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Dai non luoghi agli iper-luoghi

(Perec, 1974)

Nel 1992 Marc Augé pubblica Nonluoghi e propone una nuova visione antropologica ed esistenziale nella quale le infrastrutture e i mezzi di trasporto vengono riconsiderati secondo uno studio che osserva gli spazi come luoghi dominati da flussi sempre più eterogenei. Nel decennio che segna il passaggio tra il ventesimo e il ventunesimo secolo, lo studioso francese indaga il significato che ha segnato la sociologia incentrata sugli spazi di circolazione nella società globalizzata. In occasione di una più attuale edizione del testo, l’antropologo scrive nel 2006 una prefazione inedita in cui aggiorna il suo apparato critico tenendo conto di diversi fattori: l’ampliamento dell’urbanizzazione; l’estensione senza precedenti dei “nonluoghi empirici” – spazi di circolazione, di consumo, di comunicazione”; 1 il fondamentale ruolo dell’architettura quale baluar- do per preservare una visione utopica che concepisca l’intervento progettuale nel contesto urbano come qualcosa che “sembra restituirci il senso del tempo e parlarci di quello che verrà”2 Se la riflessione di Marc Augé segna uno spartiacque per quanto riguarda lo studio socio-antropologico degli spazi di transito e di circolazione, a partire dal nuovo secolo, la riorganizzazione delle stazioni storiche e le nuove concezioni, secondo le quali gli scali ferroviari possono assolvere inedite funzioni e diventare occasioni di rigenerazione urbana, sono sempre più diffuse. Nella realtà contemporanea, infatti, le stazioni, quali nodi di scambio pubblici, si collocano all’interno di un progetto che “appare sempre più fortemente legato ai contesti, che sembrano in grado di trasformare, rigenerare e riqualificare la città circostante. Non atopie, dunque, ma nuove centralità urbane chiamate a riorganizzare il senso di interi pezzi di città, dotandoli di servizi e di identità che solo la costante e formidabile presenza numerica dei flussi le-

2 ivi, p.19 gati al trasporto possono assicurare.”3 Mentre Marc Augé aveva introdotto il termine di nonluogo, Michel Lussault, studioso di geografie urbane nel 2017 conia per gli spazi di transito la nuova nozione di iper-luogo:4 luoghi che favoriscono il contatto e l’incontro di individui. In tal modo le stazioni, nel promuovere complessi processi di connessione, diventano unità spaziali in cui convivono e si incontrano molteplici identità e valori, rappresentando uno dei perni fondamentali per creare inediti modelli di socialità urbana, uno specchio delle fertili opportunità relazionali insite nel processo di mondializzazione.

La ferrovia, come sottolinea Stefano Maggi nel suo Le ferrovie, “ha contrassegnato in profondità il volto dell’Italia e di conseguenza l’identità del suo popolo”¹1, diventando oltre che un simbolo tangibile di progresso in formazione tecnologico e sociale, anche fattore con il quale realizzare una “conoscenza del territorio”. Lo sviluppo della rete ferroviaria ha conosciuto in Italia fasi alterne, come nel secondo dopoguerra, durante il quale il treno “fu relegato a servizi residuali in maniera spesso eccessiva, diventando una sorta di “trasporto dei poveri”, mentre all’inizio del ventunesimo secolo la ferrovia viene “recuperata come mezzo di trasporto da salvaguardare e da sviluppare nel terzo millennio”.2 Da quel momento si assiste ad una nuova “rivoluzione ferroviaria’ che porta fino all’alta velocità per una rete infrastrutturale diventata ormai una risorsa irrinunciabile per il futuro della mobilità. La stessa stazione ferroviaria dall’Ottocento ai nostri giorni ha modificato la sua immagine architettonica in relazione alle evoluzioni della sua funzione e del suo rapporto con il contesto urbano. Elisabetta Collenza, nel volume L’architettura della stazione ferroviaria, lavoro di ri- cognizione sui principali scali ferroviari nazionali e internazionali, conclude affermando: “la stazione ferroviaria ha subito in sostanza tre significative trasformazioni: da ‘oggetto’ celebrativo della prima civiltà industriale e delle comunicazioni, a ‘oggetto’ rappresentativo della moderna metropoli e nodo di scambio intermodale, infine a ‘luogo’ strategico per la riqualificazione e rivitalizzazione di settori urbani.”3 Ella continua sostenendo che: “il progetto della stazione contemporanea è indissolubilmente legato a quello del contesto di appartenenza e diventa motivo per un ridisegno delle parti urbane solcate dai fasci ferroviari.” 4 Tale trasformazione è conseguente alla nuova visione progettuale in ambito architettonico nella quale le stazioni diventano anche poli attrattivi per diversificati servizi sociali ed economici e innovative occasioni per incentivare ricomposizioni di spazi di connessione. “La stazione diventa sia punto di scambio intermodale per i viaggiatori, sia centro di servizi attraente per l’utenza urbana.”5 Da spazio principalmente destinato ai viaggiatori, lo scalo ferroviario inizia a sviluppare aggiornate funzionalità e si pone come obiettivo la ridu- zione dell’effetto-barriera attraverso la ricucitura degli insediamenti urbani posti ai lati dell’area ferroviaria. Esso non rappresenta più un margine urbano ma acquisisce una nuova centralità: un modello che si colloca in un più generale processo di rigenerazione urbana e ricomposizione di frammenti separati. Vengono riqualificati i margini e i parchi ferroviari attraverso la creazione di più ampi livelli di accessibilità, che trasformano la stazione in una nuova interfaccia tra ferrovia e città. All’interno di una visione che dalla fine degli anni Settanta ha iniziato a concepire lo scalo ferroviario come possibilità e occasione per sviluppare progetti di riqualificazione urbana, una interessante declinazione è quella della stazione-ponte, quale elemento cardine per superare il fascio dei binari connettendo settori urbani divisi dalla ferrovia. Gli esempi da citare sono molteplici: la stazione TGV di Montpellier, la stazione Tiburtina di Roma, la stazione ferroviaria di Basilea, la East Croydon Station a Londra. Tali progetti hanno proposto la stazione-ponte come “la più adatta funzionalmente e figurativamente a ricucire parti di città separate dal fascio ferroviario creando nuovi circuiti e nuove confluenze.”6

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