Con i Piedi per Terra | 15. COLLI EUGANEI

Page 1

N. 15 - Febbraio-Marzo 2016 - Periodico bimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD

15

arte storia e natura prodotti tipici

Magazine “Conipiediperterra”


Agenzia Allianz Candiana Cavaliere Assicurazioni S.n.c. Via Rialto, 27/f - 35020 Candiana (PD) -

Tel. e fax 049 9550005

Subagenzie: Anguillara Veneta - Spada Antonio - Cell. 349 2126306 Arzergrande - Coin Roberto - Cell. 370 7065450

Sara, 37 anni, infermiera di Padova, ha scelto la protezione di Allianz1 a:

INVALIDITÀ PERMANENTE DA MALATTIA

7 €/mese

INVALIDITÀ PERMANENTE DA INFORTUNIO

10 €/mese

31

€/mese

EMERGENZE ALLA GUIDA

14 €/mese

Scopri Allianz1: la nuova soluzione su misura che protegge tutto ciò che ami con una piccola spesa mensile. Componi la formula più adatta a te, scegliendo fra 13 moduli assicurativi, proprio come ha fatto Sara. Ti aspettiamo in agenzia.

AVVERTENZA: prima della sottoscrizione leggere i Fascicoli Informativi disponibili presso l’agenzia e su allianz.it. Le informazioni riportate contengono messaggi pubblicitari a finalità promozionale. Il profilo indicato è a puro scopo esemplificativo. Gli elementi di personalizzazione possono determinare un premio diverso da quello indicato. I costi sono comprensivi di imposte. Durata minima contrattuale 12 mesi.


Numero 15

Direttore responsabile: Mattia De Poli Editore: Speak Out srl di Giampaolo Venturato e Mauro Gambin Piazza della Repubblica, 17/D Cavarzere (VE) - speakout@live.it

8 ALIMENTAZIONE, SALUTE E TRADIZIONE

Intolleranze alimentari

Hanno collaborato a questo numero: Francesca Antonucci Silvano Bizzaro Emanuele Cenghiaro Mauro Gambin Michele Grassi Renato Malaman Adriano Mollica Eliano Morello Paolo Rigoni Roberto Soliman Mario Stramazzo Aldo Tonelli Martina Toso Giampaolo Venturato Beatrice Zambolin

Progetto Grafico:

Think! soluzioni creative Piove di Sacco (PD) think.esclamativo@gmail.com Tel. 049 5842968

24

PANORAMA GASTRONOMICO

Farine del mio sacco

44

RITI E TRADIZIONI

L’uovo e la sorpresa di Pasqua

51

Vendita spazi pubblicitari: Speak Out srl speakout@live.it

Stampa: Stampe Violato snc

INGIROPIEDANADO

Bagnoli di Sopra (PD) Tel 049 9535267 www.stampeviolato.com info@stampeviolato.com Giornale chiuso in redazione il 9 marzo 2016 Tiratura: 5000 copie Diffusione: periodico bimestrale Iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) n. 23644 del 24.06.2013 Iscrizione al tribunale di Padova n. 2329 del 15.06.2013 Iscrizione del marchio presso Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (U.I.B.M.) n. PD 2013C00744 del 27.06.2013 Tutti i diritti sono riservati. Gli articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e in ogni caso citando la fonte. Gli articoli firmati impegnano esclusivamente gli autori. Dati, caratteristiche e marchi sono generalmente indicati dalle case fornitrici (rispettivi proprietari) In copertina: “Cielito e Lindo” di Mauro Gambin

Cinquant’anni di Vinitaly

Vuoi che la comunicazione della tua attivita` abbia la giusta visibilita` ?

CONTATTACI SPEAK OUT SRL speakout@live.it Cell. +39 373 5191679 - 373 5179581 Magazine “Conipiediperterra” www.conipiediperterra.net

ABBONAMENTO ANNUALE ALLA RIVISTA B.B. Euro 25,00 a Speak Out Srl IBAN IT30 K076 0112 1000 0101 8766 889 Indica: nome e cognome, indirizzo spedizione, cap, città

Per informazioni invia mail a: abbonamenti.speakout@live.it


depliants - cataloghi aziendali - poster riviste - packaging - brochure

Viale dell’industria - VI strada, 13 - 35023 Bagnoli di Sopra (PD) Tel. 049 9535267 - FAX 049 9535352 info@stampeviolato.com - www.stampeviolato.com


EDITORIALE di Mattia De Poli

Giustizia alimentare: POSSIBILITÀ O ILLUSIONE? LA FAME NEL MONDO E LE “COLPE” DELLA NATURA... E DELL’UOMO

L

a situazione agroalimentare mondiale è spesso imprevedibile e ingovernabile per l’uomo. Questa riflessione fa riaffiorare nella mente alcuni celebri versi leopardiani: “O natura, o natura, perché non rendi poi quel che prometti allor?” Il poeta di Recanati nota con amarezza quanto sia ingannevole la natura, intesa come entità creatrice: una natura crudele, una matrigna che alimenta nei suoi figli vane illusioni, destinate a dissolversi in polvere e fumo. Più prosaicamente, dobbiamo constatare che la terra non sempre garantisce un raccolto agricolo soddisfacente, proporzionato sia alle risorse investite, sia alla domanda di cibo. Malattie delle piante, fenomeni naturali catastrofici, condizioni climatiche avverse: per quanto l’uomo si ingegni, non sempre è in grado di superare gli ostacoli che la natura gli oppone. Nel 2015 in molti Paesi del pianeta la produzione agricola è aumentata: il Brasile ha prodotto più zucchero; l’Unione europea e la Nuova Zelanda hanno registrato un aumento della produzione lattiero-casearia; Canada, Russia, Cina e Paraguay hanno raccolto più grano e mais. Conseguenza di questa situazione è il calo dell’indice dei prezzi alimentari della Fao: i prezzi di mercato diminuiscono. Sembrerebbe essere una situazione positiva, ma la stessa Fao segnala situazioni di crisi alimentare in Sud Sudan, di insicurezza in Somalia, Yemen e Siria. Il cibo, anche quando la produzione è buona, non è ugualmente disponibile nelle diverse regione della Terra. Inoltre, nel 2016 incombe

l’incognita di El Niño, che promette di regalare siccità e di aumentare il rischio di crisi idrica, in particolare nelle aree già colpite dalla denutrizione. Le organizzazioni umanitarie internazionali sono allertate e sono pronte ad intervenire: solo l’Unicef per contrastare la malnutrizione e la mancanza di acqua potabile ha previsto programmi per un valore di oltre 1 miliardo di dollari. Forse non sarà sufficiente a far fronte alla gravità del problema, ma l’impegno non deve venir meno. E neppure l’onestà degli uomini! Quando si scoprono certe truffe, viene da chiedersi se la natura matrigna abbia validi aiutanti anche tra gli esseri umani. Per affrontare le situazioni di povertà presenti anche in Italia, l’Unione europea eroga dei finanziamenti agli agricoltori che cedono parte del loro raccolto - quella che supera le quote previste e che è quindi destinata alla distruzione - ad organizzazioni, come la Caritas, la Croce rossa italiana, la Protezione civile o vari banchi alimentari, a favore delle persone bisognose. Un gesto lodevole, se tutto va a buon fine. Basta infatti che qualcuno, magari presentandosi con il volto pulito dell’organizzazione non lucrativa di utilità sociale (onlus), si proponga come intermediario fra gli agricoltori e le istituzioni assistenziali, per vanificare tutto. Allora anche l’uomo crea illusioni ingannevoli a danno dei propri simili. E chi soffre la fame continua a soffrire, anche quando la natura si mostra benigna e il raccolto dell’annata è soddisfacente.

3


L’ELZEVIRO di Eliano Morello

MA IL CIBO

È VERAMENTE SICURO? La percezione del rischio e la sicurezza alimentare da parte del consumatore

R

ecentemente il magistrato in pensione Raffaeceto balsamico taroccato. le Guariniello ha denunciato un’ennesima froMa cosa si intende esattamente per “frode alimende alimentare: olio extravergine di oliva alluntare”? A parte spacciare un prodotto per un altro gato con olio di soia. Non è la prima e non sarà certo (come appunto nel caso dell’olio extravergine di olil’ultima volta che sentiremo va 100%), in questo contesto La crisi economica esplosa parlare di truffe alimentari si inseriscono anche le alte(strettamente connesse alla nel 2008 ha dato nuovo slancio razioni e le contaminazioni sicurezza del cibo e alla peralimentari: ricorderete il caso alle truffe alimentari con cezione che il consumatore dei cetrioli contaminati dal un incremento del 277% ha di essa). Esse sono molto batterio Escherichia coli. Per frequenti e riguardano moltissimi prodotti, tuttavia i quanto riguarda la tempistica, sembra che proprio la mercati maggiormente esposti sono quelli della carcrisi economica esplosa nel 2008 abbia dato nuovo ne, del pesce, del pane, dei formaggi e dell’ortofrutta. slancio al fenomeno delle truffe Breve excursus storico: la prima truffa si alimentari, con un incremento può far risalire al vino al metanolo (registrato dal 2008 al 2014) del (1986), seguita dallo scan277%! Alla base dell’aumento dalo della mucca pazza vertiginoso troviamo una mi(2001), l’influenza aviaria nor disponibilità di denaro per (2003), i funghi cinesi, i la spesa, la ricerca di cibi prodotti ringiovaniti e le poco costosi o di offerte bufale dopate (2009), un po’ troppo sospette. il pomodoro cinese Personalmente credo (2010), la mozzarella che una parte della truflatte-free (senza latte), le fa sia perpetrata anche false uova biologiche e l’aa danno dei ceti alti, i più

4


L’ELZEVIRO abbienti, quelli che possono spendere per ottenere sulla propria tavola cibo particolare (il biologico si presta molto al pericolo di contraffazione, si pensi ai già citati cetrioli contaminati). È vero anche, però, che molti alimenti contaminati sono importati (in particolare la frutta secca, da funghi e micotossine). I controlli spesso portano a galla queste attività illegali e nonostante ciò non ci devono terrorrizzare in quanto la maggior parte del cibo che consumiamo è sicura.

A Parma ha sede l’EFSA (European Food Safety Authority), l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, la quale ha il compito di vigilare, controllare ed eventualmente sanzionare comportamenti illeciti. Ogni anno essa commissiona anche studi e indagini, l’ultima delle quali, affidata ad Eurobarometro, riguardava la percezione della sicurezza alimentare da parte dei cittadini europei. Oramai il mercato dell’agroalimentare movimenta molto denaro (diversi miliardi di euro l’anno) e come ben sappiamo il denaro fa gola specialmente alla criminalità organizzata la quale opera in forme raffinate attraverso la finanza, gli incroci e gli interesi societari, il condizionamento del mercato, l’imposizione di modelli di consumo e magari con l’orientamento della ricerca scientifica (G. Caselli). Occorre ricordare che le truffe alimentari operano a livello globale e non a caso le contraffazioni riguardano spesso prodotti tipici e di grandi marchi in molti casi italiani (vino, formaggi, pasta, prosciutti, ecc). Le forme di inganno più ricorrenti sono identificate con le formule: • “Italian sounding” (letteralmente: “che richiama il prodotto italiano”), che consiste nell’imitare un prodotto nostrano (DOP, IGT o STG - vedi Parmiggiano Reg-

giano, Mozzarella di Bufala Campana, pomodoro S. Marzano, olio di oliva e molti altri ancora) utilizzando scarse materie prime che vengono poi confezionate usando immagini e colori tipici della nostra Terra; • “Italian laundering” è un fenomeno ancora più subdolo e sofisticato attraverso cui organizzazioni criminali acquisiscono marchi prestigiosi svuotandoli di anni di tradizione, esperienze, qualità e trasformandoli in gusci vuoti sede di riciclaggio di denaro sporco; • “Money dirtying” si ha quando soldi puliti vengono indirizzati verso settori come l’export (molto remunerativo), consentendo alla criminalità di relazionarsi sia sul piano nazionale che internazionale con organismi e imprenditori del tutto rispettabili. In entrambi i casi i capitali si mescolano, si intrecciano, sfumando i contorni tra legalità e illegalità.

I cibi prodotti oggi sono molto più sicuri di quelli prodotti quaranta anni fa. I produttori sono molto più coscienziosi

Tutto ciò sfocia in quello che viene definito “percezione del rischio” e “sicurezza alimentare”. Come viene percepito dal cittadino questo rischio? Ebbene dalla ricerca dell’EFSA emerge che per gli italiani la maggior fonte di preoccupazione è dovuta a: prodotti chimici, fitofarmaci e altre sostanze tossiche. Ma a generare paure ci sono anche l’incerta origine, la scarsa tracciabilità, la contaminazione batterica e da metalli pesanti, i residui di antibiotici e ormoni nelle carni, la qualità e la freschezza dei cibi. Rispetto ai cittadini britannici, gli italiani hanno minor fiducia di prevenire possibili rischi alimentari (62% contro 51%) e questo

5


L’ELZEVIRO

dato può essere correlato all’efficace lavoro di informazione dei consumatori svolto dall’FSA britannica negli ultimi anni. Rispetto al resto degli Europei, per gli italiani i famigliari e gli amici rappresentano la fonte di informazioni ritenuta più attendibile (80%) seguita dagli operatori del settore sanitario e i medici di famiglia (75%) e dalle associazioni di consumatori (71%). All’opposto gli intervistati hanno evidenziato una scarsa famigliarità con le autorità pubbliche (EFSA in primis) che si occupano di sicurezza alimentare e questo conferma quanto vi sia l’esigenza di cercare una diversa strategia di comunicazione del rischio (oggi carente) lasciando spazio ai media spesso non attendibili e generatori di ansie e preoccupazioni. Ecclatante è l’esempio della carne rossa che provoca il tumore! Ma allora come difenderci? In primo luogo occorre una maggiore fiducia nella

6

scienza e negli scienziati: i mezzi di comunicazione e i non addetti ai lavori dovrebbero contare fino a cento (non fino a dieci) prima di divulgare notizie che possono gettare nel panico consumatori ignari. Bisogna inoltre ricordare, fino alla nausea, che il rischio zero nell’alimentazione non esiste e non è mai esistito (come per molti altri campi). Dobbiamo accettare un certo livello di rischio, riducendolo al minimo nella filiera produttiva (maggiori controlli) e, da consumatori, variando le nostra scelte alimentari, mangiando più frutta e verdura e infine diversificare i nostri fornitori (così correremo meno il rischio di accumulare sostanze nocive). Non dimentichiamo che i cibi prodotti oggi sono molto più sicuri di quelli prodotti quaranta anni fa e nonostante le frodi e le alterazioni alimentari, i produttori sono molto più coscienziosi oggi che un tempo.



ALIMENTAZIONE, SALUTE E TRADIZIONE del Dr. Adriano Mollica

Le intolleranze alimentari, PROBLEMA DELL’UOMO MODERNO

Le allergie alimentari sono in constante aumento, soprattutto nei paesi più ricchi ed industrializzati. Le cause sono molteplici, dallo stile di vita, all’inquinamento, all’ uso di antibiotici ed antibatterici sconsiderato

I

l cibo è parte integrante della vita, ed è spesso la ragione per cui le persone passano del tempo insieme. Questo è ancor più vero nelle culture rurali e in occasione delle sagre di paese quando il cibo è il protagonista e come tale viene celebrato. Cucinare il cibo, rappresenta inoltre il simbolo stesso dell’umanità, essendo l’uomo l’unico essere vivente in grado di farlo. Com’è allora possibile che il cibo possa diventare in alcuni casi fatale? Le allergie alimentari sono un problema di salute pubblica, in costante e veloce aumento, in special modo nei bambini. Purtroppo i motivi di questa crescita non sono ancora del tutto conosciuti. Ci sono molti meccanismi attraverso i quali le persone sviluppano reazioni avverse al cibo; tali reazioni possono essere classificate come tossiche o non tossiche. Le reazioni non-tossiche, che non sono immunomediate, non sono vere e proprie allergie, ma rientrano nel campo delle intolleranze alimentari, possono essere causate da deficienze enzimatiche come ad esepio l’intolleranza al lattosio o ai lieviti, e sono molto comuni. Le reazioni immunomediate, invece, sono molto più pericolose, e possono mettere in pericolo la vita delle persone, portando in alcuni casi alla morte.

8

Le reazioni allergiche al cibo sono definite come “un effetto avverso alla salute, provocato da una specifica reazione immunitaria che avviene riproducibilmente con l’esposizione di un certo alimento.” Il sistema immunitario infatti reagisce producendo immunoglobuline E (IgE) contro gli allergeni del cibo. Vi sono poi reazioni allergiche al cibo più rare, ad esempio associate alla risposta delle cellule T, che possono danneggiare la mucosa dell’intestino, come nel caso della malattia celiaca. La malata celiaca è caratterizzata da una reazione di ipersensibilità al glutine, accompagnata inoltre da una risposta autoimmune. Nelle nazioni sviluppate, le allergie associate alle reazioni IgE mediate, affliggono circa il 3-8% dei bambini e l’1-3% degli adulti. Questa patologia può essere potenzialmente letale e quindi richiede estrema attenzione. Le IgE infatti si legano ai globuli bianchi (basofili) attivandoli. I basofili attivati rilasciano mediatori dell’infiammazione come l’istamina, enzimi proteolitici, cotochine (che provocano infiammazione e dolore) e sostanze e che richiamano altri globuli bianchi provocando una reazione a catena. L’attivazione del sistema immunitario avviene in pochi minuti, i sintomi iniziano a livello gastrointestinale, dove c’è stato il


ALIMENTAZIONE, SALUTE E TRADIZIONE

contatto con l’allergene e possono, nei casi più gravi, le, scambiandole spesso per intelleranze e viceversa. sopraggiungere reazioni sistemiche, se gli allergeni Si ritiene che alcuni test molto comuni, producano vengono assorbiti, possono portare fino al coinvolmolti falsi-positivi, cosicchè molte persone siano congimento del sistema nervoso. L’enorme attivazione vinte di essere “allergiche” a molti alimenti pur non del sistema immunitario può anche portare alla morte essendolo. Alcuni casi di intolleranza al lattosio ad in seguito a shock anafiesempio sono sindromi del Molte persone facilmente lattico. Latte, uova, farina, colon irritabile, mal diagnosuggestionabili, lasciandosi noccioline, noci, sesamo, sticate. Un altro falso mito convincere dalle mode del fichi, frutta, e vegetali sono è quello che l’obesità sia i più comuni responsabili momento, si impongono difficoltà scatenata dall’assunzione dell’attivazione del sistema alimentari inutili e a volte dannose di cibo a cui si è “allergici” immunitario; anche se con o “intolleranti”. Inoltre molla crescita alcuni soggetti possono diventare tollete persone facilmente suggestionabili, lasciandosi ranti ad alcuni cibi come latte, uova e farina, altre forconvincere dalle mode del momento, si privano di me di allergia ad esempio alle arachidi, noci, e pesce alimenti importanti come il latte e i latticini, imponendurano invece per tutta la vita. Una statistica certa dosi così difficoltà alimentari inutili e a volte dannose. sulle allergie alimentari è molto difficile da fare, in È comunque vero che le allergie alimentari sembraquanto molte persone tendono ad autodiagnosticarno essere aumentate enormemente negli ultimi anni soprattutto nei paesi più sviluppati e soprattutto nei bambini. A parte i fattori genetici, ci sono una serie di fattori ambientali, culturali e comportentali che possono influenzare la comparsa e la potenza degli effetti. Una delle possibili cause, è la cosiddetta “ipotesi dell’igiene”. Questa teoria ipotizza che la mancanza di esposizione dei bambini agli agenti infettivi e soprattutto microorganismi simbionti come la flora batteria e altri elementi probiotici, parassiti, microrganismi presenti naturalmente in natura, aumenta la sensibilità verso le allergie, non solo alimentari, andando a sopprimere lo sviluppo naturale del sistema immunitario. Questa mancata esposizione ai batteri e microbi che si sono evoluti insieme all’ uomo durante la sua storia, durante milioni di anni, porterebbe quindi a fare in modo che non si instauri una tolleranza immonologica verso molte altre sostanze contenute negli alimenti. Tale ipotesi è corroborata dal fatto che in famiglie molto numerose, dove i bambini si contaggiano l’uno con l’altro e l’igiene personale non è maniacalmente

9


ALIMENTAZIONE, SALUTE E TRADIZIONE

curata, ci sono meno allergie. Inoltre i bambini dei paesi più poveri, dove l’igiene è minore, hanno un tasso bassissimo di allergie, asma e altre malattie dovute a un malfunzionamento dell sistema immunitario. Il consumo di alimenti contenenti lactobacilli, l’uso limitato di antibiotici, antipiretici, l’allattamento al seno materno, è stato associato a minore incidenza di allergie al cibo. È stato quindi proposto che l’insufficiente esposizione dietetica a metaboliti batterici, potrebbe aver contribuito ad aumentare i disordini infiammatori nei paesi occidentali. Altri studi, hanno dimostrato che la carenza di vitamina D possa essere correlata con lo sviluppo di allergie. La vitamina D è prodotta dal nostro corpo, in funzione dell’esposizione solare, nelle cellule della pelle, ed è essenziale per condurre una vita sana, giocando, infatti, un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute delle ossa e nell’ omeostasi del calcio e del sistema immunitario. È stato recentemente scoperto che nelle aree più vicine all’ equatore le allergie sono minori rispetto alle zone lontane, ed, i bambini nati nei mesi invernali, quando il sole è più debole, hanno maggior pericolo di sviluppare allergie alimentari. L’introduzione nella dieta di alimenti ricchi di vitamina D come le uova, aiutano a prevenire lo svilupparsi di allergie. Non è probabilmente un caso che i bambini moderni che preferiscono giocare in casa con il computer,

10

piuttosto che all’ aria aperta, abbiano livelli bassi di vitamina D, rispetto ai bambini di un tempo, con conseguente maggiore possibilità di sviluppare allergie alimentari. DIAGNOSI E CONTROLLO I risultati sierologici e studi in vitro non sono da soli sufficienti a completare la diagnosi. Gli skin test sono abbasanza facili da fare, ma anche questi se positivi, non sempre sono associati ai sintomi, e possono dare falsi-positivi. Per quanto riguarda l’intolleranza al lattosio, il test più affidabile è risultato il breath test, che si effettua analizzando il respiro. I test di induzione orale sono i più accurati per diagnosticare le allergie alimentari; questi test prevedono che il paziente venga selettivamente privato di alcuni cibi e man mano reintrodotti nella dieta, in modo da vedere quale ha provocato l’allergia e proprio perché il test può indurre reazioni allergiche anche gravi, va condotto in una clinica attrezzata. Non vi è una cura sicura per le allergie alimentari, quello che va fatto è identificare il cibo a cui si è allergici e non mangialo; inoltre i sintomi acuti possono essere controllati con epinefrina, antistaminici, anti-IgE e per sintomi a lungo termine si può far uso di steroidi. Bisogna comunque considerare che il campo delle reazioni avverse al cibo è tuttora poco conosciuto proprio per la variabilità individuale e delle molte reazioni avverse che possono manifestarsi.


IL BIO di VASCO perché non tutti gli asparagi sono uguali…

Sulle sabbie portate da antiche rotte dell’Adige crescono i nostri asparagi: bianchi, verdi e viola. Da un ettaro produciamo quantitativi limitati, perché puntiamo sulla qualità organolettica. Tutti i lavori vengono condotti manualmente, nella rigida ortodossia del nostro nuovo metodo di produzione biologica

Siamo Agricoltori da quattro generazioni, dal 2004 abbiamo abbracciato l ’a gricoltura biologica: l ’unica che possa permetterci di mettere in pratica la secolare esperienza che ci lega alla campagna. Dalle nostre coltivazioni abbiamo escluso qualsiasi trattamento chimico, perché il nostro obbiettivo è quello di fare crescere la fertilità di quel fantastico laboratorio naturale che è la Terra Az. Agr. IL BIO DI VASCO di Vasco Franceschi via Quarto II Tronco, 1/a • Castelbaldo (PD) Mob. +39 335 328100 • Mob. +39 335 1307514 vasco.franceschi@alice.it • www.ilbiodivasco.com


messaggio pubbliredazionale

Radicchio di Chioggia Igp: il buono che fa bene Il Radicchio di Chioggia Igp è un ortaggio che si distingue per l’elevato contenuto di antiossidanti legati alla tipica colorazione rossa delle foglie e al caratteristico gusto leggermente amaro La capacità antiossidante totale fornita da una porzione di radicchio di Chioggia IGP risulta mediamente superiore del 65% e del 60% rispetto ai contenuti medi di pomodoro e lattuga. Sono inoltre presenti composti che migliorano ulteriormente le potenzialità salutistiche del radicchio di Chioggia IGP rappresentati dal’acido clorogenico che presenta una importante azione antibatterica e antiossidante, e dall’acido cicorico che ha funzione anti-tumorale, riduce l’insorgenza di obesità e diabete e possiede proprietà antivirali. Molto interessante anche il contenuto di composti amari. Tali sostanze infatti, oltre a contribuire alla formazione del gusto particolare del radicchio, esplicano una funzione antinfiammatoria, vasoprotettiva e coloretica (stimolano le secrezioni biliari), con i conseguenti effetti depurativi ed epatoprotettivi, infine presenta anche effetti positivi sulla memoria. Il radicchio di Chioggia IGP “precoce” ha messo in evidenza un buon contenuto di minerali e la maggiore presenza di potassio (+8%) e vitamina C (+46%) rispetto ai valori presenti

nei database nazionali (INRAN). Tra gli altri aspetti è importante mettere in evidenza come, sempre rispetto ai valori nazionali, il radicchio di Chioggia Igp “precoce” presenti un tenore di zuccheri disponibili superiore (maggiore dolcezza) e valori di fibra inferiori del 50% a giustificazione della particolare croccantezza di questo prodotto. La tipologia “tardivo” presenta caratteristiche molto simili al “precoce” anche se questo prodotto risulta influenzato in parte dal diverso periodo di coltivazione (semina in estate e raccolta a partire da settembre). Si notano infatti un maggiore contenuto di sali minerali che ne conferiscono un sapore leggermente più marcato e un contenuto di sostanze antiossidanti (polifenoli e antociani) più elevato. Leggermente inferiore invece risulta essere il contenuto di sostanze amare. Nei confronti degli altri radicchi campionati (Treviso tardivo, Verona tardivo e il Castelfranco) quelli di Chioggia si caratterizzano per la minore fibrosità e il gusto più marcato a cui sono associate molte delle caratteristiche salutistiche.

Sede operativa: Mercato Orticolo di Chioggia - Località Brondolo CHIOGGIA www.radicchiodichioggiaigp.it - Tel. 041 8224105 consorzio@radicchiodichioggiaigp.it Seguici su


Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale l’Europa investe nelle zone rurali

Non basta essere rosso e tondo per essere Radicchio di Chioggia

IL VERO RADICCHIO DI CHIOGGIA IGP LO RICONOSCI DAI MARCHI COMUNITARI Un aspetto caratteristico della coltura è rappresentato dalla produzione del seme, fase tipicamente eseguita dai singoli produttori i cui terreni ricadono nella zona di produzione Tipologia Precoce (Aprile-Luglio): Comuni di Chioggia e Rosolina Tipologia Tardivo (Settembre-Marzo): Comuni di Chioggia, Cavarzere, Cona, Codevigo, Correzzola, Rosolina, Loreo, Porto Viro, Taglio di Po, Ariano Polesine L’origine è controllata e garantita dall’Organismo di Controllo Iniziativa finanziata dal Programma di Sviluppo Rurale per il Veneto 2014-2020 Organismo responsabile dell’informazione: Consorzio di tutela dell’Insalata di Lusia Igp Autorità di Gestione: Regione Veneto Dipartimento Agricoltura e Sviluppo Rurale

Progetto aggregato dei Consorzi di tutela:


messaggio pubbliredazionale

ASPARAGO di CONCHE,

il “Principe Bianco” di una terra unica Sospeso tra terra e mare, Conche, è il comune più avanzato della provincia di Padova verso l’Adriatico. Una terra antica, dove l’azione incessante di fiumi importanti come il Bacchiglione e il Brenta ha creato una morfologia praticamente unica. I residui salini delle antiche plaghe acquitrinose oggi sono quel valore aggiunto che caratterizza la locale produzione di asparago bianco e verde, dalla consistenza morbida, poco fibrosa, e dal sapore piacevolmente salino. Decisamente irriproducibile altrove UN BEL PO’ DI STORIA Originario dell’Asia, probabilmente della Mesopotamia, il suo nome deriva dal persiano “sparega” il cui significato letterale è germoglio, poi modificato dai greci in “asparagos” con un nuovo significato: pieno di linfa. Greci sono anche i documenti più antichi che riguardano questo ortaggio, Teofrasto scrisse la “Storia delle piante” 300 anni prima di Cristo annoverandolo tra le produzioni, mentre il latino Marco Porcio Catone (major) un secolo più tardi ne decanta le qualità medicamentose e terapeutiche. A quel tempo, infatti, l’asparago veniva coltivato anche per scopi curativi e la fama di potente stimolatore della fertilità maschile è rimasta invalsa fino a non molto tempo fa. Comunque sia per i latini già dal 200 a.C. l’asparago veniva considerato un eccellente prodotto da portare a tavola, cercato e importato da tutto

14

l’impero compresa l’area adriatica. Il poeta Marco Valerio Marziale, infatti, nei primi decenni del I millennio, ci informa che una gustosissima varietà, caratterizzata da polpe bianche, morbide e succose, arrivava dal littorale di Ravenna. Difficile dire se Marziale nel littorale di Ravenna vi comprendesse anche quell’area in cui più tardi sorgerà Conche, tuttavia le caratteristiche descritte per l’asparago erano già quelle della produzione di oggi.

Il poeta latino Marco Valerio Marziale, nei primi decenni del I millennio, ci informa che una gustosissima varietà, caratterizzata da polpe bianche, morbide e succose, arrivava dal littorale di Ravenna


LA LEGGENDA DELL’ASPARAGO DEL SANTO La leggenda vuole sia stato proprio Sant’Antonio a portare a Padova l’asparago, per rabbonire il carattere di quel despota arrogante e crudele di Ezzelino III da Romano, che verso la metà del 1200 sottomise nel sangue e con distruzioni le città del Veneto, compresa Padova ovviamente. Si tratta evidentemente di una leggenda che come tutte le leggende, però, contiene un po’ di vero. Al Santo Taumaturgo infatti l’asparago potrebbe collegarsi per le sue proprietà curative oppure perché il periodo della raccolta un tempo aveva termine proprio con la sua festività, il 13 giugno, mentre a designarne l’inizio era un altro santo, San Giuseppe, il 19 marzo.

CI IMPIEGA TRE ANNI PRIMA DI METTERE FUORI LA TESTA Ci impiega tre anni la pianta a produrre gli asparagi. Le zampe, così si chiamano le madri dalle quali dipartono i turioni (circa 20 ogni anno) vengono interrate a marzo sotto 15-20 centimetri di sabbia o sabbia e argilla. Per due anni svilupperà solo l’apparato radicale, dal terzo anno è possibile la raccolta. I terreni giusti per questa coltura sono quelli leggeri, sabbiosi come quelli di origine marina, pur che la salinità del fondo non superi le 8 mS/cm. L’importante è che i terreni abbiano un buon drenaggio, i ristagni d’acqua possono dare luogo a marciture che fanno morire la pianta. Gli asparagi spuntano dal terreno in diverse fasi. La raccolta rigorosamente a mano avviene da fine marzo fino ai primi giorni di giugno, è un asparago più tardivo rispetto alle altre zone di produzione a causa delle terre fredde che caratterizzano le aree di laguna. Dopo la raccolta i turioni vengono mondati nella parte estrema, lavati e confezionati secondo la pezzatura in mazzetti di circa un chilogrammo, il peso può variare a seconda delle comodità commerciali, e destinati ai rivenditori della grande distribuzione, ai ristoranti o direttamente ai consumatori finali grazie ai due punti vendita della cooperativa C.A.P.O.: il primo nello stabilimento di via Vallona nella frazione di Conche e il secondo in Romea (vicino al ristorante Da Toni) aperto da fine marzo fino a dopo l’estate con in vendita oltre agli asparagi gli altri prodotti del territorio.

GLI ASPARAGI SONO QUASI TUTTI UGUALI,

a renderli speciali è la terra in cui crescono

L’asparago di Conche, senza togliere nulla ai cugini che vengono prodotti in altre zone del padovano e del Veneto, si distingue per le sue peculiari caratteristiche territoriali e per le proprietà pedologiche dei terreni di origine alluvionale ad alta salinità e ricchi di limo. Un prodotto assolutamente unico e inconfondibile. Nella produzione locale rientra anche il verde, ma l’asparago caratteristico di Conche è un bianco che, come tutti i bianchi, ha la peculiarità di essere meno fibroso, più delicato e meno amaro delle altre specie. Inoltre può essere consumato pressoché interamente, mancando la parte legnosa che si origina con la presa di colore dovuta alla fotosintesi clorofilliana, e soprattutto ha il suo spiccato sapore: sapido, che arriva dal mare. Una vera specialità a patto però che lo si acquisti fresco. Un Conche appena colto ha la base del turione umida e di un bel colore giallo. L’apice, invece, è bianco. Se fosse di un colore giallino o peggio giallo intenso, l’asparago è già sicuramente degradato. Un asparago che rimane sul banco di vendita per più di due o tre giorni avvizzisce, si asciuga diventando fibroso, amarognolo e privo delle sue piene caratteristiche nutrizionali, importantissime da mettere sul piatto. Gli asparagi forniscono una buona quantità di sali minerali quali: calcio, fosforo magnesio, potassio e vitamine A, vitamina B1, vitamina B6, vitamina C, acido folico, amminoacidi, carotenoidi, rutina, che serve a rinforzare i capelli. Gli asparagi sono anche particolarmente adatti a tutte le diete ipocaloriche, in quanto contengono poche calorie (25 Kcal/100g) e sono poveri di sodio. Hanno proprietà depurative e diuretiche, rivestono un ruolo attivo nella diminuzione di casi di eczema, ma sono anche ricchi di acido urico, per cui è sconsigliato il loro consumo a coloro che soffrono di cistite, gotta ed infiammazioni generali ai reni. Gli asparagi contengono asparagina o acido aspartico, che conferisce all’urina il tipico odore; la comparsa dell’odore di asparagi nell’urina è associata all’efficienza del sistema renale.


COOPERATIVA C.A.P.O. Tra i prodotti non c’è solo l’asparago, ma anche: radicchio, porri e carciofi La cooperativa C.A.P.O. in trent’anni ha trasformato a disposizione dotazioni e attrezzature fondamentali questa eccellenza della terra in un simbolo di questa per tenere l’offerta al passo della domanda. Un’attiviterra. Era il 1982 quando l’asparago passò da coltura tà fondamentale se si tiene conto che sotto il marchio di sussistenza a coltura di Conche ci stanno aziende Il Marchio ADC, Asparago di Conche, economia, comportando che alla coltura dell’aspagestito dalla Cooperativa C.A.P.O. riunisce un aumento esponenziale rago dedicano in media un centinaio di soci. La superficie coltivata un ettaro della loro camdelle campagne destinate è circa 80 ettari e ricade nelle zone a questa coltura. Il primo pagna e che quindi non obiettivo dei produttori di Conche, Santa Margherita di Codevigo avrebbero la forza da sole e Valli di Chioggia fu quello di entrare con i di stare sul mercato. Oggi propri asparagi nel mercato ortofrutticolo di Padova la C.A.P.O. è una cooperativa dai numeri solidi che e il risultato venne conseguito proprio attraverso la gestisce e commercializza direttamente circa 3000 costituzione della Cooperativa Agricola Produttore quintali/anno di asparago, contrassegnato col logo Ortofrutticoli, felicemente riassunta nell’acronimo di territoriale ADC (Asparago di Conche), provenienti da C.A.P.O. Una realtà che da allora non ha mai smesun centinaio di soci che coltivano una superficie di 80 so di essere a fianco dei produttori accompagnandoli ettari compresi tra le zone di Conche, Santa Marghenella formazione, nelle scelte tecniche, nel mettere rita di Codevigo e Valli di Chioggia.

INTERVISTA AL PRESIDENTE CLAUDIO FERRO Il futuro è già qui. Stare sul mercato significa lavorare continuamente sulla qualità del prodotto, innovando le tecniche di produzione e gestendo al meglio la fasi della lavorazione, in quanto tutto questo determina il prezzo finale del prodotto per il consumatore. Un consumatore, tra l’altro, che si è fatto sempre più attento ed esigente e che tuttavia in queste legittime pretese deve sempre essere accontentato. Dunque presidente Ferro come state affrontando alla C.A.P.O. queste sfide per il futuro? “Ci stiamo impegnando nell’organizzare in modo sempre più preciso la raccolta e la logistica per il prodotto, questo per garantire sempre la freschezza dei nostri asparagi. Il nostro ideale è raggiungere sempre i mercati all’indomani della raccolta. Ma stiamo lavorando anche per migliorare la qualità del prodotto. Più gusto e meno fibra è quanto richiede il mercato, Conche è già famoso per rispondere egregiamente a queste richieste, ma pensiamo si possa fare ancora di più ed infatti da un paio di anni stiamo sperimentando una nuova varietà italiana di asparago, le risposte ottenute sono molto buone, se tutto andrà bene potremmo già avere in casa il Conche di domani”.

16

E per quanto riguarda la lavorazione del prodotto, avete idee in cantiere? “Stiamo cercando soluzioni che possano garantire al produttore margini migliori e un’offerta sul mercato più equilibrata alle esigenze Il presidente della dell’acquirente. La rispocooperativa C.A.P.O sta che stiamo mettendo in Claudio Ferro campo è un nuovo sistema di confezionamento. Oggi il prodotto viene commercializzato in mazzi legati da elastici del peso di uno o due chili, ma stiamo pensando a confezioni tipo flowpack, avvolte in una pellicola, con porzioni più piccole che possano soddisfare maggiormente anche la clientela della grande distribuzione. I macchinari verrebbero collocati nella sede della Cooperativa, sollevando quindi il produttore da questa incombenza sia economica che logistica. Insomma la società cambia in fretta, mutando esigenze e gusti dei quali è necessario sempre tener conto”.


MANUEL GATTO, GIOVANE PRODUTTORE CHE CREDE NELLA SUA TERRA Manuel Gatto è un giovane produttore di 29 anni, entrato a far parte dell’azienda di famiglia per rinnovarla nella struttura e nelle tecniche di produzione. Insomma è il nuovo che avanza ma si sente anche depositario di una tradizione antica, che nel territorio è una forma di immagine. “Continuo l’attività della mia famiglia - spiega - ho un diploma di perito agrario e sto mettendo a frutto le competenze che ho acquisito nel mio percorso di studi e nella formazione professionale”. In che modo? “Innanzi tutto ammodernando le strutture. L’azienda è stata dotata di pannelli fotovoltaici per una riduzione del consumo di energia e per un rispetto dell’ambiente che è sempre più doveroso da parte di chi si occupa di agricoltura. Ho poi ampliato del 70% la superficie coltivata destinata agli asparagi. È una coltivazione impegnativa, ma che garantisce buoni margini di guadagno. Personalmente credo molto nel prodotto che

realizziamo: la qualità è molto alta, la lavorazione è tutta artigianale e tutelata da un marchio. Per me è un motivo di soddisfazione”. Può crescere ancora questo prodotto? “Assolutamente sì, la qualità è eccelsa ed è importante che fette sempre più grandi del mercato conoscano questa nostra produzione. Sicuramente fuori Italia ci sarebbe un mercato pronto ad accogliere i nostri asparagi, ma penso anche al territorio. I ristoranti locali sono le strutture predisposte all’accoglienza, all’ospitalità, e allora penso all’importante ruolo che avrebbero per noi se tali realtà oltre ad esaltare il sapore degli asparagi di Conche (cosa che già egregiamente fanno) ne facessero conoscere le straordinarie proprietà organolettiche, le peculiarità minerali, la cultura che in tanti anni è stata necessaria per arrivare a produrre una vera e propria eccellenza del territorio. Sarebbe un bel servizio per la nostra terra, ne guadagneremmo tutti”.

17


28° FESTA DELL’ASPARAGO di Conche dal 22 aprile all’8 maggio

L’asparago di Conche, da buon principe del territorio, ogni anno richiedono l’impiego di circa dieci quintali ha la sua festa. Ad occuparsene da ormai 28 edizioni di asparagi freschi e pelati, impiegati per la realizzaè il Gruppo Culturale e Ricreativo di Conche che ogni zione di piatti nei quali rientrano a pieno titolo anche anno dal week end che preMigliaia di presenze richiamate qui gli altri prodotti del territorio, cede il 25 aprile a quello sucdando luogo al celebrato e dall’ottima cucina realizzata cessivo del 1° maggio anima famoso risotto, agli asparagi per la promozione del “Duca Bianco” la piazza con 15-20 mila prein camicia “alla Conche”, agli senze, richiamate qui dall’ottima cucina che in diversi ossetti con gli asparagi o ancora alle semplicissime anni ha creato moltopleci interpretazioni degli aspama sempre attuali uova e asparagi. Insomma un apragi locali. Ricette diventate dei veri e propri must che puntamento al quale non è il caso di mancare…

IL GRUPPO Il Gruppo Culturale e Ricreativo di Conche è nato nel 1993 contestualmente alla nascita del marchio “Asparago di Conche”. La festa, a dire il vero, era nata qualche anno prima: al 1989 risale la prima edizione in cui il “principe bianco” è stato protagonista. Una realtà che impegna circa un centinaio di persone il cui lavoro oltre ad essere promozionale per l’asparago si presta all’animazione del piccolo centro comunale, con iniziative sportive e culturali, senza trascurare la solidarietà e la beneficienza, ogni anno, infatti, parte del ricavato viene destinato all’aiuto dei meno fortunati.

18


IL PROGRAMMA della FESTA VENERDÌ 22 APRILE ore 19.00 SABATO 23 APRILE ore 19.00 ore 20.00 DOMENICA 24 APRILE ore 9.15 ore 12.00

ore 19.00 LUNEDÌ 25 APRILE ore 12.00 ore 19.00 VENERDÌ 29 APRILE ore 19.00 ore 22.00 SABATO 30 APRILE ore 19.00 ore 22.00

Apertura Stand Gastronomico Apertura Stand Gastronomico Musica anni ‘60 - ‘70 - ‘80 con THE MALF BAND • GIORNATA DELLA SOLIDARIETÀ S.Messa animata dagli amici diversamente abili Apertura Stand Gastronomico e Pranzo coi i nostri amici seguirà Spettacolo “DIVERTIAMOCI INSIEME” presso Sala Parrocchiale Apertura Stand Gastronomico Apertura Stand Gastronomico Apertura Stand Gastronomico Apertura Stand Gastronomico MOTHERSHIP - LED ZEPPELIN tribute band

Apertura Stand Gastronomico DIMOSTRAZIONE DI JU-JITSU - arte marziale giapponese da parte degli allievi della Samurai Dojo di Conche DOMENICA 1 MAGGIO • RITROVO “AMICI DELLE ‘500 & AUTO D’EPOCA” ore 9.00 Iscrizioni e ritrovo presso area capannoni Giro turistico e manifestazione ore 12.00 Apertura Stand Gastronomico ore 19.00 Apertura Stand Gastronomico VENERDÌ 6 MAGGIO ore 19.00 Apertura Stand Gastronomico ore 22.00 ANIME IN PLEXIGLASS - LIGABUE tribute band SABATO 7 MAGGIO ore 19.00 Apertura Stand Gastronomico ore 22.00 Concorso “MASTER MAMMA” Aperto alle mamme di tutte le età Impegnate in prove di abilità “da mamma” e non solo. Iscrizioni presso lo stand della festa o al numero 346 2164091 direzione artistica “Fun is Music” DOMENICA 8 MAGGIO ore 10.30 ore 12.00 ore 15.30

ore 19.00

• FESTA DELLA MAMMA S.Messa Classe 1966 Apertura Stand Gastronomico CIRCUS PARTY animazione clown, magia e tantissimo altro per una giornata all’insegna del divertimento per i più piccoli e non solo… Apertura Stand Gastronomico

STAND GASTRONOMICO CON 700 POSTI A SEDERE (coperto e riscaldato) CON ANGOLO BAR, GIOCHI GONFIABILI E TRUCCA BIMBI PER RAGAZZI, PESCA DI BENEFICENZA, SPACCIO E MOSTRE VARIE MERCATINI HOBBISTICA E ARTIGIANATO


LA MEMORIA DI CARTA di Roberto Soliman

Cacciatore di talpe a pagamento MEMORIE DELL’ULTIMO “TUPINAROLO” Faceva un mestiere ormai scomparso, “salvava” i contadini dall’invasione delle talpe! Era a suo modo un libero professionista, cercato, apprezzato nelle sue doti, rivaleggiava in professionalità con il primario dell’ospedale

H

o conosciuto tempo fa l’ultimo, credo, “tupinaforma di vita; ma questo è un altro grande discorso! rolo” della Bassa. Una vita passata a scrutare Sapeva i movimenti, le consuetudini, i percorsi, i pela natura, vivendo lungo un fiume dove, tra riodi di gestazione di animali e pesci, riconosceva le golene, piccole selve, spazi non coltivati, l’ambiente impronte, sapeva leggere i segni del terreno come rimane quasi integro, la- Sapeva i movimenti, le consuetudini, pochi, forse aveva anche sciando forme di vita alun fiuto amplificato come i percorsi, i periodi di gestazione trimenti scomparse nelle i cani. Con la sua attività di animali e pesci, riconosceva terre coltivate. Una vita ha mantenuto la famile impronte, sapeva leggere i segni glia e dato da mangiare vissuta tra caccia e pesca, professata anche con del terreno come pochi, forse aveva a tanti con il suo pesce: metodi poco “ortodossi” anche un fiuto amplificato come i cani era a suo modo un libeincorrendo, a volte, nelro professionista cercato le maglie del guardiapesca! Maglie dalle quali sono e riconosciuto dalla gente! Per arrotondare e coprire sfuggiti gli inquinatori dei fiumi, privandoli di qualsiasi la stagione autunno-invernale, si dedicava anche alla “cattura delle talpe”, soprattutto a marzo, quando le talpe sono gravide e in un sol colpo catturava madre e figlia, e perché durante il periodo freddo la talpa infoltisce il pelo, così la “pelliccia” era più commerciabile. La talpa, si sa, è un piccolo animale mammifero insettivoro, che vive sotto terra, nutrendosi di lumache, lombrichi, piccoli insetti. Vive in una tana un po’ profonda e, da lì, costruisce gallerie a fior di terra, che servono per intrappolare animaletti di cui si nutre, e che percorre ogni giorno. Ha bisogno anche di acqua, per cui il territorio frequentato e danneggiato dalle talpe, è vicino ai fossi. La figura del “tupinarolo” è sempre esistita, ma ha avuto uno sviluppo quanVecchia trappola

20


LA MEMORIA DI CARTA al sicuro le pelli, per poi venderle al mercato di Mondo è arrivato nelle campagne, un secolo e mezzo tagnana, a commercianti veronesi, bresciani e altri, fa, il “fil di ferro”, comunemente, e ancora adesso, che facevano guanti per signore, colli di paltò e alchiamato “Zingo”, e il fil di ferro acciaioso si è tri particolari. I pacchi di pelli erano di 50 ognuno, e prestato per costruire la molla per le trappole. un buon “tupinarolo” riusciva catturarne anche 200 Per installare le trappole, si individuavano le alla settimana, fino a venderne 3-4000 a stagione, gallerie usate quotidianamente dalla talpa, si con un buon introito famigliare, in tempi di carestia. toglieva una parte di terra superficiale con un Soprattutto negli anni delle leggi Autarchiche, dove cucchiaio di legno, fino a scoprire la galleria non bisognava importare nulla dall’estero, ma essedove si installava la trappola carica, sporcanre autosufficienti, il commercio delle pelli di talpa ha dosi prima le mani con la terra per confondedato i suoi frutti. Ora che l’uso della pelliccia è ridotto re gli odori alla talpa. Si copriva la trappola con terra ed La figura del “tupinarolo” è sempre a quella sintetica e l’impiego di pellicce pregiate ed erba, lasciando fuoriuscire esistita, ma ha avuto uno sviluppo esotiche, era stato un fenoquando è arrivato nelle campagne, meno limitato agli anni del la molla. La molla era fissata a una ta- un secolo e mezzo fa, il “fil di ferro”, boom economico, il “tupivoletta in legno. Sulla molcomunemente, e ancora adesso, narolo” è sparito. Ma non sarebbe disoccupato perla venivano attaccati due chiamato “Zingo” ché sarebbe molto ricerca“zinghetti” formati ad anelto per catturare le talpe dei giardini e dei campi da lo come un “lazzo”, giusti per lasciar passare la talpa calcio, e l’ultimo da me conosciuto, quando ancora che correndo per la galleria sbatteva il “muso” su un “professava”, mi raccontava come referenza, che era pezzettino di legno il quale, togliendosi, liberava di riuscito a catturare le talpe del giardino del primario colpo la molla, che tirando i “zinghetti” impiccava la dell’ospedale! Primario che, come tutti quelli che avepovera bestiola. Si sapeva se la bestiola era stata catvano il problema aveva provato di tutto, dagli ultraturata, vedendo la molla della trappola verso l’alto. suoni, alle bottiglie infilate nel giardino, alle esche avL’ultimo “tupinarolo” mi raccontava che bisognava velenate, ma senza risultati, solo l’ultimo “tupinarolo” essere “figli d’arte” per fare quel lavoro, perché certi ha risolto i suoi problemi! E così si vantava di essere segreti si tramandavano da padre in figlio e che nestato più bravo del primario dell’ospedale, almeno a gli anni dei dopoguerra, cioè 1920/21 e 1946/52, anni prendere le talpe! di grande disoccupazione, soprattutto da Casale di Scodosia, e poi da Ponso e Carceri, partivano i “tupinaroi” per battute settimanali, verso il mantovano i primi e verso il ferrarese gli altri. Partivano il lunedì in bicicletta con portapacchi in legno, a gruppi, con sacchi, coperta, trappole autocostruite, piccoli chiodi, martello, forbice ed altri attrezzi indispensabili, e andavano alla ricerca del posto più adatto, chiedendo al proprietario del terreno infestato dalle talpe il permesso di catturarle, e per pagamento la possibilità di dormire in stalla e un pezzo di pane o polenta da accompagnare al poco companatico che si portavano o che comperavano. Il giorno dopo ripassavano a prelevare le prede morte, che mettevano in un sacco, per posizionare le trappole ricaricate in un altro luogo. Tornati in fattoria, scuoiavano le bestiole: tagliando la punta delle zampe e il musetto, e poi con un taglio netto della pelle dalla coda al musetto, staccavano la pelliccia che inchiodavano su un’asse di legno con quattro chiodini fissati sulle zampe, per essiccarle all’aria sotto il portico. A fine settimana il ritorno a casa, ad immagazzinare

21


L ’acqua solo dove serve

• Agricoltura • Ortofrutticoltura • Vivaistica • Verde Privato • Verde Pubblico • Impianti Sportivi

Da trent’anni siamo specializzati nei rami dell’irrigazione e della fertirrigazione, proponiamo un servizio che parte dalla consulenza e accompagna tutte le fasi di realizzazione di un impianto: dalla progettazione del miglior sistema di irrigazione, in ragione a colture e tipo di terreno, alla posa in opera, accompagnando il cliente anche nelle fasi di individuazione del miglior periodo e delle quantità di acqua da impiegare

IRRIFERT S.r.l. Via Martiri della Libertà, 475 - Lusia (RO)


messaggio pubbliredazionale

Il domani... ... sta in una goccia L’acqua è la risorsa fondamentale per l’agricoltura, ma il suo impiego va sempre più gestito. L’approvvigionamento idrico rappresenta sempre più un costo per le aziende, per questo l’acqua va messa solo là dove serve. Gli impianti a goccia oggi offrono le soluzioni giuste ai tempi che la campagna sta vivendo sia in termini di praticità nel condurre le operazioni di irrigazione che nel dispendio minimo di risorsa e risparmio energetico, grazie all’impiego di pompe a

bassa pressione. Questo tipo di irrigazione inoltre rimedia anche alle necessità di concimazione. L’aspersione dei fertilizzanti in forma solida richiede l’impiego di macchinari la cui movimentazione rappresenta un costo, distribuire i fertilizzanti liquidi attraverso l’impianto d’irrigazione, invece, oltre al risparmio permette interventi precisi e puntuali nei momenti di maggiore richiesta di nutritivi da parte delle coltivazioni.

L’AZIENDA IRRIFERT propone soluzioni con tutti i marchi di impianti sia per il sistema tradizionale, con tubi e ali gocciolanti in superficie del terreno, sia per la subirrigazione (con impianti annuali che decennali) che per la microirrigazione seguendo le fasi di progettazione, pompaggio, filtraggio, condotta, automazione fino alla goccia che arriva alla pianta

Tel. e Fax 0425 1687473 - Cell. 349 7222572 - info@irrifert.it


PAESAGGIO GASTRONOMICO di Emanuele Cenghiaro

FARINE BIANCHE E GIALLE,

cereali nudi e vestiti

La farina è uno degli alimenti più antichi impiegati nell’alimentazione dall’uomo. Per i veneti di qualche decennio fa la più diffusa era quella di mais, ma oggi sul mercato si trovano soprattutto quelle di frumento macinate e lavorate in diverso modo

S

i fa presto a dire farina. Per i veneti degli ultimi matici, anche recenti. tre secoli farina era, per antonomasia, quella di “Oggi nel Veneto coltiviamo grano duro, fino a pochi mais, cereale impropriamente detto granturco anni fa diffuso quasi solamente a sud ma ormai envisto che fu Cristoforo Colombo a importarlo dall’Atrato a fare parte delle nostre coltivazioni”, ci spiega merica… la polenta, insomma! Gialla nelle zone monLeonardo Gagliardo, titolare dell’azienda agricola e tane e pedemontane, bianca nella pianura centrale e fattoria didattica Le Barbarighe di San Martino di Velungo la costa. nezze, in provincia di Rovigo. Un’azienda che produOggi la polenta si consuma di meno e il mais viene ce cereali fin dalla sua fondazione, negli anni Venti, e per la maggior parte impiegato per l’alimentazione che da una quindicina d’anni ha accostato all’attività animale, così il principe delle farine è divenuto il fruagricola quella della macinazione. Sarebbe interesmento, o semplicemente grano (Triticum), sia di tipo sante fare una storia dello sviluppo di questi cereali tenero usato soprattutto per e delle loro proprietà: ne riIl panorama dei “semi” piantati sulterebbe una sorta di storia il pane che duro, ovvero la nella nostra regione è variato semola con cui noi italiani facdell’alimentazione ma non è ciamo la pasta: questi sì di ori- nei secoli, frutto di cambiamenti lo scopo di questo articolo. gine mediorientale e noti fino Ci soffermiamo su alcune cualimentari,nuove introduzioni, dall’antichità anche nel bacino riosità “venete”. Ad esempio, mode e mutamenti climatici del Mediterraneo. Il pane e la polenta bianca e gialla: due pasta si possono però fare anche con altri semi, alcudiverse varietà. La pianta di mais produce le spighe, ni di antico uso e tornati di moda: la segale, l’avena, impropriamente chiamate pannocchie. Le “cariossidi” il farro, l’orzo. E che dire di khorasan, kamut, grano (ovvero i chicchi) macinate diventano farina di mais. saraceno? E del riso? Se il mais più diffuso è di colore giallo, ne esistono Insomma, il panorama dei “semi” piantati nella nostra anche varietà bianche, più rare, come il Biancoperla, regione è variato nei secoli, frutto di cambiamenti la cui coltivazione è attestata in Veneto almeno dalla alimentari, nuove introduzioni, mode e mutamenti climetà del Seicento.

24


PAESAGGIO GASTRONOMICO Per quali motivi l’uso della polenta bianca, di cui gran parte d’Italia ignora persino l’esistenza, si è diffuso in poche province venete, tra Venezia, Padova, il Polesine e nel trevigiano (era anche detta “polenta di Treviso”)? Chissà. “La Biancoperla è una varietà che produce lunghe pannocchie affusolate con brillanti chicchi color perla. È una La Farina Biancoperla è un presidio polenta più delicata, Slow Food e viene coltivata da alcuni produttori che si sono riuniti nell’Asso- adatta al pesce e alle ciazione conservatori mais Biancoperla carni bianche” spiega Gagliardo “e forse questa storia dell’accostamento è già una prima risposta, ma non sufficiente. Schie, moeche, baccalà e pesce povero in genere sono certamente abbinamenti perfetti. A noi viene da pensare che nei piatti dei veneziani, che anche a tavola tendevano a distinguersi dal resto dell’Italia, era necessario che pure la polenta fosse differente! Sta di fatto che oggi la Biancoperla è un presidio Slow Food e viene coltivata da alcuni produttori che si sono riuniti nell’Associazione conservatori mais Biancoperla. Il seme per coltivarlo lo fornisce la banca del germoplasma dell’Istituto Strampelli di Lonigo”. Più diffuso, lo sappiamo, è il mais giallo: ma anche qui vi sono diverse varietà. Ultimamente non è raro sentire parlare di “mais cinquantino” - cosiddetto perché maturava in cinquanta giorni - ma ve ne sono altre. Sono le varietà storiche, quelle coltivate prima dell’introduzione dei cosiddetti “ibridi”, e che erano quasi scomparse perché meno resistenti e produttive. Ma che oggi, tra la voglia di recuperare le tradizioni

e i sapori di un tempo e quella di salvaguardare la biodiversità, hanno fatto la loro ricomparsa. Non c’è solo il mais, come abbiamo detto, ma anche una serie di altri cereali che si allunga sempre più. E poi c’è la farina. Quelle industriali di grano che si trovano in commercio, le “0” e “00” per intenderci, sono decorticate e degerminate, perché il germe con il caldo potrebbe irrancidire. Quello che rimane è solo la parte interna amidacea: sono farine bianchissime ma che non contengono più fibre né enzimi, né gli oli e le vitamine del germe. Anche la farina integrale industriale è per lo più fatta unendo a questo prodotto raffinato la sola crusca, l’involucro esterno dei semi. Al contrario, gran parte delle farine biologiche e macinate a pietra sono attente a macinare l’intero chicco, compreso il germe. Ultima curiosità: perché il farro si trova perlato e decorticato? E perché l’orzo può essere “nudo”? “Il farro - spiega Gagliardo - ha una buccia dura e, anche per essere macinato, deve essere decorticato. La perlatura è una ulteriore fase di pulitura e sbiancatura che noi non facciamo, piuttosto preferiamo spezzare il chicco, sempre con la macina, e utilizzarlo nelle minestre. Esistono invece, per orzo e avena ad esempio, delle varietà che non Le farine “0” e “00” sono decorticate e hanno buccia e per degerminate. Quello che rimane è solo questo sono det- la parte interna amidacea: sono farine te monde o nude, a bianchissime ma che non contengono differenza di cereali più fibre né enzimi, né gli oli e le vitamine del germe come il riso, che sono detti vestiti”.

TUTTI PARLANO DEL FRUMENTO DURO SENATORE CAPPELLI Il frumento duro Senatore Cappelli è un antenato del grano duro moderno. La cultivar fu ottenuta dal genetista Nazzareno Strampelli agli inizi del ‘900, riconosciuta come varietà nel 1915 fu dedicata al marchese abruzzese Raffaele Cappelli, senatore del Regno d’Italia e promotore di una riforma agraria che ha portato alla distinzione tra grani duri e teneri. Oggi è stato riscoperto e rivalutato come cereale d’eccellenza, grazie alle seguenti caratteristiche: • la pianta ha un’altezza di ca. 1.80 m (superiore a quella del grano comune) e contiene percentuali più elevate di lipidi, amminoacidi, vitamine e minerali, nonché caratteristiche di elevata digeribilità

• rappresenta un’alternativa dolce e squisita per la preparazione di tutti i prodotti attualmente utilizzati a base di grano tradizionale • non ha mai subito le alterazioni delle tecniche di manipolazione genetica dell’agricoltura moderna, che sacrificano sapore e contenuto tradizionale a vantaggio di rendimento elevato Attualmente il grano Senatore Cappelli è prodotto esclusivamente mediante coltivazione da agricoltura biologica dal 1993 nei terreni aziendali in una zona collinare incontaminata (calanchi) dell’entroterra lucano.

25


messaggio pubbliredazionale

il

TORTELL AIO MATTO

Se la pasta e` già ottima, basta poco per renderla speciale La produzione è “su misura”, ogni richiesta viene esaudita sia per i ristoranti, con forniture già in porzioni e paste ripiene pastorizzate per gestire meglio le scadenze, e per le famiglie, perché qui ogni ricetta trova l’entusiasmo per il gusto della tradizione e la certezza del prodotto fresco La pasta ripiena ha la sua storia: nesce, cresce, evolve. Ha un’anima al suo interno che non va nascosta con il sugo, tanto più se la pasta in questione è quella che quotidianamente viene preparata al Tortellaio Matto di Boara Pisani. Pasta realizzata con le migliori farine e semole, uova fresche e una gran passione che rende superfluo aggiungere altro sapore. Per l’assortimento qui ci si affida alla stagione ed è così che i nuovi ripieni già tengono conto dell’arrivo della primavera, attestandosi su primizie come le “erbe

spontanee”, con cui vengono farcite caramelle e tortelloni, o gli asparagi che insieme alle mandorle tostate sono il tenero boccone per cappellacci e ravioli. Ma anche le paste trafilate o laminate vengono sistematicamente aggiornate negli aromi o nelle colorazioni, sempre naturali, o nell’accompagnamento dei sughi preparati sempre “dalla casa”, senza glutammati o conservanti, per accompagnarsi in un matrimonio sincero con l’elasticità e la rugosità della sfoglia rigorosamente tirata a mano.

PASTE RIPIENE

PASTA LAMINATA E TRAFILATA

La lavorazione avviene tutta a mano e i ripieni vengono realizzati solo con materie prime fresche e di stagione secondo un ricettario che va dalle verdure alla carne e dal pesce ai formaggi assecondando ogni richiesta del cliente

La lavorazione a mano garantisce la giusta nervatura e consistenza della sfoglia. Ogni impasto può venire aromatizzato.

La Specialità di Pasqua sarà il Tortello ripieno di agnello da servire con salsa alla menta

DOVE TROVARCI Tutti i prodotti possono essere acquistati presso il punto vendita di via I Maggio. 57 a Boara Piasani tutte le mattine dalle 8.30 alle 12.30 e dal giovedì al sabato anche al pomeriggio con orario 16.30-19.30 e presto anche on-line visitando il sito: www.iltortellaiomatto.it. Aperto anche la domenica dalle 9.00 alle 12.30, Il laboratorio è sempre operativo per ordini e prenotazioni, i mattarelli si fermano solo il lunedì

il

TORTELL AIO MATTO

IL TORTELLAIO MATTO Sas via I Maggio, 57 - Boara Piasani - Cell. 345 1060541



messaggio pubbliredazionale

Corte Bonicella,

in tavola gli antichi sapori della transumanza Un luogo ideale per pranzi e cene in cui è possibile uscire dai soliti schemi e ritrovare il piacere di piatti tradizionali, ma rivisitati secondo il gusto moderno

ALLEVAMENTO VENETO OVINI Via Porcaro, 1 - 35022 Anguillara Veneta (PD) • Tel. 347 0326458 • info@veneto-ovini.com • www.veneto-ovini.com


La transumanza condensa climi, stagioni, differenze ambientali e vegetali su spazi minimi, sostituendo il dislivello alla distanza. È su questa pratica millenaria che la famiglia Morandi ha costruito la sua secolare storia di allevatori ovini. Di generazione in generazione alle partenze sono seguiti i ritorni e dai verdi pascoli della montagna bellunese, le greggi, sono sempre tornate ai pascoli della bassa valle dell’Adige, tra Anguillara e Borgoforte. È qui, infatti, che si trova lo stabilimento per l’allevamento e la produzione di carne di pecora, agnello, agnellone e castrati mentre a Pegolotte di Cona si trova l’agriturismo e fattoria didattica Corte Bonicella dove alla proposta di degustazione dei prodotti si accompagna l’ospitalità. Un luogo ideale per pranzi e cene in cui è possibile uscire dai soliti schemi e ritrovare il piacere di questi antichi sapori ancestrali, preparati con ricette tradizionali, ma dal gusto moderno. Autentiche specialità sono gli insaccati e gli stagionati come il salame, la passita, il lonzino, il fiocco e il prosciutto di pecora, venduti anche sottovuoto per ricette veloci e facili da preparare a casa, e tipicamente legati alla ricorrenza pasquale sono gli arrosti, le costolette di agnello o gli arrosticini qui serviti con una salsa menta che ne esalta profumi e sapori. Da provare e riprovare è il formaggio, ovviamente pecorino fresco o stagionato nella baita dell’alpeggio in abbinamento alle marmellate, sempre prodotte dalla casa.

ARROSTO PASQUALE

INGREDIENTI: • Un cosciotto o una spalla di agnello • Lardo o pancetta • Vino bianco • Timo, rosmarino, sale olio d’oliva

RITI DI PASQUA La Pasqua a tavola pretende i suoi riti: l’uovo, la colomba e ovviamente l’agnello, ecco, per quest’ultimo, l’agriturismo di Cona, è il posto giusto per apprezzarlo in una serie di ricette originali � Insalata di prosciutto di pecora, rucola e pecorino stagionato � Pasticcio al ragù di agnellone � Tagliatelle con polpettine di castrato e pomodoro fresco � Arrosticini con salsa alla menta � Costolette di castrato alla griglia � Agnello da latte al forno

PROCEDIMENTO: Picchettare la carne di agnello con il lardo (o della pancetta) e le erbe aromatiche. Rosolare, a fuoco vivace, in olio d’oliva su entrambi i lati, il trancio di carne e sfumare con del vino bianco. La carne non va marinata in quanto trattandosi di prodotto freschissimo non si corre il rischio di imbattersi in alcun sapore sgradevole. Di solito le carni di agnello presentano odori molesti in quanto essendo carni bianche molto delicate si deteriorano facilmente durante i lunghi trasporti dalle aree di produzione. Per questo è preferibile consumare sempre carni allevate nella zona. Finire la cottura al forno, ad una temperatura attorno ai 175 g° (tempo e temperatura dipendono dalle dimensioni del cosciotto o della spalla) fino a quando le carni si staccano dall’osso.

CORTE BONICELLA Via Cavarzere, 28 - Pegolotte di Cona (VE) • Tel. 0426 59298 • Cell. 349 3680371 • info@cortebonicella.it • www.cortebonicella.it


PANORAMA GASTRONOMICO di Michele Grassi

Primavera, È TEMPO DI TRANSUMANZE E MONTICAZIONE

Per i pastori il ritorno della bella stagione rappresenta il ritorno alla montagna. Erba fresca, nuovi pascoli e nuovi formaggi

L

a primavera è iniziata, la neve, quella poca che oggi e che, tutto sommato, i sistemi di produzione è scesa durante l’inverno, è quasi o del tutto sono rimasti quelli di allora. Per i tempi, tuttavia, bisciolta, l’erba nei pascoli più bassi è ormai verde sogna pensare a limitatissimi capi allevati su spazi, mentre ad alte quote inizia a spuntare, è il momento in cui l’erba cresceva spontaneamente, quasi illimidi preparare gli armenti alla monticazione. tati. Spazi che non è difficile immaginare anche per i Da quando esiste, l’uomo è sempre stato un caccianostro Veneto, ma che nel tempo è stato opportuno tore e anche un selezionatore di organizzare per destinarli alle vaCon la scoperta erbe e frutti della natura, ma è rie necessità sorte insieme al fatto dell’agricoltura dal sesto millennio a.C. che comche proprio con l’allevamento e prende l’utilità di addomesticare la nascita dell’agricoltura l’uomo il contadino divenne gli animali. Questa pratica gli con- stanziale, con la scoperta divenne stanziale. La terra, dunsentì di gestire meglio il tempo dell’allevamento il pastore que, iniziò a servire a molte cose che in precedenza dedicava alla e i pascoli ad occupare i luoghi rimase errante caccia, potendo contare su una più lontani, in quanto raggiungibili perenne disponibilità di pecore, capre e poi più tardi dagli stessi animali. La transumanza, infondo, è l’esavacche, cavalli. Ed è proprio in questo periodo delsperazione di questo semplice concetto legato alle la storia che appare per la prima volta il formaggio, disponibilità lasciate dell’espansione dell’agricoltura. una scoperta eccezionale visto che si tratta di uno Cosicché se il contadino divenne locale, il pastore dei prodotti alla base della nostra alimentazione di continuò ed essere errabondo. Il concetto tuttavia

30


PANORAMA GASTRONOMICO va specificato meglio perché se nel caso degli ovini è giusto parlare di transumanza, per le mandrie la parola giusta è monticazione. Lo spostamento delle mandrie, infatti, ha uno scopo ben diverso da quello delle greggi perché le vacche devono raggiungere un luogo fisso, monticare, un alpeggio dove rimanere stabili per tutto il periodo estivo. Fino al 1850 anche la pianura veniva interessata a questa ricerca di pascoli. Da alcuni documenti emerge l’acquisto da parte di diverse famiglie dell’Altopiano di Asiago di campi e case nei territori compresi attorno al fiume Brenta per farvi pascolare i bovini e alimentarli con le erbe dei prati stabili, numerosi e ricchi, grazie alle caratteristiche irrigue dei terreni. Le vacche venivano scortate fino alla foce del Brenta o degli altri fiumi padani, talvolta fino alla laguna veneta per poi, in primavera, La produzione di latte invece, avviene con la montitornare a monticare le Prealpi. Per buona parte della cazione. Questo è il periodo in cui il “malgaro” sale nostra storia, tuttavia sono state le pecore a fare la agli alpeggi per un attento sopralluogo. Deve verifiparte del leone, anche sull’Altopiano. Il loro numero care l’eventuale presenza di manto nevoso, lo stato iniziò a calare progressivamente: dai 150 mila capi dei pascoli e la situazione dei recinti che a giugno attestati nell’Ottocento, con l’asaranno completati con i fili da prirsi del nuovo secolo, il loro Per gli ovini è giusto parlare elettrificare. Un’accurata osserdi transumanza, numero scese ulteriormente a vazione dev’essere posta alle 17 mila, per quasi scomparire per le mandrie di bovini strutture della malga con il condel tutto dopo la Grande Guertrollo degli impianti e del tetto. la parola giusta ra. Il formaggio Asiago del temL’abitazione e la stalla, al moè monticazione po, quindi era di pecora e non è mento della monticazione deun caso che anche l’attuale DOP dagli asiaghesi non vono essere perfettamente agibili. Un aspetto molto di rado venga chiamato “pegorin”. Ma per tornare ai importante è quello dell’approvvigionamento, idrico pastori di oggi, quelli che sono rimasti, non molti pursoprattutto. Vengono controllate le linee dell’acquetroppo, questi sono i giorni in cui stanno preparando dotto, sia quelle allacciate alle tubazioni “pubbliche” le greggi per la partenza, lentamente ma inesorabilche ai tratti di condotte che portano acqua direttamente arriveranno fino ai pascoli prealpini o alpini, olmente dalla sorgente. In un inverno come quello tre i 2000 metri sul livello del mare. La funzione della appena trascorso, che ha visto la quasi assenza di transumanza è comunque cambiata, non si cavalcano nevicate, il terreno ha gelato fino a notevoli profondii passi alpini ottemperando alla mungitura delle petà e messo a repentaglio le sorgenti e gli acquedotti core per poi ottenere formaggio, ma per crescere gli non ben svuotati. Si spera che quest’anomala siccità agnelli e poi commercializzarli. invernale, non abbia determinato un drastico svuotamento dei bacini e delle sorgenti, aggravando quello che solitamente è un problema del periodo estivo. Il malgaro, si preoccupa di organizzare l’eventuale sostentamento degli animali, alternativo all’erba, con una buona scorta di fieno, e di controllare, provando, l’impianto di mungitura, di stoccaggio, e la sala di trasformazione del latte con i suoi attrezzi. L’allevatore che lascia le vacche al pascolo può dedicare il suo tempo a falciare i prati, sostentamento invernale delle lattifere, e consentire al malgaro di lavorare l’eccellente latte d’alpeggio per ottenere formaggi, non solo per continuare l’antica tradizione, ma per consentire al consumatore di degustare un prodotto di alta qualità e di sana alimentazione.

31


messaggio pubbliredazionale

TUTTO IL SAPORE DEI PRODOTTI CASEARI ARTIGIANALI Lavoriamo solo il latte locale con metodi tradizionali. Dagli stagionati ai freschi e dagli erborinati agli spalmabili, ogni giorno nei nostri banchi più di trenta formaggi rigorosamente naturali Con l’arrivo della bella stagione cambiano le abitudini alimentari verso piatti più leggeri, digeribili e che ci permettano di stare in forma:

• YOGURT PROBIOTICI

Cremosi o da bere, prodotti con solo latte vaccino, fermenti lattici vivi e purea di frutta naturale, niente zuccheri o conservanti

• TOSELLA

Prodotta freschissima con latte vaccino, è l’ideale per pic-nic e scampagnate. Basta qualche minuto sulla piastra o sulla griglia e trovare un facile abbinamento con qualche foglia di rucola o con le erbette spontanee di stagione per portare in tavola un piatto perfetto

FACCIAMOLO NOI… Da aprile, tutti i mercoledì mattina, il caseificio ospiterà UN CORSO SULL’ARTE CASEARIA. 8 lezioni in cui chiunque potrà apprendere le informazioni base per produrre da se il formaggio con latte vaccino, pecora, capra e bufala Per ulteriori informazioni 0429 82324

• STRACCHINO Preparato con latte vaccino pastorizzato è il più classico dei formaggi spalmabili. Il suo sapore dolce di panna fresca lo rende perfetto per bruschette, piadine, antipasti veloci con tigelle o crostini

• FORMAGGI DI CAPRA

Questa è la stagione dei formaggi di capra, il latte arriva dalla Lessinia dove le capre vengono allevate libere, al pascolo. Vengono prodotte cacciotte di pasta compatta e dolce con retrogusto di erbe di montagna. Un formaggio leggero, ideale per diete e per chi è intollerante al lattosio

VI ASPETTIAMO TUTTI I MARTEDÌ NEI NOSTRI PUNTI VENDITA, ALLA VOSTRA SPESA APPLICHEREMO IL 10% DI SCONTO. VOGLIAMO CHE TUTTI PROVINO I NOSTRI PRODOTTI! Ci trovi: URBANA - Via del Lavoro Nord BEVILACQUA - Via Roma MONTAGNANA -Via dei Montagnana (Porta XX Settembre) MONTAGNANA - Via San Zeno MERLARA - Via Marconi BADIA POLESINE - Via dei Cappuccini

CASEIFICIO MUCCA VERDE Via del Lavoro Nord, 371 - 35040 Urbana (Pd) Tel. 0429 82324 - lacoopagrveneta@libero.it - www.caseificiomuccaverde.com


messaggio pubbliredazionale

AZIENDA FONTOLAN, piena fiducia sulla qualità delle carni Tutte le fasi di produzione, dalla terra al piatto del consumatore, vengono gestite e controllate in azienda Cambiano le stagioni e con esse i gusti da portare in tavola. La qualità invece sarebbe bene rimanesse sempre alta, soprattutto se si tratta di carni. Qualità significa certezza. Certezza nel portare in tavola prodotti sani che fanno bene al nostro benessere fisico. Certezza che solo un’azienda che segue l’intera filiera produttiva può garantire, potendo certificare il proprio prodotto dal seme servito per produrre il foraggio destinato agli animali alla vendita dei migliori tagli, con tempi certi per la macellazione e la frollatura delle carni. Carni di charolaise francese, caratterizzate per la tenerezza, la grana fine e il pochissimo grasso di copertura.

SALUMI PER PIC-NIC E SCAMPAGNATE Tutti i nostri salumi sono realizzati con animali allevati in azienda e preparati con ricette tradizionali. Salami, capocolli, pancette e cotechini contengono solo spezie naturali: pepe, sale, aglio e vino rosso, niente conservanti o coloranti. Assolutamente da provare il lardo, stagionato sei mesi con sale, pepe, rosmarino e foglie di salvia e alloro

PRODOTTO CONSIGLIATO: ▶ Prosciuttino Fontolan Ottenuto dalla noce della coscia di maiale, salato, pepato, aromatizzato con cannella e chiodi di garofano e insaccato in budello naturale, asciugato per 15 giorni e stagionato per 6 mesi ▶C otechino Fontolan Per andare incontro alle esigenze delle famiglie l’azienda Fontolan produce cotechini pronti per essere serviti. Basta mezz’ora di cottura per portare in tavola tutto il sapore della tradizione. L’Azienda Agricola Fontolan è socia di Unicarve e aderisce al disciplinare di Qualità Verificata “Vitellone o Scottona ai cereali”, conforme alla L.R. 12 del 31/05/2001. Lo stesso disciplinare è sottoposto a controllo da parte di CSQA Certificazioni S.r.l. e vigilanza da parte della Regione Veneto.

AZIENDA AGRICOLA FONTOLAN, Via Argine Sx, 61 - 35024 Bovolenta (PD) Tel 049 5347142 - info@aziendaagricolafontolan.it - www.aziendaagricolafontolan.it


INGIROPIEDANDO di Martina Toso

Un nuovo modo di vivere la città e conoscerne le bellezze ed i punti di forza della tradizione attraverso un elemento quale è il cibo che da sempre è segno di convivialità e sperimentazione

HACKERARE LA TRADIZIONE!

Padova Food Festival: quando il mangiare bene incontra l’innovazione. L’evento è organizzato dal Comune di Padova con il supporto tecnico creativo del Parco Scientifico Tecnologico Galileo su un’idea del Comitato Giovani Imprenditori della Camera di Commercio

S

arà il Prato della Valle la cornice del Padova Food Festival, dal 27 al 29 maggio. Tre giorni dedicati al cibo, alla cultura e al futuro del food, che sarà però un pretesto per parlare di molto altro. I fornelli, infatti, vedranno scendere in campo 10 produttori veggy e 10 meatty, abbinati ciascuno ad uno dei 20 ristoratori, che si sfideranno a colpi di fantasia, creatività e qualità ideando e realizzando insieme dei piatti assolutamente inediti con il prodotto a loro assegnato in fase di abbinamento. Le ricette saranno presentate per la prima volta nel corso della kermesse e sarà possibile assaggiarle utilizzando un ticket. Vegetariani e carnivori a confronto ma anche e soprattutto tradizione e innovazione che si incrociano e si fondono: il Padova Food

34

Festival è un’occasione per aziende, giovani, esperti, cuochi, designers, agricoltori, ristoratori di trovare nelle eccellenze nostrane che già esistono la motivazione a intessere nuovi e produttivi dialoghi, collaborazioni per hackerare insieme la tradizione. L’obiettivo è lungimirante ma urgente: una nuova e migliorata impresa del food in cui a farla da padroni siano spirito di aggregazione, creazione e creatività condivise in nome del mangiare bene e dell’innovazione. Un Festival, quindi, che in maniera totalmente rivoluzionaria e originale guarda alla terra e alla tavola attingendo dal passato per rileggerlo in chiave moderna, facendo dell’educazione al cibo un must have e della condivisione il futuro stesso del food.


INGIROPIEDANDO

Da dove nasce un’idea? EMILIANO FABRIS Direttore generale del Parco Scientifico Tecnologico Galileo

Da dove nasce l’idea di Padova Food Festival? “Il PFF è, prima di tutto, un progetto frutto di un lavoro di squadra tra Parco Scientifico Tecnologico Galileo e Comitato Giovani Imprenditori della Camera di Commercio di Padova. Da un brainstorming iniziale che prevedeva l’idea di mettere in connessione giovani designers con imprese agricole da una parte e della ristorazione dell’altra, è scattata la scintilla. Perché pensare ad un evento puntuale quando potevamo creare un vero e proprio festival? Un festival che è iniziato il 27 settembre con un ciclo di seminari per stimolare la consapevolezza del food in relazione a comunicazione, innnovazione, design, benessere e salute con 14 speakers di fama internazionale, tra cui Dr. Fillippo Ongaro (medico di fama internazionale), Anna Maria Pellegrino (cuoca e Presidente del’Associazione Italiana Food Blogger), Luisa Fantinel (storica dell’arte e antropologa culturale), Marco Chiurato (artista pasticcere), Diego Fortuna (campione olimpionico di lancio del disco oggi nutri-

zionista). In concomitanza dei tre giorni di mercato all’aperto saranno presentati i risultati del contest in cui giovani designers e chef hanno ideato un portfolio creativo a tema food per le aziende padovane main partners della manifestazione, con l’appoggio degli istituti Scuola Italiana Design e Accademia DIEFFE”. Quali sono le sue peculiarità? “Sicuramente il fatto di essere un format innovativo. Pensiamo al Festival che si terrà nella meravigliosa cornice dell’Isola Memmia (Prato della Valle) dove si mescoleranno ingredienti e tendenze, dal chilometro zero allo street food, dal food design al visual. Ma se devo esprimere in due parole chiave la peculiarità del Padova Food Festival: aggregazione e innovazione. Pensate: oltre 40 aziende partecipanti tra produttori, ristoratori e imprese del food “Made in Padova”, 60 junior designers, 12 giovanissimi chef tutti legati da un unico obiettivo: Hackerare la Tradizione”.

CHIARA SATTIN Presidente Giovani di CCIAA e referente area produttori Che ruolo hanno oggi i produttori? “C’è un vecchio detto che dice che nella vita qualche volta avrai bisogno di un medico, qualche altra cercherai un prete o un avvocato ma tutti i giorni, tre volte al giorno, avrai bisogno di un agricoltore”. Il rapporto tra ristoratori e produttori, che poi è il perno portante dell’evento, qual è oggi? “I ristoratori sono i primi interpreti dei nostri prodotti, sono coloro che sanno leggerli, metterli assieme e proporli al pubblico in ricette dai sapori inaspettati e dal contenuto educativo.

Dobbiamo potenziare ancor di più la capacità che abbiamo di ascoltarci reciprocamente; con la consapevolezza di “che cosa ci chiediamo l’un l’altro”, riusciremo davvero ad ottenere il meglio e l’ottimo dalla nostra amata terra, con l’occhio sempre attento e lungo sull’orizzonte rappresentato per noi dalle tendenze e dai comportamenti alimentari della società, e di conseguenza dalle richieste del mercato. Padova Food Festival con la sua Food Fair e con il contest che abbiamo lanciato, si inserisce proprio all’interno di questo meccanismo di dialogo e mira a stabilizzarlo e a migliorarne la qualità”.

35


INGIROPIEDANDO

MATTEO TONIOLO Vice di Giovani CCIAA e referente area ristoratori Il ruolo dei ristoranti oggi? “Il ristorante sta sempre più diventando il luogo della formazione e della informazione al proposito di cibo e salute. Molti esercenti mettono a disposizione i loro locali per rendere i consumatori consapevoli del ruolo dell’alimentazione nella vita quotidiana. Tutti noi ci stiamo rendendo conto dell’importanza che il cibo ha nella salute e nel nostro umore: nel PFF il cibo assume un ruolo predominante e tutti noi siamo pronto a coglierne i frutti. Benessere, salute, gusto e innovazione

sono le parole chiave del PFF”. Quindi i ristoranti hanno anche la responsabilità di insegnare a cucinare ad una società che non ha più il tempo di mettersi ai fornelli? “Cucinare è la parte finale di un procedimento che ha nella ricerca e nella sperimentazione il proprio fulcro: a casa, come nei ristoranti il ruolo del cibo torna ad essere fondamentale. Dopo una deriva globale siamo al ritorno del cibo locale ma di qualità”.

Le due squadre contrapposte: meatty e veggy. Produttori e ristoratori padovani a confronto per innovare i piatti della tradizione con prodotti nostrani

36



Antichi Sapori, noi conosciamo i nostri polli ... Animali allevati all’aperto, in grandi spazi alberati, accrescimento naturale con l’impiego esclusivo di cerali prodotti in azienda

Nati da uova di prima categoria e dopo la prima fase di accrescimento, che comprende i 25 giorni del ciclo di vaccinazioni, i pulcini sono pronti ad entrare nel tuo pollaio I piccoli arrivano in azienda nel primo giorno della loro venuta al mondo, liberi di razzolare in grandi capannoni con una temperatura costante di 30-32° g. Il ciclo delle vaccinazioni viene completato nei primi venti giorni di vita e alla profilassi si associa un’attenta pulizia degli stabbi. L’azienda dei Scudellaro, infatti, è la prima in Veneto ad essersi dotata di una strumentazione per la disinfettazione “a fuoco” degli spazi che ospitano i pulcini. Questo permette di tenere sotto controllo le cariche batteriche e soprattutto di intervenire meno sugli animali con i medicinali AZIENDA AGRICOLA SCUDELLARO S.Agr.S. - Via Valli Pontecasale, 16 - 35020 Candiana (PD)


messaggio pubbliredazionale

SONO QUATTRO LE RAZZE IN VENDITA E DISPONIBILI TUTTO L'ANNO • IL BIANCO ad accrescimento veloce, arriva ai 5 kg di peso. Ma se consumato giovane, ad aprile saranno pronti, avremo un galletto che la tradizione vuole preparato alla griglia • IL ROSSO, di corporatura più pesante e più lento nell’accrescimento. Ha carni asciutte e per questo, più saporita del bianco, nella sua preparazione è consigliata una cottura lenta

• IL KABIR, razza a lento accrescimento, forte, ruspante: le femmine raggiungono 2.8 - 3.0 kg di peso mentre i maschi i 3.5 - 4kg • POLLO COLLONUDO, altra razza a lento accrescimento e di grande qualità grazie ad una pelle sottile e ad un petto arrotondato e poco grasso. Ottimo per arrosti e brasati

Non solo polli... • FARAONA RAZZA GALLOR, una specie francese dal piumaggio un po’ più scuro, matura in 5-6 mesi raggiungendo i 2,2 – 2,3 kg di peso. Ha carni molto più saporite del pollo che danno il meglio del gusto allo spiedo oppure arrosto • ANATRA MUTA, francese di piumaggio completamente bianco la femmina raggiunge i 3,5 kg di peso mentre il maschio arriva a 5 kg. E’ la razza più adatta per la preparazione dell’anatra all’arancio • ANATRA MULLARD, discende dall’anatra muta e dalla Pechino (l’anatra che comunemente chiamiamo nostrana) è un po’ più grassa della muta, perfetta per i sughi ed è la razza che qui viene impiegata per i salami d’oca, la steccata, lo speck e il culatello: autentiche specialità della casa • GERMANO REALE, raggiunge 1,2 – 1.5 kg le sue carni sono ottime per l’arrosto

EVITA DI FARE LA FIGURA DEL POLLO, quello che porta questo marchio è il vero Latte&Miele!

• OCA BIANCA ROMAGNOLA, di manto ovviamente bianco raggiunge i 5 kg • OCA TOLOSA, è l’oca grigia la più pesante, raggiunge i 7/8 kg di peso • OCA CIGNO, anche questa di color grigio raggiunge i 4 kg di peso La disponibilità di oche e anatre arriverà fino a luglio Gli animali possono essere allevati anche con il metodo Latte&Miele, negli ultimi due mesi di vità l’alimentazione viene integrata con latte in polvere e miele “Millefiori” dei Colli Euganei

Tel. 049 5349944 - Fax 049 7383364 - info@scudellaro.it - www.scudellaro.it


LA RECENSIONE di Renato Malaman

?

PERCHÈ

Recensione

LA TORRE

il regno delle primizie

Renato Malaman, noto enogastronomo padovano, visita per la nostra rivista i ristoranti della Bassa Padovana, dell’area euganea e dei territori limitrofi più ricchi di tradizione, per raccontare storie, personaggi e piatti che nel tempo li hanno resi celebri. Esprimendo anche una sua valutazione sulla qualità attuale della proposta

Asparagi, piselli, funghi e tartufo: tutto alla Torre arriva prima e da produzioni locali Norberto Gallo e Franca Borin dal 1978 basano la loro cucina sull’eccellenza del prodotto stagionale e di territorio. Una continuità nella qualità davvero rara

P

rimizie! Non se ne sente più parlare tanto nei ristoranti. E un motivo purtroppo c’è: certi prodotti ormai si trovano in vendita tutto l’anno, provenienti magari da qualche serra al di là dell’oceano. Ma non è la stessa cosa. Ecco perché le primizie che offre La Torre sono primizie vere, frutto della stagione e soprattutto della produzione locale. Un valore aggiunto da sempre per il ristorante di Norberto Gallo e Franca Borin, sosta sicura del centro storico di Monselice, affacciata su piazza Mazzini, all’ombra della Torre Civica e con vista magnifica sul Torrione Federiciano. Le idi di febbraio sono già il tempo degli asparagi di Pernumia, i primi, quelli coltivati nelle serre riscaldate con l’acqua termale. Una delizia dal sapore delicato capace di marcare il palato in modo deciso. Inconfondibile. Presto verrà la stagione delle erbette, poi dei piselli, quindi dei funghi: un must per la Torre (insieme al tartufo bianco). Le primizie sono ancora uno dei tratti distintivi della cucina della Torre, ristorante che da quando ha aperto i battenti, nel lontano 1978 su iniziativa anche di Luciano Gallo e di Nadia Brandelli, i genitori di Norberto, ha un solo credo: la continuità. Rimanere se stessi così a lungo, senza perdersi per strada, senza cedere alle mode, senza stravolgere il locale, non è impresa facile. Tutt’altro. La Torre c’è riuscita e il segreto del suo rinnovato successo è proprio questo. Una continuità che rassicura il cliente, lo coccola, lo fidelizza. Gli dà la certezza di trovare sempre l’eccellenza. Ecco, sembrano frasi fatte, ma alla Torre davvero si prova questa sensazione. E ogni visita regala piacevolezza, rilassa quasi. Specie quando a Norberto, o a Filippo Casotto, il cameriere, si dice: fai tu. Anche per l’abbinamento del vino.

40

In apertura il filetto di Sorana al tartufo, con "Rosa di Gorizia" ed erbette. Nella fascia rossa altre creazioni degli chef Francesco e Fabrizio, fra cui i famosi tortelli di Taleggio con il tartufo


LA RECENSIONE Presto verrà la stagione delle erbette, poi dei piselli, quindi dei funghi e del tartufo

Un bel modo per stimolare qualche sorpresa, sicuri di non rischiare poi tanto. Né sulla qualità, né sul prezzo… Dietro a tutto questo c’è una situazione che sembra incredibile: i cuochi del locale sono gli stessi da sempre, Francesco Milan Albertin e Fabrizio Maggio. Conoscendo i capricci degli chef c’è da strabuzzare gli occhi davanti a tanta fedeltà. Del perché alla Torre si mangi così bene, con tali premesse, è facile intuirlo. Il locale, arredato dal compianto architetto locale Francesco Trevisan (e tuttora ancorato a quel vintage anni ’80 elegante, sobrio e raffinato), quando aprì divenne subito l’alternativa all’altro grande ristorante della zona: il Gambero di Este, dell’indimenticato Erich Mazagg (scomparso di recente). Prima La Torre era un’osteria, “Le Puglie”, gestita dalla famiglia Canola. Il primo cuoco della Torre Alberto Mason impostò la cucina sulla carne di qualità, che è tuttora un altro pilastro del menu del locale. La materia prima la forniva la storica macelleria Bellotto di Este, oggi la Martini di Solesino. La morbidezza e il sapore di un filetto della Torre sono un valore facilmente percepibile. I primi tartufi arrivavano dai “cercatori” di San Bortolo, in primis Ermes Garbo. Oggi dal faentino Rossi. Gli asparagi sono della Ca’ Tognai di Pernumia e in parte della Baraldo. Fornitori selezionati dopo anni di esperienza. La continuità si costruisce anche così. Altri piatti forti del menù sono la frittatina con i finferli, il petto d’oca affumicato, l’insalata di carciofi, i ravioli ripieni di Taleggio, la pasta e fagioli, i tortellini in brodo, le tagliatelle ai porcini, il fegato alla veneziana, la lombatina di vitello, l’ossobuco, la battuta di filetto e il baccalà. Anche nei dolci tanta semplicità e tanta qualità: semifreddo al mandorlato di Cologna Veneta, zuppa inglese. Cantina impostata su 120 etichette dal buon rapporto qualità - prezzo. Alla fine 45 - 50 euro ben spesi. Di più, ovviamente, se si prendono piatti al tartufo. Difficilmente alla Torre non si torna, perché locali come questo restano impressi. Per la classe coniugata alla semplicità. Per la bontà dei piatti e l’accoglienza informale (eppure professionale). Per la rassicurante continuità… Il giornalista Renato Malaman con Franca Borin e Norberto Gallo, titolari del ristorante "La Torre"

I piatti forti del menù sono la frittatina con i finferli, il petto d’oca affumicato, l’insalata di carciofi, i ravioli ripieni di Taleggio

La Pagella

di Con i piedi per terra

⊲ Uso delle materie prime del territorio ⊲ Piatti in menù che seguono la stagionalità ⊲ Rielaborazione dei piatti della tradizione secondo fantasia e creatività ⊲ Accoglienza ⊲ Abbinamento vini ⊲ Rapporto qualità-prezzo



messaggio pubbliredazionale

Villa Momi' s, l' emozione del mangiar bene Una location originale per cene di gala, serate romantiche, matrimoni da sogno Un luogo unico e suggestivo, ma alla portata di tutti. Questo è villa Momi’s, il rinomato ristorante-pizzeria della famiglia Poletto, da anni punto di riferimento di chi al mangiar bene ama coniugare l’originalità. Alla tradizionale cucina chioggiotta, fondata sul rigore di un pesce che arriva fresco dal mercato ittico tutti i giorni, infatti, si coniuga un luogo incantevole, immerso nel verde e animato dal riverbero di piscine e fontane danzanti,

location prediletta di molti eventi mondani, come le finali regionali di Miss Italia che da anni si tengono proprio qui. Ed soprattutto d’estate, quando la bella stagione offre la possibilità di una cena a due passi dall’acqua, che una serata a Villa Momi’s diventa un’emozione, un evento di gala unico e indimenticabile perfetto anche per sottolineare i momenti importanti come matrimoni e cerimonie. L’offerta si completa nella grande disponibilità e accoglienza, più di trecento posti, che può essere completata anche con il pernotto, visto che Villa Momi’s è anche un prestigioso hotel collegato al ristorante da un servizio navetta.

L’ARTE DELL’OSPITALITÀ NON SI IMPROVVISA… Luca e Massimiliano Poletto sono i titolari di Villa Momi’s ristorante e hotel. Da undici anni portano avanti la loro originale offerta di ospitalità e ristorazione ereditando la professione direttamente dalla loro famiglia. Papà Poletto, infatti, all’età di quattordici anni era già ai fornelli dei ristoranti più prestigiosi della vicina Chioggia e la mamma ha assecondato questa passione per la cucina gestendo insieme a lui per anni il ristorante di fami-

glia. E’ da questa lunga esperienza che nascono i piatti celebri di Villa Momi’s come la Catalana di pesce, le tipiche “moeche”, le inconfondibili seppioline nere di Burcello o il tradizionale baccalà. Piatti ai quali oggi si accompagnano ricette che assecondano qualsiasi gusto a tavola, comprese le preparazioni vegetariane e vegane, accompagnate dalle giuste etichette enologiche, visto che la cantina è fornita dei migliori vini d’Italia.


IL PANORAMA GASTRONOMICO di Mario Stramazzo

L ’uovo, SIMBOLO DEL RITORNO ALLA VITA

Il culto dell’uovo sprofonda nei meandri del tempo, legandosi al tema della resurrezione. Da oggetto dei riti sacerdotali oggi è un totem alimentare

P

ensare che il comune uovo di gallina possa ridursi solo ad un semplice risultato dell’attività riproduttiva del bipede pennuto e che l’uomo ha imparato a far diventare cibo, denota certamente poca dimestichezza con lo studio della semiotica e, più ancora, della semiologia. Ovvero quelle scienze con le quali l’uomo studia i segni, che sarebbero poi quelle tal cose che però stanno per le tali altre. Troppo complicato. Soprattutto per queste righe che hanno la modesta pretesa di ricordare che in tempi di Pasqua, sulle nostre tavole, non devono mancare i simboli che ne sono l’emblema per antonomasia: le uova. A cominciare proprio da quelle di gallina per finire con quelle d’invenzione umana molto più recente, meglio note e catalogate come uova pasquali di cioccolato. Ad ogni buon conto e giusto per non apparirvi come una rivista di poco spessore, va ricordato che l’uovo, per la forma, la tonalità di colore e la perfezione delle linee geometriche, è da millenni un elemento fon-

44

damentale di miti e leggende che hanno percorso trasversalmente la vita di molte civiltà. Ancestrale simbolo di vita, ha ispirato una innumerabile platea di pensatori tanto che, presso alcune antiche civiltà, è posto all’origine del mondo. Nella cosmologia egizia, ad esempio, il dio Ptah, creatore dell’uomo, è rappresentato mentre forgia un uovo, visto come simbolo di vita e per questo consacrato anche alla dea Iside. Di contro, i Persiani, durante alcune cerimonie religiose, erano soliti scambiarsi uova colorate o dorate con foglia d’oro ma anche nella cultura cristiana l’uovo riveste significati e valori tutt’altro che di poco conto. Nell’uscita del pulcino dall’uovo infatti, i protocristiani vi raffiguravano una precisa simbologia della resurrezione di Gesù e, nelle tombe dei martiri a Roma, usavano deporre uova simboliche di marmo. Forse anche da qui il rito, successivo a quei tempi, di portare in chiesa le uova il giorno di Pasqua perché fossero benedette. Insomma un legame sempre più indissolubi-


IL PANORAMA GASTRONOMICO

le con l’idea di nuova vita e resurrezione che secolo Esatto contrario del processo messo in atto dal maître dopo secolo, portò anche alla creazione di altrettanto pâtissier quando invece versa il cioccolato fuso nei inossidabili emblemi. due stampi, ognuno a forma di mezzo uovo, che una Ascrivibili, questa volta, alla creatività manifatturiera volta uniti ricalcano l’essenziale forma di quello della dell’uomo. Vale a dire le preziose ma non edibili uova nostra conoscente bipede, citata all’inizio di questa di Fabergè, che segnarono un’intera epoca della chiacchierata come madre ispiratrice anche di chi Grande Madre Russia e di molti società europee ad inventò l’uovo pasquale di cioccolato. Precisamente essa vicine. Sul finire dell’ottocento, invece, più che un inglese, John Cadbury, che dopo aver inventato per l’ostentazione di ricchezza la capacità manifatla prima barretta di cioccolato, grazie ad un processo turiera dell’uomo si rivolse al palato con l’ancora imdi emulsione da lui messo a punto per far solidificare perante e mangiabilissimo il cioccolato, nel 1875, creò Uovo Pasquale di Cioccola- Nella cosmologia egizia il Dio Ptah, pure la prima fabbrica di creatore dell’uomo, to. Non meno prezioso dei uova pasquali di cioccolata. suoi predecessori sia per i Un produttore di dolcezze è rappresentato mentre forgia fatturati che riesce a muoche in breve tempo colonizun uovo, visto come simbolo vere sul mercato dolciario zò il mondo con le sue Cadi vita e per questo consacrato sia per essere invitante e dbury Easter Egg, portando anche alla dea Iside irresistibile conclusione fela sua azienda ad essere stosa di pranzi e cene di Pasqua. Talora anche per Pafra le prime multinazionali dolciarie del pianeta per squetta o qualche altro desinare successivo al giorno un mercato che oggi, e solo in Italia, vale oltre 206 della Resurrezione. Specie se si è avuto a che fare milioni di euro di fatturato; dimostrandosi più che un con uno di grandi dimensioni o per aver messo un fregoloso boccone per le aziende cioccolatiere anche no alla propria gola e quindi, avendone avanzato una artigianali, che con il cioccolato, fondente o al latte quantità riproponibile e senza particolari accortezze che sia, creano, pezzo dopo pezzo circa 50 milioni sulla sua conservazione. Fatta salva l’attenzione alla l’anno per il mercato italiano. Veri e propri capolavotemperatura che, se oltre i 20 gradi, può spingere lo ri di ingegneria dolciaria replicabili comunque anche stato solido del cioccolato verso uno stato tanto morfra le mura domestiche. A patto di seguire le poche bido quanto liquido all’incremento dei gradi Celsius. ma chiare e semplici istruzioni.

45


IL PANORAMA GASTRONOMICO

Ricetta

UOVO DI PASQUA CASALINGO Per un uovo di 450 gr servono 450 gr di cioccolato fondente o al latte. Si fonde il cioccolato a bagnomaria, quindi temperare il cioccolato che si è sciolto (ovvero rifonderlo nuovamente dopo che si è solidificato con la prima fusione). Una volta fatto questo basta prendere degli stampi per uovo di Pasqua che si acquistano nei negozi specializzati per cuochi e pasticceri, versare al loro interno il cioccolato fuso, facendo in modo che tutte le pareti siano coperte pressoché uniformemente e che i bordi siano liberi. Si chiude poi lo stampo su sé stesso in modo che le due metà dell’uovo combacino e si mettono in frigorifero per circa 5 minuti. A questo punto, per attaccare le due mezze uova, basta prendere la ciotola nella quale avete sciolto e poi temperato il cioccolato e rimetterla a bagnomaria, aggiungendo se necessario altro cioccolato in modo che riscaldandosi si sciolga tutto quello che è rimasto sulle pareti. Poi, con un dito, spalmare il cioccolato fuso e caldo sui due bordi dell’uovo e farli aderire. Ripulire dall’eventuale eccesso di cioccolato e rimettere in frigo per un altro paio di minuti.

Le curiosità preziose

A proposito di simbologia va ricordato che un tempo, a Pasqua, nelle nostre campagne c’era l’usanza di preparare e regalare le uova di gallina rassodate colorandone il guscio. Quelle con colori brillanti rappresentavano i colori della primavera e la luce del sole; quelle colorate di rosso scuro erano invece simbolo del sangue del Cristo. Va detto inoltre che anche tra nobili e facoltosi, c’era l’usanza di donare uova decorate. Solo che in questo caso venivano usati elementi preziosi e già nei libri contabili di Edoardo I di Inghilterra risulta segnata una spesa per 450 uova rivestite d’oro e decorate, da donare come regalo di Pasqua. Ma le uova più ricche e famose furono però quelle di un maestro orafo, Peter Carl Fabergé, che nel 1883 ricevette dallo zar Alessandro, la commissione per la creazione di un dono speciale

46

per la zarina Maria. Così il primo Fabergé fu un uovo di platino smaltato bianco che si apriva per rivelare un uovo d’oro che a sua volta conteneva un piccolo pulcino d’oro ed una miniatura della corona imperiale. Una sorpresa nella sorpresa che più tardi, con le debite proporzioni, fu adottata anche per le comuni uova pasquali di cioccolato diventando, soprattutto per i bambini, l’atteso e concreto regalo di Pasqua. Anche se, nel caso di una creazione originale firmata Fabergè, che può raggiungere la somma di 12 milioni di euro, difficilmente la sorpresa può superare il valore dell’uovo. Nell’immagine il primo uovo realizzato da Peter Carl Fabergé nel 1883 per la zarina Maria. Il primo guscio è di platino smaltato bianco, il secondo è d’oro e contiene un piccolo pulcino d’oro ed una miniatura della corona imperiale



Osteria Vineria

Tutto l’amore possibile per il mangiar bene A Borsea l’originale locale coniuga alle eccellenze della macelleria un’ospitalità raffinata e decisamente di buon gusto Andrea Polato insieme a Vania e Marco Verza

Un luogo davvero originale. È il caso di dirlo, perché l’Osteria Vineria Le Carni a Borsea è un posto decisamente unico. Le Carni, infatti, non allude a chissà quale forma di tentazione passionale, ma al fatto che tutto gravita attorno al bancone di una macelleria. La passione, semmai, è quella dei proprietari, Marco e Vania Verza, che della loro attività hanno fatto una forma di ospitalità. I quarant’anni di carriera di Marco, trascorsi nella selezione e nella preparazione dei migliori tagli di carne da offrire alla propria affezionata clientela, non potevano trovare sbocco migliore che nella proposta di consumarli seduti a tavola, nel ristorante al quale è possibile Sotto il segno dell’amicizia a f f a c c i a r s i direttamente dalla macell’incontro di esperienze, leria. E che di storie e di professionalità r i s t o r a n t e ! Se qualcuno si trasforma in un richiamo pensa a qualcosa di molto country o forte verso orizzonti inesplorati alla buona, è decisamente fuori strada. I 35 posti accomodati attorno a bei tavoli bianchi, in un ambiente ordinato e razionale, sono l’emblema di un’eleganza e una raffinatezza che va ben oltre i luoghi comuni. A questo va aggiunto l’atmosfera, curata nel dettaglio e nel segno di quella cordialità che solo l’espansività del buon mangiare e del ben bere sanno generare. Ed eccoci, giustamente a proposito, al punto centrale dell’Osteria: il buon mangiare, che sempre più di questi tempi coincide con il sapere cosa si mangia e qui la trasparenza è totale: la carne si sceglie, cruda, del peso e della posizione del taglio che più aggrada, e poi basta attendere il tempo della cottura, che come si sa anche questo

OSTERIA VINERIA LE CARNI via Savonarola, 60/C - 45030 Borsea (RO)


messaggio pubbliredazionale

è oggetto di soggettività, a meno che non si scelgano le “crudità”, vero piatto forte della casa, e allora in questo caso la preparazione del piatto avviene letteralmente davanti agli occhi. Tartare, carpacci, roastbeef sono l’orgoglio dell’oste-macellaio che con il coltello, c’è niente da dire, ci sa fare. E ci sa fare anche la moglie Vania che anche ai fornelli è l’altra metà del cielo, suoi tutti i piatti che escono dalla cucina e sue-sue tutte le ricette che parlano squisitamente la lingua polesana, come i bigoli al “pisto” di maiale, dove per pisto si intende la declinazione rodigina del tastasale, o il pollo cotto al tegame, appunto alla moda polesana, con patate in técia sfasanà. Più chiaro di così! Ci vuol poco a capire che qui il cibo, dal pane alle preparazioni più elaborate, è espressione del territorio, che è rigorosamente a “metri zero” e che, ovviamente, è il frutto di una cultura maturata in tanti anni di esperienza a stretto contatto con la materia prima. La selezione delle carni, da allevamenti esclusivamente locali, la frollatura, i tagli come pure le salsicce, i salumi e il lardo sono figli anch’essi dell’amore del macellaio nel retrobottega, e del resto è fatto così: “sono quart’anni dice - che do un destino alle carni”. E se si parla di buon umore, non si possono tralasciare i vini scelti dal Gran Mescitore di casa, Andrea Polato. La cantina è ben fornita delle etichette più importanti e strizza volentieri l’occhio a quelle nostrane.

L’Osteria Vineria è aperta tutti i giorni dalle 17.00 all’1.00, la domenica dalle 11.00 alle 15.00 e dalle 18.30 all’1.00. Le pentole riposano il mercoledì osteria@lecarniborsea.it -

- Per prenotazioni 389 5281555


messaggio pubbliredazionale

Chi cerca il benessere lo trova nell’acqua Oltre ai corsi nuoto per adulti e piccini e alle discipline fitness, un “percorso benessere” con idromassaggio, sauna finlandese, doccia emozionale e area relax Nel nuovo ed esclusivo centro Spa Fitness Center di Villa Bartolomea è possibile passare piacevolissime giornate all’insegna del relax, grazie ai numerosi servizi dedicati alla cura del corpo e a “percorsi benessere” pensati per venire in contro a tutte le esigenze della vita moderna: una facile fuga dal mondo dei problemi e dai mille impegni quotidiani per concedersi la piacevole sensazione della rigenerazione

SERVIZI

ESTETICA

TRATTAMENTI VISO

• Piscina coperta • Idromassaggi • Sauna Finlandese a 90° • Docce emozionali • Cromoterapia • Biosauna al sale • Trattamenti estetici viso-corpo • Lampada abbronzante/solarium • Serate a tema benessere

• Manicure • Pedicure • Epilazione • Pulizia viso • Massaggio viso • Massaggio corpo • Massaggio sportivo • Linfodrenaggio

• Abano SPA (con crema viso Abano) • Viso anti-age rigenerante • Vitamina C, illuminate e nutriente

TRATTAMENTI CORPO • Esfoliante al sale • Thalasso

PERCORSI BENESSERE Percorso purify/depurativo, per ritrovare l’equilibrio e depurare l’organismo da tossine Percorso Relax, per sciogliere lo stress Percorso excite energy, dona energia e vitalità Percorso evening experience, per finire la giornata con un respiro di benessere Percorso Himalaya salt, per ristabilizzare il proprio equilibrio fisico e mentale Spa Fitness Center, Villa Bartolomea Via dell’Accoglienza - Verona - Tel. 333 2061043 villabartolomeaspa@legnagonuoto.it - www.legnagonuoto.it Orari di apertura: lunedì-giovedì: 9.00-22.00 e martedì-mercoledì-venerdì: 15.00-22.00


INGIROPIEDANDO di Francesca Antonucci

50

CANDELINE

per il Vinitaly Manca davvero poco all’apertura del più importante salone del sistema vitivinicolo nazionale ed internazionale: dal 10 al 13 aprile alla fiera di Verona ed in tutta la città si celebrerà il vino, che rappresenta una delle più coinvolgenti e dinamiche realtà del settore primario. Cinquant’anni della storia di questo settore sono legati a Vinitaly, un evento che ha sempre saputo rinnovarsi e migliorarsi per crescere e far crescere le aziende espositrici

51


INGIROPIEDANDO

Novità 2016:

PREMIO “5 STAR WINES” E UN CONCORSO PER “VINI NATURALI” La prima novità dell’edizione 2016 di Vinitaly è che il concorso enologico, così come lo abbiamo conosciuto negli ultimi 26 anni, va in soffitta. Le sue veci saranno prese dal Premio “5 Star Wines”. E stellata è la giuria composta da 60 membri - spiega il direttore di Vinitaly, Giovanni Mantovani - tra questi molti master of wine e master sommelier. Qualche nome? Il vertice della giuria sarà formato dal direttore scientifico Ian D’Agata, di Vinitaly International, da Bernard Burtschy (Figaro Vin), dal master of wine spagnolo Pedro Ballesteros Torres, da Paolo Basso, campione del mondo 2013 dei sommelier e dall’inglese Robert Joseph (Meininger’s). A questi si accompagneranno i voti di sommelier dei ristoranti tristellati come Vincenzo Donatiello (Piazza Duomo) e Giuseppe Palmieri (La Francescana). I vini che supereranno i novanta punti riceveranno un bollino viola che renderà riconoscibili le bottiglie sul mercato. Un’idea che secondo Stevie Kim, direttrice di Vinitaly International e ideatrice del premio con Mantovani e D’Agata, dovrebbe permettere ai produttori premiati di vendere di più. “Il nostro è un messaggio semplice alle aziende - spiega D’Agata - l’obbiettivo è rendere riconoscibile l’alta qualità, non ci occuperemo solo di bottiglie italiane, puntiamo ad attrarre vini dalle migliori terre del mondo”. Tra le novità anche un premio dedicato ai “vini naturali”, in questo caso non ci sarà alcun punteggio ma la visibilità delle bottiglie selezionate è garantita visto che ad occuparsene ci sarà la star del settore, l’americana Alice Feiring.

52

50 anni DI STORIA 1967 Per la prima volta a Verona, nel palazzo della Gran Guardia, si tengono le Giornate del Vino Italiano 1969 Alla rassegna partecipano 130 case vinicole italiane 1971 Nasce il nome Vinitaly 1978 Vinitaly apre le porte alla partecipazione di aziende estere 1988 La fiera ospita il Salone dell’Oliva e Distilla, il Salone della Grappa, del Brandy e dei Distillati 1992 nasce il Concorso Enologico Internazionale 1996 primo anno dell’International Packaging Competition, per premiare il miglior “abbigliaggio” del vino. Ormai Vinitaly è diventato un salone partecipato, selettivo ed atteso 2000 Veronafiere porta Vino&Olio a Singapore, Vinitaly US Tour a Chicago e San Francisco e Italian Food and Wine Show a Mumbay in India. Vinitaly è diventato a tutti gli effetti un marchio a servizio del sistema vinicolo nazionale 2005 In fiera vengono presentati i primi eventi che coniugano il vino alla ristorazione nazionale 2007 Viene lanciato “Taste Italy”: selezionate aziende italiane vengono presentare agli operatori esteri. Nello stesso anno per i vini vincitori del Concorso Enologico Internazionale viene allestito un esclusivo “store” all’Isetan di Tokio. Veronafiere, Federvini e Uiv danno vita ad un nuovo progetto, Genius Vini, dedicato ad individuare nuovi mercati per il vino italiano 2009 Veronafiere dota i suoi padiglioni di 2000 metri quadrati di pannelli solari 2011, nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia, Veronafiere lancia due nuovi progetti “La Bottiglia dell’Unità d’Italia” e “Sparkling Italy” 2012 cambia la cadenza settimanale del salone: dal tradizionale giovedì-lunedì si passa a domenica-mercoledì. Vengono inaugurati l’area espositiva dedicata ai vini da agricoltura biologica e biodinamica 2013 la fiera diventa Vinitaly International e nasce il Vinitaly Wine Club una piattaforma innovativa di promozione e vendita online delle migliori etichette italiane 2014 viene lanciato “wine2wine”, il primo forum del vino che mette in rete i produttori vitivinicoli 2015 Il marchio Vinitaly approda all’Expo di Milano


INGIROPIEDANDO

Vinitaly 2016,

modo, grazie alla concreta sinergia tra la Fiera e le istituzioni pubbliche veronesi - Comune in testa - Vinitaly è cresciuta fino ad arrivare ai più alti livelli mondiali nel settore delle manifestazioni vinicole”.

Sindaco, si stanno per aprire le porte di Vinitaly.... “Vinitaly è la manifestazione che più d’ogni altra ha scandito l’evoluzione del sistema vitivinicolo nazionale ed internazionale, contribuendo a fare del vino una delle più coinvolgenti e dinamiche realtà del made in Italy. Una storia di successo giunta al traguardo dei 50 anni, cresciuta di pari passo con lo straordinario sviluppo del settore agroalimentare del nostro territorio e con il fortissimo impegno della città, che ha sempre avuto piena consapevolezza dell’importanza di questa rassegna. La nostra Fiera e la nostra città hanno saputo rispondere con determinazione, anno dopo anno, alle sfide di un mercato che si gioca sulla qualità, sull’efficienza, sull’innovazione delle soluzioni proposte. In questo

Gli 80 euro di ingresso alla fiera di quest’anno scoraggeranno molti a prendere la via di Verona. È nelle intenzioni dell’organizzazione dare sempre più spazio a buyer e addetti del settore, a scapito di appassionati e le famiglie che in Vinitaly vedevano un’opportunità turistica. La città, dunque, ne risentirà? “Il legame tra Fiera e città si manterrà grazie a Vinitaly and the City. Questo evento è un vero e proprio programma articolato di eventi fuori fiera. In tre interessanti luoghi ubicati nel cuore di Verona, la storica Piazza dei Signori, il Cortile del Mercato Vecchio e l’Arsenale, verranno organizzati eventi esperienziali per tutti gli appassionati di buon cibo e buon vino italiani. L’organizzazione prevede anche momenti di arte e musica la nostra del resto è una città di cultura e di arte universalmente conosciuta, che offre percorsi storici e artistici, monumenti, musei, siti archeologici, palazzi. Tanto che dal 2000 è iscritta nella “Lista del Patrimonio Mondiale” Unesco”.

DUE PAROLE CON IL SINDACO FLAVIO TOSI

53


messaggio pubbliredazionale

Il Pianzio

produttori per passione I nostri vini sono figli di quella grande biodiversità che sono i Colli Euganei. Alture, boschi, pianori: il paesaggio mutevole per eccellenza, di stagione in stagione, da monte a monte, dal qui all’appena più in là. È la nostra ricchezza e ci sorprende sempre per le possibilità di dialogo che si creano in un mondo così aperto. Per questo motivo abbiamo fatto incontrare le nostre bottiglie con i piatti del Ristorante Le Tentazioni a Villatora di Saonara… cercavamo un altrove che si potesse percepire con i sensi e abbiamo trovato abbinamenti perfetti Scampi e Serpino, mare a alture Un piatto raffinato, elaborato, ottenuto con del cous cous cotto in un fumetto di pesce ed amalgamato poi a freddo con del nero di seppia, sul quale vengono adagiati degli scampi accompagnati con della maionese al cetriolo e curry. Può essere servito con varie erbette aromatiche e la gelatina naturale ricavata dal cuore dei pomodorini pachino. Il pizzico di Sale Maldon, invece, è una costante, come lo è pure un filo di extravergine sempre del Pianzio e anche l’abbinamento dei vini è consolidato: per chi preferisce la bolla, la liaison perfetta è con la briosità del Serprino: mai invasiva e leggermente aromatica, mentre per chi preferisce un bianco fermo il bicchiere giusto è il Pianzio Aromatico, la versione secca del Moscato giallo, dai toni di pesco e frutti tropicali che ben si abbinano alla nota del curry Millefoglie vuole Fior D’Arancio DOCG Per il dolce la stagione richiede sensazioni fresche, profumate della stessa fragranza dell’aria primaverile. E dunque qual migliore scelta di una Millefoglie, composta da una crema chantilly, sfoglia croccante, fragole e fiori eduli. Un bouquet che per antonomasia richiama anche il vino più famoso degli Euganei il Fior d’Arancio DOCG. Lo spumante per eccellenza dalla dolcezza complessa, corredata da un intrigante acidità che non lo rende mai stucchevole. Un calice leggiadro, con suadenti sentori mediterranei, aromi citrini, di zagara, di salvia e di albicocca, che grazie alla sua bassa gradazione alcolica invita a berne un secondo bicchiere. È il calice perfetto per concludere i pranzi dell’imminente Pasqua

VI ASPETTIAMO AL VINITALY DAL 10 AL 13 APRILE al padiglione 5 postazione E7 per degustare ... un territorio IL PIANZIO di Selmin Soc. Agr. - Via Pianzio, 66 - 35030 Galzignano Terme (PD) Tel./Fax 049 9130422 - Cell. 393 7699836 - info@ilpianzio.it - www.ilpianzio.it - Seguici su Facebook


DIVINO PARLAR di Silvano Bizzaro - Sommelier s.bizzaro@alice.it

COME APPROCIARSI AL SALONE DEI VINI PIÙ IMPORTANTE AL MONDO

V

initaly con le rassegne Sol, Agrifood Club ed Enolitech è indubbiamente la rassegna più importante per gli amanti e appassionati del “Mondo Vino”. Cosa dire che già non si sappia? Lo spirito con cui si entra al Vinitaly deve essere sicuramente quello gioioso, ma anche responsabile. Poi sarebbe importante entrare con le idee ben chiare su cosa si vuol degustare e su dove andare (Regione italiana, paese straniero, ecc.). Successivamente iniziare a degustare vini bianchi frizzanti e spumanti per proseguire con i bianchi secchi leggeri e poi via via strutturati. Abbinare sempre qualche alimento solido (questa potrebbe essere la scelta antimeridiana). Il pomeriggio degustare vini rosati (se vi piacciono) oppure passare direttamente ai rossi. Anche qui, continuare con vini prima leggeri, poi di medio corpo (2-3 anni) per finire con i grandi vini rossi strutturati (Riserve). Lascerei (a chi piace) il finale della giornata con qualche buon passito (o spumante dolce). Cosa scegliere? Per chi può andare più giorni consiglierei di degustare i vini di una Regione (o di un paese straniero) che non si conosce. Ci sono molte possibilità negli stand di partecipare a degustazioni guidate (solitamente orizzontali) senza costi aggiuntivi. Buon divertimento e buone degustazioni a tutti, e ai lettori di “Con i Piedi per Terra”.

DOVE: Verona, quartiere fieristico di Veronafiere – Viale del Lavoro, 8 ORARIO: continuato dalle 9.30 alle 18.30 BIGLIETTI: Giornaliero: € 80,00 - Abbonamento 4 giornate € 120,00 Help Phone: 045 8298854 (dalle 9.00 alle 12.30); acquisto online € 115,00 Tel. 045 8101 447 - www.veronafiere.it Veronafiere, Ente fieristico internazionale dal 1977

55


messaggio pubbliredazionale

CANTINA COLLI EUGANEI, IL BICCHIERE GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO Con l’arrivo della primavera sono pronte per essere stappate le bottiglie di Cabernet Doc, Merlot Doc, Rosso Colli Doc e liberare quei toni alti e intensamente profumati portati dalla straordinaria vendemmia dello scorso autunno. Per accompagnare i dolci della Pasqua, invece, una selezione di spumanti rigorosamente ad immagine del territorio “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi” recita il detto, ma per gli abitanti del territorio Pasqua significa soprattutto una gita sui colli Euganei. I ciliegi e i mandorli in fiore testimoniano il risveglio della natura, uno spettacolo appagante per il bisogno di aria aperta, di passeggiate, di visite ai borghi di pietra, di spiritualità nei tanti monasteri incastonati tra questi monti: Rua, Venda, Praglia, l’abazia di Monteortone. Sacro e profano, dunque, dove per profano non si intende qualcosa di empio o sacrilego, ma il semplice godimento proveniente da gusti e sapori altrettanto legati alla stessa tradizione: le erbe spontanee, madri di prelibati risotti e frittate, gli immancabili salami, protagonisti di scampagnate e picnic, i dolci, come la colomba, che il periodo richiama. Riti e consuetudini che richiedono altri sapori, quelli dei vini locali di cui protagonista è la Cantina Colli Euganei di Vo’ per essere quel fedele specchio liquido in cui si rinfrangono tanto i tratti somatici del paesaggio collinare quanto i riti portati dalla stagione. La proposta è sempre vasta e variegata

ma per accompagnare i cibi eletti della ritualità la risposta enologica non può che essere sullo stesso tono e rispondere con i vini della tradizione come il Cabernet Doc, il Merlot Doc, il Rosso Colli Doc, ormai già pronti per essere stappati e liberare quei toni alti e intensamente profumati portati dalla straordinaria vendemmia dello scorso autunno. Colori vivaci, rubini, brillanti ai quali si contrappongono i bianchi come il Pinot Grigio Igt, il Bianco Doc o il Pinot Bianco Doc e se si deve parlare di dolci primaverili: colombe, torte pasqualine o le immancabili ciambelle l’orientamento non può che essere verso gli spumanti. L’immancabile Fior d’Arancio, ovviamente, il Moscato Dolce, certo, ma anche un’autentica rarità come il Manzoni Moscato Dolce. Un rosee ottenuto da un incrocio tra il Raboso Veronese e il Moscato d’Amburgo che dà vita ad uno spumante dolce ma non stucchevole, nobile, raffinato che si può trovare solo in via Guglielmo Marconi a Vo’, o negli altri punti vendita di Limena, Selvazzano o Galzignano Terme.

LA CANTINA COLLI EUGANEI SARÀ PRESENTE ALLA 50° EDIZIONE DI VINITALY, DAL 10 AL 13 APRILE AL PADIGLIONE 5 STAND F7

CON LE MIGLIORI VINI DEI COLLI EUGANEI IN DEGUSTAZIONE

cantina colli euganei s.c.a. via marconi, 314 - vo’ euganeo (pd)


MOSCATI, la terra giusta

La presenza di fossili marini nel territorio dei Colli Euganei testimonia la loro origine vulcanica. I rilievi separati da fresche vallate, l’esposizione solare ed il rimescolamento dei depositi alluvionali con le rocce vulcaniche, determinano nelle uve intensi caratteri qualitativi. Grazie a queste peculiarità i vini spumanti spiccano per profumi fruttati, talvolta aromatici e per piacevole briosità

MANZONI MOSCATO DOLCE

Gradazione alcolica: 6,5% Zona di Produzione: Uve conferite da soci e provenienti da vigneti situati nell’area del parco naturale dei Colli Euganei Tipologia del terreno: Origine vulcanica rimescolato con presenza di calcari ed argille Uve: Manzoni moscato (incrocio Manzoni 13.0.25) Vendemmia: Settembre Caratteristiche visive: Colorazione rosa vivace ed intenso, perlaggio con grana fine Profumo: Ampio ed intenso con sentori di piccoli frutti (amarena, lampone e fragola) e agrumi maturi Sapore: Dolce, ed elegante con retrogusto aromatico di lunga persistenza Temperatura di servizio: Si consiglia di servire a una temperatura di 6°C Abbinamenti consigliati: Dolci biscottati, crostate di crema o frutta e frutta secca. Fuori dai pasti nei momenti di convivialità e festosi.

MOSCATO DOLCE DOC

Gradazione alcolica: 6% Zona di Produzione: Uve conferite da soci e provenienti da vigneti situati nell’area DOC del parco naturale dei Colli Euganei Tipologia del terreno: Argilloso (marne euganee), calcareo e ricco di scheletro Uve: Moscato bianco 100% Vendemmia: Settembre Caratteristiche visive: Giallo scarico - schiuma persistente - grana fine Profumo: Tipico della varietà e di buona intensità Sapore: Dolce aromatico e di lunga per- sistenza Temperatura di servizio: Va servito ad una temperatura di 6°C Abbinamenti consigliati: Abbinamento per eccellenza con pasticceria in genere e in occasioni festose

La Cantina

La Cantina Colli Euganei è una società cooperativa agricola fondata nel 1949, nata per volontà di un gruppo di viticoltori che si sono associati per poter raccogliere, vinificare e commercializzare il vino della zona Dop e Igp dei Colli Euganei. Oggi raggruppa circa 680 produttori, disseminati all’interno del territorio protetto dal Parco dei Colli. Per gli associati la cantina è un punto di riferimento quotidiano: consulenza enologica, assistenza tecnico-formativa per i viticoltori, grande attenzione alle scelte di qualità, in vigna come in cantina. È un’azienda certificata, che impiega tecnologie all’avanguardia in tutte le fasi della lavorazione. Aggiornamento costante, cultura tecnica e competenza caratterizzano lo staff che si impegna per dare la certezza di una filiera totalmente controllata, dal grappolo alla bottiglia. Con 7 milioni di chili d’uva raccolta, 5 milioni di litri di vino prodotto e 2 milioni di bottiglie distribuite la Cantina Colli Euganei è il maggiore produttore dell’area. Oltre ai punti vendita di Vo’, Limena, Selvazzano e Galzignano Terme è possibile acquistare i prodotto della Cantina Colli Euganei anche on-line. Basta una mail all’indirizzo info@virice.it per entrare in contatto con un operatore e poter accedere al acquisti e ricevere entro 48 ore il vino desiderato direttamente a casa.

FIOR D’ARANCIO DOLCE DOCG Gradazione alcolica: 6% Zona di Produzione: Uve conferite da soci e provenienti da vigneti situati nell’area DOC del parco naturale dei Colli Euganei Tipologia del terreno: Argilloso (marne euganee), calcareo e ricco di scheletro Uve: Moscato Giallo 100% Vendemmia: Settembre Caratteristiche visive: Giallo paglierino con lievi sfumature dorate Profumo: Aroma tipico e intenso Sapore: Dolce e persistente che ricorda il chicco d’uva Temperatura di servizio: Si consiglia di servire a una temperatura di 6°C Abbinamenti consigliati: Ideale con dolci e piccola pasticceria

tel. 049 9940011 - fax 049 9940497 - www.cantinacollieuganei.it - info@virice.it


INGIROPIEDANDO di Giampaolo Venturato

NON SI PUÒ PENSARE AI COLLI SENZA

i Castagni…

Gli attacchi di alcuni parassiti e una mancata cura del bosco sono le cause che stanno portando ad un progressivo ridimensionamento del loro numero

S

ono una forma di attrazione i secolari castagni del monte Venda. Creature antiche, ciclopiche, totem che si sono alzati spontaneamente alla potenza divina della Natura. Guardando attraverso le profonde spaccature della loro corteccia, vi si può leggere il mondo nella sua profondità temporale. Se avessimo sensibilità, dovremmo accostarci con reverenza ai loro corpi. Se avessimo sensibilità, dovremmo accostarci con rispetto a tutti i castagni dei Colli Euganei, per essere le piante più antiche delle nostre alture, veri e propri reperti archeologici fatti scendere vivi dalle Prealpi dall’ultima glaciazione, insieme al tiglio e al narciso dei poeti. “Bisognerebbe, ma non è così - spiega Ivano Giacomin, amante, esperto, interprete, divulgatore dei Colli e delle tradizioni alimentari locali - stanno invece morendo proprio per trascuratezza, per distanza, per abbandono. Del resto è finita l’età in cui il bosco era una forma di ammortizzatore sociale che forniva legna e cibo agli uomini che hanno avuto la sfortuna di nascere nelle epoche più disgraziate della storia. Il bosco oggi non è più considerato una forma di ricchezza e il suo abbandono è la causa principale dei “mali del castagno”.

58

TONI MAZZETTI, I MARRONI CORELLIANI “E dal Neanderthal che l’uomo degli Euganei ha assegnato una sorta di preferenza al castagno tra gli altri alberi. Favorito per la qualità del legno, certo, ma soprattutto per le castagne. La farina ottenuta dalla macinazione del frutto, infatti, riToni Mazzetti, entrava come base in molte guida e autore del libro delle preparazioni alimentari “La Flora dei Colli Euganei” della zona, tanto che possono essere definite “il pane dei poveri”, ma i Colli devono qualcosa alle castagne anche in termini di celebrità. Infatti è Plinio il Vecchio, uno dei primi naturalisti che la storia conosca, ad informarci che fu tal Cavaliere Corelio ad insegnare l’arte dell’innesto del castagno ai partenopei. Insomma è grazie ad un euganeo se a Napoli nei primi decenni del primo millennio hanno imparato a fare i marroni, marroni diventati una vera e propria eccellenza tanto che è un altro atestino nel ‘700, Isidoro Alessi, a lodare la qualità dei marroni corelliani coltivati all’ombra del Vesuvio.


INGIROPIEDANDO Una diagnosi tragica che tuttavia è condivisa anche da Toni Mazzetti, supremo conoscitore dell’area collinare per essere un fine naturalista, autore di articoli e guide sulla flora collinare, e promotore di escursioni che hanno permesso a molti di conoscere da vicino la natura locale. “Dopo lo sfruttamento anche eccessivo dei primi del ‘900 - spiega Mazzetti - è subentrata l’incuria, nel senso della non cura, tanto che il bosco da “ceduo” ora è caratterizzato sempre più da piante ad alto fusto. Piante come la robinia, che crescendo in fretta tolgono spazio ai castagni”. Alla causa di questi, non giova nemmeno l’eccessiva “burocrazia” alla quale oggi sono soggette le pratiche per il taglio del bosco. Un tempo erano i residenti ad occuparI castagni crescono prevalentemente sui versanti a Nord-Nord sene, bastava una semplice domanda e l’esborso di Ovest dei Colli Euganei. Prediligono il substrato acido creato dalle rocce di origine vulcanica, non crescono affatto sui pendii pochi euro per poter abbattere le piante designate dove è prevalente il calcare, ecco spiegato il perché i castagni dalla forestale e procurarsi legna da ardere. Le nornon sono presenti sui vicini Colli Berici me attuali invece un fungo, l’Enodothia Parassitica, portato qui durante prevedono, anche la guerra dagli eserciti americani con le casse delle per un’estensione munizioni fatte di un legno infestato da questo miceminima, il ricorso te che aggredisce la corteccia dell’albero, facendola ad un professioesplodere. nista, geometra o Alla globaforestale, con l’esiL’Enodothia Parassitica lizzazione, genza di un ‘piano è conosciuta anche come invece, va culturale’, sicché “Cancro del castagno”, imputata l’inle lungaggini della troduzione di trafila e il consesi tratta di un fungo una mosca guente aumento diffuso sugli Euganei altrettanto ledel costo non postale. Il “cinipisono che giustificare la scelta di dagli eserciti americani attraverso le de galligeno chi la legna preferisce prender- casse delle munizioni fatte di un legno del castagno”, sela bella e tagliata e magari infestato da questo micete così si chiama già impilata in comodi bancali, il micidiale insetto proveniente dalla Cina, depone le lasciando la fatica del taglio e del trasporto dai criuova negli apici fogliari dei castagni causando apnali a chi della legna fa commercio, che di certo non punto delle “galle”, nelle quali la larva compie parte ragiona seguendo i principi del bosco, ma applicandel suo ciclo vitale, che arrestano la crescita vegedo le logiche della convenienza. “Burocratizzazione tativa dell’albero e provocano una riduzione della della Natura chiamo io questa operazione - continua fruttificazione. Nel caso di infestazioni gravi il risultato Mazzetti - conscio del fatto che raramente raggiunè il deperimento e la morte della pianta. “Insomma ge l’obbiettivo di tutelare l’ambiente. Tanto ne è, che occorrerebbero cure e attenzioni - conclude Mazzetti appunto i boschi sono in disordine e un gran nume- che l’uomo ha smesso di fornire se non in limitata ro di alberi sono ammalati”. Nel caso del castagno parte. Il problema tuttavia non è del castagno, prosi tratta di un vero e proprio “cancro” la cui causa è babilmente sopravvivrà. La Natura ha dato prove di adattamento incredibili. Il problema è dell’uomo, che avrebbe la capacità di imparare dalla Natura. Vivendoci a contatto potrebbe conoscere la necessità di un maggiore rispetto. Invece tra l’uomo e la Natura sta crescendo la distanza, una non conoscenza che è figlia del disinteresse: è come se l’uomo si allontanasse dal proprio habitat. Questo sì che è un male del quale si muore”.

59


Da sopra la collina, tra gli Euganei, la fattoria guarda il paese di Rovolon. Qui ogni sera d ’estate si alza il Robolo, una leggera brezza che soffia tra i vigneti. È così che i profumi puri dell ’uva e della terra si spingono lontano, li porta il vento…

SAREMO AL PROSSIMO

Vinitaly Padiglione 8 Postazione H4

FATTORIA EOLIA Via San Giorgio, 7 - Rovolon (PD) - Tel. 049 5226214 - info@fattoriaeolia.com


FIORE DEL VENTO

LIVIUM

BARABÀN

RUBINARA

DRAGONE

messaggio pubbliredazionale

VINI INEQUIVOCABILI OGNI BOTTIGLIA CONTIENE IL NOSTRO LAVORO, LA STORIA DEI LUOGHI, LA NOSTRA CULTURA CHE PRESERVIAMO AL PARI DEI PROFUMI E DEI SAPORI DEI NOSTRI VINI simo mare, come attraverso siringhe con l’ago

NELLE ETICHETTE FRAMMENTI DI STORIE DEGLI EUGANEI

puntato all’insù, viscosissimi magmi fuoriuscirono

• IL DRAGONE, è la storia di San Giorgio e il dra-

dal centro della terra, inarcarono le rocce sedi-

go ma soprattutto un rosso Doc Colli Euganei di

mentarie e le portarono a centinaia di metri di

struttura ottenuto con il 40% di uve cabernet e

altezza. Il fondale di quell’antico mare si trova

60% merlot, maturate a lungo, vinificate con tut-

ancora oggi sui fianchi scoscesi degli Euganei

ti i sacri crismi dovuti ad una riserva, compreso

e avendo perso ogni rapporto con l’acqua è di-

l’affinamento di un anno in barrique

Trenta milioni di anni fa dal fondale di un estesis-

ventato di terra, una terra di vini dai profumi e

• RUBINARA oltre ad essere una delle specie ar-

dai sapori unici. I nostri vini provengono da qui,

boree più presenti sui Colli è una straordinaria

da questo mare pietrificato, figli di un antico

Garganega

sconquasso ma anche di quel delicato equili-

• BARABAN è il rubizzo contadino che abita le altu-

brio che un po’ tutti i vignaioli ricercano e che

re dal carattere buono come un Cabernet Doc

qui pure continua ad essere cercato, ma con

• LIVIUM oltre ad essere un omaggio al Tito del-

buona soddisfazione anche trovato

la letteratura patavina è la versione eoliana del Serprino • FIOR DEL VENTO, evoca il “fior” più celebre degli Euganei e il nome dell’azienda • DONNA D’ARIA, è una leggenda ma pure una promessa. È un rosee brut di struttura ottenuto da uve barbera

www. fattoriaeolia.com -

Fattoria Eolia


INGIROPIEDANDO di Mauro Gambin

Merlara

De Togni presidente della Doc che in 15 anni ha triplicato produzione e vigneto Riconfermato all’unanimità per i prossimi tre anni il presidente uscente Luigino De Togni Sarà Luigino De Togni a presiedere il Consorzio di Tutela del Merlara doc per i prossimi tre anni. La riconferma del presidente uscente è avvenuta all’unanimità nel corso del recente consiglio di amministrazione che ha scelto la Luigino De Togni linea della continuità. Nell’ultimo anno la superficie viticola dei soci è sensibilmente aumentata con un ritmo tra i più alti del Veneto grazie alle continue richieste di ristrutturazione e di nuovi impianti, mentre negli ultimi 15 anni (fonte Avepa) la superficie viRistrutturazione viticola tata è pase modifiche al disciplinare sata dai 250 le sfide della doc ettari iniziali che in 15 anni è passata agli attuali 628. Sedi- da 250 a 628 ettari di oggi ci le varietà coltivate: tra queste Marzemino e Malvasia si confermano i vitigni storici. In parallelo crescono gli ettari coltivati a Glera, che salgono oggi a 247, e quelli coltivati a Pinot Grigio, attualmente 157. Sono nove i comuni che appartengono alla zona di produzione: tra questi spicca il comune di Merlara che detiene oggi

62

I Comuni della Doc

258 ettari, mentre in provincia di Verona si distingue Terrazzo con 84 ettari. Seguono poi Masi, Castelbaldo, Casale di Scodosia, Urbana, Montagnana, Boschi Sant’Anna e Bevilacqua. Quella di De Togni è una riconferma significativa che giunge all’indomani del rinnovo da parte del Ministero delle politiche agricole della funzione Erga Omnes per il Consorzio del Merlara in virtù della sua rappresentatività pari al 100% della doc, per i prossimi tre anni. “Il 2016 - ha ribadito De Togni - sarà un anno strategico per la nostra denominazione alla luce delle tante sfide sul fronte regionale, in tema di ristrutturazione viticola e di modifica del disciplinare. Il nostro infatti è uno dei comprensori più attivi e pronti nel recepire le sfide di un mercato in continua evoluzione”.


messaggio pubbliredazionale

Tenuta Civrana

Fattoria Didattica

con in cattedra la Natura Un’azienda a 360 gradi dove il mestiere della campagna può anche diventare materia d’insegnamento per i più giovani

Un’azienda all’avanguardia, pur ispirandosi all’antico modo di fare agricoltura. Questa è Tenuta Civrana di Pegolotte di Cona, un campagna dalla bellezza antica in cui si coltiva di tutto, ma anche una straordinaria opportunità per conoscere la natura e i suoi protagonisti. Soprattutto per i più piccoli. Dal 2007 l’azienda si è strutturata per essere una fattoria didattica e da allora propone visite guidate, lezioni in classe e laboratori per i ragazzi. Qui le materie sono le più vaste e spaziano dalla conoscenza dei boschi, grazie ad un’area verde di sei ettari attrezzata che riproduce fedelmente l’ambiente palustre prima dell’intervento della bonifica, alla conoscenza della campagna, delle colture e dei mestieri svolti dal contadino. Fiori, erbe, frutti: sono lezioni da seguire con attenzione. Non manca l’incontro con gli animali selvatici (quasi duecento specie di uccelli sono stati censiti qui, alcuni dei quali si possono vedere dalle torrette per il birdwatching) o quelli di bassa corte: capre, oche, asini, cavalli ospitati dalla fattoria. Ma alla Civrana guardare non basta, bisogna anche fare! Nelle grandi aule didattiche appena rimodernate c’è tanto spazio per i laboratori tenuti da esperti istruttori con materiali messi a disposizione direttamente dal bosco e dalla campagna. Momenti di gioco che tuttavia sono fondamentali per l’apprendimento e che possono diventare anche una vera e propria festa. Per i compleanni, infatti, alla tradizionale torta con le candeline si può accompagnare un’animazione speciale, offerta dalla Natura.

Le lezioni sono indicate per scuole dell’infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di primo grado, con attività calibrate e concordate con i docenti in base alle diverse stagioni, all’età degli studenti o ai progetti delle singole classi. Per iscriversi basta andare sul sito della Tenuta all’indirizzo www.tenutacivrana.it e scaricare l’apposito modulo

Pegolotte di Cona (VE), Via della Stazione 10 • Tel. 333 6662584 • info@tenutacivrana.it • www.tenutacivrana.it


messaggio pubbliredazionale

LA TUTELA

DEL TERRITORIO

si impara dai banchi di scuola

“Acqua, ambiente e territorio, alla scoperta del meraviglioso mondo dell’acqua” è un’esperienza didattica e formativa che l’Anbi Veneto sta portando nelle scuole primarie e secondarie di primo grado della nostra regione

Le mascottes dell’iniziativa Alex e Flora. Sono loro le guide di questo viaggio alla scoperta di territorio e ambiente

in sciagure. È qui che entrano in campo i consorzi di boniLa fragilità dell’ambiente è un tema con il quale è necesfica, tutori di quel ciclo dell’acqua che di fatto costituisce sario prendere sempre più confidenza. Magari partendo la prima lezione da affrontare in classe. Una delle fragilità proprio da quello in cui si vive, perché conoscerlo è già dell’ambiente è rappresentata appunto dall’acqua, una un primo modo di prendersene cura. Una conoscenza risorsa fondamentale la cui gestione che magari - di questo ne sono convinti Lo scopo è quello di dare però è sempre più difficile a causa di all’Anbi Veneto (Unione Regionale Conai giovanissimi la possibilità cambiamenti climatici che negli ultimi sorzi Gestione e Tutela del Territorio di comprendere l’importanza anni hanno alternato ai fenomeni ale Acque irrigue) - dovrebbe partire fin di adottare comportamenti luvionali lunghi periodi di siccità. Per dalla giovane età. Ed è per questo che improntati alla sostenibilità questo i temi trattati riguardano la sall’Unione che rappresenta tutti i Consore alla conservazione vaguardia idraulica del territorio, i sistezi di Bonifica regionali sta portando neldell’ambiente che ci circonda, mi di smaltimento delle precipitazioni le scuole del Veneto il progetto scuola con particolare riferimento metereologiche, l’uso della risorsa idri“Acqua, ambiente e territorio, alla scoalla gestione e al consumo ca a fini irrigui, i cambiamenti climatici, perta del meraviglioso mondo dell’acconsapevole dell’acqua le innovazioni dei Consorzi di bonifica e qua”, un’esperienza didattica e formale attività realizzate in campo ambientale. Lo scopo, infatti, tiva rivolta agli alunni delle scuole primarie e secondarie è quello di dare ai giovanissimi la possibilità di comprendi primo grado. Si tratta di fornire loro gli strumenti per dere l’importanza di adottare comportamenti improntati comprendere come funziona un territorio, partendo certo alla sostenibilità e alla conservazione dell’ambiente che dalle peculiarità che lo rendono unico, ma anche i rischi ci circonda, con particolare riferimento alla gestione e al ambientali a cui è soggetto e gli enti che quotidianamente consumo consapevole dell’acqua. Lezioni fondamentali, lavorano per fare in modo che tali rischi non si trasformino

Consorzi di Bonifica del Veneto - www.anbiveneto.it Consorzio di Bonifica Adige Euganeo - www.adigeuganeo.it


ma anche divertenti e stimolanti in quanto al lavoro in classe si alternano visite guidate ai siti naturalistici del territorio, come l’Oasi di Ca’ di Mezzo a Codevigo, o agli impianti idrovori, come la Barbegara di Correzzola, accompagnate da esperienze laboratoriali di didattica dei linguaggi mediali e multimediali, vera frontiera della formazione di oggi. Ma conoscere il proprio ambiente non basta, bisogna farlo conoscere anche agli altri. “I laboratori - spiega il formatore scolastico Tommaso Ferronato, che segue gli alunni nei loro progetti dalla fase ideativa a quella realizzativa hanno lo scopo di portare alla produzione di una cartellonistica pubblicitaria, spot video, animazioni e fumetti fotografici dedicati all’ambiente e alla sua cura che serviranno anche come materiale a disposizione per le classi successive. L’obiettivo principale è proprio quello di far interagire una rete virtuosa fatta di buone pratiche educative, sensibilizzazione su tematiche come la salvaguardia del territorio, l’irrigazione e azioni di carattere ambientale, che i Consorzi di bonifica svolgono quotidianamente, con una comunicazione consapevole fatta di linguaggi multimediali e nuovi strumenti didattici. Educare gli studenti alla salvaguardia del territorio, con esperienze didattiche legate ai nuovi media, significa formare cittadini consapevoli che sappiano con la loro sensibilità e con nuove competenze comunicative, veicolare le loro conoscenze oltre le aule scolastiche”. “Ho sempre creduto nella necessità e nella opportunità di instaurare un rapporto virtuoso con il mondo della scuola –

IL CICLO DELL’ACQUA

conclude il presidente di Anbi Veneto, Giuseppe Romano - convinto come sono che investire su quelle risorse determinerà un elevamento della qualità sostanziale della vita avvenire. Se, come auspico, sapremo dare continuità ai nostri propositi e alle nostre progettualità, allora potremo dire di aver gettato le basi di una futura e matura consapevolezza sulla quale costruire l’ideale convivenza tra l’uomo e il suo territorio”. L’appuntamento è per metà maggio al Liceo Classico Modigliani di Padova, dove verranno presentati i lavori svolti.

MICHELE ZANATO,

PRESIDENTE DEL CONSORZIO DI BONIFICA ADIGE EUGANEO “Personalmente ritengo che la conoscenza del territorio sia una materia importante da studiare a scuola. E anche dopo l’età scolastica, sarebbe opportuno continuare a documentarsi sui principali interventi che vengono fatti nell’ambiente. Invece: l’inconsapevolezza diffusa a riguardo dei pericolosi risvolti nati da una cementificazione portata avanti negli ultimi anni quasi senza freni, i danni creati da una progressiva trascuratezza nella cura della rete scolante privata, dalla caditoia davanti a casa,

alla scolina o al fosso in campagna, ci informano che abbiamo perso il quotidiano rapporto con i luoghi in cui viviamo, in cui abbiamo speso ingenti risorse per costruire la casa, l’azienda e dove facciamo crescere i nostri figli. Tutto questo è segno che la maggior parte di noi continua ad ignorare quali rischi possano venire da una non gestione del territorio, malgrado siano passati appena pochi anni dalle alluvioni che ci hanno fatto temere per il peggio. Alluvioni, tra l’altro, dalle quali non potremmo mai ritenerci completamente al sicuro. Il Consorzio di bonifica Adige Euganeo fa la sua parte, ma anche ogni singolo cittadino deve fare la sua. Iniziative come questa servono per far crescere una generazione di uomini e donne più consapevoli del loro territorio, coscienti della responsabilità che comporta l’esserne custodi”.

ESTE Via Augustea, 25 - Tel. 0429 601563 Fax 0429 50054


AMICI SENZA LE ALI di Aldo Tonelli e Beatrice Zambolin

LA LUNGA MARCIA

dei Rospi

Con il rialzo delle temperature portate dall’incipiente primavera i rospi riprendono il loro viaggio verso gli specchi d’acqua per la riproduzione. È il momento più difficile della loro vita, è un viaggio costellato da mille rischi

A

metà febbraio con le prime giornate soleggiadi sostanze tossiche ed irritanti utilizzate come difesa. te, se ha piovuto e se le temperature non sono Al contrario di quanto le leggende ed i detti popolari troppo rigide, inizia in sordina per poi andare raccontano, l’urina di rospo, spesso emessa dall’aniin crescendo uno dei più affascinanti spettacoli della male per alleggerirsi e fuggire via più rapidamente, è Natura: la migrazione riproduttiva dei Rospi comuni. del tutto innocua. Le sostanze tossiche prodotte inveIl Rospo comune è probabilmente l’anfibio italiano ce dalle ghiandole sono irritanti se vengono a contatpiù diffuso e dalle maggiori to con le mucose o gli occhi Al contrario di quanto le leggende dimensioni: i maschi rarae comunque l’animale non ed i detti popolari raccontano, mente sono più lunghi di è in grado di spruzzarle a 10 cm mentre le femmine distanza ma solo di secerl’urina di rospo, spesso emessa possono essere tranquilnerle sulla pelle. Se disturdall’animale per alleggerirsi lamente il doppio. Sempre bato gonfia d’aria i polmoni e fuggire via più rapidamente, gradito ospite degli orti, per per sembrare più grande e è del tutto innocua la grande quantità di insetti scoraggiare i predatori, può di cui si nutre e quindi benvoluto dai contadini, ora è anche assumere una posa caratteristica gonfiandosi in declino soprattutto negli ambienti di pianura, dove e mettendosi sulle punte delle zampe. Il Rospo cose ne osserva anche la locale estinzione. Causa di mune vive per gran parte dell’anno a terra e si porta questa scomparsa è ancora una volta l’uomo che in acqua solo per la deposizione delle uova. Gli inattraverso costruzioni, traffico, agricoltura intensiva, dividui, al di fuori della stagione riproduttiva, possoinquinamento, taglio degli alberi, diserbi, utilizzo di no trovarsi anche a diversi chilometri dall’ambiente biocidi, interramento di fossati e prosciugamento di acquatico utilizzato per la riproduzione. Si possono terreni paludosi modifica l’ambiente con gravissime e perciò verificare delle vere e proprie migrazioni colspesso irreparabili conseguenze. Il Rospo comune è lettive e queste spesso iniziano nel periodo autundi corporatura massiccia con capo tondeggiante, ocnale, s’interrompono durante l’inverno e riprendono chi dall’iride ramata e subito dietro di essi vi sono due a primavera. Lo spostamento riproduttivo, di norma ghiandole che sono il centro principale di secrezione nelle ore serali, è il momento più pericoloso della loro

66


AMICI SENZA LE ALI vita e sui Colli Euganei possiamo assistere a questa odissea: a migliaia iniziano la migrazione dal sottobosco in collina fino agli stagni in pianura, un lungo viaggio costellato di imprevisti e rischi. Incontrano ostacoli come edifici, recinti e soprattutto strade sulle quali viene uccisa dalle automobili una consistente parte della popolazione. Dato che sono nella norma estremamente fedeli ai loro siti di riproduzione è indispensabile cercare di farli sopravvivere nel loro habitat originario. Nel Parco dei Colli Euganei in passato alcune associazioni ambientaliste, tra cui la Lipu, hanno chiesto e ottenuto la predisposizione di piccoli tunnel sotto l’asfalto e di retine temporanee che dovrebbero convogliare i rospi nei sottopassaggi e facendo loro attraversare in sicurezza le strade maggiormente interessate dal fenomeno. Anche questi sistemi hanno però evidenti limiti se fatti con poco criPer facilitare lo spostamento nel periodo di passaggio terio costruttivo, mancato tempismo nella collocazionei tratti critici, è stata utilissima la vigilanza e l’intervento ne delle reti e senza la necessaria manutenzione. Per svolta negli ultimi anni da parte dei volontari delle assofacilitare lo spostamento nel periodo di passaggio nei ciazioni Enpa, Grig, Lav e Lipu. Foto di Michele Favaron tratti critici è stata utilissima la vigilanza e l’intervento svolta negli ultimi anni da parte dei volontari delle assi è osservato che può morire soffocata per questo. sociazioni Enpa, Grig, Lav e Lipu. Inoltre la presenza La deposizione delle uova può durare alcune ore e dei volontari invogliano le auto a rallentare, stima la si conclude con il rilascio di un lungo cordone gelaticonsistenza delle popolanoso contenente un numeLe sostanze tossiche vengono zioni di anfibi e la loro saro di uova che può arrivare lute, individua e segnala le prodotte da ghiandole che stanno all’ordine delle migliaia. La sul corpo dietro agli occhi, criticità per porvi rimedio. schiusa, a seconda delle Una volta raggiunto il sito temperature, avviene circa l’animale non è in grado riproduttivo i maschi di rodi spruzzarle a distanza ma solo due settimane dopo e i gispo, in anticipo rispetto alle rini metamorfosano dopo di secernerle sulla pelle femmine, cominciano a ricirca tre mesi. A riproduziochiamarle in coro e generalmente la media di tre mane ultimata i rospi ritornano negli ambienti umidi boschi ogni femmina è la normalità. Questa situazione schivi dove vivranno il resto dell’anno, con di nuovo fa si che le femmine arrivino al sito riproduttivo molto il pericolo mortale dell’attraversamento delle strade. spesso già accoppiate con un maschio e ce ne siano Ricordiamo che “Co canta el rospo, el tempo se fa altri ad aspettarle in acqua. Osservare grappoli di Rofosco”: speriamo di sentirlo ancora nel futuro e si inspi comuni in acqua è tutt’altro che raro, la femmina tervenga prima di perdere anche questo pezzo fonspesso è circondata e abbracciata da più esemplari e damentale della nostra natura.

67


STORIA E DINTORNI di Mauro Gambin

Errare humanum est, sed perseverare diabolicum La storia si ripete, ma non insegna Un tempo accadevano gli stessi fatti di oggi

L

unedì 4 settembre 1448 il vicario generale della diocesi di Padova, approfittando delle ultime lunghe e soleggiate giornate di un autunno che stava lì-lì per affacciarsi, si mise in cammino di buon’ora per giungere prima di mezzogiorno a Monselice. Nicolò Grassetto, si chiamava il vicario. Uomo irreprensibile, ineccepibile, tutto d’un pezzo. Un uomo come rari ne ha conosciuti la chiesa di quel tempo. Con il Papa Niccolò V condivideva giusto il nome, niente più. Il pontefice era seduto sul trono di San Pietro da poco più di un anno e la sua elezione, più che altro, era figlia di un abile ballottaggio del conclave per allontanare il rischio che a essere

incoronato con la mitra fosse il potentissimo cardinale Prospero Colonna. Il nuovo Papa era un umanista, amava gli studi classici e aveva dato incarico a copisti e studiosi di tradurre in latino opere greche. Arrivò a pagare 10 mila fiorini per la traduzione metrica di Omero. Era un uomo del Rinascimento, il vicario Grasseto per inclinazione, invece, avrebbe potuto essere un uomo dei secoli bui del me-

In alto: “Labano cerca gli idoli nel baule di Giacobbe”, di Giovanni Gasparro - Archivio dell’Arte/ Luciani Pedicini Qui a destra: Papa Niccolò V, al secolo Tomaso Parentucelli, fu il 208º papa della Chiesa cattolica dal 1447 alla morte avvenuta nel 1455 Nella pagina a fianco: Rogier van der Weyden, Giudizio Universale, 1443-1451 conservato all’Hotel-Dieu di Beaune

68


STORIA E DINTORNI bre visitò Saletto, dopo pranzo Santa Margherita d’Adioevo, oppure uno straordinario anticipatore di quel dige. L’11 fu a San Vitale, Piacenza d’Adige, Masi. La bisogno di moralità che l’ascesa al soglio pontificio di giornata del 12 la dedicò interamente a Castelbaldo. Alessandro VI avrebbe reso un’urgenza di lì a qualPartì nuovamente l’anno successivo da Albignasego, che anno. Quel Rodrigo Borgia il cui cognome ancora in qualche giorno girò in lungo e in largo la Saccisica oggi è sinonimo di libertinismo e nepotismo per essee poi il Conselvano. Dal 30 ottobre al 4 novembre vire stati gli elementi caratteristici del suo pontificato. sitò tutte le chiese dei Colli. Trovò una situazione che, Se in quegli anni Girolamo Savonarola fosse stato già salvo per qualche accento, potrebbe essere messa a attivo dal pulpito di Santa Maria del Fiore, nel Grasparagone con molte delle forme di degrado di adessetto avrebbe trovato sicuramente un sostenitore. so. Sì, per certi aspetti la situazione che si palesò al Anche il vicario padovano, infatti, non aveva imbaGrassetto potrebbe essere del razzi nel definirsi “inquisitore e solertissimo castigatore”. Il Vicario non ebbe esitazioni tutto parificata a quella emernell’accettare l’incarico sa dall’operazione “StachaForse anche per questa forte tempra, per questa solerzia da e il sacrificio di un peregrinare nov” della procura di Imperia sul comune di Sanremo, con cacciatore, il vescovo Fantino di chiesa in chiesa, i parroci di allora nella stessa Dandolo si era risolto ad affidalla sommità del colle posizione dei dipendenti pubdare a lui il compito di recarsi a più alto degli Euganei blici municipali di oggi. Monselice, sollevando, così, se alle propaggini dell’Adige A Cona la chiesa aspettava ristesso dalla pena di un viaggio parazioni da 40 anni, ad Agna il campanile era senza estenuante, visto che aveva raggiunto i settant’anni porta e i popolani suonavano le campane a piacimendi età in compagnia di una malferma salute. Ma più to. Nel cimitero di Arquà pascolavano i maiali. In chiedel viaggio, gravoso era lo scopo. Non si trattava delsa il parroco di Pontelongo ammassava il fieno e il la visita pastorale di routine. L’andata a Monselice era sorgo, i confratelli di Valsanzibio, Valle San Giorgio e motivata dall’ormai stringente necessità di mettere Torreglia sotto le navate stipavano: botti, tini e torchi. mano all’organizzazione ecclesiastica nel Sud della A Cagnola il titolare del beneficiario parrocchiale (a diocesi. In quella lontana e disordinata plaga attorno quel tempo i parroci erano una sorta di dipendenti ai Colli Euganei, era arrivato il tempo di porre un freno pubblici in quanto venivano stipendiati dalla comunialla dissolutezza di cui erano esempio gli stessi parrotà) era Giacomo Rossi, interessato ad incassare i 40 ci. Tra l’altro di lì a qualche mese si sarebbe aperto il ducati l’anno, non gli passava nemmeno per la testa grande Giubileo e chissà quanti pellegrini sarebbero di farsi sostituire da un sacerdote condotto. Era un transitati per le terre della diocesi del Santo. laico e diceva messa. L’anziano benedettino bianco, L’inquisitore Grassetto era la persona giusta, lui stesso Francesco da Vicenza, invece, era contemporaneane era convinto, e partì per la sua caccia: di chiesa in mente parroco di Galzignano e di Valsanzibio: nonochiesa, dalla sommità del colle più alto degli Euganei stante gli acciacchi e l’età, alle propaggini dell’Adige. per non perdere la doppia Il 9 cominciò a visitare le cura, chiamò in aiuto il saparrocchie della Scodocerdote albanese Giorsia: Borgo San Marco, San gio da Drivasto, senza Salvaro, Merlara, nel pochiedere previa licenza meriggio Urbana e Casale all’ordinario. Ancora: ad di Scodosia. Il 10 settem-

69


STORIA E DINTORNI Anguillara e a Borgoforte teneva banco un anonimo sacerdote, un intruso al pari del monaco, Pietro da Cipro, che senza l’autorizzazione dell’ordinario svolgeva attività pastorale a Piacenza d’Adige. Il parroco Giacomo Marangon, pur essendo altarista presso la parrocchia di San Bartolomeo, pagato 10 ducati l’anno, rarissimamente celebrava. Era un assenteista. Come pure lo era il parroco di Ronchi di Casalserugo, che viveva a Venezia, e quello di Terrassa, Pasquino, uomo di malaffare, che aveva letteralmente abbandonato la chiesa a se stessa, tanto che vi furono sepolture senza funerale. Quello di Villa del Bosco, prima di andarsene, perché trasferito in un’altra parrocchia, appiccò il fuoco alla canonica. Sempre in giro erano anche i parroci di Battaglia e Merlara, quest’ultimo si assentava per diversi giorni per andare a caccia con il falco insieme al chierico. L’arciprete di Abano aveva rari momenti di lucidità, quotidianamente ubriaco era comunque affidatario delle chiese di San Bartolomeo di Monterosso, Santa Maria Montagnon, San Giacomo di Montechia, San Martino di Abano. Anche all’arciprete di Conselve, Pietro da Padova, piaceva alzare il gomito e per questo erano pochi i parrocchiani disposti a confidargli i propri peccati in confessione. Dedito all’osteria era anche l’arciprete di Masi, Guido da Brescia, ma all’alcol preferiva il gioco d’azzardo, pare fosse un mago con i “taxillos”, il gioco dei dadi già fuorilegge al tempo. Era inoltre risaputo che conviveva con una donna, che aveva un figlio di 29 anni, sposato e con prole, e una figlia di 5 e che infine aveva simpatia per la nuora. In odore di concubinato erano pure il parroco di Monselice, l’olandese Giovanni Morello, l’arciprete di Baone e il parroco di Casale di Scodosia, Benedetto da Nogara, che teneva donne sospette in casa e avvicinava altre nelle loro abitazioni. I confratelli di Faedo e Cornoleda avevano molta disinvoltura nell’avvicinare le fanciulle, il prete di Saletto, Giacomo da Venezia, oltre ad essere “amato dalle donne” aveva fama di negligente, “dilapidatore”, “buon tempone” e “ignorante”, interrogato dallo stesso Grassetto sul numero dei sacramenti, sulla formula del battesimo e sulle parole della consacrazione, venne apostrofato come inadatto alla cura delle anime. Anche Giovanni de Madiis, parroco di Terradura aveva difficoltà con la dottrina, interrogato non azzeccò una risposta, “igno-

70

rantissimo” - secondo il Grassetto - era anche il monaco di Pontecasale che non conosceva nemmeno le cose più comuni dell’ufficio divino e non sapeva usare il messale. Il parroco di San Siro, Antonio da Rovigo, incalzato nell’esibire il breviario, presentò uno scartafaccio logoro e incompleto, non secondo la curia, sul quale era impossibile leggere una riga, mentre quello di Merlara esibì un libro d’ore preso in prestito dall’arciprete di Terrazzo, il messale l’aveva perso. Appena appena leggere sapevano il parroco di Gorgo, Antonio di Caramanico, quello di Faedo, Matteo da Padova, mentre quello di Terrassa, Pasquino, più che a celebrare era dedito al festeggiare. Organizzava feste a casa sua quasi tutti i giorni. Insomma il vicario Grassetto nel suo peregrinare trovò una situazione degenerata. Incredibile a noi solo perché odora di un’attualità sconcertante, malgrado siano passati seicento anni. Basterebbe cambiare i nomi dei parroci con quello di qualche politico di oggi o con quello di qualche personaggio portato alla gogna dalla cronaca, per ritrovarci dentro a uno qualsiasi dei sistemi scellerati messi in piedi da furbi e “furbetti del quartierino” che, un giorno sì e un giorno pure, ci guastano il sangue con la bile. Gli inquisitori continuano a non mancare, solerti e appassionati, come pure non manca il desiderio di un maggiore controllo, sempre più severo, più autorevole, più spietato. Più sugli altri. “Ma chi controlla i controllori?”, chiedeva giustamente Totò. Certo la storia dovrebbe insegnare, come insegnare dovrebbero gli errori, evitando di ripeterli. E siccome la storia si ripete, si ritiene, dovrebbe essere possibile epurare dal presente gli sbagli del passato. Ma essendo l’uomo, da che è uomo, anche la somma dei propri errori, non ci sarà mai una storia dell’uomo in cui gli errori non siano destinati a ripetersi, ad infinitum, sempre gli stessi, perché è l’uomo nei suoi limiti a riproporsi continuamente lungo i secoli, non il tempo. E per cercare di trarre una morale da questa storia è opportuno ricorrere alle parole di Antonio Gramsci: “La storia insegna ma non ha scolari”. Questo articolo cita, nella parti storiche che riguardano la Bassa Padovana, il libro di Pierantonio Gios “L’inquisitore della Bassa Padovana e dei Colli Euganei”, 1448-1449


messaggio pubbliredazionale

RIGONI metti il tuo

vigneto in buone mani TUTTI I SERVIZI • Rilievo in campo con sistema GPS ultima generazione • Studio e progettazione dell’impianto con sistema AutoCad • Messa a dimora delle barbatelle con trapiantatrice Wagner Champion a guida GPS • Distribuzione e impianto pali intermedi con piantapali cingolato leggero a guida a GPS • Allestimento testate, stesura e fissaggio fili, impianto e fissaggio tutori • Realizzazione impianti a goccia e subirrigazione con servizio di noleggio gruppo motopompa e filtri • Si eseguono potature verdi e secche • Lavorazioni interfilari • Vendemmia e trasporto

In campagna

il segreto per una buona annata parte dall’organizzazione, per questo è opportuno avvalersi

migliori esperienze e dei più moderni macchinari delle

per l’agricoltura

DOVE LA GOCCIA BAGNA LA VITE NON SOFFRE • Massimo beneficio da ogni metro cubo di acqua impiegata • Abbattimento dei costi • Soluzione tecnologiche per la riduzione dei costi idrici ed energetici • Utilizzo delle migliori marche

AZIENDA RIGONI FLAVIO Il vigneto dalla progettazione alla vendemmia Via Casolina, 129 - Maserà di Padova Tel. e Fax 049 8868014 - Cell 320 8734879 info@rigoniflavio.it - www.rigoniflavio.it


IL POLESINE PRIMA DEL MAIS di Paolo Rigoni

El Bombasin,

MASCHERA ANCESTRALE CHE SIMBOLEGGIA IL RISVEGLIO DELLA NATURA L’antica matrice agraria delle feste calendariali europee viene confermata dalla maschera zoomorfa del Bombasìn, costruita dai contadini del basso Veneto fin dai tempi remoti in occasione dell’Epifania e nei primi giorni di Carnevale, quando andavano a questuare di casa in casa generi alimentari

L

a maschera del Bombasìn poteva rappresentare mani energiche del bovaio. La descrizione del Bomvari tipi di animali, l’asino, il toro, il drago, il cabasìn in versione di orso, osservata nelle campagne vallo, l’orso, la capra. La forma di costruzione più polesane di Castelguglielmo, é documentata nel 1891 antica sembrerebbe essere quella di un tronco di salidal folclorista Pio Mazzucchi che così lo descrive in ce scavato e modellato in modo da potersi adattare al “Due macchiette carnevalesche” del 1981: “Il portatocapo del portatore; successivamente, per comodità si re, traendo a sé ripetutamente una cordicella nascoricorreva ad una mandibola di maiale o di bue che si sta e che scende dall’alto, fa battere a suo talento, in infilava sopra la testa o che con la testa si sosteneva, atto minaccioso, la mandibola del feroce plantigraper cui la maschera risultava imponente, di altezza do: in pari tempo i cavicchi, sospinti o abbandonati, sopra la media. Sulla sommità si fissavano le corna si alzano o si abbassano, i cenci rossi svolazzano, i e, con della pelle di coniglio, si Il nome della maschera deriva campanelli risuonano, e il quamodellava il muso a cui veniva drupede tutto quanto, o meglio dal mantello di bombasina, attaccato un mantello, con tutta il bipede che lo rappresenta, stoffa povera “grossa” tessuta ballonzola grottescamente, si probabilità di bombasina, stoffa con un ordito di bambagia povera, “grossa il cui ordito è di curva, fingendo di mordere, e e la trama di canapa bambagia e la trama di canapa” si rileva, si volta a destra e a sida cui verosimilmente deriva il nome della maschera nistra, accompagnato ne’ suoi lazzi ridicoli e ne’ suoi stessa. Completavano il corredo della maschera dei gesti minacciosi, dai colpi strampalati della musica nastri rossi e campanelli fatti sbatacchiare ad ogni barbara e incomprensibile d’un suonatore di cembapasso. lo. Quando percorre i piccoli centri abitati, l’Orso è Il corteo che accompagnava il Bombasìn poteva essempre attorniato da una torma di ragazzi in festa, sere costituito da un solo personaggio, lo “zingaro” che si divertono immensamente alla vista di quello suonatore di violino o di cembalo, o il “bovaio” che lo strano animale.” guidava con il pungolo, guièlo, oppure poteva essere Anche un altro polesano, Benedetto Morinelli, in propriamente una sorta di corteo carnevalesco di cui “Usanze nel Delta Padano alla fine dell’800”, del facevano parte però anche le vecchie befane, coin1972, dà notizia di uno zingaro che trascinava per i cidendo spesso il giorno dell’Epifania con l’inizio del paesi del Delta del Po un orso spelacchiato che faCarnevale. Il Bombasìn era trattenuto da una robusta ceva danzare legato ad una catenella: “Non so da cavezza che tentava inutilmente di strappare dalle dove arrivasse, ma ogni anno capitava a Taglio di Po

72


IL POLESINE PRIMA DEL MAIS Non solo, ma il corteo processionale ad limina, che uno zingaro, vestito alla russa con stivali e colbactoccava le corti e case isolate, aveva il compito di rico di pelo anche d’estate, che si trascinava legato consacrare, di riconoscere e di purificare il villaggio, ad una catenella un vecchio orso spelacchiato. L’adi ristabilire i legami sociali del gruppo, allentatisi nel nimale doveva dare spettacolo: al battere del tamculmine del profondo inverno quando nelle lunghe burello del padrone, si rizzava e ballonzolava, grusere del filò erano più frequenti i legami tra uomini gnendo e facendo larghi movimenti con le zampe, e animali che non tra uomini per spaventare gli spettatori. I ragazzi davano il segnale L’offerta alimentare simboleggiava e uomini, aveva infine la funla ridistribuzione delle risorse zione di annunciare la stagiodi quell’arrivo, e le donnette, anche se scalze e scarmi- affinché tutta la comunità godesse ne imminente e di segnalare l’avvento del tempo nuovo. In gliate, uscivano in strada per del cibo e dell’abbondanza sostanza, di rifondare l’anno. ridere dei gesti di quel goffo della festa Nelle culture europee, la animalone. “Dèi dèi, orso delcomparsa primaverile dell’orso era legata all’idea di la Russia, dèi…” era la cantilena monotona dello zinpropiziazione della fertilità, di risvegliare la vis genegaro. Per quel dono di allegria lo zingaro non aveva rativa della terra in modo tale che il ciclo vitale non pretese; accettava come compenso un soldino, due si interrompesse e l’orso più degli altri esseri era incentesimi, una mela, una rapa…: era un mondo povevestito di tale significati magici in quanto, ritornando ro e semplice quello, per chi dava e per chi riceveva”. dal letargo, meglio di tutti rappresentava il ciclo della Le descrizioni sembrano rimandare a bozzetti di vita natura che dal torpore invernale incominciava nuopaesana, a passatempi popolari di tipo carnevalesco vamente a produrre. Un vero e proprio rito di fertilità senza alcun altro significato. In realtà, dal punto di vicon evidenti allusioni sessuali. La maschera del toro sta etnografico la questua del Bombasìn, orso o toro nelle azioni del gioco viene intesa come maschera che fosse, presenta profondi legami con numerose di un gioco erotico che deriva senza dubbio da riti di forme cerimoniali analoghe in tutta Europa. Tali azioni fecondità. E in fatti il nostro Bombasìn, in versione di rituali riguardano il travestimento animale, l’uso dei toro, ancora vivo in alcune zone del Delta, in particocampanelli o dei campanacci, i nastri multicolori con lare a Tornova di Loreo e San Pietro di Cavarzere, Caprevalenza del rosso, la danza rituale con saltelli e varzere, Fasana e Botti Barbarighe, Pettorazza, lungo spostamenti circolari avanti e indietro, la ricompenl’Adigetto, rinnova la tradizione di una movimentata sa alimentare. L’offerta consisteva nei prodotti della pantomima con il bovaio che l’accompagna: danza, macellazione del maiale, che avviene sin dai primi ballonzola, insegue e indietreggia, gira in tondo, fuggiorni di dicembre e comprende quei salami, quelle ge e ritorna, sbatte violentemente le ganasce con pancette, quel grasso e quelle bracioline che sono grande frastuono, finge di attaccare e di scornare nominati quasi ossessivamente nelle canzoni di quecon grande timore degli astanti, non solo piccini. E stua. In sostanza la questua assumeva il significato di se nella corte vi è una ragazza, il toro la cerca, le si una cerimonia di ridistribuzione delle risorse perché fa sotto, sembra addirittura corteggiarla, apre l’enortutta la comunità fosse parte del cibo dell’abbondanme bocca come volesse leccarla. Poi la costringe za nel momento della festa, del passaggio stagionale. alla fuga caricandola con violenza. Evidenti sono le similitudini con le feste Lupercalia romane e con l’incedere ritmato dei Mamuthones a cui si chiedevano e si chiedono fausti auspici per la stagione ventura dopo la battaglia rituale. Ma gli animali, erano pure la personificazione di esseri inferi che dall’oltretomba ove dimoravano ritornavano periodicamente sulla terra, generosi se placati con il cibo così come erano pronti a vendicarsi sugli uomini e in particolare modo sui raccolti. Una testimonianza in tal senso è stata raccolta da Chiara Crepaldi in “Ganzega” del 2006 Il Bombasin condivide con le altre maschere della tradizione dove una contadina di Buso, a due passi da Rovigo contadina, come i Mamuthones sardi o con i Rollate di Sappada, dichiara: “El bombasìn el ièra par Carnevale, el ièra l’aspetto inquietante, spaventoso, ma soprattutto i campanacci. un fantasma coi camapanazzi, ch’el faséva el giro Lo strepito, infatti, faceva parte dei riti che servivano per del paese per scaciare i spiriti maligni”. allontanare sfortune e malignità

73


messaggio pubbliredazionale

LeTre Piume CENTRO SPORTIVO SEMPRE PIÙ ALL’AVANGUARDIA In Europa una struttura così completa e sicura non esiste. A disposizioni diversi campi e stage per le esercitazioni e le competizioni. Da qualche settimana sono aperti i battenti de “l’Accademia del Tiro” per la preparazione di istruttori e atleti l primo sparo del 2016 è stato all’insegna della beneficienza al centro sportivo Le tre Piume. Un modo per dimostrare che lo sport delle armi è sempre più vicino ai temi della solidarietà, ma anche un modo per fare davvero del bene al mondo della ricerca. Non sono nuovi a questo tipo di iniziative Giovanni e Mario Carli, gestori del poligono di via Costanze ad Agna, per essere gli ideatori del Trofeo Città della Speranza che da più di un decennio, nel mese di agosto, raccoglie e devolve somme importanti per la ricerca sulle malattie oncologiche infantili. Questa volta, invece, sono stati i ricercatori del morbo di Creutzfeldt-Jacob, una malattia neurodegenerativa rara, i destinatori dei 3.615 euro raccolti in occasione della gara di beneficienza, organizzata lo scorso 23-24 gennaio in sinergia con Sd Safty Target e il Coisp di Polizia, che ha visto il coinvolgimento di ben 130 tiratori. E se il risultato evidente è quello legato alla beneficienza non meno importante è quello legato alla sinergia con le due associazioni, in quanto rispecchia in pieno la filosofia con la quale viene pensata qui ogni attività, ap-

punto, cercando collaborazioni soprattutto con il territorio. Un altro bell’accordo raggiunto, infatti, è quello siglato con l’associazione “Pronto Conselve”, attiva nel settore dell’assistenza e delle cure alla persona, che alle Tre Piume si occuperà di sicurezza fornendo la presenza di operatori e mezzi durante le attività ordinarie e quelle competitive. Una collaborazione che ha già dato i suoi frutti in occasione dei mondiali di shot-gun dello scorso settembre e che andrà a qualificare ulteriormente la struttura in seno ai già elevati standard, tanto da essere l’unica a potersi fregiare del marchio “Sicurezza Coni”. Che “sinergia” sia la parola d’ordine in via Costanze ad Agna lo dimostra anche il corso inaugurato il 27 febbraio scorso destinato alle società agonistiche per l’allenamento e la gestione dei tiratori. Grazie alla Federazione Tiro al Volo, all’Università di Pesaro e Urbino e al Comitato Nazionale Caccia Natura (C.N.C.N.) è stato possibile allestire presso le strutture del centro “l’Accademia del tiro”, un ateneo per lo sport delle armi dove ogni sabato preparatori, nutrizionisti e psicologi tengono lezioni atte a sviluppare

NELLA FOTO IN ALTO: Il podio del “Campionato Italiano Invernale” individuale di “compak sporting” dello scorso 21 febbraio. Al centro Enrico De Tommasi, al quale è andato il tricolore. La gara ha rappresentato un primato anche per la struttura, sono stati ben 350 gli atleti scesi in piazzola per contendersi il titolo individuale e a squadre

CENTRO SPORTIVO “LE TRE PIUME” via Costanze, 8 - 35021 Agna (PD)


non solo gli aspetti pratici delle varie discipline (dal tiro al volo allo shotgun) ma anche a quelli tecnici, fondamentali per I volontari dell’associazione “Pronto Conselve” insieme ottenere ottime preai titolari del centro sportivo Mario e Givanni Carli. stazioni e risultati imIn termini di sicurezza la struttura di Agna presenta elevatissimi standard, tanto da essere l’unica a potersi portanti sotto il profilo fregiare del marchio “Sicurezza Coni” agonistico. Un tipo di formazione che è possibile trovare solo qui, nel mondo del “tiro” tale preparazione è ad esclusivo appannaggio della Federazione Nazionale per la preparazione degli atleti olimpionici, nelle altre strutture del territorio praticamente non esiste. E forse è per l’insieme dei servizi offerti dalla struttura che il numero degli iscritti continua a crescere, sono già 1.300 i soci che hanno deciso di condurre qui la propria attività di tiro, come pure è già stato formalizzato il rinnovo dell’addestramento delle forze dell’ordine (polizia di stato, aereonautica e capitaneria di porto) presso le strutture del centro. Strutture alle quali presto andrà ad aggiungersi il campo per il “field target” rivolto agli appassionati della carabina ad aria compressa.

Tutto quello che c’è da sapere del Centro Sportivo “Le Tre Piume” Definire il centro sportivo “Le tre piume” un poligono, oppure un centro di “tiro sportivo” è molto riduttivo. L’attività che viene svolta in via Costanze ad Agna, infatti, è ben più articolata e coniuga allo sport anche un servizio di ospitalità, con un ristorante che sforna piatti vini della tradizione locale, e un’area riposo dotata di piscina, che estende il piacere di una giornata all’aria aperta anche ai famigliari dei tiratori. Una piccola oasi verde dotata di ogni comfort, infatti, può essere lo svago perfetto per chi alle sagome o ai piattelli ama il relax di una giornata nella natura. Insomma, è il posto giusto in cui passare le domeniche è ovviamente per chi ama lo sport con le “armi” è un vero e proprio parco divertimenti. Non mancano le attività agonistiche con allenamenti e corsi, seguiti da Giovanni e Mario, per imparare l’antica arte balistica.

APPUNTAMENTO PER IL 14-15-16 MAGGIO CON GOLD CUP BERETTA, TORNANO AD AGNA I MIGLIORI DUECENTO ATLETI MONDIALI DELLO SHOTGUN

L’intera struttura è a disposizione per chi vuole mettersi alla prova • 8 CAMPI DA TIRO AL VOLO • nel quale ci si può esercitare in discipline olimpiche come la “fossa”, lo “skeet” e il “double trap” oppure le non olimpiche come la fossa universale, il compact sporting o il trap americano e percorso caccia • 15 STAGE PER IL TIRO CON LA PISTOLA • sia statico che in movimento • PIAZZOLE E BERSAGLI • per il tiro con l’arco • LINEE PER IL TIRO AD AVANCARICA • con vecchi fucili dell’Ottocento • 23.000 m2 ATTREZZATI PER IL SOFT-AIR • È stato recentemente inaugurato il campo con 16 LINEE PER IL TIRO LUNGO, tiro con la carabina a canna rigata da 100 a 200 metri, pensata per gli appassionati delle armi ex ordinanza o per i cacciatori di ungulati. Si tratta di una delle poche strutture di questo tipo presenti in zona Presto le strutture per “FIELD TARGET” rivolto agli appassionati della carabina ad aria compressa

Orari ORARI TIRO A VOLO dal mercoledì alla domenica dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 19.00 mercoledi sera fino alle 23.00 ORARI TIRO CON ARMI RIGATE mercoledì pomeriggio dalle 14.30 alle 19.00 sabato e domenica dalle 8.30 alle 12.30 e 14.30 alle 19.00

Tel. 049 9515388 - Fax 049 9519308 - info@letrepiume.it - www.letrepiume.it


Investire per avere Valore

SAN PIETRO VIMINARIO: Immaginate di poter godere del benessere della vita di campagna, senza rinunciare alle comodità del centro paese. Qui puoi. € 30.000

CARTURA: Vorreste gestire la vostra attività da casa? Dati i due numeri civici e la posizione favorevole, potete ristrutturare questo rustico abbinandovi il vostro negozio. € 49.000

CARTURA: Amanti della tranquillità, ecco l’abitazione di cui avete bisogno: ca. 400 mq di fabbricati e 23.000 mq di terreno, immersi nel verde della campagna. € 150.000

CARTURA: Siamo alle porte del paese, protesi verso la campagna. Questo rustico si trova proprio qui, posizione ideale per investire, su un lotto di ca. 750 mq. € 39.000

CARTURA: Tutto ciò che una famiglia può desiderare racchiuso in un duplex: zona pranzo-cucina, due camere da letto, due bagni, garage doppio e altro da scoprire. € 105.000

SAN PIETRO VIMINARIO: Ristrutturare o costruire? A voi la scelta di come sfruttare questo rustico con ca. 400 mq di scoperto e un terreno agricolo di ca. 3260 mq. € 57.000

CARTURA: Per chi ha sempre voluto abitare in un contesto tranquillo ma a pochi passi dal centro, con un orto tutto per sé e ben tre camere da letto dove riposare. € 49.000

CARTURA: Immaginate di poter ristrutturare una casa singola su un lotto di ca. 500 mq in un luogo isolato che vi permette di raggiungere facilmente il centro. € 58.000

CARTURA: La prima casa per una giovane coppia è un passo importante: questo appartamento ha tutte le carte in regola per diventare la vostra prima casa. € 85.000

Scoprite tutte le nostre proposte sul sito www.casaduecarrare.it Per rimanere aggiornati www.facebook.com/tecnocasacartura

AUGURI DI BUONA PASQUA DA NICOLA, GIACOMO, DIANA, LUCA E LEO Nicola Fortin è disponibile per consulenze approfondimenti: Cell. 342 051 0164 - nicolaf.tecnocasa@gmail.com Tel. 049 9556602 - via Roma, 24 - 35025 Cartura (PD)


CON I PIEDI SOTTO LA TAVOLA Il ristorante Le Strie di Este ci presenta una sua ricetta per il pranzo di Pasqua

LASAGNETTA APERTA alle erbe spontanee novelle con fave e ragouttino di quaglia su salsa sulfurea Difficoltà: media

Ingredienti per 4 persone 100 gr spinaci 250 gr farina 00 50 gr semola grano duro 3 uova intere 4 quaglie intere 4 fette di pancetta tesa 200 gr fave fresche sbucciate 1 peperone giallo 1 spicchio di aglio erbe aromatiche un pezzetto di burro sedano carote e cipolla da soffritto olio evo un bicchierino di Marsala salvia fresca sale, pepe qb

Preparazione: 120 minuti

Cottura: 60 minuti

Preparazione Lessare gli spinaci in abbondante acqua leggermente salata. Una volta cotti scolarli e frullarli riducendoli a purea, avendo l’accortezza di strizzarli per bene e passarli al colino. Impastare la pasta fresca e dividerla in due parti aggiungendo il purè di spinaci ad una parte di impasto. Stendere la pasta con il mattarello o con la macchina e cercare di sormontare i due strati creando così un effetto marmorizzato. Copare la pasta a dischi da 10 cm di diametro direttamente sulla carta forno affinché non si attacchi al piano di lavoro. Pulire le quaglie e prepararle con sale e pepe, bardandole poi una per una con la pancetta o il guanciale steso. Infornarle in un teglia con olio e aglio facendole cucinare a 180°per 20 minuti e 150° per i successivi 40 minuti. Nel mentre il forno è acceso approfittare per rosolare il peperone su carta forno o in teglia. Nel frattempo sbollentare le fave, sgusciarle e ripassarle in padella con un filo di olio all’aglio, sale e pepe. Quando il peperone è rosolato, toglierlo dal forno, spellarlo dalla cuticola più esterna e passarlo al mixer aggiungendo solo un goccio di olio e sale. Trascorsi i minuti per la cottura delle quaglie, toglierle dal forno e preparare la base per il ragouttino con sedano, carote e cipolla. Spolpare le quaglie lasciando integre le cosce che serviranno da guarnizione al piatto. Aggiungere la polpa al fondo di cottura del ragouttino, sfumando poi il tutto con vino Marsala (o brandy). Lasciare insaporire il tutto per una decina di minuti a fuoco moderato. Cuocere i dischi di pasta in acqua salata, scolarla e saltarla in una padella con burro e salvia. Sul piatto stendere a specchio la salsa al peperone alternando i dischi di pasta al ragouttino di quaglia e terminare l’ultimo strato con le coscette. Distribuire a pioggia le fave e… buon appetito da Le Strie!!


Ci piace pensarci artigiani del vino, con la chiara consapevolezza che stiamo parlando di un prodotto che nasce

laboratorio magico che è la terra

in quel

Un bicchiere può contenere l’intera storia di una terra, nelle nostre bottiglie è depositato quel mondo in cui le cose avevano spessore e un carattere decisamente energico

e si perfeziona nell’opificio in cui al

vignaiolo si aggiunge quello del tempo lavoro del

• Famiglia Dal Martello •

È il vino dei Colli padovani, ma nella versione secco è una novità soprattutto per chi pensa che il Fior d’Arancio sia solo dolce

La Mincana - Via Mincana, 52 - 35020 Due Carrare (PD) - Tel. 049 525559 - Fax 049 525499 www.lamincana.it - info@lamincana.it


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.