Rocca San Silvestro | Arrighetti

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rocca san silvestro. archeologia per il restauro • andrea arrighetti

eliminando o nel migliore dei casi, modificando importanti pagine della storia e della vita del manufatto; da ciò deriverebbe anche la soggettiva interpretazione del modus operandi, nel campo dell’architettura, delle persone che hanno contribuito a costruire il monumento, lo hanno abitato e lo hanno, nel corso del tempo, modificato per ragioni funzionali, economiche, sociali, culturali. Risulta dunque indispensabile una approfondita e consapevole conoscenza dell’oggetto; conoscenza propedeutica all’intervento di restauro e resa possibile solo attraverso un approccio multidisciplinare che, grazie a differenti saperi e approcci, produca una ricca e specifica documentazione e analizzi il manufatto e il contesto nel quale esso si situa. Questo processo diviene dunque strumento indispensabile per tracciare a priori le linee guida per le operazioni di restauro sul bene svolgendo anche, a posteriori, un ruolo attivo nella pianificazione del processo di tutela (conservazione, trasmissione alle generazioni future, pubblicizzazione e valorizzazione). L’intervento di restauro, dunque, può e deve essere un momento di riflessione non solo per preservare un bene archeologico, ma anche per progettarne una sua funzione pubblica. Spostando dunque l’attenzione al concetto di funzione pubblica di un bene archeologico, le recenti esperienze effettuate nel campo della valorizzazione e comunicazione archeologica hanno cercato di seguire molteplici strade, condividendo la necessità di integrare gli aspetti meramente tecnici dell’intervento, sia esso di scavo archeologico o di restauro, con quelli più “filosofici” legati alla comunicazione consapevole, semplice e diretta del bene culturale su cui si interviene. In tal modo, il manufatto archeologico o architettonico non rimane soltanto una testimonianza delle civiltà antiche, trasmessa al pubblico attraverso “muti” pannelli (collocati lungo il percorso o all’interno del sito archeologico) o semplici visite guidate, ma, mediante una pianificazione attenta e mirata, diventa motore di sviluppo per un territorio vasto, inserendosi in un sistema integrato di offerta turistica che sia compatibile con l’identità dei luoghi e che rappresenti il volano per una valorizzazione sostenibile. La grande attenzione, scientifica e mediatica, che sta ottenendo l’Archeologia Pubblica in Italia in questo ultimo decennio si muove proprio in questo senso. Accanto ad accurate ricostruzioni storiche2, prodotti realizzati con strumenti digitali3, alcune sperimentazioni artistiche come quelle condotte nel sito archeologico di Siponto4 (dove l’archeologia ha incontrato l’arte contemporanea per valorizzare e comunicare una parte importante di un sito archeologico complesso), rappresentano i primi passi concreti caratterizzati dalla chiara volontà di rendere l’archeologia comprensibile e accessibile ad un più vasto pubblico e maggiormente integrata nel territorio. La conoscenza di un bene culturale, dun-

2 Ricordiamo ad esempio il grande successo che sta ottenendo l’Archeodromo di Poggibonsi sotto la direzione scientifica del prof. Marco Valenti dell’Università degli Studi di Siena. 3 La grande espansione del digitale dell’ultimo decennio permette di visitare in remoto o di ampliare l’offerta direttamente sul posto di qualsiasi sito e museo del mondo attraverso tour virtuali, realtà aumentata, modelli tridimensionali e così via. 4 Il sito archeologico di Siponto ha ricevuto recentemente il prestigioso “Premio Riccardo Francovich 2016” destinato al museo o al parco archeologico che, a livello nazionale, rappresenta un caso di best practice di allestimento museografico, attività didattico-comunicative e qualità scientifica in grado di rappresentare adeguatamente le tematiche dell’archeologia post-classica.


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