canYoning 28 by AIC

Page 1

28

numero

notiziario dell’ASSOCIAZIONE ITALIANA CANYONING > maggio 2012

> mute stagne pro e contro

> attrezzatura personale cosa serve, cosa avere, come portarlo

l’acqua da un punto di vista inconsueto

canYoning

> acqua svelata

1


ASSOCIAZIONE ITALIANA CANYONING www.canyoning.it ^ segreteria@canyoning.it sede c/o Gruppo Speleo Stroncone piazza della Libertà 1 ^ 05039 ^ Stroncone (TR)

l’editoriale Come ogni cosa che nasce e cresce e diventa grande e a volte ingombrante, la nostra attività sta diventando adulta ma, come ogni adolescente, assume comportamenti che non sempre sono ben accetti da chi adulto lo è già. Succede così che, quasi all’improvviso, piccole amministrazioni locali si trovino a fronteggiare le rimostranze di lobby di sportivi di altre discipline o di professionisti dell’outdoor, o le lamentele di residenti la cui abitudinaria e sacrosanta quiete viene costantemente messa alla prova, o l’eventualità ben più seria della gestione di incidenti, talvolta mortali, in luoghi dove nemmeno immaginava potesse esistere un’attività che peraltro non comprende. La piccola amministrazione a sua volta si lamenta con quella più grande e così via; uno dei risultati è il recente fiorire di ordinanze e regolamentazioni della percorrenza di molti percorsi torrentistici, spesso motivate su solide basi, altre volte dettate dalla necessità di agire pur senza conoscere a fondo il problema, raramente (per fortuna) finalizzate a tutelare qualche categoria o a fare cassa. La regolamentazione di un percorso ha un valore intrinseco positivo in almeno due casi: quando si voglia tutelare l’ambiente e quando si punti alla sicurezza ed alla prevenzione. Con tutte le sfumature del caso. Nel dipartimento delle Alpi Marittime francesi, patria indiscussa del torrentismo sportivo moderno, pressoché tutti i percorsi hanno un accesso regolamentato, senza polemiche, senza doppi fini, senza trasgressioni che diventano consuetudine. Viceversa, ha un valore del tutto discutibile quando queste motivazioni vengono meno e diventa un pretesto per tassare chi pratica l’attività o per favorire una particolare categoria a discapito delle altre. Ci sono infine le regolamentazioni che, nonostante i buoni presupposti, essendo supportate più da atteggiamenti assolutisti che dalla conoscenza della materia portano a risultati incoerenti finalizzati principalmente a tutelare chi le promuove. In questo ambito l’AIC diverse volte si è proposta agli enti legislatori come interlocutore super partes, in difesa dei diritti dei torrentisti, ovviamente, ma anche dell’ambiente stesso, fornendo le conoscenze necessarie a valutazioni oggettive e perseguendo mediazioni accettabili. I risultati sono arrivati quasi sempre; gli esempi più recenti sono quelli del torrente Vione e del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, in cui l’AIC è stato riconosciuta dagli enti interessati quale autorevole interlocutore, vedendo accolti i propri suggerimenti. Anche nella spinosa questione relativa al Parco delle Dolomiti Bellunesi, il piano del Parco si è visto modificare a seguito dell’intervento della nostra associazione, benché rimanga tuttora solo su carta causa cervellotici iter di approvazione. La forza di una associazione è proprio questa, essere portavoce di una comunità e poter agire ad un livello non raggiungibile dal singolo; dentro o fuori quindi, il senso di appartenenza nasce da questo.

luca dallari ^ presidente AIC

in queste pagine ^ rio Tralba ^ Moggio Udinese ^ UD ^ foto giorgio santi


numero

28

in copertin a val Zemola ^ Erto e Casso ^ PN foto pietro torellini

redazione luca dallari daniele geuna francesco michelacci marta tosco hanno collaborato marcello carli giorgio mauri matteo rivadossi contatti c/o daniele geuna via madonnina 5 10065 pinerolo ^ to notiziario@canyoning.it rea liz z a z ion e grafica dallarik >< graphics

contributi

tecniche di riferimento

04

materiali

mute stagne

06

ambiente

l’acqua svelata

08

testimonianze

balza dell’acqua, 1988

12

ambiente

forre pulite

13

tecnica

l’equipaggiamento individuale

14

notizie AIC

X raduno internazionale AIC

18

agenda

360° info

20

news & info

dove, cosa, come

21

contributi

come un mantra propiziatorio

22

canYoning

i n dice

3


nanni pizzorni

spunti di riflessione e

canYoning

tecniche di riferimento

4

Durante l’ultimo raduno a Tavagnasco si sono verificati due eventi che meritano un approfondimento per le modalità di svolgimento e per le conseguenze che avrebbero potuto portare. Particolare che li rende ancor più interessanti è il fatto che entrambi si sono verificati nella forra di Noaschetta ed esattamente nello stesso punto: la calata da 40m stretta e battuta con forza dalla cascata. Il primo è stato un vero e proprio incidente che non ha avuto conclusioni tragiche per il semplice fatto che si è verificato un miracolo. Non ho assistito di persona al fatto e, quindi, riporto il racconto di Guido che era presente al momento dell’incidente. Antefatto: nel giorno dell’accadimento, erano presenti in forra diverse squadre per un numero complessivo di torrentisti intorno alle cinquanta unità. La progressione delle prime squadre entrate in forra era stata funestata dalle lesioni di alcune corde che innescava un meccanismo di motivato timore nelle squadre che entravano successivamente in forra e che ne venivano a conoscenza attraverso passa parola. A queste si aggiungevano notizie allarmistiche sulle condizioni della calata da 40 m sferzata dall’acqua. Sulla cascata da 40 m, è presente un contatto corda- roccia di tipo verticale e diluito su circa 2 m di lunghezza, subito sotto la partenza; la tipologia di contatto non è di quelle preoccupanti ma, ormai, si è creata una sorta di psicosi che “impone” una gestione al limite dell’esasperazione. A questo si somma il buon intento dell’operatore alla calata che opta per una gestione “alla francese”. (trattasi di una gestione che prevede uno svincolo prolungato e deciso per garantire una calata più veloce e una minore permanenza sotto cascata. La diabolica combinazione sta nel fatto che, circa 2/3 della calata sono abbondantemente annaffiati dalla cascata e tutti i componenti della squadra che scendono, tendono ad essere abbastanza veloci per evitare di rimanere sotto il getto troppo tempo. Per effettuare lo svincolo, ad ogni passaggio, vengono recuperati molti metri di corda nella convinzione che più si svincola e minori sono le probabilità di lesionare la corda. Dalle testimonianze raccolte la corda messa “a magazzino” per effettuare lo svincolo è tra i 10 e i 15 metri. A questo punto scatta la trappola. La ragazza che effettua la discesa è torrentista di buon livello ma, ahimè, poco abituata all’acqua e, in virtù di questo fatto decide di procedere veloce per levarsi velocemente del getto. A due terzi della calata, proprio sotto al getto e dove la visibilità è

praticamente nulla, la corda finisce ed esce dal discensore. La caduta è stimabile in circa 8 metri! La base della calata è in una diaclasi larga circa 1,5 m e l’acqua non è più profonda di 50 cm. Il fondale è ingombro di massi. L’arrivo in acqua è in posizione raccolta e, quindi, presumibilmente, il contatto viene suddiviso fra il fondoschiena e le gambe. La forza dell’impatto è tale che la compressione delle arcate dentarie, unitamente al fatto che ci doveva essere il fischietto in bocca, porta alla rottura di un dente incisivo. Per il resto, soltanto qualche contusione: non c’è che dire, un vero miracolo. È ovvio che in un evento del genere non ci sono colpevoli e vittime ma, solo, persone in balia delle circostanze. L’errore tecnico c’è stato e si può definire uno sbaglio grave. Ma se ci limitiamo al singolo evento stiamo facendo la madre di tutti gli errori: come sempre, l’incidente è la risultante di una serie di eventi che sono stati banalizzati o ignorati da tutta la squadra. Purtroppo, il vero problema e che, durante i raduni, ci si ritrova ad andare in forra con persone quasi sconosciute dal punto di vista torrentistico. La concentrazione viene attivata a fasi alterne: se una persona gestisce la calata, il problema è suo. Chi se la sente di far notare un errore o di mettere in discussione una tecnica con il rischio di essere invitato a farsi i fatti propri? Fino a un attimo prima stavo cazzeggiando e un attimo dopo infilo la corda nel discensore. Insomma, per farla breve, ai raduni in forra ci vanno gruppi di persone ben lontani dal poter essere definiti una squadra! L’affermazione che ho appena fatto è dura e non ammette repliche ma, a conferma che in una attività come il torrentismo nulla può essere catalogato o normato, posso affermare che in questo caso la squadra c’era ed era di buon livello: l’errore tecnico è stato la risultante di un errore di approccio psicologico: per loro stessa ammissione, le due persone più esperte hanno sottovalutato lo stato emotivo fortemente provato della “vittima” che a sua volta non ha manifestato apertamente la sua apprensione. In conclusione, l’errore tecnico è solo la risultante di un difetto di comunicazione e di una sotto stimata valutazione “psicologica”. E veniamo alla questione tecnica della gestione degli sfregamenti. Da tempo si è profondamente rimessa in discussione la tecnica di svincolo per la gestione degli sfregamenti: nella sostanza si è passati da una fase prettamente quantitativa a una fase esclusivamente qualitativa.

Il concetto che grandi quantità di corda svincolata siano il presupposto per la preservazione della stessa è un concetto ormai sostituito da uno svincolo di qualità di piccole lunghezze di corda. Questo tipo di gestione degli sfregamenti presuppone lo svincolo di piccole lunghezze di corda, costanti e solo nei momenti di reale necessità. È ovvio che una tecnica impostata in questi termini presuppone una attenta e continua applicazione dell’operatore che gestisce la calata. Per fare due esempi chiarificatori non sarà più ammissibile vedere operatori che incominciano a dare corda ancor prima che la stessa entri in contatto con la roccia o, ancora peggio svincolare senza guardare cosa accade in basso e, magari, chiacchierando con le altre persone in sosta! Concludo questo capitolo rispondendo alla domanda che tutti si staranno ponendo visto che, ormai tutto si muove in maniera schematica e normata: quanta corda è necessaria per gestire gli sfregamenti? Ovviamente è una risposta stupida a una domanda ancor più stupida visto che ogni calata ha le sue caratteristiche che dipendono dal tipo di roccia, la superficie di contatto, l’angolo di contatto etc. E non dimentichiamo che anche le corde hanno caratteristiche ben diverse le une dalle altre. Mi fermo! Se vogliamo darci una regola : un metro di corda svincolata ogni dieci metri di lunghezza. E veniamo al secondo fatto curioso. Mi ritrovo a gestire la calata proprio sulla cascata da 40m. Non conosco la forra ma nella squadra ci sono persone che l’hanno scesa due giorni prima. Di certo so che la calata più alta è l’ultima ed è una 50m. Passano tutti e mi appresto ad eseguire la manovra dell’ultimo. Non mi pongo particolari problemi poiché nessuno mi ha detto nulla e men che meno mi è stata offerta una corda per il recupero. Sono tranquillo anche perché ho la mia corda che è una 70 m. Ovviamente durante la discesa mi accorgo che il kit boule si svuota velocemente e così, a metà della parte annaffiata decido di staccarlo dall’imbrago. Dopo pochi metri lo vedo “appeso” e blocco automaticamente sul discensore. Pendolo verso destra e mi porto fuori dal getto aggrappandomi a un bi-dito! Non è una posizione comoda ma neanche estrema. Chiamo i compagni che sono di sotto per farmi attaccare la corda di recupero alla corda di calata. Tiro su la corda e noto con disappunto che le due corde sono attaccate per mezzo di due nodi di ancoraggio. Disfo il nodo sulla corda di calata con i denti (tutta la manovra è stata fatta con una mano, per giunta la sinistra, poiché la destra mi serve per tenermi alla roccia) e con il nodo della corda di recupero in mano mi ributto nella cascata e lo vado ad agganciare nel moschettone del kit boule. Riprendo la calata e arrivo in fondo per vedere Silvia con la corda di recupero in mano ma senza vedere la corda di calata. In compenso vedo molto bene il kit boule con il moschettone e l’asola strappata! Ovviamente! Guardo la cascata e, mestamente preparo


la calata da 40m nel vallone di Noaschetta, Noasca (TO), nella foto di antonio salguero

DURANTE I RADUNI CI SI RITROVA AD ANDARE IN FORRA CON PERSONE QUASI SCONOSCIUTE DAL PUNTO DI VISTA TORRENTISTICO. CHI SE LA SENTE DI FAR NOTARE UN ERRORE O DI METTERE IN DISCUSSIONE UNA TECNICA CON IL RISCHIO DI ESSERE INVITATO A FARSI I FATTI PROPRI ?

canYoning

gli attrezzi di risalita e la maschera. Mi attacco la corda di recupero all’imbrago e parto. Sono solo dieci metri ma dopo poco mi accorgo che sto respirando acqua. Incomincio a salire in apnea e vado a respirare infilandomi con la faccia nella parte più profonda del diedro. In un minuto sono sulla corda penzolante e ci aggancio la corda di recupero con il moschettone. Cambio attrezzi e sono di nuovo giù. Recuperiamo la corda e facciamo due chiacchiere sull’accaduto. Anche in questo caso veniamo alla tecnica: quando si richiede la corda di recupero ai compagni dal basso, il sistema di ganciamento può essere effettuato in un unico modo, ovvero attraverso un moschettone. Sulla corda di recupero va eseguito un nodo di ancoraggio (guide con frizione, bolina). Sulla corda di calata, a seconda della morfologia della cascata e del bacino di ricezione si opererà nei modi seguenti: a) calate asciutte e con bacino di ricezione insignificante dal punto di vista acquatico si costruisce anche qui un nodo di ancoraggio (guide con frizione o bolina) b) calate bagnate e con bacino di ricezione problematico nodo barcaiolo (nel momento in cui si staccherà il moschettone per andare ad agganciarlo nell’asola del bolina del kit boule, questo nodo si disferà automaticamente garantendo la sicurezza della discesa dell’ultimo). Considerazioni. È ovvio, anche in questo caso, che l’atto finale del fallito recupero della corda è soltanto l’ultimo degli errori commessi. Andando per ordine, riassumerei in questo ordine la nefasta sequenza. 1) Quando si scende una forra è obbligo di ciascun partecipante leggere la relazione tecnica: non si va in forra “a strascico” contando sul fatto che di certo qualcuno ha memorizzato il rilevo e sa con precisione dove si esce e la relativa strada per tornare alle macchine. Essermi fidato del fatto che un componente della squadra avesse fatto la forra due giorni prima è stato un errore. 2) Quando si fa la manovra dell’ultimo, se si ha il dubbio anche minimo che la corda non basterà, ci si premura di farsene lasciare un’altra. 3) Quando mi è arrivata su la corda per il recupero, una volta disfatto il nodo sulla corda di calata, avrei potuto aggiungere un moschettone e andare ad attaccarmi sull’asola del bolina all’interno del KB. Ho optato per la manovra più veloce confidando sull’integrità del KB. Qui finiscono i miei errori e incominciano quelli di Silvia! Vedi le considerazioni fatte sopra. Riflessione: Quando ho deciso di intraprendere la risalita, la faccia di Silvia e dello spagnolo che era li era tra lo stupito e lo sconcertato: per loro la corda era da abbandonare. E in questa loro decisione c’era molto buon senso. Risalire una cascata del genere con i bloccanti ha un senso solo se si ha ben chiara la visione globale dell’operazione che si sta per compiere. Schematizzando, ecco le regole inderogabili: a) padronanza assoluta degli attrezzi da risalita e allenamento all’uso degli stessi (tradotto in italiano corrente vuol dire essere uno speleologo) b) essere in grado di fare il cambio attrezzi in meno di 3” c) aver già eseguito questo tipo di operazione Se non si risponde a questi requisiti è meglio abbandonare la corda. Per concludere. Ovviamente e “giustamente” sono stato preso in giro per gli errori commessi. La cosa che mi lascia un po’ pensieroso è che nessuno “prima” si è interrogato su ciò che stava accadendo, a nessuno è venuto in mente di domandare se mi poteva servire un’altra corda. Siamo di nuovo all’errore che citavo prima, ovvero al fatto che chi esegue la manovra è abbandonato a se stesso e se la deve cavare da solo. Questo modo di pensare è quanto di più lontano si possa immaginare rispetto al “concetto di squadra”. “Tutti commettono errori tranne quelli che non fanno nulla. Riparare agli errori altrui è relativamente facile e molti lo sanno fare. Riparare agli errori propri è privilegio di pochi”.

5


sebastiano broili, marcello carli

Le stagne sono mute intere che di norma si utilizzano quando troviamo condizioni di forre con acqua molto fredda, percorrenze di torrenti in periodo invernale o quando c’è la necessità di stare per un periodo prolungato immersi in acqua (forre molto acquatiche e con percorrenze lunghe, soccorso in forra, ecc); più semplicemente vengono utilizzate

Le cuciture sono tutte termo-nastrate e la muta si chiude grazie ad una cerniera stagna solitamente posta in diagonale sul petto oppure orizzontale sulla zona scapolare. In linea di massima vanno usate in abbinamento con un sovra-muta, tipo tuta speleo, per proteggere la muta sottostante da abrasioni o forature; quelle da kayak

anche da chi non ha voglia di bagnarsi e avere poi il classico odore di carogna una volta uscito dalla forra.

hanno spesso sovra cucita un copri-muta in cordura.

mute stagne

foto tratta dall’archivio del Soccorso Alpino e Speleologico Umbria del CNSAS

In linea di massima le mute stagne sono realizzate con materiali diversi a seconda degli impieghi, vediamo quali. • PVC, nylon, Gore-Tex dedicate a sport quali la vela ed il kayak o al lavoro su piattaforme petrolifere e in mare aperto. • Neoprene: utilizzate per windsurf o subacquea, il vantaggio di questo tipo di mute è quello di evitare la penetrazione dell'acqua all'interno (come avviene invece per le mute umide) favorendo il mantenimento della temperatura corporea. Le prime, realizzate in PVC, nyoln o in membrana Gore-Tex, che dovrebbe permettere una maggior traspirabilità, possono avere dei rinforzi nei punti di maggior abrasione; tutte hanno le chiusure di polsi, collo e caviglie in lattice per garantire un aderenza/sigillatura ottimale. Alcuni modelli hanno il calzare in PVC integrato per non evitare che i piedi si bagnino. Le chiusure in lattice sono le più delicate e va prestata molta attenzione in fase di vestizione/svestizione per evitare di lacerarle.

Quelle da sub o windsurf sono solitamente in neoprene, con spessori differenziati a seconda delle zone del corpo e sistema di chiusura sempre a cerniera, pettorale o dorsale. Le prime sono meno delicate e non necessitano di copri muta, le seconde sono decisamente delicate e richiedono un copri-muta. Ovviamente bisogna fare in modo di mantenere costante la temperatura corporea, specie in quelle del primo gruppo visto che non possiamo sfruttare il “velo d'acqua” proprio della termicità delle umide. A questo scopo si utilizza un sotto-muta in pile, solitamente intero, abbinabile ad un intimo tecnico. Quest’ultimo permette di evitare la sensazione di bagnato dovuta al sudore che si condensa sul pile, in particolare quando ci si immerge; in questo caso infatti il sudore si raffredda e come conseguenza trasmette questa sensazione. Un strato intimo sempre asciutto tra corpo e pile previene questa sensazione. Inoltre, non potendo contare sulla galleggiabilità offerta dal neoprene, è fondamentale indossare un giubbotto galleggiante.

canYoning

Da un po’ di tempo si sta diffondendo l'utilizzo di mute stagne in ambito torrentistico e molte aziende stanno iniziando a studiare dei modelli specifici per questa attività.

6


E gli SVantaggi Uno svantaggio comune a tutti i tipi di mute stagne è che, essendo intere, si rivelano piuttosto scomode da gestire in forre acquatiche con presenza di lunghi o ripetuti tratti asciutti. Vediamo in dettaglio gli aspetti “critici” di ogni tipologia di muta stagna.

Stagne da vela in PVC Sono molto delicate (polsini-collo-cavigliere), necessitano di un copri-muta per evitare il più possibile rotture accidentali (ad esempio un ramo sommerso che crea un foro o uno strappo) ed il conseguente ingresso di acqua con perdita di calore. A causa dei vari strati di indumenti che si indossano possono limitare i movimenti.

Stagne da Kayak Sono meno delicate delle stagne in PVC ma molto più costose, hanno comunque il vantaggio di avere rinforzi e protezioni nei punti di maggiore usura. Ci si veste come con la precedente ma non serve il copri-muta così non si è limitati nei movimenti. Nel caso di quelle complete di calzari, bisogna prestare attenzione per evitare che eventuali sassolini penetrino nelle calzature col rischio di forarle; quindi è sempre meglio usare anche un calzare in neoprene leggero.

Stagne da Windsurf Hanno il vantaggio di utilizzare un neoprene molto morbido, con spessori differenziati per le varie parti del corpo, spesso hanno la parte delle ginocchia rinforzate con toppe in aramide e normalmente sono preformate così da evitare il rigonfiamento del tessuto dietro alle ginocchia stesse, cosa molto utile quando si devono percorrere lunghi tratti a piedi. Non è necessario indossare indumenti tecnici per la termicità però necessitano di un copri-muta a causa del neoprene molto delicato. Di solito hanno la cerniera orizzontale sulla schiena, difficile da chiudere o aprire senza un aiuto, ed in certi casi scomoda per trasportare lo zaino. Hanno infine un costo molto elevato. Stagne da sub In neoprene non molto morbido, quando ci si vuole rinfrescare si può lasciare entrare l’acqua, non necessitano di copri-muta. Costo accessibile.

canYoning

i Vantaggi offerti dalle mute stagne Il vantaggio maggiore, comune a tutti i tip di mute stagne, è che con le dovute accortezze si può rimanere asciutti e abbastanza caldi. Il costo è simile a quello di una muta in neoprene umida a cui va però aggiunto il costo di sotto-muta, copri-muta e giubbotto.

7


l’acqua svelata le proprietà chimiche e fisiche del monossido di diidrogeno

canYoning

Durante il Raduno Internazionale AIC di Torrentismo dello scorso anno, che aveva per tema L’acqua che berremo, si è svolta tra le altre una conferenza sulle proprietà chimiche e fisiche del monossido di diidrogeno, ossia l’acqua; a tenerla è stato Emanuele Costa, ricercatore nel settore Mineralogia al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Torino. Ne riproponiamo in queste pagine il contenuto, così non avrete più scuse...

8

L’acqua è una sostanza fondamentale per gli appassionati di canyoning, perché senza l’acqua non esisterebbero appunto i canyon… ma del resto non esisterebbe neppure alcuna forma di vita sulla Terra. Ma cos’è l’acqua? Perché questa sostanza ha delle caratteristiche uniche fra migliaia, milioni di composti inorganici? L’acqua nasce dalla combinazione di due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, e a definire la sua semplice composizione chimica fu nientemeno che il grande Lavoisier alla fine del ‘700. L’ossigeno si trova al centro, e i due atomi di idrogeno ai lati, ma angolati (con un angolo di circa 105°). Ed è il composto chimico più abbondante nell’universo, in quanto si

ritrova nei gas interstellari che permeano la nostra e altre galassie, nelle nubi molecolari giganti, nelle stelle, sui pianeti; forma le comete e altri corpi solidi che orbitano a grande distanza dal nostro sole. Ovviamente l’acqua si può trovare, in funzione della temperatura ambientale, sotto forma di gas (detto più comunemente vapore), di liquido o di solido (il ghiaccio). Pochissime altre sostanze si ritrovano allo stato liquido sulla Terra, e nessuna in quantità così abbondanti come l’acqua. La nostra Terra contiene negli oceani - che da soli costituiscono oltre il 90% delle acque superficiali - quasi 1400 milioni di km3 di acqua, e ogni km3 equivale a un miliardo di tonnellate. Molta altra acqua è contenuta nei minerali delle rocce formanti la crosta e il mantello, come anche nei magmi, internamente alla terra, per un quantitativo che potrebbe essere equivalente a 5 o 6 volte gli oceani terrestri. Presente, ma nascosta nel profondo. Altri pianeti del nostro sistema solare contengono più acqua del nostro, mentre altri ne sono praticamente privi; Mercurio ad esempio, con una temperatura superficiale di oltre 500 °C, e privo di atmosfera, è forse uno dei corpi più aridi del sistema. D’altra parte Urano e Nettuno possiedono quantità d’acqua enormi, superiori a parecchie volte la

massa del nostro intero pianeta, sotto forma di ghiaccio denso formante il mantello di tali corpi. L’acqua liquida è difficile da trovare in altri luoghi che non siano la nostra Terra, ma molti scienziati ipotizzano che sotto la crosta ghiacciata di Europa, un satellite di Giove, esista uno spesso strato ininterrotto di acqua liquida, profondo da 50 a 100 km (per inciso, lo spessore degli oceani se fossero distribuiti uniformemente su tutta la superficie terrestre sarebbe di soli 2 km). L’acqua è un bene prezioso: ricopre i tre quinti della superficie terrestre ed è apparentemente molto abbondante, ma in realtà la sua disponibilità è piuttosto limitata; per rendersene conto bisogna fare un esperimento mentale: costruire un mappamondo immaginario. La terra ha un diametro di circa 13.000 km e, come detto, la profondità media degli oceani, è di circa 2.000 m (2 km). Se quindi costruissimo un mappamondo enorme, di 13 metri di diametro (4 piani di altezza! In pratica grande come un condominio) lo strato di acqua sulla superficie sarebbe di appena 2 mm. Due millimetri su 13 metri! Neanche un dito rispetto alla lunghezza di un TIR con rimorchio… uno strato sottilissimo… inoltre, non bisogna dimenticare che la maggior parte dell’acqua è salata: il 93% di tutta l’acqua superficiale. Solo il 7% dell’acqua è dolce, e di questa, solo


circa un terzo potrebbe essere disponibile, perché oltre i due terzi sono bloccati, allo stato solido, nelle calotte glaciali (Artide e Antartide). Sul nostro pianeta l’acqua è uno dei principali agenti modellatori del paesaggio: evapora dai mari e dagli oceani grazie al calore del sole, viene trasportata sotto forma di vapore e nuvole dai venti, e riprecipita sotto forma di pioggia o neve nelle varie zone del pianeta. L’acqua che ruscella in superficie, e/o si infiltra, dissolve e distrugge la roccia formando incisioni, da quelle larghe pochi decimi di mm a quelle gigantesche come il Gran Canyon. E ovviamente anche i “piccoli” canyon, forre, gole, orridi alpini che divertono i canyonisti (scava e modella anche le grotte, ma qui diventa un divertimento da speleologi). L’acqua è talmente importante nella nostra vita che è da sempre un simbolo di assoluta sacralità, basti pensare al battesimo cristiano, o alle immersioni nelle sacre acque del Gange per gli induisti. Ma l’acqua è importante anche da un punto di vista pratico: forse non tutti sanno che alcune unità di misura di uso comune nella fisica derivano proprio dall’acqua. Per esempio il grado Celsius (°C) e il grado Kelvin (K) vengono definiti proprio dalla temperatura di punto di triplo dell’acqua (grossolanamente, il valore zero celsius si attribuisce alla temperatura del ghiaccio fondente, mentre il valore 100 della stessa scala si attribuisce alla temperatura dell’acqua bollente alla pressione di una atmosfera). Anche il kilogrammo deriva dall’acqua: è il peso di un decimetro cubo di essa. E anche la caloria, che è un’unità di misura dell’energia, deriva da questo liquido meraviglioso: una caloria è la quantità di energia che bisogna fornire a un grammo d’acqua per alzare la sua temperatura di un grado celsius (se volete essere pignoli, da 14,5 a 15,5 °C). Se usate come riferimento un kilogrammo d’acqua, avrete

la kilocaloria, quella che si usa anche per le diete. Potete fare il calcolo di quanta nutella occorra per far bollire un litro d’acqua… TEMPERATURA DELL’ACQUA? Oltre che per la fisica, l’acqua è inoltre necessaria alla vita in generale e alla semplice sopravvivenza dell’uomo in particolare. Sulla Terra, ovunque si trovi dell’acqua allo stato liquido, si trova la vita. Sul nostro pianeta la vita si è originata miliardi di anni fa, probabilmente in seguito alle reazioni fra molecole organiche contenute nel grande “brodo primordiale”, ricco di sostanze a base di carbonio e azoto, costituito dai mari e dagli oceani primitivi. Esistono probabilmente batteri ovunque si trovi dell’acqua liquida, da quella veramente molto fredda dei laghi antartici al di sotto della calotta dei ghiacci, a quella sovrariscaldata, a centinaia di gradi, dei camini vulcanici in corrispondenza delle dorsali oceaniche. Recentissimi studi hanno ipotizzato la presenza di microorganismi anche nelle rocce a profondità di decine di chilometri, ma sempre in corrispondenza di microporosità permeate dall’acqua. Il nostro organismo ne contiene una quantità varia, tra l’85% del neonato fino al 50% della persona anziana. La media in un adulto è di circa il 65-70%, equivalenti a 56 kg di acqua in una persona di 80 kg. Per mantenere questo quantitativo di fluidi, un uomo deve assumere da mezzo a due litri di acqua al giorno, sia sotto forma di acqua contenuta negli alimenti, sia direttamente come bevanda. Solo in casi eccezionali, come in climi molto caldi e aridi, possono essere necessari fino a 6-7 litri di acqua pro die. Parlando di fluidi e di acqua, ad esempio nel nostro corpo circolano da 5 a 6 litri di sangue. Il cuore pompa circa 5 litri di sangue al minuto, a riposo. Quasi 1500 litri al giorno, 500 metri cubi all’anno, piscine intere nell’arco di una vita. Ancora, nel nostro organismo quasi tutte le sostanze di

Figura 1 – Molecola d’acqua. Un “ritratto” abbastanza fedele di come si presenterebbe una molecola di monossido di diidrogeno, comunemente detta acqua, ai nostri occhi. Si possono osservare l’atomo di ossigeno, al centro, e i due atomi di idrogeno ai lati. Immagine wikipedia di pubblico dominio.

Figura 2 – La Terra e Urano messi a confronto in un’elaborazione grafica della NASA. Si può notare come il pianeta Urano sia notevolmente più grande Terra, con una massa circa 14 volte quella del nostro pianeta. Oltre metà di questa massa potrebbe essere costituita da acqua. Immagine NASA di pubblico dominio.

canYoning

Se l’angolo tra i legami ossigeno–idrogeno fosse anche solo di poco diverso da quello misurato di 104.45°, l’acqua sarebbe completamente diversa da come la osserviamo, e quindi, forse, anche la vita come noi la conosciamo. Per esempio, se l’angolo fosse più stretto (es. 100°) l’acqua congelerebbe a temperatura più alta, e potrebbe essere solida perfino a 20 °C; se fosse più ampio (es. 110 °C) evaporerebbe con maggiore facilità e potrebbe bollire appena a 70 °C (addio spaghetti….).

9


scarto da eliminare (composti azotati, ammonio, proteine, cloruri, sodio e potassio in eccesso, etc.) vengono portate dalla circolazione sanguigna verso i reni. Ogni rene filtra circa 180 litri di acqua al giorno (!) eliminando sali e residui. In media, una molecola d’acqua che entra nel nostro organismo si ferma dentro di noi per una settimana circa, prima di essere eliminata con il sudore, le urine o il respiro. Rinnoviamo l’acqua del nostro corpo più volte al mese.

Acqua: 65% Proteine: 16% Lipidi: 13% Sali minerali: 5% Glucidi: 1% Vitamine: tracce

Figura 3 – L’acqua e l’uomo L’immagine mette in evidenza quanto sia importante l’acqua nel nostro metabolismo, costituendo essa, in media, il 65% della nostra massa corporea. Immagine wikipedia di pubblico dominio.

E dopo aver letto tutte queste notizie interessanti sull’acqua, continuiamo pure a tuffarci dentro alle pozze profonde, a prendercela dritta sulla testa (e giù per il collo) appesi su di un salto, scivolate con essa lungo i tobogan, nuotateci dentro… ma sappiate che lo fate in compagnia di una sostanza unica, meravigliosa, incredibile, anomala, rara, preziosa, vitale. Massimo rispetto per l’acqua. Sempre!

Una molecola d’acqua che evapora dalla superficie del mare rimane in atmosfera mediamente, per circa 9 giorni. Poi precipita sotto forma di pioggia, o neve, da qualche parte nel mondo. Se ricade negli oceani, vi rimane intrappolata (sempre in media) per oltre 3000 anni. Nel caso della neve, che può accumularsi per lunghi periodi, le cose sono ancora diverse: in Antartide sono stati prelevati ghiacci di oltre 400000 anni d’età, costituiti da molecole d’acqua precipitate 4000 secoli fa sotto forma di neve.

canYoning

Quando lo scienziato e astronomo svedese Anders Celsius inventò la sua scala nel 1742, questa era invertita: alla temperatura dell’acqua bollente corrispondeva lo zero e a quella del ghiaccio fondente veniva assegnato il valore di cento. Fu il grande botanico e naturalista Linneo (anche lui svedese), che usava i termometri per misurare con esattezza la temperatura nelle sue serre, a invertire la scala nella forma che usiamo ancor oggi. Essendoci cento divisioni tra i due valori scelti come riferimento, questa scala (e l’analoga scala Kelvin, che si ottiene sottraendo il valore fisso di 273,15 alla scala Celsius) viene detta centigrada, e i gradi ad essa riferiti si dicono sovente gradi centigradi.

10

a sinistra: torrente Bouro, Valdayas (AO), foto luca botto a destra: torrente Callora, Roccamandolfi (IS), foto gianni di salvo


canYoning

la maggior parte dell’acqua è salata: il 93% di tutta l’acqua superficiale. Solo il 7% dell’acqua è dolce e, di questa, solo circa un terzo è disponibile

11


“Il giorno dopo, entrammo in squadra, una decina di tecnici del soccorso speleo, tra neve, ghiaccio e cascate. Portammo fuori i corpi dei due sfortunati. Quel che è descritto nel libro è la storia nuda e cruda. Dopo quell’incidente, 1988, iniziai a parlare di forre nel soccorso.” Giuseppe Antonini

Forra della Balza dell’Aquila, Monte Catria, Marche. Un gruppo di cinque alpinisti decidere di scendere la forra in “invernale”. È marzo e lo scirocco sta sciogliendo la neve mentre in forra c’è ghiaccio ovunque. Raggiunta la cascata di 25 metri, gli alpinisti sono già provati a causa dell’acqua di fusione che li ha inzuppati (indossano un abbigliamento tipicamente alpinistico: pantaloni alla zuava, giacca a vento, ecc). Scendono i primi tre, mentre i due più esperti chiudono il gruppo. Il penultimo usa un discensore autobloccante per corda doppia: tuttavia, non sentendosi sicuro di trattenere le corde a causa delle mani gelate, si assicura ulteriormente con un Prusik. Scesi i primi metri di parete si va in vuoto e lui, sbilanciato dal peso del sacco, si rovescia e mette in tiro il Prusik, finendo sotto un getto di circa dieci litri al secondo. A questo punto tenta di sbloccarsi, mentre da sotto cercano di spostarlo dalla cascata; ma dopo circa un minuto si rovescia definitivamente senza dare più segni di vita. Il compagno che era rimasto sopra scende fino da lui con due Prusik nel tentativo di portare soccorso, ma anch’egli finisce in balia dell’acqua e vede che per il suo compagno non c’è più nulla da fare. Compresa la situazione di estremo pericolo, tenta di liberarsi dei Prusik, ma scopre che si sono inchiodati sulle corde e che con le mani gelate non riesce a mollarli. In un estremo tentativo di salvarsi cerca di sfilarsi l’imbrago e di proseguire la discesa in doppia, ma quando ormai sembra esserci riuscito, ecco che uno scarpone gli si incastra in un cosciale, bloccandolo. Rimane appeso a testa in giù e finisce per morire anche lui.

canYoning

Si è trattato di una situazione in cui la presenza di un Prusik, e la sua affidabilità, ha innescato un processo che ha ucciso due persone. È un esempio secco e terribile di quanto abbiamo più volte affermato in questo libro: la sicurezza è una catena di cui fanno parte i nostri compagni, i nostri materiali, le nostre capacità di usarli, le nostre capacità di affrontare le varianti. Ne fanno parte tutti questi parametri, non solo “l’evitare il rischio di precipitare”. Avanzare con una “Progressione sicura” è mettersi in una configurazione (soprattutto mentale) tale che, quando capiterà l’emergenza, saremo capaci di uscire da tutte le situazioni che si potranno presentare. Discensori autobloccanti, Machard, corde di grande diametro, moschettoni formidabili, mezzi barcaioli, autobloccanti meravigliosi e via elencando: tutto queste cose, senza una adeguata preparazione mentale, si riducono a strumenti che usiamo per esorcizzare le nostre paure, non per aumentare la nostra sicurezza.

12

giuseppe antonini, giovanni badino da Grotte e forre - Tecniche speciali e di autosoccorso, Erga Edizioni, giugno 1997


forre

pulite

Si è svolta il 19 novembre scorso la pulizia di Fosso Pito, nota forra in provincia di Ascoli Piceno nella piccola e omonima frazione dell’alta valle del Garrafo, per far fronte alla richiesta partita dall’AIC in collaborazione con il programma “Clean up the world”!! Un gruppo di volontari impavidi del freddo ha cosi iniziato l’opera in prima mattinata con l’avvicinamento e la pianificazione della progressione con la sponsorizzazione di Vertigini Sport che ha fornito il materiale per lo stoccaggio dei rifiuti. Non poche le problematiche della logistica che sin da subito hanno messo a dura prova lo scorrimento per via del recupero forzoso di alcune bombole di gas e lamiere intere. Per fortuna la scarsa acquaticità data dalla stagione tranquilla ha permesso il ritrovamento in ogni rovo di centinaia di pezzi di plastica frutto sicuramente di uno scarico abusivo di rifiuti urbani nelle vicinanze del fosso tanto da stupirci per il quantitativo. E nemmeno a metà mattinata ci si è accorti che quella che era partita con un bel “andiamo a togliere qualche bottiglia” si è trasformata in una e propria bonifica ritrovando nei meandri delle calate finali addirittura elettrodomestici, ruote intere e parti di motorini. Il lavoro svolto oltre che ad essere per puro spirito naturalistico è svolto affinché sempre più enti e persone riescano a comprendere la bellezza di paesaggi naturali e il nostro profondo rispetto per scenari incantevoli di mutabile bellezza nell’ottica di uno sport outdoor ad alto livello specialistico. Possiamo dire dalla nostra che è stato bello vedere per tutta la giornata persone con il sorriso, sicure di sapere quello che fanno, sicure di sapere che dobbiamo schierarci ancora una volta contro chi pensa di abusare della natura, sicure di far parte di un gruppo che si è cimentato nel pulire un po’ qua e po’ la perché luoghi come questi vanno protetti e ammirati con il fascino di sapere che sono secoli che son lì pronti ad evolversi al mutare delle condizioni. Il paesaggio incantevole della forra di Pito con la sua faglia e la roccia color bianco ha contornato la giornata nel mezzo di colori invernali e foglie che riempivano tutto intorno . “Vogliamo rifarlo” o “perché non andiamo a pulire anche il Garrafo?” questi sono i pensieri che ci passavano per la testa alla fine della giornata ma purtroppo il sole in questi giorni è inclemente con noi e alle 17 tutti a casa. Torneremo forra e, te lo promettiamo, con noi sarai sempre pulita. pietro torellini

ugo bettini

canYoning

l’intervento nel fosso Pito del Gruppo Zompafossi Montefranco, conclude le iniziative AIC Puliamo la Forra 2011

13


tecnica

equipaggiamento individuale

canYoning

foto tratte da Internet

a cura della scuola nazionale canyoning

perché avere tante cose e non accontentarsi solamente di due moschettoni

14

È finalmente arrivata la primavera, le forre si riempiono di acqua e il bel tempo ci invoglia a programmare le nostre uscite torrentistiche. Ed è anche giunto il momento di fare un bel controllo alla nostra attrezzatura, giusto per togliere la patina di polvere invernale. I più bravi avranno riposto tutto in ordine alla fine della scorsa stagione ed ora dovranno solo controllare di avere tutto. Altri staranno magari cercando in cantina il calzare che manca o dove hanno nascosto quel moschettone che usano come portafortuna. Alcuni, invece, non hanno mai smesso di andare nei canyon, anche se ci hanno rimesso qualche ghiera dei moschettoni, saltata per il ghiaccio. Per tutti, però, è il caso di fare una check-list e controllare di avere tutto e che sia tutto in ordine. È questa l’occasione per verificare lo stato delle corde, la loro effettiva lunghezza, per oliare le ghiere dei moschettoni o riparare le mute. Ed è opportuno verificare di avere tutto il necessario e che sia ben funzionante ed adatto allo scopo. Come dotazione standard individuale prendiamo ad esempio quanto viene richiesto dalla Scuola Nazionale Canyoning per i corsi di 2° livello, cioè quello che dovrebbe avere un torrentista di medie capacità, autonomo nella progressione. Certo, qualcuno dirà che per andare in forra bastano due moschettoni e un cordino. Vero, infatti rientra nelle prove alle quali vengono sottoposti gli aspiranti istruttori. Ma è anche vero che avere il materiale giusto aiuta nelle diverse condizioni nelle quali ci si può trovare. Attenzione però: vale sempre la regola che non è il materiale a fare il torrentista. Quello che si compra e si porta con sé va anche conosciuto alla perfezione e bisogna saperlo usare bene!

Muta Dovrebbe essere scontato, ma è sempre bene ripetere le cose; per andare in forre dove c’è acqua occorre indossare una muta. È fondamentale per proteggere l’organismo dalla temperatura dell’acqua. Il tipo di muta varia a seconda che si frequentino ambienti temperati o più freddi. Normalmente, la scelta si orienta su una muta umida in neoprene da 5 mm in due pezzi: salopette e giacca. Le mute più specifiche per il canyoning, spesso fatte su misura, hanno protezioni sulle parti più delicate, gomiti e ginocchia. Alcune sono dotate di tasche (molto comoda quella sul pettorale per le cesoie). L’importante è che la muta vesta bene, consentendo una progressione in libertà, ma che al contempo non sia troppo larga da far circolare troppo l’acqua (per le mute stagne vedere l’articolo a pag 6, ndr). Calzari in neoprene Si usano calzari senza suola, tipo calzino per intendersi. Vanno indossati come calze normali, per isolare il piede dal freddo. A seconda delle esigenze si usano calzari da 3 o da 5 mm.

Cappuccio in neoprene Se non già integrato nella muta, è fondamentale da avere con sé e a portata di mano, anzi, di testa. Va ricordato che una buona parte della temperatura corporea si disperde proprio dal capo. Inoltre, protegge i timpani dal colpo d’ariete quando ci si tuffa. Scarpe Basta vedere persone in forra con calzari da surf! E inutile dire che ormai non si usano più scarpe da ginnastica o da trekking, ma calzature specifiche. Purtroppo, i modelli in commercio sono pochi e alcuni anche costosi., D’altronde, una buona scarpa fa la differenza. Una suola con una buona tenuta permette di muoversi velocemente e in sicurezza. Guanti La regola generale è che quando si manovra una corda bisognerebbe indossare un paio di guanti, per proteggere le mani dalle abrasioni: provate a gestire una corda che inizia a scorrere troppo velocemente! Nel nostro caso, devono

proteggere anche dal freddo. Sconsigliati i guanti in neoprene senza protezioni, a meno che non se ne possegga una fabbrica: sono troppo delicati.

Un buon compromesso sono i guanti tipo da ferrata oppure i guanti da lavoro in nylon con rivestimento in poliuretano. Casco Non esiste il casco da canyoning. Quello che si usa è un casco da alpinismo o da speleologia, purché sia certificato EN 12492. Deve essere rapidamente regolabile, aspetto


importante per chi indossa il cappuccio solo nei tuffi, deve avere una forma avvolgente e che offra poca resistenza all’acqua (cioè che non faccia da paracadute), che galleggi (meglio quindi quelli con la calotta interna in materiale espanso) e che abbia la possibilità di fissare agevolmente una lampada frontale elettrica. Sul casco va anche fissato il fischietto. Perché non si usa un casco da canoa? Perché pensiamo sempre al rischio prevalente; è più facile sbattere la testa mentre si nuota o beccarsi in testa qualcosa caduto dall’alto, tipo un sasso o un moschettone caduto al nostro compagno? Imbragatura E ora passiamo ai materiali più tecnici. Non vi è differenza normativa tra alpinismo, speleologia o canyoning (norma EN 12277). Le differenze, e non da poco, sono sul piano funzionale. Quelle per speleologia sono troppo basse e, generalmente, meno confortevoli; quelle per alpinismo resistono meno alle abrasioni e hanno il punto di attacco che obbliga il discensore a ruotare di 90°. La soluzione ottimale è un imbrago basso specifico da canyoning, con un punto di attacco (anello di servizio) addominale parallelo al corpo, con asole porta materiali laterali e triangolo di protezione in pvc. Meglio scegliere un modello che sia regolabile, con una fascia lombare e una seduta confortevoli. Il punto di attacco addominale deve essere abbastanza in alto, per evitare il ribaltamento del corpo quando si è investiti dal getto d’acqua. Un ottimo imbrago è l’Iguazu della Edelrid, anche se si fa pagare.

intera (ne servono circa 3 metri), meglio se di piccolo diametro (circa 9 mm) con nodi delle guide alle estremità e nodo trilonge - un nodo particolare che consente di dissipare l’energia in caso di caduta - al vertice, cioè al punto di attacco sull’imbrago (“canYoning” n° 24, pag 12, ndr).

Una buona alternativa è costituita dalla longe preconfezionata, modello Spelegyca della Petzl, anche se non è possibile regolare la lunghezza dei due rami individuali. Tassativamente da escludere, invece, le longe fatte con materiali anelastici, quali cordini in kevlar, che non reggerebbero in caso di caduta, o le daisy-chain, troppo delicate e il cui uso rischia di far commettere errori mortali. I moschettoni che usiamo sulla longe sono tutti e due con ghiera a vite; in alternativa, sul ramo corto si può usare un moschettone con doppia leva di sicurezza, tipo Kong Tango, Salewa Attack o CT K-Advance. La longe va collegata all’anello dell’imbrago con una maglia rapida rettangolare n. 7 o 8, oppure, se il punto di attacco dell’imbrago è metallico, facendo il nodo trilonge direttamente nell’anello. Al bando longe collegate con moschettoni, anellini portachiavi, ecc. Fischietto Fondamentale per comunicare con segnali convenzionali, deve funzionare anche se bagnato; non vanno quindi bene quelli con la pallina interna. Uno dei migliori fischietti in vendita è il Fox 40 Classic.

3 fischi = LI-BE-RA (corda libera, si può scendere, si può proseguire) 4 fischi = RE-CU-PE-RA (quando, per errore, si è data troppo corda e, a fine manovra, si deve recuperarla verso l’alto) Più fischi in sequenza rapida = indica una situazione di pericolo. 1 Discensore di progressione Il discensore polivalente che si usa è il tipo ad otto, con tutti i suoi pregi e con i suoi difetti. L’importante è che sia di tipo classico e di dimensioni generose. In alternativa, si usa il Pirana della Petzl. Altri discensori, pur essendo validi, non hanno al momento rivoluzionato la tecnica. S i a l ’ O t to s i a il Pirana vanno tassativamente utilizzati con un moschettone HMS (o H) di grandi dimensioni, con sistema key-lock, cioè senza dentini e a tripla sicurezza, ovvero con tre distinti movimenti per aprirlo. Il moschettone più funzionale allo scopo è il Petzl William Triact-lock, che è tra l’altro l’unico che lavora veramente bene con il Pirana; a tale proposito, la Petzl pubblicizza il Pirana in abbinamento con il moschettone Attache: non ascoltateli, il moschettone è troppo piccolo e lavora malissimo in doppia. Quindi, niente moschettoni senza ghiera o con ghiera automatica, niente moschettoni ovali, asimmetrici o di piccole dimensioni. 1 Discensore di servizio è il discensore che si usa per le manovre all’ancoraggio, per calare un compagno, bloccare una corda, ecc. Si usa un Otto classico, dalla forma convenzionale e di grandi dimensioni. Va usato in abbinamento a un moschettone HMS a grande apertura con ghiera a vite, utilizzabile anche per quando si usa un sistema di svincolo con nodo Mezzobarcaiolo, tipo il Petzl William Screw-lock.

Piuttosto valido è anche il Petzl Canyon, anche se è penalizzato dal fatto che l’anello centrale non è metallico, ma in Dyneema.

Va fissato al casco con un cordino sottile, anche elastico, che possa rompersi con un carico di rottura inferiore ai 20 DaN. La lunghezza del cordino deve essere sufficiente per arrivare a portata della bocca, ma non troppo lungo da attorcigliarsi attorno alla corda. Inutile e pericoloso legare il fischietto alla cerniera della muta, attorno al collo o tenerlo nella tasca dello zaino. Ricordiamo i segnali codificati in uso in Italia da chi pratica torrentismo in maniera organizzata (AIC-SNC, CNSAS, CAI): 1 fischio = STOP! (blocca la manovra, ferma la calata) 2 fischi = CA-LA (dai corda, cala)

1 Moschettone senza ghiera a grande apertura è l’unico moschettone senza ghiera facente parte del corredo del torrentista; si usa come moschettone di rinvio per le calate in corda doppia, nei punti intermedi dei mancorrenti o nei deviatori. Deve essere di generose dimensioni, con una grande apertura e con sistema keylock. Il modello più diffuso che risponde a queste caratteristiche è il Kong Large Multiuse #717. 3 Moschettoni a base larga con ghiera

canYoning

Longe Fondamentale per le manovre in forra. È quel dispositivo che permette di appendersi in sicurezza ad un ancoraggio esposto o di raggiungere la sosta usando un mancorrente. La norma EN 354 prevede che la longe sia un cordino di posizionamento con lo scopo di collegarsi ad un punto di ancoraggio o alla corda. I cordini di posizionamento in commercio sono inadatti ad assorbire energia, proprio perché concepiti solo per il posizionamento. Ecco perché le longe devono essere utilizzate mantenendole sempre in tensione e in situazioni di rischio potenziale con fattore di caduta non superiore a uno (in pratica, bisogna esseri appesi alle longe e non agganciare il moschettone ad un punto che sia più in basso dell’imbrago). La longe che usiamo è doppia, ad “Y”, con rami asimmetrici, uno lungo e l’altro più corto. Le longe possono essere confezionate in corda dinamica

15


a vite Devono essere moschettoni adatti per il nodo Mezzobarcaiolo. Tipicamente lo sono quelli marchiati HMS (o H). Ovviamente anche questi con sistema key-lock. Questi moschettoni servono per tutte le manovre di allestimento e progressione con corda. Dovendoli acquistare, consigliamo che uno dei tre sia il modello Napik della Kong, un moschettone simmetrico ideale per l’uso con nodo Mezzobarcaiolo raddoppiato e in abbinamento con la carrucola. 1 carrucola Utile per scendere una teleferica, per tensionare la corda portante della stessa, per costruire un paranco nei recuperi. Deve essere a flange fisse, non basculanti. La Fixe Petzl ha una puleggia che gira su bronzina e quindi fa più attrito; per contro è più insensibile al deterioramento che deriva dall’uso in acqua dove la sabbia penetra più facilmente. Costa un po’ di più, dura un po’ di più. Funziona un po’ peggio. L a K o n g Tu r b o , invece, ha la puleggia più grande che gira su cuscinetto e quindi fa meno attrito, ma è più sensibile al deterioramento. Costa un po’ di meno, dura un po’ di meno, funziona un po’ meglio. A voi la scelta. Attenzione alle carrucole d’emergenza costituite da una sola puleggia in nylon da installare su un moschettone: sono carrucole concepite per movimentare carichi, non persone! 1 rinvio con moschettoni con ghiera è il normale rinvio d’arrampicata in fettuccia, di lunghezza media (circa 17 cm). Serve per tanti scopi: allungare il punto d’attacco dell’ancoraggio, al posto del moschettone di servizio per agevolare la permanenza sulla sosta, a distanziare il freno dal moschettone di rinvio, quale deviatore, ecc. Va usato insieme a 2 moschettoni con ghiera a vite. Uno dei due è del tipo HMS, meglio se simmetrico (Petzl Attache, Kong Napik). Su questo, e solo su questo, si monta il gommino per fissare la fettuccia (es. Petzl String). Dall’altro lato è bene che il moschettone sia asimmetrico, con forma trapezoidale e con un angolo acuto al termine della parte rettilinea. Non vanno bene quindi i moschettoni HMS o quelli paralleli. Per avere un’idea, i modelli idonei sono l’Argone K Kong o il Positron Screwgate Black Diamond.

canYoning

Dovendolo comprare, se ne possono prendere due uguali: sarete così pronti per fare una serie di manovre più tecniche, quali, ad esempio, il freno a cuore.

16

2 spezzoni di cordino in kevlar Ciascuno deve essere lungo circa 170 cm, con diametro tra i 5 e i 6 mm, meglio se di 5,5 mm.

Servono per fare i nodi autobloccanti, da usare per interventi di autosoccorso, per tensionare una teleferica, ecc. Uno dei due va preparato chiudendolo ad anello, con un nodo triplo inglese. L’altro va tenuto pronto, con due asoline alle estremità, per fare un nodo treccia. L’ideale sarebbe tenere i due cordini pronti all’uso con i propri moschettoni con ghiera a vite, con il lato chiuso che sia rettilineo. Cesoia Indispensabile per l’intervento di autosoccorso. Deve essere in grado di tagliare al primo colpo una corda anche non in tensione, usando una mano sola. Ce ne sono di ottime, con il manico arancione, in vendita nei negozi specializzati e che costano poco. Ve ne sono di apparentemente simili, che costano di meno e in vendita nei grandi magazzini, che però non tagliano niente. Quelle più diffuse e adatte sono prodotte dalla Coltellerie Spadon o da A.E. Coltellerie Antonini, entrambe di Maniago (PN).

Ad ogni modo, è bene che le cesoie siano assicurate con un cordino elastico, in modo da prevenire il rischio di perderle. Vanno posizionate in maniera da averle sempre a portata di mano. Pertanto, a meno di non avere un’apposita taschina sulla muta, bisogna trovare una soluzione idonea. Chi usa il pettorale per il bloccante ventrale, può sfruttarlo anche per questo scopo. Il posto ideale per le cesoie è sul petto. Fondamentale poi che la cesoia di soccorso non sia utilizzata per altri scopi, in modo da essere sempre ben affilata per l’emergenza. Per tagliare vecchi spezzoni di corda che si trovano sugli ancoraggi, è bene usare un secondo paio di cesoie da tenere nella tasca dello zaino. Coppia di bloccanti meccanici Sono quelli specifici per la risalita su corda. Il bloccante ventrale deve essere collegato all’anello di servizio dell’imbragatura con una maglia rapida, tenendolo il più in basso possibile. Va inoltre abbinato ad una fettuccia pettorale, regolata sulla propria taglia, per sostenerlo in posizione verticale. Il bloccante mobile, la maniglia per intendersi, si collega invece alla longe lunga. Sul moschettone della longe lunga si collega anche la staffapedale. Non è importante che il bloccante mobile sia sempre indossato. L’importante è che il sistema di risalita sia a portata di mano, pronto per essere usato. Anelli in fettuccia Almeno 1 da 120 cm. Serve per collegare 2 punti di ancoraggio, come staffa-pedale di fortuna, per allongiarsi, per allungare un ancoraggio, ecc.. Attenzione a quelli superfini in dyneema, larghi circa 8 mm: se si usano annodati (es. per collegare due chiodi facendo un ancoraggio semimobile) il carico di rottura si abbassa paurosamente! Sacca da lancio è una piccola sacca che contiene una sagola

galleggiante in polipropilene, normalmente lunga 15 metri. Serve nei percorsi molto acquatici, da lanciare alle persone in difficoltà per aiutarle ad uscire dalla corrente. In queste situazioni, è bene tenere la sacca da lancio sull’imbragatura, pronta all’uso. È anche comoda per recuperare corde corte. Attenzione però che queste corde hanno un carico di rottura bassissimo, di circa 250 kg. Non vanno assolutamente usate per calarsi! Bidoncino stagno Oltre a contenere qualche barretta energetica (o il panino se non riuscite a farne a meno), ha anche lo scopo di far galleggiare lo zaino. All’interno deve avere: - 1 lampada frontale elettrica, meglio se a led; non si sa mai che siate costretti a passare la notte all’addiaccio - candele e accendino; utili per illuminare, accendere un fuoco, scaldarsi - telo termico d’emergenza, utile per isolare il corpo in attesa dei soccorsi o per costruire un bivacco d’emergenza - pastiglie per potabilizzare l’acqua - piccolo kit di primo soccorso - maschera da sub leggera, del tipo da apnea, per controllare il fondo delle vasche prima di tuffarsi o recuperare attrezzatura persa in fondo ad un a pozza Zaino da torrentismo Ne esistono di diverse marche e dimensioni. L’importante è che sia galleggiante, resistente all’acqua, e con un volume compreso tra 45 e 55 litri. È conveniente che abbia delle griglie laterali estese fino al fondo ed ampi occhielli sul fondo, per svuotarlo rapidamente dall’acqua. Volumi inferiori sono insufficienti, considerando che lo zaino deve contenere, oltre al bidoncino stagno, anche il kit-boule con 60 metri di corda. Pericolosissimi i tubolari tipo speleo, anche se muniti di griglie o fori, poiché la struttura degli spallacci crea difficoltà al momento di liberarsene, spingendo la testa della persona sott’acqua. Anche gli zaini classici da montagna ormai non si dovrebbero più vedere in forra: si appesantiscono e si rompono facilmente. Ottimi modelli specifici sono i prodotti Resurgence, di ottima qualità, ma dal prezzo elevato. Una buona alternativa può essere costituita dagli zaini Rodcle, molto simili, con una discreta qualità ed un prezzo più contenuto.

Materiale di squadra Si intende con questo termine tutta l’attrezzatura di uso comune, quali corde, kit-boule, sacco d’armo, trapano, spezzoni di corda da taglio, materiale per ancoraggi, ecc. Ma di questo se ne parlerà in un altro articolo.


in questa pagina Gabriella, istruttore SNC, indossa tutta l’attrezzatura descritta in queste pagine, sistemata addosso in modo ideale.

canYoning

pagina 16. Camp Comfort Fingerless Gloves pagina 17. imbrago Edelrid Iguazu | trilonge confezionata con corda dinamica intera da 9 mm | fischietto Fox 40 Classic | discensori Petzl Pirana e Kong 8 Classic pagina 18. carrucola Petzl Fixe | moschettone asimmetrico Black Diamond Positron Screwgate | cesoia Antonini SOS | zaino Rodcle Gorgonchon

17


10° Raduno Internazionale di Canyoning organizzato dall’Associazione Italiana Canyoning

CANYONING: sport e avventura | VALTELLINA 2012 Delebio, 4 - 12 Agosto 2012 in collaborazione con Odissea Naturavventura

Canyoning: sport e avventura! Da gridare come uno slogan o da gustarselo come definizione, per noi il torrentismo è tutto quello che sta nel mezzo. Di personale, tecnico o astratto. Godendo della fortuna di praticare la più remunerativa delle attività sportive legate alla montagna. In barba al no limits, all’individualismo e all’adrenalina, la magia di un gruppo, dell’acqua, del fluire con essa. Il raduno che vorremmo parte da qui. L’occasione di ritrovarsi appunto tra fortunati di mezza Europa a raccontare di fiumi, immagini e racconti. Portare, condividere, raccogliere cose ed emozioni. Ora in sottofondo potresti sentire lo scroscio di una cascata. Ti avvicini al bordo con le suole incollate. La pozza è laggiù, d’un verde intenso. Magnetico. La scusa per tuffarti quest’anno la mette Odissea Canyoning, la pregiata materia prima quel fantastico triangolo tra Lario, Valtellina e Chiavennasco. Ma i contenuti e le proposte quelli li aspettiamo da te. Uscite trasversali, tavole rotonde, proiezioni no stop, concorsi, gimkane: ci proviamo? Delebio, correva l’anno 2012.

assemblea ordinaria dei soci Durante il mini raduno Torrentisti in Garfagnana 2012, organizzato da Luca Politi presso il camping Pian d’Amora a Coreglia Antelminelli, in provincia di Lucca, dal 2 al 3 giugno, si svolgerà l’Assemblea Annuale Ordinaria dei soci dell’Associazione Italiana Canyoning. L’Assemblea si terrà nei locali messi a disposizione all’interno del campeggio, in data sabato 2 giugno, alle ore 16.30 in prima convocazione ed alle ore 17.00 in seconda convocazione, per dare modo ai partecipanti sia di inforrarsi che di partecipare al cenone di sabato sera. All’ordine del giorno, che per la verità al momento di andare in stampa non è ancora definitivo, ci saranno la relazione del Tesoriere sull’andamento economico dell’associazione, la conseguente approvazione del bilancio consuntivo 2011 e del bilancio preventivo 2012, il raduno 2012, la vita associativa, lo stato dei coordinatori regionali, varie ed eventuali ad libitum.

canYoning

progetto ProCanyon 2012

18

Continua lo sviluppo del progetto ProCanyon, grazie al contributo di Kong che da sempre fornisce il materiale per l’attrezzamento dei percorsi. Dallo scorso marzo è possibile sottoporre le proposte di attrezzamento al direttivo per l’approvazione. Come è noto, gli scopi che il progetto persegue sono quello di creare aggregazione a livello locale, coinvolgere i soci nelle attività dell’associazione, fornire un servizio ai frequentatori delle forre italiane, promuovere un evoluzione dello stato dell’arte dell’attrezzamento, rendere pubblico l’impegno dell’AIC a favore della pratica in sicurezza del torrentismo. Di recente è stata introdotta la figura del “referente di sito”, ovvero colui che si occupa di rilevare lo stato manutentivo degli ancoraggi, concertando con il responsabile tecnico del progetto eventuali interventi di ripristino. Questa scelta dovrebbe rendere meno gravoso l’impegno del referente tecnico, responsabile delle fasi di attrezzamento, e facilitare una supervisione più costante e presente del percorso; inoltre, a differenza del responsabile tecnico, il referente di sito non deve soddisfare requisiti tecnici particolari per rivestire l’incarico ma semplicemente garantire presenza sul territorio. Il coordinatore del progetto ProCanyon, all’interno del direttivo, si può contattare scrivendo a canyon@canyoning.it.


archivio fotografico AIC Chiediamo ai soci di collaborare all’archivio fotografico AIC inviando foto di forre, eventi sociali AIC, raduni e quant’altro riguardi il torrentismo. Responsabile dell’archivio è Pietro Torellini, sicuramente il miglior fotografo di torrentismo in circolazione (e non solo in AIC). Le foto potranno essere utilizzate per molteplici scopi: sito, forum e notiziario dell’Associazione e per la produzione di materiale promozionale o per invio a giornali o riviste di settore. L’utilizzo delle immagini da parte di AIC sarà sempre fatto a fronte della citazione dell’autore delle foto. Chiunque potrà inviare foto purché sia socio AIC in regola con il pagamento della quota sociale dell’anno in corso. Queste le caratteristiche tecniche che le foto dovranno rispettare - orientamento verticale o orizzontale - dimensione minima 2000 x 2700 pixel (se in formato 3/4), 1800 x 2700 pixel (se in formato 2/3). - file in formato JPG - non dovranno essere elaborate o ritoccate Sarà inoltre indispensabile specificare - nell’oggetto della mail “Foto per archivio fotografico AIC” - nome e cognome dell’autore - nome della forra o nome dell’evento/raduno - ubicazione della forra o dell’evento fotografato (località, provincia e nazione) Non verranno prese in considerazione, per ovvie ragioni, immagini di torrentisti senza casco, in atteggiamenti sconsiderati e delinquenziali, immagini offensive, pornografiche e via di seguito. Le foto andranno inviate a: fotografia@canyoning.it (tutte quelle inviate a indirizzi diversi non potranno essere prese in considerazione).


Pontirone ^ Canton Ticino ^ Svizzera ^ foto francesca ciotola

canyoning world tournament

raduni internazionali RIC 2012 Il Rassemblement Interfédéral de Canyon (FFME, CAF e FFS) quest’anno si svolgerà dal 28 ottobre al 4 novembre alla Réunion, nella zona di Cilaos.

Monte Olimpo, Grecia, 7/10 giugno. Adventure X Crossroads, team greco ma non solo che opera nel settore degli sport estremi, organizza la competizione internazionale di torrentismo World Canyoning Tournament, gara che si svolgerà nel canyon del Orlias, in Grecia. La competizione durerà 4 giorni e sarà suddivisa in 2 parti; il prologo, obiettivamente un po’ stile “Giochi senza frontiere” stabilirà l’ordine di partenza per la gara vera e propria, spalmata su due giornate. Tre categorie di concorrenti, soli o in squadre, e premi interessanti. Per info: worldcanyoningtournament.com

Espeleo & Canyons 2012 11/13 maggio, Bagà (Barcelona), nel parco del Cadi-Moirxeró, a cura della Federazione Catalana di Speleologia (FCE).

ORDINANZA VIONE (BS) Scongiurato il rischio di interdizione della pratica del torrentismo nel Vione che, da questa stagione, sarà sottoposto a regolamentazione. Importante contributo AIC nella finalizzazione del regolamento che associa alle richieste di ordine pubblico i requisiti tecnici atti a consentire la discesa a tutti i torrentisti.

TORRENTISTI IN GARFAGNANA 2012 Luca Politi, per tutti Il Pisano, anche quest’anno ci invita al camping Pian D’Amora, a Coreglia Antelminelli (LU), dal 2 al 3 giugno, per l’appuntamento con le divertenti forrette toscane della Valle del Serchio, nella cornice delle Apuane: Ania, Apraia, Rio Levigliesi, Rio Pilli, la Pendolina...

II Concentracion Barrancos Norte Extremadura 4/6 maggio, a Navaconcejo, in Estremadura, Spagna, a cura di Federaciòn Extremeña de Montaña y Escalada Festì Canyon 2012 29/30 settembre, avrà luogo a Argeles sur mer, nei Pirenei Orientali Francesi, il primo festival di canyoning su struttura artificiale (brrr....), organizzato da Fédération Française de Spéléologie ed Ecole Française de descente de Canyon

NUOVE NOMINE

First British Canyoning Association Canyon Festival 8/9 settembre, a Torlundy, in Scozia, ci sarà un incontro organizzato da UK Canyon Guides nelle forre scozzesi. Copritevi, mi raccomando.

Milena Argiolas è il nuovo coordinatore regionale della Sardegna, Alberto Mangili quello della Liguria. Il ruolo di segretario, all’interno del Direttivo, passa da Guido Biavati a Paolo Giannelli; infine il nuovo responsabile editoria è il genovese Alessandro Lorenzi. Un grazie a chi li ha preceduti e buon lavoro ai nuovi arrivati! raduni ed eventi AIC Dopo In Forra con Amore 2012, sono diversi gli appuntamenti della stagione: - 29 aprile: discesa del Fosso di Selva Grande ad Amatrice (RI) - 6 maggio: uscita sociale notturna nel Presale a cura di H2Otto - 2/3 giugno: Torrentisti in Garfagnana (vedi box in alto) - 4/12 agosto: X Raduno Internazionale “Valtellina 2012”

AGENDA > info a 360°


SNC TESTER PER LA BESTARD La Scuola Nazionale Canyoning ha recentemente raggiunto un accordo di collaborazione con la Calzados Bestard, storica azienda di Maiorca che dall’anno scorso produce le nuove Canyon Guide. Secondo il produttore le scarpe puntano su un compromesso tra comfort, durata e tenuta; inoltre offrono la vantaggiosa possibilità di essere risuolate (vestono suola Vibram). Nell’obiettivo di testare e valutare nuovi materiali sul mercato, a favore della divulgazione ai propri soci, la SNC è entrata a far parte del gruppo di tester della Bestard: 13 istruttori utilizzeranno infatti queste scarpe per tutta la stagione 2012 alla fine della quale compileranno un form di valutazione che fornirà un ulteriore feedback alla casa spagnola sulla qualità del suo prodotto. Un grazie quindi agli istruttori che si sono fatti carico di questo compito e soprattutto alla Bestard che ha accettato con entusiasmo questa proposta. Da poco tempo le scarpe sono in vendita in Italia, anche a condizioni agevolate per i soci AIC (per info www.aic-canyoning.it/forum).

corsi scuola nazionale canyoning Sempre in tema SNC, sul sito dell’AIC potete trovare il panorama dei corsi di torrentismo proposti dalla Scuola per la stagione 2012; ben 17 corsi, dall’avvicinamento agli esami per istruttori SNC, su tutto l’arco alpino fino all’Umbria, passando per la Sardegna. Per info www.aic-canyoning.it

adidas commercializza la sua hydro-pro (?) Circolano foto ufficiali da mesi, i prototipi hanno dato vita al modello definitivo, si parla di vendite ma ancora non è chiaro se la distribuzione sia iniziata e dove si possano acquistare. Possibile comunque la presenza al Raduno Internazionale AIC, in Valtellina, a scopi promozionali. Per ora dobbiamo limitarci a qualche immagine ufficiale e a leggere in rete le valutazioni di chi ha avuto modo di provarle. Impressione buona, giudizio rimandato.

PARCO AVVENTURA CA’ DI GIANNI Bella iniziativa per i soci che abbiano frequentato un corso SNC: potranno infatti accedere gratuitamente e illimitatamente al parco avventura Ca’ di Gianni, la cui apertura è prevista per la fine di Aprile, a San Piero in Bagno, lungo la E45, a 55 km da Cesena e 75 da Arezzo. Il posto offre un po’ di tutto: agriturismo, stabilimenti termali, escursioni a cavallo, a piedi e in mtb, pesca sportiva, tiro con l’arco, tree climbing, orienteering e soft air. Il tutto a pochi km dalle falesie delle Balze e della rupe della Moja. Ah, in autunno è pieno di funghi e castagne...

e nel frattempo ACQUISTA LA FIVE TEN (sempre a proposito di Adidas) Alla fine della scorsa estate il gruppo Adidas ha acquisito tutto il capitale azionario di Five Ten, al prezzo di 25 milioni di US$. Adidas si è posta l’obiettivo di superare i 500 milioni di euro entro il 2015 nel settore outdoor e l’acquisizione di Five Ten, nata nell’85 in California, è strategica in questo senso. “Sostenuti dal gruppo Adidas possiamo finalmente raggiungere il pieno potenziale che ha da offrire” ha commentato il boss di 5.10. Tradotto per noi torrentisti, speriamo che questo significhi una qualità migliore delle Canyoneer, la cui ultima versione ha evidenziato parecchi problemi di durata nel tempo.

canYoning

Nel fake a fianco ecco come ci piace immaginare il risultato del connubio tra le due aziende. Molto vintage!

21


luca prato

come un mantra propiziatorio

Luca Prato, genovese, classe ‘71, radunista per vocazione e sedicente cialtrone.

Come un mantra propiziatorio, ogni volta prima di partire, mi trovo a ripetere la lista del materiale: imbrago, longe, discensore, cordini e moschettoni, le mie adorate e sempre più scollate 5.10, calzari, caschetto, sacchetto d’armo e barilotto stagno. Stivo tutto nello zaino pressando e schiacciando sino all’impossibile, mi servono ancora 20 cm di spazio libero. Lì infilerò l’ultimo pezzo, quello più importante, quello che volente o nolente m’identificherà in modo indelebile come torrentista. Lì posizionerò la mia muta. Salgo lento l’ultimo tratto di strada che mi porterà da Domodossola a Bognanco e poi sino a Gomba dove lo Yolki Palki mi aspetta, meta ultima di questo raduno. La giornata è ancora uggiosa, residuo dei temporali passati, inutile non pensare che il cielo stia ancora piangendo le vittime dell’ultimo gravissimo incidente accaduto in queste forre pochi giorni fa. Il cartellone azzurro mi dice che l’avventura di un altro raduno internazionale sta per iniziare e la scritta “Sicuramente torrentismo” mi conforta da pensieri scuri. Forse anche il cielo smetterà di piangere ed io mi sento un po’ parte di questa cosa grandiosa che il gruppo ha creato dal nulla, piccola parte la mia, qualche grafica e un paio di riattrezzamenti, ma altri hanno speso mesi su questi fiumi per renderli sicuri, pensare che all’inizio ero contrario: troppo impegno, troppe energie, dicevo, eppure eccoci qui, con una valle che ci aspetta a braccia aperte. So già che mi coniglierò le scuse per la scarsa fiducia, da bravo cialtrone che sono. Mentre risalgo lento i tornanti, non posso che notare le profonde spaccature che tagliano queste splendide montagne e le fredde acque che vi scorrono dentro, quanti “attacco sentiero”, quanti “arrivi” incontrerò. Piccoli paesini si dipanano lungo il percorso, i possenti tetti in pietra ricordano la fatica delle genti e la severità della valle. Cerco tracce di torrentisti, tendendo le orecchie, attento al minimo grido adrenalinico, sinonimo di amici, di pozze da saltare o calate mozzafiato. All’improvviso eccole rosse e nere con l’inconfondibile logo, sono mute spagnole, le preferiscono cosi, amaranto, lasciando il più classico degli azzurri ai cugini d’oltralpe, forse per regressioni calcistiche. Sono loro e non sono pochi, una cinquantina almeno, venuti

rituali e consuetudini dei tanti “radunisti”, alle porte del

10° raduno internazionale

canYoning

22

targato AIC

qui a condividere le gioie di un fiume, non posso dimenticarli: sorridenti, in sosta, mentre dai lori barilotti estraggono ogni ben di dio, colesterolabilmente parlando imbarazzante. Organizzare un raduno non è mai cosa da poco ma portare 400 persone, metà delle quali stranieri sin qui, è stato un autentico capolavoro di logistica, altre mute occhieggiano qua e là dai terrazzi di alcuni alberghi abilmente coinvolti, alcune hanno i colori sgargianti, degne delle migliori compilation anni ‘80, altre sono nelle assolute trentadue tonalità di grigio, dall’ardesia al topo morto. Tutte, comunque, incorniciate dal rosso e bianco dei gerani fioriti, sono lì stese, indice che malgrado le piogge, qualche torrente è già percorribile in tutta sicurezza, non mancheranno le ripetizioni e molte forre alla fine saranno percorse da centinaia di persone. Mi fermo al posteggio poco sotto la cascata, dove si terrà la dimostrazione da parte del soccorso alpino e successiva tavola rotonda sui pericoli e le problematiche del soccorso in forra. Stanno preparando i tavoli e i tendoni dove alla fine potremo gustare una ricchissima cena/merenda, offerta dagli stessi valligiani che, per la prima volta non ci guarderanno come extraterrestri ma che grazie all’assessore Iacazzi, che ci ha voluto fortemente in valle, ci prenderanno per quello che siamo... degli ornitorinchi dello sport, brutti e infreddoliti ma in fondo simpatici. Chiedo informazioni, per sapere quanto manca in ordine di tornanti e per la prima volta vedo brillare la luce negli occhi del mio interlocutore. Sa chi sono! “…siete torrentisti, bravi bravi, quanto vi fermate... manca poco anch’io da giovane…” un fiume di parole mi travolge, mentre io travolgo lui con l’improbabile fragranza del mio “arbre magic” alla muta bagnata. Un intero campo da calcio, coperto di tende, non lascia dubbi, sono giunto a destinazione subito mi vengono incontro i ragazzi di turno, hanno lasciato le forre per un giorno, per dedicarsi all’accoglienza di noi ritardatari, per sorvegliare il campo e perché no, farsi qualche “genzianella” assieme agli alpini della sezione, che gentilmente ci hanno lasciato i loro spazi e offerto una presenza costante per tutto il periodo. Le mie primavere hanno consigliato di abbandonare le tende e passare le notti all’interno dei comodi chalet del camping, anche perché sono qui con la famiglia, come d’altronde tanti altri che hanno scelto di portare qui mogli e figli, viste le possibilità di poter trascorrere ottime giornate tra passeggiate, escursioni e le gettonatissime terme che il posto offre. Passeggio per il campo tende, sono tantissime, individuo i vari gruppi, francesi, polacchi, tedeschi, austriaci, greci, spagnoli, statunitensi e naturalmente italiani, cerco quelle conosciute ma mi accorgo che c’è una strana amalgama, piano piano ci stiamo unendo e le divisioni così secche dei raduni passati sono solo ricordi. Picchetti e cordini, trappole infernali per i ritardatari della notte, s’intrecciano uno sull’altro unendo di fatto gli uni agli altri e tra


breve diverranno un’immensa ragnatela su cui altre mute andranno a stendersi insieme a imbraghi, scarpette, corde e zaini, in un insieme decisamente variopinto e alquanto bizzarro forse un po’ naif ma sicuramente degno del miglior impressionismo francese (non si dica poi che non gli riconosciamo i loro valori torrentistici). Passeggio tra i vari bivacchi e tra un ciao e un saluto ai tanti amici che ritrovo puntuali ogni anno, le ombre si allungano ed è l’ora di iniziare a trovare i compagni per la discesa di domani, tanti sono i nomi a cui potrei unirmi e i vari fogli in segreteria, compilati ad arte con dati personali, percorsi, ora di partenza e previsto rientro, mi dicono che tante sono le possibilità e molta è l’attenzione alla sicurezza. Non so ancora decidermi, mentre allungo i passi e saltello tra i maledetti picchetti, saranno terribili di notte ma anche all’imbrunire hanno qualcosa di trappola vietcong ben congegnata.

Centinaia di mute mi osservano mentre io le guardo curioso, sarebbe facile raccontare di un raduno citando nomi di forre, diagrammi e grafici di km percorsi su corda, sacchetti usati, numero di pasti caldi serviti o targhe ricevute, ma forse perché un po’ nostalgico e sicuramente appartenente all’altra metà di Genova mi piace sempre pensare... che vecchie mute urlano ancora.

canYoning

Mi vengono ancora una volta in aiuto loro: ogni singola muta racconta una storia e racconta il suo padrone. Alcune sono nuove, nuovissime, d’altronde siamo a un raduno internazionale un po’ di rispetto signori! Parbleau. Altre così vecchie e rattoppate da essere ormai solo un ricordo di neoprene, con cuciture più esili di una promessa. Ripenso alla mia, anche lei ormai giunta alla fine, la saluterò dopo questo raduno, mi spiace ma non si può proprio più vedere una muta a zampa d’elefante. Semi stagne e stagne raccontano di lunghe soste sotto forti getti o solo di proprietari troppo freddolosi? Altre gettate senza troppa cura mostrano l’usura delle ginocchia e qualche rattoppo in kevlar, sono le più pericolose, i proprietari hanno esperienza ma anche una nostalgia per i tempi che furono, avranno ancora gli otto ai loro imbraghi. Più sicure quelle con qualche strato di “polyglut” e qualche buchetto qua e la, sono di gente che sa il fatto suo e che in fondo, un po’ ci tiene al gusto dell’avventura. Quelle rosse da evitare come la peste, sono del soccorso, gente che fa e che sa, roba non adatta a cialtroni come me. Alcune sono riarse dal sole e ancora calde, facile capire, sono quelle di chi sta troppo al campo e poco in forra, hanno nomi ben precisi... Marco, Stefania, Skeno, Sara, Alice, Eva e di tanti altri ancora... sono loro che tengono le redini di tutto questo, certamente vorrebbero anche loro essere in fiume con noi a gridare, a ridere a scherzare ma un raduno assorbe troppe energie “asciutte” e senza di loro tutto questo non ci sarebbe stato. Certe non si vedono, perché non ci sono, come i loro proprietari, sono quelle di chi si è impegnato un anno sapendo che non sarebbe nemmeno venuto, per loro ci saranno le fresche acque di settembre a riportare un po’ di pace tra le pieghe di neoprene.

23


Associazione Italiana Canyoning Scuola Nazionale Canyoning “Federico Tietz”

www.canyoning.it scuola@canyoning.it

Associazione Italiana Canyoning

coordinatori regionali

iscrizione

Emilia Alessandro Marchi ^ tel 328 7576453 Romagna Francesco Michelacci ^ tel 347 9186715 Friuli Venezia Giulia Sebastiano Broili ^ tel 348 6965069 Lazio Fabio Ferranti ^ tel 339 7548906 / Mirco Rossi ^ 349 4466536 Liguria Alberto Mangili ^ tel 347 2134259 Lombardia Marcello Carminati ^ tel 333 1007081 Marche Gabriele Nocciolino ^ tel 347 7175700 Molise Gianni Di Salvo ^ tel 333 9056966 Piemonte - TO e CN, Canavese, Monferrato Dino Ruotolo ^ tel 335 6110291 Piemonte - Val Sesia, VC, NO, Verbano-Cusio-Ossola Paolo Testa ^ tel 347 0436933 Puglia Fausto Meleleo tel ^ 333 3464460 Sardegna Milena Argiolas ^ tel 329 6443463 Sicilia Diego Leonardi ^ tel 329 9188187 Toscana Gianluca Politi ^ tel 346 4903978 Trentino Alto Adige Marcello Carli ^ tel 338 5293554 Umbria Mirco Lazzari ^ tel 339 8324904 Valle d’Aosta Andrea Mantovani ^ tel 335 5431143 Veneto - Verona Francesco Cacace ^ tel 348 3398199 Veneto - Vicenza e Bellunese Jvan Chemello ^ tel 347 5968595

presidente Luca Dallari (presidenza@canyoning.it) vice presidente Guido Armaroli (vicepresidenza@canyoning.it) segretario Paolo Giannelli (segreteria@canyoning.it) tesoriere Luca Bianchi (tesoreria@canyoning.it) consiglieri Guido Biavati ^ Francesco Radicchi ^ Enrico Sclavo commissione catasto Paolo Bolis ^ Francesco Cacace (catasto@canyoning.it) commissione scientifica Paolo Madonia (commissione.scientifica@canyoning.it) ufficio stampa Christian Roccati (press@canyoning.it) ufficio editoria Alessandro Lorenzi (editoria@canyoning.it) contatti aziende Milena Argiolas (aziende@canyoning.it) ufficio assicurazioni Sara Morando (assicurazione@canyoning.it) contatti internazionali Rosemarie Siegl (romy@canyoning.it) ambiente ed ecologia Mauro Santamaria (ambiente@canyoning.it) merchandising Luca Dallari (luca.dallari@canyoning.it) ufficio coordinatori regionali Francesco Radicchi ( coordinatori.regionali@canyoning.it) redazione notiziario Luca Dallari ^ Daniele Geuna ^ Francesco Michelacci ^ Marta Tosco (notiziario@canyoning.it) gestione sito web Paolo Giannelli ^ Gabriella Russo (webmaster@canyoning.it)

Quote associative per l’anno sociale 2012 - socio singolo 30 euro - socio minorenne figlio di socio singolo 15 euro - socio sostenitore quota libera (minimo 100 euro in regalo la Felpa AIC) - gruppi locali e associazioni 200 euro, comprendente una tessera intestata al gruppo più 8 tessere singole intestate a 8 soci del gruppo; la quota di iscrizione per ulteriori soci è di 15 euro Il pagamento può essere effettuato nei tre seguenti modi: 1. pagamento online > si può accedere direttamente al sistema sicuro di pagamento online e pagare con Paypal, VISA, MASTERCARD, POSTEPAY all’indirizzo: www.canyoning.it/iscrizioni/iscrizioniaic.htm 2. CCP (bollettino postale) > versare l’importo dovuto sul CCP n. 11855608 intestato ad Associazione Italiana Canyoning, Piazza della Libertà 1, 05039 Stroncone (TR) specificando la causale “quota sociale 2010” e darne comunicazione via mail o sms alla Segreteria (segreteria@canyoning.it ^ cell 333 3908515). 3. CCB (bonifico bancario) > versare l’importo dovuto sul conto BANCOPOSTA 11855608 - ABI 07601 - CAB 02600 - CIN “M” - IBAN: IT95 M 07601 02600 000011855608 – SWIFT: BPPIITRRXXX presso BANCOPOSTA Ufficio Genova Centro Via Dante 4B/N, intestato ad Associazione Italiana Canyoning, specificando nell’ordine di bonifico la causale “quota sociale 2012” e darne comunicazione via mail o sms alla Segreteria (segreteria@canyoning.it ^ cell 333 3908515). Nei casi 2 e 3 si consiglia di conservare la ricevuta dell’avvenuto pagamento. Nel caso 1 invece la notifica è automatica. I rinnovi andranno notificati dal socio o dal coordinatore di ciascun gruppo alla Segreteria dell’Associazione, allegando copia della ricevuta di pagamento, via mail all’indirizzo segreteria@canyoning.it o a mezzo fax al +39 0744 1921423. Si rammenta che i pagamenti paypal comportano onerose commissioni per l’Associazione, si auspica pertanto l’impiego delle altre due modalità in fase di rinnovo.

Le persone a cui rivolgersi per avere informazioni, organizzare incontri, promuovere eventi. Per ognuno di loro è attivo un indirizzo e-mail del tipo: nomeregione@canyoning.it

associazioni affiliate

A.S.D. M&N – Movimento e Natura Volpiano (TO) ^ www.movimentoenatura.it ^ tel 011 9882022 A.S.D. i Lemuri GA Ceresara (MN) ^ www.lemuri.org ^ lemuri@lemuri.org Associazione Aqua Varese ^ www.euforione.altervista.org ^ tel 0332 813001 Banda Bauscia Milano ^ mauro.santamaria@fastwebnet.it ^ cell 349 1835818 CAI Sezione Alpi Marittime Imperia ^ sprea65@libero.it ^ tel 0183 273509 CAI Sezione Sanremo - Alpi Liguri Sanremo (IM) ^ cell 328 0157293 Campo Base Isernia ^ campobaseonlus.spaces.live.com ^ campobase@live.it CanyonEast Udine ^ bastiancontrari@virgilio.it ^ cell 348 6965069 Club CAI Perugia Etruskanyoning Corciano (PG) ^ vento748@hotmail.com ^ cell 335 7957808 Compagnia Canyoning CAI Pinerolo (TO) ^ danielegeuna@libero.it ^ tel 0121 202711 Eddyline Campertogno (VC) ^ www.eddyline.it ^ tel 0163 775114 GOA Canyoning Genova ^ www.cailiguregenova.it ^ cell 347 5171573 Grigue Canyoning Recco (GE) ^ www.griguecanyoning.org ^ griguecanyoning@gmail.com Gruppo Escursionistico H2otto Cesenatico (FC) ^ franz@photosprint.it ^ cell 347 9186715 Gruppo Grotte ‘’Emilio Roner’’ CAI SAT Rovereto (TN) ^ www.gruppogrotte.it ^ cell 347 3667873 Gruppo Speleoforristico Besenello Besenello (TN) ^ www.speleocanyon.it ^ cell 349 4442044 Gruppo Speleologico Leccese ’Ndronico Lecce ^ www.ndronico.it ^ cell 338 8947823 Gruppo Speleologico Urbinate Urbino ^ www.gsurbinospeleo.it ^ info@gsurbinospeleo.it Gruppo Zompafossi Montefranco (TR) ^ radicchifrancesco@hotmail.it ^ cell 347 7009897 Odissea Naturavventura Nave (BS) ^ info@odisseanaturavventura.it ^ cell 348 2214569 Piemonte Canyoning Torino ^ dino.ruotolo@virgilio.it ^ cell 335 6110291 Sardegna Canyoning Cagliari ^ sardegnacanyoning@tiscali.it cell 320 0336593 Sercant Adventures Sommacampagna (VR) ^ www.sercantadventures.it Spaccaforra Sardegna Canyoning Sassari ^ anelimroc@yahoo.it ^ cell 329 6111324 Tiahuanaco Bolzano ^ www.tiahuanaco.it ^ canyoning@tiahuanaco.it

Scuola Nazionale Canyoning

istruttori formatori > Erwin Kob (Direttore) ^ Marco Biasioni ^ Roberto Coppo ^ Giovanni Pizzorni ^ Roberto Recchioni istruttori > Francesco Berti ^ Guido Biavati ^ Sebastiano Broili ^ Silvia Carlarino ^ Marcello Carli ^ Jvan Chemello ^ Marco Cipriani ^ Luca Dallari ^ Alessandro De Simoni ^ Carlo Gatti ^ Mirco Lazzari ^ Diego Leonardi ^ Maria Franca Lepre ^ Uberto Liuzzo ^ Roberto Locatelli ^ Andrea Mantovani ^ Cristiano Massoli ^ Francesco Michelacci ^ Juri Montese ^ Mattia Pilato ^ Salvatore Ribichesu ^ Gabriella Russo ^ Marco Saccardo ^ Giorgio Santi ^ Roberto Schenone ^ Romy Siegl ^ Paolo Spreafico

nline> > >

negozio online> > >

Parco Naturale Regionale del Beigua

negozio online > > >

Parco Naturale Regionale dell’Aveto

Parco Naturale Regionale di Portofino

negozio online> > >

negozio online

> negozio online Sul sito internet dell’Associazione Italiana Canyoning è possibile acquistare libri, manuali, felpe e t-shirt tramite il negozio on line. Per i soci AIC il prezzo dei libri è scontato rispetto a quello di copertina. Per acquisti cumulativi da parte di gruppi le spese di spedizione si riducono. Contattare preventivamente l’Ufficio Editoria editoria@canyoning.it prima di effettuare il versamento - www.canyoning.it/acquistiaic

corsi > > >

corsi > > >

corsi > > >

corsi > > >

corsi > > >

corsi > >

> corsi SNC Sul sito internet dell’Associazione Italiana Canyoning è disponibile il calendario dei corsi della Scuola Nazionale Canyoning, continuativi o articolati su più weekend, in programma per il 2012. www.canyoning.it/scuola/scuolacorsi.htm#current

azioni > > >

assicurazioni > > >

assicurazioni > > >

assicurazioni> > >

assicurazion

> assicurazione polizza del torrentista Essere socio dell’Associazione Italiana Canyoning dà la possibilità di sottoscrivere un contratto di assicurazione RCA e infortuni, valevole in tutto il territorio europeo, tramite lo Studio Mangano s.r.l. di Roma. Le condizioni generali della polizza per l’anno 2012 sono disponibili sul sito dell’AIC, www.canyoning.it. Per richieste scrivere a assicurazione@canyoning.it La responsabilità dei contenuti degli articoli è dei rispettivi autori che non sempre esprimono la linea di pensiero dell’Associazione Italiana Canyoning e della redazione di canYoning. Chiunque individui all’interno di canYoning articoli coperti da copyright è pregato di contattare la redazione indicando le fonti originali dei lavori. Per collaborare scrivere a notiziario@canyoning.it.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.