Firenze Architettura 2014-1&2

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rializzate, le architetture cercano sempre di limitare la loro dipendenza ontologica dalla forza di gravità. Sulla luce che incontra la materia Quando un raggio luminoso incontra la materia, il raggio si scompone in tre parti: luce riflessa, luce assorbita e luce trasmessa. In fisica classica, con il termine materia, si indica generalmente qualsiasi cosa che abbia una massa e che occupi spazio; ma questo vale solo per l’infinitamente grande. Quando il campo di ricerca diventa l’infinitamente piccolo, entrano in gioco le leggi della meccanica quantistica e la materia si presta ad interpretazioni diverse. Succede allora che lo spazio occupato da un oggetto ù prevalentemente vuoto, che

energia e materia sono equivalenti e che insieme compongono ogni cosa esistente. A confermarlo Ăš l’ equazione della relativitĂ  ristretta del 1905 di Albert Einstein: E=mcÂČ. In architettura sembra che l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande trovino un punto di contatto che la fisica non riesce a confermare. Prendiamo un qualsiasi edificio. Questo, come tutti gli altri, non puĂČ sottrarsi alla forza di gravitĂ , al peso, al fatto di essere denso. In realtĂ  non Ăš cosĂŹ, perchĂ© tutti gli edifici, pur essendo infinitamente grandi, sono costituiti per lo piĂč da vuoti e non da pieni. Il senso dello spazio nell’opera di Eduardo Chillida Ăš collegato principalmente al concetto di vuoto. Lo spazio, entitĂ  concava, cava, viene ritagliato nella materia. Ritagliare lo spazio

dentro la montagna di Tindaya significa creare un luogo che da pieno diventa vuoto. È il concetto di “spazio carico”, di “vuoto pieno di tensioni e vibrazioni” che sta al centro della ricerca spaziale di Chillida: un vuoto da abitare, da riempire. La costruzione non Ăš piĂč nel mettere una pietra sull’altra per gravitĂ , nell’interporre oggetti dentro lo spazio; la costruzione Ăš costruire lo spazio, costruire la forma immateriale dello spazio dove la luce non serve per rivelare ed esaltare plasticamente le forme dell’architettura, ma per dare corpo al vuoto, per riempire lo spazio ottenuto per sottrazione di materia. La luce allora Ăš un pieno e la materia un vuoto. Il Nuovo Teatro Comunale Lea Padovani Ăš materia scavata dalla luce.

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