giuseppe lotti • artigianato, territori e connessioni
E’ la tesi che risultava alla base dell’organizzazione della sezione ‘Artigianato e altrove’ della mostra Artigianato, design, innovazione: le nuove prospettive del ‘saper fare’ come patrimonio di qualità per la competitività del Made in Italy (Firenze, 2012), in cui erano presentati esempi di aziende italiane che operano nella logica del confronto e dello scambio e da questi trovano occasioni di business. Una linea di ricerca che coinvolge diverse realtà produttive del nostro paese al di là della selezione presentata in occasione dell’esposizione. La tematica è declinata a più livelli. Un esempio di scambio-contaminazione formale è la collezione Hybrid di Ctrlzak per Seletti in cui motivi decorativi tradizionali cinesi ed inglesi si affiancano, divisi da una linea colorata e da uno scarto dimensionale – eterna attrazione tra Oriente e Occidente. Mentre in Alibabà di Paola Navone per Egizia lo sguardo va verso il mondo arabo, dal nome – le stelle in arabo – al recupero di textures, trame e ricami. In questo caso sono designers italiani che si lasciano coinvolgere da emozioni, forme e colori espressamente derivati da altre culture. In altri casi il riferimento non è solo formale ma anche di natura concettuale. Nel lavoro dei fratelli Campana per Edra – dalla sedia Vermelha a Favela, fino al più recente contenitore Canaba in fili di rafia lasciati liberi - troviamo il Brasile, i molti ‘Brasili’ - “Il sincretismo che ha attraversato diverse diaspore è un dono che i Bresil attuali possono offrire (nonostante i loro molti problemi) a quelle parti del mondo e dell’umanità che si muovono tra globalizzazione e localizzazione. Un sincretismo come proposta per una nuova antropologia ibrida, che ha la comunicazione come suo panorama fluido. La diaspora è la madre dei sincretismi” (Canevacci, 2004, p.13). Un tema, quello del frammento e della contaminazione, che troviamo anche nei vetri di Venini – Fragments e lampadario Sperança. Talvolta lo scambio è di carattere tecnico. Con Hammam promossa da Milli Paglieri, le capacità produttive sono marocchine – dalla ceramica, ai tessuti, dal ferro battuto al tadellakt (antica tecnica di mescola di calce e pigmenti colorati) al recupero del pneumatico - con la progettualità di un gruppo di designers italiani – Paola Navone, Massimo Morozzi… – e marocchini – Karim El Achak, Farid Belkahaia. Con la collezione M’Afrique di Moroso si assiste al recupero di una tecnica tradizionale – l’intreccio a mano dei fili di plastica tipico delle reti dei pescatori del Senegal – con una progettualità a più mani – designers europei (Tord Boontje e Patricia Urquiola), artisti-designers africani (Bibi Seck, Ayse Birsel). Ogni pezzo è unico con diversi colori e varietà nell’intreccio, da non considerarsi come difetti ma come elemento di originalità e dunque vero valore aggiunto. Della stessa collezione anche Binta di Philippe Bestenaider, caratterizzata dall’impiego di tessuti wax, tipici africani. Si lavora poi su capacità produttive italiane intervenendo con progettualità altre fortemen-
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