Il cielo riflesso

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CLAUDIA GIRAUDO r GIULIO CARDONA

IL CIELO RIFLESSO


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CLAUDIA GIRAUDO r GIULIO CARDONA

IL CIELO RIFLESSO Palazzo Oddo - Albenga (Sv) 3 - 18 aprile 2010

con il patrocinio di:

TESTI DI Francesca Bogliolo Marco Cammi RIPRODUZIONE DIPINTI Carlo Carossio COORDINAMENTO MOSTRA Francesca Bogliolo MOSTRA A CURA DI Bottega Indaco UFFICIO STAMPA Palazzo Oddo info@palazzooddo.it - www.palazzooddo.it

in collaborazione con:


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CLAUDIA GIRAUDO r GIULIO CARDONA

IL CIELO RIFLESSO

Il mondo e’ rotondo e il luogo che potrebbe sembrarne la fine potrebbe anche essere soltanto l’inizio. Ivy Baker Priest


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Oltre il confine: la ricerca poetica del connubio artistico Giraudo-Cardona

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di FRANCESCA BOGLIOLO

Il protagonista di un racconto di Buzzati, partito in compagnia di sette messaggeri per conoscere i limiti del suo regno, si spinge così lontano da non rivederlo, e da morire in attesa di un messaggero che non tornerà. Mentre si addentra lungo il percorso del viaggio, l’uomo matura la convinzione che non esistano veri confini, e che se esistono, non siano gli stessi che gli uomini definiscono tali. Con il passare dei giorni, l’uomo si persuade di non essere destinato a raggiungere nessuna meta, e affida i suoi pensieri, racchiusi in lettere, nelle mani di fidi messaggeri, che ne conservano intatti valore e significato. Di fronte alle opere di Claudia Giraudo e Giulio Cardona si ha l’impressione estraniante di trovarsi davanti ad uno di questi zelanti messaggeri, in corsa verso casa, verso un padrone in spasmodica attesa, verso di noi. Ambientata in una dimensione che non ha spazio né tempo, come quella di un racconto, l’opera di questi due artisti si presenta come una metafora della ricerca continua che ogni uomo compie, più o meno consapevolmente, ogni giorno della vita, per giungere alla propria meta. Al centro dell’impianto compositivo vi è una bellezza eterea, irraggiungibile, sospesa, esposta agli occhi di tutti eppure a tratti inafferrabile, come un volo, una corsa contro il tempo e lo spazio. Sembra che il destino abbia creato un legame tra la fotografia di Giulio Cardona e la pittura di Claudia Giraudo per lasciare intuire agli spettatori quanta creatività possa nascere da un incontro casuale che per entrambi pare ora essere mutato in una svolta nel rispettivo percorso artistico. Il realismo pittorico dalle imperfezioni ricercate del fotografo si fonde con l’oggettivismo fotografico ricreato sulla tela dalla pittrice, dando luogo ad un incanto formale che comunica suggestioni di intenso lirismo. Le figure come i pensieri paiono seguirci, in un incessante ed incalzante spostamento, un volo leggero che non è altro che il superamento dei confini della nostra immaginazione, libera da schemi preconcetti. Con la bellezza e la leggerezza delle figure mitologiche, i personaggi alati, messaggeri e ladri come Ermes, rapiscono gli occhi di chi li osserva, e lo costringono a chiedersi se la pittura sia fotografia o la fotografia pittura, e quanto di vero ci sia nell’una o piuttosto nell’altra. Si ha l’impressione che queste opere svelino e conservino contenuti significativi, ricordi di istanti riflessi nella memoria. Non sono soltanto l’abile inserto di lettere antiche scritte da eleganti grafie di sconosciuti, o l’affannata attenzione al particolare a farci sospettare che dietro queste opere si celino significati profondi e cari ad entrambi gli artisti: queste immagini sembrano racchiudere una speranza nuova, un’attesa insolita di ignoto che è la stessa che guida, ogni giorno, Giraudo e Cardona nella ricerca artistica. Figure familiari, esse suggeriscono quanto la meraviglia si nasconda nella quotidianità, di come basti alzare gli occhi per riconoscere un messaggio che ci viene portato da qualcuno che sa già che questo è dentro di noi, di come si debba solo fermarsi ed ascoltare, appesi a un filo, ad un battito d’ali, ad un incontro, ad un silenzio in una sala, davanti ad un’opera d’arte.


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di MARCO CAMMI

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L’IMMAGINE SOSPESA

La figura, la luce, il colore, insieme corposo e diafano nelle sue multiformi apparenze, generano le immagini simboliche di Claudia Giraudo. Una pittrice che affonda le proprie radici nella più solida ricchezza della complessità tecnica, una tecnica di gusto cólto, veicolo dell’evocazione, dell’arcano imprigionato nelle sue misteriose ragazze, graffiti di un preraffaellismo atemporale e onirico. Figure senza luogo, in bilico sull’orizzonte di un’oltranza che pare sfiorata appena dalla fuggevole ala del tempo, fanciulle con copricapi dalle forme insieme astrali e trecentesche, bimbi dallo sguardo pensoso e còlto in una quasi fissità, timorosa del futuro inesorabile che ci attende, che li attende. Emozioni di raffinata staticità. Dinamismo, vita contorta, manciate di diamanti sull’eterno movimento del mare di liguria, incanto di un panta réi fulminato dagli scatti sorprendenti di Giulio Cardona. Forme di uccelli marini che paiono svincolarsi dall’acqua per farsi luce, corpi aerei ridotti a diafane linee di forza vibranti, natura che si fa lampo contorto, gioioso e indecifrabile, come in un gioco neofuturista. Incontro sorprendente di due sguardi sul mondo, di due tecniche imprigionate nell’opera, che sanno far sintesi delle loro specificità. La fotografia dipinta trova l’equilibrio magico di un dinamismo sapiente che non scompone la figura e di una figura che pare emergere dall’infinita matrice del movimento, per fissarlo in un’aura che vive di vita propria. E’ la sintesi della creazione, che appare nel suo rinnovato mistero in queste immagini, offerte all’infinita interpretazione dell’anima.


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r di DINO BUZZATI

I SETTE MESSAGGERI

da : La boutique del mistero (prima edizione Oscar Mondadori, Milano, 1968)

Partito ad esplorare il regno di mio padre, di giorno in giorno vado allontanandomi dalla città e le notizie che mi giungono si fanno sempre più rare. Ho cominciato il viaggio poco più che trentenne e più di otto anni sono passati, esattamente otto anni, sei mesi e quindici giorni di ininterrotto cammino. Credevo, alla partenza, che in poche settimane avrei facilmente raggiunto i confini del regno, invece ho continuato ad incontrare sempre nuove genti e paesi; e dovunque uomini che parlavano la mia stessa lingua, che dicevano di essere sudditi miei. Penso talora che la bussola del mio geografo sia impazzita e che, credendo di procedere sempre verso il meridione, noi in realtà siamo forse andati girando su noi stessi, senza mai aumentare la distanza che ci separa dalla capitale; questo potrebbe spiegare il motivo per cui ancora non siamo giunti all’estrema frontiera. Ma più sovente mi tormenta il dubbio che questo confine non esista, che il regno si estenda senza limite alcuno e che, per quanto io avanzi, mai potrò arrivare alla fine. Mi misi in viaggio che avevo già più di trent’anni, troppo tardi forse. Gli amici, i familiari stessi, deridevano il mio progetto come inutile dispendio degli anni migliori della vita. Pochi in realtà dei miei fedeli acconsentirono a partire. Sebbene spensierato - ben più di quanto sia ora! – mi preoccupai di poter comunicare, durante il viaggio, con i miei cari, e fra i cavalieri della scorta scelsi i sette migliori, che mi servissero da messaggeri. Credevo, inconsapevole, che averne sette fosse addirittura un’esagerazione. Con l’andar del tempo mi accorsi al contrario che erano ridicolmente pochi; e si che nessuno di essi è mai caduto malato, né è incappato nei briganti, né ha sfiancato le cavalcature. Tutti e sette mi hanno servito con una tenacia e una devozione che difficilmente riuscirò mai a ricompensare. Per distinguerli facilmente imposi loro nomi con le iniziali alfabeticamente progressive: Alessandro, Bartolomeo, Caio, Domenico, Ettore, Federico, Gregorio. Non uso alla lontananza dalla mia casa, vi spedii il primo, Alessandro, fin dalla sera del mio secondo giorno di viaggio, quando avevamo percorso già un’ottantina di leghe. La sera dopo, per assicurarmi la continuità delle comunicazioni, inviai il secondo, poi il terzo, poi il quarto, consecutivamente, fino all’ottava sera di viaggio, in cui partì Gregorio. Il primo non era ancora tornato. Ci raggiunse la decima sera, mentre stavamo disponendo il campo per la notte, in una valle disabitata. Seppi da Alessandro che la sua rapidità era stata inferiore al previsto; avevo pensato che, procedendo isolato, in sella a un ottimo destriero, egli potesse percorrere, nel medesimo tempo, una distanza due volte la nostra; invece aveva potuto solamente una volta e mezza; in una giornata, mentre noi avanzavamo di quaranta


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leghe, lui ne divorava sessanta, ma non di più. Così fu degli altri. Bartolomeo, partito per la città alla terza sera di viaggio, ci raggiunse alla quindicesima; Caio, partito alla quarta, alla ventesima solo fu di ritorno. Ben presto constatai che bastava moltiplicare per cinque i giorni fin lì impiegati per sapere quando il messaggero ci avrebbe ripresi. Allontanandoci sempre più dalla capitale, I’itinerario dei messi si faceva ogni volta più lungo. Dopo cinquanta giorni di cammino, I’intervallo fra un arrivo e l’altro dei messaggeri cominciò a spaziarsi sensibilmente; mentre prima me ne vedevo arrivare al campo uno ogni cinque giorni, questo intervallo divenne di venticinque; la voce della mia città diveniva in tal modo sempre più fioca; intere settimane passavano senza che io ne avessi alcuna notizia. Trascorsi che furono sei mesi - già avevamo varcato i monti Fasani - I’intervallo fra un arrivo e l’altro dei messaggeri aumentò a ben quattro mesi. Essi mi recavano oramai notizie lontane; le buste mi giungevano gualcite, talora con macchie di umido per le notti trascorse all’addiaccio da chi me le portava. Procedemmo ancora. Invano cercavo di persuadermi che le nuvole trascorrenti sopra di me fossero uguali a quelle della mia fanciullezza, che il cielo della città lontana non fosse diverso dalla cupola azzurra che mi sovrastava, che l’aria fosse la stessa, uguale il soffio del vento, identiche le voci degli uccelli. Le nuvole, il cielo, I’aria, i venti, gli uccelli, mi apparivano in verità cose nuove e diverse; e io mi sentivo straniero. Avanti, avanti! Vagabondi incontrati per le pianure mi dicevano che i confini non erano lontani. Io incitavo i miei uomini a non posare, spegnevo gli accenti scoraggiati che si facevano sulle loro labbra. Erano già passati quattro anni dalla mia partenza; che lunga fatica. La capitale, la mia casa, mio padre, si erano fatti stranamente remoti, quasi non ci credevo. Ben venti mesi di silenzio e di solitudine intercorrevano ora fra le successive comparse dei messaggeri. Mi portavano curiose lettere ingiallite dal tempo, e in esse trovavo nomi dimenticati, modi di dire a me insoliti, sentimenti che non riuscivo a capire. Il mattino successivo, dopo una sola notte di riposo, mentre noi ci rimettevamo in cammino il messo ripartiva nella direzione opposta, recando alla città le lettere che da parecchio tempo io avevo apprestate. Ma otto anni e mezzo sono trascorsi. Stasera cenavo da solo nella mia tenda quando è entrato Domenico, che riusciva ancora a sorridere benché stravolto dalla fatica. Da quasi sette anni non lo rivedevo. Per tutto questo periodo lunghissimo egli non aveva fatto checorrere, attraverso praterie, boschi e deserti, cambiando chissà quante volte cavalcatura, per portarmi quel pacco di buste che finora non ho avuto voglia di aprire. Egli è già andato a dormire e ripartirà domani stesso all’alba. Ripartirà per l’ultima volta. Sul taccuino ho calcolato che, se tutto andrà bene, io continuando il cammino come ho fatto finora e lui il suo, non


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potrò rivedere Domenico che fra trentaquattro anni. Io allora ne avrò settantadue. Ma comincio a sentirmi stanco ed è probabile che la morte mi coglierà prima. Così non lo potrò mai più rivedere. Fra trentaquattro anni (prima anzi, molto prima) Domenico scorgerà inaspettatamente i fuochi del mio accampamento e si domanderà perché mai nel frattempo, io abbia fatto così poco cammino. Come stasera. il buon messaggero entrerà nella mia tenda con le lettere ingiallite dagli anni, cariche di assurde notizie di un tempo già sepolto; ma si fermerà sulla soglia, vedendomi immobile disteso sul giaciglio, due soldati ai fianchi con le torce, morto. Eppure, va, Domenico, e non dirmi che sono crudele! Porta, il mio ultimo saluto alla città dove io sono nato. Tu sei il superstite legame con il mondo che un tempo fu anche mio. I più recenti messaggi mi hanno fatto sapere che molte cose sono cambiate, che mio padre è morto che la Corona è passata a mio fratello maggiore, che mi considerano perduto, che hanno costruito alti palazzi di pietra là dove prima erano le querce sotto cui andavo solitamente a giocare. Ma è pur sempre la mia vecchia patria. Tu sei l’ultimo legame con loro, Domenico. Il quinto messaggero, Ettore, che mi raggiungerà, Dio volendo, fra un anno e otto mesi, non potrà ripartire perché non farebbe più in tempo a tornare. Dopo di te il silenzio, o Domenico, a meno che finalmente io non trovi i sospirati confini. Ma quanto più procedo, più vado convincendomi che non esiste frontiera. Non esiste, io sospetto, frontiera, almeno non nel senso che noi siamo abituati a pensare. Non ci sono muraglie di separazione, né valli divisorie, né montagne che chiudano il passo. Probabilmente varcherò il limite senza accorgermene neppure, e continuerò ad andare avanti, ignaro. Per questo io intendo che Ettore e gli altri messi dopo di lui, quando mi avranno nuovamente raggiunto, non riprendano più la via della capitale ma partano innanzi a precedermi, affinché io possa sapere in antecedenza ciò che mi attende. Un’ansia inconsueta da qualche tempo si accende in me alla sera, e non è più rimpianto delle gioie lasciate, come accadeva nei primi tempi del viaggio; piuttosto è l’impazienza di conoscere le terre ignote a cui mi dirigo. Vado notando - e non l’ho confidato finora a nessuno - vado notando come di giorno in giorno, man mano che avanzo verso l’improbabile mèta, nel cielo irraggi una luce insolita quale mai mi è apparsa, neppure nei sogni; e come le piante, i monti, i fiumi che attraversiamo, sembrino fatti di una essenza diversa da quella nostrana e l’aria rechi presagi che non so dire. Una speranza nuova mi trarrà domattina ancora più avanti, verso quelle montagne inesplorate che le ombre della notte stanno occultando. Ancora una volta io leverò il campo, mentre Domenico scomparirà all’orizzonte dalla parte opposta, per recare alla città lontanissima l’inutile mio messaggio.


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r OPERE

CLAUDIA GIRAUDO


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r FARFALLE DI MEMORIA . olio e collage su tela . 80x50 cm


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LIQUIDO SOGNO . tecnica mista, collage e olio su tela . 40x30 cm

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r TRACCE D’INCHIOSTRO . olio e collage su tela . 40x40 cm


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IL LINGUAGGIO DEL CUORE . olio su tela . 100x100 cm

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r HO ALI DI FARFALLA . tecnica mista e olio su tela . 50x60 cm


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VEDO MONDI LONTANI . tecnica mista, collage e olio su tela . 50x70 cm

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r PELLE D’AMBRA . olio e collage su tela . 40x30 cm


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SOPRA LE CELESTI RIVE . tecnica mista, collage e olio su tela . 60x30 cm

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r CON HELENE . tecnica mista, collage e olio su tela . 50x60 cm


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CON MELINDA . tecnica mista, collage e olio su tela . 50x60 cm

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IN PUNTA AL CIELO . tecnica mista, collage e olio su tela . 30x60 cm

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r IMPALPABILE SGUARDO . tecnica mista, collage e olio su tela . 30x30 cm


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GRANI DI STELLE . tecnica mista e olio su tela . 30x30 cm

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r MANIFESTAZIONI DELL’ANIMA . tecnica mista, collage e olio su tela . 70x100 cm


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PIEGHE DI SETA . olio e collage su tela . 70x100 cm

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r FOTOPITTURE

CLAUDIA GIRAUDO & GIULIO CARDONA


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r IL CIELO RIFLESSO . dipinto a olio su fotografia . 75x50 cm


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FILI DI VITA III . dipinto a olio su fotografia . 50x75 cm

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35 OASI . dipinto a olio su fotografia . 50x75 cm

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r OPERE

GIULIO CARDONA


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r L’ANGELO . fotografia stampata su tela . 50x50 cm


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IL RITORNO . fotografia stampata su tela . 50x50 cm

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r IL SENSO GUIDA . fotografia stampata su tela . 75x45 cm


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IL GUERRIERO . fotografia stampata su tela . 75x60 cm

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TUFFO NEL BLU . fotografia stampata su tela . 30x100 cm

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r SPIRITO LIBERO . fotografia stampata su alluminio . 70x100 cm


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IL TAGLIO DI SOLE . fotografia stampata su alluminio . 70x100 cm

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r LA SOLITUDINE FELICE . fotografia stampata su carta . 50x75 cm


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LA FERITA . fotografia stampata su alluminio in dittico . 90x140 cm

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49 LA CASA DI ANNY . fotografia stampata su carta . 50x75 cm

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r IL FOULARD . fotografia stampata su carta . 50x75 cm


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LA PASSIONE PROMESSA . fotografia stampata su carta . 50x75 cm

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r LA ROSA UBRIACA . fotografia stampata su carta . 50x75 cm


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L’EXTRATERRESTRE . fotografia stampata su carta . 50x75 cm

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BIOGRAFIE


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BIOGRAFIA

CLAUDIA GIRAUDO Fissare sulla tela l’istante in cui il Sogno e la Realtà si compenetrano altalenandosi, sembra essere la priorità attuale per Claudia Giraudo, artista nata nel 1974 a Torino, luogo in cui tuttora risiede e collabora attivamente con l’atelier Bottega Indaco. Il diploma ottenuto nel 2001 presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, avvia una ricerca intimista che si concentra sul volto come tramite di un messaggio. Coinvolgendo in parte il vissuto personale, ma caricandolo di un messaggio da decriptare, è come se l’artista parlasse una lingua sconosciuta che lo spettatore deve tradurre alla luce delle proprie personali esperienze e conoscenze. Attraverso i suoi simboli, la Giraudo poggia delicatamente sulla tela soggetti che, resi messaggeri, ci appaiono eterei, evanescenti, attori, spiriti dell’aria, ed in aria si son tutti dissolti, in un’aria sottile ed impalpabile. E come attori inconsapevoli del ruolo che assumono, i soggetti di Claudia Giraudo si muovono su fondali movimentati da un sostrato materico che è anche onirico, quasi a ricordarci che siamo fatti anche noi della stoffa di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita. Negli ultimi anni ha partecipato a varie mostre, tra le più importanti: 2000 - Antologica dell’incisione piemontese L’isola di San Rocco al ponte delle Ripe - Mondovì (Cn)

2000 - Documento Arte 2000 a cura di Ludovico Gierut il Centro Frà Benedetto - Sillico (Lu) 2001 - Patchwork 3 a cura di Carlo Giuliano Accademia Albertina di Belle Arti - Torino 2007 - Segni - La Cavallerizza Reale - Torino 2008 - Il volto, incarnazione del sogno la Ex Chiesa Anglicana - Alassio (Sv) 2008 - Cambiamento universale nello spazio - Spazio Tadini - Milano 2008 - ArteIndaco - Centro Energea - Milano 2009 - Meno male - Teatro Vittoria - Torino 2009 - Mostra personale Il soffio dell’anima Terme Reali di Valdieri - Valdieri (Cn) 2009 - Mostra personale - Hair Déco - Torino 2009 - Contemporanea 2009 (Fiera d’Arte di Forlì) Galleria Ess&rre di Ostia - Forlì 2009 - Mostra personale Il Sole e la Cometa - Linea 451 - Torino 2009 - Immagina 2009 (Fiera d’Arte di Reggio Emilia) Galleria Ess&rre di Ostia - Reggio Emilia 2009 - Bergamo Arte Fiera - Galleria Ess&rre di Ostia - Bergamo 2010 - Arte Cremona - Galleria Ess&rre di Ostia - Cremona 2010 - Vit Arte - Galleria Ess&rre di Ostia - Viterbo 2010 - Solchi - Teatro Vittoria - Torino 2010 - Il cielo riflesso - Palazzo Oddo - Albenga (Sv)


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BIOGRAFIA

GIULIO CARDONA Giulio Cardona nasce a Verona nel 1967. Inizia a fotografare giovanissimo nello studio dello zio Dalmazio, in Liguria. La passione per il mondo artistico figurativo è immediata e lo immerge totalmente in questo mondo, che egli vive totalmente, da fotografo professionista e da collezionista di macchine fotografiche antiche, stimolato dalla loro aura evocatrice. Non a caso l’evoluzione personale e lavorativa di Cardona lo ha portato ad interpretare la fotografia moderna, in un modo che egli ama definire pittorico, per il legame con l’immagine, che non è mai il frutto dell’elaborazione tecnica di un qualche raffinato software, ma che è la semplice espressione di una personale e irripetibile sensibilità. Il suo lavoro ha ormai una storia di venticinque anni, nei quali ha lavorato per riviste, presentazioni di moda a Milano e nei quali si è dedicato alla ricerca dell’immagine naturalistica, spesso frutto di esperienze di viaggi. Oggi l’artista sceglie la via dell’esposizione personale e collettiva, nelle gallerie d’arte e negli spazi espositivi, non solo italiani, che meglio paiono adattarsi alle sue modalità espressive.


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GRAPHIC DESIGN r Laura Giai Baudissard . laura.giaib@libero.it


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CLAUDIA GIRAUDO clodgiraudo@gmail.com - www.giraudoclaudia.com r

GIULIO CARDONA giuliocardona@email.it - www.giuliocardona.com


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