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aprile 2010

essere in grado di dire se il passato sia migliore del presente. Certamente il mondo è cambiato, quindi anche il sistema delle relazioni. L'unica cosa che mi sento di osservare è che paradossalmente, in un sistema dove le relazioni sono sempre più fondamentali, ci sono più difficoltà a costruirle. Il partiti e i sindacati sono stati dei punti di riferimento, come mai oggi non è più così? Non è più così e il mio maggiore rammarico non è tanto nel cambiamento in sé, che è necessario in quanto processo storico, quanto nell'assenza di quei riferimenti; nonostante i tentativi fatti, sul piano politico non siamo stati capaci di costruirne di nuovi. Io sono iscritto al Partito democratico, e vedo che fra tutte le difficoltà che sta attraversando questo partito, al di là del fatto che sia una organizzazione nata da poco, c'è che oggi costruire dei riferimenti non è per niente facile. I grandi processi in corso vertono per esempio verso l'integrazione degli immigrati, ma non ci sono politiche serie e importanti su questo fronte, al di là di battaglie tendenti a trovare risposte immediate in termini di consenso. Ci sono anche grossi problemi economici determinati dalla globalizzazione e dalla crisi finanziaria, e la politica non è in grado di formulare proposte o di rispondere a queste problematiche. Che cosa non ha funzionato nel rapporto fra politica e giovani? Ho una mia idea della politica: chi la fa deve essere in grado di anticipare i processi prima degli altri, di interpretarli e di trovare delle soluzioni. Se si arriva dopo, le risposte diventano più difficili da dare. Oggi la politica di ogni parte, di destra o di sinistra, italiana in particolare, non esprime questa capacità di farsi governo e di rispondere alla gente. Pur convinto che si debba sempre guardare al futuro in termini positivi e propositivi, direi che lo scenario che si prospetta è difficile. E il sindacato quale rapporto ha intessuto con le nuove generazioni? Svolgo un'attività che non è politica, non ho titoli per leggere e interpretare questa realtà, però mi sento di dire che il sindacato si muove all'interno della società e del mondo del lavoro che cambiano, oltre che nell'ambito dei pensionati. Ma i giovani… Negli anni Settanta le grandi fabbriche erano punti di aggregazione per centinaia di persone, scuole di vita dove ci si formava anche sul versante politico-sindacale; c'erano momenti in cui l'aggregazione era un fatto natu-

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rale, dovuto a una serie di conquiste. Basti pensare al ruolo delle assemblee: ore e ore in cui i lavoratori discutevano insieme dei problemi legati alla loro realtà e al Paese. Oggi la grande fabbrica non esiste più, e per il sindacato è molto più difficile riuscire a contattare i lavoratori. Le grandi aziende sono le pubbliche amministrazioni, come a Milano lo è il Comune. Tutto questo incide sulla capacità del sindacato di interpretare l'attuale scenario e di avvicinare i bisogni della gente. A questo si aggiungono oggettive difficoltà. Sul fronte Mauro Canevari dei giovani la strada è in salita, e non nascondo che i sindacati, compresa la CGIL, non si sono probabilmente dotati degli strumenti necessari a far fronte ai nuovi bisogni e aggregare le persone, seppur alcuni tentativi ci siano stati. In CGIL esiste da anni il sindacato delle nuove identità, dal lavoratore a partita IVA a quello a progetto: un tentativo per dare risposta alle nuove realtà del mondo del lavoro. Si fa una fatica tremenda. Come ti immagini il futuro delle organizzazioni sindacali? Non siamo più nel mondo in cui era sufficiente scendere in piazza e scioperare, bloccare le fabbriche, quando c'era un potere contrattuale con dinamiche salariali diverse. Adesso servono nuove regole, che valgano per tutto il mondo del lavoro e non solo in Italia. Ci si deve muovere in questa direzione. Sono stati fatti passi in avanti, come unire l'Europa, fatto che doveva servire anche a trovare risposte alle nuove esigenze. Ma la politica, anche quella europea, non si sta muovendo in questa direzione. Non credo sia necessario citare Altiero Spinelli (Roma, 31 agosto 1907 - Roma, 23 maggio 1986, è stato un politico e scrittore italiano, spesso citato come padre fondatore dell'Europa per la sua influenza sull'integrazione europea post-bellica ndr) per spiegare quale fosse quell'idea di Europa e constatare quanto si è indietro rispetto a quelle aspettative. Il sindacato, in sintesi, non può essere avulso alle scelte che caratterizzano l'economia dei vari Paesi. Lo vedo strettamente legato alle prospettive future dell'economia europea e più generale. Non riesco a vedere un futuro sindacato legato soltanto al proprio Stato. Ci saranno sempre forme sindacali corporative, però un'organizzazione come la CGIL, con i valori di riferimento che l'anno sempre caratterizzata, la vedo proiettata verso la capacità di dare risposte concrete ai lavoratori di oggi e verso le dinamiche che disegnano l'economia a livello mondiale. I.R


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