3 minute read

Embrioni, fratelli nostri

Sulla sponda del lago cammina un uomo. Lascia impronte che scavano solchi profondi. I suoi sono piedi bucati dal tempo; aprono terra; creano tracce che sono i popoli a seguire. Ha occhi attenti, una voce pura, una coscienza di figlio che interpella l’esistenza di tutti. Che sono tutti figli, sempre, prima di tutto, figli. È tutto ciò che ha da dire.

Attraversa il segno che fa uguali, gli uomini – essere usciti dall’acqua, piangendo– ha scorto nell’ombelico il cammino, che porta al Padre. Anche i discepoli vivono d’acqua, a ridosso del lago. Un giorno si fermano e cercano segni. E lui gli domanda: cosa dice la gente di me? (Mc 8,27-33).

Advertisement

Nessuno risponde. Solo un cuore che ha rischiato d’annegare, solo lui, può perdersi nel mare dei suoi occhi attenti, e dire: « sei Figlio. Lo sappiamo, l’abbiamo capito. Non basterà a salvarti, ma lo sappiamo. Oh, Cristo! Figlio anche tu, destinato al naufragio».

Su un’altra sponda, arrivano corpi di profughi. È la Calabria, non la Galilea. Nel massacro dell’indifferenza, è ancora Pietro, sempre lui, sempre solo. Continua a parlare. «S ono Figli anche loro, oh Cristo naufrago», dice il pescatore, argentino:

«la mia rete è per loro, portarli in salvo. Comanda che vengano a te, a me, cam minando sull’acqua

Il rumore della notte copre le luci. Ma nessuno ha compreso. Nessuno ha voluto vedere, nessuno sa dove inizia il naufragio.

La terza spiaggia. Di carne, paura, speranza e attesa. È una madre la sponda dove il Cristo cammina, e il suo grembo d’acqua la minaccia suprema: il naufragio per cui non si piange. Ecco cos’è l’embrione. Una domanda che dice: «E voi, proprio voi, la gente: chi dite che sia Figlio? Sono Figlio, io? Chi dite che io sia?».

E in questa domanda il mare s’increspa, ed è notte. La notte più buia che la storia ricordi.

Ci sia concesso tornare al linguaggio di sempre, adesso. Adesso che il dramma galleggia, con i corpi dei Figli, sulla sponda del lago. È l’aborto una notte?

Si può dire di tutto, sull’embrione. Su questo Figlio dell’acqua esposto al naufragio. La scienza parla, e non si può negare ciò che ha da dire: che è uomo, nient’altro che uomo. Embrione fratello mio, me di anni fa. Me naufrago salvato. Parlano i filosofi, e anche loro, tutti figli di

Socrate, figlio d’ostetrica, non conoscono altro che la sapienza del nascere. Parlano l’arte e la storia, parla il buon senso. Dice che salvare un embrione è salvare un naufrago. Cos’è allora questa notte che copre le voci di tutti, e condanna al naufragio quell’unico Figlio, che torna nei Figli?

Notte di giudizio, al fuoco del ricatto, si tradisce la voce del salvato: per paura. Questo è il dramma di Pasqua: non si impara mai a nascere, finché qualcuno non ci salva ancora. E quei figli abbandonati al naufragio? Quegli aborti per cui nessuno piange?

Noi siamo costretti a pensarlo, per questi fratelli che nessuno vuole amare, da cui nessuno guadagna consensi. Fratelli nostri, volti di Cristo che solo chi ha rischiato di annegare sa riconoscere. Noi abbiamo visto e veduto, per questo crediamo, che siete il segno del nostro naufragio. Per questo sappiamo, che il segno di Lui che il nostro tempo cerca, siete voi: fratelli nostri.

La definizione filosofica di soggetto, che risale all’epoca moderna, stabili sce che il soggetto è il titolare degli atti dell’uomo ed è l’unità delle categorie che determinano questa validità. Si parla di soggetto logico, etico, estetico e quindi adulto, o per lo meno con un’età che gli permetta di padroneggiare ad un certo livello l’uso della sua ragione. Da questa spiegazione resterebbero però esclusi tutti coloro che per motivi di salute non godono di una lucidità logico-razionale, e tutti coloro che per motivi di età non sono ancora in grado di usare la ragione e di instaurare collegamenti logici. Da tale descrizione si ricava che l’embrione non è un soggetto. Tuttavia essa non dà alcuna spiegazione di tipo esistenziale e non comprende la definizione di persona, che, invece, proprio perché si fonda su presupposti ontologici, comprende e contemporaneamente supera quella di soggetto, ponendo l’attenzione sulla dignità e non sull’attività logica dell’essere umano.

L’esistenza dell’embrione ci dimostra proprio il valore intrinseco di questa dignità. Infatti per i neonatologi non è sufficiente parlare dell’embrione umano come se fosse solo uno zigote che

This article is from: