Tesi | Pietrabuona

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Testimonianze di archeologia industriale toscana: un sistema territoriale ed un’architettura del lavoro fra abbandono e possibile destino

Sempre più frequentemente, negli ultimi anni, fra i temi didattici proposti per le tesi di laurea vi sono gli edifici storici progettati allo scopo di assolvere a programmi produttivi legati ai caratteri economici, geografici e sociali di specifiche aree, divenuti obsoleti dal punto di vista del “mercato”, abbandonati, spesso dimenticati ed aggrediti da un degrado veloce quanto crudele. Molto spesso questi edifici compongono, insieme ad altri ad essi simili e contigui, dei sistemi produttivi territoriali che hanno dato senso e lavoro ad intere generazioni di abitanti di aree urbane e periurbane, caratterizzando tali aree sia dal punto di vista architettonico, che dei valori e della memoria affidati alle persone, alle tante persone che qui hanno lavorato ed hanno vissuto. Questo è sicuramente il caso della valle nota come Valleriana, posta fra Lucca e Pistoia in area pesciatina, assolutamente centrale nella storia plurisecolare dell’industria cartaria toscana; questo è anche il caso della cartiera “Bocci Vincenzo”, attiva dalla fine del secolo XVIII fino a pochi decenni orsono, oggetto della ricerca e delle propo-

ste progettuali contenute nella più recente fra le tesi sull’analisi e restauro di edifici produttivi dismessi da me seguite in qualità di relatore. Non intendo qui riprendere le tante e comunque imprescindibili riflessioni già fatte in merito alla straordinaria capacità di tali edifici e dei sistemi territoriali a cui appartengono di trattenere la vita stessa dei luoghi che essi occupano, come quella dei lavoratori ed imprenditori che hanno dato loro un carattere e tanta parte della loro stessa esistenza. Certamente non voglio esimermi dal ribadire che anche questo è un motivo più che valido per dare e chiedere alle Istituzioni, ai soggetti privati, a noi stessi l’impegno più grande per la conservazione attiva, scientificamente rigorosa e coerente con le necessità del presente, di questi testi preziosissimi di storia territoriale. Desidero ricordare che con quell’impegno si può dare futuro ad una materia nata e voluta in simbiosi quasi perfetta con i caratteri geomorfolofologici dei luoghi, progettata e costruita in ulteriore simbiosi con il ciclo produttivo che interpretano ed i macchinari necessari, con la presenza di uomini e donne che

hanno reso possibile materialmente ed economicamente il tutto. Ecco dunque che la fondamentale analisi conoscitiva, i rilievi, le ricerche sulle modalità, gli spazi, le tecniche produttive e l’analisi delle patologie derivanti da diverse forme di degrado che colpiscono l’edificio debbono condurre, come è stato con la tesi in questione, a precise ipotesi restaurative delle componenti materiche del manufatto, mentre una nuova ed anche inedita proposta funzionale dovrebbe essere capace tanto di rispettare e valorizzare i caratteri storici, la storia stessa dell’edificio, quanto di attrarre nuova utenza, nuove forme di conoscenza ed intelligenti forme d’uso degli spazi dell’ex cartiera e di quelli d’intorno. Molto sinteticamente questa come altre tesi, auspicabilmente anche reali opportunità di restauro e riuso di tali edifici dismessi, dovrebbero sempre ricordare e ricomprendere al loro interno la loro autentica esistenza, trattenendo almeno in parte sezioni significative del ciclo produttivo, i macchinari usati (spesso bellissime ed ingegnosissime invenzioni meccaniche) e quanto può spiegare ed insegna-

Maurizio De Vita


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