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gianluca belli
ma più recentemente Ugo Procacci, rileggendo le portate catastali di Leonardo e Apollonio, è arrivato alla conclusione che la versione di Manetti sia corretta62. Il paramento bugnato dovrebbe risalire comunque all’incirca agli anni Venti del Quattrocento, a meno di non ipotizzare che si tratti dei resti di un edificio ancora precedente. Il portale bugnato è invece con tutta evidenza il prodotto di un intervento successivo, databile approssimativamente ai primi tre o quattro decenni del Cinquecento. I bugnati «a disegno» della prima metà del Quattrocento Durante la prima metà del Quattrocento si incontrano pochissimi paramenti che si possono definire propriamente «a disegno», cioè costituiti da una muratura isodoma o pseudoisodoma di bugne piane e lisce con spigoli regolari e ben definiti (tipo A): forse solo due o tre. Uno di questi è sicuramente quello che costituisce il registro inferiore del palazzo di Ilarione de’ Bardi (oppure Larioni, conosciuto anche sotto il nome di Canigiani) (fig. 89), costruito probabilmente attorno al 143063; un seU. Procacci, Chi era Filippo di Ser Brunellesco?, in Filippo Brunelleschi. La sua opera e il suo tempo, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Firenze 16-22 ottobre 1977, Firenze, Centro Di, 1980, I, pp. 37-64: 39, 50 nota 20. Procacci assegna ipoteticamente come termine post quem per la costruzione dell’edificio l’anno 1419, sulla base dell’età di Apollonio (nato nel 1399). Alle conclusioni di Procacci era comunque già arrivato Marchini, anch’egli sulla base delle portate catastali di Leonardo e Apollonio Lapi: cfr. G. Marchini, Il palazzo Datini a Prato, «Bollettino d’Arte», Serie IV, XLVI, 1961, 1-2, pp. 212-218: 216-218. 63 Preyer, The «chasa overo palagio» cit., 1983, p. 392. Sono d’accordo con Brenda Preyer nel ritenere troppo avanzata la datazione proposta da Howard Saalman, che sposterebbe la costruzione del palazzo nel periodo tra il 1458 e il 1465; cfr. H. Saalman, Tommaso Spinelli, Michelozzo, Manetti, and Rossellino, «Journal of the Society of Architectural Historians», XXV, 1966, pp. 151-164: 161-162, 164. Si veda anche M. Ferra62