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La madre e la libertà

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Il cuore che batte

Il cuore che batte

La madre è quello spazio premondano che rivela l’irriducibilità dell’uomo a ciò che il contesto dice, pensa o vuole fare di lui. L’uomo è più grande del mondo (dello spazio post-natale che è la cultura) perché non è un prodotto culturale, né economico, né industriale, né del Diritto: l’uomo è sempre, da sempre, e per sempre, figlio di madre. La madre segna, nell’esperienza umana, il limite invalicabile, il confine sul quale s’arresta la pretesa di definire l’uomo circoscrivendolo a una definizione convenzionale. La realtà della maternità, che è l’origine reale di ogni uomo, come qualcosa di grande e irriducibile, più grande di ogni cultura possibile – in qualunque latitudine, longitudine o di qualunque epoca si parli – umilia sempre l’ideologia. Per questo l’ideologia, e in particolare ogni ideologia totalitaria – come il capitalismo imperante nella nostra epoca – non ha mai sopportato la maternità, e ha tentato di gestirla, manipolarla, piegarla alle sue pretese ossessive, paranoiche, deliranti. La maternità surrogata, in quest’epoca, è il fenomeno nel quale convergono tutti i deliri dell’ideologia capitalistica. Affrontare questo aspetto della maternità surrogata significa ritrovare lucidità per una seria, profonda e radicale riflessione antropologica.

Nelle nostre società ipnotizzate e colonizzate dall’ideologia si fatica a ragionare, a mantenere alta l’attenzione, a pensare le parole che usiamo in rapporto al loro contenuto proprio e non all’uso imposto dal mercato.

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Forse, occorre iniziare a parlare di pancia, quando si tocca il mistero del grembo, per difendere, anche urlando se occorre, la verità che quel silenzio del ventre racchiude da sempre: l’uomo non è un prodotto dell’uomo, l’uomo è un figlio dell’uomo. Intercambiare queste due dimensioni, rappresenta la più grande manipolazione. Trattare l’uomo da prodotto e chiamarlo poi figlio, altera per sempre la consapevolezza delle proprie azioni, perché significa entrare in una spirale di menzogna dalla quale non sarà facile uscire, e che diventerà la base per operare qualunque tipo di crimine, senza doverne dare atto a nessuno, senza più riuscire a confessarlo nemmeno a sé stessi.

La misura della verità, come ciò che resta sempre oltre tutto quello che noi riusciamo a comprendere di noi stessi e del mondo, è la maternità. La maternità è l’unica verità “oggettiva”, perché tutto ciò che di noi stessi possiamo dire con assoluta certezza è d’essere usciti dal corpo di una donna. Manipolare questo aspetto dell’esistenza umana significa condizionare tutti gli altri, rinchiudendoli in un vortice di bugie che si susseguono a catena. Non bastano i sinonimi a nascondere la perversione che abbiamo davanti. Non basta neppure l’indignazione. Ora occorre pensare. Con coraggio, per amore di tutti. Per amore di quei figli che sono i nostri, e che siamo noi stessi. Pensare liberamente, significa pensare fuori dagli schemi imposti dalla cultura che ci ospita.

di Simone Tropea

Questa grande operazione di verità richiede solo una cosa: partire dal fatto che non veniamo dalla cultura, ma dal grembo di una madre, e che quel grembo, nella nostra esperienza, viene prima della cultura, e per questo sarà sempre la prova del fatto che anche noi, proprio in quanto figli, siamo più grandi di ogni riduzionismo culturale o economico. Se penseremo così, penseremo da uomini liberi, che agiscono liberamente, e che difendono, per tutti, il valore della libertà.

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