivati e abbiamo cominciato a danzare, il cuore mi batteva forte, forte

dalla gioia e mi sentivo cullare in un dolce abbraccio…”. …e per finire lo spettacolo Il percorso si è concluso con uno spettacolo finale il 23 dicembre 2009 presso la palestra delle scuole medie di Baselga di Pinè: tutte le classi hanno scelto danze diverse, presentandosi con i colori della pace. I canti natalizi in lingua tedesca e inglese hanno introdotto lo spettacolo in un’atmosfera internazionale. Attraverso un viaggio nei vari Paesi del mondo, gli alunni hanno interpretato con suoni, movimenti, colori ed emozioni, la gioia e la complicità che la danza racchiude in sé. Il ricavato dello spettacolo è stato devoluto per sostenere i progetti di Padre Modesto in Burundi e l’associazione Flores de Guatemala. Marilusi Angelico insegnante scuola primaria di Baselga di Pinè 45


Scheda

SEGNALIAMO

“Caro sessantotto - “Un diario Jacovitti anno scolastico 1967-68 e una separazione, una classe terza superiore e la disperazione, lettere ai compagni di classe e la piazza di lapislazzuli. Risultato: un alito sulle braci degli anni roventi, di cui non si è ancora detto tutto e non abbastanza, e un rammendo su un cuore ferito. Un pezzo di memoria da incastrare nella ricomposizione del 68 senza paura di vederne il disegno né il futuro appena passato” (l’Autrice) Chi ha vissuto il Sessantotto e quegli anni ne è orgoglioso, chi è nato successivamente sente che qualcosa gli è mancato. Le visioni, oltre che storiche, anche personali, intime, “poetiche”, la presa di coscienza che si può anche aver sbagliato, alimentano tale concezione. Un libro che non è solo un ricordo o una rivisitazione storica, ma che può contribuire, soprattutto nei giovani, a risvegliare quel senso di appartenenza a una comunità, a degli ideali, a degli obiettivi che sembra oggi assopito tra una scatola quadrata e la ricerca dell’ultima tecnologia.

il libro

Maria Elisabetta Montagni vive a Riva del Garda, ha frequentato l’abiente scolastico dall’età dei sei anni come scolara prima, poi come maestra. Attualmente lavora presso il Dipartimento Istruzione di Trento, nel centro risorse integrazione. Maria Elisabetta Montagni, Caro sessantotto, Albatros - Il Filo, Roma 2010, pp. 115, € 12,50 46

CARO SESSANTOTTO

Alito sulle braci degli anni roventi Elisabetta Montagni da qualche anno opera qui a due passi da noi, dal luogo fisico dove si pensa e si redige la rivista didascalie; adesso ha preso un po’ più di distanza, andando ad operare, sempre sui temi dell’integrazione e dei Bisogni Educativi speciali, nel nuovo “Centro Risorse Integrazione”, del quale presto ci occuperemo. Ma Elisabetta è stata anche una mia “compagna di viaggio” in alcune importanti battaglie per la scuola, ai tempi di quel “fucina di idee e lotte” che era il sobborgo di Mori e la Bassa Lagarina. Forse per questo, e per la prima volta, mi permetto di scrivere io queste brevi note sul suo libro uscito da poco, trasgredendo ad una consuetudine della rivista, che affida ad altri le recensioni per questa rubrica. Ma, pensandoci bene, le ragioni sono altre e provo a dirle. Ad ognuno il “suo 68” Ci sono alcuni richiami precisi, che mi hanno colpito dell’agile opuscolo scritto da Elisabetta. Innanzitutto il titolo “caro sessantotto” tutto minuscolo, col tono affettivo diretto di quell’aggettivo “caro” rivolto a qualcosa che sta davvero a cuore, di cui non bisognerebbe mai farne un uso disinvolto e neutro (provo sempre fastidio quasi fisico quando mi salutano “ciao caro! ciao bello!”), la personalizzazione del proprio racconto ed i continui rimandi al vissuto vero. Certo è troppo presto ancora per “fare analisi” sul sessantotto e comunque sono cosa diversa dallo sforzo di passare il racconto a chi non l’ha vissuto. Quelli, come me, che ci sono passati dentro, avrebbero voglia di leggere e ascoltare tutto ciò che si dice e si scrive di quel periodo, forse perché ancora – pensa un po’ – non abbiamo trovato il registro giusto per narrarlo ai figli, ai giovani, a chi non c’era. Siamo sempre tentati di leggere ed ascoltare tutto sul “caro sessantotto”, ad una condizione: che non si tratti della lezioncina a posteriori di chi aveva capito tutto allora ed ancor più ha capito tutto oggi, di chi – e si tratta quasi sempre di dirigenti di allora e di adesso – sposa un certo antistoricismo che applica dei criteri di oggi ai fatti di ieri. Ecco perché ci piacciono i “racconti” sulle “persone che non sono piante”, su “quel giovane supplente che veniva da sociologia” e che le ragazze si ritrovano all’improvviso in classe portatore di sana creatività e apertura mentale impensabili per quel tempo; ma anche il ricordo di genitori che accettano con responsabilità di essere “matusa” e di essere considerati tali dai propri figli e dalla generazione che veniva dopo di loro. Abbiamo bisogno, certo, di prendere le distanze da tutto ciò che è “antico”, che sentiamo sempre più come lontano e per certi versi estraneo da ciò che siamo diventati col tempo, abbiamo anche diritto all’oblio, come sempre più spesso si sente dire oggi da chi analizza gli effetti dell’era digitale, per salvarci dalla “memoria globale del network”; ma abbiamo anche maledettamente bisogno di tanti e tanti “racconti” ripresi dalla memoria di ognuno di noi “che c’era”, senza cedere alla tentazione di fare analisi a posteriori. Ed abbiamo anche maledettamente bisogno di serbare gelosamente il nostro file sul nostro “caro sessantotto”, magari in una chiavetta nostra senza metterlo su you tube o in altri spazi globali. Un file, che fa bene a chi lo scrive ed a chi lo legge. Come questo di Elisabetta, che ha tanti passaggi del vissuto vero, che fanno subito scattare connessioni, rimandi, pensieri… Qui accanto, alcuni di questi. Mario Caroli n.3 marzo 2010


Le parole per dirlo […] Genitori e figli “I nostri genitori si accorgevano che eravamo più istruiti, anche se privi di esperienza, si fidavano dei giovani, anche se eravamo ribelli perché immaginavano una vita che progrediva, diventava migliore. Le madri intravedevano nella rivolta delle figlie un’idea di riscatto, non lo dichiaravano, ma nel fondo erano solidali. Lo scontro avveniva quando pretendevamo di giustificare comportamenti che potevano essere compresi come giovanili, con scelte ideologiche e schieramenti politici colorati di rosso, quando la ricerca della comprensione reciproca si schiantava contro il muro dei modelli immutabili e naturali che per noi erano condizionamenti e strutture di potere, quando si disubbidiva per disobbedire. Si lasciavano definire “matusa” ma ci facevano passare oltre perché accettavano di diventare passato. Gli anziani di oggi occupano un continuo presente relegando i giovani in un fuoritempo che li tiene lontano dal gioco come se avessero già perso ancor prima di gareggiare. E’ una società di vecchi che investono continuamente su se stessi. Evergreen a cinquantanni ricominciano da capo, gli adulti non sono previsti, nessuno si propone come maestro, nessuno ha piacere d’invecchiare.” Quel giovane supplente che veniva da sociologia… “I cellulari hanno solo reso acquistabile a pagamento e digitalizzata quella capacità di comunicare a cui con tanta artigianale cura si sono sempre dedicati gli studenti. Era il nostro principale scopo sapere chi eravamo cosa stessimo facendo e perché, era un rispecchiamento continuo. Forse i professori se ne erano accorti perché ogni tanto si mettavano nella traiettoria, sedendosi su qualche banco o girando fra le bancate. Non potevano chiederci di spegnerlo o lasciarlo a casa. Era stata una mossa a sorpresa quando abbiamo spostato i banchi e li abbiamo disposti a ferro di cavallo, una rivoluzione copernicana: avevamo creato un centro al posto di un fronte, avevamo posto al centro la relazione. Fra i professori, qualcuno colse l’opportunità, soprattutto quello nuovo, il supplente del prof. che stava facendo il militare, quello che veniva da sociologia. Aveva 24 anni, del movimento studentesco, bello, voce morbida, mezzo veneziano mezzo cipriota, mani da marinaio, sarebbe diventato il nostro mito, ci saremo battuti per lui, ma all’inizio ci dedicavamo a qualunque cosa che non fosn.3 marzo 2010

se prestargli attenzione. Ridevamo, soprattutto noi ragazze naturalmente, lui era troppo, ridevamo del suo procedere incerto e lento, del tono basso della voce, dello sbattere delle palpebre, della saliva che a volte si accumulava all’angolo della bocca. Era un diverso da cui prima di tutto ci si doveva difendere. Ci sorprendeva che non guardasse la televisione o che si fosse sposato in un fine settimana senza viaggio di nozze, che rifiutasse lo sci come passatempo borghese e un po’ alla volta cominciò a piacerci come spiegava il sesto canto e il tempo dedicato al Vasari e che di pomeriggio extra orario ci portasse a vedere Il dottor Zivago e che in una domenica passata con noi in battello sul Garda ci insegnasse le canzoni di De Andrè. E che interrogasse le nostre menti, a volte i cuori e suscitasse dubbi. Le sue ore erano un incontro fra noi e con lui. Non per tutti, per chi ci stava, è sempre una scelta ed eravamo i più. O almeno così pareva, è sempre difficile esprimerti se ti senti minoranza.” Da studente a maestra… “Improvvisamente da studente diventavo docente. Era l’epoca in cui i maestri erano funzionari e al loro ingresso in ruolo giuravano nelle mani del direttore fedeltà allo stato. E invece eravamo fedeli al cambiamento, alla ricerca sul cosa ai bambini fosse utile imparare, sui modi per toglierli dal ruolo di passivi esecutori e metterli al centro dell’azione. Sbalzata dall’altra parte della barricata, non ti basta spostare la cattedra contro il muro, sei dalla parte del potere e lo eserciti. (…) La potenza di questa miscela si scontra e si incontra con i soggetti cui è diretta l’azione, loro, le bambine e i bambini, alunni dei quali la studentessa, appena uscita dalla scuola, sa esigenze bisogni e ruolo, nei quali improvvisamente non può più riconoscersi perché sta dall’altra parte, è diventata la maestra.” Il tempo di cedere il passo… “Era arrivato così in fretta il tempo di cedere il passo e lasciare la strada, la piazza, la lotta ai nuovi giovani così vicini a noi, quasi noi stessi, non c’è stato il tempo della consegna, della narrazione. Avevamo appena la forza di individuare il nostro presente, capire che cosa eravamo diventati e scoprire che i figli di operai facevano gli operai o gli impiegati e le figlie di impiegati facevano le maestre e i figli degli intellettuali facevano gli scrittori e i figli dei professionisti facevano i professionisti e i figli dei politici facevano i politici e i compagni dirigenti erano dirigenti di qualcos’altro o parlamentari o giornalisti. Che la famiglia di origine ancora contava così tanto.” […] 47


la recensione MINORANZE

Un contributo per la storia del Trentino Attingendo alle ricerche storiche di Luciana Palla per il capitolo sui Ladini, di Claudio Fabbro per i Mòcheni, a materiali editi dal Centro documentazione Luserna per i Cimbri, ed a propri saggi pubblicati in precedenza, Lorenzo Baratter, storico e direttore del Centro documentazione Luserna, col volume “La grande guerra delle minoranze” ha realizzato una sintesi di facile lettura sulla prima guerra mondiale e le tre minoranze etniche residenti in Trentino. Un quaderno, finanziato dal Servizio minoranze linguistiche della Provincia di Trento, che può essere usato dagli insegnanti delle scuole medie e superiori per declinare la grande guerra sul nostro territorio, anche in rispetto della l.p. 5/2006 che prevede l’insegnamento della storia regionale da parte dei docenti. Storie di uomini Oltre agli aspetti storico-militari, il libro si sofferma soprattutto sulle “vicende umane dei civili e dei soldati di queste comunità che furono coinvolte nell’immane tragedia della prima guerra mondiale”. “I nostri ragazzi” scrive Baratter “stanno comprendendo che il futuro, sarà di un’Europa veramente e concretamente unita, capace di superare definitivamente gli odi nazionali che tanto male hanno arrecato … alla moltitudine della gente operosa e pacifica”. Un contributo che il presidente Lorenzo Dellai, nella sua prefazione all’opera, definisce “essenziale per ricucire i fili della memoria collettiva del Trentino così fortemente incisa dalle grandi e piccole tragedie che tormentarono la nostra terra nella prima parte del Novecento”. Tre minoranze (ladina, mòchena, cimbra) che partirono con gli altri 60.000 trentini per la Galizia, la Bucovina, la Volinia, contro l’esercito russo dello zar Nicola II, dopo il proclama di Francesco Giuseppe, affisso nella valli tirolesi il 31 luglio, con cui veniva ordinata la mobilitazione generale e una lettera che ordinava la partenza dopo due giorni. Baratter ci ricorda che le minoranze germanofone e ladine erano ancora più obbedienti all’ imperatore: 48

ben pochi tra essi furono gli irredentisti che passarono il confine italico di Borghetto. Tutti impegnati nella Grande Guerra I ladini furono impiegati nel controllo del passo Pordoi e nella difesa delle Dolomiti fassane. La valle dei Mòcheni fu invece la porta d’accesso all’avamposto austriaco posto sulla catena del Lagorai. Anche tra le minoranze, i civili che non andavano profughi, venivano militarizzati: ragazzi, donne e anziani venivano retribuiti dall’esercito austriaco per la costruzione di strade e per il trasporto del materiale in montagna che serviva per le posizioni fortificate. Molti mòcheni tornando dalla guerra trovarono miseria e “paesi impoveriti”, scegliendo la via dell’emigrazione stagionale in Alto Adige e Austria o definitiva nelle miniere degli USA. La comunità cimbra di Luserna fu quella più colpita dalla guerra: tutti i maschi abili finirono dal ’14 in Galizia, i ragazzi e gli anziani vennero arruolati nella milizia territoriale. Il 25 maggio del ’15 Luserna fu bombardata e i suoi abitanti dovettero fuggire, profughi ad Aussig, nella Boemia settentrionale: torneranno al paese natìo solo a fine gennaio del ‘ 19. Troveranno un pae-

se distrutto, fatto di “brandelli di muri”, perché spesso i bombardamenti italiani contro Forte Lusérn fallivano il bersaglio e colpivano il centro abitato. Le immagini come testimonianza Le foto hanno un ruolo importante in questo agile testo: immagini di armi, trincee, teleferiche, forti, cimiteri militari, immagini di vette, forcelle e ghiacciai, ma soprattutto foto di soldati (semplici o ufficiali) trentini ed austriaci, di prigionieri italiani e russi, di civili e profughi trentini; uomini spesso colti in un momento di tranquillità e quotidianità: in questi volti traspare sempre una fede comune nella vita come atto prioritario, una vita cui le alte gerarchie dell’esercito –asservite ai nazionalismi e agli imperialismi anche economici dell’epoca- non davano valore, mandando, anche sul nostro fronte, al macello migliaia di giovani uomini. Massimo Parolini Lorenzo Baratter “La grande guerra delle minoranze”, Gaspari editore, 2008, pp. 125, € 14,80 n.3 marzo 2010


le schede INCLUSIONE

La sfida della scuola odierna La casa editrice trentina Erickson è giunta alla nona edizione de “Il Piano educativo individualizzato - Progetto di vita”ad opera degli autori Dario Ianes e Sofia Cramerotti. L’attuale l’edizione che ha visto la luce 2009 si articola in ben 3 volumi acquistabili separatamente. Il lavoro, che è stato anche tradotto in diverse lingue, si indirizza in modo particolare agli insegnanti, in quanto la stesura di un PEI (Piano educativo individualizzato) è richiesta dalla normativa nazionale e provinciale per gli alunni certificati ai sensi della legge 104/92, ma un piano educativo personalizzato è necessario anche per quelli che hanno disturbi dell’apprendimento, difficoltà psicologiche, comportamentali ed emotive. Il primo volume, dal titolo “La metodologia e le strategie di lavoro”, si basa sul sistema di ICFCY, Classificazione Internazionale del Funzionamento, della disabilità e della salute per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti (OMS 2007). Esso fornisce una guida importante e necessaria per leggere e interpretare pedagogicamente una Diagnosi funzionale. Questo volume racchiude informazioni utili alla costruzione di un progetto educativo efficace ed adeguato in ogni contesto. Gli autori suggeriscono le modalità per creare una scuola inclusiva che comprenda non solo i disabili ma anche tutti coloro che presentano disturbi o difficoltà di apprendimento. Il secondo volume, chiamato “Raccolta di materiali, strumenti e attività didattiche”, mette a disposizione degli insegnanti un’ampia gamma di materiali utili per portare avanti una programmazione differenziata. Propone infatti materiali didattici specifici, schede, strumenti e percorsi strutturati in obiettivi e attività utili per la programmazione educativa individualizzata, che puntano alla valutazione/osservazione, allo sviluppo, al potenziamento e al recupero n.3 marzo 2010

delle abilità, sempre nell’ottica di promuovere una piena integrazione/inclusione degli studenti con Bisogni Educativi Speciali. Al di là dell’ambito educativo della scuola, alcune proposte educativo/didattiche nelle varie aree disciplinari orientano anche verso la costruzione di un progetto di vita adulta Il terzo volume, intitolato “Raccolta di buone prassi di PEI compilati e commentati”, presenta infine una raccolta esemplificativa di buone prassi riguardanti la costruzione effettiva di Piani educa-

tivi individualizzati riferiti ai vari ordini di scuola. Gli esempi proposti hanno lo scopo di mostrare come si costruisce concretamente, passo dopo passo, un PEI realmente funzionale e vicino ai bisogni dell’alunno, che a partire dai suoi punti di forza e di debolezza, utilizzando la consapevolezza offerta dalla diagnosi funzionale sui fattori che facilitano oppure ostacolano l’apprendimento di quello studente in particolare, per svilupparne in maniera personalizzata le competenze.


3° incontro nazionale sull’educazione rovereto (tn) 23 - 26 settembre 2010

Parlare di futuro oggi è difficile. Incertezza, crisi economiche e finanziarie, ma anche di relazione nelle famiglie, tra vicini, nelle comunità, rischiano di limitarci in un perpetuo presente. Oppure possono spingerci a rincorrere nostalgicamente il passato in cerca di rassicurazione, impedendoci così di proiettarci in un vitale e sfidante domani. Noi, però, crediamo profondamente che chi si occupa di educazione non possa prescindere dall’immaginare il futuro e scommettere su di esso. Ma per costruire il futuro occorre avere fiducia, essere capaci di investire con passione nelle possibilità di ciò che ancora non si conosce e non si può controllare. Significa ascoltare e dar voce a chi abiterà quel futuro dandogli la possibilità di progettarlo. Significa lasciare spazio alle nuove generazioni, numericamente più ridotte e socialmente meno pesanti, ma centrali per la loro forza generativa e di cambiamento. Educa 2010 ha scelto quindi di mettere al centro della sua riflessione comune e plurale il futuro guardandolo nell’intreccio delle GENERAZIONI. Il rapporto tra generazioni è basilare nell’educazione perché ponte tra i futuri ed i passati di chi vive il presente, perché genera progettualità, sostiene la speranza. Da questo rapporto nasce la responsabilità, personale e collettiva, come declinazione della creatività, della solidarietà e dell’intenzionalità. Vogliamo interrogarci e insieme riflettere anche sulla memoria come propulsione e sulla contestazione come leva del cambiamento, ponendole come filigrane centrali di un oggi capace di rivolgersi generosamente, in modo nuovo e con passione verso il futuro. Le relazioni educative tra soggetti che hanno origini culturali e geografiche diverse, attribuiscono oggi al tema dell’intreccio generazionale una centralità ulteriore, una prospettiva d’osservazione e riflessione profonda per chi abbia a cuore il futuro come leva dell’educare e del vivere civile. Vogliamo creare occasioni e spazi di dialogo che ci permettano di continuare a generare e a lasciar generare nuove azioni, alimentando per le generazioni, attuali e future, la passione e il piacere della scoperta di nuovi modi per l’essere del singolo e delle società, in un domani migliore.

www.educaonline.it Promuovono: Con.Solida., Provincia Autonoma di Trento, Centro Studi Erickson, Università degli Studi di Trento, CGM-Welfare Italia Luoghi per Crescere, Vita Nonprofit, Animazione sociale, Comune di Rovereto

n.3 marzo 2010


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