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La capacità giuridica dell’embrione umano

di Luisa Santolini

Da molti, troppi, anni si discute sull’etica della vita e viene denunciata una “questione antropologica” che attiene non solo al diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale, ma alla possibilità, data dalle moderne tecnologie, di manipolare la vita, di andare alle origini stesse della vita per usarla ai propri fini, che sono dettati quasi sempre da uno sconfinato egoismo degli adulti.

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Questo è il problema del nostro tempo: non riusciamo più a concepire la vita come un dono, come un miracolo, come una affermazione di speranza e di fiducia nel futuro, ma al contrario pensiamo di essere noi a costruirla, soprattutto in laboratorio, attraverso le incredibili capacità che ci danno le biotecnologie. Siamo alle soglie del “transumanesimo” che vuole cambiare l’uomo in modo radicale anche dal punto di vista culturale e sociale, non solo biologico. Parola minacciosa e terribile. Viene messo in discussione tutto dell’uomo in un delirio di onnipotenza che sfida Dio e le leggi della natura. E certamente se la vita è qualcosa che viene costruita da noi, la vita non ha più dignità in sé, la vita ha la dignità che noi, come costruttori, benevolmente decidiamo di darle. E possiamo dargliene tanta o poca o possiamo non dargliela affatto, o possiamo dare alla vita tanto valore quanto il mercato è disposto a garantire (come affermava il bioeticista

Singer negli anni ’90). Allora in questo quadro drammatico e sempre più incline alla tecnica dello scarto – come da sempre ci richiama Papa Francesco – si pone necessariamente la domanda: cosa significa dignità della vita umana, dignità che da tutti, in ogni contesto sociale e politico, viene richiamata? Come si fa a riconoscere la dignità di un essere umano? La bioetica è una disciplina nata per tutelare la vita o per dare una sorta di legittimazione al potere sulla vita stessa? Gli scenari apocalittici che vengono tratteggiati in molti Convegni, articoli, libri, ricerche, vengono ignorati dalla maggior parte delle persone, sia per incredulità sia per mancata conoscenza dei fatti. Invece non è fantascienza: sono in rapida accelerazione gli esperimenti su embrioni umani, si moltiplicano i contratti di carattere economico che hanno per oggetto il corpo umano a dispetto delle anime belle che sostengono che tutto questo avvenga per pura solidarietà, e questi contratti, che stanno dilagando in tutto il mondo, contro le popolazioni più povere e bisognose, sono pienamente validi e legittimi spesso suffragati dalla magistratura ed ora sempre più spesso introdotti in modo surrettizio da proposte di legge italiane ed europee.

Riconoscere la capacità giuridica dell’embrione umano…

Davanti a queste sfide e a questi pericoli, la risposta per salvare l’uomo da se stesso è una sola: riconoscere la capacità giuridica dell’embrione umano. È la sola risposta possibile.

Il 12 luglio del 1996 il Comitato di bioetica, allora presieduto dal compianto amico e straordinario scienziato Francesco D’Agostino, affermò che «il semplice possesso della natura umana implica per ogni individuo umano il fatto di essere persona» e aggiunse «non si può non sentire che l’embrione è uno di noi». Sulla base di questa decisiva dichiarazione venne organizzato un Convegno a Firenze il 1 febbraio del 1997 dal Forum delle Associazioni familiari in cui i massimi esperti di allora affermarono in modo inequivocabile e netto che l’embrione umano “deve” avere capacità giuridica per scienza, per logica e per diritto e chiesero ai nemici di questa proposta di dimostrare, a loro volta, perché non doveva essere così. Ovviamente le risposte ci furono ma nessuna convincente perché dettata dalla ideologia e non dalla scienza. Onore a Carlo Casini, che, come sempre, seppe essere profeta, promotore, ideatore e anima del Convegno di allora e della proposta di Legge sulla modifica dell’Art. 1 del Codice Civile.

… decenni dopo Da allora sono passati decenni, gli scenari sono decisamente peggiorati e Carlo Casini e Francesco D’Agostino ora sono in Cielo a parlare tra loro e magari a scuotere la testa per come si stanno mettendo le cose, ma certi, come lo erano qui con noi, che le forze del male non prevarranno. Sono passati decenni e la proposta di Legge di modifica del C.C. Art.1 è ancora sul tappeto e non viene approvata (e neanche affrontata) anche se le evidenze scientifiche che l’embrione umano è uno di noi sono aumentate e anche se le argomentazioni a favore di questa scelta riempiono interi scaffali. La verità è che tutti sanno che l’embrione umano è uno di noi (infatti basta far vedere ad una gestante la ecografia del suo bambino nelle primissime settimane per farla desistere dall’abortire) ma hanno paura che questo porti alla proibizione dell’aborto. Invece siamo su piani diversi e questa modifica, se accolta, sarebbe un balzo in avanti dell’umanità, come lo sono state l’abolizione della schiavitù, l’emancipazione delle donne, la fine delle discriminazioni razziali. Non posso non ricordare Carlo quando diceva queste cose: ci sono voluti secoli ma alla fine ora è “normale” applicare questi principi che sono principi di umanità. Ora, sulla scorta di quel cammino, la domanda che si pone, e che Carlo poneva, è: si può dare un essere umano che non sia persona? Aggiungo: si può accettare la manipolazione e la vendita di embrioni o la nascita di neonati comprati a caro prezzo? Possiamo distinguere ciò che ha dignità da ciò che ha un prezzo?

La 194 e il riconoscimento della capacità giuridica dell’embrione

Infine, per quanto riguarda la Legge 194, riporto quanto Carlo Casini scrisse sul quotidiano La nazione del 16 febbraio 1997: «il presupposto ideologico della legge 194 è la negazione della umanità del concepito e del suo diritto alla vita? Se fosse così la legge andrebbe davvero ribaltata, anche per strette esigenze costituzionali, come ha ribadito la Corte Costituzionale nel respingere il referendum di Pannella sull’aborto. Nella motivazione essa non parla di un diritto alla autodeterminazione della donna ma, al contrario, insiste sul diritto alla vita del concepito “oggetto di specifica tutela costituzionale” ed anzi “essenza dei valori supremi su cui si fonda la Costituzione Italiana”. Insomma, la Corte afferma chiaramente ciò che è innegabile: nella questione dell’aborto i soggetti sono due (madre e figlio) e non uno solo (la donna) sicché occorre - per esigenza costituzionale - un bilanciamento degli opposti diritti. Ma dove c’è un diritto - Ro - dotà lo sa bene - c’è la capacità giuridica. (…) Se la riforma dell’art. 1 c.c. servisse ad aumentare la responsabilità verso la vita dei genitori e della società, ci siano o no riforme legislative, perché inquietarsi?

La verità è che la condizione dell’uomo nella fase prenatale è particolarissima: egli vive nel corpo della madre senza essere la madre. Ciò esige che l’ordinamento intervenga il più possibile con misure che difendano il figlio “con” la madre, non “contro” di lei».

Da anni invochiamo da parte del SSN e della politica una puntuale applicazione della 194 e questa proposta di legge potrebbe essere l’occasione per un sano e costruttivo dibattito tra forze politiche, medici, scienziati, donne e loro associazioni. Non vogliamo l’ennesimo scontro ideologico. Chiediamo una discussione, un confronto con tutti gli attori in campo. Come fu nel 1997. Essere laici non significa essere agnostici, ma non avere tabù di fronte ai problemi e saper portare argomentazioni scientifiche, sociali, storiche, umanitarie all’altezza delle domande poste e, soprattutto, convincenti. Sarebbe il regalo più bello alla memoria di Carlo Casini e della sua strenua battaglia a favore della vita. E non smetteremo di impegnarci per questo.

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