Firenze Architettura 2006-2

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retrostante dell’edificio. In entrambi i fogli compare una piccola planimetria dalla quale si deduce che l’isolato, seguendo la piega di 60° del sedime stradale, avrebbe - se necessario- potuto raggiungere una estensione complessiva in lunghezza di 245 metri. Quale sia l’invenzione base, il concetto spaziale e strutturale che sta a fondamento di questo progetto è spiegato dallo stesso Plecnik nel primo disegno, dove al di sopra del prospetto fa la sua comparsa, tra le molte che sarebbe stato possibile rappresentare del manufatto, una sola, paradigmatica sezione trasversale. La sezione, che riproduce lo spaccato corrispondente alla sesta unità, raffigura un tetto a capriata sostenuto da tre file di colonne. Le colonne, la cui altezza da ratta a ratta è approssimativamente di 9.30 metri e il tetto, il cui punto di colmo raggiunge quota 12.40 m., sono gli elementi che definiscono la prima grande struttura spaziale destinata a sormontare, cingere, incorporare nei suoi 12 metri di luce i volumi murari terrazzati di ogni singola abitazione. Chiarito il concetto base, pianta e prospetto si incaricano di mostrarne la possibile articolazione: la superficie muraria può essere distinta dalla colonna oppure inglobarla progressivamente per piani, senza però mai assimilarla integralmente in altezza perché questo significherebbe togliere forza al tetto come elemento unificante di coronamento. L’autonomia tra sistema trilitico e sistema murario riconvenziona il rapporto tra struttura portante e struttura formale: nel suo complesso la conformazione dell’intero organismo architettonico non è vincolata alla forma delle singole abitazioni né coincide con esse. La facciata anche se sembra essere un tutt’uno, in realtà nasce da una stratificazione di impaginati. Diversi piani, differenti tessiture pensate in ragione di una loro reciproca compenetrazione e composizione. v

Addizione e contrappunto sono i due principi a cui si uniforma qui l’intera fabbrica, un vero e proprio isolato, che deve la sua inedita configurazione alla contaminazione e alla compenetrazione dei due sistemi: quello ritmico, unitario, archetipico dello stoà, che unifica e delimita spazialmente ma anche temporalmente un secondo sistema, quello residenziale formato dalla schiera di edifici a due piani il cui ultimo solaio non supera quota 6.75. Un organismo

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nel suo insieme assai articolato, diversificato, non seriale, che Ple cnik immagina come uno scenario urbano fatto di case, cortili, passaggi, percorsi che si succedono in sequenza al di sotto di un’unica copertura. Un sistema che non rimanda a nessun tipo metastorico repertoriale ma allude, attraverso l’ampia varietà di figure addensate sulle facciate delle singole unità, alla complessità, alla ricchezza di un scenario urbano sedimentato. Una immagine, quest’ultima, a cui non è probabilmente estranea la suggestione che esercita in Plecnik la vista quotidiana della quinta edilizia medioevale formata dalle piccole case disposte in serie lungo il margine nord di Krakovo. Qui, però, questo modello della tradizione viene non solo rivisitato tipologicamente, ma anche ibridato, ampliato con l’idea di un tetto comune, elemento fortemente enfatizzato nel progetto. Dalla contaminazione dei modelli oggetto di trascrizione/ attualizzazione ha origine una struttura figurativa composita di grande modernità che ha un effetto deflagrante rispetto agli stereotipi del sistema. Oggetto di un radicale processo di adattamento e smembramento “ogni schema accademico è in effetti prima assunto e quindi successivamente negato”. Subordinando le regole del linguaggio accademico alle ragioni del progetto, l’elemento cardine del sistema trilitico può non solo per unità seriali variare in ritmo e altezza per adeguarsi rispettivamente al diverso taglio dei lotti e all’avanzare del muro, ma anche, progressivamente, diventare da principio compositivo, da regola di costruzione del partito architettonico murario nelle unità più estese, motivo contrappuntistico che governa gli scarti, i chiasmi, le asimmetrie bilanciate dei piani di facciata in quelle più piccole. L’inclusione e la sovrapposizione del principio additivo entro quello ritmico sottrae elementi e apparati decorativi alla gerarchia totalizzante di rapporti principiata dall’ordine: basamenti, portali, coronamenti possono anche assumere una valenza figurativa autonoma. Liberi dal vincolo dell’ordine i piani di facciata diventano disponibili a trasformarsi in superfici su cui incastrare, ritagliare pezzi di partiture, gruppi di finestre in unità seriale, configurazioni eterogenee che il grande tetto sollevato riporta all’unità, rendendo più incisivo il ruolo contrappuntistico dell’elemento trilitico. Per quanto estraneo ai processi di astrazione e riduzione formale che v

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Pagine precedenti: 1-2 Modello del progetto elaborato nell’ambito delle esercitazioni assegnate nel Corso di Teorie e Tecniche della Progettazione Architettonica tenuto da Antonella Gallo nell’AA 2000/2001 allo IUAV 3 Vista del modello 4 Josef Plecnik progetto di “Case sotto un tetto comunale” per il sobborgo di Krakovo a Lubiana, 1944, ipotesi con dodici unità residenziali v

Pagine successive: 5 Viste d’insieme del modello 6 Vista del modello 7 Josef Plecnik progetto di “Case sotto un tetto comunale” per il sobborgo di Krakovo a Lubiana, 1944, ipotesi con otto unità residenziali v


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