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CComunicare con il Digitale omunicazione

azioni che vengono intraprese. Allora ecco apparire le pagine istituzionali di società tra le più disparate su tutti i social network. Si sta un po’ ripetendo ciò che è successo con la diffusione di internet, in cui “bisognava esserci” prima ancora di pensare a cosa dire. Del brillante blog “[mini]marketing” di Gianluca Diegoli ricordo a riguardo una frase: ormai il 90% delle aziende ha una Fan Page su Facebook, ma il 90% degli utenti non se n’è manco accorto. Pagare un’agenzia per gestire la presenza della società sui social network può essere un’idea, ma siamo spiacenti: non è sempre sufficiente. Non è un problema di ROI o di misurabilità; si tratta di comprendere le dinamiche della relazione, le motivazioni e la partecipazione degli utenti. E, ovviamente, i nostri obiettivi. Dire ciò che si pensa

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Mi spiego subito. A differenza di ciò che succedeva in passato, ora le persone non sono mute ma possono dire quello che pensano, dialogando tra di loro sulla base di argomenti di interesse comune. Il vero valore del network riguarda proprio la conversazione, che non può essere controllata da un brand. I nostri clienti parlano tra di loro, online o di persona, e non si può fare nulla per impedirglielo. A noi resta la scelta se partecipare alla conversazione o meno (o se, nel caso, aiutarli a farlo). E se vogliamo partecipare e conversare con i nostri clienti dobbiamo farlo noi stessi, animati da en-

tusiasmo e passione vera, pronti ad ascoltare tutte le voci, anche (e soprattutto) le critiche. Significa sicuramente avere qualcosa da dire, ma soprattutto capire che quella dell’ascolto è una pratica fondamentale del “fare sviluppo”, bestpractise a parte. Oggi, virtualmente, possiamo chiedere a tutti i nostri clienti cosa pensano di noi o cosa possiamo fare per aiutarli, e questa è un’opportunità. Ma quello che va capito è che “tapparsi le orecchie” non farà smettere i nostri clienti di scambiarsi le loro opinioni o esperienze sui nostri prodotti, e questo è un rischio. Tentazioni da SWAT-analysis a parte, la differenza oggi è che lo possono fare con assoluta semplicità e non esiteranno a farlo, in particolare se avranno qualche problema con noi o con i nostri prodotti. Fanatico-appassionato Infatti, all’interno dei social network la maggior parte delle volte sono gli stessi utenti a parlare delle aziende, e senza essere interpellati: la fan-page della “punta di cioccolato del cornetto” ha oggi più di 650.000 fan; la Nutella ne ha 3 milioni, le scarpe Converse più di un milione e mezzo. Per inciso, un fan è un “fanatico, appassionato”. Questo perché le persone hanno apprezzato davvero qualcosa che abbiamo fatto, senza il bisogno di essere consigliato sul cosa farsi piacere (o su cosa discutere, spiacenti ma l’agenda-setting qui non funziona ). Viene da ripensare al senso stesso del marketing, a quanto spesso oggi si occupi di raccontare una bella storia per un mediocre prodotto. Il fatto è che grazie a strumenti come i social network (e a molti altri) più andiamo avanti e meno servirà farlo. Perché, un passo alla volta, sarà sempre più vero che “Il marketing è quello che sei, non quello che racconti di essere”. E lasciatemelo dire: finalmente.


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