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società

pagina 18 • 12 febbraio 2010

Come eravamo. Viaggio nei brani e nei costumi nazional-popolari, da Nilla Pizzi e Domenico Modugno a Simone Cristicchi e Marco Carta

Sanremo, Italia L’evoluzione della musica (e del nostro Paese) attraverso i sessant’anni del Festival della canzone di Marco Ferrari illa Pizzi nata Adionilla fece il viaggio da Torino a Sanremo via Fossano-Savona in treno. Era una dipendente Rai e nonostante nel ’41 fosse stata bocciata al concorso dell’Eiar, nel ’48 si insediò come prima voce dell’orchestra torinese sotto l’ala protettiva di Cinico Angelini. Il primo Festival di Sanremo andò in scena, meglio dire in audio, lunedì 29 gennaio 1951 nel Salone delle Feste del Casinò proprio come semplice prolungamento delle trasmissioni radiofoniche di Angelici, presentatore Nunzio Filogamo.

N

Il Festival più Festival d’Italia, che compie adesso sessant’anni, era nato nella testa di Amilcare Rambaldi, nominato nel dopoguerra nella commissione per il rilancio del Casinò di Sanremo. Ma ebbe subito un fascino dirompente, qualcosa di più di una semplice kermesse di canzoni, divenne come il nostro carnevale o lo specchio del nostro tempo, un giorno da segnare nel calendario. Grazie dei fiori cantata proprio dalla Pizzi, canzone d’amore con un filo di disincanto, si aggiudicò il primo titolo, assegnato qualche sera dopo in diretta in collegamento con le sedi regionali, lanciando soprattutto il Festival nel mondo discografico che lo vide come un possibile trampolino di lancio di un settore in espansione dopo i traumi bellici. La televisione si impadronì del Festival a partire dal 1955 con un collegamento in secon-

da serata alle ore 22,45 dopo il varietà Un, due, tre di Tognazzi e Vianello, ma già nel 1958 l’evento venne trasmesso in diretta in Eurovisione. È l’anno della canzone più canzone d’Italia, Nel blu dipinto di blu che fece di Domenico Modugno «Mister Volare» lasciando nell’ombra il suo socio di serata, Johnny Dorelli. Era quello il periodo del duplice interprete che perdurò sino al 1971 mentre sino agli anni Ottanta era possibile cantare anche in altre lingue, segnatamente inglese e francese. Il boom di Volare fu accompagnato da una rivoluzione produttiva, l’entrata sul mercato del maneggevole 45 giri che affiancò il più pesante 33 giri, il famoso long playing record, inventato nel 1948 dalla Columbia. Negli anni del boom economico, accanto a Sanremo, crescono e prosperano altre manifestazioni canore

come il Cantagiro, lo Zecchino d’Oro, Castrocaro e poi il Festival Bar e il Disco per l’Estate. Nel mondo degli urlatori e dei flipper avanza in sordina la canzone d’autore e la canzone d’impegno. La prima troverà spazio a Sanremo, la seconda non salirà mai sul palco della Città dei Fiori confinata nelle piazze

e nelle case del popolo dove si spegnerà pian piano con la fine della contestazione.

Il contatto dei cantautori con Sanremo provocherà invece un indimenticabile dramma: il suicidio di Luigi Tenco, uno degli alfieri della scuola genovese. Nonostante Tenco invitasse gli italiani con il suo ultimo acuto «a dire basta», il clamore del suo gesto, la sera del 26 gennaio 1967, determinò solo effetti momentanei come la vittoria, l’anno successivo, della straordinaria coppia formata da Sergio Endrigo e Roberto Carlos con Canzone per te. Ma già nel ’69 si tornò alla tradizione con Zingara di Bobby Solo e Iva Zanicchi. Qualcosa si era interrotto in quel meccanismo di fascinazione che emanava il connubio tra fiori e canzoni e negli irripetibili anni Settanta si pensò che il giocattolo Sanremo si fosse rotto definitivamente.

Quello del Festival era uno spettacolo stonato e sfarzoso rispetto a un Paese in preda a una grave crisi politica, sociale e istituzionale nell’era del terrorismo, degli scioperi e dell’austerity. Per alimentare di nuovo il mito, nel 1977 la Rai con la prima

A fianco, Nilla Pizzi nel 1960. A destra, Arisa. Sotto, Modugno mentre interpreta “Nel blu dipinto di blu”. In basso: Teddy Reno nel ’60; Iva Zanicchi e Bobby Solo, nel ’69; Massimo Ranieri a Sanremo ’88; Giò di Tonno e Lola Ponce; Simona Ventura e Cotugno; Mike Bongiorno a Sanremo 2007 trasmissione a colori scelse il più ampio teatro Ariston che ancora oggi, grazie a inebrianti scenografie, riesce persino a sembrare qualcosa di più di una semplice sala cinematografica. Il Festival toccò il fondo proprio nel 1979 con l’inaudita vittoria di Mino Vergnaghi con Amare seguito da un altrettanto dimenticato Enzo Carella interprete di Barbara mentre passò in secondo piano la fantasiosa e chimerica A me mi piace vivere alla grande dello scomparso Franco Fanigliulo. L’anno seguente lo stesso Vergnaghi, inviato dalla Rai, gira per le strade di Sanremo a domandare alla gente chi aveva vinto l’edizione dell’anno passato: nessuno se lo ricorda e nessuno lo riconosce. È il momento in cui la canzone d’artista si separa in maniera netta dalla canzone commerciale. Solo quest’ultima continua a calcare l’Ariston sposando un filone nazionalpopolare ben impersonato da

Toto Cotugno che, vincendo nel 1980 con Solo noi, inaugura il filone dei personaggi da Sanremo, adatti a cogliere gli umori della gente comune e farli diventare canzone.

Per risorgere, il Festival di Sanremo si fa interamente televisivo, si allinea allo show business, al clamore, alla moda, alle vallette di grido, alle squadre di cantanti (Morandi-RuggeriTozzi insieme nell’87 con la sempiterna Si può dar di più), incorniciato come modello italiano da Pippo Baudo che arriva nell’edizione 1995 a salvare eroicamente un uomo che voleva tentare il suicidio gettandosi dalla galleria dell’Ariston e che l’anno successivo, siamo nel 1996, si becca una denuncia per messaggi pubblicitari enfatizzati in diretta. Dagli anni Novanta si ricompone la frattura tra canzone d’autore e canzone commerciale e a Sanremo si affermano personalità come Riccardo Cocciante, Luca Barbarossa, Giorgia e Ron. L’avvio


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