Abbazie e paesaggi medievali in toscana

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Marco Bicchierai

Abbiamo poi una non minore importanza sociale: come collante della comunità e stimolo a una partecipazione politica, anche in relazione ad interessi e penetrazioni economiche di forestieri; come legame con il passato; in relazione alla definizione dei territori (con frequenti controversie fra comunità vicine dovute alla divisione di vaste aree boschive); talora anche con funzione simbolica, come nel caso delle proprietà indivise dei consorzi signorili. Infine, vi è una importanza non trascurabile anche nella dinamica delle relazioni fra diverse comunità e fra città dominanti e comunità locali, con il risvolto dei possibili intrecci fra élites locali ed élites cittadine16. Per le comunità rurali, quindi, anche nella Toscana dell’età medievale e moderna la tutela dei beni comuni risulta essere, in gran parte dei casi, un aspetto essenziale nella vita della comunità. La sua rilevanza portava necessariamente a politiche di tutela portate avanti dalle comunità, anche se queste venivano comprese all’interno di quella alternante dialettica di lungo periodo fra tre tendenze contrastanti alla quale abbiamo accennato. Queste azioni di tutela avvenivano in primo luogo attraverso la normativa locale: gli statuti regolavano, in genere con apposite norme, da un lato l’utilizzo di beni comuni (pascoli, boschi, ecc.), dall’altro gli usi civici (diritti di pascolo su terre pubbliche o private, diritti di raccolta di legna o frutti, ecc.). Poiché la normativa locale era materia viva che seguiva il mutare di realtà e situazioni, non di rado interventi legislativi successivi agli statuti - in genere discussi e approvati dai Consigli delle comunità e che prendevano la forma di nuovi statuti, aggiunte o integrazioni agli statuti, deliberazioni della comunità - potevano modificare le norme statutarie. Nel seguire queste evoluzioni possiamo appunto cogliere nel concreto la dialettica fra le tre tendenze; ma in linea generale, al di là delle modalità di sfruttamento, le esigenze di tutela a vantaggio della comunità prevalevano sulle istanze di privatizzazione, nelle quali emergevano piuttosto interessi di singoli oppure di personaggi e istituzioni esterni alla comunità. fortificazioni o edifici demaniali (case e botteghe, mulini, opifici, ecc.), le prestazioni fisse dovute alla città dominante (presentazione di ceri, palii di tessuto, ecc.), le retribuzioni di professionisti ingaggiati (maestri di scuola, medici, notai), ecc.. Per quanto riguarda le possibili entrate, oltre ad eventuali tasse locali (dirette o indirette), c’erano appunto quelle che venivano dalla concessione in appalto dello sfruttamento di proprietà del Comune: boschi, pascoli, riserve di pesca, mulini, opifici, botteghe. 16  Un caso interessante in tal senso è quello di Asciano studiato dal già segnalato Barlucchi 1997.


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