Racconti di viaggio. Visioni dalla Terrasanta | S. Bertocci

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betlemme. storia di un viaggio Pietro Becherini

Veduta di Betlemme dal campanile ortodosso della Natività Immagine di Pietro Becherini

Si dice che sia proprio quando non pensi a un determinato avvenimento che questo si verifica. Sin da piccoli siamo cresciuti con il mito della Terra Promessa e a prescindere dalla fede, era per me considerata un’idea, una meta tanto inarrivabile quanto lontana. Memore di un viaggio fatto circa sei anni prima nel Nord Africa, e in particolare di una traversata del deserto del Sahara, la mia mente vagava all’idea di camminare nuovamente fra quelle terre esotiche, con quei profumi e odori inconfondibili. L’emozione per la meta da raggiungere è durata per tutta l’attesa della partenza, in un crescendo di domande e di curiosità. Finalmente arriva il D-day. Dal momento dell’atterraggio del nostro volo in terra di Israele tutti i sensi sono sovra stimolati: c’è da rispondere alle numerose domande, rigorosamente in inglese, della guardia di frontiera ai vari check-points che si susseguono all’interno dell’aeroporto. Quelle strane figure barbute, di nero vestite, inizialmente intraviste in aereo, per le quali mi ero posto domande sul perché avessero un menù kosher, ora si trovano ad ogni angolo: sono ebrei ortodossi, coloro cioè che seguono più strettamente e si attengono con maggior fedeltà alle leggi della Torah scritta e di quella orale. Usciti dall’aeroporto, ci mettiamo un po’ per capire dov’è l’autista del pulmino che ci porterà a Betlemme, meta del nostro viaggio. Finalmente ci troviamo; è palestinese. Tra una serie di gesti e parole ci aiuta a caricare valigie e strumenti, quindi partiamo. Lungo l’ultima parte del viaggio c’è chi ancora cerca di riposare, chi, come me, guarda fuori dal finestrino. Non ha prevalso la luce sull’oscurità della notte; si riescono comunque a identificare gli agglomerati urbani che si susseguono lungo l’autostrada che dall’aeroporto Ben Gurion di Tel-Aviv ci accompagna verso sud-est. Ancora tre ore circa e saremo arrivati. Tra Gerusalemme e Betlemme si distingue all’orizzonte l’‘arcipelago della Palestina’, una specie di mar Egeo con decine di isole, l’una accanto all’altra, con la possibilità di passare tra loro solo con il permesso israeliano. Isole colonizzate cinte da alte mura con filo spinato a far desistere anche i più coraggiosi. Ecco che per la prima volta davanti ai nostri occhi si staglia il muro dell’Apartheid, un serpente velenoso lungo 723 km, un muro di cemento alto fino a 9 m, con torri di controllo


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