TRICOLORI

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TRICOLORI COLORI DEL LEVANTE FIORENTINO

PI TTORI , SCU LTORI E FOTOGRAFI DEL LEVAN TE FI OREN TI N O CELEBRAN O I 1 50 AN N I DELL'U N I TA' D'I TALI A

1 861 - 201 1



TRICOLORI COLORI DEL LEVANTE FIORENTINO

PI TTORI , SCU LTORI E FOTOGRAFI DEL LEVAN TE FI OREN TI N O CELEBRAN O I 1 50 AN N I DELL'U N I TA' D'I TALI A

S AL A D E L L E E RO I N E - PAL AZZO C O M U N AL E D I P O N TAS S I E VE 1 0 S E TTE M B RE - 1 째 O TTO B RE 2 0 1 1

CATALOGO DELLA M OSTRA CON CI TAZI ON I DAL CON VEGN O SU ARTE E RI SORGI M EN TO



E’ certamente un privilegio essere amministratore del Comune di Pontassieve, nell’anno in cui si celebra il 1 50° Anniversario dell’Unità d’Italia, con un calendario di eventi così denso di iniziative interessanti e coinvolgenti. L’associazione culturale Colori del Levante Fiorentino è stata sicuramente protagonista, con la vivace disponibilità dei suoi artisti, nel successo di questo iter commemorativo di un momento tra i più significativi della nostra Storia. Vorrei esprimere dunque plauso e riconoscimento a questi cittadini che attraverso le varie forme artistiche hanno reso omaggio, con impegno e amore, alla nostra Italianità: l’Arte, ancora una volta, con il suo linguaggio universale, diventa veicolo privilegiato per sciogliere emozioni, commuovere, far riflettere e ricordare. Questo catalogo ne è testimonianza. Un sincero ringraziamento anche a tutti i cittadini di Pontassieve che con la loro appassionata partecipazione hanno dimostrato non solo di apprezzare gli eventi di volta in volta proposti, ma anche di voler condividere con le istituzioni il tributo alla Storia che ha fatto dell’Italia una Nazione: un percorso affatto scontato, duro e faticoso, che ha ingoiato i sogni di intere generazioni, non dimentichiamolo! Non dimentichiamo da dove veniamo e che quel tricolore che svetta sui palazzi e sulla nostra Torre dell’Orologio ha un prezzo, la vita di migliaia di persone che non hanno più fatto ritorno a casa, nel nome di un ideale: essere Italiani. Ingresso del Palazzo Comunale di Pontassieve settembre 201 1

Assessore alle Politiche Culturali del Comune di Pontassieve Alessandro Sarti



TRICOLORI

La mostra “Tricolori” si tiene esattamente a 1 50 anni dalla prima Esposizione Nazionale Italiana, "Esposizione Nazionale di Prodotti Agricoli e Industriali e di Belle Arti", che si svolse a Firenze subito dopo la proclamazione del Regno d'Italia e fu solennemente inaugurata il 1 5 settembre 1 861 alla presenza del Re Vittorio Emanuele II. Con questo evento si volevano dimostrare i risultati raggiunti dalla nuova nazione nella produzione economica e culturale, ma esso segnò anche un momento importante per quello che riguarda la pittura moderna italiana ed in particolare della macchia. Fu ritenuto importante che nell'esposizione fossero presenti anche le belle arti, che anche negli anni delle dominazioni erano state orgoglio della nazione e veicolo patriottico durante il Risorgimento. Il governo auspicava un buon trattamento degli artisti, “ai quali ogni bene procurato loro è debole riconoscenza nazionale, ove si rifletta che nei giorni del dolore seppero con le tele e gli scalpelli mantenere vivo e ammirato il nome italiano e che i monumenti e le opere delle quali hanno arricchito le città sono valse, quasi storia parlante della grandezza nostra passata, a tener vivo in noi quel sacro affetto di patria che ci ha condotti ad operare per la redenzione d^Italia”. Importantissimo infatti fu il contributo, diretto o indiretto, al Risorgimento degli artisti intesi in senso lato: scrittori, musicisti, pittori, etc. Molti parteciparono direttamente alle guerre di indipendenza, altri vi parteciparono indirettamente, tentando, con i loro mezzi di comunicazione_ letteratura, pittura, musica_, di svegliare le coscienze degli italiani affinché tutti partecipassero alla lotta. Una mostra di pittura, scultura e fotografia sul tema unitario, nell’anniversario di tale esposizione, ci sembrava pertanto il modo migliore per celebrare l’Unità e tutti gli artisti che hanno contribuito a fare e a fare grande l’Italia. Sono stati invitati a partecipare alla mostra pittori, scultori e fotografi, dilettanti e professionisti, legati in qualche modo alla nostra associazione, diversi ma uniti in questa celebrazione, diversi ma uniti come tutti gli italiani che nel 201 1 hanno festeggiato come noi questo importante anniversario. Come associazione culturale cogliamo l’occasione di questa mostra per ringraziare l’amministrazione comunale di Pontassieve, nelle persone del Sindaco Marco Mairaghi e dell’assessore Alessandro Sarti, che hanno ospitato questa mostra nel Palazzo Comunale. Colori del Levante Fiorentino 1 5 settembre 201 1


LA PRIMA ESPOSIZIONE NAZIONALE DEL 1861 Uno degli eventi più significativi ideati per sancire il progetto politico e culturale dell^Italia unificata fu la prima Esposizione Nazionale Italiana inaugurata a Firenze nel 1 861 . Con essa ci si auspicava di raccogliere i prodotti dell^ingegno nazionale, al cui inventario mancavano ancora i contributi di Roma e di Venezia (che infatti saranno rappresentate alla manifestazione dai rispettivi comitati in lutto). Come sede della "Esposizione Nazionale di Prodotti Agricoli e Industriali e di Belle Arti" fu scelta la ormai ex stazione Leopolda, prima stazione ferroviaria costruita a Firenze, fuori le mura, con l’ingresso ridisegnato per l’occasione ed un percorso espositivo di circa quattro chilometri. Ospitava oltre seimila espositori. Si racconta che per consentire ai visitatori di vedere l’intera mostra venivano date a noleggio delle speciali poltrone a rotelle alla tariffa di £.1 l’ora. Si poteva ammirare, ad esempio, il cannone rigato a retrocarica del Gen. Cavalli; il pantografo dell’Abate Caselli; le raffinate porcellane del Ginori; i primi pianoforti prodotti a Torino; ecc.. Fu messo in funzione un motore a stantuffo libero (prototipo del motore a scoppio, a due cilindri e con venti cavalli di potenza) dei toscani Barsanti-Matteucci, costruito dalle Officine meccaniche del Pignone, ma senza incontrare il successo commerciale. Per le arti erano presenti 997 opere di pittura e 426 di scultura di artisti di tutte le parti d'Italia: arrivarono in massa i napoletani con in testa Domenico Morelli, i lombardi era rappresentati tra gli altri dall'Hayez e da Gerolamo Induno con quattro opere; c’erano ovviamente i piemontesi ma anche gli emiliani, i liguri, i siciliani, i veneti. I Romani erano il gruppo maggiormente numeroso. Infine non potevano mancare i toscani. Nella pittura stava avvenendo un cambiamento: il passaggio dalla pittura di tema storico e di esecuzione accademica, alla pittura di osservazione della natura e del vero, come qeulla dei Macchiaioli che proprio a Firenze erano nati. L'esposizione fu quindi un importante momento di incontro e di confronto.

Sopra: foto della facciata dell'esposizione A sinistra: il giornale dell'esposizione, edizioni Bettini, tipografia Le Monnier, Firenze. Ne uscirono 50 numeri, tra il 1 861 e 1 862, con descrizioni, incisioni e commenti sull'importante evento


IL LOGO DELLA MOSTRA Come logo della mostra è stata scelta una incisione pubblicata nel 1 860 in prima pagina di un periodico francese, che raffigura gli abitanti di Pontassieve che, con la bandiera tricolore, vanno a votare per il plebiscito di annessione al futuro Regno d'Italia. Un prezioso documento artistico che racconta per immagini il momento culmine dell'Unità d'Italia a Pontassieve. Era il marzo del 1 860 ed in Toscana gli elettori erano chiamati a votare il plebiscito di annessione o meno al Regno di Sardegna, futuro Regno d'Italia. L'artista D. Duganz racconta al pubblico francese ed internazionale questo importante momento di storia italiana facendo una "istantanea" del gruppo di pontassievesi che si recano a Firenze per votare. L'incisione viene allegata all'uscita del 29 marzo 1 860 del periodico Universe Illustrè edito a Parigi. L'enfasi di questo gruppo di persone in marcia rivela l’atmosfera carica di aspettative, tensioni politiche ed ideali di un momento così importante della nostra storia, come fu l’anno che vide la maggior parte degli Stati preunitari e la Toscana fra questi, pronunciarsi a favore dell’annessione alla monarchia costituzionale sabauda per costituire il Regno d’Italia.

"Elections del la Toscane. Les habitants de Ponlasieve venant de voter a Florence" Incisione di D. Duganz pubblicata in prima pagina della rivista "L'Univers Illustrè", n.98, 29 marzo 1 860. Documento digitalizzato dalla Brown University di Providence, USA, nella raccolta "The Garibaldi Panorama: visualizing the Risorgimento"

L'originale della prima pagina della suddetta rivista è stata donata al Comune di Pontassieve dall'associazione Colori del Levante Fiorentino, che l'ha "scoperta" durante le ricerche relative alla mostra illustrata nel presente catalogo.


QUEL GIORNO DI 150 ANNI FA QUANDO LA TOSCANA SCELSE DI FARE L'ITALIA Fu una splendida giornata primaverile quell’1 1 marzo del 1 860. Ovunque, in Toscana, il sole accompagnò migliaia di cittadini a votare tra la monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele II od un generico regno separato. Il primo referendum della storia moderna, chiamato in seguito semplicemente plebiscito. Ancora oggi nelle facciate di molti palazzi comunali toscani si trova affissa la lapide-proclama che ne annunciava i risultati. A quello storico voto erano chiamati tutti i maschi adulti, a qualunque censo appartenessero, ricchi o poveri, contadini o aristocratici cittadini. La gestione del voto fu minuziosa, le disposizioni liberali. Venne assicurata la libertà di stampa e la propaganda ammessa per tutte le fazioni, clericali, bonapartisti, democratici, granduchisti, mazziniani. Nelle campagne risuonava lo slogan “chi non vota non pota”. Regista di quella giornata, che segnerà per sempre la perdita dell’autonomia della Toscana che giusto un anno avanti (27 aprile 1 859) aveva cacciato il Granduca Leopoldo II, fu il barone Bettino Ricasoli. [...] Tutto doveva svolgersi ordinatamente, dunque. E le cose andarono proprio così; i toscani avevano ritrovato l’antico senso civico e, di fronte alla storia, sapevano come comportarsi. Questa la cronaca della giornata, per voce dei corrispondenti locali, i prefetti: “Città in festa e imbandierata” (Livorno), “Grande, ordinato, dignitoso concorso alla votazione. Le mene di pochi tristi sventate e disprezzate anche dai più idioti” (Lucca), “Contadini salgono numerosi con bandiere salutati dai volterrani” (Volterra), “I popoli della campagna vengono distinti parrocchia per parrocchia, con bandiere spiegate, e alcuni con il parroco alla testa” (Barga in Garfagnana), [...[ “La città è imbandierata e in festa. Numerosi drappelli di campagnoli accorrono a rendere il loro suffragio e porzione alla loro testa con la bandiera nazionale. Anche alcuni sacerdoti e parrochi sono venuti a votare alla testa de’ loro popolani ed è notevole che il decrepito giubbolato parroco Ottaviano Garzi di Montecchio d’anni 89 ha voluto esser condotto in legno e si è fatto trasportare in poltrona per render esso pure il suo suffragio. Il quale atto è stato accolto dalla popolazione con applausi. L’ordine è perfetto” (Cortona), [...] “Hanno desiderato assistere alternativamente alla votazione un americano, un inglese e uno spagnolo. L’americano si è mostrato tanto soddisfatto che uscendo ha offerto un francescano per la soscrizione dei fucili ed ha soggiunto di render nota la di lui soddisfazione col mezzo di un giornale del suo paese” (Firenze) [...] Poi, il 1 5 marzo, la Corte di Cassazione convalida i risultati. A darne l’annuncio dal balcone di palazzo Vecchio il ministro Guardasigilli. “Toscani concorsi a dare il voto 386.445”, grida. Poi, preso dall’emozione per l’immensa folla in piazza della Signoria, si prende il tempo di inghiottire. “Voti per l’unione alla monarchia costituzionale 366.571 ; Voti per il regno separato 1 4.925; voti nulli 4.949”. L’effetto percepito dalla piazza lo raccontò mirabilmente sulle colonne de La Nazione, Carlo Lorenzini, alias Collodi: “All’apparire del ministro sulla terrazza, si fece istantaneamente un silenzio, intero, profondo, religioso, qual si conviene al compimento dei grandi riti. Giunta la lettura alla cifra dei votanti per l’unione scoppiò un grido di universale esultanza. La cifra dei 1 4 mila dissenzienti fu accompagnata da una risata prolungatissima e clamorosa, come le risate degli eroi di Omero”. “Finito di leggere il plebiscito, l’aria rintronò d’un concerto smisurato di grida festose, fra le quali spiccavano i viva all’Italia, al Re eletto, al Ricasoli.” “La festa si è prolungata fino a giorno” “Il delirio di giovedì notte resterà unico negli annali di tutte le feste nazionali passate, presenti e future del nostro bellissimo paese” Michele Taddei, tratto da La Nazione - 1 1 marzo 201 0 La lapide di Pontassieve


TRICOLORI

CATALOGO DELLA MOSTRA

Un bel ricordo del momento del taglio del nastro in Sala delle Eroine da parte di tre pittori del gruppo Oda, alla presenza dell'assessore Sarti e del critico d'arte dott. Stefano de Rosa. I festeggiamenti sono poi proseguiti con un concerto, su arie risorgimentali, del soprano Beatrice Bianchi, eccezionalmente accompagnata dal maestro Antonio Giovannini.


Beatrice Bianchi, soprano e Antonio Giovannini

Alcuni dei pittori che hanno partecipato alla mostra

Il gruppo dei fotografi Le immagini delle opere sono pubblicate secondo quanto reso disponibile dagli autori. Le citazioni sono state liberamente scelte dai curatori della mostra con il solo scopo di abbinare alle opere attuali brani che richiamassero l'atmosfera dell'epoca.


UNITI

1 2 tavolette 24x24, tempera acrilica

GRUPPO PITTORI ODA DIACCETO Quello che è oggi l’Italia è il frutto di un'opera collettiva realizzata con amore e con fatica da persone

diverse. Il gruppo di pittori, ospiti della struttura di riabilitazione Fondazione ODA di Diacceto, socio di Colori del Levante Fiorentino, ha voluto interpretare con un'opera collettiva la ricchezza rappresentata dalla nostra diversità. Educatrice: Belinda Quercetini. Pittori: Roberto Gini, Daniela Baroni, Massimo Goffredo, Letizia Picciau, Laura Pieraccini, Gianluca Giannella, Andrea Vignolini, Lucilla Cappellini, Antonio Genovieri, Roberta Checcacci, Antonella Chiosi, Isabella Bruno


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Parte III, Scena IV Le sponde dell’Eufrate Ebrei incatenati e costretti al lavoro.

Va, pensiero, sull'ali dorate;Va, ti posa sui clivi, sui colli, Ove olezzano tepide e molli L'aure dolci del suolo natal! Del Giordano le rive saluta Di Sionne le torri atterrate... Oh mia patria sì bella e perduta! O membranza sì cara e fatal! Giuseppe Verdi e Temistocle Solera

VIVA V.E.R.D.I

LA COLONNA SONORA DEL RISORGIMENTO acquerello 40x30

ROBERTA MELI La leggenda vuole che nell’Ottocento sui muri delle città da liberare si leggesse W V.E.R.D.I, abbreviazione di Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia In quel periodo il melodramma era senz'altro la musica che suscitava il maggiore interesse sia nelle persone semplici che negli intellettuali e negli aristocratici. La rappresentazione di un'opera era un evento di eccezionale importanza ed era capace di suscitare vero entusiasmo in un'epoca in cui le possibilità di intrattenimento non erano molte. Per questo molti guardavano al melodramma come a uno dei mezzi più efficaci per far conoscere le nuove idee di libertà, di indipendenza e di amor di patria. Le opere che Giuseppe Verdi scrisse tra il 1 842 e il 1 849 avevano tutte una forte componente patriottica e vennero tutte accolte dall'entusiasmo del pubblico. Le arie e i cori che parlavano ai cuori e alle coscienze, venivano bissati in teatro e cantati nelle piazze, andando in un certo senso a costituire la "colonna sonora" del Risorgimento. Da allora iniziò il mito di Giuseppe Verdi, mito che continua tuttora, perché, come disse il presidente Ciampi in occasione del centenario della morte di Verdi, "se l'Italia divenne una sola nazione lo si deve anche a lui e alla forza del suo linguaggio musicale". Un linguaggio musicale, quello dell’opera lirica, che ha esportato nel mondo l’italianità.


I PADRI NOBILI DEL RISORGIMENTO olio su tela 40x80

MARIANO PINZAUTI

"Vorrei sottolineare l'eccezionale levatura dei protagonisti del Risorgimento. Una formidabile galleria di ingegni e di personalità - quelle femminili fino a ieri non abbastanza studiate e ricordate - di uomini di pensiero e d'azione. A cominciare, s'intende, dai maggiori: si pensi al mito mondiale, senza eguali - che non era artificiosa leggenda - di Giuseppe Garibaldi, e le diverse, egualmente grandi eredità di Cavour, di Mazzini e di Cattaneo. Quei maggiori, lo sappiamo, tra loro dissentirono e si combatterono: ma ciascuno di essi sapeva quanto l'apporto degli altri concorresse al raggiungimento dell'obbiettivo considerato comune, anche se ciò non valse a cancellare contrasti di fondo e poi tenaci risentimenti." Giorgio Napolitano, Aula di Montecitorio, 1 7/03/2011

"...non li poteva fermare nessuno, ed erano persone mirabili. Mazzini, Cavour, Garibaldi: tutti e tre entrati in politica e usciti dalla politica più poveri di come c’erano entrati: ma hanno arricchito gli italiani, enormemente." Roberto Benigni, Sanremo 201 1


DIVERSI MA UNITI ceramica cm 30

SANDRA PELLI

NON E' RETORICA... "L'Unità d'Italia fu perseguita e conseguita attraverso la confluenza di diverse visioni, strategie e tattiche. Fu davvero una combinazione prodigiosa, che risultò vincente perché più forte delle tensioni anche aspre che l'attraversarono. ...Si indulge forse alla retorica rievocando questi e altri aspetti e momenti ...? Retorica sarebbe una rappresentazione acritica del processo unitario, che ne lasci in ombra contraddizioni e insufficienze per esaltarne solo la dimensione ideale e le prove di sacrificio ed eroismo; e ancor più lo sarebbe una rappresentazione acritica dei traguardi raggiunti 1 50 anni fa e da allora ad oggi... E' giusto ricordare i vizi d'origine e gli alti e bassi di quella costruzione, mettere a fuoco le incompiutezze dell'unificazione italiana e innanzitutto la più grave tra esse che resta quella del mancato superamento del divario tra Nord e Sud... E tanto meno è retorica il recuperare motivi di fierezza e di orgoglio nazionale : ne abbiamo bisogno, ci è necessaria questa più matura consapevolezza storica comune, anche per affrontare con l'indispensabile fiducia le sfide che attendono e già mettono alla prova il nostro paese, per tenere con dignità il nostro posto in un mondo che è cambiato e che cambia." Giorgio Napolitano per il 1 50° anniversario della “Partenza dei Mille".


IL BACIO A PONTASSIEVE olio su tavola 35x25

MAURO MANNELLI Il celeberrimo quadro di Hayez “il bacio” è considerato una delle opere più simboliche del

Risorgimento, tant’è che per i due anni precedenti ai festeggiamenti del 1 50°, in anticipazione degli stessi, è stata oggetto di esposizione itinerante in alcune città italiane. Oggi, grazie alla copia d’autore qui proposta, il viaggio continua a Pontassieve, nel palazzo comunale, rappresentato dallo stemma della famiglia Anforti che possedeva l’edificio in epoca precedente all’Unità d’Italia. L’opera “il bacio” fu presentata nel 1 859 all’esposizione di Brera, solo tre mesi dopo l’ingresso di Vittorio Emanuele II e Napoleone III a Milano. L’artista attraverso i colori dei vestiti dell’uomo (tricolore italiano) e della donna (azzurro della Francia) volle rappresentare l’alleanza tra i due paesi. Ne fece altre tre copie, in una delle quali, siamo nel 1 861 , il vestito della donna diventa bianco: l’Italia è ormai fatta e il quadro diventa completamente “italiano”. Un quadro romantico, carico di emotività e passione, come quella che animò gli anni risorgimentali.


EVVIVA

ceramica altezza 60 cm

PAOLO STACCIOLI "Abbiamo o non abbiamo da festeggiare? E' molto semplice. Per il nostro centocinquantesimo anniversario dell'Italia unita vale quello che vale per qualsiasi persona che compia cinquanta, sessanta, settanta anni: che le cose gli siano andate meglio o peggio, festeggia il meglio della propria vita, e noi festeggiamo il meglio della nostra storia. Abbiamo avuto momenti brutti, abbiamo commesso errori, abbiamo vissuto pagine drammatiche, ma abbiamo fatto tante cose grandi e importanti. Grazie all'unitĂ siamo diventati un paese moderno. Se fossimo rimasti come nel 1 860, divisi in otto Stati, senza libertĂ e sotto il dominio straniero, saremmo stati spazzati via dalla storia, non saremmo mai diventati un grande paese europeo. [...] Auguri a tutti gli italiani." Saluto del Presidente della Repubblica in occasione della "Notte Tricolore", 1 6/03/201 1


17 MARZO 2011 - IL 150° olio su tela 70x1 50

ANNALISA BATI

Dedicato a tutti gli uomini e le donne che hanno fatto e hanno fatto grande l’Italia. E a chi proseguirà nel cammino.

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Studio per 1 7 marzo 201 1 - Il 1 50°

"Io sono italiana[….] Perdonatemi, milord, ma mi sembra di ritrovare in voi quell’orgoglio nazionale che spesso è tipico dei vostri compatrioti. In questo Paese siamo più modesti; non siamo compiaciuti di noi stessi come i Francesi, e nemmeno fieri di noi come gli Inglesi. Ci accontentiamo di un po’ di indulgenza da parte degli stranieri, e poiché ci è negato da molto tempo di essere una nazione, abbiamo il grande torto di mancare spesso, come individui, della dignità che come popolo non ci è consentita. Ma quando conoscerete gli Italiani, vedrete che nel loro carattere conservano qualche traccia dell’antica grandezza. Tracce rare, cancellate, ma che potrebbero riapparire in tempi più felici." Madame de Stael, "Corinna o l’Italia" (1 807)


GARIBALDI tecnica mista su carta 70x50

MASSIMO CANTINI “Tutto il mondo ci guardava. Garibaldi era un vero mito: altro che Che Guevara, Bono, i Beatles o i Rolling Stones. Garibaldi era una cosa impressionante per tutti, era detto El diablo, era impressionante per la bellezza, l’ardore, il coraggio. Era l’eroe dei due mondi. (...). I più grandi scrittori dell’epoca, come il duca di Wellington, Charles Dickens o Alessandro Dumas padre - quello de I tre Moschettieri, quello che ha scritto Il Conte di Montecristo, e che seguiva Garibaldi col taccuino in tutto il mondo -, personaggi come Victor Hugo, George Sand..., si tassavano per questa cosa di bellezza unica che stava avvenendo in Italia, per questa grandezza immensa, eroica, epica, che stava prendendo forma. Dovunque c’era un’ingiustizia “chiamiamo Garibaldi!”, si diceva!” Roberto Benigni – Sanremo 201 1

Gli americani, diceva Indro Montanelli, su esili basi hanno costruito l' impero della leggenda del Far West e l' industria del western. Noi invece abbiamo avuto Garibaldi, e non ne abbiamo fatto nulla di lontanamente simile. "Garibaldi è meglio del Far West", Giuseppe Galasso, Corriere della Sera, 3 marzo 2008


ITALIA olio su tela 30x30

DANILO FUSI Il 201 1 non è il compleanno di una idea. Sono anni di storia, la storia di generazioni di italiani

che hanno vissuto qualcosa di comune, esperienze, sensazioni e sentimenti. Italiani che hanno conosciuto Il disincanto: il non essere riusciti a fare tutto ciò che ci si riprometteva di fare o di avere La tragedia: l’essere stati toccati dalla tragedia della guerra e da quelle della natura La commedia: l’essere riusciti a sorridere e a ridere del potere e di noi La vittoria: l’aver ottenuto il successo guadagnato dalla pena della guerra o dalla abilità o dal genio La diversità: l’aver cioè conosciuto le differenze che attraversano il paese e le sue pluralità così forti e armonizzate da un sentire comune e da un comune percorso La solidarietà: il fatto che quando ce n’è stato bisogno è arrivata una mano, offerta con generosità da gente che non si conosceva ma che sapeva condividere e curare

Da: Le unità degli italiani, video celebrativo della “Notte tricolore”


I MACCHIAIOLI, PITTORI RIVOLUZIONARI Olio su tela 50x70

PATRIZIA FABBRI

Quello dei Macchiaioli fu un movimento non solo di ricerca pittorica, ma anche di partecipazione attiva alle battaglie del Risorgimento. Intorno al 1 850 al Caffè Michelangiolo, a Firenze in via Larga (oggi via Cavour) - un caffè che oggi non esiste più - si tennero le prime riunioni dei Macchiaioli. Gli artisti che costituirono il primo nucleo storico dei macchiaioli furono i fiorentini Adriano Cecioni, e Raffaele Sernesi, il livornese Serafino De Tivoli, il pisano Odoardo Borrani, il pesarese Vito D'Ancona; a loro si aggiunsero il napoletano Giuseppe Abbati, il veronese Vincenzo Cabianca ed i fiorentini Telemaco Signorini e Diego Martelli. Dalla fine degli anni Cinquanta confluiscono nel movimento dei macchiaioli degli artisti che con le loro opere caratterizzano indelebilmente la corrente: Giovanni Fattori, Giovanni Nino Costa, Federico Zandomeneghi, Silvestro Lega, Giovanni Boldini, e altri minori. Diversi di loro, ad esempio, Signorini, Martelli, Abbati, Sernesi, parteciparono alle campagne garibaldine e ad altre battaglie per la indipendenza nazionale e chi non partì dette il suo contributo alla causa del Risorgimento col la propria opera artistica. Famosissimi sono i soggetti militari dei dipinti di Giovanni Fattori, ripresi poi da numerosi Macchiaioli.

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Diego Martelli Volontario nella terza guerra d'indipendenza 1 866 Archivio Dini Montecatini Terme


QUARTO STATO acquerello, 50x70

LUCIANO PISERI

Omaggio alla famosa opera “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo (1 901 ). Il quarto stato, il proletariato in sciopero, si affaccia sulla scena, in ideale marcia verso il “sole” del nuovo secolo. Quarto Stato è opera ottocentesca, erede di una cultura risorgimentale e verdiana per quel che riguarda l’enfasi della scena, inoltre è legata al realismo ottocentesco che spingeva numerosi pittori a centrare la loro attenzione sulla vita e sul lavoro del popolo; allo stesso tempo è opera già pienamente del Novecento perché illustra la questione politico-sociale che si è intensamente sviluppata nel corso del XX secolo


OMAGGIO ALL’ITALIA tecnica mista 30x20

GAETANO URZI

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Fratelli d'Italia L'Italia s'è desta, Dell'elmo di Scipio S'è cinta la testa. Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma, Ché schiava di Roma Iddio la creò. Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò. Noi siamo da secoli Calpesti, derisi, Perché non siam popolo, Perché siam divisi. Raccolgaci un'unica Bandiera, una speme: Di fonderci insieme Già l'ora suonò. Stringiamci ... Uniamoci, amiamoci, l'Unione, e l'amore Rivelano ai Popoli Le vie del Signore; Giuriamo far libero Il suolo natìo: Uniti per Dio Chi vincer ci può? Stringiamci ... Dall'Alpi a Sicilia Dovunque è Legnano, Ogn'uom di Ferruccio Ha il core, ha la mano, I bimbi d'Italia Si chiaman Balilla, Il suon d'ogni squilla I Vespri suonò. Stringiamci ... Son giunchi che piegano Le spade vendute: Già l'Aquila d'Austria Le penne ha perdute. Il sangue d'Italia, Il sangue Polacco, Bevé, col cosacco, Ma il cor le bruciò. Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò (1 847, Goffredo Mameli)


FIRENZE CAPITALE olio su tela 50x60

GRAZIANO MARSILI

Dal 1 865 al 1 870 Firenze divenne capitale d’Italia. Per l’occasione cominciò un processo di "rinnovamento" della città che portò alla realizzazione di molti nuovi edifici e infrastrutture. L’opera meglio riuscita fu forse l’arteria del viale dei Colli con la costruzione di Piazzale Michelangelo, ad opera dell’architetto Poggi, dal quale si gode la vista di Firenze ormai diventata famosa in tutto il mondo. Con la proclamazione di Firenze capitale, il movimento intellettuale e artistico, che già faceva di Firenze il centro spirituale della nuova Italia, s’intensificò. Le circostanze avevano favorito in città lo sviluppo dell’arte: i “macchiaioli” ne sono la manifestazione più ragguardevole. Si cercò di creare un nuovo modo di vita nazionale e unitario contro tutti i regionalismi e campanilismi, con gran vantaggio della lingua, di una lingua veramente nazionale: il Manzoni consigliò di assumere definitivamente il fiorentino come modello della lingua italiana e subito l’editoria fiorentina, Le Monnier in testa, si dette a pubblicare un nugolo di vocabolari. La città, che già nel 1 861 aveva ospitato la prima Esposizione Nazionale, vedrà nel maggio del 1 865 le grandi e commoventi feste per il seicentenario della nascita di Dante Alighieri, personaggio che era divenuto uno dei simboli dell’ideale dell’Unità d’Italia. Fra le varie ricorrenze e manifestazioni che si succedevano ce ne fu una curiosa: il volo nel cielo di Firenze della mongolfiera dei coniugi francesi Goddard. Il biglietto d’invito fu concepito come promemoria destinato ai posteri: “Souvenir de voyage aérien, du 27 juin 1 869, avec le ballon”. Partecipò lo stesso re Vittorio Emanuele che “inseguì” in carrozza il pallone fino a Bagno a Ripoli (arrivando prima) per salutare gli “astronauti”. I fiorentini presero con il solito disincanto, che li caratterizza, il fatto che Firenze fosse diventata Capitale: ne è testimonianza un simpatico epigramma, che circolava all’epoca, sullo spostamento della capitale da Torino a Firenze e poi a Roma. Le tre capitali Torino piange quando il Prence* parte, e Roma esulta quando il Prence arriva. Firenze, culla della poesia e dell’arte, se ne infischia quando arriva e quando parte. *Prence = il “principe” Vittorio Emanuele II


BELLA ITALIA tecnica mista su tavola 1 30x60

MAURO BARONCINI

Prima dell’unificazione ... “l’Italia era un corpo dilaniato, posseduto, violentato, stuprato, saccheggiato. Il corpo più bello del mondo. Se voi andate in tutti i musei del mondo, compreso il Louvre, ci sono chilometri di opere d’arte italiane! Per carità, va bene, appartengono all’umanità: non son mica perse! Eppure è una gioia entrare in questi posti, e camminare, e dire “Ma io appartengo a questa grandezza. Io sono uno che viene da lì!” Non si può descrivere cosa succede dentro: è una cosa enorme. E qui si è inventata la musica, l’architettura, la pittura...” Roberto Benigni – Sanremo 201 1


RISCIACQUARE I PANNI IN ARNO olio su tela 50x70

ROBERTO SMORTI

La lingua italiana è stata il cantiere dove l’Italia ha costruito la sua identità. Immediatamente dopo l'unificazione dell'Italia, la lingua "italiana" era in effetti appannaggio di una ristretta élite, la restate popolazione, in maggioranza analfabeta, continuava ad utilizzare i dialetti. L’Italia aveva da secoli la lingua dei grandi poeti, da Dante in poi, ma non essendo nazione non aveva avuto la scuola per insegnarla, anche se la maggioranza la comprendevano. Quello della divisione linguistica fu un problema molto sentito. Alessandro Manzoni dedicò molta parte del suo lavoro all’obiettivo di unificazione della lingua. Egli fu determinante nella decisione di adottare il fiorentino come lingua comune della nuova patria. Le sue ricerche linguistiche sono riassunte nel celebre proposito di «risciacquare i panni in Arno». L’unificazione linguistica vera e propria avverrà solo più tardi e sarà facilitata dall’istituzione dell’obbligo scolastico, dalle migrazioni interne, da letture popolari di successo come Pinocchio, dalle guerre di trincea che vedranno gli uni vicino agli altri soldati provenienti da diverse regioni. Ma a fare la differenza furono senz'altro la stampa e i mezzi di comunicazione di massa: prima la radio nel 1 926 e poi la televisione nel 1 953, riuscirono letteralmente a irrompere negli nelle case degli italiani, accelerando il processo di italianizzazione cominciato all'indomani dell'unificazione.


BUROCRATIA 2011 scultura cm 40

SIMONE SCOPETANI

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AUGURI ITALIA olio su tela 40x50

FABRIZIO SECCI

“Ne abbiamo passate tante, passeremo anche quelle che abbiamo di fronte in un mondo forse più difficile. L'importante però è che anche se ognuno ha i suoi problemi, i suoi interessi e le sue idee, e discutiamo e battagliamo, ognuno ricordi sempre che è parte di qualcosa di più grande che è la nostra nazione, la nostra patria, la nostra Italia. E se saremo uniti sapremo vincere tutte le difficoltà che ci attendono.” Il Presidente della Repubblica Italiana alla notte Tricolore 201 1

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LA BANDIERA UNITA olio su tela 40x30

L'ADDIO DEL VOLONTARIO TOSCANO, 1 848 Addio, mia bella, addio: l'armata se ne va; se non partissi anch'io sarebbe una viltà! Non pianger, mio tesoro: forse ritornerò; ma se in battaglia io moro in ciel ti rivedrò. La spada, le pistole, lo schioppo li ho con me: all'apparir del sole mi partirò da te! Il sacco preparato sull'òmero mi sta; son uomo e son soldato: viva la libertà! Non è fraterna guerra la guerra ch'io farò; dall'italiana terra lo straniero caccerò. L'antica tirannia grava l'Italia ancor: io vado in Lombardia incontro all'oppressor. Saran tremende l'ire, grande il morir sarà! Si muora: è un bel morire morir per la libertà Tra quanti moriranno forse ancor io morrò: non ti pigliare affanno, da vile non cadrò. Se più del tuo diletto tu non udrai parlar, perito di moschetto per lui non sospirar. Io non ti lascio sola, ti resta un figlio ancor: nel figlio ti consola, nel figlio dell'amor!' Squilla la tromba...Addio... L'armata se ne va... Un bacio al figlio mio! Viva la libertà!

LILIANA PESCIOLI

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IL SECONDO RISORGIMENTO

riproduzione a stampa di un pannello di grandi dimensioni collocato nel Comune di Rignano sull'Arno

OSVALDO CURANDAI

“In quanto rinascita morale nella lotta per la libertà, la Resistenza si collegò davvero, per ragioni profonde, al Risorgimento. Ciò che rinacque nel Risorgimento non fu una nazione italiana o uno stato italiano. Né l'una né l'altro erano mai esistiti prima. Rinacque negli Italiani l'amore della libertà che secoli di dominio straniero avevano ucciso. Rinacque il bisogno morale di vivere liberi; rinacque l'amore della patria nel suo significato più vero. Lo stesso avvenne nella Resistenza.” Maurizio Viroli

CHI PER LA PATRIA MUOR Aspra del militar benchè la vita, al lampo dell'acciar gioia l'invita. Chi per la patria muor vissuto è assai; la fronda dell'allor non muore mai. Piuttosto che languir per lunghi affanni, è meglio di morir sul fior degli anni. Chi muore e dar non sa di gloria un segno alle future età, di fama è indegno.

(Coro dall’opera "Caritea regina di Spagna" di Saverio Mercadante. La "prima" si tenne a Venezia nel 1 826 ed ebbe repliche in tutta Italia. Il coro "Chi per la patria muor" divenne immediatamente celebre e passò al mito per essere stato intonato dai fratelli Bandiera e dai loro compagni prima dell’esecuzione nel 1 844)


IL TRICOLORE A CASA NOSTRA olio su tela 60x1 20

ROBERTO FUSINI

"Adoperiamoci perchè in ogni famiglia, in ogni casa, ci sia un tricolore a testimoniare i sentimenti che ci uniscono fin dai giorni del glorioso Risorgimento. Il tricolore non è una semplice insegna di Stato, è un vessillo di libertà conquistata da un popolo che si riconosce unito, che trova la sua identità nei principi di fratellanza, di eguaglianza, di giustizia. Nei valori della propria storia e civiltà" 4 novembre 2001 , Carlo Azeglio Ciampi

« Su i limiti schiusi, su i troni distrutti piantiamo i comuni tre nostri color! Il verde la speme tant'anni pasciuta, il rosso la gioia d'averla compiuta, il bianco la fede fraterna d'amor. » (Giovanni Berchet, All'armi all'armi!, 1 831 ) « Il bianco l'é la fé che ci incatena il rosso l'allegria dei nostri cuori ci metterò una foglia di verbena ch'io stesso alimentai di freschi umori. » (Francesco Dall'Ongaro, Il Brigidino - In onore al tricolore italiano, 1 847) « Se una rosa vermiglio o un gelsomino a una foglia d'allor metti vicino i tre colori avrai più cari e belli a noi che in quei ci conosciam fratelli i tre colori avrai che fremer fanno chi ancor s'ostina ad essere tiranno. » (Domenico Carbone, Sono Italiano, 1 848)

« Noi pure l'abbiamo la nostra bandiera non più come un giorno sì gialla, sì nera; sul candido lino del nostro stendardo ondeggia una verde ghirlanda d'allor: de' nostri tiranni nel sangue codardo è tinta la zona del terzo color. » (Arnaldo Fusinato, Il Canto degli Insorti, aprile 1 848)

« I tre colori della tua bandiera non son tre regni ma l'Italia intera: il bianco l'Alpi, il rosso i due vulcani, il verde l'erba dei lombardi piani. » (Francesco Dall'Ongaro, Garibaldi in Sicilia, maggio 1 860)


ARTICOLO 12

A PONTASSIEVE ADRIANO BOLOGNESI olio su due pannelli sovrapposti 50x70

"La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.”

Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 1 2. (1 947)

« così dentro una nuvola di fiori che da le mani angeliche saliva e ricadeva in giù dentro e di fori, ... sovra candido vel cinta d’uliva donna m’apparve, sotto verde manto vestita di color di fiamma viva. » (Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio. 1 304-1 321 ) « Il bianco mostra ch'ella è santa e pura il rosso che col sangue è a pugnar presta e quell'altro color che vi si innesta che mai mancò la speme alla sventura. » (Giovan Battista Niccolini)

LA BANDIERA TRICOLORE E la bandiera di tre colori sempre è stata la più bella: noi vogliamo sempre quella, noi vogliam la libertà! [...] Tutti uniti in un sol patto, stretti intorno alla bandiera, griderem mattina e sera: viva, viva i tre color! (1 848)


MILLE

olio su tela 40x70

PATRIZIA FABBRI

In una penisola in cui circolavano denari differenti, anche l'unificazione monetaria, rappresentata dalla Lira, andò a creare quell'integrazione che diventò base e punto di partenza dello sviluppo. Simbolo italiano per molto tempo, la Lira ha smesso di essere la valuta della nostra nazione all'indomani dell'introduzione dell'Euro. La banconota da 1 000 lire (0,51 65 euro) è stata uno dei tagli di cartamoneta che hanno più circolato. Tra le varie raffigurazioni si ricorda moldo quella con sopra il volto di Giuseppe Verdi. L'ultima serie, emessa dal 1 990 fino all'euro porta il volto di Maria Montessori, la pedagogista conosciuta nel mondo, e sul retro un particolare del quadro "bambini allo studio". Il quadro ci ricorda che il tema dell'educazione è cruciale dopo l'unificazione. Nel 1 861 , l'Italia contava una media del 78% di analfabeti con punte massime del 90% nel Sud. L'obbligo scolastico viene istituito in quel periodo.

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TRICOLORE FLOYD ceramica 50 cm

STEFANO GIUSTI

LO STIVALE [Giuseppe Giusti, 1 836] Io non son della solita vacchetta, né sono uno stival da contadino; e se pajo tagliato coll'accetta, chi lavorò non era un ciabattino: mi fece a doppie suola e alla scudiera, e per servir da bosco e da riviera. Dalla coscia giù giù sino al tallone sempre all'umido sto senza marcire; son buono a caccia e per menar di sprone, e molti ciuchi ve lo posson dire: tacconato di solida impuntura, ho l'orlo in cima, e in mezzo la costura.

ma l'infilarmi poi non è sì facile, né portar mi potrebbe ogni arfasatto; anzi affatico e stroppio un piede gracile, e alla gamba dei più son disadatto; portarmi molto non potè nessuno, m'hanno sempre portato a un po' per uno. [...] E poi vedete un po': qua son turchino, là rosso e bianco, e quassù giallo e nero; insomma a toppe come un arlecchino; se volete rimettermi davvero, fatemi, con prudenza e con amore, tutto d'un pezzo e tutto d'un colore. [...]


LE RICAMATRICI A PONTASSIEVE olio su pannello 25x35

MAURO MANNELLI

Quando parliamo di Risorgimento pensiamo a Mazzini, Cavour, Garibaldi…i padri della patria... E le madri? In una società come quella ottocentesca in cui la donna era soprattutto moglie e madre, siamo portati a credere che le donne non abbiano avuto un ruolo attivo nel Risorgimento. Invece non fu cosi perché furono tante a dare il loro contributo con idee e azioni. Numerosi sono i pittori che le hanno rappresentate al lavoro per la causa ma “nascoste” nel buio delle loro case. Ma solo nel 1 946 il suffragio viene esteso alle donne italiane, e per la prima volta sarà consentito loro di votare ed esprimere le proprie scelte dopo battaglie dolorose e svilenti durate decenni

Virginia, Rosalia, Maria Antonietta, Matilde, Anita, Cristina... e tante altre


ROSE GARIBALDINE acrilico su tela 50x40

MIRIAM GRAGNOLI

CAMICIA ROSSA, 1 860 Quando all'appello di Garibaldi tutti i suoi figli suoi figli baldi daranno uniti fuoco alla mina camicia rossa garibaldina daranno uniti fuoco alla mina camicia rossa garibaldina. E tu ti svegliasti col sol d'aprile e dimostravi che non sei vile per questo appunto mi sei più cara camicia rossa camicia rara e poi per questo appunto mi sei più cara camicia rossa camicia rara. E porti l'impronta di mia ferita sei tutta lacera tutta scucita per questo appunto mi sei più cara camicia rossa camicia rara per questo appunto mi sei più cara camicia rossa camicia rara. Fin dall'istante che ti indossai le braccia d'oro ti ricamai quando a Milazzo passai sergente camicia rossa camicia ardente quando a Milazzo passai sergente camicia rossa camicia ardente. Odi la gloria dell'ardimento il tuo colore mette spavento Venezia e Roma poi nella fossa cadremo assieme camicia rossa Venezia e Roma poi nella fossa cadremo assieme camicia rossa.

Il rosso delle rose ricorda i protagonisti della nascita del Regno d'Italia: il rosso del sangue versato dai numerosi eroi, molti dei quali morti giovanissimi e allo stesso tempo il rosso delle famose "camicie rosse". E' noto che la camicia o giubba rossa era il segno distintivo scelto da Giuseppe Garibaldi e dai suoi volontari fin dal 1 843, quando il patriota radunò a Montevideo oltre 500 italiani per difendere la Repubblica uruguayana dal dittatore argentino che voleva conquistarla. Garibaldi, potendo contare su pochi finanziamenti per la sua impresa, trovò del panno di lana rosso, in genere usato per i camici dei macellai, per rivestire le sue truppe. Tornato in Italia dopo le battaglie del sudamerica, Garibaldi continuò a far usare quella divisa un po' per scaramanzia e un po' perchè riteneva che incutesse timore ai nemici. Un timore infuso sia dal colore inconsueto e aggressivo, sia per la fama che esse già avevano a livello internazionale.


PICCOLI PATRIOTI olio su tela 70x1 20

ALESSANDRO AQUIA

Un connubio tra la bandiera e dei bambini, liberi di crescere in serenità. Quella serenità che forse non hanno avuto piccoli italiani di altri tempi, come quelli raffigurati da Gioacchino Toma nel quadro “Piccoli Patrioti” (1 862), coinvolti emotivamente, e non solo, nelle guerre, o come i piccoli eroi raccontati dagli scrittori quali la “piccola vedetta lombarda” del libro Cuore di De Amicis.

Il tricolore italiano nasce a Reggio Emilia il 7 gennaio 1 797, quando il Parlamento della Repubblica Cispadana decreta "che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di Tre Colori Verde, Bianco, e Rosso". Un modello di bandiera chiaramente ispirato a quello francese del 1 790.

G. Toma –Piccoli patrioti -1 862


PORTA PIA pannello 50 cm

ANNA LUISA ROMA La presa di Roma (20 settembre 1 870), nota anche come Breccia di Porta Pia, fu l'episodio del

Risorgimento che sancì l'annessione di Roma al Regno d'Italia, decretando la fine dello Stato Pontificio e del potere temporale dei Papi. L'anno successivo la capitale d'Italia fu trasferita da Firenze a Roma. « La nostra stella, o Signori, ve lo dichiaro apertamente, è di fare che la città eterna, sulla quale 25 secoli hanno accumulato ogni genere di gloria, diventi la splendida capitale del Regno italico. » (Camillo Benso, conte di Cavour, discorso al Parlamento, 1 1 ottobre 1 860)

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FOTOGRAFI DEL LEVANTE FIORENTINO Alcune delle 70 foto presentate alla mostra www.Fotografi del Levante Fiorentino.it

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ARTE E RISORGIMENTO Alcune citazioni dal convegno del 1 5 settembre 201 1 "La pittura del Risorgimento in Toscana. I Macchiaioli" Sala del Consiglio. Palazzo Comunale di Pontassieve

Relatori Sergio Casprini, Comitato Fiorentino per il Risorgimento “Le vicende risorgimentali e gli artisti. I pittori soldato” Daniela Fontanazza, storica dell'arte “Firenze capitale. Il risanamento” Pierfrancesco Listri, giornalista e scrittore “ I Macchiaioli e la pittura dell’Ottocento” Beatrice Fabbri, storica “Le Muse del Risorgimento: le donne tra finzione letteraria e realtà storica” Rodolfo Tommasi, scrittore, musicologo e regista ”Visualità e parole nel romanticismo risorgimentale”

Come ricordo del convegno, si riportano alcune citazioni dei relatori, che l'associazione Colori del Levante Fiorentino nuovamente ringrazia per la loro qualificata e appassionata partecipazione. Le citazioni sono state scelte tra quelle che hanno più colpito gli organizzatori, senza alcuna pretesa di completezza rispetto alla numerosità e all'approfondimento degli argomenti trattati.


I PITTORI SOLDATO "Nei momenti storici importanti di rivoluzioni, di cambiamenti, l'artista è un sismografo di quello che accade intorno a lui, registra e in qualche modo partecipa." "Nel Risorgimento i Macchiaioli, e non solo, parteciparono anche come combattenti, volontari, la maggior parte democratici, garibaldini." "Gli artisti nell'ottocento erano divisi tra scuole pittoriche, ed erano in polemica tra loro. Una polemica famosa fu quella tra Stefano Ussi, pittore accademico, e di fronte a questi giovani macchiaioli che volevano fare cose diverse e dicevano “bisogna bucare il fogliame con la luce, bisogna far vedere la luce che crea chiaroscuri e contrasti” e Ussi, alla fiorentina, diceva “ma bucati la testa bischero”... Divisi da polemiche artistiche ma uniti per andare a morire per l'amore di patria." C'è una frase di Diego Martelli del 1 867, che fa capire la visione e l'atteggiamento nei confronti della pittura. "Si doveva dunque combattere e combattendo ferire, era quindi necessaria un'arma e una bandiera, e fu trovata la macchia in opposizione alla forma, che vestiva il primo ortolano di Scandicci con l'elmo di Ferruccio, e fu detto che la forma non esisteva e, siccome alla luce tutto risulta per colori e per chiaroscuro, così volle solamente per macchie ossia per colori e per toni ottenere gli effetti del vero"… parla della pittura in termini avanguardistici, militanti. I quadri dei Macchiaoli si ispirano generalmente a scene di vita quotidiana, non a scene eroiche... Fattori fa questa specie di equazione, come vede i contadini vede i soldati, e fotografa questi momenti di vita alienante, vita quotidiana. Anche Signorini inquadra in maniera antieroica le scene... nessun momento culminante della battaglia, nessun atto eroico. ...I quadri fatti dopo l'unificazione hanno un tono più celebrativo, più retorico. In opere come quella del fiorentino Ademollo della battaglia di San Martino si celebra il momento cruciale, con il tricolore "sbrindellato" in primo piano. Una battaglia, ricordiamo, con tantissimi morti, una carneficina di oltre 40 mila morti. Il giorno dopo un commerciante ginevrino, di fronte allo scempio di questa battaglia decise di fondare la Croce Rossa. Prof. Sergio Casprini, Comitato Fiorentino per il Risorgimento. Il Comitato fiorentino per il Risorgimento è stato costituito all’inizio del triennio per le Celebrazioni del 1 50° anniversario dell’Unità d’Italia (1 8591 861 ). Il Comitato aderisce al “Coordinamento toscano per la promozione dei Valori Risorgimentali”. Lo scopo è quello di divulgare la conoscenza del nostro Risorgimento a Firenze e provincia, attraverso conferenze, dibattiti, visite guidate, concerti, rivolti all’attenzione della cittadinanza tutta. www.risorgimentofirenze.it


I MACCHIAOLI “Credo ci siano poche parole così usurate come il termine Macchiaioli. …fanno parte, pericolosamente, di quel grande “trovarobato” che noi toscani amiamo tanto. La valigia delle meraviglie dalla quale tiriamo fuori i cipressi toscani, gli ulivi toscani, le colline toscane, ed anche i Macchiaioli.” “I Macchiaioli hanno compiuto una rivoluzione, un ribaltamento radicale. Non furono subito capiti, nemmeno in tempi recenti.” “Furono accusati di essere provinciali, di essere i cugini poveri dei grandi impressionisti francesi, anche forzando le date e dicendo che venivano dopo, mentre non è vero.” “Non nascono dal nulla. Si innestano nel movimento del realismo europeo che sta sorgendo.” “Ogni rivoluzione è figlia di un'idea e di un atto, audace: i pittori improvvisamente escono fuori e vanno a dipingere en plei air” “E andando fuori si vede la realtà com'è. La pittura aveva finora cercato il bello. Loro cercano il vero, sottintendendo che solo il vero è veramente bello” “ Ciò è del tutto nuovo? No in Francia quasi coevi ci sono gli impressionisti che escono dai loro studi e fanno della luce il primo protagonista delle cose e anche loro si rivolgono al vero” “Gli impressionisti sono più celebrati perché più numerosi e più fortunatamente felici e perfetti. Ma qui c'è stata comunque quella rivoluzione” “Tutto si tiene. La nostra scuola è malfatta perché divide, per ragioni didattiche, certo, la cultura in varie materie. Ma come capireste Guernica di Picasso se non sapeste che nello stesso tempo nei laboratori della fisica si è rotto l'atomo?... E anche nella pittura macchiaiola tutto si tiene. Ricordiamo che è il momento in cui è nata la fotografia. ...prima a Parigi e subito dopo a Firenze con gli Alinari dal 1 853. Alla prima si azzuffa con la pittura. I pittori pensarono che non ci fosse più spazio per loro. Il pittore fa una copia, il fotografo 1 00 copie, con la differenza che il fotografo non aveva i colori. Ma poi si legano.” “Escono dagli studi, scoprono il vero e il vero era la borghesia nascente, con il nuovo nascente capitalismo. E dove è più magnificamente rappresentata se non nei quadri di Lega? E poi la verità è che l'Italia resta purtroppo un paese di contadini. E allora il grande Fattori dipinge i buoi, dipinge i campi, dipinge i contadini, dipinge il libeccio in maremma, dipinge la verità.” “Noi siamo legati ai Macchiaioli perché hanno fatto l'Italia. L'hanno fatta con Manzoni che ha creato la lingua, con Verdi che ha creato il melodramma e anche, se volete, con Collodi che ha creato il primo personaggio libertario ancorché non di carne ma di legno. E perfino con l'Artusi che ha legato le cucine regionali in una cucina nazionale.”

Pinocchio (studio) A.Bati

Alcuni libri di Pierfrancesco Listri Grande dizionario storico dell’Unità d’Italia (Bonechi, 201 1 ) Come eravamo. Cronache, fatti e personaggi di Firenze e della Toscana ottocentesche Il Dizionario dei Macchiaioli. Tutta la pittura toscana dell'Ottocento dalla A alla Z


LE MUSE DEL RISORGIMENTO "... le donne... eterne comprimarie, votate al ruolo di eleganti muse aristocratiche, di madri eroiche

pronte ad immolare i propri figli alla Patria, di seducenti arpie pronte a tessere trame, salvo poi essere destinate alla gogna perchè venute meno alla rispettabilità, alle convenienze sociali." "... vediamo stasera una rassegna di ritratti femminili che, in parte confermano e in parte mettono in discussione e/o addirittura sconfessano l’idea che l’immagine femminile del tempo, sia statica e impermeabile al cambiamento. Tutt’altro, in un arco cronologico relativamente breve si assiste a rivoluzionari mutamenti negli atteggiamenti femminili, nelle modalità di relazionarsi in società, di rendersi visibili nella sfera pubblica" "... un personaggio di finzione, la Lucia Mondella. Manzoni è riuscito a cogliere ed interpretare la realtà femminile degli antichi stati italiani. La donna aggraziata e poco istruita, pia, sottomessa e scaltra non può dirsi protagonista nella storia, ma può solo attendere e subire gli eventi. Un altro spunto di riflessione al silenzio femminile sino agli eventi risorgimentali è rappresentato dalla iconografia di Hayez. Sia nella Meditazione (1 850) che nel nel Bacio (1 859), la donna è utilizzata come allegoria di decadenza o di esaltazione stilnovista. Si tratta di un continuo, ripetitivo contraltare tra donna-angelo e donnademone. E la novità storica, è nell’uso del corpo femminile in gioco di propaganda patriottica machiavellico quanto svilente. "La galleria di ritratti scelti si caratterizza per la cifra di anticonformismo, per stile, bagaglio intellettuale, pragmatismo operativo... La prima coppia è quella di Cristina di Belgioioso e quello di Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione accomunate dal privilegio della bellezza nella causa patriottica. L’una, Cristina ha finanziato economicamente le azioni incendiarie dei carbonari, andando e tornando rocambolescamente dalla Francia. Salvo poi, concludere la sua parabola ad Istambul, mantenendo fede al suo profilo di donna libera. L’altra, la Contessa di Castiglione, è stata la pedina nelle mani di Cavour che ha sedotto Napoleone III e il banchiere Rotschild per due anni (1 856-1 857) al fine di velocizzare sostegno francese al processo di unificazione..." "La seconda coppia, Anita Garibaldi e Rose Montmasson Crispi hanno esercitato per prime una certa virilità patriottica accomunate dalla fedeltà a Garibaldi e entrambe dall'essere straniere. Anita da brasiliana è diventata la prima martire laica “italiana”, ...lasciando in eredità ai posteri un’iconografia di indubbio fascino. Rose Montmasson, savoiarda, ex-lavandaia, poi compagna di Crispi, si è distinta per aver partecipato unica donna, alla spedizione dei Mille, aver collaborato come infermiera e ad azioni militari." "...all’indomani dell’unità, due donne, la Marchesa Colombi e Matilde Serao, l’una piemontese, l’altra napoletana, si affermano come le prime giornaliste nel panorama italiano, facendo della scelta di una professione, il proprio dirsi donne autonome e indipendenti. E non è un caso che la Marchesa Colombi sia stata la prima giornalista del Corriere della Sera (1 876) e l’autrice di un mirabile manuale di bon ton dedicato alle donne di ogni stato sociale, convenendo che è dato scegliere e declinarsi come donne in piena libertà, pur mantenendo tono ed eleganza di modi. Matilde Serao ha inaugurato invece il giornalismo di inchiesta e di reportage, fondando il Mattino insieme al marito, pur riconoscendo i suoi limiti per aver compiuto studi disordinati e incompleti..." "... non solo muse o oggetti di desiderio ... All’ indomani del processo unitario, due Macchiaioli, Telemaco Signorini e Silvestro Lega hanno con delicatezza catturato la condizione femminile tra esclusione e ritorno alla domesticità. Il Signorini nelle Agitate di San Bonifacio varca la soglia di una realtà femminile non ancora del tutto risolta, anzi rimossa dalla sfera pubblica. Lega, invece, nell’Educazione al lavoro (1 868) ha rivelato e suggerito come, dopo il furore patriottico, alle donne della nascente borghesia fosse consigliato di riprendere in mano il proprio ruolo di madri operose." "...è grazie alla inventiva di De Amicis, lo scrittore dei buoni sentimenti, che sembra preannunciarsi una nuova modalità per le donne ... Amore e Ginnastica, 1 892, ha come protagonista una maestra di ginnastica, un’amazzone, energica quanto sensuale, si fa promotrice di indipendenza.... parafrasando le parole del Rigoletto, le donne non saranno più “piume al vento e mute di accento e pensiero”, sebbene la conquista dal voto sarà raggiunta solo nel 1 946" Prof.ssa Beatrice Fabbri


FIRENZE CAPITALE. IL RISANAMENTO "Firenze fu già capitale in qualche mod, capitale della cultura,

ancora prima di diventare seconda capitale ufficiale del Regno d'Italia (1 865-1 870). I Macchiaoli nascono ad esempio qui tra il 1 850 e 1 860, sono pittori fiorentini ma anche pittori che vengono da altre parti d'Italia, attirati dal fermento culturale della città che coinvolge tutte le arti. I Macchiaioli sono stati importanti per la documentazione di Firenze com'era, testimonaindo qual'era al vita cittadina prima delle distruzioni!" "1 864, Il Consiglio Comunale incarica una commissione straordinaria per occuparsi dell’ampliamento della città in vista del nuovo trasferimento di capitale. La settimana successiva l'architetto Giuseppe Poggi (una scelta ...molto discussa) riceve l’incarico d’ingrandimento della città: “creduto che il desiderato ingrandimento porti alla demolizione delle attuali mura urbane, ed alla formazione di un pubblico grandioso passeggio secondante le tracce medesime”, e che “il piano viabile del nuovo stradone e dei laterali passeggi, oltre ad offrire modo di piacevole diporto e di agevole accesso ai caseggiati da cui desiderarsi fiancheggiato per opera dell’industria privata , dovrà servire anco di congrua difesa dalle inondazioni, e di col legazione fra le vie della vecchia città e quelle che dovranno aprirsi o modificarsi negli attuali suburbi”. Tempi brevissimi per i lavori che furono eseguiti in 1 2 anni (1 8641 877) e poca possibilità di scelta nel progetto (2 mesi per la redazione)." Dott.ssa Daniela Fontanazza

I nuovi mercati

Un ingegnere comunale a Telemaco Signorini che stava pitturando e piangendo davanti ai "lavori" nel centro storico: "Piangi sulle porcherie che vanno giù?", "No piango sulle porcherie che vengono su", rispose il pittore.

Distruzione delle mura e creazione dei viali di circonvallazione

Viale dei Colli e Piazzale Michelangelo

A sin. Distruzione del Mercato Vecchio e realizzazione di Piazza della Repubblica (ex. Piazza Vittorio Emanuele II)


VISUALITA' E PAROLE NEL ROMANTICISMO RISORGIMENTALE "Il romanticismo è una cosa spaventosamente complessa. Non appartiene che in minima parte alla cultura italiana e latina e anche per quanto riguarda la mitteleuropa, in particolare la Germania, bisogna distinguere. E’ una cosa molto particolare. O si usa col contagocce o ci si trova a dovere ritenere atto romantico anche mandarsi un messaggino SMS, che è la negazione del romanticismo." "Il romanticismo risorgimentale è un reinvenzione funzionale del romanticismo… cercare di forzare il più possibile la parola stessa riscoprendola, facendo in modo che fosse usata come provocazione... Parola come arma, parola che spara... La riscoperta della parola c’è alla base anche di quel repertorio poetico che tocca la corda lirico sentimentale." "…il discorso del contatto con la realtà europea è sempre una cosa abbastanza particolare… Ad esempio tra il '65 e '75 i Macchiaioli furono in qualche modo iniziati proprio dai pittori francesi non tanto alla pittura francese quanto alla letteratura francese. Ebbero il contatto con il naturalismo che venne subito assimilato al contatto con il verismo. Che sono due cose diverse. Il verismo, spiego sempre ai miei ragazzi in classe, fa vedere le cose nude e crude, il naturalismo fa vedere le cose nude e ...cotte! Semplicemente perché porta verso una forma di elaborazione psicologica. Il verismo qualche volta sì ma non necessariamente. Anche questa assimilazione tra naturalismo e verismo ha messo le cose in modo da dare una forma abbastanza nuova, provvisoria, imperfetta ma di forte intensità e proposizione..." "Se volessimo chiederci quando è finito il tono risorgimentale, il repertorio letterario risorgimentale, la vanagloria risorgimentale, la retorica risorgimentale, la pletora risorgimentale… io posso suggerire un fatto, contestabile forse, il 1 893 quando va in scena al Regio di Torino la prima di Manon Lescaut, la prima opera assolutamente moderna già in qualche modo sulla soglia del gabinetto del dottor Freud. Ma a due giorni di distanza alla Scala va in scena Falstaff, ultima opera di Verdi, musicista simbolo dell’Italia rivoluzionaria, dell’Italia risorgimentale, dell’unità d’Italia. Però Verdi, con la sua triade di valori alla quale non era mai venuto meno, patria famiglia e onore, scrive Falstaff che è opera proiettata in pieno novecento. Un’opera in cui la definizione del protagonista viene data da “L'Onore? Ladri!” Può l’onore riempirvi la pancia? No. Può rimettervi uno stinco? No. Lo può sentire chi è morto? No.. allora cos’è l’onore? E’ aria, è nulla, non esiste. Verdi arriva a questo e scrive una delle sue più grandi opere. Nel 1 893 nel momento in cui si incontrano in città diverse ma vicine la prima opera del musicista più rivoluzionario della storia della musica italiana, che è Puccini e l’ultima del musicista storico, si può intravedere, da questo punto di vista, la frontiera finale del Risorgimento." Rodolfo Tommasi, figlio d’arte (è diretto discendente dei celebri pittori macchiaioli Adolfo, Angiolo e Ludovico), scrittore, musicologo e regista nell’ambito del melodramma e dell’opera moderna e contemporanea, anche attivo nel settore dell’espressione visuale. Le sue ricerche riguardano la letteratura, la musica e la loro interrelazione. Ha esordito nel 1 964 nella celebre rivista “Il Ponte” e, da allora, lavora come giornalista culturale, specializzato in letteratura, musica, arti visive e teatro, per quotidiani e periodici di settore. Dal 1 970 al 1 997, ha fatto parte della redazione del Giornale Radio Rai GR3. È stato, tra l'altro, docente alla Scuola di Musica di Fiesole e a quella di Sesto Fiorentino e direttore dei percorsi formativi artistici nell’ambito corsi internazionali di musica rinascimentale e barocca di Gargonza e, dal 1 977 al 1 986, del festival “Spazio Musica Antica”. Insegna all'Accademia Europea di Firenze.


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