Firenze Architettura 2010-2

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11 Edoardo Detti Planimetria del territorio di Viareggio, anni ’50 12 Viareggio, lo “stradone” tra la pineta e il mare, anni ’50, foto Edoardo Detti 13 Piano Intercomunale di Viareggio e Vecchiano, 1963. Consulente: E. Detti; Progettisti: P. Bellò, D. Cardini, I. Dati, N. Di Cagno, F. Mazzocchi, P. Moroni, G. Ramacciotti Pagine successive: 14 - 15 La spiaggia a levante di Viareggio, anni ’50, foto Guido Biffoli

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culturale indispensabile per disegnare i necessari processi di sviluppo del territorio versiliese dentro organiche strategie di trasformazione e attraverso precise strumentazioni urbanistiche. Se in un primo momento la sua attenzione si appunta sullo “stradone” comunale aperto tra il litorale e la retrostante Macchia Lucchese di Viareggio,2 foriero di una conurbazione incontrollata, ben più violenta a fine anni ’50 è la polemica contro una delle più aggressive speculazioni immobiliari di allora, la cosiddetta “lottizzazione Salviati-Barbetta” (dai nomi del proprietario e del tecnico), che interessava parte consistente della vasta tenuta di Migliarino, plaga forestale di riconosciuta bellezza naturale. I caratteri di quella operazione erano particolarmente rozzi e grossolani: negli elaborati tecnici del piano, di circa 500 ettari, si parlava di una “città molto preziosa e raffinata”, “per miliardari di tutti i continenti”, dove si sarebbero “cullati i sogni delle dive e le fantasie dei re del petrolio”.3 Detti conduce in questo caso una delle sue prime e più combattive battaglie. La sua idea urbanistica, proposta in numerosi interventi sulla stampa e successivamente come consulente dell’ Amministrazione di Viareggio per il piano intercomunale di Viareggio e Vecchiano (1962),4 era di impedire la formazione di una città lineare continua lungo la costa, da Bocca di Magra a Bocca d’Arno, contrapponendo un disegno capace di incanalare le spinte edificatorie della crescita turistica lungo poche e selezionate linee perpendicolari alla costa, in nuclei più compatti e penetrati nel retroterra, salvaguardando in tal modo non solo l’integrità di una delle più belle fasce costiere tirreniche ma anche

coinvolgendo il patrimonio ambientale delle pinete, conservato nella sua integrità, in un più allargato uso pubblico delle comunità insediate. A questo fine Detti mobilita tutte le risorse di cui può disporre: disciplinari, tecniche, professionali, ma anche uomini di cultura, organi di stampa, personalità politiche, con un’attitudine insieme di intransigenza morale e di interventismo civile di chiara matrice azionista. Fittissimo è l’intreccio epistolare a questo riguardo conservato nel Fondo Detti: vi compaiono i nomi di Zevi, Astengo, Ragghianti e Cancogni, di Fernanda Wittgens (direttrice della Pinacoteca di Brera), del fisico Giovanni Polvani, del senatore a vita Umberto Zanotti Bianco, dei giornalisti Cederna, Dentice, Cardulli, e altri ancora; tutti nomi tra i principali protagonisti della vita culturale e politica di quegli anni. L’esito della vicenda è noto. Le manovre speculative non vennero sconfitte, ma in parte contenute o quanto meno ritardate. Del resto in quello che la stampa dell’epoca descrisse come un “delitto perfetto”, agivano forze potenti, con la convergenza di organi dello Stato preposti alla tutela, di amministrazioni comunali consenzienti, di forze politiche –in primo luogo socialiste– alleate e compartecipi, in un intreccio quanto mai opaco di società, soggetti economici, legami finanziari, coperture politiche. Nel contempo però fu vinta almeno la battaglia per l’istituzione del Parco Nazionale di Migliarino-San Rossore (1979), provvedimento fortemente propugnato da Detti, decisivo per la salvaguardia di questo straordinario patrimonio ambientale. Ciò che a Detti stava a cuore della Versilia era l’equilibrio secolare tra paesaggio


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