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L’embrione umano: un soggetto

APPROFONDIMENTO

Riportiamo di seguito uno stralcio dello scritto di Carlo Casini: L’embrione umano: un soggetto. Verso una riforma dell’art. 1 c.c. (supplemento al numero di Sì alla Vita, ottobre 1996), necessario per comprendere il contenuto ed il significato della proposta di modifica dell’art. 1 del Codice per il riconoscimento della capacità giuridica di ogni essere umano sin dal concepimento.

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Suggeriamo senz’altro la lettura del testo integrale che si può richiedere a: a.pessano@mpv.org

Tanti anni di riflessione sul diritto alla vita mi hanno convinto che ogni discussione indurisce le posizioni opposte se prima non si accetta insieme di gettare sull’uomo uno “sguardo contemplativo”, così come chiede Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae . Un tale sguardo che si interroga sul mistero dell’uomo e sulla sua essenza deve considerare tutto l’uomo e quindi anche l’embrione. Da questo atteggiamento è nata la proposta popolare sul riconoscimento della capacità giuridica di ogni essere umano fin dal concepimento. [...]. La proposta non vuole essere un gesto declamatorio o provocatorio. Vuole indicare una strada per uscire da sterili polemiche, vuole contribuire ad una ricomposizione morale e civile, esige di essere discussa in Parlamento […]. Non è possibile giungere a soluzioni razionali se non si affronta la domanda fondamentale: chi o cosa è l’embrione umano? Tale quesito può essere eluso e di fatto non è stato affrontato nella sua profondità nelle discussioni sull’a- borto, ma non può essere evitato quando diviene artificiale extracorporea e sulla ingegneria genetica applicata all’embrione umano. […].

Un significativo sostegno alla proposta popolare è giunto, quasi un anno dopo la sua presentazione al Parlamento, (20/7/96) dal Comitato nazionale di bioetica, più precisamente dal suo documento “Identità e statuto dell’embrione umano”, adottato il 28/6/96 e reso pubblico il 12/7/96, […] [che] ha affermato […]:

«Il Comitato è pervenuto unanimemente a riconoscere il dovere morale di trattare l’embrione umano, sin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si devono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persone».

[…] Il riconoscimento del concepito come soggetto è condizione indispensabile perché cultura ed educazione non siano parole contraddittorie e sia destato il necessario slancio di solidarietà. […]. [Senza questo riconoscimento N.d.R.] si verifica una perversa deriva: dall’aborto come esito di una dolorosa “necessità” si passa all’aborto-diritto ed infine all’aborto-dovere. […]

Mi pare che la modifica dell’art. 1 c.c. dovrebbe fermare questa deriva, prima culturale che giuridica.

Valore dell’uomo: ragione di dialogo

Qualcuno ritiene che la proposta popolare introduca nuovamente il metodo del “muro contro muro”. Non è così. Discutere sul valore dell’uomo è un ponte tra credenti e non credenti. Attraverso di esso passa il dialogo. Interessa anche ai laici l’uomo, anzi è la loro divisa anche se pensano di poter fare a meno di Dio. Dunque il problema della soggettività dell’uomo deve essere affrontato insieme. Se vogliamo veramente il dialogo la domanda fondamentale non può essere elusa. Se invece la evitiamo il discorso sulla vita diviene moralistico ed è incomprensibile a molti. Con qualche azzardo a me pare davvero che oggi il problema decisivo della convivenza civile sia quello di “provare l’esistenza dell’uomo”. Intendo dire l’uomo nel suo mistero (“dignità”) di trascendenza rispetto al resto del creato. Un tempo il problema era “provare l’esistenza di Dio”. L’uomo moderno ha considerato irrilevante tale questione per la vita su questa terra (“etsi Deus non esset ”...). Ma non può fare a meno dell’uomo. Altrimenti la società diviene una giungla. […]. L’esperienza storica dimostra l’impossibilità di costruire libertà, giustizia e pace senza riconoscere l’uomo. Lo dice la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: «il disconoscimento ed il disprezzo dei diritti dell’uomo hanno portato ad atti di barbarie». Proprio nel nostro tempo abbiamo constatato il fallimento di tutte le speranze civili fondate sulla trascendenza di entità collettive come la classe, la razza, la nazione, che, in definitiva, avevano cercato di determinare coesione sociale superando la logica della giungla dove ciascuno vive solo per sé stesso. Ma oggi quest’ultimo pericolo non è venuto meno. È dunque necessario provare l’esistenza dell’uomo. Mi pare che non sia banale ripetere con linguaggio giuridico che tutti gli uomini sono sempre uguali nel loro misterioso valore e che non si può dare nessun essere appartenente alla specie biologica umana che non sia per ciò stesso un uomo e perciò un soggetto, una entità sottratta al regno delle cose. Del resto (genetica, aborto, etc...) parleremo dopo. Ma intanto come non convenire o almeno confrontarsi su questo punto?

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