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MENSILE DI INFORMAZIONE NON CONVENZIONALE

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REPSEL la voglia di suonare “L’invenzione della madre”, intervista a Marco Peano Una pecora nera si fa sempre notare…

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Lux Rosae, la fiaccola benedetta

SETTEMBRE OTTOBRE



editoriale

Buona fortuna, amico mio

S DECARTA Scripta volant Mensile di informazione non convenzionale Numero 22 – Settembre-Ottobre 2015 Distribuzione gratuita Direttore responsabile Maria Ida Augeri Direttore editoriale Manuel Gabrielli Redazione Gabriele Ludovici, Claudia Paccosi, Elisa Spinelli Redazione web e photo editor Sabrina Manfredi Design Massimo Giacci Editore Lavalliere Società Cooperativa Via della Palazzina, 81/a - 01100 VITERBO Tel. 0761 326407 Partita Iva 02115210565 info@lavalliere.it Iscrizione al ROC Numero 23546 del 24/05/2013 Stampa Union Printing SpA Pubblicità 0761 326407 - 340 7795232 Immagine di copertina Franco Maffei

I contributi, redazionali o fotografici, salvo diversi accordi scritti, devono intendersi a titolo gratuito. Chiuso in tipografia il 16/10/2015 www.decarta.it

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ono cresciuto a Viterbo, un luogo dove per fortuna la criminalità e la microcriminalità hanno un ruolo marginale, gli eventi atmosferici al massimo allagano qualche strada e, tutto sommato, spesso ci si annoia. Ho spesso definito Viterbo un limbo, un luogo incerto, dove sta per avvenire qualcosa, ma non si sa bene di cosa si tratti. Questa città mi ricorda il Discobolo di Mirone, che ritrae l’atleta nell’esatto momento prima di lanciare il disco: è pronto, si sta per preparare alla tensione dei muscoli prima dello sforzo ma è una statua e in quanto tale è “pietrificato” in quell’istante. Uno dei rischi più gravi che puoi correre a Viterbo è quello di annoiarti; se non curata, la degenerazione della noia può portare ad atti distruttivi, ad aggressività o anche all’autolesionismo. Però può condurre anche ad un atto creativo; può sfociare nell’estro artistico o, tra le tante cose, anche nella nascita di un nuovo rapporto umano. Ho sempre dato parecchia importanza alle mie amicizie e questo mi ha sempre ripagato. Oggi posso di avere tanti amici e ognuno di questi rapporti è singolare, sviluppato in un determinato momento e solo tra me e un’altra persona. Queste relazioni sono in gran parte nate nella difficoltà, spesso reciproca, che io il mio amico o amica del momento ci siamo trovati ad affrontare, una difficoltà che nella maggior parte dei casi coincideva con lo svegliarsi ogni mattina, senza ragione e senza obbiettivi. L’ essere nato con mezza famiglia dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, mi ha insegnato fin da subito, con un certo dolore, il valore dei rapporti a distanza e il fatto che certe persone forse non le rivedrai mai più. Per questo mi piace riconoscere il valore di un’amicizia e dei rapporti in generale in ciò che mi ha dato e non in quello che è diventata.

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o conosciuto Gabriele in un momento di autentica difficoltà, seduto ai tavolini di un bar. Ci siamo fatti compagnia, abbiamo dato vita insieme a Decarta e insomma, è diventato una di quelle persone con cui non sento il bisogno di avere ogni giorno una conferma della sua amicizia, è Gabriele, e questo mi basta. Da poco più di una settimana Gabbo è partito per la Finlandia. Adesso vive a Mankaa, una frazione di Espoo, definita da lui la Zepponami di Helsinki: “ci sono giusto una pompa di benzina, due supermercati, due tavole calde e un negozio di articoli per la casa”. Gabriele è un tipo strano, non lo sai mai quello che gli gira per la testa, spesso ha un’aria trasognata e mi sono fatto un bel po’ di risate con gli episodi della sua distrazione. Ognuno ha i suoi modi di difendersi dalla noia e da questo mondo un po’ insensibile, Gabriele usa l’immaginazione e per questo, quando può, la sua mente fa i bagagli e parte per la tangente. Ci vuole immaginazione (e una certa dose di coraggio) per studiare finlandese due anni, prendere i bagagli e partire per Helsinki con la stessa leggerezza con cui si andrebbe… che ne so… a Zepponami! Ve l’ho detto, i rapporti a distanza fanno parte della mia vita, ho imparato a conviverci a suon di schiaffoni morali e per questo con Gabriele ci siamo salutati sotto casa sua, con le ultime scartoffie da firmare e una stretta di mano. Ciò non toglie il fatto che Gabriele è diventato in questi anni uno dei miei cari e preziosi amici e questo, amico mio, è il mio modo per augurarti buona fortuna. Manuel Gabrielli Presidente Lavalliere Società Cooperativa 3


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teatro

incontri

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reportage

I Repsel e la voglia di suonare

Una pecora nera si fa sempre notare…

Gabriele Ludovici

Manuel Gabrielli

carta stampata

cronache

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incontri

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“L’invenzione della madre”, intervista a Marco Peano

sport e fede

Lux Rosae Gabriele Ludovici

Claudia Paccosi 9

pillole di lettura

a cura di Claudia Paccosi

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decartamag

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incontri

Vini & Porcini… e jazz!

Tutta la verità sulle ex Terme INPS di Viterbo

Simone Carletti

Elisa Spinelli

IV

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VIII

tam tam

Salvo Cravero: adottato dalla Tuscia

Analisi e riqualificazione delle ex Terme INPS a Viterbo

Erica Simone

Manuel Gabrielli

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I Repsel e la voglia di suonare La forza di non arrendersi mai Gabriele Ludovici | gabriele.ludovici@decarta.it Foto di Franco Maffei

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olto spesso nelle nostre interviste musicali ci siamo soffermati sul lungo percorso che attende gli artisti desiderosi di imporsi al centro dell’attenzione. Le difficoltà sono le stesse per tutti, ma la passione che si mette in gioco è sempre direttamente proporzionale ai risultati ottenuti. Questo mese ci occupiamo dei Repsel, band che con l’ultimo lavoro From Dawn to Dusk si avvicina alle sonorità del progressive rock. Il gruppo è composto da Marta Iacoponi (voce e violino), Giorgio Napoleone (chitarra), Alessandro Maffei (chitarra), Daniele Michelacci (batteria), Roberto Battilocchi (basso) e Francesco Proietti (synth). Rispetto al nucleo iniziale del progetto, nato nel 2003, sono cambiati tutti i componenti e, dopo la pubblicazione di due demo in stile gothic metal, come DECARTA SETTEMBRE-OTTOBRE 2015

accennato prima, i Repsel hanno sperimentato un nuovo sound, favoriti ovviamente anche da alcuni cambiamenti. La band infatti si presenta con una formazione nuova rispetto a quella che, fino al 2013, comprendeva Alessandro Presti e Lorenzo Cantarini, sostituiti in seguito da Alessandro Maffei e Roberto Battilocchi. Uno “switch” che ha modifcato in corsa i progetti della band: tuttavia, le solide basi costruite in tanti anni di duro lavoro e importanti riconoscimenti hanno permesso loro di tenere duro. Parliamo del nuovo album e delle prospettive della band con Marta, nella Backstage Academy. I ragazzi della Backstage stanno curando l’ufficio stampa dei Repsel.

From Dawn to Dusk è un disco che attraversa una fase fondamentale della storia dei Repsel. Come è stato concepito e come si è arrivati finalmente alla pubblicazione? «Il progetto è stato portato avanti da chi lo aveva davvero a cuore, cambiando influenze musicali e di conseguenza il genere. Inzialmente facevamo cover degli Iron Maiden e dei Blind Guardian, e pur essendoci distaccati dal metal e dal gothic ne manteniamo ancora le sfumature. La stesura del nuovo album è iniziata quando ancora stavamo registrando quello vecchio ed è il frutto di un lavoro durato circa quattro anni. Le idee sono partite da Giorgio – la nostra “mente”, per me un grande compositore – e Lorenzo, mentre io inserivo le melodie vocali e i testi, permettendomi di lavorare su brani quasi già arrangiati. L’ispirazione nasce in base all’atmosfera, o anche semplicemente da un groove di basso in grado di generare delle emozioni. Il risultato è un disco più vicino al quotidiano rispetto ai nostri primi dischi, dove ho parlato delle mie difficoltà personali e del desiderio di realizzarmi. Ma alcuni testi sono nati anche osservando le problematiche di terzi, perché l’obiettivo era di permettere a più persone di potersi rispecchiare nei brani. From Dawn to Dusk è uscito dallo studio nel dicembre del 2013, ma… non avevamo più fondi, e la band era dimezzata! Per fortuna, tramite Musicraiser, siamo riusciti a reperire i soldi necessari per realizzare la stampa, la grafica e i bollini SIAE. Un cambio di formazione così repentino avrebbe potuto lasciarci delle ferite difficili da rimarginare, ma ci siamo rimboccati le maniche piuttosto che mollare. È in studio che si vede chi è pronto, chi è convinto e attaccato al progetto. Ora la priorità è riprendere a suo5


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Potrete acquistare From Dawn to Dusk visitando la pagina repsel.bandcamp.com/releases e rimanere sempre aggiornati sui loro live e le nuove uscite sulla pagina Facebook

nare, è un’esigenza fisica che ti permette di avvicinarti al pubblico, uscendo dalla virtualità dei “mi piace”.» Di peripezie ne avete affrontate parecchie: qual è il miglior modo di reagire? «È un momento difficile per la musica, e si rispecchia nello stato d’animo generale. Tuttavia, chi ora vede soltanto gli aspetti negativi rimarrà fermo, mentre chi si sta dando da fare si ritroverà avvantaggiato. Viviamo in una fase di transizione: il web è saturo di contenuti, emergere è un’impresa ed è necessario affidare parte delle proprie attività di promozione a realtà come la Backstage. In passato ho provato a fare tutto da sola, ma mi sono resa conto che sottraevo solo tempo allo studio della musica. Sono cambiate parecchie dinamiche, oramai il successo è decretato dal numero dei live e non più dai dischi venduti. Purtroppo per le realtà più piccole è difficile trovare costantemente palchi che ti permettono di suonare, in certi lo-

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cali già è tanto se non ti chiedono di abbassare il volume! Le nostre amministrazioni pubbliche destinano una minima parte dei fondi all’arte: questo causa una mancanza di alternative per i giovani, rispetto ad attività meno salutari. Mancano centri per la rinascita culturale e così il supporto può arrivare solo da chi acquista i dischi. Noi non ci fermeremo fino a che non potremo dire di avercela messa tutta!» Tornando al nuovo disco, da autrice dei testi ti chiedo di parlarci di alcuni dei brani che reputi più significativi. «Anzitutto il titolo del disco riprende il concetto di non arrendersi, e che nell’arco della giornata c’è sempre la possibilità di cambiare la propria situazione. I testi sono un vero e proprio mantra che mi sprona ad andare avanti… per certi versi, tutti i brani sono significativi! In Everything Has Changed esprimo la consapevolezza di quanto si svilisca il proprio valore quando si diventa dipen-

denti da un’altra persona. Ma la propria vita ha più valore dell’oggetto della dipendenza, un po’ come nel caso del vizio del fumo: l’importante è accorgersene. Break Into Pieces invece metaforizza la frantumazione di un’ossessione in mille pezzi, l’uscita dalla gabbia che ti permette di guardare la vita in faccia, liberare il cuore e amare di nuovo. Two Minds (canzone dalla quale è stato tratto un video disponibile su YouTube, ndr), esplora la doppia natura che tutti possono avere, nelle sue molteplici sfumature che portano dal blu di una farfalla al rosso di una rosa piena spine, mentre in Make Up si parla della bellezza femminile che ogni donna possiede e dovrebbe accettare così com’è. Infine Pandora, il brano che abbiamo selezionato per la campagna su Musicraiser, si riferisce al famoso mito del vaso che contiene il male, ma sul fondo anche la speranza. È proprio a partire dalla speranza che dobbiamo trovare la forza di non arrenderci mai.»

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carta stampata incontri

“L’invenzione della madre”, intervista a Marco Peano Racconto di un addio: un figlio e la malattia di sua madre Claudia Paccosi | claudia.paccosi@decarta.it

arco Peano esordisce a gennaio con L’invenzione della madre, romanzo edito Minimum Fax. È venuto a Viterbo ben due volte per presentare il suo libro, interessata alla tematica, ho deciso di intervistarlo. Quella narrata è una grande storia d’amore, il rapporto tra un figlio e sua madre, una madre malata di cancro. Mattia vive le ultime giornate di sua madre intensamente, intrecciando la sua malattia con la quotidianità di un ragazzo alle prese con un lavoro in una videoteca che non lo soddisfa e il suo rapporto con una ragazza, che vede all’orizzonte un futuro molto incerto. La sua vita appare spenta, piatta, priva di passione, l’unico rapporto che riesce a farlo tuffare nella sua interiorità più profonda è quello con la madre, persona che però deve, piano piano, per forza imparare a lasciar andare. La storia di un addio, di una sofferenza e di un’autobiografica lotta con il male, dove l’amore verso chi ci ha generato supera qualsiasi difficoltà, aggrappandosi al più fragile e sottile dei lunghi capelli, finché questo non si spezza.

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Per cominciare – e ti do subito del “tu”, visto che sei giovanissimo – ti chiederei di descriverti un po’ ai nostri lettori. Agli altri scrittori che ho incontrato ho spesso domandato di narrarsi e di narrare la loro scrittura attraverso tre aggettivi. Può sembrare difficile, ma è, secondo me, efficace per rompere il ghiaccio. «Grazie per il tu, che ricambio, ma a 36 anni non mi ritengo “giovanissimo”... Comunque, stando al gioco: pigro, ossessivo, curioso. Se volgi gli aggettivi al DECARTA SETTEMBRE-OTTOBRE 2015

femminile dovrebbero funzionare – soprattutto i primi due – anche per la mia scrittura.» Quali sono i modelli a cui ti ispiri? Sempre per essere sintetici ti chiedo un modello dal passato, preso dai grandi e intoccabili classici e uno dal presente, pescato dal vasto panorama di penne che popolano questo mondo. «Cito due libri che per me sono stati fondamentali durante la fase di elaborazione del mio romanzo: Dove lei non è di Roland Barthes e L’anno del pensiero magico di Joan Didion. Sono entrambi dei classici, però.» L’invenzione della madre è il primo romanzo che pubblichi per Minimum Fax. Tu però vivi nel mondo del libro già da tempo, infatti sei editor di nar-

rativa italiana presso Einaudi. Puoi raccontarci la vita di un editor, che dietro le quinte collabora alle uscite di una grande casa editrice e che un giorno decide di svelarsi e raccontare la sua storia? «Si tratta di un costante esercizio di ricerca e di pazienza, di cura e di umiltà. Ma in cambio dà davvero moltissimo.» Proprio in riferimento al tuo lavoro all’interno dell’editoria ho trovato un passo che rivela un’accurata attenzione alle parole, l’attenzione di uno studioso, di chi non trascura neppure una virgola: “Del resto è un’altra parola greca, onkos (utilizzata originariamente per indicare una massa, un carico), ad aver dato il nome alla moderna disciplina dell’oncologia. Che sia un carico di morte o di vita, si è accorto Mattia, le mille attenzioni che si rivolgono a una donna incinta non sono così differenti da quelle che si rivolgono a un malato terminale.” Quanto del tuo lavoro di editor è entrato nel tuo lavoro di scrittore? «Diciamo che il mio lavoro ha affinato in maniera significativa un’attitudine preesistente: l’esigenza di usare le parole esatte per nominare le cose. Poi però ho avuto anch’io bisogno di uno o più editor.» Il romanzo che è uscito quest’anno, a gennaio, racconta una storia dolorosa, la storia d’amore tra un figlio e sua madre, una madre malata di cancro. Particolare risulta però il titolo che hai voluto dare ad una storia così intima, 7


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Cito dal tuo testo: “Al risveglio, qualche secondo dopo aver aperto gli occhi, Mattia vorrebbe richiuderli per ignorare la giornata che lo attende.” Mattia è il protagonista della vicenda, espresso in terza persona eppure tanto intimo e vicino al lettore, che affronta la malattia della madre nella prima parte del romanzo. La sensazione descritta in questa frase è quella provata da qualsiasi persona che viva un momento di dolore, in particolare la perdita o l'allontanamento di una persona amata, avvenga questo a causa di una malattia o perché un amore è finito. Come mai hai desiderato raccontare nel tuo romanzo un’esperienza così dolorosa e intoccabile come il contatto con il cancro? «Uno scrittore più consapevole di me ti direbbe che ha fatto questa scelta perché non se ne parla abbastanza, o perché spesso se ne parla in maniera alterata. A posteriori posso confermarti che è così, ma in origine avevo la necessità di affrontare quel tema perché ci ero finito contro.» Ti chiedo di spiegarci un’altra frase del romanzo: “Quando sentiamo la mancanza di qualcosa o di qualcuno, noi sentiamo la mancanza. Allo stesso modo per cui ciò che si ha non è un cancro, ma il cancro stesso.” «Ah, questa è quella che in campo musicale si definirebbe una cover. Proviene da un vecchio testo di Tiziano Scarpa, che è stato così gentile da concedermi di usare il suo ragionamento, e di farlo mio. In 8

origine il brano era riferito alla parola “amore”, e mi sembrava declinabile in maniera efficace con “cancro”.» Per passare a commentare altre tematiche che compongono il libro vorrei commentare con te un passo che parla della vita in provincia e che, almeno a mio parere, rispecchia un po’ le abitudini degli abitanti della zona viterbese: “Quasi nessuno degli abitanti osa allontanarsi troppo, come se quel posto fosse una maledizione da cui non ci si libera. Se uno di loro – Mattia l’ha visto succedere ad alcuni suoi amici – sceglie di andarsene per studio o per lavoro stabilendosi nelle città vicine, viene visto come sospetto. E nel caso in cui dopo qualche tempo decida di tornare ad abitare in paese, non gli è più possibile farne di nuovo parte: tacciato di alto tradimento, viene rigettato dalla comunità e bollato come fallito.” «La provincia è uguale un po’ dappertutto, mi sembra. Io mi sono rifatto a quella piemontese, nella fattispecie ho usato i dintorni di Torino – dove sono cresciuto – come modello di riferimento. Ne parlavo qualche tempo fa con un amico, Mario Capello (ha appena pubblicato per Tunué un romanzo davvero notevole, L’appartamento: anche quello è ambientato in provincia). Mario e io riflettevamo su quanto la vita di paese sia un osservatorio eccezionale per studiare da vicino dei microfenomeni che in città rischiano di sfuggire. Il disagio di chi si allontana anche di pochi chilometri dal luogo d’origine è uno di questi.» Fra le pagine de L’invenzione della madre ci sono molti riferimenti cinematografici e lo stesso protagonista lavora in una videoteca. Come mai hai inserito il cinema, arte del raccontare così vicina e così lontana alla narrativa, nel tuo romanzo d’esordio?

foto © Stefano Stocco

personale e autobiografica: L’invenzione della madre. Difficile riuscire a spiegarlo, forse tu puoi farlo meglio di tutti noi lettori. «Il tentativo era quello di rendere universale una storia privata. La madre non è solo quella del protagonista, ma diventa per estensione tutte le madri.»

«Perché non volevo rinunciare alle storie, a filtrare la realtà – seppur romanzesca – attraverso le narrazioni. E insieme perché in questo mio romanzo, che pure si è nutrito di molte letture, non mi interessava inserire riferimenti espliciti ad altri libri.» Per concludere, ho notato uno stile del romanzo davvero particolare, l’unico personaggio che ha un nome è Mattia, la storia è tanto intima e interiore, eppure è narrata in terza persona, non ci sono capitoli, ma il libro è diviso in tre grandi fasi, all’interno frammentate in piccoli brani titolati. Lo chiedo a un professionista delle parole, ma prima ancora allo scrittore: è questa la tua idea di narrativa del futuro? L’idea di un romanzo finalmente scardinato dai canoni ottocenteschi, che spicca il volo, libero da qualsiasi restrizione? «Oddio, detta così fa un po’ paura… Non parlerei di restrizioni, ma di disciplina. Mentre scrivevo mi sono dato delle regole interne, che poi hanno originato la forma definitiva del libro. Ho seguito una serie di suggestioni, dapprima andando per tentativi, poi trovandomi davanti a vicoli ciechi, infine provando a sterzare all’improvviso. Sia per il passato che per il futuro: è la tenacia mista al rigore che ha permesso alle storie che ci raccontiamo, e che immagino permetterà, di continuare ad affascinarci.»

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carta stampata pillole di lettura Claudia Paccosi | claudia.paccosi@decarta.it

Lee: Il buio oltre la siepe

Keegan: Il contrario della solitudine

“Quasi tutti sono simpatici, Scout, quando finalmente si riesce a capirli.”

“Ciò che dobbiamo tenere a mente è che possiamo ancora fare qualsiasi cosa. Possiamo cambiare idea. Possiamo ricominciare da capo. Seguire una specialistica o provare a scrivere per la prima volta. L’idea che sia troppo tardi per fare qualcosa è comica. È ridicola. Ci stiamo laureando al college. Siamo così giovani. Non possiamo, non DOBBIAMO perdere questo senso di possibilità perché alla fine è tutto quello che abbiamo.”

Harper Lee, stretta amica di Truman Capote (autore di Colazione da Tiffany e A sangue freddo) scrive nel 1960 To kill a Mockingbird. Ha trentaquattro anni, è una donna americana e vince il Pulitzer. Due anni dopo esce il famoso film con Gregory Peck, premiato con tre Oscar. Il romanzo e la pellicola hanno un enorme successo, nonostante le tematiche, nonostante l’America degli anni ’60. Quest’anno è uscito negli Stati Uniti ed uscirà a novembre in Italia il secondo romanzo di Harper: Go Set a Watchman, in Italia Va’, metti una sentinella. Sarà un ritorno della protagonista, Scout, da Atticus, un ritorno al suo stile di vita anticonformista, ritorno grazie al quale la scrittrice potrà di nuovo mettere in luce le questioni politiche e ideologiche trattate nel precedente romanzo. Le recensioni americane sono discordanti, noi aspettiamo di leggerlo in traduzione per parlarne. Il buio oltre la siepe in ogni caso è un libro che deve essere letto. Non è solo la storia di Scout, ragazzina curiosa che vive nel contadino sud degli USA e che guarda con gli occhi di una bambina fin troppo sveglia la vita del suo villaggio. È la storia di Atticus, avvocato fuori dall’ordinario che difende in tribunale un afroamericano accusato di violenza carnale. Non è una storia di tolleranza, di umanità, di accettazione dell’altro. È una storia che racconta la normalità, dove i personaggi appaiono diversi, agli antipodi, incompatibili all’inizio. E non si parla solo dei bianchi in rapporto con i neri, si parla dei timidi e degli estroversi, dei taciturni e degli eccessivi, dei pazzi e degli abbottonati, della grande varietà di umani, che alla fine, quando si conoscono, si comprendono, si guardano da vicino, sono quasi tutti simpatici.

Il contrario della solitudine è un libro che dovrebbero leggere tutti i ventenni, tutti quelli che sono all’università o magari che lavorano in un piccolo bar con le sedie di plastica e le tazzine del caffè sponsorizzate e che ogni tanto perdono il loro sguardo nel vuoto e dentro pensano: “non ce la farò!”. Tutti loro dovrebbero leggere la raccolta di scritti di Marina, una studentessa di Yale laureata con il massimo dei voti, pronta per uno stage al New Yorker, all’età di ventidue anni già considerata una delle voci letterarie più promettenti d’America. Nei suoi saggi e racconti traspare l’insicurezza della gioventù, la paura di fallire, che abita tutti i ragazzi che la mattina mettono la sveglia per seguire le lezioni e poi, costantemente, la posticipano a causa della festa Erasmus a cui hanno partecipato la sera prima. Oltre quello strato di preoccupazione però brilla una grande speranza, la speranza di una ragazza che ogni giorno si ripeteva che possiamo ancora fare qualsiasi cosa. Sì, non è un errore di battitura, c’è scritto davvero un imperfetto. Marina ripeteva, perché Marina è morta in un incidente automobilistico a soli ventidue anni. I suoi genitori hanno deciso di pubblicare ciò che aveva prodotto e di affidare ai giovani adulti del mondo la sua speranza, la sua voglia di fare e la sicurezza che tutto può cambiare, che possiamo ancora fare, scrivere, divertirci, parlare, costruire, che non è troppo tardi, che c’è sempre ancora possibilità.

Harper Lee Il buio oltre la siepe

Marina Keegan Il contrario della solitudine

Tit. originale: To kill a Mockingbird Traduzione di Amalia D’Agostino Schanzer Feltrinelli, 2013 - pp. 290 - € 9,00 ISBN 978-8807881558

Tit. originale: The opposite of Loneliness Traduzione di Manuela Faimali Mondadori, 2015 - pp. 210 - € 17,00 ISBN 978-8804648055

Zerocalcare: Dimentica il mio nome “Tappare i buchi fa bene. Permette di capire. Di inquadrare. Avere le risposte placa la mente. Sapere quante cose si sono accumulate per arrivare fino a te ti dice qualcosa di chi sei.” Dimentica il mio nome è l’ultima graphic novel di Zerocalcare, uscita nell’autunno 2014, ha avuto un enorme successo, fino ad arrivare fra i dodici finalisti del premio Strega (quasi un evento per il mondo del fumetto). Il 2 ottobre uscirà L’elenco telefonico degli accolli, raccolta di tavole che Zerocalcare pubblica sul suo blog seguitissimo: www.zerocalcare.it. Il fumetto di cui parliamo però è, come quasi sempre nelle sue tavole, autobiografico. È la ricerca di un ragazzo ormai trentenne nelle sue origini, nel fumoso passato della sua famiglia che nasconde i nomi di persone e le loro storie. Attraverso la ricerca Zerocalcare racconta la vita di borgata a Roma, a Rebibbia, una vita alle prese con i propri demoni e il quotidiano scontro con la coscienza (rappresentata da un gigantesco Armadillo). Disegni e testi più che originali, da leggere, anche per i non amanti del genere. 236 tavole che si mangiano in una giornata, alternando risate a riflessioni. Disegni e parole che sono lo specchio di un ragazzo che sa e si sa raccontare.

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Zerocalcare Dimentica il mio nome Bao Publishing , 2015 - pp. 236 - € 18 ISBN 978-8865432549 9


teatro

reportage

Una pecora nera si fa sempre notare… … anche quando fa teatro Manuel Gabrielli | manuel.gabrielli@decarta.it - Foto di Francesco Meloni

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abato 19 settembre è andato in scena per la prima volta, presso il teatro San Leonardo, Mercutio Furioso, la prima opera teatrale nata dalla fantasia dell’associazione culturale “Pecora Nera”. Il San Leonardo è senza dubbio l’ultimo teatro con sedie e palcoscenico rimasto a Viterbo e già avvicinandosi all’entrata si poteva intuire che sarebbe andato in scena qualche cosa di particolare, perché Viterbo rimane comunque una città con una età media di 44,49 anni e, se consideriamo che neonati e bambini in generale difficilmente vengono portati a teatro, vedere un pubblico composto principalmente da ventenni faceva il suo effetto. Svelarvi la trama sarebbe scorretto, per questo ho deciso di incontrare Ramona Giraldi, regista dello spettacolo e ideatrice di “Pecora Nera”, per farmi spiegare i retroscena. 10

Ramona ha 23 anni di teatro alle spalle e “Pecora Nera” esisteva già nella sua testa dieci anni fa. Per quanto non mi abbia spiegato a parole il motivo del nome, è facilmente intuibile che “Pecora Nera” sia nata per essere qualcosa di diverso, per andare contro quei consigli che le dicevano, “non ti conviene iscriverti alla Silvio D’amico (l’accademia nazionale di arte drammatica, ndr), meglio fare altro”. Oggi Ramona vive di teatro e da maggio di quest’anno è nata anche “Pecora Nera”, che le ha permesso di fare l’esordio come regista di una sua opera. Mercutio Furioso nasce dall’incontro con Alice Passeri che, seppure molto giovane, respira teatro dalla nascita essendo figlia di una regista teatrale, e da un comune interesse per Shakespeare. Da questo accordo è nato uno spettacolo che, per quanto sia ispirato a Romeo e Giulietta, con l’opera shakespeariana condivide poco oltre l’intrigo amoroso di fondo e il nome dei personaggi princi-

pali. Come il titolo indica, è Mercutio il protagonista e, nello specifico di questo spettacolo, la protagonista, perché permettetemi quest’unica anticipazione, Mercutio è interpretato da una ragazza. Bisogna però avere chiara una cosa, perché durante il mio incontro con Ramona a seguito di una domanda su questo aspetto è arrivata una risposta decisa “Mercutio è un uomo, ma il mio non lo è. In realtà abbiamo cercato il più possibile di renderlo asessuato, tutto ciò che è Mercutio è più un concetto, un modo di vivere e tutto il testo è stato cucito addosso a lui e ad Adele (il nome dell’interprete, ndr). Su ogni personaggio è stato fatto un grande lavoro e in particolare abbiamo definito un Mercutio che Shakespeare non ha mai creato.” Il Mercutio di Ramona e Alice infatti non dimentichiamocelo, è furioso, non a caso come l’eroe di Ariosto, il quale però verrà soccorso da Astolfo, che gli reDECARTA SETTEMBRE-OTTOBRE 2015


stituirà il senno. Mercutio invece è irrecuperabile nella sua follia rabbiosa, l’amore l’ha ingannato e la sua disillusione è protagonista insieme a lui. Co-protagonista, insieme ai due amanti, a Tebaldo e Benvolio, è pure la scenografia, composta da un balletto di ragazze soprannominato “Il Muro”. È a tutti gli effetti un altro personaggio, che interagisce con gli altri interpreti senza però contestualizzare in un’epoca e in un luogo preciso le loro azioni. La sera della prima, il teatro era pieno come raramente accade anche con DECARTA SETTEMBRE-OTTOBRE 2015

nomi ben più famosi, il pubblico era eterogeneo e prevalentemente giovane. Merito di questo risultato è stato anche della promozione, avvenuta massicciamente su internet. Ogni personaggio è stato tradotto in fumetto dall’illustratrice Paola Paradisi, autrice anche dell’immagine di locandina. Su proposta di Paolo Berni di “Forza Creativa” ad ogni personaggio è stato anche dedicato un breve videoclip, di cui uno realizzato dal fotografo di scena, Francesco Meloni. Tutto il materiale promozionale è stato poi diffuso tramite social network ed è visionabile sulla pagina facebook di “Pecora

Nera”. La totalità degli attori di Mercutio Furioso sta muovendo appena i primi passi nel mondo del teatro ma nonostante questo si sono comportati da professionisti, sostenendo lo sguardo delle 320 persone a sedere; Ramona e Alice dal canto loro hanno superato la prova alla regia e alla sceneggiatura. Insomma, il debutto di questo spettacolo può essere definito tranquillamente un successo e se appuntamenti come questi sono ancora possibili vuol dire che, più che un successo, è una vittoria. 11


cronache

sport e fede

Lux Rosae La fiaccola benedetta che ha accompagnato il trasporto della Macchina di Santa Rosa Gabriele Ludovici | gabriele.ludovici@decarta.it

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l Trasporto della Macchina di Santa Rosa è l’evento che raccoglie tutta la popolazione viterbese al cospetto di una tradizione che genera un sentimento di amore e commozione mai sopito. La forza dell’evento sta però anche nella capacità di accogliere nuove sfumature, che arricchiscono il patrimonio culturale che esso comprende. Se “Rosina” è la santa protettrice dell’epicentro della Tuscia, lo sport è senza dubbio un altro importante fattore che compone il mosaico sociale viterbese. Come far sposare le candide forme della Macchina con l’immaginario delle maglie sudate e dei muscoli tesi dallo sforzo? Se per i Facchini la domanda è retorica, la risposta da parte degli atleti è arrivata da Rodolfo Valentino, appassionato di podismo. Lo abbiamo incontrato, assieme al runner e partecipante all’evento Enrico Alfonsini, proprio per parlare di Lux Rosae. Questa bella fiaccola ha costituito una delle novità del Trasporto assieme ovviamente a “Gloria”. Chiediamo subito a Valentino come è nato il progetto. «Circa tre anni fa, durante un allenamento sulla Francigena, ho avuto l'idea di portare una fiaccola benedetta sul percorso del trasporto della Macchina di 12

Santa Rosa, partendo da Roma. Il proposito è diventato realtà dopo essere stato posto all’attenzione del Sodalizio dei Facchini, che ha sposato subito il progetto. In seguito abbiamo deciso di stabilire che i trasportatori sarebbero stati diciotto, come l’età di Santa Rosa, e che avrebbero seguito un percorso inverso rispetto a quello dei Facchini. Grazie a questi ultimi è stato possibile anche coronare la marcia con il permesso di accendere alcuni lumi della Macchina con il fuoco di Lux Rosae», racconta Valentino. La fiaccola è poi rimasta su “Gloria” durante il tragitto San Sisto-Chiesa di Santa Rosa.» Dal punto di vista estetico, Lux Rosae nasce da una realizzazione d’eccezione, che ha visto la cooperazione dell’architetto della Macchina: «Raffaele Ascenzi in persona ha disegnato la fiaccola, che poi è stata materialmente costruita dall’artista digitale Luca Occhialini. Pesa un chilo ed è fatta di un materiale plastico più un derivato dal mais, la cui forma è stata data tramite la stampa in 3D», specifica Valentino. I diciotto podisti selezionati per la corsa della fiaccola hanno potuto vivere un momento indimenticabile già nelle

ventiquattro ore precedenti al Trasporto, entusiasmo che Valentino e Alfonsini ci trasmettono con le loro parole: «La prima grande emozione è stata la benedizione della fiaccola da parte di Papa Francesco, avvenuta il 2 settembre presso la Santa Sede. Il giorno dopo, l’evento è stato accolto con grande calore da parte dei presenti, che ci hanno incitati per l’intero chilometro del percorso affrontato tutti assieme. È stato un momento stupendo, aldilà delle aspettative! La fiaccola è stata passata di mano tra i quattro organizzatori più Enio Peverini, il più anziano dei partecipanti essendo nato nel 1930. La staffetta, come detto, è partita dalla Capitale. I podisti sono stati scelti in base a delle motivazioni differenti: per appartenenza alle Onlus di Viterbo (Avis, Croce Rossa e Donne di Beatrice), in rappresentanza dei quattro team podistici locali o perché stanno combattendo una battaglia personale.»

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isto il successo raccolto, possiamo ipotizzare che il connubio tra fede e sport possa proseguire anche nei prossimi anni: «Ci auguriamo che Lux Rosae possa diventare una nuova tradizione che accompagna il Trasporto; penseremo a qualcosa di nuovo per il futuro, magari con dei nuovi partecipanti. Sottolineiamo ancora che tutto è stato possibile grazie alla collaborazione del Sodalizio e di Raffaele Ascenzi. In merito alla benedizione papale, ringraziamo don Emanuele Germani (parroco di Villanova) che ci ha messi in contatto con il vescovo di Viterbo, Lino Fumagalli. Infine non dimentichiamo coloro che ci hanno messo a disposizione i mezzi per andare in Vaticano, ovvero Luigi Mechelli (Avis), Andrea De Simone (Confartigianato) e Andrea Belli (Cassa Edile)», conclude Valentino.

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VITERBO

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Vini & Porcini… e jazz! Il futuro del JazzUp Festival comincia da Cura Simone Carletti

uando penso ai funghi, che siano essi porcini di prima qualità o funghi da bancone comprati al supermercato vicino casa, solitamente penso ad un piatto di tagliatelle. Sicuramente se penso ai funghi, quindi li penso solitamente cotti in un sugo; raramente li immagino crudi, essicati, quasi fritti come chips o a polpette; sicuramente mai li ho pensati cucinati su un palco di una frazione di un piccolo comune della provincia; e mai l’avrei pensati preparati da chef di primo ordine accompagnati nelle loro opere da musicisti altrettanto preparati di fronte ad un pubblico in estasi.

degli ottimi funghi porcini, disponibili sia cotti (nello spazio ristorante) che crudi (all’interno del mercatino), ma anche i vini scelti da Marcello Scialanca.

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Tutto ciò non è frutto di un sogno di inizio autunno, ma è successo davvero tra il 25 e il 27 settembre a Vini & Porcini, l’evento organizzato dalla rete di imprese del settore turistico e alberghiero della provincia di Viterbo Vivi la Tuscia in collaborazione con JazzUp, che ha associato sapientemente eccellenze culinarie e musicali; showcooking ed esibizioni di danza. Ogni giorno, dei tre del programma stilato dal direttore artistico Giancarlo Necciari, la buona musica ha accompagnato gli chef del Gambero Rosso accorsi sul palco di Cura per deliziare il palato e le fantasie culinarie del pubblico. Un (quasi) esperimento per JazzUp che da giugno scorso, al compimento del decimo anno (a proposito,

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auguri!) ha inaugurato un nuovo percorso di ricerca rivolto alla Tuscia. “Per rivolgerci – spiega Giancarlo Necciari – al nostro territorio in modo diverso, più maturo, con la volontà di cogliere le sfide che ci pone. È in sostanza una profonda, appassionata e sorprendente dichiarazione di amore”. In che modo? Diventando vetrina delle eccellenze del territorio, “ma anche e soprattutto – prosegue Necciari – come uno strumento attraverso il quale dare spessore a manifestazioni che altrimenti potrebbero rimanere in una dimensione più domestica”. Sfruttando dunque quella perfetta alchimia che si può creare, come si è creata durante Vini & Porcini, tra odori, sapori e suoni. È questa dunque la chiave di lettura per leggere con pienezza la sfida giocosa tra gli chef Andrea Golino, Salvo Cravero e Iside De Cesare e i musicisti Enrico Zanella Duo e Paolo Mari che si sono accompagnati a vicenda tra colpi di mestolo e assoli. Ma non solo. Perché al centro dell’evento non c’erano solo

così che una sera ho potuto ascoltare il jazz manouche di Enrico Zanella Duo, degustando il rosso biologico di Ciucci e assaggiando le tagliatelline di castagne ai funghi porcini con crema di patate al rosmarino di Andrea Golino; ho potuto mangiare lo zabajone di funghi porcini alla vaniglia, con pallotte, cacio e ova e crudo di porcini di Salvo Cravero, sorseggiando un Valdobbiadene dell’azienda agricola Malibran mentre Paolo Mari deliziava le orecchie con la sua bossa nova; e infine mangiare anche degli ottimi tortelli di zucca, porcini e stracciatella sorseggiando un ottimo Sauvignon dell’azienda Kellerei Kaltern-Caldaro. Sul palco poi hanno accompagnato la digestione Balena Electric Group, Zingaresca e Traindeville Group.

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“Nell’ultima edizione del Festival – conclude Necciari – sono state introdotte delle rubriche innovative e cariche di contenuti. Intrighi dell’anima, l’inserto sull’attualità condotto da Luigi Galluzzo, e il concorso fotografico Tusciawonderland, prodotto con Est Film Festival e Calcatronica, rappresentano al meglio questo nuovo corso. Se a questo si aggiungono gli incontri di showcooking di Vini & Porcini, allora ho voglia di dire che il futuro per noi è già iniziato”.

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Salvo Cravero: adottato dalla Tuscia Lo chef e il suo rapporto con la nostra terra Erica Simone - Foto di Roberto Bellucci

Chef quando l’ho incontrata si è definito come “adottato dalla Tuscia”, qui si sente a casa e qui ha voluto mettere le sue radici, un luogo dove tornare dopo ogni suo viaggio. Cosa l’ha affascinata di questa terra? Mi da tre aggettivi per descriverla? «Sono ormai quasi vent’anni che questa terra mi ha adottato, ho amato sin da subito tutto ciò che questa offre e ha tutto quello che una persona come me ama: la natura, la storia e l’enogastronomia. Se dovessi definirla con tre aggettivi… beh sicuramente affascinante, unica e ancora tutta da scoprire.» Oltre alla sua attività di chef, lei dedica molto del suo tempo all’insegnamento. Cosa si aspetta da questi ragazzi e cosa – al contrario – questi aspiranti chef si aspettano da un mestiere e una professione come la sua? «Il lavoro del cuoco/chef è un lavoro bellissimo ma allo stesso tempo difficile ed “egoista”, sì perché per inseguire il sogno e raggiungere l’obbiettivo che ti sei prefissato sei disposto ad abbandonare tutto ciò che fino ad allora ti circondava, a partire dalla famiglia agli amici e tutto il resto. Oggi i ragazzi sono attratti da una figura che negli ultimi anni è diventata molto mediatica e richiesta, quasi come una star dello spettacolo o dello sport ma, quello che cerco di far capire loro, è che prima di tutto c’è la conoscenza e la passione alla base del nostro lavoro, ma soprattutto il grande spirito di sacrificio e la tanta umiltà, senza le quali non potrai mai fare questo lavoro.»

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Sul palco di Vini & Porcini ha presentato un piatto della tradizione seppur rivisitato “le pallotte cace e ove”: quali sono secondo lei i prodotti che meglio raccontano questo territorio? C’è qualche prodotto che sta scomparendo dalla nostra memoria e che invece andrebbe rivalutato? «In occasione di Vini & Porcini ho voluto presentare un piatto dalla doppia anima e cioè quello che forse più mi appartiene, le mie radici/origini molisane e quelle della terra che mi ospita, il Viterbese. La ricetta metteva insieme due straordinari territori, uno con le “pallotte cacio e ova” piatto della pastorizia tipicamente molisano e l’altro i funghi porcini, elemento tipico e caratteristico dei monti Cimini, il tutto combinando con un mash-up di sapori che ben si sposava, creando qualcosa di originale e contemporaneo, ma fortemente legato alla tradizione. Il territorio viterbese offre un vasto assortimento di prodotti di vario tipo, sia di origine animale che vegetale, purtroppo spesso sconosciuti ai più e ahimé anche agli stessi viterbesi, come ad esempio, la carota di Viterbo, grande prodotto oggi molto difficile da reperire.»

Si sta per avvicinare la festa dei Santi. Ci racconta un piatto della tradizione della Tuscia legato a questa festività? «Beh quale piatto migliore, specialmente in questo periodo in cui si va incontro all’inverno, dell’acqua cotta? Ovviamente le chiavi di lettura e le reinterpretazioni possono essere tante a partire da quella più semplice con l’uovo a quella con il baccalà.» Ringraziamo lo chef Cravero per la disponibilità e gli chiediamo, in chiusura, quale futuro immagina per la Tuscia. Ha un sogno che vorrebbe si realizzasse in questa terra? «Mi piacerebbe vedere questa città e questo territori alla pari di altre città che non hanno nulla di più, anzi… qui la storia, la cultura, il territorio e l’enogastronomia, abbondano in ogni angolo e potremmo vivere solo di questo. Il mio sogno? Diventare “ambasciatore” dell’enogastronomia della Tuscia, cosa che nel mio piccolo già da alcuni anni faccio con un blog alla stessa dedicato chiamato “Tuscia Golosa”, un diario che racconta delle eccellenze di questo territorio e di come i piccoli produttori cercano di farlo grande.»

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Tutta la verità sulle ex terme INPS di Viterbo Intervista al Comitato Termalisti INPS e Solidarietà Cittadina Elisa Spinelli | elisa.spinelli@decarta.it - Foto di Manuel Gabrielli

Rossella ha lavorato come “trimestrale” nel refettorio delle ex Terme INPS di Viterbo per 9 anni: «Ho imparato tante cose e ho lavorato molto bene lì, quando hanno chiuso, mi sono sentita male» racconta con un sorriso amaro. Lucia è stata infermiera professionale per 23 anni, si occupava degli assistiti ricoverati, ha un accento del nord Italia ma a Viterbo ormai ci vive da molti anni: «Arrivavano 184 persone al giorno, e anche per Viterbo era un bel provento economico, perché i pazienti delle Terme INPS andavano in città a fare acquisti: c’era turismo», ricorda. Concetta ha lavorato come fanghina bagnina qualificata da quando aveva 19 anni, subito dopo aver frequentato il corso pubblico di avvio alla professione: «Perché non è più possibile formare un po’ di giovani viterbesi per mandare avanti le ex Terme dell’INPS?», si chiede con la voce amareggiata. Bruno è un signore dalla voce bassa ma decisa, e racconta che ha lavorato per le Terme INPS dal 1966 al 1991 – “fino a quando hanno chiuso” – la sua qualifica era quella di fanghino bagnino all’interno del reparto cure: «si lavorava ad una temperatura di circa 27-28 gradi, con un’umidità dal 60% in su, insomma, si lavorava bene.» Enzo sorride mentre ricorda con precisione il giorno in cui ha iniziato a lavorare alle Terme INPS: «Il 15 luglio 1970, pensate un po’… All’inizio ho fatto parte della squadra di pulizie, ma avevo già acquisito la qualifica di fanghino bagnino.» Franco arriva all’improvviso nella sede di Solidarietà Cittadina e anche lui vuole raccontarsi: era un “trimestrale” e si occupava di trasportare il fango all’interno dei reparti cure. Il suo lavoro all’interno delle Terme INPS è iniziato da giovanissimo, 20 anni, e racconta che «Non solo si era pagati bene, ma si acquisivano nuove competenze, perché l’ambiente lavorativo lo permetteva. Oggi vedere quel luogo abbandonato, è una delusione.»

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e persone che hanno raccontato a Decarta la loro esperienza lavorativa all’interno delle Terme INPS – quella struttura ormai fatiscente e abbandonata dal 1991 proprio accanto alle Terme dei Papi – sono tutti ex dipendenti che, insieme a tanti altri, da più di 25 anni si battono per far sì che le istituzioni riaprano un patrimonio lavorativo prezioso per la città: questo è l’obiettivo civico che accomuna il Comitato Termalisti ex Terme INPS e Solidarietà Cittadina. L’intervista che vi proponiamo è con Franco Marinelli, portavoce di una causa combattuta da tante voci che condividono lo stesso sentimento civico, delle quali, alcune, le abbiamo presentate nel box a fianco. Come nasce la vostra battaglia per le ex Terme INPS? «Il comitato dei Termalisti INPS cominciò a riunirsi qualche anno prima che chiudessero le terme INPS: dalla fine degli anni ’80 eravamo in prima linea per non farle chiudere. Tutti i dipendenti – 200 tra fissi e trimestrali – erano e sono impegnati in questa lotta. Inizialmente il comitato è nato per impedire che le Terme INPS chiudessero, poi l’obiettivo è diventato farle aprire di nuovo. Ormai sono due anni che ogni sabato facciamo dei sit-in a piazza San Faustino o fuori le ex Terme INPS e portiamo alla cittadinanza domande e questioni sul termalismo viterbese, come ad esempio: chi ha perforato il pozzo abusivo, togliendo così l’acqua alle due sorgenti delle Terme INPS? Perché accettare un monopolio termale che non crea posti di lavoro e sviluppo per la città? V


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Da tre anni il Comitato di ex dipendenti delle Terme lotta insieme a Solidarietà Cittadina, una frangia separatista del Partito Democratico locale, e da poche settimane anche Piazza Democratica si è unita alle nostre battaglie civiche.» Perché le Terme INPS di Viterbo hanno chiuso? «Le Terme INPS di Viterbo hanno chiuso nel 1991, ma la storia è iniziata alla fine degli anni ’80 quando una legge dello Stato italiano stabilì che l’INPS non poteva fare più le cure nei propri stabilimenti; questa norma stabiliva, infatti, che le persone potevano accedere alle cure ma in convenzione. La legge sanciva, inoltre, che la proprietà dello stabilimento INPS passava al Comune della città di riferimento. Viterbo non è l’unico centro ad avere uno stabilimento termale INPS, infatti, altre quattro città italiane hanno ricevuto in “regalo” le strutture di cura. Nella legge si stabiliva una chiusura graduale, così da permettere il passaggio alle amministrazioni municipali. Quattro stabilimenti italiani su cinque sono stati concretamente presi in carico dal Comune di riferimento, che hanno deciso come gestire le ex Terme INPS: gestione comunale/regionale oppure mista tra pubblico e privato. E, invece, indovinate qual è la città che non si è occupata della struttura che le era affidata? È Viterbo o, per essere più precisi, l’amministrazione comunale di que- gli anni e le successive che non hanno fatto nulla per sbloccare la situazione.» VI

Che cosa è successo nel momento in cui il Comune di Viterbo ha preso in gestione la struttura? «Il Comune di Viterbo ha lasciato che la situazione procedesse verso l’abbandono e il conseguente degrado. È importante ricordare una serie di fattori che avrebbero agevolato il Comune a gestire le Terme: l’INPS, prima di lasciare la struttura termale al Comune di Viterbo, aveva speso 1 miliardo e 800 milioni di lire in arredamento nuovo; inoltre, l’edificio è circondato da 7 ettari di terreno; infine, l’INPS avrebbe continuato a inviare nella struttura quasi 5.000 assistiti l’anno, anche se non era più di sua proprietà. Ci sarebbero state, quindi, tutte le agevolazioni per gestire quel servizio. Invece, un tesoro termale è stato gettato via. Un luogo di lavoro è stato del tutto svalorizzato. Qualche tempo dopo l’INPS è intervenuta, visto che il Comune di Viterbo non si occupava delle ex terme, e ha dato compito al Direttore della Previdenza sociale di Viterbo di cedere l’arredamento nuovo acquistato dall’INPS per le Terme. Nessun ente a Viterbo e provincia ha voluto questi arredi, che poi sono stati presi da una Croce Rossa toscana. Quello che oggi resta all’interno dell’edificio è roba deteriorata dal tempo e dall’incuria, come la struttura esterna.» Cosa si può fare per recuperare oggi le ex Terme INPS e che cosa chiedete all’amministrazione Michelini?

«Tutto ciò che riguarda le acque termali è di competenza regionale, ma il Comune è stato delegato a intervenire sul termalismo e a gestire la struttura. La Regione Lazio ha dato mandato al Comune di Viterbo di preparare ed emanare un bando europeo per permettere a imprenditori interessati di gestire il servizio termale. Purtroppo, nonostante i tanti annunci, di fatto non è ancora stato emanato nessun bando e la situazione – da più di un anno – resta ferma anche su questo punto. Chiediamo, nuovamente, che il Comune di Viterbo emani al più presto il bando europeo per le ex Terme INPS.» Perché il Comune non prepara ed emana il bando per le ex Terme INPS? «Noi, come Comitato, siamo andati spesso a chiedere spiegazioni, a conoscere i motivi di questi ritardi e rinvii, e quello che ci viene ripetuto continuamente dall’assessore Delli Iaconi è che non ci sarebbero imprenditori interessati al progetto, ma che, comunque, a breve termine verrà emanato il bando. Dobbiamo specificare, però, che non si può affermare una cosa di questo tipo, cioè: il Comune non può accordarsi prima con gli imprenditori che potrebbero essere interessati a partecipare al bando e poi emanarlo, perché così non sarebbe più un avviso libero, ma un po’ addomesticato. È un anno che il sindaco Michelini e l’assessore Delli Iaconi annunciano sulla stampa locale che entro un mese sarà fatto il bando, ma poi non DECARTA SETTEMBRE-OTTOBRE 2015


succede nulla. Un’altra motivazione che impedirebbe al Comune l’emanazione del bando è un contenzioso in atto con i gestori delle Terme dei Papi, che riguarda la quantità d’acqua necessaria per le cure. Ma è bene specificare che le terme INPS avrebbero la quantità d’acqua necessaria: 70 litri d’acqua termale.» Siete tutti dipendenti termalisti in pensione, perché lottate per l’apertura delle ex Terme INPS? «La nostra provincia ha un tasso di disoccupazione tra i maggiori del Lazio e non si sta facendo molto per garantire l’occupazione giovanile. Il nostro valore fondante è di far crescere il nostro territorio, creando occupazione per i giovani. La zona di Viterbo avrebbe il suo futuro e sviluppo nel termalismo, cui si può avvicinare il settore agrituristico e storico-artistico; tutto ciò, è evidente, creerebbe sinergie occupazionali straordinarie. Invece, si conti-

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nua a scegliere di tenere Viterbo “sottoccupata”, quindi ci chiediamo: a chi fa comodo questo mancato sviluppo? Il nostro obiettivo – per concludere è sbloccare la questione del bando, solo così si può pensare di creare occupazione e eliminare il monopolio termale, che non dà sviluppo alla città. Lottiamo per questa causa non per noi stessi, poiché siamo tutti in pensione, ma la sosteniamo per tutti i giovani del territorio. Solo variando gli interventi si può creare occupazione e sviluppo per Viterbo. Oggi questo non accade, anche a causa del monopolio termale: le Terme dei Papi, offrendo gratuitamente il servizio navetta da Roma fino alla struttura, non generano turismo per il territorio perché i loro clienti non passano nemmeno una volta per Viterbo e tutto quello che possono, lo spendono all’interno della struttura. Eppure, la strada con la relativa illuminazione che porta

fino allo stabilimento sono state pagate con soldi pubblici dall’amministrazione comunale; considerando che in alcune zone abitate di Viterbo non arriva ancora oggi la luce, una persona due domande se le può porre. Fino ad arrivare a tempi più recenti, quando nella località Terme è stata realizzata con fondi europei una fantomatica pista ciclabile. Solidarietà Cittadina e il Comitato Termalisti INPS spera in un incontro pubblico – promesso dal Comune di Viterbo – che possa portare alla preparazione e successiva emanazione del bando.» Le domande in questa storia sono tante, e Decarta se le pone insieme a Solidarietà Cittadina: quali sono gli interessi che impediscono uno sviluppo occupazionale per Viterbo? Perché non si vuol far riaprire la struttura termale? Perché si vuole continuare a mantenere lo status quo?

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Analisi e riqualificazione delle ex Terme INPS a Viterbo Una tesi di laurea per rilanciare la possibilità di un Polo termale Manuel Gabrielli | manuel.gabrielli@decarta.it - Tavole di Francesco Maria Terzoli

ome è noto, tutte le popolazioni del passato decidevano di posizionarsi in un luogo o in un altro in base a due caratteristiche: l’approvvigionamento idrico e la posizione strategica. Viterbo, in quanto luogo di origine etrusca e forse anche precedente, non esula da questo principio e porta con sé entrambe le caratteristiche. Il colle del Duomo, il punto più importante della città, è uno sperone di roccia che domina una vallata ed è accessibile praticamente solo da un ponte. L’acqua nel Viterbese non è mai mancata, che si tratti di quella normale di un fiume, di quella ferrosa della poco distante Acqua Rossa o di quella sulfurea del Bullicame e in un tempo non molto remoto erano ben due i corsi d’acqua che percorrevano Viterbo, ovvero il fosso Paradosso e il fosso Urcionio. Percorrendo il corso di quest’ultimo, si arriva nei pressi dei resti del ponte Camillario, datato al I secolo avanti Cristo e quindi vecchio più di 2.000 anni. Questo ponte servì per tantissimo tempo per attraversare il fiume stesso e si trova a pochi metri da strada Bagni, all’interno del parco che ospita anche i resti di un altro rudere di epoca romana. Oggi il ponte Camillario e il parco circostante vengono visitati quasi esclusivamente dagli amanti delle escursioni o della mountain bike, il fosso Paradosso è scomparso e l’Urcionio anche, in quanto trasformato nella fogna della città. La storia dell’incuria delle acque viterbesi segue proprio il corso dell’Urcionio, e fa tappa in strada Bagni, dove le oramai prosciugate fonti Gigliola e Uliveto alimentavano le vasche delle ex-Terme INPS. Questo complesso è un rudere ben più moderno di quello romano e la sua storia ce la racconta Francesco Maria Terzoli, neo dottore in ingegneria edile e architettura proprio con una tesi di laurea sul complesso delle ex Terme Inps.

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Come mai hai scelto proprio le Terme Inps e quali sono state le fasi del tuo lavoro? «Ho realizzato il progetto pensando ad una sua possibile realizzazione. Non perché fossi sicuro ma perché ho voluto progettare qualcosa che potesse essere fattibile. Nello specifico ho scelto le terme perché parlando con Sensi, mi disse che la sua struttura, quasi esclusivamente termale, è carente per quanto riguarda la parte alberghiera. Quindi ho cercato di creare un qualcosa che non fosse concorrenziale con le Terme dei Papi ma complementare, anche perché c’è solo una rete divisoria con un piccolo cancello a separare le due strutture. Per quanto riguarda le fasi del

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mio lavoro sono partito da un’analisi dello stato di fatto; dopodiché ho fatto la mia proposta d’uso basandomi su un concept progettuale e ho confrontato il tutto con le normative; ho analizzato quali fossero i principali problemi dell’esistente ed ho proposto soluzioni per me più congeniali; poi, attraverso un programma edilizio, ho creato il mio progetto tenendo conto anche del contesto urbano e naturalistico intorno al complesso ex INPS.» Francesco, come si intitola la tua tesi? «Analisi e riqualificazione delle ex Terme Inps a Viterbo. Analisi perché ho fatto circa diciassette tavole dello stato di fatto. Ho studiato quello che c’è oggi mediante un rilievo fotografico, interno ed esterno, molto accurato. Riqualificazione perché ho studiato nel dettaglio, fino alla scala 1:10, come sono fatte le varie partizioni (elementi di separazione, non strutturali, degli ambienti, ndr) orizzontali e verticali dell’esistente in modo tale da vedere quali fossero i miglioramenti da effettuare sia dal punto di vista della coibentazione – rispettando le normative sul risparmio energetico e sulla trasmittanza termica – sia dal punto di vista del risanamento dei materiali esistenti.» Qual è la situazione attuale dell’impianto, cosa è cambiato rispetto al passato e come hai progettato il suo recupero? «Attualmente c’è un edificio principale di 3 piani da circa 9.000 metri quadri l’uno. Poi c’è la palazzina servizi, la portineria, le varie vasche per la rigenerazione del fango termale e la fangaia connessa all’edificio principale. Un tempo ad approvvigionare l’impianto c’erano due sorgenti, Gigliola e Uliveto, oggi bisognerebbe creare un’opera sotterranea di tubazioni per attingere dal Bullicame, una soluzione troppo dispendiosa come costi di realizzazione, manutenzione e soprattutto per le sempre più scarse capacità della fonte. Considerata la premessa sul rapporto con le altre strutture termali, sono andato a soddisfare delle esigenze alberghiere. Certi ambienti che devono poter comunicare tra di loro ora non lo fanno, per esempio il parcheggio che sia interno o esterno deve poter comunicare con l’ingresso principale, dove a sua volta sta la reception che deve comunicare con il back office. Queste esigenze devono poi essere soddisfatte tra macro blocchi e ogni ambiente, secondo la norma UNI EN ISO 9001:2000, deve avere un minimo e massimo di metri quadri. Ho anche

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considerato la legge 104/1992 per l’eliminazione delle barriere architettoniche, rendendo così tutti gli ambienti raggiungibili anche dai diversamente abili, oltre a creare delle camere doppie (una per ogni piano) apposite. Ho studiato come poter cambiare la fruibilità del complesso e realizzare, attraverso due accessi differenti, una struttura aperta a clienti esterni (coloro che fruiscono della struttura per tutta la giornata senza pernottare) e una per clienti interni (coloro che pernottano all’interno della struttura), i quali sono liberi di usufruire di Spa e piscina esterna. Poi ho riprogettato anche bar e ristorante, esistenti nella vecchia struttura, che devono avere un numero di posti tale da rispettare un rapporto in percentuale rispetto al numero totale di nuovi posti letto (106). Prima di passare al pro-

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getto vero e proprio ho dovuto considerare cosa mantenere dell’esistente e cosa trasformare per rispettare le norme vigenti. Infine, progettando il recupero totale del complesso ex INPS, ho analizzato come collegare il contesto urbano e naturale nel quale si trova cercando di creare così un Polo termale, andando ad inglobare le altre strutture limitrofe oltre alle sorgenti naturali presenti. Il tutto è collegato con il centro di Viterbo sia dal punto di vista carrabile che dal punto di vista ciclo-pedonale.» Francesco ha realizzato un progetto fattibile, come altri che si sono succeduti nel corso degli anni. Il ponte Camillario veglia sulla zona da 2.000 anni, forse le volontà politiche puntano allo stesso record di tempo?

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Da DES’ARR a DES’ARR Un’azienda che guarda avanti

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ra il 1979 quando DES’ARR vedeva la luce. Oggi, facendo leva sulle richieste provenienti dal mercato e sull’ingresso in azienda di nuove generazioni e sulla base di solide fondamenta poste in tanti anni di attività, DES’ARR ha avviato un nuovo percorso imprenditoriale nel campo della ristrutturazione edile e impiantistica e del recupero architettonico. La competenza, la professionalità, la cortesia ed il giusto prezzo che hanno caratterizzato fino ad oggi l’operato di DES’ARR si ritrovano, naturalmente, in

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questo nuovo campo di attività. I servizi forniti in maniera integrata possono anche essere richiesti indipendentemente l’uno dall’altro. Si parte dalla progettazione, quando l’esigenza del cliente è quella di cambiare l’aspetto della propria casa o riorganizzare il proprio spazio di lavoro. È una fase molto delicata nella quale è importante tenere conto della personalità del committente, accogliendo le sue idee ed esigenze per trasformarle in realtà. In questa fase viene anche presentato un capitolato tecnico-economico, relativo a costi e tempi di intervento ed offerto un servizio di assistenza per il disbrigo di tutte le pratiche catastali, comunali e permessi necessari per l’esecuzione dei lavori. Una volta approvato il progetto segue X

la fase di ristrutturazione vera e propria. Affidandosi a DES’ARR sarà possibile poter contare su professionisti qualificati e su un’ampia gamma di servizi per seguire, con una attenta direzione dei lavori, il complesso processo della ristrutturazione. Per i materiali, si potrà ovviamente contare sulla vasta gamma di elevata qualità, offerta da DES’ARR, tra i quali vanno anche ricordati gli infissi, le porte, anche blindate e le scale. Per le pavimentazioni DES’ARR è in grado di fornire prodotti in legno e laminato che si distinguono per la resistenza all’usura, agli ambienti umidi, al traffico dei negozi. Sia legno che laminato possono avere un aspetto rustico, vissuto, vintage, moderno e quanto altro. Le pavimentazioni tessili o più comunemente moquette, si caratterizzano per il basso spessore e per il notevole impatto estetico, soprattutto su grandi superfici. Sono caratterizzate dal fatto di essere antifiamma, antimicrobiche, antibatteriche ed anti allergiche. Tra le pavimentazioni tessili vanno ricordate anche le stuoie in cocco, sisal, bambù e, novità di grande successo, i pratini sintetici. Se invece le esigenze sono quelle di avere un prodotto ad alta resistenza DES’ARR offre pavimenti in pvc, in rotoli, quadrotti e rettangoli; la finitura può rispondere a qualsiasi richiesta, passando dall’effetto ceramica, al cotto, dal sughero, al parquet e tutti gli altri materiali anche con disegni e geometrie di vario formato.

Nella ristrutturazione assumono notevole importanza i rivestimenti murali ed i tessuti con un vastissimo assortimento di carta da parati, di tessuti e tendaggi coordinati, con bordi, stickers e stencil. Un particolare da non trascurare utilizzando i materiali forniti e posti in opera da DES’ARR è dato dalla possibilità di poter usufruire dell’ incentivo del 65% di detrazione fiscale per il risparmio energetico.Tutti i materiali sono ovviamente certificati garantiti. Anche per quel che riguarda le ristrutturazioni è importante tenere presente l’aspetto delle agevolazioni fiscali spettanti in vigore per tutto il 2015; infatti è applicabile la detrazione d’imposta Irpef del 50% su tutte le spese sostenute per lavori di ristrutturazione, per l’acquisto di materiali di finitura e sulla parcella del tecnico per la progettazione e per le pratiche susseguenti. Una detrazione del 50% spetta anche sulle ulteriori spese sostenute entro il 31 dicembre 2015, per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, nonché A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione. Infine è utile ricordare che l’IVA al 10% si applica su tutti gli importi per spese di ristrutturazione e materiali di finitura.

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Gabriele Ludovici | gabriele.ludovici@decarta.it - Foto di Manuel Gabrielli

i sarebbe davvero piaciuto scrivere un pezzo che riesca a descrivere l’esperienza del bere in un locale. Mi sono però reso conto che, con tutta la buona volontà, ho peccato di presunzione. Ebbene sì: il tuo locale preferito, quello che segui a prescindere dall’umore (tuo) e delle mode (degli altri) è già di per sé vita, presente e… arte. Una zona franca dove forme e colori si riscrivono continuamente, ogni sera, nonostante le indicazioni dei regolamenti comunali.

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Questo preambolo serve per introdurre, semmai, dei frammenti del tutto personali, anche gravitanti nell’orbita della rivista che stringete tra le mani. Al Settantasette è stato il mio locale preferito solo per un mese, perché dopo aver vissuto quattro anni a Viterbo ho deciso di imboccare altre strade. Il suddetto mese è stato la summa di tutto quello che è avvenuto nel periodo precedente, perché mai come in questi anni mi sono reso conto dell’importanza della convivialità. Per quanto la tecnologia ci obblighi ad avere “gli occhi nei computer” e “la voce dentro un fax”, come prediva il saggio Bertoli in Bersagli mobili, non si può prescindere dai vecchi e cari rapporti umani. Cioè, si può, lo fanno in tanti, ed è infatti tutta gente che non inviteresti mai a bere. Manfredi, che assieme a Orlando occupa il ponte di comando del Settantasette, è un barman professionista. Ti incanti a vederlo lavorare, è inevitabile anche per chi, come me, beve pochi cocktail e predilige la birra. In questi anni viterbesi ho seguito la sua evoluzione, che lo ha portato da essere dipendente a titolare. Chi sa fare il proprio mestiere viene sempre ripagato, non dubitate. Il suo luogo di lavoro è sempre stato per me

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un’appendice della casa. Pochi sanno che tante idee che hanno costituito il bozzolo della larva di Decarta sono nate davanti a un bicchiere. Persino il mio primo articolo della rubrica “Acido lattico” è nato conoscendo le giocatrici della Ants Viterbo in un locale. Insomma, il crocevia umano è un forte stimolo sia per la concentrazione che per la serendipità, l’arte del trovare quel che non si cerca. Manfredi e Orlando hanno collaborato in vari modi alla storia del nostro periodico, in maniera trasversale e mai banale. Sono tra coloro che senza dubbio hanno colto lo spirito che pervade il nostro lavoro. Non a caso, neanche noi andiamo da loro solo per bere qualcosa. «Qui apriremo il Settantasette!» La notizia, arrivata ad agosto, è stata benedetta da tutta la nostra redazione. Ogni qualvolta si passava per via San Pellegrino, era impossibile non gettare un’occhiata nei lavori in corso, già immaginando come si sarebbe strutturato il locale. I sogni sono andati oltre ogni aspettativa. Ci sono alcuni

dettagli rilevanti, che forse troverete ridicoli ma che porterò sempre con me. Magari rispecchiano qualcuno dei vostri, qualunque sia il vostro locale preferito. Parlo della consapevolezza di trovare sempre volti amici (a volte trovarne di nuovi), della sorpresa di ricevere il proprio drink preferito senza chiedere (tanto che rischi di dimenticarne il nome), e del notare che persino la musica sembra riconoscerti. Staccando tardi dal lavoro, tutte le volte che sono arrivato al Settantasette ho passato alcuni minuti a guardare i volti attorno a me. La Sociologia delle Mosche da Bar non è ancora oggetto di studio universitario, ed è un peccato, perché a volte si ha l’impressione che il centro del mondo si possa individuare da quelle parti. Nella folla che non si accalca, ma si plasma per far star comodi tutti. Nel sorriso degli stessi gestori del locale che non si ferma mai, per ripetere ogni momento la magia del far sentire tutti a casa. Sono convinto che il Settantasette diventerà il nuovo locale preferito di molti viterbesi, o perlomeno una felice tappa nel percorso serale, che a quanto pare si sta allungando ben oltre piazza San Carluccio. Se davvero è così difficile scrivere un pezzo che parli del bere in un locale, non mi resta altro da fare che invitarvi a disconnetervi da smartphone e altri demarcatori spazio-temporali per uscire nei vicoli del quartiere medievale. Prendetevi il vento sulla faccia, pregustatevi l’accoglienza e sentitevi fortunati, almeno per un momento.

Via San Pellegrino, 24 - Viterbo facebook.com/alsettantasette

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CAFFETTERIA CAPOCCETTI (Via Marconi, 53/55 - 0761 347169) Siamo in autunno inoltrato, l’inverno è ormai alle porte e l’estate è solo un lontano ricordo. Se vuoi continuare a vivere giorni lieti, vieni a trovarci alla Caffetteria Capoccetti, molto più che “una bottega del caffè”, come direbbe la sua insegna, immutata dal 1930, anno della sua fondazione. Un luogo ricco di storia e di ricordi con quel profumo inconfondibile di caffè che ha per generazioni inondato via Marconi. Da noi oltre all’ambiente caldo e rilassante puoi trovare gustosi primi piatti o, se hai fretta, pranzi veloci con panini e focacce preparati all’istante. Per i momenti di relax puoi degustare comodamente seduto nelle accoglienti sale interne, un buon caffè, una tisana o una cioccolata calda tra le innumerevoli varianti che siamo in grado di offrire. O un aperitivo per tutti i gusti.

Caffetteria Capoccetti Via Marconi, 53/55

E ricorda che un po’ di Caffetteria Capoccetti la puoi portare con te, direttamente a casa tua, grazie alla possibilità di acquistare caffè e the sfusi con i relativi accessori. Passa a trovarci sarai il benvenuto.

GREEN CORNER (Via San Pellegrino, 6 - 0761 092408) La pizzeria Green Corner è situata nella centralissima via San Pellegrino, nell’omonimo quartiere e nota per essere una delle vie più antiche della città. La pizzeria offre sia posti a sedere dove mangiare sia il servizio da asporto. I prodotti offerti sono i classici pizza e calzone ma è possibile ordinare anche degli ottimi fritti, dolci e salati, preparati sul momento.

a tavola

Il Green Corner è anche un locale molto attento al fenomeno della movida, in quanto sito in uno dei luoghi di maggior affluenza di persone durante il fine settimana. Dal dopo cena in poi è possibile usufruire del servizio bar, quindi birra in bottiglia e alla spina, shots e cocktails. Il giorno di chiusura settimanale è il lunedì, ma per il resto della settimana il forno rimane acceso fino a notte inoltrata.

Green Corner Via San Pellegrino, 6

SHAO YANG (Via delle Piagge, 1/1a - 0761 305401)

cura del corpo

ADVANCED OMEGA D3 è una speciale formulazione a base di Olio di salmone selvatico pescato in modo sostenibile nelle incontaminate acque fredde dell’Alaska. Il salmone rosso d’Alaska (Oncorhynchus nerka) risulta essere una delle fonti in assoluto più ricche e più pure degli acidi grassi EPA e DHA (omega-3). L’olio di salmone selvatico d’Alaska presenta infatti un rapporto omega-3/ omega-6 molto alto (15:1) e quindi aiuta a bilanciare la quota di omega-6 introdotta con la dieta in modo da ricreare un rapporto equilibrato. Gli omega-3 EPA e DHA contribuiscono alla normale funzione cardiaca. Il DHA contribuisce al mantenimento della normale funzione cerebrale e al mantenimento della capacità visiva. Le perle softgel sono sottoposte ad un processo di purificazione brevettato che assicura l’eliminazione dei metalli pesanti, incluso il mercurio, PCB (policlorobifenili) e altri inquinanti ambientali, mantenendo allo stesso tempo l’integrità dell’olio. Shao Yang Via delle Piagge, 1/1a

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ADVANCED OMEGA D3 fornisce anche vitamina D3, una vitamina importante in molti distretti (ossa, denti, sistema immunitario e muscoli) e il carotenoide Astaxantina da Haematococcus pluvialis.

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proposte

Benvenuti nel nostro piccolo catering informazione pubblicitaria

M.G.

l catering, lo dice la parola stessa, è un servizio di rifornimento e nello specifico si tratta di rifornimento di cibo. Tramite un servizio di catering si può portare cibo ovunque. Il luogo dove viene richiesto in realtà non fa troppa differenza, ciò che la fa è la qualità del cibo stesso e la maniera di servirlo e a dipendere da questo cambia anche la percezione di questo servizio.

I

Paolo Bianchini e Antonella Pacchiarotti il valore della qualità lo conoscono bene. Il primo gestisce da anni l’Osteria Al Vecchio Orologio, un luogo che ha fatto dei migliori prodotti locali e della loro presentazione il suo biglietto da visita; la seconda è viticoltrice e persona di riferimento per l’azienda agricola che porta il suo nome. La loro è una collaborazione pluriennale che oggi si evolve in un nuovo servizio di Food & Wine Catering: l’aperitivo con il produttore è una formula con la quale vengono conciliate le note capacità di elaborazione del cibo dell’osteria e l’esaltazione del prodotto locale con banchi di salumi e formaggi preparati diretDECARTA SETTEMBRE-OTTOBRE 2015

tamente dai produttori, il tutto accompagnato da una selezione di Aleatico dei vini Pacchiarotti.

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a prova tecnica è già avvenuta in due occasioni: la prima il 5 luglio, per l’instameet #incredibletuscia, che ha visto numerosi instragramers di tutta Italia riunirsi per la promozione del nostro territorio: per l’occasione è stato preparato un aperitivo sulla piattaforma di lancio dei deltaplani con vista sul Lago di Vico. Così i presenti hanno potuto godere, oltre che del panorama mozzafiato a 840 metri di altezza, anche della caponata di melanzane e della panzanella in abbinamento all’Aleatico rosato “Pian di Stelle”. La seconda occasione è stata invece #algoritmo, festival di arte e musica contemporanea tenutosi il fine settimana del 18/20 settembre in quell’altra splendida cornice che è Civita di Bagnoregio. Per i vostri piccoli e grandi eventi, per un’aperitivo mozzafiato, per un’occasione speciale, Paolo e Antonella realizzeranno per voi qualcosa di unico.

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UNDERGROUND VITERBO (Via della Palazzina, 1 - 0761 342987) Rivenditori autorizzati:

intrattenimento

TICKETONE, LISTICKET, TICKETITALIA, POINTTICKET, BOXOFFICE LAZIO BIGLIETTERIA AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA Teatri: Sistina, Brancaccio, Conciliazione, Mancinelli, La Scala BIGLIETTERIA PER MUSEI E MOSTRE Underground

BIGLIETTERIA PER CAMPIONATI DI CALCIO E DI RUGBY

Via della Palazzina, 1

GRANI COIFFEUR (Via Orologio Vecchio, 60 - 0761 220911 - 338 6661838)

cura del corpo

L’estate ormai trascorsa… oltre ai bei ricordi e all’abbronzatura vi ha lasciato capelli sfibrati, aridi e opachi? Ci pensiamo noi! Nel nostro salone la cura e la salute del capello è al primo posto. Se un capello non è sano non è neanche bello. Da noi troverete vari trattamenti: Mineraldara (olio caldo per nutrire le lunghezze), Cascata dei sali del Mar Morto (per ravvivare il colore e tonificare la cute), Pulizia profonda della cute con olio lepismatico. Una volta al mese, potrete usufruire della valutazione gratuita di un nostro consulente che analizzerà il vostro cuoio capelluto e vi indicherà il trattamento più adatto da effettuare in salone o a casa. Mediante l’applicazione di fiale nutritive o stimolanti e miscele sinergiche di olii essenziali certificati, da utilizzare una volta a settimana per almeno un mese, potrete disporre di un ottimo coadiuvante per la caduta stagionale dei capelli o di qualsiasi altro inestetismo della cute. Queste le proposte per la cura dei vostri capelli presso il nostro salone. Parlando invece di glamour… venite subito a trovarci! Disponibile per voi in anteprima la “Trend Collection autunno/inverno 2016”.

Grani Coiffeur Via Orologio Vecchio, 60

CESARINI COSTRUZIONI E RISTRUTTURAZIONI (Strada Montarone, 2 - 348 3677481)

casa

Cesarini è una impresa a conduzione familiare operante da quasi 50 anni, con passione, nel settore delle ristrutturazioni, delle costruzioni e dell’interior design. La presentazione la fanno le stesse opere realizzate in questo lasso di tempo: costruzione, ristrutturazione e manutenzione di appartamenti, ville, casali e piscine. Cesarini riesce a realizzare opere curate nei minimi particolari offrendo un servizio completo di tutto che possa restituire un prodotto chiavi in mano. Lo slogan “l’unica soluzione per la tua casa” trova infatti il suo significato nella completezza dell’offerta: le opere vengono realizzate su misura, curando ogni settore, che si tratti di impianti elettrici, termoidraulica, falegnameria o impianti a verde. Vi rimandiamo poi al sito www.cesarini.eu per ulteriori dettagli sui servizi offerti.

Cesarini costruzioni e ristrutturazioni Strada Montarone, 2

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Oltre alla normale attività di costruzione e restauro la ditta Cesarini, nelle persone di Contaldo e del figlio Andrea, è un marchio noto a Viterbo in quanto è stata impegnata come ditta costruttrice della macchina di Santa Rosa per ben 15 anni.

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I benefici del trattamento all’ozono Un nuovo servizio da Andrea Pet Grooming informazione pubblicitaria

A cura di Andrea Pet Grooming

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cani e i gatti che che vivono in una realtà urbana hanno bisogno di cure continue, per mantenere un buon aspetto, ma soprattutto per migliorare il benessere, l’igiene e la salute, d’altronde toelettatura vuol dire proprio questo. Per questo uno degli scopi del lavoro del toelettatore è proprio quello di migliorare la qualità della vita di proprietari e animali, per cui è essenziale che abbia una conoscenza delle diverse tecniche di toelettatura, per ogni tipo di manto e per la cura della cute, in modo da raggiungere i migliori risultati in ogni caso. In quanto professionista, deve usare prodotti di altissima qualità, sapendoli scegliere tra la miriade di possibilità che ci sono sul mercato oggi. Noi di Andrea Pet Grooming nel nostro percorso lavorativo, ad esempio, abbiamo scelto sempre di mettere al primo posto i bisogni dei nostri clienti a quattro zampe, avvalendoci di diverse linee di prodotti: per il mantenimento, specifici per cute o pelo e prodotti per preparazioni per show-expo in grado di DECARTA SETTEMBRE-OTTOBRE 2015

soddisfare le richieste di qualsiasi cliente. Un nuovo servizio che il nostro negozio ha scelto di mettere a disposizione per i nostri piccoli amici è la SPA, con funzionalità idromassaggio-ozonoterapia, che offre un trattamento profondo in grado di donare la massima bellezza e benessere al manto. Mentre il cane si rilassa le bollicine della SPA agiscono sull’organismo del cane, avvalendosi anche dei numerosi benefici del ozono, assicurando pulizia e igiene della cute e rendendo il manto soffice e bello. Avvalersi di strumenti all’avanguardia è sempre importante per la figura professionale e bisogna averne uno per ogni esigenza, così da poter soddisfare a 360 gradi il cliente, che sia esso a 4 o 2 zampe. L’obiettivo degno di ogni laboratorio di TOELETTATURA, che si parli di un trattamento tradizionale o che si avvalga del più innovativo servizio SPA, sono sempre loro i nostri piccoli amici: sempre più belli, rilassati e felici! XV


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