Spazi esclusivi. Sul limite tra carcere e città | Rossi, Virdis, Zetti (a cura di)

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Prefazione

Antonella Tuoni Direttrice della Casa Circondariale Mario Gozzini di Firenze

Esclusivo, da ex cludere, chiudere fuori, nel doppio significato di riservato ad un ristretto ed elitario gruppo di persone o ciò che respinge, allontana da sé. La scelta dell’aggettivo, che gioca sull’ambiguità lessicale del punto di vista di chi si pone dentro o fuori un determinato contesto, nel nostro caso, spaziale e sociale, è un potente mezzo espressivo per un capovolgimento culturale di approccio al carcere, il luogo, per eccellenza, dell’esclusione sociale e dell’isolamento spaziale. Le persone che hanno violato il contratto sociale devono essere respinte, membra amputate dal corpo sociale sano che continuerà a vivere, preferibilmente lontano dal proprio arto malato, sigillato in un contenitore di scarto e, difficilmente, terminato il tempo dell’isolamento, quel brandello di carne potrà ricongiungersi al corpo che lo ha espulso. Ma, continuando a sfruttare la metafora anatomica, proprio quando il nostro corpo è malato maggiore è l’attenzione che dedichiamo alla sua cura e tutte le nostre energie, sia fisiche che mentali, sono canalizzate verso il recupero di un pieno stato di salute. Occorre allora invertire il meccanismo dell’esclusione, intesa come respingimento e ribaltare il punto di vista dal quale fotografiamo il carcere, da spa-

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