FIRENZE architettura 2012-2

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Galleria melepere Al quarto giorno non si risorge - Apologia della muffa

Galleria melepere Verona Al quarto giorno non si risorge Apologia della muffa a cura di: Stefano Rovatti Patrizia Silingardi Sonia Schiavone John C. Duncan, Adriano Persiani, Katharina Dieckhoff, Stefano W. Pasquini, Christian Rainer, Chiara Soldati, Ascanio Tacconi, Karin Andersen, Mustafa Sabbagh, Silvia Giachello, TTzoi, Matteo Serri, Silvio Macini, Otolab, Matteo Barsotti, Andrea Bruno, Irene Maccagnani, Enrica Berselli, Simone Rondelet, con la partecipazione di: FranKo B, Vicky Roditis, Dario Parisini Interzona, Mirko Fabbri, Elena Baldi Cuoghi e Corsello Installazione ispirata al romanzo Quattro giorni bianchi di Stefano Rovatti

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L’uomo rimarrebbe nel suo stato incompiuto se non afferrasse in sé la materia del cambiamento e non esercitasse un impulso di modifica autoindotto. Fraintendimento e trasformazione sono, dunque, le tematiche al centro dell’esposizione Al quarto giorno non si risorge allestita alla galleria Melepere di Verona. Con l’innesto nelle opere di un elemento parassitario non calcolabile, di struttura organica, il confronto arte-natura si sviluppa in termini di metamorfosi: da una parte, l’arte torna a funzioni di ipostasi, decodifica del falso, correzione dell’errore, grammatica dell’invisibile; dall’altro, il mondo naturale ricorda una finestra alla quale si affacciano intuizioni soprasensibili, manifeste in singoli fenomeni, ridotte a formati. L’alchimia tra le parti presuppone una conoscenza biologica della natura, un percorso di impianto scientifico, ma di nuovo tipo, pienamente artistico, oggettivo, di nuova creatività. Arte e scienza cessano di imporre dogmi. La fantasia diventa uno strumento rigoroso. Non è più basata sul gusto o sull’arbitrio soggettivo. In questo senso, l’esperienza sensoriale della muffa è spesso fuorviante. Come fenotipo micotico, la muffa è strettamente vincolata a un modello di corrispondenza morfogenetica tra i quattro elementi naturali: a ogni aspetto della vita corrisponde una concreazione spontanea, una logica e adeguata configurazione espressiva. Queste dinamiche agiscono una sull’altra, compensandosi a vicenda, risultante che opera solamente attraverso un rapporto di reciproca influenza, diretto a nuovi archetipi di equilibrio, orientamento, quiete e movimento, immanenza geometrica, forza deconsolidante del buio,

spazio inteso come contrazione, punto di rottura. La muffa delimita un topos in cui non sussiste estensione attuale delle cifre costitutive della realtà, una soglia dalla quale è possibile deconfinarsi soltanto all’estremo della capacità di trasformarsi in nuovi esseri viventi, di cambiare, inoculando l’identità vitale in un nuovo DNA. La soglia è verticale, non è orizzontale. È trascendentale. Si può scavare sotto, scavare indietro, scavare nel passato, ma non scavare sopra, avanti, nel futuro. L’archeologia del prima, del sotto, non corrisponde a un’equivalente tecnoscienza del sopra, di uno stato in progress, successivo. Come container installativo, quella che al quarto giorno non risorge, è la figura umana. La forma dell’uomo sparisce. La muffa resta. La sintassi umana sopravvive in residui mnemonici. La storia, resa effimera, diventa un simbolo. Da qui, talvolta, appare una luce che respira, che talvolta accieca. È chi osserva se stesso nella propria realtà. Questa realtà dell’io non è rivolta all’esistenza pregressa dei singoli individui. Ognuno vi rientra di nuovo quando, con volontà dedita alla ricerca, ripassa ancora la porta della morte. Stefano Rovatti


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