
2 minute read
Madri e lavoratrici: le tutele offerte dalla legge
La donna lavoratrice è giuridicamente protetta da ingiuste discriminazioni non solo in quanto appartenente al sesso femminile: esiste in proposito una normativa legale antidiscriminatoria, che attua un principio contenuto nel primo comma dell’art. 37
di Marco Ferraresi
Advertisement
La lavoratrice è pure tutelata specificamente in quanto madre, sia durante la gravidanza, sia durante il periodo successivo al parto. La citata disposizione costituzionale, a tal riguardo, dispone anche che «le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione». Come si può notare, era presente presso gli estensori della nostra Carta fondamentale una particolare sensibilità per il ruolo della madre in famiglia e per la salvaguardia della vita e della salute del bambino. In attuazione di questa previsione, vige oggi il “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”, adottato con d.lgs. n. 151/2001 (più volte modificato nel corso del tempo, anche di recente). Le garanzie di questo atto legislativo concernono le diverse fasi della gravidanza, del puerperio e del successivo periodo del rapporto di cura tra madre e figlio, senza trascurare, specialmente con le riforme degli ultimi anni, la necessità della presenza della figura paterna.
Per citare le tutele principali, sussiste un divieto assoluto di licenziamento della lavoratrice madre, per il periodo intercorrente tra la data del concepimento e il compimento del primo anno di vita del bambino. Il divieto opera in oggettiva connessione con lo stato di gravidanza, a prescindere cioè dalla conoscenza che il datore (e la stessa lavoratrice) possa averne al momento del licenziamento. Sempre a tutela del posto di lavoro, la lavoratrice che intenda rassegnare le dimissioni dal rapporto di lavoro deve convalidare l’atto presso l’Ispettorato territoriale del lavoro, così che sia accertata la genuina volontà di rinunciare al posto in un momento tanto delicato: tale disposizione si applica nel periodo che intercorre tra l’inizio della gravidanza e il compimento del terzo anno di vita del bambino.
Vi sono poi norme che mirano a tutelare la salute della madre e del figlio, ad esempio vietando, durante la gestazione e i primi mesi successivi, l’assegnazione alla donna di mansioni pericolose, faticose o insalubri. In tali casi, la lavoratrice deve svolgere incarichi diversi ma, anche ove fossero di livello inferiore, conservando la medesima retribuzione. Ancora, le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l’effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, quando debbano essere eseguiti durante l’orario di lavoro.
La tutela più intensa è prescritta con il congedo di maternità, che consiste in un periodo di interdizione dal lavoro normalmente di cinque mesi. In particolare: durante i due mesi precedenti la data presunta del parto (ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto); durante i tre mesi dopo il parto; durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. È però riconosciuta alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro. Le lavoratrici hanno diritto a un’indennità giornaliera pari all’80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità.
Per il periodo successivo a tale congedo, il disposto legale riconosce il diritto a congedi parentali, cioè a ulteriori periodi di sospensione del rapporto di lavoro, parzialmente retribuiti, per finalità di cura del figlio sino al compimento del dodicesimo anno di età. In aggiunta, sono previsti speciali congedi in caso di eventi di malattia del figlio fino agli otto anni di vita.
Né vanno dimenticati gli speciali riposi giornalieri retribuiti (due, ciascuno di un’ora) con diritto all’uscita dall’azienda, sino al compimento del primo anno di vita del bambino.
Va da ultimo osservato che il legislatore, in anni recenti, ha esteso talune tutele, specie sotto il profilo previdenziale, in favore delle madri lavoratrici autonome e libere professioniste.