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Il valore della vita

di Filippo M. Boscia*

È sempre lui, accettato o rifiutato, fresco o congelato, importato o esportato, sballottato tra le più varie diagnosi genetiche invasive o non invasive, portatore o non di minime imperfezioni o di suscettibilità, è proprio lui che ci interroga. È giunto il momento di riflettere sui tanti attentati contro la sua vita che violano o occultano il suo immenso valore. Un esempio per tutti: gli embrioni congelati sono oggi la più grande emergenza internazionale e il più fondato segno di contraddizione: si contano a milioni e la rilevanza numerica è eccessiva. Dopo aver reificato e mercificato il sesso, oggi ci si spende per realizzare la massima cosificazione dell’embrione. La pretesa del “figlio ad ogni costo”, non originato dall’amore per la vita di due genitori, ma prodotto dall’unione di gameti fusi in laboratori di PMA, è il risultato tecnico che tende ad allargarsi, attraverso l’ingegneria genetica, anche a forme di possibile chimerismo, fino a configurare la nefasta disponibilità dell’“inconsapevole debole embrione”, ad essere manovrato dai potenti biotecnocrati di turno nel teatro della vita.

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Milioni di embrioni congelati per i quali si discute di scadenza e distruzione, di commercio, di vendita, di esportazione, di donazione altruistica, di trasferimenti per la nascita in uteri surrogati, donazione solidaristica per omosessuali e metodica ROPA per lesbiche sono al servizio di tanti, cittadini e cittadine di diverse identità (LGBTQ e altri).

È solo questo? Ma no! Ciò che si può, si deve fare. E se si deve fare perché non accettare le pressioni affinché questi embrioni, soggetti di vita, diventino oggetti identificati da codici alfanumerici, a barre, da utilizzare in cosmetica, in chirurgia plastica, per la cura del piede diabetico, per le ulcere torpide, o per quel quanto di più si possa nelle ideologiche disponibilità?

Utilizzo altruistico, solidaristico, donativo… Ottime cose! Sì, embrioni che salvano la vita! Che siano o non siano “uno di noi” non importa: sono cellule utili alla vita degli altri, disponibili o indisponibili che siano. Servono per la cura, per i vaccini, per migliorare la vita di chi può servirsene.

Piuttosto che tenerli vetrificati nei congelatori o gettarli perché scaduti, perché non utilizzarli per costruire linee cellulari, sperimentarli al fine di ottenere pezzi di ricambio o adoperarli per tecniche di organogenesi e di trapianti? Se sono costruiti artificialmente perché non cederli, venderli o barattarli? E i ricercatori siano assegnati alla loro gestione e saranno eroi, soprattutto se andranno a salvare le altre vite umane.

Sic stantibus rebus! (Così stanno le cose)

Quanto abbiamo vinto? Quanto abbiamo guadagnato? Quanto abbiamo perso? La mercificazione e la cosificazione è questo, anche se destabilizza la nostra cultura del diritto alla vita.

Ma non era stato sancito che gli embrioni ultra-refrigerati in strutture di crioconservazione dovessero essere tutelati come soggetti? Sì, la tutela esiste, ma se non reclamati dai legittimi proprietari rimarranno in freezer, in una Europa che non li riconosce come “uno di noi”. Allora potrebbe esserci qualcuno che li utilizzerà per gli usi più vari, per esempio reingegnerizzandoli per forme estreme di immunoterapia. Le scienze e le ricerche dimostrano che ciò è possibile, cioè che i diritti e le esigenze dei già viventi possono ottenersi a spese dei più deboli. E il diritto di utilizzarli, manipolarli, cederli o venderli può essere reclamato a gran voce: vietato sprecarli! Così il diritto dei deboli diventa diritto debole, soprattutto quando all’embrione, a quell’“uno di noi”, non si dà voce.

Qualcuno insorge. Il popolo della vita grida in loro difesa: «Giù le mani dagli embrioni! Non possiamo demordere! Dovremmo urlare ancora più forte. Giù le mani dall’embrione, giù le mani dall’uomo».

L’embrione in abbandono non è merce senza valore, non è merce di scarto, ma vita fragile da maneggiare con cura. Tra i potenti vi è chi ha tentato, in modo astuto e ipocrita, di uscire da questa situazione di reale contraddizione, declassando gli embrioni a deboli e potenziali “oggetti” di sperimentazione. Qualcuno li ha definiti pre-embrioni, altri, materiale biologico, con potenzialità verso l’umano.

Lo scopo era ed è quello di trovare una soluzione sbrigativa ai tanti problemi etici, sociali, morali, personali e collettivi, sollevati dal diffondersi delle tecniche artificiali di selezione genetica migliorativa e dall’esigenza di una produzione di una filiera e di un mercato della vita umana migliore: ci si avvia verso il bollino di qualità …

Se quella vita è non buona o non ottimale, che vada scartata come non preziosa. In un momento in cui lo scetticismo del vero, l’ecclettismo del bene e il soggettivismo del bello orientano verso altre visioni liberistiche di edonismo giulivo, c’è chi spinge in modo idolatrico sulla qualità della vita e sulla vita di qualità: la sfida non è più per la vita, ma per la morte.

Sulle vite al bivio dobbiamo avere più coraggio, responsabilità e contrastare le diseguaglianze. Dobbiamo saper dire NO alle diagnosi prenatali se sono preambolo al rifiuto: per essere poi attori positivi di un disegno più grande, anche sulle ricerche innovative riguardanti farmaci che determinano aborti volontari precocissimi dovremmo con onestà preannunciarci: non sono vite da scarto! Il glossario dell’aborto è divenuto infinito! Dopo l’aborto chirurgico, precoce o tardivo che sia, si è passati ad introdurre l’aborto chimico/farmacologico, eseguibile con le cosiddette “pillole del giorno dopo” o “dei cinque giorni dopo” (Elleone - Ulipristal acetato), o con le “pillole del mese dopo” (RU486 - Mifepristone) o addirittura con “pillole abortive alternative”, tipo Cytotec (Misoprostolo), preparato consigliato per la gastrite, acquistabile senza ricetta medica che, come controindicazione, provoca contrazioni uterine espulsive. Facebook, nella sua informazione libera, lo titola “L’aborto delle disgraziate”, un farmaco dispensabile ovunque, anche, mi dicono, nelle stazioni ferroviarie ove stazionano molte fragilità.

La contra gestazione fa sentire la sua presenza attraverso criptoaborti, aborti chimici, aborti precocissimi, aborti domiciliari, privatizzati, nascosti, in solitudine, banalizzati, senza aiuto e senza sostegno, a volte però con complicanze gravi. Siamo nel grande capitolo della “auto-fast-medicina per l’aborto”, una medicina di “moda”.

Le 600.000 confezioni di Elleone, dispensate senza l’obbligo di ricetta medica anche alle minorenni, comportano la perdita di circa 30.000 embrioni l’anno, non censiti, che bypassano la legge 194/78.

“Basta un sorso e la pillola va giù” e la vita cambia per tutti...

Oggi, se l’arroganza e l’autodeterminazione si sposano con il “disumano ragionevole”, domani, solo le nostre rughe testimonieranno i veri nodi e conflitti di vita, le nostre sconfitte o le nostre vittorie.

*Presidente Nazionale Associazione Medici Cattolici Italiani

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