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Il fondamento costituzionale del diritto alla vita

Il primo tra i diritti inviolabili dell’uomo

di Francesca Piergentili*

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Si discute sin dall’antichità sullo statuto giuridico dell’embrione, se cioè riconoscere allo stesso una tutela forte, intrinseca alla stessa natura umana, o concedere al concepito solamente alcuni diritti, una sorta di tutela affievolita e limitata. L’embrione ha diritto, in altre parole, a una tutela sin dal momento del concepimento, in quanto soggetto titolare della stessa dignità umana dell’adulto, o sono concessi alcuni diritti specificamente individuati e acquisiti al momento della nascita?

La scienza ha fornito negli ultimi anni informazioni importanti sull’inizio della vita umana: l’embriologia sperimentale ha definito le fasi dello sviluppo e identificato le linee cellulari; lo studio della biologia molecolare, del ruolo dei geni, delle caratteristiche biochimiche e metaboliche dell’embrione ha confermato che si tratta indubbiamente di un essere umano, unico nel patrimonio genetico, autonomo nei processi metabolici, capace per sua natura di uno sviluppo continuo in processi maturativi. È, pertanto, oggi un dato acquisito dalla scienza che il concepito non sia una semplice res , un mero materiale biologico, ma che invece sia un individuo appartenente alla specie umana sin dal concepimento, caratterizzato da unicità. La domanda su quale tutela giuridica dare al concepito è, invece, rimasta sospesa. È , tuttavia, urgente rispondere a tale interrogativo anche alla luce delle nuove possibilità offerte dal progresso biotecnologico che oltre a fornire importanti informazioni sull’embrione e, più in generale, a consentire nuove possibilità di cura ha anche aperto la strada a nuove forme di discriminazione: si pensi solo a quanti embrioni “vivono” crioconservati, una vita sospesa e, purtroppo, dimenticata.

È, allora, quanto mai necessario ricordare come, in realtà, la Costituzione stessa riconosca una tutela forte e piena ad ogni essere umano: già l’art. 2 della Carta, con il riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, pone al centro l’uomo in quanto tale, «nella concretezza della sua esistenza e non sulla base di astratte categorie dogmatiche» (F. Vari).

La Corte costituzionale con la sentenza n. 27 del 1975 si interrogava su cosa fosse, o meglio su chi fosse, l’embrione - «il prodotto del concepimento fu alternativamente ritenuto semplice parte dei visceri della donna, speranza d’uomo, soggetto animato fin dall’inizio, o dopo un periodo più o meno lungo di gestazione» – e riconosceva che la tutela del concepito, già presente nel diritto civile, avesse in realtà un «fondamento costituzionale».

Tale fondamento veniva rintracciato nella «protezione della maternità» (art. 31 Cost.) e, più in generale, nell’art. 2

Cost. che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo: « fra i quali non può non collocarsi, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito ». La Corte riconosceva, pertanto, che il concepito è già essere umano e che la sua tutela ha radici solide nella Costituzione. La decisione, però, introduceva, anche sotto l’influenza della sentenza della Corte suprema americana del 1973 – come noto superata, con durissime critiche, dalla stessa Corte con la sent. Dobbs del giugno 2022 – una distinzione ambigua e contraddittoria che finiva per affievolire (o meglio eliminare) la tutela della vita dell’embrione nel bilanciamento con il diritto alla vita e alla salute della madre: al dato biologico e naturale veniva contrapposto un concetto astratto, non giuridico, di “persona”, senza fornire alcuna definizione e affermando che non esiste equivalenza tra chi è già persona e chi persona deve ancora diventare, come il concepito.

Negli anni successivi la Corte costituzionale ha riconosciuto con nuovo vigore tutela all’embrione, riconoscendo la preminenza del diritto alla vita. In particolare, con la sentenza n. 35 del 1997, sull’inammissibilità del referendum sulla modifica delle condizioni previste dalla legge n. 194 per l’aborto, la Consulta ha ricordato che il bilanciamento dei diritti in gioco è volto a proteggere anche la vita del concepito e che questa protezione non può essere rimossa sic et simpliciter, in quanto costituzionalmente necessaria: il diritto alla vita è per la Corte «tra quei diritti che occupano nell’ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata », in quanto appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana. Si ricorda, inoltre, la sentenza n. 229 del 2015 con la quale il Giudice delle leggi ha affermato che l’embrione «quale che ne sia il, più o meno ampio, riconoscibile grado di soggettività correlato alla genesi della vita, non è certamente riducibile a mero materiale biologico », riconoscendone la dignità umana.

Nella giurisprudenza costituzionale più recente, anche in materia di fine vita, è riaffermato costantemente, sia pure talora in maniera contraddittoria, che il diritto alla vita è il presupposto primario ed essenziale di tutti gli altri diritti garantiti dalla Carta come “inviolabili” (v. sent. n. 242 del 2019 e la sent. n. 50 del 2022).

La storia della lotta alle discriminazioni (si pensi al caso della schiavitù) ci insegna come solamente il riconoscimento della pari dignità di ogni uomo, a prescindere dalle condizioni individuali, difende l’umanità da ogni forma di arbitrio e violenza. Il diritto nel definire e tutelare la vita del concepito non può fare affidamento su soli criteri aleatori e astratti, su categorie soggettive, su parametri convenzionali, se non vuole cadere nell’arbitrio e tradire se stesso, come ci ricorda anche l’esperienza del diritto romano, nel quale si riconosceva il principio “conceptus pro iam nato habetur ”, quando si trattava dal suo “commodum ” (v. al riguardo Digesto, 1.5.7 e 26).

L’affermazione dell’uguale dignità di ogni essere umano e la lotta a ogni forma di discriminazione e violenza passa anche dal riconoscimento, ancorato al dato scientifico e non a scelte convenzionali, e dalla difesa di ogni vita umana, anche di quella più fragile, a partire proprio dal concepimento. Tale difesa trova fondamento costituzionale nel riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo (art. 2), nella protezione della maternità (art. 31 Cost.), nei doveri dei genitori verso i figli (art. 30 Cost.), nel principio di uguaglianza e in quello di pari dignità delle persone (art. 3 Cost.), per promuovere e garantire effettivamente il pieno sviluppo della persona umana, che non sarebbe possibile senza il riconoscimento del primo dei diritti: quello alla vita.

*Avvocato e Dottore di ricerca dell’Università Europea di Roma

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