Il Giardino del Museo La Specola | Virginia Castellucci

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virginia castellucci

Il Giardino del Museo La Specola Proposte per la conservazione attiva e inventiva



tesi | architettura design territorio


Il presente volume è la sintesi della tesi di laurea a cui è stata attribuita la dignità di pubblicazione. “Per il rigore metodologico e per l'approfondita ricerca storica e iconografica sulla evoluzione del sistema degli spazi aperti storici della Specola e per la proposta innovativa di conservazione attiva, gestione e valorizzazione del Giardino del Giappone”. Commissione: Proff. G. Paolinelli, A. Lambertini, F. Ferrini, L. Ghelardini, R.M. Pulselli, T. Matteini, A. Valentini

in copertina A. Mattolini, disegno reperito in Les collections botanique de Musèe Royal de Physique et d’Histoire naturelle de Florence au printemps de MDCCCLXXIV, Filippo Parlatore, Firenze, 1874.

progetto grafico

didacommunicationlab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2023 ISBN 978-88-3338-201-2

Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset


virginia castellucci

Il Giardino del Museo La Specola Proposte per la conservazione attiva e inventiva



Presentazione

pagina precedente torretta della Specola vista dal Giardino di Savoia, Boboli (Foto di V. Castellucci, 2021)

Il lavoro svolto da Virginia Castellucci per la tesi magistrale in Architettura del paesaggio rappresenta una interessante esplorazione didattica e di ricerca applicata sul giardino del Museo della Specola (e in particolare sul piccolo spazio tematico dedicato alle collezioni giapponesi) che viene interpretato come tessera di un sistema urbano e paesaggistico più ampio, nell’ambito del complesso patrimoniale di Boboli e, più oltre, integrato nell’intero contesto storico di Oltrarno. Accanto alla ricerca metodologica sulla dimensione del giardino storico, letto come organismo vivente complesso e stratificato in continua evoluzione, il contributo prova ad effettuare uno specifico approfondimento sugli spazi aperti tematici dedicati al collezionismo botanico all’interno del patrimonio mediceo e lorenese, mentre una attenzione mirata viene dedicata allo studio dei sistemi idraulici che nutrono il complesso consentendone la sopravvivenza. Una approfondita e rigorosa ricerca bibliografica e d’archivio supporta il rilievo, la lettura interpretativa dei giardini e il racconto della loro evoluzione storica, finalizzate ad una serie di proposte per la conservazione attiva e inventiva (secondo la accezione di Pierre Donadieu, 1999 e 2006) e per la gestione delle componenti vegetale e minerale. In questo senso, la tesi si conclude con la proposta di tre potenziali scenari alternativi per una possibile riconfigurazione del giardino del Giappone. Gli scenari si differenziano per la diversa applicazione di futuri gradienti progettuali e gestionali, presentando al committente l’opportunità di poter scegliere il più idoneo, dal punto di vista delle tempistiche (breve, medio, lungo periodo), dell’impiego delle risorse (più o meno sostenuto) e della invasività ed impatto percepito di trasformazione rispetto allo stato attuale. Tra queste tre possibili immagini di futuro, ne viene scelta una, che diviene esemplificativa per raccontare i possibili interventi di restauro del giardino, attraverso le proposte per le piantagioni e la gestione della componente vegetale, la ricreazione delle collezioni (in particolare quella delle Camelie, che rievoca l’antica vocazione del luogo, sulla base dei cataloghi d’epoca) e le indicazioni per la traduzione, comunicazione e narrazione dei contenuti storici, botanici e paesaggistici del giardino.

Tessa Matteini Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

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Introduzione

pagina precedente Lamberti A., Veduta del Reale Museo di Fisica e di Istoria Naturale dalla parte del Real Giardino di Boboli, BNCF, Palat. C.B.4.8, 1790.

Lavorare sul giardino storico Il concetto di giardino storico è stato definito e interpretato in modi diversi nel corso degli anni, la versione che è stata presa come riferimento nel lavoro di tesi è le definizione fornita dalla Controcarta, redatta dal Comitato italiano ICOMOS-IFLA a Firenze il 12 settembre 1981: Art. 1 Il giardino storico è un insieme polimaterico, progettato dall’uomo, realizzato in parte determinante con materiale vivente che insiste su e modifica un territorio antropico, un contesto naturale. Al contrario di altre definizioni questa identifica il giardino storico prima di tutto come una risorsa, di tipo ambientale, architettonico, storico, botanico e sociale, patrimonio dell’intera collettività. Pone inoltre l’accento sulla continua mutabilità del giardino, caratterizzato da una propria nascita, da una storia e uno sviluppo che derivano dalla cultura che lo ha generato e influenzato. Nonostante il giardino storico sia progettato dall’uomo, questo è composto principalmente da materiale vegetale e, in quanto tale, soggetto a continui processi di crescita e trasformazione, sia stagionali che annuali. Processi che possono accentuarsi negli anni modificando profondamente l’a-

spetto del giardino. Intervenire su un giardino storico comporta una serie di accorgimenti progettuali dovuti proprio allo spessore culturale, ambientale, storico e botanico del luogo. Gli interventi di restauro hanno assunto caratteristiche diverse in base alla collocazione geografico-culturale del giardino e al periodo storico. Una delle prime definizione di restauro è stata fornita da Antoine Joseph Dezailler d’Argenville nel 1709: Entrate per quanto potete nello spirito di colui che ha creato il giardino; adattatevi a quello che è già stato fatto; correggete gli errori, senza distruggere troppo; e se realizzate delle parti nuove, ché esse non siano così grandi, né così magnifiche da adombrare l’esistente. Le sistemazioni semplici spesso si accordano meglio con un giardino antico di quanto possano fare le parti ricche e straordinarie. Cercate di formare un tutto armonico, piuttosto che di distinguervi (Dezailler d’Argenville, 1709). Questo tipo di pensiero è molto vicino alla cultura italiana di restauro, che predilige interventi minimali e mirati alla salvaguardia dell’integrità storica del luogo. Ogni operazione deve essere giustificate da informazioni storiche concrete, come documenti bibliografi-

ci, cartografici o fotografici. Modifiche troppo invasive o distruttive porterebbero alla cancellazione di un elemento o una fase storica del giardino che, seppur in disaccordo con le altre, non merita di essere dimenticata. Le tipologie di intervento che vengono citate nel titolo di questo elaborato sono conservazione attiva e conservazione inventiva. La prima consiste nell’attuare una serie di operazioni e strategie di manutenzione e gestione degli elementi che compongono il giardino storico affinché questo possa continuare ad avere il proprio valore. Lo scopo è quindi quello di conservare a mantenere al meglio la struttura del giardino per le generazioni future. La conservazione inventiva invece è un termine che è stato proposto per la prima volta dall’agronomo, ecologo e geografo Pierre Donadieu, considerato una figura di riferimento in materia di paesaggio. Egli definisce questo tipo di approccio nel manuale La Mouvance nel 1999: Indirizzo di sistemazione dello spazio volto a conciliare la conservazione di elementi concreti del paesaggio per ragioni storiche, ecologiche, economiche, simboliche o estetiche, e l’ideazione di forme innovative che corrispondano a nuove o antiche funzioni e utilizzazioni del territorio. […] non

vi è motivo di scegliere tra memoria e modernità. E’ preferibile ricomporre la relazione territorializzata tra l’uomo e il mondo - la sua identità- connettendo, da una parte il passato e il futuro e, dall’altra, la cultura, l’ecologia e l’economia (Doury et al., 1998). A differenza quindi della conservazione attiva, in questo caso vengono utilizzati gli strumenti della contemporaneità per reinterpretare le categorie tradizionali e far emergere particolari aspetti o funzioni del giardino. Ciò si traduce in interventi comunque poco invasivi e reversibili, basati molto, tra le altre cose, sull’utilizzo della componente vegetale.


Biglietto d’ingresso per la visita del reale Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze, Museo Galileo, Istituto e Museo di Storia della Scienza, Firenze. pagina successiva Mattolini A, 1874, Salle des produits vegetaux, in Parlatore F., 1874, Les collections botanique de Musèe Royal de Physique et d’Histoire naturelle de Florence au printemps de MDCCCLXXIV, Unifi BdSdB ST.V. C.7.G. (38 B 25).

Storia del collezionismo botanico a Firenze, il Museo La Specola La scienza delle piante e il collezionismo botanico a Firenze hanno origini molto antiche. Fin dal Medioevo la coltivazione di vegetali per l’alimentazione e per scopi medicinali, i cosiddetti semplici, era diffusa dapprima all’interno degli orti monastici e poi negli Spedali laici. L’orto dell’Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze è uno dei più antichi Orti medici del mondo, nato probabilmente nei primi anni del 1300. Fin dalla sua fondazione, venne aperta anche una Scuola di Medicina per accogliere i giovani che aspiravano a diventare medici o speziali. Questo vuol dire che l’Orto medico di Santa Maria Nuova non si limitava solo a fornire piante per la cura delle malattie, ma aveva anche uno scopo didattico. Nacque

quindi il primo Orto Botanico accademico della città (Luzzi, 2017). Nel 1545 a Firenze viene fondata un’altra importante struttura dedicata allo studio e alla conservazione delle piante, il Giardino dei Semplici, detto anche delle Stalle, voluto da Cosimo I de Medici (Nanni, 2006; Moggi, 2009). La cura e la gestione del giardino vennero affidate inizialmente al botanico Luca Ghini (1490-1556), il quale aveva già lavorato presso l’Orto botanico di Pisa, fondato nel 1543 (Corti et al., 1986). Per tutto il XVI e XVII secolo, la presenza di due giardini dedicati alla coltivazione delle piante medicinali, l’Orto di Santa Maria Nuova e l’Orto dei Semplici, favorì la diffusione dell’interesse verso la botanica pratica (Moggi, 2009). Tutti i granduchi della famiglia Medici, a partire da Cosimo I, si rivelarono molto in-

teressati alle scienze naturali. Inoltre, diverse famiglie nobili di Firenze, come i Salviati, i Gaddi, i Ginori e i Rucellai, fecero realizzare giardini dove coltivare fiori esotici e piante rare (Corti et al., 1986). La prima metà del XVI secolo è anche il periodo in cui si diffusero maggiormente i cosiddetti Teatri nella Natura. Si tratta di collezioni naturalistiche esposte all’interno di musei scientifici privati. Nella maggior parte dei casi erano un insieme eterogeneo di materiali e oggetti naturali, raccolti più per la loro particolarità, bellezza, stranezza o rarità, e non tanto per l’effettiva valenza scientifica. Facevano parte di queste collezioni soprattutto minerali, fossili e animali, pochi invece gli elementi vegetali. Un esempio di Teatro nella Natura a Firenze era la Galleria medicea di Palazzo Pitti (Moggi, 2009). Un significativo sviluppo della botanica a Firenze si ebbe nella prima metà XVIII secolo. Nel 1716 venne fondata la Società Botanica Fiorentina, la prima società al mondo dedicata allo studio delle piante che ebbe sicuramente tra gli ispiratori e fondatori il botanico Pier Antonio Micheli (1679-1737). Nel 1718, dopo due anni dalla nascita fu affidato alla Società l’Orto dei Semplici, che ne divenne la sede ufficiale, sotto la direzione dello stesso Micheli (Nanni, 2006; Moggi, 2009). Un’altra figura determinante per lo sviluppo del sapere scientifico e botanico in questo periodo a Firenze fu Giovanni Targioni Tozzetti (1712-1783), medico e scienziato, allievo del Micheli, con il quale prese parte a molti viaggi, sia in Italia che all’estero, per conoscere e importare nuove piante (Moggi, 2009). L’attività di Targioni Tozzetti contribuì in modo sostanziale, anche se indirettamente, alla nascita dell’Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze. Nel 1763 il granduca Francesco Stefano Medici, sapendo

che nell’Imperiale Galleria medicea a Palazzo Pitti esistevano numerosi oggetti naturali di grande valore, decise di allestire un Gabinetto di cose naturali separato dalla Galleria. Targioni Tozzetti venne incaricato di redigere un catalogo per avere un elenco dettagliato dei reperti naturalistici che erano presenti nella Galleria granducale (Contardi, 2002). È con Pietro Leopoldo di Asburgo Lorena (1747-1792) che nasce l’idea di realizzare un vero e proprio Museo di Fisica e Storia Naturale che comprendesse tutti i materiali e gli oggetti presenti nella Galleria. Nel febbraio del 1775 nacque l’Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale, il primo museo scientifico al mondo realizzato con lo scopo di farne conoscere il contenuto al pubblico, per una migliore diffusione delle conoscenze scientifiche (Azzaroli, 1977). Il primo direttore del Museo fu il fisico trentino Felice Fontana (17301805), che si era già occupato delle collezioni di fisica e astronomia. Al Museo venne annesso un giardino articolato in più livelli e destinato ad essere l’Orto Botanico della città (Filardi, 2007). Nel corso degli anni il Museo crebbe e venne dotato di regolamenti, orari di apertura, cartelli espositivi e registro dei visitatori (Pellegrini Boni, 1982). Grazie a Felice Fontana, stimolato dallo stesso Granduca, le collezioni naturalistiche si accrescevano ogni anno sempre più. In particolare, il Museo aumentò il numero di piante esotiche, attraverso scambi naturalistici stranieri con campioni raccolti nell’Orto Botanico del Museo. Diventava sempre più ricca anche la collezione di cere, in particolare quelle prodotte dall’Officina di Ceroplastica del Museo, istituita dallo stesso Fontana nel 1771. Clemente Susini (1754-1814) realizzò una celebre serie di modelli di piante posti in vasi di porcellana e di funghi in cera. Tale attività verrà portata avanti dagli allievi di Susini fino a oltre la metà del ‘800. Al-


la fine del XVIII secolo vengono inoltre realizzati ed esposti nel Museo i primi erbari (Moggi, 2009). Nel complesso il Museo costituisce uno dei principali gabinetti scientifici d’Europa, tant’è che diventò ben presto un polo di attrazione per i numerosi viaggiatori del Grand Tour (Contini, Gori, 2004). Negli anni ’90 del XVIII secolo viene soppresso lo storico Orto dell’Ospedale di Santa Maria Nuova e le sue collezioni botaniche e parte degli insegnamenti vennero trasferiti presso il Museo di via Romana. Per la prima volta quindi il Museo avvia la sua attività di insegnamento, inizialmente solo botanico, attività che fino a quel momento non era stata prevista e che divenne ancora più rilevante negli anni successivi (Fontanti, Cellai, 2006). Nel 1807, infatti, l’intero Museo fu destinato all’insegnamento pubblico con la creazione del Regio Liceo su volere di Maria Luisa di Borbone, Reggente del Regno di Etruria. Le collezioni furono riunite in 6 gabinetti (botanica, chimica, fisica, astronomia, storia naturale e anatomia), annessi alle cattedre di insegnamento dei professori delle relative materie. La cattedra di botanica venne assegnata a Targioni Tozzetti. In questa fase si perse quindi quell’unità di competenze che vedeva il direttore come unico responsabile del patrimonio museale. Le collezioni, fino ad allora considerate come una testimonianza scientifica, assunsero la funzione prevalente di supporto alla didattica. Nello stesso anno il conte Girolamo de’ Bardi (1777-1829) divenne direttore del Museo, chiamato da Maria Luisa a sostituire Giovanni Fabbroni (1752-1822). Bardi rimase alla direzione per ben 12 anni, nonostante i ripetuti cambiamento politici del periodo, dal Governo del Regno di Etruria a quello dell’Impero francese fino alla restaurazione dell’amministrazione granducale. Fu proprio in quest’ultima fase che il Granduca Ferdinando III decise nel 1814

di chiudere il Liceo, dopo soli 7 anni di attività. Durante il periodo dell’occupazione francese (1801-1814) le collezioni del Museo non furono incrementate in maniera rilevante, fatta eccezione per l’acquisizione delle collezioni raccolte dal botanico Giuseppe Raddi (1770-1829) durante il suo viaggio in Brasile. Girolamo de’ Bardi poco prima della sua morte, espresse la volontà di riaprire il Museo alla didattica. L’intento fu portato avanti dal suo successore, Vincenzio (o Vincenzo) Antinori (1792-1865) che, nel 1833, istituì una cattedra di fisica sperimentale, una di anatomia comparata, una di zoologia e una di mineralogia e geologia. La direzione di Antinori (1829-1859) coincise con un periodo fertile per il Museo, che vide accrescere le sue collezioni come mai prima, comprese quelle botaniche (Barbagli, 2009). L’avvio di un periodo felice per la botanica fiorentina, si avrà infatti a partire dal 1842, con l’arrivo a Firenze del botanico palermitano Filippo Parlatore (1816-1877). La sua più celebre impresa è stata sicuramente quella di aver creato il primo erbario nazionale italiano con lo scopo di promuovere e sviluppare lo studio della botanica in Italia. Il progetto venne approvato nel 1842 da Leopoldo II che incaricò lo stesso Parlatore di rivestire il ruolo di direttore dell’Erbario Centrale Italiano, oltre che di professore di botanica. Nello stesso anno infatti venne riaperta la cattedra di botanica e fisiologia vegetale presso il Museo, soppressa dal 1814. L’Erbario Centrale fin dalla sua creazione cominciò ad arricchirsi con donazioni da tutta Italia e dall’estero, assumendo quindi fin dai primi anni una valenza e una fama a livello internazionale. Già nel 1845, secondo lo stesso Parlatore, i campioni raccolti erano almeno 110.000 e, nel 1877, anno della morte del botanico, ben 210.000 (Moggi, 2009). In questo stesso periodo il Museo di Fi-

sica e Storia Naturale fu posto alle dipendenze del nuovo Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento (antenato dell’attuale Università degli Studi di Firenze), fondato nel 1859. È stato questo il primo passo che ha condotto il Museo da istituzione di conservazione e di ricerca creata anche con finalità didattiche per il pubblico, verso un’istituzione a prevalente funzione didattica universitaria, come avverrà in modo definitivo verso la fine del secolo (Corti et al., 1986). Intanto la direzione del Museo era passata sotto diversi studiosi e botanici dell’epoca, Vincenzio Antinori, Cosimo Ridolfi (1794-1865), fino allo stesso Filippo Parlatore. Nel 1872 l’attività di osservazione astronomica, ospitata nel Museo fin dalla sua fondazione, venne trasferita al nuovo Osservatorio di Ar-

cetri. Questo fu solo il primo dei notevoli cambiamenti che subì l’istituzione alla fine del XIX secolo. Nel 1877 infatti il Museo di Fisica e Storia Naturale perse la sua unità, venne diviso in Museo Botanico, Museo di Zoologia, Museo di Geologia e Museo di Mineralogia, ciascuno dei quali venne assegnato al relativo insegnante dell’Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento. Il Museo Botanico nel 1878 venne affidato al botanico Odoardo Beccari (1843-1920) (Moggi, 2009). Si diffonde in questo periodo il nome Specola per indicare l’intera struttura museale, ormai scomposta, rifacendosi al nome della torre dell’osservatorio (Contini, Gori, 2004). L’incremento delle attività didattiche dimostrò presto l’in- 9 sufficienza degli spazi presso


Sistema museale dell'Università degli studi di Firenze

Villa La Quiete Collezioni storico artistiche di dipinti e affreschi

Via Micheli

Via La Pira

Orto Botanico

Collezioni di paleontologia, geologia e botanica

Palazzo Nonfinito Collezioni di antropologia ed etnologia

La Specola Collezioni di zoologia, ceroplastica scheletri e torrino astronomico

Villa Galileo Ultima residenza dello scienziato

la Specola in Via Romana. C’era quindi la necessità di trovare nuove strutture dove trasferire tutti gli insegnamenti scientifici con i musei annessi. Furono scelti gli spazi nei locali posti fra piazza San Marco, Via Lamarmora e Via Gino Capponi, vicino allo storico Giardino dei Semplici, che nel frattempo era stato annesso alla Scuola di Botanica di Santa Maria Nuova. Nel maggio del 1878 il Consiglio Direttivo dell’Istituto di Studi Superiori decise di trasferire, oltre agli insegnamenti, anche tutte le collezioni naturalistiche del Museo da via Romana a via Lamarmora (attuale via La Pira) (Moggi, 2009). Questa decisione venne fortemente criticata da Odoardo Beccari che si dichiarò più volte contrario al trasferimento. Nel suo Sull’abbandono del Museo e del Giardino Botanico della Specola a Firenze colle adesioni e le osservazioni dei botanici italiani ed esteri parla approfonditamente delle ragioni per cui le collezioni zoologiche e botaniche dovevano essere lasciate al museo di via Romana, tra le quali la superiorità, in termini di posizione, esposizione e comodità, del Giardino Botanico rispetto al Giardino dei Semplici (Beccari, 1881). Il solo sentire accennato il possibile abbandono della Specola e del Giardino botanico, che tutti a Firenze conoscono benissimo, ha prodotto nella Città una notevole commozione e la grandissima maggioranza delle persone intelligenti, è stata unanime nel disapprovare il trasporto. La Società Toscana di Orticultura ha tenuto espressamente delle sedute, e quasi tutti i Giornali della città si sono occupati della questione biasimando il progetto (Beccari, 1881 pag. 33-34). In realtà, come è noto, il Consiglio Direttivo dell’Istituto non modificò la sua proposta iniziale e nel 1886 ebbe inizio il trasferimento delle collezioni viventi dall’Orto Botanico di via Romana al

Giardino dei Semplici, dove sono conservate ancora oggi. Il titolo di Orto Botanico della città di Firenze passò quindi in modo definitivo dal Giardino della Specola al Giardino dei Semplici. Anche l’Erbario Centrale Italiano venne spostato all’interno dei locali in via Lamarmora 4. Le operazioni di trasferimento delle raccolte museali si prolungarono per molto tempo, i lavori terminarono solamente nei primi anni del XX secolo (Moggi, 2009). Per tutta la prima metà del Novecento il Museo della Specola ha vissuto un periodo di forte abbandono, durante il quale le collezioni non furono incrementate. La rinascita del Museo iniziò negli anni ’70 del XX secolo, quando si diffuse un interesse sempre maggiore verso la natura e una sensibilità per le questioni ambientali. I reperti naturali tornarono quindi ad essere un elemento fondamentale per studiare, confrontare e apprendere. Nel 1984, grazie all’Università di Firenze, tutte le collezioni scientifiche si riunirono sotto la nuova istituzione del Museo di Storia Naturale all’Università degli Studi di Firenze, articolato in diverse sedi. Attraverso questo breve resoconto delle vicende che hanno caratterizzato il Museo La Specola è stato possibile sottolineare il suo forte legame con la storia del collezionismo botanico fiorentino, almeno fino al 1886. Nonostante il trasferimento di alcune collezioni presso altre sedi, La Specola rimane una delle più importanti istituzioni nel campo delle scienze naturali.


Anonimo, Pianta dell’ex Imperiale e Regio Museo di Fisica e Storia Naturale, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Firenze.

Il Giardino Come accennato nel precedente capitolo, le vicende che caratterizzarono il giardino dell’attuale museo La Specola ebbero inizio dal XVIII secolo. Nel 1737, dopo la morte dell’ultimo rappresentante della dinastia medicea, Giovanni Battista Gastone de’ Medici (1671-1737), il Granducato di Toscana passò sotto gli Asburgo-Lorena. Tale importante avvenimento politico segnò anche l’inizio di una nuova stagione in campo sociale e culturale. In questa fase il Giardino di Boboli attraversò un periodo di abbandono e incuria, dal momento che nessuno della nuova famiglia reggente alloggiava a Firenze. Le cose cambiarono a partire dal 1765 con l’insediamento di Pietro Leopoldo di Asburgo-Lorena a Firenze. Furono avviati vari interventi di risistemazione del giardino, tra cui la costruzione della limonaia e della Kaffehaus (Galletti, 1998; Lambertini, 2004). Nel 1766 iniziarono i lavori di realizzazione del Jardin Potager o Giardino degli Ananassi (attuale Botanica Superiore) su progetto di Giuseppe Ruggieri (1708-1772)

e Niccolò Gaspero Paoletti (1727-1813). Al suo posto precedentemente era presente l’Orto Mediceo, detto anche vecchio orto o fabbrica primitiva (Galletti, 2003; Capecchi, 2003). Il giardino era articolato su 3 diversi livelli, diviso attraverso i vialetti regolari e le 4 vasche d’acqua di forma circolare. La presenza di serre riscaldate e couches permetteva la coltivazione di piante esotiche come ananas e caffè (Medri, 2003). Le couches sono una tipologia di serra, solitamente di dimensioni contenute, provvista di un letto di materia organica che fermenta e riscalda l’ambiente rendendolo adatto alla crescita delle piante esotiche (Zoppi, 2014). In realtà lo scopo principale del Jardin Potager, da cui deriva anche il nome, era la coltivazione di piante commestibili, pertanto all’interno delle serre era possibile trovare anche erbe, verdure e legumi che servivano per sfamare la famiglia granducale. Le cure del giardino furono affidate al giardiniere viennese Ulderico Prucker e, successivamente, al figlio Leopoldo. Il progetto di Ruggieri e Paoletti preve-

deva anche la costruzione di un edificio destinato ad abitazione del giardiniere che si trova a lato del giardino. In questa prima fase quindi il Giardino degli Ananassi non si configura come un orto botanico, ma come un vero e proprio orto o giardino di ortaggi ed erbaggi a servizio della famiglia reale, in linea con la moda dell’epoca (Medri, 2003; Contini, Gori, 2004). Nel 1771 ebbero inizio i lavori di trasformazione del Palazzo Torrigiani di via Romana nell’Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale, su volere di Pietro Leopoldo. L’intervento è stato progettato e diretto da Niccolò Gaspero Paoletti (Galletti, 1989). L’illuminato e colto Sovrano, che non trascurava alcuno oggetto che potesse portare all’educazione fisica e morale del suo popolo, e ad infondere e dilatare ogni genere di umana cognizione si determinò di erigere un grandioso stabilimento consacrato alle Scienze, e soprattutto alla fisica e Storia naturale. Prescelse per quest’oggetto un vasto antico palazzo acquistato dai Torri-

giani, non già perché sufficiente e fosse, e atto a tal sua veduta; ma perchè confinando al giardino di Boboli divenisse come un annesso del Palazzo di residenza. Nel tempo istesso che per questo importante oggetto spedì uomini dottissimi per l’europa ondo acquistare quanto di bello e di raro potevasi raccogliere dal vastissimo regno della natura commesse al Paoletti la riordinazione di questa fabbrica, nella quale fece quanto potè, o perrmettevali la località di questa casa, la quale ha dietro di se il poggio di Boboli che la sopravanza; per la qual cosa fu molto sbassato il terreno superiore, e vi fù creato il Giardino Botanico.” (Del Rosso, 1813, pag. 30-31) Come riporta Giuseppe Del Rosso, c’era un notevole dislivello che separava il piano terra del Museo e l’adiacente Giardino di Boboli. I lavori di sistemazione del giardino furono diretti dal medico e botanico Attilio Zuccagni (1754-1807). Per consentire il collegamento tra i due ambienti ven11 nero create delle aree pianeg-


Martelli G., Pianta del primo piano del R. Museo di Fisica, ASCF amfce 0684 (cass. 21, ins. A), 18281832.

gianti terrazzate, che servirono anche per ospitare le piante del Giardino Botanico. L’area venne quindi organizzata in due terrazzamenti destinati all’esposizione delle collezioni, più un livello intermedio. Le piante venivano disposte all’interno di 132 letti rettangolari, mentre il terrazzamento intermedio è provvisto di due scale a doppia rampa e una pavimentazione in pietra. Le scale inglobano una grotticina di forma semicircolare, introdotta da colonne in marmo bianco (probabilmente di epoca successiva), che racchiude al suo interno una vasca in granito con una fontana marmorea a forma di conchiglia. Il lato sud del giardino termina con una struttura adibita a serra fredda. La porzione di giardino più vicina a Boboli, anch’essa destinata all’esposizione delle specie (attualmente facente parte della Botanica Inferiore), è caratterizzata dalla presenza di due vasche circolari. Nel 1777 l’architetto Zanobi Del Rosso (1724-1798) progetta il cancello e la scala di comunicazione tra il giardino e Boboli, entrambi realizzati dallo scalpellino Giovanni Sandrini

(Galletti, 1989). A partire dal 1778, anno in cui terminarono i lavori, il giardino fu in collegamento diretto con Boboli (Capecchi, 1993). Il Giardino Botanico è stato da sempre considerato come parte integrante del Giardino di Boboli, ne è testimonianza il lavoro compiuto da Aniello Lamberti fra il 1783 e il 1790 che, ritraendo diverse vedute del giardino, include anche quella del Museo. Tale connessione diretta tra i due giardini, all’epoca scontata, non è attualmente così leggibile. Il Giardino Botanico del Museo nacque con la funzione di conservare la biodiversità vegetale, integrare il complesso espositivo, oltre a finalità didattiche e di pubblica utilità. Un ruolo fondamentale che ha rivestito fin dall’inizio è stato anche il supporto fornito per la realizzazione dell’erbario e della collezione di piante in cera, per cui forniva i modelli viventi di riferimento. In questa prima fase la cura e la gestione del giardino vennero affidate a Filippo Berni, al quale seguirono i giardinieri della famiglia Piccioli, Giuseppe, Antonio e Demetrio. Agli inizi degli an-

ni ’90 del XVIII secolo venne soppresso l’Orto di Santa Maria Nuova, questo evento ebbe delle notevoli ripercussioni sul giardino del Museo perché vi furono trasferite notevoli quantità di semi e piante vive. Ciò impose la necessità di ampliare la superficie del giardino per poter ospitare tutte le nuove piante. Venne perciò acquistata una struttura con annessi dei terreni precedentemente appartenenti al Monastero di Sant’Orsola. Questi spazi vennero adibiti ad arboreto, terminato nel 1795. Fino a questo momento, infatti, gli alberi avevano rivestito un ruolo marginale all’interno del giardino. Venivano posti in spalliere lungo le mura o nei vasi come alberelli nani, solo come elementi ornamentali. La loro eccessiva crescita, infatti, avrebbe ombreggiato le aiuole e le serre, ostacolando la crescita delle piante erbacee (Fontani, Cellai, 2006). Nei primi anni del XIX secolo vennero eseguiti degli interventi di completamento del giardino che riguardarono cancelli, arredo e ornamenti. Nel 1812 l’architetto Giuseppe Cacialli (17701828) progetta l’inferriata di separa-

zione tra Boboli e il Giardino Botanico sostituendo la precedente recinzione in legno. Egli si occupò anche del cancello di comunicazione tra i due giardini, introducendo due pilastri decorati da un lato con il serpente di Esculapio, visibile per coloro che da Boboli entrano nel Museo, e dall’altro con la cornucopia. Dal 1816 Giuseppe Cacialli prosegue il suo lavoro attraverso una riqualificazione degli arredi secondari, come recinzioni, cancelli e balaustre, che fino a quel momento non erano presenti oppure erano costruiti in legno. Un’opera assai più complessa progettata dall’architetto nello stesso periodo è il Tepidario Grande del Jardin Potager. Tale struttura aveva lo scopo di accogliere piante provenienti da 3 diverse aree tropicali e per questo motivo venne organizzata in 3 spazi distinti. Tra il 1815 e il 1817 viene inoltre realizzato un vasto terrapieno contiguo al Giardino Botanico (l’attuale Botanica Inferiore) che aveva lo scopo di ampliare lo spazio per accogliere la collezione di piante sempre più ricca. Sul terrapieno vennero costruiti due nuovi te-


anonimo, Pianta della sezione del giardino di Boboli da annettere all’orto botanico del Reale Museo, Archivio del Museo Galileo, Firenze, 1853.

pidari adiacenti alla serra fredda realizzata nel 1774 dal Paoletti. Nel 1820 Cacialli progetta anche il raccordo fra l’entrata di Annalena e il viale della Meridiana, creando un’esedra per il giro delle carrozze. In questo spazio si colloca una grotticina, introdotta da una coppia di colonne, all’interno della quale venne sistemato il gruppo statuario di Adamo ed Eva di Michelangelo Naccherino. Il cancello d’accesso al nuovo ampliamento del Giardino Botanico si trova nell’incrocio ortogonale fra il vialetto di ingresso e il viale della Meridiana. I pilastri del cancello un tempo erano sormontati da vasi contenenti fichi d’India realizzati in piombo, ormai perduti (Galletti, 1989). Un periodo fondamentale di sviluppo per il Giardino Botanico del Museo ha inizio nel 1852 quando il botanico Filippo Parlatore fu nominato direttore dell’Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale. Nello stesso anno il Jardin Potager fu annesso al Giardino Botanico del Museo su richiesta dello stesso Parlatore, il quale "voleva avere a sua disposizione altre stufe e un

terreno in posizione migliore di quella dell’Orto botanico". (Pucci, 2016) Egli riorganizzò l’intero giardino attraverso una sistemazione più scientifica e moderna. Oltre ad ampliare il numero di specie, queste vennero disposte secondo il metodo del botanico De Candolle, che si basava sulla loro provenienza geografica. Nella riorganizzazione delle specie, Parlatore fece comunque delle eccezioni per degli esemplari arborei particolarmente grandi che preferì non abbattere. Si trattava di una Magnolia grandiflora e un Pinus halepensis collocati nella porzione più vicina al Museo (Parlatore, 1874). Gli interventi più consistenti avvennero soprattutto nel Jardin Potager, nel quale vennero introdotte nuove specie botaniche provenienti da varie parti del mondo, la cui coltivazione a Firenze era resa possibile delle preesistenti serre calde. Tra il 1855 e il 1874 il giardino subì un cambiamento in termini planimetrici, assecondando il nuovo gusto di giardino all’inglese. I viali da rettilinei divennero curvilinei, le pendenze diventaro-

no più dolci, e si perse l’impianto geometrico originale. Nello stesso periodo, vennero realizzate la grande Vasca delle Ninfee e l’Aquarium, entrambi destinati alla coltivazione di piante acquatiche. L’Aquarium è una grande vasca circolare suddivisa in 48 scomparti, molto simile a quella realizzato dallo stesso Parlatore per l’Orto Botanico di Palermo (Medri, 2003; Lambertini, 2004; Zoppi, 2020). Un altro terreno annesso al Giardino Botanico in questo periodo, oltre al Jardin Potager, è l’antico giardino degli Arciduchi, successivamente chiamato del Giappone o della Cina, situato fra il Museo e Palazzo Pitti. Parlatore utilizzò il giardino per ricreare la flora tipica dei paesi orientali attraverso la messa a dimora di specie come: Thea viridis (Camellia sinensis), Camphora officinalis (Cinnamomum camphora), Magnolia yulan (Magnolia denudata), Magnolia obovata, Ligustrum japonicum, Eriobotrya japonica, Cydonia japonica (Chaenomeles japonica), Ginkgo biloba, Cryptomeria japonica, Thujopsis dolabrata, Biota orientalis

(Platycladus orientalis), Cupressus pendula, Chamaerops excelsa (Trachycarpus fortunei), Peonia moutan (Paeonia suffruticosa), Viburnum odoratissimum, Diclytra spectabilis (Lamprocapnos spectabilis) (Parlatore, 1874). In questa fase il Giardino Botanico del Museo raggiunse il suo apice in termini di ampiezza, ricchezza e rarità di specie. Molti botanici di fama internazionale venivano a Firenze appositamente per poterlo visitare (Fontani Cellai, 2006; Pucci, 2016). Con Filippo Parlatore, infatti, nel 1874 il giardino vantava la presenza di ben 11.000 specie diverse, ciascuna rappresentata da 2 o 3 esemplari, per un totale di 19.000 piante in vaso e 3.000 in terra. Le informazioni di questo periodo sono dettagliatamente riportate nel catalogo realizzato dallo stesso Parlatore, Les collections botanique de Musèe Royal de Physique et d’Histoire naturelle de Florence au printemps de MDCCCLXXIV (Parlatore, 1874). Il giardino, in questa fase di massima estensione, era articolato in 7 13 diverse terrazze:


1. Giardino del Prato 2. Giardino del Sistema 3. Giardino degli Arciduchi o del Giappone 4. Giardino di sopra 5. Giardino degli Stufini 6. Giardino del Tepidario nuovo 7. Giardino della Cerchiata (Pucci, 2016). Nel precedente capitolo abbiamo accennato ai cambiamenti subiti dal Museo a partire dalla morte di Parlatore nel 1877. Odoardo Beccari, il nuovo direttore del Museo Botanico, fornisce una descrizione approfondita del Giardino a fine XIX secolo: Le Serre calde hanno una estensione lineare complessiva di metri 200 e riquadrano metri 780. I tepidari hanno una lunghezza di metri 103 e riquadrano metri 828. Le Serre sono per la massima parte antiche e molto al disotto di quanto si vede in altri paesi. Alcune però sono di recente costruzione e buone assai, come quella delle Eriche, quella delle Orchidee, e quella cosiddetta della Medinilla. Queste due ultime sono riscaldate con termosifone. Quasi tutte le Serre si trovano in esposizione eccellente. Il Giardino del Museo ha tutti i comodi occorrenti ad un gran giardino. Vi sono spaziosi e buoni sotterranei a volta per i terricci, per le vaserie per la legna da riscaldare ecc. Ha due acquari, molte vasche e condotti per l’acqua. Gli si fa un torto è vero di essere situato in collina e di essere formato a ripiani. A me invece tale circostanza sembra un vantaggio attese le varie esposizioni che offre; lo è poi certamente per il lato estetico . (Beccari, 1881 pag. 16) Beccari parla anche della componente arborea del giardino che ombreggiava le aiuole adibite alla coltivazione di piante erbacee e invadeva tutto

lo spazio con le radici. Questa non era la funzione originale delle poche alberature che erano presenti nel giardino alle origini, come già accennato precedentemente. Tuttavia, secondo Beccari, non conveniva abbattere gli alberi,

sia per l’importanza e la monumentalità di alcuni di essi, ma anche per la loro funzione di ombreggiare durante i mesi più caldi le piante spostate dalle serre all’esterno (Beccari, 1881). Nel 1878 il Giardino Botanico si trovò coinvolto nella controversia per stabilire il trasferimento o meno delle collezioni botaniche viventi presso l’Orto dei Semplici. Questione che si risolse nel 1881 con il decreto che riconobbe l’Orto dei Semplici come l’unico orto botanico di Firenze. È probabile che gli stessi sovrani, i Savoia, trasferiti a Firenze dal 1870, preferissero avere uno spazio più riservano attorno a Palazzo Pitti che era diventata la loro residenza. Questo evento determinò un forte impoverimento delle varietà presenti nel giardino, causando un periodo di abbandono e degrado intenso che si protrasse fino a buona parte del XX secolo (Medri, 2003). Un’importante testimonianza che risale ai primi del XX secolo è quella fornita da Angiolo Pucci (1851-1935). All’epoca il giardino era già stato spartito fra l’amministrazione del Museo e quella di Boboli, divisione avvenuta nel 1899 e valida ancora oggi: delle 7 terrazze dell’epoca di Parlatore, 4 fanno parte del Giardino di Boboli, mentre 3 sono rimaste a La Specola. Il Pucci cita soprattutto le specie più rare che erano presenti nel giardino, come la Cycas media, Victoria amazonica e Asimina triloba, ma anche Magnolia grandiflora, Magnolia x soulangeana, Gleditsia tricanthos, Cedrus libani e Quercus pyramidalis. Le aiuole, un tempo delimitate dal bosso, all’epoca presentavano esclusivamente una bordura con dei cordoli in pietra. Tale cambiamento è stato indotto dai danni causati dalle chiocciole, che si rifugiavano prevalentemente nelle piante di bosso. Per ridurre il fenomeno e aumentare lo spazio a disposizione per le piante, vennero quindi rimosse le siepi di bosso intorno alle aiuole (Pucci, 2016).

A partire dagli anni ’70 del XX secolo, con la riscoperta del Museo La Specola, anche al giardino vennero riservate maggiori cure. Si tratta però ormai di un luogo che ha perso la sua funzione di orto botanico, assumendo quelle


Mattolini A, 1874, Salle de l'Herbier Central, in Parlatore F., 1874, Les collections botanique de Musèe Royal de Physique et d’Histoire naturelle de Florence au printemps de MDCCCLXXIV, Unifi BdSdB ST.V. C.7.G. (38 B 25).

Mattolini A., Plan du Jardin Botanique, in Les Collections botaniques du Musée royal de physique et d’histoire naturelle de Florence, di Filippo Parlatore, 1874, Bibliothèque nationale de France.

di un semplice spazio verde accessibile ai visitatori del Museo (Fontani, Cellai, 2006). In realtà è stato evidenziato più volte quale fosse la valenza e il ruolo culturale e scientifico che svolgeva il Giardino nei secoli precedenti. Esso non era uno spazio di corredo, ma costituiva una parte integrante delle collezioni scientifiche conservate nel Regio Museo. Per questo motivo dovrebbe essere salvaguardato e valorizzato, per non perdere la sua eredità storica scientifica frutto del lavoro e della passione di studiosi, botanici e giardinieri

che hanno contribuito al suo sviluppo. Tra le figure che nei secoli hanno lavorato nel Giardino Botanico del Museo, alcuni di essi hanno realizzato dei cataloghi di piante coltivate. Si tratta di documenti fondamentali che ci permettono di ricostruire la diversità delle collezioni botaniche conservate nel giardino: • Attilio Zuccagni, 1782, Synopsis plantarum Horti botanici Musei Regi Florentini, Unifi BdSdB Miscellanea, B 161 41, (1.542 specie). • Attilio Zuccagni, 1806, Synopsis plan-

tarum quae virescunt in Horto botanico Musei Regii Florentini, Unifi BdSdB Miscellanea, 161 B 25 42, (4.367 specie). • Giuseppe Piccioli, 1818, Catalogus plantarum Horti botanici Musei Imperialis et Regalis Florentini, Unibo BiGeA, . • Giuseppe Piccioli, 1824, Actarium ad Catalogus plantarum Horti botanic Musei Imperialis et Regalis Florentini, Unifi BdSdB Miscellanea, B 160 26, (3.089 specie). • Antonio Piccioli, 1829, Catalogus plantarum Horti botanici Musei Impe-

rialis et Regalis Florentini, Unifi BdSdB, B 160 (3.223 specie). • Antonio Piccioli, 1841, Catalogus plantarum Horti botanici Musei Imperialis et Regalis Florentini, Unito BdSdVB, (3.158 specie). • Filippo Parlatore, 1874, Les collections botanique de Musèe Royal de Physique et d’Histoire naturelle de Florence au printemps de MDCCCLXXIV, Unifi BdSdB ST.V. C.7.G. (38 B 25), (11.000 specie). (Pucci, 2016) 15


Le 7 terrazze del Giardino Botanico all’epoca di Filippo Parlatore 1 2 3 4 5 6 7

Giardino del Prato Giardino del Sistema Giardino del Giappone Giardino di sopra Giardino degli stufini Giardino del Tepidario nuovo Giardino della cerchiata

attualmente del giardino del Museo La Specola

attualmente del Giardino di Boboli

7

4 5

2

3 1

6


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Le trasformazioni edilizie, da Palazzo Bini a Museo Pietro Leopoldo di Lorena nel 1771 acquistò Palazzo Torrigiani e altre piccole case ai suoi lati per farne la sede del nuovo Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale. Il palazzo, un tempo appartenuto alla famiglia Bini, venne acquistato dal marchese Carlo Torrigiani insieme ai terreni annessi. (Pucci, 2016). L’edificio si trova in via Romana di fianco a Palazzo Pitti, dimora degli Asburgo Lorena a Firenze. I lavori di ristrutturazione, avviati nel 1771 e terminati nel 1778, furono affidati all’architetto Niccolò Gaspero Paoletti. Tra gli interventi del Paoletti, il più celebre è la realizzazione della Stanza Ottagonale dell’Osservatorio Astronomico La Specola, dove egli ha potuto operare con maggiore libertà rispetto al-

la tortuosa composizione dell’ex Palazzo Torrigiani (Galletti, 1989). Nel cabreo di fine XVIII secolo Palazzo Pitti, Boboli e loro attinenze è possibile vedere la pianta dei vari piani del Museo. Nel corso dei secoli la composizione architettonica del museo è rimasta pressoché invariata, ad eccezione di qualche intervento. Tra il 1783 e il 1784, sotto la guida dell’astronomo Giuseppe Slop, nella sala delle Cicogne dell’Osservatorio venne costruita una meridiana filare, incastonata nel pavimento, presente ancora oggi. Fra il 1820 e il 1831, su volere del Granduca Ferdinando III, venne realizzato un corridoio per collegare il Museo a Palazzo Pitti. Il lavoro fu progettato e diretto dall’architetto Pasquale Poccianti (1774-1858), il quale nello stesso periodo si era occupato anche dell’ampliamento della Pa-

lazzina della Meridiana. Tra il 1839 e il 1841 venne costruita per volere dell’ultimo Granduca di Toscana, Leopoldo II (1797-1870), la Tribuna di Galileo, situata al primo piano del Museo. La sala venne inaugurata in occasione del Terzo congresso degli Scienziati Italiani, che si tenne a Firenze nel 1841. La Tribuna di Galileo, progettata dall’architetto Giuseppe Martelli, prende il nome dalla statua marmorea del grande scienziato, opera dello scultore Aristodemo Costoli. L’intera sala è decorata con una serie di lunette che ritraggono le principali scoperte in campo scientifico di Galileo. All’interno dei locali che originariamente costituivano le scuderie del Palazzo Torrigiani, vennero inizialmente collocate le collezioni di globi astronomici, di minerali e il laboratorio di chimica. Nel 1787 la sala venne

ampliata per la prima volta in seguito all’acquisizione di alcuni locali adiacenti. Un secondo ampliamento venne realizzato nel 1838, in concomitanza con i lavori per la Tribuna di Galileo. Attualmente quest’area è conosciuta come il Salone degli Scheletri, una sala di 40 metri per 7, con più di 120 vetrine in cui sono esposti scheletri e crani di animali terrestri e marini. Si tratta di una collezione di grande valenza scientifica, consultata da studiosi italiani e stranieri, e tutt’ora in una continua fase di incremento e aggiornamento (Poggesi, 2009). Recentemente sono terminati dei lavori di riqualificazione del museo, che hanno avuto lo scopo di ampliare l’area espositiva.


Anonimo, 1770-1780, Pianta della Real Fabbrica del Gabinetto di Fisica Sperimentale di S.A.R., in Palazzo Pitti, Boboli e loro attinenze, Praga, Archivio Centrale dello Stato.

pagina precedente Anonimo, 1860, Reale Museo di Fisica e Storia Naturale, Firenze, Archivio del Museo Galileo.

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Le sorgenti d'acqua Nel XVI secolo il Giardino di Boboli era rifornito d’acqua da 2 fonti, la sorgente di San Leonardo e quella di Ginevra. Entrambe si trovano nelle colline dell’Oltrarno a sud di Firenze. La prima sorgente è posta a una quota di 135 m s.l.m., sul versante occidentale della collina di Arcetri e dista più di 1 Km dal giardino. La fonte di Ginevra invece si trova tra il Forte Belvedere e la Fortezza di San Miniato, a una quota di 90 m s.l.m., a circa 500 m dal giardino. Le due sorgenti alimentavano le vasche e le fontane che si trovano nella parte cinquecentesca di Boboli, come il Bacino del Nettuno, la Grotta Grande e la Grotta di Madama. Dopodiché l’acqua continuava il suo percorso rifornendo Palazzo Pitti, per poi oltrepassare l’Arno e arrivare a Palazzo Vecchio. Nel suo

tragitto l’acqua raggiunge anche altri palazzi privati e fontane pubbliche della città, toccando anche piazza Santa Croce. Nel 1555 l’ingegnere Davide Fortini, durante i lavori di realizzazione del giardino, scoprì la prima sorgente idrica interna a Boboli, la Cupolina all’Anfiteatro, posta poco sopra il Teatro di Verzura. L’acqua venne fatta confluire nei condotti di San Leonardo e Ginevra che passavano nel giardino. Verso la fine del XVI secolo il percorso che seguiva l’acquedotto di Ginevra venne modificato. C’era infatti la necessità di far arrivare velocemente acqua in Piazza della Signoria, nella quale venne posizionata nel 1565 la monumentale fontana del Nettuno di Bartolomeo Ammannati. A Partire da questo momento la sorgente di Ginevra

non rifornì più Boboli. In questo stesso periodo venne scoperta una nuova sorgente interna al giardino, la sorgente dei Menabuoni. Si trova sopra la Grotta di Madama e alimenta tutta la zona del giardino di Giove e di Madama. Nel XVII secolo il notevole ampliamento del giardino verso Porta Romana pose il problema di garantire un adeguato approvvigionamento idrico per le fontane e per l’irrigazione. L’architetto Giulio Parigi (1571-1635) operò su 3 diversi fronti: • potenziamento dell’acquedotto di San Leonardo, attraverso la costruzione della conserva delle Trote e del Cavaliere nel punto più alto del giardino, così da favorire la distribuzione a caduta dell’acqua nella parte cinquecentesca e seicentesca; • ricerca di nuove sorgenti idriche;

• realizzazione del Bacino dell’Isola da utilizzare sia come riserva per l’irrigazione che come fontana monumentale nel punto più basso del giardino. In merito al secondo punto, già nei primi anni del ‘600 vennero reperite nuove sorgenti sia interne al giardino, come la Sorgente del Bosco alla Panchina, situata nel Labirinto della Pace, sia esterne, come la Sorgente del Sauro e la Fonte del Machiavelli. Oltre a queste fonti minori, nel 1614 iniziarono i lavori per convogliare a Boboli l’acqua proveniente dalla Sorgente di Merlaia. Essa si trova a sud del giardino, alla base di Poggio Imperiale, a circa 85 m s.l.m. L’acquedotto di Merlaia, avente una lunghezza complessiva di 980 m, entra a Boboli in corrispondenza del Labirinto Vecchio e poi prosegue il suo percorso in 2 direzioni: verso l’Orto Me-


Giuseppe Ruggieri, Pianta del Condotto Reale che porta l'acqua all'Imperiale Palazzo de' Pitti, e ad altre Fontane pubbliche della Città di Firrenze, ASCF amfce 1089 (cass. 37, ins. A), 1757.

pagina precedente Anonimo, Pianta del condotto di Merlaja dalla sua origine fino alla fontile dell’Imperiale e Reale Palazzo Pitti, ASCF amfce 0493 (cass. 14, ins. D), 1840 c.a.

diceo (attuale Botanica Superiore) per poi arrivare a Palazzo Pitti; oppure verso la Fontana dei Mostaccini e, infine, al Bacino dell’Isola. Essendo l’unico dei nuovi acquedotti seicenteschi ad avere un dislivello sufficiente fra punto di captazione e Bacino dell’Isola, l’acqua venne utilizzata soprattutto per alimentari gli zampilli della fontana. Mentre l’acqua della Sorgente del Bosco alla Panchina, del Sauro e del Machiavelli serviva principalmente per riempire la vasca. Negli acquedotti medicei, infatti, essendo tutti sistemi a caduta, la quota di partenza era fondamentale per avere una pressione sufficiente per generare zampilli e giochi d’acqua. La portata dell’acquedotto di Merlaia venne incrementata nel 1615 facendovi confluire l’acqua della vicina Sorgente del Pozzolino.

Nonostante il lavoro considerevole che ha comportato la realizzazione dell’acquedotto di Merlaia, la più importante opera idraulica del XVII secolo è l’Acqua Ferdinanda. Si tratta di un acquedotto voluto da Ferdinando II de’ Medici che attinge da 3 sorgenti: Montereggi, Burraia e Scalette, tutte situate sul versante collinare a nord-est di Fiesole. L’acqua entra in città da Porta San Gallo e da qui si divide in Condotta Reale, che arriva a Palazzo Pitti, e Condotta della Nonziata, che rifornisce tutta la zona di San Marco e Santissima Annunziata, compreso il Giardino dei semplici. Il punto di snodo della Condotta Reale dentro Boboli è la Fontana del Carciofo, da qui la condotta si divide e prosegue in 3 direzioni: verso la Grotta di Mosè nel Cortile dei Pitti, verso Piaz-

za Signoria e verso il Bacino dell’Isola. Nei primi anni del XVIII secolo, come già anticipato, il Giardino di Boboli conobbe un periodo di abbandono e incurie. Anche il sistema idrico versava in condizioni di degrado mai viste prima. Furono necessari circa 10 anni per restaurare completamente gli acquedotti che rifornivano Palazzo Pitti e il suo giardino. I lavori furono diretti da Giovan Battista Ruggeri e terminati negli anni ’70. Tra le nuove realizzazioni di fine secolo, le 6 vasche del Jardin Potager e la Limonaia vennero entrambe allacciate all’acquedotto di Merlaia. Nei primi anni del XIX secolo altri inserimenti di Giuseppe Cacialli furono collegati con l’acquedotto di Merlaia, come la Palazzina e la Grotta di Annalena, i 2 tepidari (nell’attuale Botanica Inferiore) e il

Tepidario Grande. Anche la Palazzina della Meridiana, ampliata nello stesso periodo da Pasquale Poccianti, è stata collegata all’acquedotto di Merlaia e alla Condotta Reale. Durante il periodo di Firenze capitale il problema dell’approvvigionamento idrico diventò prioritario. Il nuovo acquedotto comunale non era ancora terminato, la sua costruzione infatti si protrasse per decenni. Nel mentre gli abitanti della città aumentavano e le norme igieniche e di sanità pubblica diventavano sempre più stringenti. Per garantire acqua a tutti i fiorentini venivano utilizzati soprattutto dei pozzi pubblici, i quali però erogavano acque poco sicure. In questo contesto delicato il Comune di Firenze cominciò a esse- 21 re particolarmente interessa-


Giuseppe Ruggieri, Pianta del Condotto Reale che porta l'acqua all'Imperiale Palazzo de' Pitti, e ad altre Fontane pubbliche della Città di Firenze, ASCF amfce 1089 (cass. 37, ins. A), 1757.

pagina successiva Anonimo, Firenze Condotti d’acqua, scala 1:12000, ASCF amfce 1080 (cass. 37, ins. A), 1858.

to agli acquedotti medicei e lorenesi, all’epoca appartenenti al Regio Demanio Nazionale. Nel 1872 il Comune entrava in possesso di tutti gli acquedotti demaniali (comprese le sorgenti) impegnandosi a provvedere a sue spese agli interventi di rinnovamento e manutenzione. In realtà i fondi comunali non erano sufficienti per provvedere a tali incombenze, di conseguenza gli acquedotti durante i primi decenni del XX secolo caddero nuovamente in uno stato di abbandono.

Più volte si tentò di far retrocedere gli acquedotti di San Leonardo e di Merlaia al Demanio, visto che rifornivano esclusivamente Boboli e Palazzo Pitti. In realtà non si riuscì mai a trovare un accordo ufficiale, solo nel 1968 si giunse ad un tacito compromesso, valido ancora oggi, per cui la manutenzione degli acquedotti, proprietà del comune, è affidata alla Soprintendenza. Intanto nel 1964, l’acquedotto di Montereggi veniva assorbito dalla rete idrica municipale, che ne modificò il percorso.

Nel corso degli anni ’80 e ’90 si susseguirono interventi di recupero delle sorgenti, restauro dei condotti e meccanizzazione degli impianti attraverso l’introduzione di elettropompe a immersione.


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Acquedotti che portano l'acqua al giardino di Boboli

San Leonardo 1 Conserva delle Trote 2 Conserva del Cavaliere

5 Menabuoni

Merlaia 3 Conserva del Giardino Botanico Superiore 4 Deposito del Giardino del Conte di Torino

4

Cupolina all'Anfiteatro 3

Cupolina all’Anfiteatro Menabuoni 5 Deposito dei Menabuoni

1

2 Bosco alla panchina

Bosco alla panchina Sauro Acquedotto Comunale

Sauro

Pozzolino Merlaia

San Leonardo


Attualmente gli acquedotti che portano l’acqua al giardino di Boboli sono 7: 1. San Leonardo 2. Merlaia 3. Cupolina all’Anfiteatro 4. Menabuoni 5. Bosco alla panchina 6. Sauro 7. Acquedotto Comunale Tutta l’area della Botanica Superiore e Inferiore è servita dall’acquedotto della Merlaia, a esclusione della Palazzina di Annalena che invece è servite dall’acquedotto comunale (impianto di via Romana) e della Grotta di Annalena che è servita da entrambi (Lamertini e Tamantini, 2013). Non ci sono invece dati certi riguardanti l’acquedotto che alimenta. attualmente il giardino della Specola. Sicuramente nel XIX secolo la Condotta reale era uno degli acquedotti che riforniva il giardino, come dimostra la carta Firenze Condotti d’acqua del 1858. Un ulteriore prova viene fornita dai documenti dell’Archivio del Reale Museo di fisica e storia naturale nei quali la Condotta Reale viene citata più volte nei casi di mancanza d’acqua al Giardino (Registro del carteggio in uscita della Direzione, 4 gennaio - 31 dicembre 1822, Archivio del Reale Museo di fisica e storia naturale, registro cc. n.n., Museo Galileo, Firenze 1822.). Risulta pertanto probabile che attualmente il giardino e il Museo La Specola siano riforniti dall’acquedotto comunale.

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Interessi scientifici nella dinastia Medici Cosimo I (1569-1574) Appassionato di scienza e cartografia, intraprese rapporti con Galileo Galilei e Ignazio Danti

Eleonora di Toledo Molto attiva in ambito artistico culturale, promosse l’attività dello Studio di Pisa, dell’Accademia degli Elevati, oltre a pittori e architetti

Francesco I (1574-1587) Grande appassionato di chimica e alchimia, commissionò al Buontalenti la realizzazione del Giardino di Pratolino

Ferdinando I (1587-1609) Lavorò molto con Buontalenti e Giambologna alla Villa Medici a Roma, Villa di Artimino, dell’Ambrogiana e al Forte Belvedere Cosimo II (1609-1621) Venne indirizzato dal padre fin da piccolo allo studio delle scienze naturali, cosmografia, matematica, disegno e strategia militare

Leopoldo Insieme al fratello fondarono del 1657 l’Accademia del Cimento, la prima associazione scientifica basata sul metodo sperimentale di Galileo

Ferdinando II (1621-1670) Durante il suo granducato venne costruita la prima stazione meteorologica e realizzati strumenti come gravimetri, areometri e termometri Cosimo III (1670-1723) Nel 1716 fondò la Società Botanica Fiorentina affidata al botanico Pier Antonio Micheli.

Boboli e scienza, dai Medici ai Lorena La città di Firenze è stata fra il XVI e il XIX secolo uno dei centri europei più importanti per lo sviluppo delle scienze naturali. Ciò fu reso possibile dal marcato interesse per la scienza e dalla passione per le cose naturali manifestata prima dalla famiglia Medici e, successivamente, dai granduchi lorenesi (Raffaeli, 2009). I Medici, in particolare da Cosimo I fino a Ferdinando II, furono grandi appassionati e promotori di arte, meccanica, fisica, astronomia, cosmologia, cartografia e botanica. Si resero conto che la conoscenza scientifica della natura e dei meccanismi che la regolano, conferiva anche solidità e prestigio al potere politico. Cosimo I (1519-1574), primo granduca di Toscana dal 1569, manifestò un grande interesse per la scienza che lo avvicinò a

Anna Maria Luisa Stipulò con i Lorena il Patto di Famiglia

Gian Gastone (1723-1737) Cercò di risolvere le questioni più urgenti della crisi economica del Granducato senza grande successo

un giovane Galileo Galilei, lo scienziato venne supportato per tutta la sua proficua carriera dalla famiglia Medici (alla quale dedicò la scoperta dei satelliti di Giove, detti appunto pianeti medicei). Cosimo è stato anche appassionato di cartografia e, intuendone la valenza strategica, incaricò a Ignazio Danti la redazione delle carte geografiche ancora conservate a Palazzo Vecchio. La moglie, Eleonora di Toledo (1522-1562), è stata molto attiva in ambito artistico culturale, promuovendo l’attività dello Studio di Pisa (antenato dell’attuale Università), dell’Accademia degli Elevati in ambito musicale, oltre a pittori e architetti. Il figlio di Cosimo I e Eleonora, Francesco I (1541-1587), fu un grande appassionato di chimica e alchimia. Tra i numerosi interventi che commissionò a Bernardo Buontalenti, il Giardi-

no di Pratolino fu sicuramente uno dei più maestosi, reso ancora più spettacolare dagli antichi sistemi meccanici e idraulici. Anche il fratello Ferdinando I (1549-1609), che divenne granduca nel 1587 dopo la morte di Francesco, ereditò l’attrazione per la scienza e le arti, in particolare matematica e botanica. Egli lavorò molto con Buontalenti e Giambologna alla Villa Medici a Roma, Villa di Artimino, dell’Ambrogiana e al Forte Belvedere. Il figlio, Cosimo II (15901621), venne indirizzato dal padre fin da piccolo allo studio delle scienze naturali, cosmografia, matematica, disegno e strategia militare. L’insegnante e amico di Cosimo fu Galileo Galilei. Nel 1621 divenne granduca di Toscana Ferdinando II (1610-1670), primogenito di Cosimo II. Egli prestò grande attenzione alla scienza, insieme al fratello Leopoldo

fondarono del 1657 l’Accademia del Cimento, la prima associazione scientifica basata sul metodo sperimentale di Galileo. Durante il granducato di Ferdinando II venne inoltre costruita la prima stazione meteorologica, vennero effettuate importanti misurazione dell’umidità dell’aria e realizzati strumenti come gravimetri, areometri e termometri. Il figlio, Cosimo III (16421723), al potere per un lungo periodo di tempo (1670-1723), si distaccò nettamente dai suoi predecessori in termini politici, economici e sociali. Ereditò comunque la passione per le scienze, in particolare zoologia e botanica. Nel 1716 fondò la Società Botanica Fiorentina affidata e Pier Antonio Micheli. Il figlio, Giovanni Battista Gastone (16711737), quando divenne granduca di Toscana trovò una situazione disastrosa


Interessi scientifici nella dinastia Lorena Francesco III Stefano (1737-1765) Pietro Leopoldo (1765-1790) Fondò l’ I. e R. Museo di Fisica e Storia Naturale, oltre a interventi come bonifiche, riforme agrarie, abolizione della pena di morte e realizzazione del primo catasto geometrico particellare

Occupazione francese (1801-1814)

Ferdinando III (1790-1824) Si distaccò molto dalla politica del padre, ma non interruppe il sostegno fornito per la ricerca scientifica, in particolare in ambito medico Leopoldo II (1824-1858) Ferdinando IV (1859-1860)

segnata dalla crisi economica. Egli cercò di risolvere le questioni più urgenti senza grande successo. Gian Gastone non ebbe figli e segnò pertanto la fine della dinastia granducale dei Medici. Alla sua morte, nel 1737, subentrarono i Lorena. Il segno indelebile che i Medici hanno lasciato a Firenze non venne dimenticato soprattutto grazie all’intervento della sorella di Gian Gastone, Anna Maria Luisa de Medici (16671743), che stipulò con i Lorena il 'Patto di Famiglia'. L’accordo prevedeva che tutte le opere e le collezioni realizzate e accumulate durante la dinastia medicea (gallerie, quadri, libri, strumenti, erbari) sarebbero dovute rimanere nello Stato del Granducato per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri (Zoppi, 2020).

Francesco Stefano di Lorena (17081765) fu il primo Lorena a diventare granduca di Toscana. Come già accennato nei capitoli precedenti, egli non si interessò molto a Firenze, che conobbe un periodo di abbandono. Il suo terzo figlio invece, Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena (1747-1792), diventato granduca nel 1765, è stata una delle figure più importanti per la Toscana e un grande appassionato di scienze. Fondò l’Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale, dove si recava personalmente per fare esperimenti di chimica e di fisica con i giovani arciduchini. Il sovrano nutriva una tale interesse per le scienze sperimentali che durante le serate in famiglia era solito intrattenere i figli con esperimenti chimici ed elettrici (Contini e Gori, 2004). Altri importanti provvedimenti attua-

ti da Pietro Leopoldo in Toscana sono bonifiche, riforme agrarie, abolizione della pena di morte e realizzazione del primo catasto geometrico particellare. Ferdinando II (1769-1824), secondogenito di Pietro Leopoldo, salì al potere nel 1799. Il suo granducato, inserito in un contesto internazionale difficile, venne interrotto dall’occupazione francese (1801-1814). Egli si distaccò molto dalla politica del padre, ma non interruppe il sostegno fornito per la ricerca scientifica, in particolare in ambito medico (Zoppi, 2020). La dinastia dei granduchi Lorena in Toscana prosegue e termina con Leopoldo II (17981870) e Ferdinando IV (1835-1908) che proseguirono quanto fatto dai loro predecessori senza apportare grandi cambiamenti o innovazioni nel settore delle scienze.

In ambito botanico abbiamo visto come i rappresentanti delle famiglie Medici e Lorena abbiano più volte incoraggiato e finanziato l’attività di importanti figure come Pier Antonio Micheli, Giovanni Targioni Tozzetti o Filippo Parlatore. Grazie al loro fondamentale contributo è stato possibile realizzare a Firenze luoghi adibiti proprio alla ricerca e all’insegnamento del sapere botanico come l’Orto dei Semplici e il Giardino Botanico dell’ I. e R. Museo. In realtà l’intero Giardino di Boboli ha rappresentato fin dalla sua realizzazione, non soltanto un luogo di svago e ostentamento del potere granducale fiorentino, ma anche un’opportunità per sperimentare, apprendere e collezionare un numero sempre maggiore di specie botaniche. 27



Giardini di Boboli che erano dedicati alle scienze naturali e al collezionismo botanico o che lo sono tutt’oggi, oltre all’antico Giardino Botanico del Museo La Specola 1 Mezzotondo di verzura 2 Sistema di Madama 3 Giardino del Cavaliere 4 Giardino della Lavacapo e della Sughera 5 Giardino delle Camelie 6 Giardino dell’Isola 7 Giardino di Ganimede 8 Giardino della Limonaia 9 Spezieria

Entrate da Piazza Pitti

10 Giardino dei Savoia

2

7 5 10

Entrata di Annalena

Entrata dal Giardino Bardini

9

1

8

6

4

3

Entrata da Porta Romana

29


I giardini di Boboli dedicati alle scienze naturali Oltre al Giardino Botanico, di cui sono già state trattate le trasformazioni e le caratteristiche, ci sono molti altri luoghi a Boboli che erano dedicati alle scienze naturali e al collezionismo botanico o che lo sono tuttora. Mezzotondo di verzura A differenza di quanto si pensa comunemente osservando la porzione cinquecentesca del giardino, essa era caratterizzata da un’ampia variabilità di specie che è andata svanendo nel corso dei secoli. Già nel 1551 erano presenti numero piante di cerri, faggi, tigli, platani, castagni, noci, frassini, sicomori e tamerici. Questi erano disposti in gruppi di 12 esemplari all’interno di un sistema di vialetti e scomparti geometrici situati attorno all’attuale Anfiteatro (Capecchi, 2003). Questa zona è attualmente caratterizzata da una copertura arborea costituita prevalentemente da Quercus ilex. Sistema di Madama Nella porzione più a nord del Giardino di Boboli sono presenti un serie di giardini di dimensioni contenute e ravvicinati tra loro, si tratta del Giardino di Madama, Giardino di Giove, Giardino dei Reali Arciduchini e Giardino per i Reali Principi. I primi due sono giardini che hanno mantenuto nel corso degli anni la loro funzione prima di produzione e poi di collezionismo botanico, in particolare di rose, cedrati e agrumi coltivati a spalliera. Venne inoltre introdotta da Cosimo I anche la coltivazione di numerose specie di frutti nani. Il Giardino dei Reali Arciduchini e il Giardino per i Reali Principi invece sono luoghi più trascurati nei quali non è più leggibile la funzione originale. Essi erano dedicati all’insegnamento botanico degli arciduchini (di età compresa fra i 3 e gli 8 anni) i quali avevano la possibilità di conoscere e sperimentare in

modo diretto operazioni come la semina, la coltivazione, la cura e la crescita delle piante. Si trattava quindi di giardinetti non tanto per il gioco e lo svago, ma con una marcata funzione educativa basata sull’osservazione diretta della natura (Capecchi, 2003; Contini e Gori, 2004; Pucci, 2016). Giardino del Cavaliere Si trova nel punto più alto del Giardino a ridosso delle mura della città. Il Giardino del Cavaliere è suddiviso in 4 aiuole che ospitano da sempre piante esotiche da fiore come gelsomini, garofoli, mugherini, catalogni, ma anche molte bulbose dette cipolle, margotte o radiche (Capecchi, 2003). L’edificio adiacente, l’attuale Museo delle Ceramiche, un tempo veniva utilizzato per il ricovero invernale di alcune piante e presentava la facciata coperta da limoni e cedrati coltivati a spalliera. Il duca Gian Gastone da giovane si recava al Giardino del Cavaliere per prendere lezioni, così da istruirsi "in ogni scienza e erudizione" (Contini e Gori, 2004). Prima di accedere al Giardino del Cava-

liere attraverso la doppia rampa di scale progettata da Del Rosso, sulla sinistra rimane il giardino del Cavalierino. Questo si trova in corrispondenza della Conserva delle trote, un deposito dove viene accumulata l’acqua proveniente dall’acquedotto di San Leonardo che poi viene distribuita in tutta Boboli. Il Cavalierino un tempo ospitava coltivazioni di viti e ortaggi, attualmente è un luogo piuttosto trascurato del giardino (Pucci, 2016). Giardino della Lavacapo e della Sughera I due giardini di forma allungata si trovano rispettivamente e destra e sinistra risalendo il Viottolone dei Cipressi appena prima del Prato dell’Uccellare. Il Giardino della Lavacapo prende il nome dalla statua della Lavandara o Lavacapa un tempo situata al centro della Vasca del Nettuno. Il giardino precedentemente ospitava molte specie di cedrati e agrumi coltivati sia a spalliera che in vaso, oltre a viti, ortaggi e frutti nani per sfamare la Corte. Purtroppo, questa ricca variabilità di specie è andata perduta nel corso dei secoli, oggi

il giardino non riveste più né una funzione produttiva né di collezionismo. Qui troviamo l’antico Stanzonaccio, realizzato da Giulio Parigi, dove venivano conservati gli agrumi nei mesi più freddi dell’anno prima che venisse costruita la Limonaia nel 1778. Il Giardino della Sughera invece, di dimensioni superiori, prende il nome da un esemplare di Quercus suber ormai scomparso. Esso ospitava agrumi in vaso, limoni cedrati, pere bergamotte e limoni a spalliera. Anche qui sono presenti edifici che venivano utilizzati come stufe per il ricovero invernale di piante come mughetti, calle, giacinti, romani e d’Olanda, gladioli, lillac, poinsettia, azalee, freesia (Pucci, 2016). Giardino delle Camelie Noto anche con i nomi Giardinetto di S.A.R. o Giardinetto del Sovrano, esso costituisce il proseguimento verso il giardino degli appartamenti di Pietro Leopoldo. Giardino assai particolare di forma allungata, costituito da un loggiato, due grotte, due vasche d’acqua e aiuole fiorite. Il giardino delle Ca-


Acquarium del Giardino della Botanica Superiore, Boboli, Firenze (Foto di V. Castellucci, 2021)

melie si trova ad un livello più basso rispetto all’adiacente Anfiteatro, pertanto le mura che lo circondano solo alte e mantengono il giardino molto ombreggiato e riparato. Fin dall’epoca di Pietro Leopoldo esso viene adibito alla coltivazione di numero specie e varietà di camelie (Contini e Gori, 2004). Giardino dell’Isola Il giardino venne realizzato durante i lavori di ampliamento del Giardino di Boboli iniziati nel 1609 e terminati nel 1637 su volere di Cosimo II Medici. Esso si trova al centro dell’omonima vasca di forma ovale, un tempo ricca di zampilli e giochi d’acqua, il tutto circondato da spalliere di lecci e cipressi (Pucci, 2016). Il giardino, completamente circondato dall’acqua se non per due vialetti chiusi da cancelli, è sempre stato un luogo dove conservare e proteggere le specie più rare. Oggi ospita collezioni di piante da fiore, tra cui diverse varietà di rose e, durante il periodo estivo, un’ampia collezione di agrumi in vaso.

Giardino di Ganimede Anticamente era un luogo adibito alla coltivazione della vite, attività che è andata perduta nei primi anni del XX secolo a causa del cattivo stato fitosanitario delle piante. Oggi il giardino si presenta come un prato in pendenza diviso da un viale centrale, qui vengono coltivate numerose specie di frutti nani come meli, peri e susini. Il giardino è circondato su 3 lati da ragnaie. La Kaffeehause, realizzata nel 1775 da Zanobi del Rosso su volere di Pietro Leopoldo, veniva spesso utilizzato come punto di ritrovo dei membri della famiglia granducale. A riprova del gusto che questi nutrivano per le scienze naturali, il sovrano aveva incaricato il matematico Pietro Fabbroni di organizzare delle piccole dimostrazioni fisiche e astronomiche di piacevole istruzione per la famiglia. A tale scopo venne proposta la sistemazione di una rosa dei venti sulla cupola della Kaffeehaus, oltre a macchinari per le lezioni (Contini e Gori, 2004).

Giardino della Limonaia Tra il 1777 e il 1778 Zanobi del Rosso sostituisce l’antico Serraglio degli animali, fatto realizzare per volere di Cosimo III nel 1677, con lo Stanzone degli agrumi. Esso è stato destinato fin da subito alla conservazione delle amate collezioni di agrumi in vaso durante i periodi invernali, ruolo che svolge tutt’oggi. Il giardino difronte all’edificio è stato suddiviso in 4 aiuole simmetriche, le quali ospitano collezioni di rose, camelie, peonie, oltre a bulbose e annuali (Capecchi, 2003). Spezieria La Spezieria era un edificio con relativo giardino che si trovava al posto dell’attuale Palazzina della Meridiana, realizzata a partire dal 1776. Questo luogo non era dedicato alla botanica ma a un’altra sezione delle scienze, la chimica. Numerosi esperimenti furono portanti avanti dal chimico Uberto Francesco Hoefer in particolare sullo studio dell’acido borico. Egli si dedicò molto alla chimica a servizio dell’agricoltura, fu una delle prime figure a Firenze

a comprendere l’importanza delle caratteristiche chimiche di un terreno per la crescita delle piante. Nella Spezieria venivano inoltre prodotti liquori a partire dagli agrumi provenienti dallo stesso Giardino di Boboli (Contini e Gori, 2004). Giardino dei Savoia Detto anche Giardino della Meridiana o Giardino del Conte di Torino, è stato realizzato insieme alla Palazzina della Meridiana, i cui lavori, iniziati nel 1776, si protrassero fino al 1840. Le principali figure che ci lavorarono furono Gaspare Maria Paoletti, Giuseppe Cacialli e Pasquale Poccianti. Quest’ultimo, terminata la facciata sud della Palazzina, si occupò della recinzione e del giardino antistante (Galletti, 1989). Egli fu affiancato da Joseph Frietsch con il quale progettò un giardino naturalistico, con percorsi curvilinei e una piccola parte geometrica dove riporre gli agrumi, che però non venne mai realizzata. Durante il periodo di Firenze capitale il re Vittorio Emanuele, appassionato di collezioni ornitologiche, fece costruire nel giardino fra il 1865 e il 1866 delle voliere che ospitavano fagiani e uccelli esotici (Pucci, 2016). Il Giardino dei Savoia è da sempre stato un luogo molto ombreggiato, la copertura arborea e il forte dislivello rispetto ai giardini vicini, lo isolano dal complesso di Boboli. Oggi ospita piante di Chamaerops humilis, Trachycarpus fortunei, Quercus ilex e Pinus pinea.



Inquadramento e contestualizzazione

Il paesaggio dell'Oltrarno, foto satellitare, Google Earth, data di acquisizione 10/13/2022

Inquadramento urbano e paesaggistico del sistema dell’Oltrarno Il giardino del Museo La Specola e il giardino di Boboli si trovano e sud del fiume Arno. Entrambi fanno parte del complesso sistema paesaggistico dell’Oltrarno, un’area caratterizzata da viali, giardini, mura e coltivazioni, situata fra la piana e le colline fiorentine. La Firenze a sud dell’Arno è ancora parzialmente divisa dalle antiche mura di Arnolfo, realizzate a partire dal 1282 e modificate nel corso dei secoli successivi. Le mura attualmente visibili partono all’incirca da Porta San Frediano e arrivano fino a Porta San Miniato, passando per tutto il confine sud sud-est di Boboli, interrompendosi solamente in corrispondenza di Porta Romana e di Piazza Tasso. Le antiche mura e le Porte presenti nell’Oltrarno rappresentano sicuramente elementi storici di spicco caratteristici della zona. In ordine da ovest a est troviamo: 1. Porta San Frediano 2. Porta Romana 3. Porta San Giorgio 4. Porta San Miniato 5. Porta San Niccolò Tutta la porzione di città che si trova all’interno dell’antico tracciato delle mura fa parte della core zone del vincolo UNESCO, mentre ciò che sta fuo-

ri rientra nella buffer zone. Inoltre sarà presto incluso nella core zone anche tutto il territorio di San Miniato, San Salvatore al Monte, Piazzale Michelangelo, Giardino delle Rose e Giardino dell’Iris. Tra gli edifici di rilevanza storica che si trovano nel quartiere, il più antico è l’Abbazia di San Miniato a Monte, costruita a partire dal 1018 in memoria del primo martire fiorentino. Nel corso del XV secolo vennero realizzati altri edifici di rilievo, come Palazzo Pitti (1440), la Basilica di Santo Spirito (1444) e la Chiesa San Salvatore al Monte (1498). Nel secolo successivo ci furono altre due grandi costruzioni volute dalla famiglia Medici, la Villa di Poggio Imperiale e il Forte Belvedere. Oltre a La Specola nell’Oltrarno sono presenti altri centri museali, come il Museo Stefano Bardini, il Museo Bellini, ma anche quelli interni a Palazzo Pitti e a Boboli, come la Galleria Palatina, il Museo del Costume e il Museo della Ceramica. Il Museo La Specola a partire dal 1984 fa parte del sistema museale dell’Università degli Studi di Firenze insieme alle altre sedi precedentemente citate, tra cui l’attuale Orto Botanico della città in via Micheli. In merito invece al sistema di spazi aperti presenti nell’Oltrarno, questi sono molto diversificati in termini storici, di accessibilità e di tipologia.

In particolare sono state definite diverse classi di accessibilità agli spazi da parte del pubblico: • Giardino pubblico con chiusura serale • Giardino a pagamento (gratuito per i residenti) • Giardino con apertura stagionale • Giardino aperto solo su prenotazione o per particolari eventi • Giardino accessibile solo per i clienti/ visitatori • Giardino privato Un elemento caratterizzante dell'Oltrarno è sicuramente il sistema poggiano, ovvero l’insieme di spazi aperti progettati dall’architetto Giuseppe Poggi (1811-1901) insieme al piano di risistemazione urbanistica della città, durante il periodo di Firenze capitale. Si tratta di una serie di viali alberati e giardini che mettono in collegamento molti degli spazi aperti dell’Oltrarno. Tra questi troviamo il Viale dei Colli che unisce gli altri giardini e rappresenta il proseguimento oltrarno dei viali di circonvallazione ideati dal Poggi. Altro aspetto determinante riguarda il paesaggio rurale e le trame agrarie. Oltre alle coperture forestali, in Oltrarno si trovano diverse tipologie di coltivazioni, tra le quali le più diffuse sono oliveti e seminativi, che caratterizzano ancora fortemente il paesaggio.

Alcune trame agrarie sono presenti fin dal 1954, informazioni resa evidente dall'osservazione delle foto aeree del volo GAI. Infine, è stato riportato il sistema delle alberature nel quale sono stati evidenziati gli alberi monumentali presenti nel sistema dell’Oltrarno. In realtà nessuno degli alberi presenti fa parte dell’Elenco degli alberi monumentali d’Italia, sono stati quindi evidenziati le alberature con una circonferenza uguale o superiore a 4,00 m.

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Michele Gori, Pianta del Giardino di Boboli di S.A.R. il Granduca di Toscana, 1709, Firenze BNCF, Nuove accessioni, cartella 7.159.

anonimo, Pianta del Giardino annesso al Palazzo di Residenza, in Firenze di S.A.R. il Gran Duca di Toscana denominato Boboli, 1790 ca., S.U.A.P., RAT 306


Giuseppe Cacialli e Jerome De Carcopino, Plan Topographique du Jardin Impérial Boboli, du Palais Pitti e des maisons adjacents, 1808, GDSU, n.5599.

Arch. Massimo De Vico Fallani, Rilievo della Consistenza Botanica del Giardino di Boboli, 1982.


Inquadramento storico del Giardino e del Museo La Specola Le vicende storiche che hanno caratterizzato il Giardino del Museo La Specola, già trattate nei capitoli precedenti, sono state ulteriormente approfondite attraverso un'indagine che ha avuto l'obiettivo di mettere a confronto diverse fonti iconografiche afferenti a periodi storici diversi, in modo da far evidenziare cambiamenti e trasformazioni. In particolare, sono state analizzate fonti iconografiche come carte, disegni e planimetria dell’area di interesse. Osservando infatti diverse carte del Giardino di Boboli, come quelle nelle pagine successive, si notano i principali cambiamenti che hanno interessano il giardino del Museo La Specola e il Jardin Potager. Cambiamenti resi ancora più evidenti se si osservano disegni e planimetrie specifiche della Specola. A partire dall’antico giardino della famiglia Torrigiani, molto diverso da quello che vediamo oggi, fino all’annessione del Jardin Potager e del Giardino del Giappone. Di fianco vediamo due schemi, il primo che riassume da una parte della linea del tempo quelli che sono stati i Direttori dell’Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale, dall'altra i diversi Capo giardinieri che negli anni si sono occupati del Giardino Botanico del Museo. Il secondo schema invece riassume le principali trasformazioni planimetriche che il giardino ha subito nel corso degli anni, considerando anche annessioni e cessioni.

Direttori dell’Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale

Capo giardinieri del Giardino Botanico del Museo 1775

Filippo Berni Felice Fontana 1795

Giovanni Fabbroni

1805 1807 Giuseppe Piccioli

Girolamo de’ Bardi

1828 1829 Antonio Piccioli

Vincenzio Antinori

1844 Demetrio Piccioli 1853 1856 1860

Cosimo Ridolfi

Attilio Pucci Gaetano Baroni

1865 1868

Filippo Parlatore Odoardo Beccari

1877 1878 1880

Teodoro Caruel

1895 Oreste Mattirolo 1900

Giuseppe Bastianini Luigi Aiutati


1766-1771

1771-1817

1817-1852

1852-1874

1874-1899

1899-oggi

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Il Giardino e il suo stato di conservazione

Orangerie del Giardino Del Giappone, Giardino del Museo La Specola (Foto di V. Castellucci, 2021)

La componente minerale: conservazione e processi di degrado L’analisi dell’attuale stato di conservazione del giardino ha coinvolto la superficie di massima espansione dell’antico Giardino Botanico, comprende quindi l’attuale Giardino della Specola, la Botanica Inferiore e la Botanica Superiore. Sono stati studiati tutti gli elementi minerali del giardino, a partire dalle architetture, ma anche le superfici, sistema idraulico, statue, arredi e cordoli. In ciascuna di queste categorie è possibile trovare diverse tipologie di elementi, per esempio le architetture sono state distinte fra l’attuale Museo La Specola, i locali che anticamente ne facevano parte e altre architetture. Oppure gli arredi che si dividono in marciapiedi, ringhiere e panchine. E così per tutte le categorie. Per ciascun elemento sono state riportate informazioni che riguardano il materiale di cui è costituto e il suo stato di conservazione. Ci sono poi elementi di particolare rilevanza per cui è stata fatta un’analisi più dettagliata. È il caso per esempio dell’Aquarium, della Vasca delle Ninfee, delle architetture storiche, delle grotte e delle statue presenti. Per questi sono stati indicati anche titolo, autore e anno di realizzazione oltre al materiale e allo stato di conservazione. Ciascun elemento è stato accompagnato da una fotografia

che permette di identificarlo. Lo studio della componente minerale dello stato attuale ha portato alla realizzazione di una serie di planimetrie e sezioni dell'area.

La componente vegetale e le collezioni botaniche Adottando gli stessi principi, sono state riportate le informazioni legate alla vegetazione attualmente presente nel Giardino del Museo La Specola, nella Botanica Inferiore e Superiore. Come prima cosa sono state individuate le diverse specie arboree, le palme e i bambù. Dopodiché, le specie erbacee, arbustive e le varie collezioni botaniche presenti. Specialmente per le piante presenti nel giardino della Botanica Superiore, l’elenco di specie censite non si avvicina minimamente al numero totale di specie e varietà presenti realmente. Si tratta di un elenco ridotto che permette comunque di avere un’idea generale delle collezioni botaniche attualmente presenti. Tutte le piante in vaso conservate durante l’inverno all’interno di serre e tepidari e poi esposte durante i periodi estivi, non sono state considerate. Anche lo studio della componente vegetale dello stato attuale del giardino ha portato alla realizzazione di una serie di planimetrie e sezioni dell'area.

Il Giardino del Giappone: hardscape e softscape Con questo studio si arriva al grado massimo di dettaglio, analizzando esclusivamente solo una parte del Giardino del Museo La Specola, il Giardino del Giappone. Il rilievo di base per la planimetria mi è stato fornito dall’architetto Maria Luisa Ugolotti, si tratta dello stato di fatto facente parte del progetto di riorganizzazione funzionale del Museo La Specola. Questo è stato poi aggiornato specialmente per gli aspetti che riguardano cordoli e vegetazione. In questo caso componente vegetale e minerale del giardino sono state analizzate più nello specifico rispetto agli studi precedentemente illustrati. Questo ha permesso di approfondire ulteriormente le conoscenze riguardanti storia e caratteristiche del giardino che sarà oggetto della proposta progettuale. In merito alla componente vegetale, per ogni specie di albero o palma presente è stata riportata la foto e le informazioni relative al numero di esemplari, l’altezza approssimata e lo stato fitosanitario. Molto probabilmente nessuna delle specie originarie piantate da Filippo Parlatore per ricreare la flora della Cina e del Giappone sono rimaste nel giardino, unica eccezione potrebbe essere il Phyllostachys aurea

e il Ligustrum japonicum. La componente arborea è costituita prevalentemente da specie introdotte più recentemente come Pinus pinea, Quercus ilex e Cupressus sempervirens. Tra gli arbusti presenti, oltre a una Salvia officinalis e una Rosa chinensis, la maggior parte sembrano essere specie che costituivano una siepe lasciata crescere per anni senza tagli, come Buxus balearica e Laurus nobilis. Nella sezione dedicata alla componente minerale invece sono stati descritti elementi come architetture, cordoli, superfici, scale, vasche, arredi e basi per vasi. Per alcuni di questi sono state prodotte sezioni di dettaglio e schemi per comprendere meglio la loro composizione e disposizione all’interno del giardino.

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Serre, tepidari e couches

‘La Vecchia‘

26,9

25,6

17,0

Viale carrozzabile della Meridiana

Botanica superiore

Chamaerops humulis

Butia capitata

Cupressus sempervirens

25,6

26,9

17,0

sezioni che approfondiscono i temi della componente minerale e vegetale, dalla Botanica Superiore al Giardino del Museo La Specola, estratte dagli elaborati grafici di tesi


Scala divisoria fra Boboli e Specola

Grotta della Specola

Vasca androne Specola

14,7 8,90

0,00 m

Botanica inferiore

Giardino del Museo La Specola

Cedrus libani

Taxus baccata

Museo La Specola

Magnolia grandiflora

14,7 8,90

0,00 m

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Il Giardino del Giappone gode di una esposizione piuttosto ombreggiata dal momento che risulta quasi completamente circondato da edifici o muri. Entrando sulla destra si trova un edificio alto circa 3,00 m situato a ridosso del muro di circa 7,00 m che separa l’area dal Giardino di Savoia. Non sono riuscita a reperire informazioni certe che riguardino l’anno di realizzazione di tale costruzione. Sappiano che nella descrizione di Angiolo Pucci in I giardini di Firenze III Palazzi e ville medicee (Pucci, 2016), risalente ai primi anni del XX secolo, questo ancora non era presente. Consultando invece i dati della Regione Toscana contenuti nella Banca dati regionale relativa alla periodizzazione della crescita urbana basata sul trattamento di fonti catastali e aerofotografiche storiche l’edificio appare per la prima volta nella foto aerea del Volo GAI del 1954. È probabile pertanto che si tratti di una costruzione risalente agli anni ’40-’50 del ‘900. L’edificio, attualmente inutilizzato, conteneva la centrale termica e alcuni spazi dedicati alla sezione entomologica del museo. Quest’ultima nei primi anni del XX secolo si occupò della gestione del Giardino del Giappone, utilizzandolo come laboratorio sperimentale entomologico. A tale scopo apportarono alcune modifiche al giardino che vengono descritte da Angiolo Pucci: Attualmente lo spartito è un poco diverso da quello fatto dal Parlatore per adattarlo agli usi ai quali serve, cioè agli esperimenti entomologici, e sono in gran numero diminuite le piante messevi dal Parlatore. Però il tutto è tenuto con molte cura e proprietà e di ciò ne va data meritata lode ai dirigenti la detta stazione entomologica (Pucci, 2016 pag. 282). L’edifico a due piani posto in fondo al Giardino del Giappone dall’altro lato del cancello di ingresso era anticamen-

te un’aranciera. Con l’annessione del Giardino del Giappone al Giardino Botanico, avvenuta nella seconda metà del XIX secolo, il piano terra dell’aranciera divenne a servizio della Specola mentre il piano superiore rimase in gestione alla Casa Reale e comunica tutt’ora con il Giardino Marini. Nel corso degli anni entrambi i piani dell’edificio hanno perso la loro funzione di conservazione degli agrumi, nel piano terra vennero rimosse anche le vetrate mentre in quello superiore sono ancora presenti (Pucci, 2016). Attualmente ospitano uffici e magazzini. Sul terzo lato del Giardino del Giappone, entrando sulla sinistra, si trova l’antico corridoio realizzato da Pasquale Poccianti nei primi anni del XIX secolo che mette in comunicazione il Museo La Specola con Palazzo Pitti. Le foto riportate e datate 2021 ritraggono gli edifici durante dei lavori di restauro. L’intera area infatti è stata recentemente restaurata con i lavori di riorganizzazione funzionale del museo, pertanto le facciate degli edifici attualmente si presentano diversamente. Il corridoio e l’antica arancera sono stati adibiti ad area espositiva per la collezione ornitologica del museo. Complessivamente il Giardino del Giappone nel 2021 si trovava in uno stato di semi-abbandono, reso evidente dalla vegetazione non gestita da diversi anni. Insieme al rilievo fornitomi, datato 2017, erano presenti delle foto risalenti al 2016. Queste sono state confrontate con le foto scattate dalla sottoscritta nel 2021, ed è stato possibile venire a conoscenza di alcuni cambiamenti avvenuti molto recentemente. Per esempio, osservando le foto è possibile notare che nel 2016 intorno alle 6 aiuole di forma rettangolare era presente una siepe di bosso, seppur già molto danneggiata, che attualmente non è più presente. Molti cambiamenti hanno coinvolto anche l’edificio addos-

Foto del Giardino del Giappone allegate al rilievo fornitomi, scattate il 08/09/2016. In ordine raffigurano: Corridoio del Poccianti con siepe di bosso intorno alle aiuole, edificio di 3,00 m con cordoli semicircolari e siepi di bosso, edificio di 3,00 m prima delle modifiche con visuale posteriore ancora mantenuta


Foto del Giardino del Giappone scattate da V. Castellucci il 15/06/2021. In ordine raffigurano: Corridoio del Poccianti con aiuole non più leggibili, edificio di 3,00 m senza bossi, edificio di 3,00 m con la parte aggiunta che copre un elemento del giardino

sato al muro: sono state murate delle porte e delle finestre e soprattutto è stata costruita una parete che prima non c’era che copre completamente un elemento del giardino. Quest’ultimo cambiamento è reso evidente dalla planimetria che mi è stata fornita in cui ancora la parete non era presente. Osservando alcune planimetrie storiche del XIX secolo in cui questo elemento viene raffigurato, si nota che esso rappresenta il punto da cui ha origine uno dei percorsi principali del giardino che è andato perduto nel corso degli anni. Infine dalle foto del 2016 si notano bene i cordoli semicircolari in cemento addossati all’edificio che fanno da sponda alle piante. Questi cordoli molto probabilmente sono stati posizionati in seguito alla costruzione dell’edificio, attualmente le piante sono rimaste, mentre i cordoli sono molto rovinati o sparsi in altri punti del giardino. Nel Giardino del Giappone rimango-

no comunque ancora molti elementi che non conosco a fondo o che non sono riuscita a comprendere pienamente. Per esempio quello che ho denominato il Pozzo esagonale, in realtà non si hanno dati certi che facesse parte del sistema idrico del giardino, attualmente non contiene acqua al suo interno. Anche la disposizione stessa dei cordoli, molto inusuale, non è chiaro in quale anno sia stata introdotta, forse durante la fase entomologica. Inoltre, è probabile che anche in questa zona, come per il Giardino del Sistema, fossero presenti dei gradoni lungo il muro a sud-est, ma anche questo non è sicuro. Questa mancanza di informazioni può essere attribuita al periodo di abbandono che l’intero Museo La Specola ha vissuto nei primi anni del XX secolo. È risultato infatti molto difficile reperire informazioni fotografiche o bibliografiche che risalgono a questo periodo, se non il più volte citato Angiolo Pucci.

Elemento attualmente coperto dietro al muro realizzato fra il 2016 e il 2021, Giardino del Giappone, foto scattata da V. Castellucci il 15/06/2021


Giardino del Giappone, giardino del Museo La Specola, cambiamenti planimetrici fra il 2016 e il 2021

2016

Lo schema sopra rappresenta la planimetria attuale del Giardino del Giappone con un approfondimento sulle trasformazioni che ha subito tra il 2016 e il 2021. A seguito della chiusura di una stanza che ha permesso di unire i due edifici infatti, è stato completamente coperto un elemento in pietra serena raffigurato nella foto alla pagina precedente. Attualmente esiste pertanto un passaggio di pochi centimetri fra l'antico muro che separa il Giardino del Giappone dal Giardino di Savoia

e il muro in mattoni recentemente realizzato. Le frecce in figura mostrano i due principali assi su cui si sviluppava la planimetria del giardino nel corso del XIX. L'andamento dei percorsi è osservabile da planimetrie storiche come quella di Martelli G., Pianta del primo piano del R. Museo di Fisica, 1828-1832. Si nota che il percorso trasversale centrale ha origine proprio dall'elemento in pietra serena che è stato coperto.

2021




Per una visione strategica

pagina precedente illustrazione del sistema della Specola nel paesaggio dell’Oltrarno, estratto dagli elaborati grafici di tesi

Il sistema della Specola nel paesaggio dell’Oltrarno Rielaborando le informazioni ottenute durante la fase di studio e contestualizzazione, è stato sviluppato un metodo con lo scopo di leggere e interpretare il sistema paesaggistico dell’Oltrarno secondo una chiave di lettura che si basa sui temi affrontati fino ad adesso. Le nuove trame connettive degli spazi aperti si basano su 3 principi guida: Accessibilità fisica, Accessibilità culturale, Connessioni e relazioni. Aumentare le occasioni di accesso agli spazi aperti dell’Oltrarno risulta fondamentale per consentire ai visitatori di conoscere a fondo i luoghi che lo caratterizzano. Durante i primi studi sul contesto paesaggistico sono state evidenziate le diverse tipologie di accessibilità ai giardini dell’Oltrarno, alcune di queste prevedono ingressi limitati a particolari orari della giornata, o determinati periodi dell’anno, oppure a pagamento. Il primo principio ha pertanto lo scopo di aumentare, dove possibile, le occasioni di libero accesso agli spazi aperti dell’Oltrarno attraverso occasionali o periodiche aperture al pubblico. Con Accessibilità fisica si intende anche garantire la presenza di adeguati percorsi pedonali sia per accedere al giardino che per muoversi al suo interno. È inoltre necessario rimuovere dove possibile le barriere fisi-

che presenti per rendere l’area accessibile anche a passeggini e disabili. Una volta che abbiamo permesso al visitatore di entrare in un determinato spazio, è necessario renderlo consapevole di cosa sta guardando. Con Accessibilità culturale si intende infatti comunicare, con metodi e strategie diverse, le principali caratteristiche storiche, botaniche, scientifiche e culturali che contraddistinguono il luogo. Attraverso una migliore comprensione e conoscenza infatti, si invita il visitatore ad apprezzare e frequentare maggiormente gli spazi aperti dell’Oltrarno. I metodi per informare l’osservatore variano in relazione alle caratteristiche del luogo, possono essere dei dispositivi informativi come segnaletica a terra e cartellini oppure delle tecniche di narrazione immersiva con proiezione video e audio. Una volta applicati i primi due principi è possibile sfruttare a pieno anche il terzo: Connessioni e relazioni. Il sistema dell’Oltrarno, come evidenziato precedentemente, è costituito da moltissimi spazi aperti che hanno caratteristiche diverse in termini si dimensioni, composizione, periodo di realizzazione, aspetti storici, botanici o altro. Nonostante ciò, questi possono essere messi in relazioni attraverso tematiche e chiavi di lettura diverse. In questo caso sono stati sviluppati 4 itinera-

ri che trattano i temi già affrontati nei capitoli precedenti e che hanno come protagonista il Giardino del Museo La Specola. Per ciascuno di essi sono state riportate informazioni come le tappe, la lunghezza in Km, il tempo di percorrenza in bici e a piedi, l’accessibilità fisica e culturale, e il valore strategico. Con accessibilità culturale alta si intende un itinerario che affronta temi tendenzialmente conosciuti o comunque di immediata comprensione, mentre con accessibilità culturale bassa si intende un percorso incentrato su un argomento meno noto e che necessita di maggiori spiegazioni. Stessa logica anche per l’accessibilità fisica, che sarà alta quando i giardini sono spesso aperti e facilmente accessibili, bassa quando invece hanno molte limitazioni. Oltre a queste informazioni sono presenti anche una rappresentazione del percorso in planimetria, un disegno esemplificativo dei luoghi e delle tematiche affrontate e una serie di indicazioni utili per implementare l’accessibilità fisica e culturale per quel particolare itinerario. Il primo, Medici e Lorena per la Scienza, unisce tutti quei luoghi dell’Oltrarno, e nono solo, che sono stati coinvolti nei diversi studi in ambito scientifico promossi dalle famiglie Medici e Lorena a Firenze. Tra questi Villa Galileo, l’Osservatorio di Arcetri, Giardino di

Boboli, Giardino del Museo La Specola, Orto Botanico e Villa la Quiete. Questo è sicuramente il percorso tematico con l’accessibilità culturale più bassa, il visitatore infatti necessita di conoscere una serie di informazioni storico-scientifiche per comprendere il motivo per cui questi luoghi sono profondamente legati tra loro. Tutte le informazioni sono contenute all’interno del capitolo Boboli e scienza, dai Medici a Lorena. Il secondo itinerario, Il Sentiero Botanico, comprende tutti quei giardini nell’Oltrarno che ospitano da secoli le collezioni botaniche più ricche, ovvero Giardino di Boboli, Giardino Bardini, Giardino delle Rose e Giardino degli Iris. In questo caso il Giardino del Museo La Specola è l’unico in cui il collezionismo botanico si è perso nel corso degli ultimi anni. Con il terzo itinerario, I Giganti dell’Oltrarno, si intende far conoscere ai visitatori quei luoghi dell’Oltrarno che ospitano 1 o più esemplari arborei monumentali (circonferenza del tronco superiore ai 4,00 m). Si tratta di specie piuttosto comuni a Firenze come Quercus ilex, Platanus x acerifolia, Pinus pinea e Celtis australis, ma anche particolari come Calocedrus decurrens e Cupressus cashmeriana. Infine, il quarto itinerario, La 47 Famiglia Torrigiani in Oltrarno,


tocca tutti quei luoghi che hanno coinvolto la famiglia Torrigiani. Oltre all’attuale Giardino Torrigiani e al Giardino del Museo La Specola, di cui è già stata trattata l’evoluzione storica, troviamo anche il Lungarno Torrigiani e il Giardino Martin Lutero, che un tempo portava il nome della famiglia fiorentina.

Un Masterplan per il sistema dei giardini da Boboli alla Specola Analogamente lo stesso ragionamento è stato fatto anche per il sistema Specola-Boboli, ma con un grado di dettaglio maggiore. Come prima cosa Boboli è stato suddiviso in Ambiti storico tematici ovvero in aree accomunate da caratteristiche morfologiche e storiche simili. Per ciascuna di queste sono state riportate informazioni come la vocazione, la categoria di intervento e le azioni proposte, divise in minerale, vegetale e gestione. Il Giardino del Museo La Specola è stato considerato anch’esso come un ambito storico tematico, a differenza degli altri però è stato analizzato con maggiore dettaglio. Esso è stato suddiviso in 6 diverse componenti (Giardino del Giappone, Giardino del Prato, Giardino del Sistema, Antica Orangerie, Antica serra fredda delle conifere, Antiche couches e serre calde) per poter inserire informazioni più mirate per ciascuna di esse. Anche in questo coso sono stati sviluppati 4 diversi itinerari che attraver-

sano Boboli adottando come chiavi di lettura i temi trattati nei capitoli precedenti. Per ciascuno di essi sono state indicate le tappe, la lunghezza in Km, il tempo di percorrenza a piedi, l’accessibilità fisica e culturale, il valore strategico e alcune indicazioni utili per incrementare l’accessibilità fisica a culturale. Il primo di questi percorsi, Boboli per la Scienza, tratta le tematiche contenute nel capitolo Boboli e scienza, dai Medici a Lorena. In questo caso però ritroviamo tutti quei luoghi del Giardino dove venivano studiate le scienze naturali, come il Giardino del Ganimede o l’antica Spezieria. Il secondo itinerario, Fra collezioni di fiori e frutti, ripropone il tema del collezionismo botanico non più in Oltrarno ma all’interno di Boboli. Si tratta pertanto di un itinerario che tocca tutti quei giardini che da secoli ospitano collezioni di piante coltivate sia a terra che in vaso, dal famoso Giardino dell’Isola al nascosto Giardino delle Camelie. Il terzo itinerario, Serre e tepidari, uni-

sce tutte le serre di Boboli, sia quelle attualmente utilizzate sia quelle che hanno cambiato funzione o purtroppo cadute in disuso. Infine, l’ultimo itinerario, I Giganti di Boboli, permette di visitare tutti quei luoghi del Giardino che ospitano esemplari arborei di grandi dimensioni come Cedrus libani, Pinus pinea, Quercus suber e Quercus robur. In questo caso lo scopo era valorizzare gli esemplari isolati, o al massimo coppie di alberi, piuttosto che i viali alberati, come il Viottolone dei Cipressi o il Viale dei Platani, nonostante siano anch’essi elementi vegetali di pregio del giardino.

Illustrazione dei 4 itinerari tematici e disegno dei diversi giardini del Museo La Specola, estratti dagli elaborati grafici di tesi


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Esplorazioni progettuali

pagina precedente loghi del Museo La Specola e dell'Orto Botanico, Sistema Museale di Ateneo, Università degli Studi di Firenze

Tre scenari per una possibile riconfigurazione del Giardino del Giappone Il lavoro si è concentrato in maniera più dettagliata sull'individuazione di possibili scenari alternativi per una parte del giardino del Museo La Specola, il Giardino del Giappone. Come anticipato, il giardino è stato annesso durante la seconda metà del XIX secolo su volere di Filippo Parlatore con lo scopo di conservarvi specie provenienti da paesi orientali. Nel corso del XX secolo il giardino è stato modificato dalla sezione Entomologica del Museo che lo aveva in gestione, per poi conoscere un periodo di abbandono nei primi anni del XXI secolo. Ha infine subito delle modifiche recenti, tra il 2016 e il 2021, che hanno purtroppo coperto degli elementi più antichi. Per questo luogo complesso e delicato dal punto di vista delle stratificazioni storiche si propone una serie di interventi di conservazione attiva e inventiva fornendo però 3 diversi scenari. Questi hanno caratteristiche diverse in termini di tempistiche, spese, invasività dell’intervento e risultato finale. In questo modo il committente ha la possibilità di scegliere in base alle proprie esigenze e disponibilità. Di seguito vengono riportati gli interventi comuni a tutte le alternative proposte per il Giardino del Giappone:

Interventi preliminari 1. Rimozione delle specie infestanti come Hedera helix, Parietaria officinalis, Parthenocissus quinquefolia. 2. Pulizia dei percorsi attraverso rimozione delle piante dal ghiaino. 3. Riscoperta dei cordoli attraverso rimozione di foglie secche e terra. Questo permette di verificare con sicurezza la forma delle aiuole, specialmente quelle circondate dai cordoli con blocchi di pietra grezza. 4. Rimonda del secco per le alberature e palme presenti come Trachycarpus fortunei, Quercus ilex e Chamaerops humilis.

za eseguire modifiche invasive ma sfruttando la componente vegetale. 7. Analisi VTA delle alberature presenti, in particolare dei 3 esemplari di Pinus pinea. Nel caso in cui si rilevino problematiche fitosanitarie o di stabilità gravi procedere con l’abbattimento e la sostituzione. 8. Introduzione di cartellini botanici informativi delle nuove specie introdotte. 9. Introduzione di cartellini informativi che raccontano la storia del Giardino del Giappone e di alcuni elementi che lo compongono come l’antica Aranciera, il corridoio del Poccianti, ecc.

Azioni progettuali 5. Introduzione di una collezione di Camelie, specie citate all’interno di alcuni cataloghi botanici storici del giardino, fra cui quello di Filippo Parlatore Les collections botanique de Musèe Royal de Physique et d’Histoire naturelle de Florence au printemps de MDCCCLXXIV, Firenze, 1874. Le piante verranno posizione nella porzione più ombreggiata del giardino, nella prima aiuola a sinistra una volta varcato il cancello di entrata. 6. Attraverso uno sfalcio selettivo delle piante che verranno introdotte nelle 6 aiuole rettangolari è possibile far emergere l’antico asse prospettico e uno dei percorsi principali sen-

Gestione 10. Apertura del passaggio con il Giardino di Boboli. Possibilità di acquistare un biglietto unico che permette di visitare sia il Museo La Specola che il Giardino di Boboli. 11. Organizzazione di visite guidate che, passando per i due giardini, affrontano il tema dell’antico Orto Botanico oppure degli studi promossi dalle famiglie Medici e Lorena in ambito scientifico. Mentre questi erano gli elementi comuni ai 3 possibili scenari ci sono anche interventi che invece vengono trattati in modo diverso, ovvero: la gestione e il trattamento delle siepi, dell’elemento dietro al muro, delle specie piantate

nelle 6 aiuole rettangolari e la gestione a lungo termine degli esemplari di Pinus pinea. Tutte le specifiche sono descritte approfonditamente negli elaborati grafici, in linea generale è possibile affermare che l’opzione 1 è quella con le tempistiche più brevi e i costi più bassi, l’opzione 3 prevede costi elevati e tempi più lunghi, mentre l’opzione 2 rappresenta una via di mezzo tra le due. Altra differenza notevole riguarda l’invasività dell’intervento, la prima alternativa è quella che prevede i cambiamenti minori, mentre nella terza troviamo le trasformazioni più drastiche che però hanno come vantaggio una migliore comprensione del Giardino da parte del visitatore. Consideriamo come esempio l’elemento dietro il muro, nel primo scenario questo viene evocato solamente attraverso un dispositivo informativo posto di fronte all’edificio senza quindi modificare l’assetto attuale del Giardino. Si tratta quindi di un intervento non invasivo e poco costoso, con lo svantaggio però di avere una visibilità molto limitata che non trasmette in modo efficace al visitatore l’aspetto che aveva il Giardino prima delle trasformazioni che ha subito nel corso degli ultimi anni. Dall’altra parte invece l’opzione 3 prevede l’ab51 battimento del muro, costrui-


Cinnamomum camphora

Magnolia obovata

to fra il 2016 e il 2021, che copre l’elemento storico, permettendo quindi la visibilità massima. Inoltre, insieme allo sfalcio selettivo delle aiuole rettangolari, è possibile far emergere l’antico percorso del giardino che ha inizio proprio dall’elemento attualmente coperto. Questa alternativa porta con sé necessariamente costi maggiori e tempistiche più lunghe. Tra questi due estremi si trova invece il secondo scenario con un’ulteriore alternativa che cerca di mediare i pro e contro delle due precedenti. Evitando l’abbattimento del muro, l’elemento nascosto viene richiamato attraverso una sua immagine a dimensioni reali proiettata sul muro. Inoltre, il sistema di proiezione potrebbe essere sfruttato per richiamare la funzione prettamente botanica che svolgeva anticamente il giardino attraverso la narrazione immersiva. Anche in questo caso è necessario considerare alcuni svantaggi, come il costo del sistema di proiezione e il fatto che l’immagine possa essere poco chiara e nitida, specialmente nelle giornate soleggiate.

Altro punto importante riguarda la gestione degli alberi di Pinus pinea, in questo caso le differenze fra i 3 scenari riguardano soprattutto il risultato finale, che può rimanere fedele all’aspetto che il Giardino ha oggi piuttosto che avvicinarsi di più all’antico Giardino Botanico. Le opzioni 1 e 2 hanno le stesse tempistiche, in entrambi i casi infatti è prevista un’analisi VTA dei 3 alberi e solo in caso di problemi fitosanitari o di stabilità si procederà all’abbattimento e alla sostituzione. Le specie con cui possono essere sostituiti gli attuali Pinus pinea differiscono in base all’alternativa scelta, l’opzione 1 prevede di mettere a dimora la stessa specie senza cambiare l’aspetto attuale del giardino, nell’opzione 2 invece la sostituzione avviene con 3 fra le specie citate dal botanico Filippo Parlatore nel catalogo storico Les collections botanique de Musèe Royal de Physique et d’Histoire naturelle de Florence au printemps de MDCCCLXXIV (Parlatore, 1874). Attraverso la lettura di suddetto catalogo si evince che all’epoca il Giardino

Cryptomeria japonica

Viburnum odoratissimum

del Giappone era caratterizzato da un numero maggiore di alberi, tra cui molti sempreverdi, e che pertanto risultava probabilmente ancora più ombreggiato rispetto a come lo vediamo oggi. Alcune delle specie che erano presenti e che potrebbero essere inserite nuovamente sono: Cinnamomum camphora, Magnolia denudata, Magnolia obovata, Eriobotrya japonica, Ginkgo biloba, Cryptomeria japonica, Thujopsis dolabrata, Platycladus orientalis, Trachycarpus fortunei. In fine l’opzione 3, la più drastica, in cui l’abbattimento dei pini avviene subito a prescindere dal loro stato fitosanitario per sostituirli con 3 fra le specie appena citate. In merito alla gestione delle siepi presenti nel Giardino del Giappone come indicazione generale valida per tutti gli scenari progettuali c’è il ridimensionamento della forma in base all’andamento dei cordoli e l’eventuale messa a dimora di nuove piante (Laurus nobilis, Ligustrum spp.) dove necessario. Ciò che cambia nelle 3 alternati-

Magnolia denudata

Eriobotrya japonica

ve è l’altezza delle siepi e le tempistiche. Nel primo caso viene mantenuta l’altezza attuale, 1,80 m circa, pulendo comunque le forme delle siepi, l’intervento è minimo e il risultato quasi immediato. Un‘altezza tale però, comporta una visibilità molto scarsa da parte del visitatore, specialmente nella porzione di Giardino vicino al cancello di entrata. Nell’opzione 2 invece si propone un graduale abbassamento delle siepi fino a raggiungere un’altezza di 1,00 m in 4 anni. Così facendo aumenta notevolmente la visibilità all’interno del Giardino e l’intervento rimane comunque poco invasivo. Infine, l’ultima opzione è quella più drastica, le siepi non solo vengono abbassate gradualmente fino a 1,00 m di altezza, ma vengono anche svuotate al loro interno lasciando quindi solo la porzione perimetrale, larga circa 0,50 - 0,60 cm. Se da una parte aumentano i costi e l’invasività dell’intervento, dall’altra questa opzione è l’unica che permette di sfruttare anche le porzioni interne delle aiuole, rendendo possi-


Ginkgo biloba

Ligustrum japonicum

Thujopsis dolabrata

Camellia sinensis

Platycladus orientalis

Paeonia suffruticosa

bile un’eventuale messa a dimora di altre specie arboree o arbustive. Altri interventi che fanno parte di tutti gli scenari progettuali ma cono caratteristiche diverse sono il restauro di alcuni elementi minerali come panchine, vasca e scale.

Trachycarpus fortunei

Chaenomeles japonica

Un approfondimento progettuale Tra le 3 alternative appena descritte viene approfondito il secondo scenario progettuale, quello che prevede le soluzioni meno estreme. Sono state riportate tutte le specie che verranno messe a dimora, quindi sia le varietà di camelie sia le erbacee per la porzione più soleggiata del giardino. Di seguito l’elenco delle specie erbacee e arbustive introdotte: Camellia japonica ‘Anemoneflora rubra’ Camellia japonica ‘Antrorubens’ Camellia japonica ‘Expansa’ Camellia japonica ‘Incarnata’ Camellia japonica ‘Myrtifolia’ Camellia japonica ‘Variegata’ Camellia oleifera Camellia reticulata ‘Damanao’

In alto Specie arboree e arbustive presenti nel Giardino del Giappone, citate nel catalogo di Filippo Parlatore, Les collections botanique de Musèe Royal de Physique et d’Histoire naturelle de Florence au printemps de MDCCCLXXIV, Firenze, 1874.

Agastache urticifolia Echinacea purpurea ‘Alba’ Echinacea purpurea ‘Magnus Hyssopus officinalis Festuca rubra Nepeta racemosa Thymus citriodorus

Per ciascuna specie sono state inserite alcune informazioni come il numero di esemplari che verranno piantati, l’altezza massima che può raggiungere, il comportamento delle foglie (decidue o sempreverdi), colore e periodo della fioritura e una foto. Inoltre, per comprendere meglio le variazioni stagionali, è stata riportato uno schema che mostra per ciascuna pianta il colore che assumono foglie e fiori nei vari mesi dell’anno. Le varietà di camelie sono state attentamente selezionate con lo scopo di inserirsi al meglio nel complesso e delicato contesto del giardino storico La Specola. Come prima cosa sono stati consultati i cataloghi storici dell’antico Giardino Botanico, tra questi quelli che riportano informazioni sulle camelie sono tre: 1. “Les innombrables variétés de Camellias qui sont un des principaux ornements des jardins de notre ville, ont toutes été obtenues par la culture, d’une seule espèce, le Camellia japonica Linn. que les Japonais nom-

ment Tzubachi. Outre les fruits et les graines des plantes sauvages, nous conservons l’huile que les Japonais retirent de ces graines et qu’ils emploient comme les Chinois emploient l’huile du Camellia oleifera Linn. pour tous les usages auxquels sert chez nous l’huile d’olive. Nous avons également les fruits et les gi^aines d’autres espèces de Camellia, du C. Sesangua Thunb. du C. reticulata Lindl. etc. Nous avons une riche collection de différentes qualités de Thé, Thea viridis Linn., Thea Bohea Linn., de la Chine et du Japon. Cet arbrisseau est très voisin des CameUia et mérite à peine d’appartenir à un genre distinct; Le bois du Visnea Mocanera Linn. des Canaries ; L’huile d’une Ternstroemiacée de Bornéo; Les fruits du Souari {Caryocar nuciferum Linn., C. tomentosum Willd.) de l’Amérique méridionale, considérés comme une des meilleurs noix comestibles , et dont on retire une huile fort estimée. Quel53 ques botanistes considèrent


le Caryocar comme appartenant à la petite famille des Rhizobolées.” 2. Parlatore F., Les collections botanique de Musèe Royal de Physique et d’Histoire naturelle de Florence au printemps de MDCCCLXXIV, Unifi BdSdB ST.V. C.7.G. (38 B 25), 1874. (Parlatore, 1874 pag 97) 3. Piccioli A., Catalogus plantarum Horti botanici Musei Imperialis et Regalis Florentini, Unito BdSdVB, 1841 Camellia japonica, fl pl. Albo s Camellia japonica, simplici Camellia japonica, atrorubens Camellia japonica, fl. pl. incarnato Camellia japonica, fl. pl. variegato Camellia japonica, expansa Camellia japonica, angustifolia Camellia japonica, sasanqua fl. albo Camellia japonica, fl. rosco Camellia japonica, warata fl .pl. (Piccioli, 1841 pag. 11). Dal momento che alcuni nomi di varietà di camelie hanno subito delle modifiche nel corso degli anni, è stato ne-

cessario consultare altri manuali per risalire al nome attuale delle varietà citate nei cataloghi storici. A tale scopo sono stati utilizzati i seguenti testi: • Scariot V, Lombardo D. M., Merlo F., Branca A., Zacchera P., Ricerca identificazione e salvaguardia di antiche cultivar di camelia, in Camelie dell’Ottocento vol. II Uno studio fra Verbano e Canton Ticino, Torino, Ages Arti Grafiche, 2007 (Scariot et., 2007). • Caraffini B., Camelie, Bologna, Calderini Edagricole, 2000 (Caraffini, 2000). • Berlese L., Monographie du genre Camellia: traité complet sur sa culture, avec la description et la classification de chaque variété, Parigi, 1845 (Berlese, 1845). • Berlese L., Beschreibung und Cultur der Camellia: nebst zwei Tabellen, Lipsia, 1838 (Berlese, 1838). Per esempio, la varietà ‘Warrata flore pleno’ citata da Antonio Piccioli nel suo catalogo del 1841 nel corso degli anni ha cambiato denominazione e attualmente è conosciuta come Camellia japonica ‘Anemoneflora rubra’. La collezione di camelie verrà collocata nella parte più ombreggiata del giardino, vicino al cancello di ingresso. Le piante verranno messe a dimora direttamente nel terreno, per questo motivo sarà necessaria attuare un’acidificazione del substrato presente, così da renderlo più adatto alla crescita di piante acidofile come le camelie. Le specie erbacee invece verranno piantate nelle 6 aiuole rettangolari, collocate nella parte più soleggiata del giardino. Qui verranno eseguiti periodicamente degli sfalci in modo da evidenziare gli antichi percorsi e assi del giardino, attraverso le diverse altezze della vegetazione. A destra sono state riportate la matrice di piantagione e la sezione. Le siepi invece, come già descritto nell’elaborato precedente, verranno gradualmente ridotte in altezza fino


al raggiungimento di 1,00 m in circa 4 anni. L’altezza verrà quindi mantenuta tra 1,00 e 1,50 m. La forma delle siepi dovrà rispettare l’andamento dei cordoli, e, dove necessario, verranno messe a dimora nuove piante per colmare i vuoti. E' stato inoltre approfondito il tema del sistema di proiezione come modalità poco invasa per rendere comunque visibile l’elemento nascosto dietro il muro dell’edificio a est. Adottando questo tipo di soluzione, la porta di ingresso dovrà rimanere sempre aperta, per permette ai visitatori di vedere l’immagine proietta nella parete opposta. Il proiettore verrà collocato di fianco all’ingresso in modo da non essere immediatamente visibile dall’esterno. L’immagine rappresenta una ricostruzione dell’elemento coperto visto da davanti e dovrà essere collocata nel punto della parete in cui dietro si trova effettivamente l’elemento reale. Le due porte che si trovano all’interno dell’edificio dovranno rimanere sempre chiuse perché conducono a locali tecnici non visitabili. In questo modo l’immagine proiettata, trovandosi in un ambiente quasi completamente chiuso, dovrebbe essere sempre visibile, ad esclusione forse delle giornate particolarmente soleggiate in cui la visibilità potrebbe essere parzialmente compromessa. A sinistra è stata riportata una sezione che permette di avere una visione d’insieme del giardino distinguendo bene gli elementi progettuali da quelli attuali.

Dettagli del sistema di narrazione immersiva e delle nuove piantagioni proposte per il Giardino del Giappone, estratti dagli elaborati grafici di tesi

Echinacea purpurea ‘Alba’ h max = 70-80 cm Agastache urticifolia h max = 60 cm Festuca rubra h max = 45 cm

Thymus citriodorus h max = 30 cm

Hyssopus officinalis h max = 30 cm

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Pinus pinea

Giardino di Savoia

3,00 m

sezione dello stato di fatto del Giardino del Giappone, estratto dagli elaborati grafici di tesi

0,00 m

Giardino Marini

Specie erbacee eliofile legate al mondo entomologico

sezione dello scenario progettuale 2 del Giardino del Giappone, estratto dagli elaborati grafici di tesi

Immagine proiettata dell’ elemento dietro al muro


Quercus ilex

Phylllostachys aurea

7,00 m

Graduale abbassamento delle siepi fino ad 1,00 m di altezza

Collezione di camelie

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INGRESSO SINGOLO

G IARDINO DI B OBOLI G IARDINO E M USEO L A S PECOLA Ingresso valido per la visita del Giardino di Boboli, del Giardino del Museo La Specola e del Museo di storia naturale La Specola Se richiesto mostrare il biglietto prima del passaggio tra i due giardini

GOLO

BOBOLI G IA R D IN O D I PECOLA USEO LA S M E O IN D R IA G ESSO SIN G O LO

G IARDINO DI B OBOLI G IARDINO E M USEO L A S PECOLA Ingresso valido per la visita del Giardino di Boboli, del Giardino del Museo La Specola e del Museo di storia naturale La Specola

INGRESSO SINGOLO

INGR

ardino di

del Gi Diritti di em per la visita is va lid on e oriservati La Specola e Inolgra.esso si eo Spec us al M l la de Ga o I gliel tti lleria deglola ardin Gino boli,bide n ssonturale La Speci Uffizi - Giar I biglBo o ietti persi di storpo na es dino di Bo sere scam non verra ia boli e al M biati, rimbo l Museo nno sostitu I biglde useo La ietti garant iti. l rsati o restitutiti do de a im iscono l’ing pr lietto po l’acqui big giardino. il re ss re o tra sto. al Giardino mos o st hie ric di Boboli, al ini ConserSe Museo La vare ilag tra i due giard Specola e glietto ss bigio fino alla co al Terminpa re la tivo i e condiz lnclusione ioni sono dell’intera pensati te visita. nendo co nto della tu a sicurezz a.

INGRESSO S INGOLO

La e al Museo o di Boboli cquisto. fizi - Giardin l’a Uf po gli do i de stitutit Galleria ervati alla prima del biati, rimborsati o re Se richiesto mostrare il biglietto issione ris sere scam Diritti di em ivo possono es n no tti passaggioola tra i due giardini lie ola e al relat iti. eo La Spec Spec . I big nno sostitu boli, al Mus rsi non verra ardino di Bo Gi al so I biglietti pe es l’ingr rantiscono I biglietti ga . ntera visita lusione dell’i za. giardino. o alla colnc tua sicurez fin lla de tto o lie nt il big ndo co Conservare pensati tene no so i on ndizi Termini e co

INGRESSO SIN

INGRESSO SINGOLO

Diritti di emissione riservati alla Galleria degli Uffizi - Giardino di Boboli e al Museo La Specola. I biglietti non possono essere scambiati, rimborsati o restitutiti dopo l’acquisto. I biglietti persi non verranno sostituiti. I biglietti garantiscono l’ingresso al Giardino di Boboli, al Museo La Specola e al relativo giardino. Conservare il biglietto fino alla colnclusione dell’intera visita. Termini e condizioni sono pensati tenendo conto della tua sicurezza.


Proposte per la traduzione e comunicazione degli aspetti storici e botanici Vengono infine approfonditi i temi della traduzione, narrazione e comunicazione. Nel Giardino del Giappone si propone l’inserimento di 3 diverse tipologie di dispositivi informativi che differiscono per dimensioni, contenuto e collocazione. Questi hanno lo scopo di informare il visitatore e metterlo a conoscenza dei principali elementi che caratterizzano il giardino. Il primo cartello (altezza 1,20 m; larghezza 0,30 m) verrà collocato all’ingresso del giardino e conterrà una serie di informazioni che hanno lo scopo di presentare il Giardino del Giappone raccontandone brevemente la storia. Altri 2 cartelli invece (altezza 1,20 m; larghezza 0,30 m) si troveranno all’in-

terno del giardino e serviranno a descrivere le principali architetture storiche presenti: il corridoio del Poccianti e l’antica aranciera a due piani. In fine ci saranno diversi cartellini botanici (altezza ,40 m; larghezza 0,15 m) che descrivono le principali specie e varietà presenti con particolare riferimento alla loro antica presenza del Giardino Botanico. Come materiale per tutti i dispositivi informativi si propone il metallo, trattato con una verniciatura a polvere. In tavola sono riportati 3 possibili colorazioni che vanno dal grigio marmo al rosso ruggine. Le scritte invece saranno incise e colorate in bianco. Uno schema sulle specifiche dei dispositivi informativi è riportato in basso. Un punto fondamentale che riguarda la gestione del Giardino del Museo La

Specola, è quello di ristabilire il collegamento fra Boboli e il Museo. A tal scopo viene proposta l’introduzione di un biglietto acquistabile sia all’ingresso del Museo sia all’entrata di Boboli, che permette di visitare entrambi i luoghi. In questo modo il Giardino del Museo La Specola, non sarà più un luogo secondario visibile quasi esclusivamente dalle finestre del Museo, ma un Giardino storico visitabile e un punto di collegamento fondamentale. Di fianco sono stati riportati alcuni esempi di come potrebbero essere i biglietti che i visitatori potrebbero acquistare per una visita completa a: • Museo di storia naturale La Specola • Giardino del Museo La Specola • Giardino di Boboli

pagina precedente biglietti proposti per l'ingresso a Boboli, al Museo di Storia Naturale La Specola e al Giardino del Museo. dispositivi illustrativi proposti per il Giardino del Giappone, estratto dagli elaborati grafici di tesi

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Bibliografia

pagina precedente A. Mattolini, Pachira alba Parl., disegno reperito in Filippo Parlatore, Les collections botanique de Musèe Royal de Physique et d’Histoire naturelle de Florence au printemps de MDCCCLXXIV, Firenze, 1874.

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Indice

Presentazione Tessa Matteini

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Introduzione

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Lavorare sul Giardino storico Storia del collezionismo botanico a Firenze, il Museo La Specola Il giardino

Trasformazioni edilizie, da Palazzo Bini a Museo Le sorgenti d'acqua Boboli e scienza, dai Medici ai Lorena I giardini di Boboli dedicati alle scienze naturali

Inquadramento e contestualizzazione Inquadramento urbano e paesaggistico del sistema dell’Oltrarno Inquadramento storico del Giardino del Museo La Specola

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Il Giardino e il suo stato di conservazione La componente minerale: conservazione e processi di degrado La componente vegetale e le collezioni botaniche Il Giardino del Giappone: hardscape e softscape

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Per una visione strategica

47 47 48

Il sistema della Specola nel paesaggio dell’Oltrarno Un Masterplan per il sistema dei giardini da Boboli allaSpecola

Esplorazioni progettuali Tre scenari per una possibile riconfigurazione del Giardino del Giappone Un approfondimento progettuale Proposte par la traduzione e comunicazione degli aspetti storici e botanici

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Bibliografia

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didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze ottobre 2023



Il Museo di storia naturale La Specola rappresenta un patrimonio storico-culturale conosciuto a livello nazionale. Non si può dire lo stesso invece per l’omonimo Giardino, situato fra il Museo e il Giardino di Boboli. Esso ha rivestito nel corso dei secoli diversi ruoli, tra cui quello di Orto Botanico della città di Firenze, rimanendo sempre profondamente legato al mondo del collezionismo e delle scienze naturali. Attualmente il Giardino del Museo La Specola è un giardino storico che merita una riflessione strategica e progettuale mirata. Il percorso di tesi ha svolto una serie di analisi attraverso le scale sul giardino e sul contesto paesaggistico, per poi prefigurare una serie di scenari progettuali alternativi e delle proposte per la sua gestione e conservazione attiva e inventiva.

Virginia Castellucci, Firenze 1998. Si forma alla Scuola di Agraria dell’Università di Firenze seguendo il Corso triennale di Scienze vivaistiche, ambiente e gestione del verde. Prosegue il percorso di studi alla Scuola di Architettura con la Laurea Magistrale in Architettura del Paesaggio, che conclude a dicembre 2021.

ISBN 978-88-3338-201-2


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