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La bellezza che coglie il mistero

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Il cuore che batte

Il cuore che batte

di Raffaele Maiolini

È necessario parlare della maternità, perché pur essendo una esperienza comune, trovare le parole per riuscire a dire quello che si vive è una forma aumentata di esperienza. La cultura è l’autocoscienza della vita. Non è sufficiente vivere la vita, non è sufficiente neppure mettere al mondo un figlio. La nostra lingua ha sempre distinto genitorialità da paternità e maternità. Diventare padre e madre è ben più che essere genitore e genitrice, lo presuppone ma non lo identifica perché dentro la maternità c’è una dimensione relazionale, spirituale più forte del mero dato biologico. È per questo che, da sempre, fare i conti con la maternità anche nell’arte è fare i conti con l’origine della realtà, con la relazione con l’altro, anche con la drammaticità e a volte la tragicità del venire al mondo e con la generatività in senso pieno. Quindi guardare la maternità anche attraverso l’esperienza artistica non è “un” luogo ma “il” luogo. Non a caso nell’arte cristiana dopo il Crocifisso (qualcuno dice anche più del Crocifisso), Annunciazione, Natale, maternità, gravidanza, annuncio della gravidanza, concepimento e parto sono artisticamente i luoghi più raffigurati. Perché per un artista fare i conti con Maria e il bambino non è fare i conti semplicemente con Maria e Gesù, ma con la mamma e il bambino, con il bambino che tu sei stato e che sei, con la mamma che tu hai avuto e che hai. Questo in teologia – una volta gli artisti sapevano molto di teologia – è espresso dall’assioma Maria vel Ecclesia vel anima : ciò che si dice in maniera speciale di Maria si dice in maniera generale della Chiesa e in maniera particolare di ogni anima. Fare i conti con Maria da sempre nella nostra tradizione culturale è fare i conti con chi tu sei, dove andrai, come attraversi la nascita, come attraversi il dolore (Maria lo ha vissuto sotto la croce). È fare i conti con l’incontro con il divino, con l’umano e il divino, con il divino che è umano e con l’umano divino. L’arte ha dovuto fare i conti con la sacralità del bambino, con tutti gli esiti un po’ narcisistici del bambino che comanda la madre, perché mettere al mondo un bambino che è uomo-Dio è una maternità, una filiazione all’ennesima potenza, non è semplicemente la genitorialità o generatività di questa carne.

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Le conseguenti consapevolezze

La prima: imparare a dare forma alla maternità e imparare a dare il nome alla maternità è importante, non è sufficiente essere genitore. E l’arte, in tutti i suoi aspetti, permette un’autocoscienza della vita: ci aiuta a vivere quello che siamo, e non siamo mai naturali siamo sempre culturali.

La seconda: in Maria e il bambino c’è la tua mamma e la tua nascita.

La terza: Maria e il bambino è una questione molto seria, perché da una parte quel bimbo in quei nove mesi è per ogni donna ciò che è più suo in assoluto, è la carne della sua carne, è il suo pensiero, la sua occupazione e preoccupazione, nello stesso tempo il suo più proprio che tuttavia è destinato a diventare un proprium che non sarà più lei. Qui dentro c’è la legge della relazione e la costruzione dell’identità. Il tuo proprio sarà tuo nel momento in cui lo lasci diventare altro, lo lasci partire (esodo, esilio cioè lasciare andare) perché viva. Ci sono i movimenti involontari della vita che ti spingono fuori perché, se avessimo chiesto al bambino “vuoi rimanere dentro ancora un po’?” ... “Chi me lo fa fare, sto bene, ho tutto, ho caldo, fuori è freddo, inospitale, non sono neanche capace a respirare”. Naturalmente, relazionalmente, spiritualmente, se non esce fuori è morte sicura per lui e per lei. Noi siamo troppo psicoaffettivi nella maternità, facciamo maternage più che maternità. Ma in passato questa cosa era vissuta perché avevano un’infrastruttura scritturistica e un’infrastruttura esistenziale: le donne quando mettevano al mondo un bambino rischiavano di morire, la mortalità infantile era altissima. Ogni madre sapeva che per mettere al mondo un figlio rischiava la sua vita. Nascita e morte all’ennesima potenza.

L’arte dice la vita

Vasilij Grossman, ebreo ucraino, ha scritto otto paginette sulla maternità nell’arte, in particolare sulla Madonna Sistina di Raffaello.

Non conosco niente di più bello su questo dipinto. Auguro la stessa esperienza che Grossmann fece di fronte a questa maternità, tanto cara al popolo russo, che fisicamente è a Dresda, ma che durante la II guerra mondiale per un decennio fu nel museo di Mosca.

Grossman famoso letterato, così filocomunista da diventare il portavoce dal fronte, era con le truppe di Mosca entrate nel campo di Treblinka. Dieci anni dopo, questa Maternità lo aiutò a rielaborare quel lutto. Spero che questa maternità ci aiuti un po’ a rielaborare il nostro lutto... perché lì dentro in un utero, in un grembo, da cui sei spinto fuori –maternità e morte, vita e morte – c’è un nodo antropologico fortissimo.

Scrive Grossmann: «Nella sua Madonna Raffaello ha svelato il mistero della maternità nella sua bellezza», perché è «la rappresentazione visiva dell’anima materna». Grossman non era credente, veniva dalla tradizione ebraica ma ha una spiritualità incredibile. La maternità è l’atto più vicino all’agire di Dio. «Lei offre suo figlio al suo destino e non cerca di nasconderlo», perché la tenerezza di questa maternità è tutta la consapevolezza del dolore che questo figlio attraverserà nella vita.

Dentro la Madonna Sistina di Raffaello c’è una forza di tenerezza e drammaticità che rischia di essere un po’ tralasciata. Ciò che sciocca Grossman, è che Maria offre suo figlio al suo destino e non cerca di nasconderlo. « Sono un’unica cosa, e sono distinti. Vedono, sentono e pensano insieme, si fondono l’uno nell’altra, ma tutto indica che si separeranno, che l’essenza della loro comunione, della loro fusione è che si separeranno» «La Madonna con suo figlio fra le braccia è ciò che di umano c›è nell›uomo e sta in questo la sua immortalità».

Un bambino tra le braccia di sua madre è ciò che di umano c’è nell’uomo. Paolo VI lo intravide e Giovanni Paolo II ha detto se una cultura di morte dilaga anche nella maternità che è il baluardo antropologico della vita, potremo aspettarci di tutto. Grossman ripensa a quando, entrato nel campo di concentramento, vede i corpi di donne e di bambini morti. L’espressione della Madonna Sistina è «l’espressione delle madri e dei bambini quando sul fondo verde scuro dei pini vedevano il muro bianco della camera a gas, è così che erano le loro anime».

Ecco ora lui poteva vedere la verità di quei volti. Raffaello aveva dipinto quei volti quattro secoli prima: gli artisti sono immortali, perché riescono a vedere molto in anticipo quello che tu guardi ma non riesci a vedere fino in fondo. Non riesci a dare le parole ma neanche una forma. Loro ce l’hanno fatta in questo equilibrio, nel caso della maternità, fra grandissima fusione e grandissima separazione, fra amore e lasciare andare al suo destino.

«Non c›è mai stato un tempo duro come il nostro eppure, non abbiamo lasciato morire ciò che di umano c’è nell’uomo». Così Grossman parla di sé e del suo popolo ebraico che lui riscoprirà proprio perché perseguitato. Si riapproprierà della sua storia, guardando partire la Madonna Sistina da Mosca a Dresda: «noi conserviamo la fede che la vita e la libertà sono una cosa sola, e che non c’è niente al di sopra di ciò che di umano c’è nell’uomo. Ed è questo che vivrà in eterno, e vincerà».

Qualsiasi persona che crede di essere libera a scapito della vita si inganna. Questo lo dice un ateo, ebreo, ucraino, comunista fino all’osso.

Dare parole all’arte non vuol dire semplicemente esporre, ma dare la possibilità di trovare delle parole per facilitare questo andirivieni continuo tra l’opera artistica e la tua vita in modo tale che l’opera possa parlare alla tua vita, ma anche la tua vita possa dare una parola in più a quell'opera. Se Grossmann non fosse entrato a Treblinka non avrebbe mai visto quello che neanche Raffaello ha visto, Grossman che ha vissuto quella storia ha avuto la capacità di leggere quello che già lì c’era ma che ancora non era visibile.

5 maggio 2023

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