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di un concepito alle redazioni dei giornali

di Giovanna Abbagnara

In una inusuale “lettera al direttore”, o meglio ai direttori, Giovanna Abbagnara, giornalista e direttrice di Punto Famiglia, fa parlare un bambino concepito. Leggetela, non rimarrete indifferenti.

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Carissimi direttori dei quotidiani e dei giornali italiani, mi sono deciso a scrivervi perché qualcuno mi ha detto che siete voi a fare rimbalzare le notizie brutte e belle che accadono nel mondo. In giro si fa un grande vociare dell’inizio della vita e della libertà di scegliere quando la mia esistenza comincia, quando è degna di vedere la luce e quando no. Si interrogano le donne (le nostre mamme), gli uomini (i nostri papà) e poi i medici, gli scienziati, i sacerdoti, i politici, i legislatori. Tutti hanno qualcosa da dire.

Intorno a me la gente parla, a volte sussurra quasi per vergogna, altre volte urla e scalpita infuriata “il corpo è mio e lo gestisco io”. Nessuno mi chiede io cosa penso o cosa desidero. Sono il grande assente. Eppure, il protagonista assoluto. Non parlo e dunque non mi invitano ai dibattiti televisivi, non voto e dunque ai politici non interessano le mie idee. Sono l’unico imputato, trascinato in un processo nel quale non posso esprimere nessuna dichiarazione, nessun diritto alla difesa, nessun avvocato d’ufficio, nessun centro di immigrazione ad accogliermi.

Voi, che dovreste dare voce a tutti i soggetti in causa, tacete. Vi siete chiusi in un silenzio assordante. Un silenzio che impedisce di rendermi presente, di farmi vedere. Non esisto, sono un fantasma con la bocca cucita. Avete partecipato consapevolmente al gioco di coloro ammessi a parlare. Io non lo sono, in barba a qualsiasi principio di uguaglianza. Avete fatto quel giochetto che l’altro giorno ha fatto il dottore quando mia madre si è recata da lui, triste e confusa per la notizia del mio arrivo. Il medico guardandola negli occhi ha detto: «Signora lei lo vuole questo figlio?». Mia madre ha risposto: «Veda dottore in questo momento ho cominciato un nuovo lavoro, ho già due figli. Non possiamo permetterci questa gravidanza…». Il medico ha ascoltato in silenzio. Non ha detto una parola in mio favore. Mia madre si è stesa sul lettino, il medico ha preso l’ecografo. Ero pronto a saltellare di qua e di là per farmi sentire meglio e far ascoltare a mia madre il galoppare del mio cuore in tumulto quando il medico ha girato il volume al minimo fino a silenziarlo. Nessun sussulto. Nessuna gioia. Io ero il non voluto.

Si chiede a voi di essere obiettivi: in che modo, dunque, mettete in dubbio con domande, storie vere, tesi scientifiche, il pensiero di alcuni? Puntate i riflettori solo sulla scelta della donna, ma questo significa allontanare mia madre da me, dividerla da me, nell’illusione di liberarla di me . Io, il problema, l’incidente di percorso, il profugo arrivato sulla costa sbagliata.

C’è posto per una sola narrazione tra le pagine dei vostri giornali: la libertà di scelta. E badate bene ad utilizzare un linguaggio preciso: donna e non madre; prodotto del concepimento e non concepito; feto e non figlio . Perché non date spazio anche al dolore di quelle madri che dopo averci abortito, soffrono terribilmente, portando in silenzio il peso di questa scelta senza avere la possibilità di condividerla?

Chiedo solo di essere considerato uguale agli altri bambini che tutti coccolano felici solo perché desiderati, solo perché attesi, solo perché sono arrivati al momento giusto. Tante mammenoi concepiti lo sappiamo - vorrebbero accoglierci, prendersi cura di noi, abbracciarci ma sono lasciate sole. Parlate anche di me, questo non intaccherà purtroppo la libertà di scegliere di “eliminarmi” ma potrà irrobustire la responsabilità dei miei genitori, della società e della politica nei miei confronti cercando di aiutare i miei genitori ad accogliermi.

Una volta una mamma meravigliosa, Chiara, ha detto che “siamo nati e non moriremo mai più”. Vorrei suggerire però di cambiare questa frase nel sostantivo “siamo stati concepiti e non moriremo mai più”. Perché l’amore è eterno e non si misura con il metro dei diritti, né con il senso della vista. Chiedetelo a qualsiasi madre, lei ve lo saprà spiegare meglio di me.

Il bambino concepito

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