Firenze e le avanguardie radicali | Mello

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firenze e le avanguardie radicali. progetti, azioni, super-visioni, oggetti extra

fine del progetto illuminista, della fede nel progresso e nella razionalità, ma rappresentavano anche la speranza di un futuro diverso (Superstudio, 2015, p. 95).

Il 1966 è anche l’anno di uscita del testo Complexity and Contradiction in Architecture all’interno del quale Robert Venturi elabora il suo ‘manifesto gentile’ che molto gentilmente serviva su un vassoio d’argento il fallimento dei principi del Movimento Moderno fino alla fatidica affermazione anti-Mies «more is no less» (Venturi 1991, p. 16)4, poiché “Venturi non crede in una corrispondenza diretta tra il programma e le soluzioni compositive, e nega la possibilità di risolvere i conflitti tra richieste divergenti con soluzioni univoche” (Belluzzi, 1980, p. 34). Ed è sempre del 1966 L'architettura della città, il libro con cui Aldo Rossi espone il proprio punto di vista sull’utilizzo della razionalità nel rapporto tra architettura e città contro tutto ciò che ne aveva edulcorato il carattere, tanto da rendere indifferente il contesto (Rossi, 1995). È quindi la cosiddetta ‘Scuola fiorentina’ a fare testo in quegli anni per la formazione degli architetti radicali in relazione ad un anti-funzionalismo che ha visto impegnati innanzitutto Michelucci e i suoi allievi, in particolare Giuseppe Giorgio Gori (1906-1969), Leonardo Savioli (1917-1982), Leonardo Ricci (1918-1994). Come dichiara Natalini in una delle interviste realizzate, “l’unico vero avanguardista a Firenze è Michelucci”, come dimostrano del resto le idee sviluppate dal maestro in relazione allo spazio urbano, a un’idea di ‘città variabile’, una sorta di organismo vivente capace di rinnovarsi nel tempo e nello spazio, una città che non vuole essere il frutto di una ricerca formale astratta o di un gusto particolare, ma che rappresenta la sintesi dei tanti interessi dei cittadini (Michelucci, 1953, p. 361). Ed è proprio nel 1966 che all’interno della Facoltà di Architettura prendono avvio una serie di ricerche sullo ‘spazio di coinvolgimento’, ossia sulla possibilità di creare spazi dove l’utente sia protagonista, interagisca (il modello di riferimento è il Piper da collocarsi nel parco delle Cascine di Firenze). Il corso è quello di Architettura degli interni e arredamento tenuto da Savioli (1917-1982), con assistenti, tra gli altri, Deganello (Archizoom), Natalini (Superstudio) e la partecipazione di Pietro Derossi (Gruppo Strum5): tutti futuri esponenti dell’architettura radicale6.

4 Con il motto less is more, Mies van der Rohe aveva siglato uno dei principi chiave del Movimento Moderno, ossia la possibilità di esprimere il massimo di bellezza, funzionalità e confort con il minimo impiego di mezzi espressivi. Per ulteriori approfondimenti sul lavoro di Venturi cfr. Belluzzi, 1992. 5 Il gruppo Strum (abbreviazione di: “per un’architettura strumentale”) viene fondato nel 1971 a Torino da Giorgio Ceretti, Pietro Derossi, Carlo Gianmarco, Riccardo Rosso e Maurizio Vogliazzo. 6 I risultati del corso, oggetto di una mostra a Firenze nel mese di febbraio 1968, insieme a una serie di tesi di laurea svolte successivamente dal ’68 al ’70, sono raccolti nel testo Savioli 1972.

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