Chi ha rubato l'arcobaleno?

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Chi ha rubato l’arcobaleno? di Suor Carla Venditti

© Editrice Guerrino Leardini a cura del Centro Missionario Francescano delle Marche laperlapreziosa@libero.it

Introduzione

Nel tempo delle passioni tristi suor Carla Venditti ci offre una favola oltre la favola. Una lettura leggera e profonda della condizione umana e un orizzonte di speranza incarnata non in maschere ideologiche ma in persone capaci di «rendere più colorata la vita degli altri». Un racconto coinvolgente la nostra quotidianità e il nostro volto, interpellato a non essere «volto nella nebbia» che sparge «una scia di polvere grigia» (indifferenza, pregiudizi, arroganze), bensì volto capace di emanare «la luce che viene da uno sguardo abituato ad andare oltre le cose». Si tratta di modificare il cuore, rendendolo talmente largo da fare entrare ogni altro volto. Non avremo più cieli e arcobaleni di plastica, ma ognuno sarà il costruttore di città e paesi dove a nessuno sarà rubata la propria dignità. + Pietro Santoro Vescovo di Avezzano


Un paese grigio grigio In un tempo lontano, molto lontano, c’era un paese quasi dimenticato dal resto del mondo. Non che fosse piccolo o strano o troppo freddo o troppo caldo… No, nulla di tutto questo… anzi, era un paese con tante case, giardini, alberi, fiori, bambini, ragazzi, ma… eh sì, c’era un ma… Forse un piccolo dettaglio, ma non senza valore: qui ogni cosa era… grigia! Il cielo era sempre grigio! Il panettiere che si alzava di buon mattino a cuocere il pane, salutava la luna e il cielo stellato e dava il benvenuto ad un manto ceruleo che, quando le cose andavano bene, lasciava intravedere qua e là, sparse, tante nuvolette simili a pecorelle ormai abituate ad un pascolo così… monotono! Non parliamo poi delle case! La villetta della signora Palmira confinava con quella di Luigino il boscaiolo e le discussioni tra i due erano sempre le stesse! 4


«Il mio punto di grigio, caro signore, stride con il suo che è oramai vecchio e screpolato!» diceva Palmira. «Non è vero! - ribatteva Luigino – Qui c’è arte vecchia mia! Questo grigio è appartenuto al prozio Filippo buonanima ed è un cimelio di famiglia!» E così andavano avanti per settimane. Il resto delle case era uniforme sia nella sagoma che nei colori: grigio, grigio e ancora grigio! Il dramma più grande, tuttavia, era vedere gli alberi e il parco del paese: mille sfumature di grigio, dal grigio cenere al grigio chiaro, fino al grigio cupo… e così i fiori, l’erba, i cespugli! Perfino l’acqua del fiume che correva in mezzo al paese era grigia. Ma… e la gente? Per la gente purtroppo, è facile adeguarsi. Molti di quegli abitanti erano nati lì, appartenevano a generazioni di illustri cittadini. Nessuno osava pensare ad un cambiamento. Perché cambiare? Nemmeno la natura si ribellava. Il paesaggio era fin troppo uniforme. Non si vedevano molte farfalle e quelle che c’erano somigliavano a pezzi di foglietti biancastri sminuzzati che si lanciano in aria… Non avevano né grazia, né leggerezza; anche loro si muovevano con l’opaca piattezza di chi non aspetta nulla, ma insegue i giorni con la speranza che quelli trascorsi siano tanti, così da non doverne sottrarre molti a quelli futuri. Insomma questo era il paese… ah dimenticavo di dire che anche il suo nome era tutto un programma: Nerofumo!!! A Nerofumo, dunque, ogni cosa prendeva il colore e il sapore della monotonia. Quasi una sorta di patina implacabile rivestiva l’anima di quel borgo. 5


Una bella sorpresa Un giorno una rondinella, venuta non si sa da dove e non si sa come, arrivò a Nerofumo con tutto lo stormo. Era una rondinella dall’aria sognante, ma molto curiosa. Si fermò, noncurante del rischio di restare sola. E così accadde. Lo stormo proseguì: probabilmente non si era accorto della sua assenza. Mentre tutti infatti avevano sorvolato incuranti il paese, lei aveva rallentato il volo, colpita da tanto grigiore, e non aveva resistito alla tentazione di fermarsi per saperne di più. Era, come tutte le rondini, una grande viaggiatrice; conosceva i segreti delle montagne, la magia dei boschi a primavera, la pericolosità del vento freddo e della neve, implacabile nemica, il calore del sole così generoso verso la terra!... Conosceva la voce del mare e il bisbiglio delle foglie spostate dal vento. «Insomma - pensò - non è possibile che questo sia un paese! Sembra il dipinto di un pittore distratto! Dove sono i colori che fanno la differenza sui fiori, sulle delle chiome degli alberi, che riescono ad accendere una giornata anche quando a volte è così pesante che sembra iniziare al contrario, cioè dalla notte!?» Una rondine, si sa, è cittadina del mondo e, mentre da un lato conosce i segreti del cielo e della terra, dall’altra parte, proprio perché non appartiene a nessun luogo, non la precede una grossa notorietà. È un volatile qualunque, conosciuto per i suoi voli pindarici e il suo… lavoro di squadra, ma nulla di più. Nessuno sa mai da dove viene, né dove va. Un po’ come il vento su cui lei nuota! 6


La rondinella, dunque, dopo un attimo di smarrimento si accomodò sul ramo di un piccolo alberello grigio e da lì cercò di capire qualcosa di quello strano mondo. Così posizionata poteva veder scorrazzare gli altri animali e, pensò, avrebbe certo capito qualcosa. Non passarono che pochi minuti e arrivò saltellando, uno scoiattolo. «Ehi! – gridò la rondinella – Ehi mi senti? Hai un momento?» Lo scoiattolo scodinzolò con la sua coda folta e alzò il musetto verso la rondinella. Era uno scoiattolo vispo e birichino… certamente queste sue caratteristiche poco si intonavano con il colore grigio cupo del suo pelo. 7


«Dimmi rondinella, ti sei persa? Hai bisogno di qualcuno che ti faccia da guardia del corpo?» «No no… cioè sì, cioè… sì e no… insomma non mi sono persa, ho visto questo strano paese e ti assicuro che nonostante la mia grande esperienza di viaggiatrice, non ho mai incontrato un luogo tanto, come dire… incartapecorito!» - «Ma come?» - ridacchiò lo scoiattolo. - «Sì, - ribattè la rondinella -, dove sono i colori del cielo e dei prati a primavera? Dove sono i colori dell’autunno che lasciano negli occhi e nel cuore la sensazione calda della serenità; i colori dei monti… perfino della tua pelliccia? Siete tutti uguali. Tutti noiosamente uguali, fatti in serie!...» - «I colori? - sussurrò lo scoiattolo; poi riprese con la voce sicura di un vecchio padrone di casa: - Cosa sono i colori? Io sono nato qui e i miei genitori non mi hanno mai parlato dei colori … cosa vuoi dire?» - «Beh, voglio dire che qui non si capisce quando l’erba è fresca, se il cielo è sereno; non riesci a distinguere una rosa da una margherita se non per la forma. Per il resto è tutto uguale. Se ti svegli al mattino non vedi il sole brillare e riempire le cose di luce, la rugiada riflettere il colore del prato; l’arcobaleno, dopo la pioggia non cavalca il cielo con i suoi colori … è tutto così uguale!» Lo scoiattolo intanto si era accovacciato silenzioso e serio… Nemmeno la ghianda, che prima teneva tra le zampette, sembrava interessarlo più di tanto. Non sapeva cosa 8


rispondere e soprattutto non riusciva a capire fino in fondo ciò che la rondine volesse dire. Il bosco era stato l’unico spettatore di quello strano dialogo e con lui, ovviamente, l’immensa distesa di grigia vegetazione che, muta e annoiata anch’essa, non sembrava mostrare alcunché di interesse per le parole di quel piccolo volatile venuto non si sa da dove e non si sa perché. Anzi, più che altro la rondinella aveva suscitato un certo fastidio in quelle creature ormai abituate a vivere senza troppe pretese. Perciò, alteri e stizziti, tacevano tutti.

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Il grilletto saggio Il fruscio dell’erba, un fruscio quasi impercettibile all’orecchio umano, ma certo non a quello degli abitanti del bosco, destò la curiosità dei due che, talmente immersi nei loro discorsi, sembravano aver perso la cognizione del tempo. Si voltarono ma, dal momento che la mole del nuovo arrivato non gli permetteva di essere visto all’istante, furono costretti a frugare con gli occhi tra l’erba alta del prato. Un grilletto, non più giovanissimo, se ne andava saltellando. Anche lui ovviamente era grigio! Al vedere i due si fermò incuriosito. - «Una rondine qui di questi tempi? Che ci fai? E le altre?» Lo scoiattolo non aspettò la risposta della rondine e senza mezzi termini apostrofò il grilletto con queste parole: - «Tu ne sai qualcosa della storia dei colori?» Il grillo, che sembrava uscito dalla fiaba di Pinocchio, si alzò sulle zampette posteriori, piegò appena in avanti le piccole antenne, gonfiò il torace e si schiarì la voce, quasi a voler prendere tempo prima di dare una risposta. - «Dunque… ehm… dunque… la storia dei... mh… colori… Cosa vuoi sapere?» – chiese allo scoiattolo con voce grave. Lo scoiattolo si grattò il musetto con la zampa, quasi a nascondere la stizza per tanto mistero, poi si mise a squittire con impazienza, lo faceva sempre quando era un po’ agitato!

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La rondinella capì che il grillo conosceva il segreto di quel paese e lo fissò con lo sguardo acuto, senza pronunciare una sola parola. Cominciò dunque a scrutarlo con la profondità di chi aspetta che venga detto qualcosa di importante...

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L’uomo della nebbia Il grillo non si fece pregare: con le sue esili zampette spiccò un salto, si accomodò sulla corolla di una margherita per accorciare le distanze con i due interlocutori e iniziò a parlare. - «Ho sentito raccontare che un tempo mooolto lontano, questo paese non era così. Era pieno di allegria e di colori. Al mattino, quando il sole 12


era alto, ogni cosa parlava di gioia. La gente non passava il tempo ad ingrigirsi nella noia come fa ora, ma ognuno cercava di rendere più colorata la vita degli altri. Si gioiva delle gioie di tutti, si condivideva il dolore di tutti. Un brutto giorno – e la sua voce assunse un tono grave - giunse la notizia che era arrivato in paese un uomo. Dicevano che fosse uno strano individuo; lo descrivevano vestito di grigio. Da quello che si racconta, indossava sempre un cappellaccio nero a larghe falde e un mantello lungo, che lasciava intravvedere un paio di stivali abitualmente impolverati. Sorrideva poco e parlava ancor meno. Pareva fosse un uomo alto e magro, il viso lungo e scarno, il naso adunco, le labbra sottili e livide. Tutti lo chiamavano “L’uomo della nebbia” perché in realtà nessuno sapeva quale fosse il suo vero nome»». - «L’uomo della nebbia?» - gli fece eco lo scoiattolo, ma il grillo non si interruppe e continuò. - «Quest’uomo viveva in una casetta poco distante il boschetto di faggi. Quando era in casa nessuno sapeva cosa abitualmente facesse. Si udivano colpi di martello su quelle che la fantasia della gente chiamava “tavolette di legno”, ma la realtà era nascosta a tutti. Era un uomo solitario e scostante, dunque oggetto di tanta curiosità. La cosa più strana, forse anche la più inquietante, era l’alone di mistero che lo circondava. Dicevano che di notte scendesse in paese lasciando dietro di sé una scia di polvere grigia, una sorta di sottile, insidiosa patina 13


della quale non se ne aveva immediatamente il sentore, ma che si rivelò contagiosa! Questo succedeva ormai da anni. Quale fosse l’età dell’uomo della nebbia nessuno lo sapeva; i più anziani affermavano che fosse lì da sempre, già da quando loro, bambini, andavano ad appostarsi dietro i cespugli, in prossimità della casetta, per spiarne incuriositi i movimenti. Dunque un uomo senza nome, senza età e a quanto pare senza scrupoli, perché la patina che lui, con tanta noncuranza, si lasciava dietro, aveva pian piano cambiato ogni cosa nel paese… persino il nome!... Eh sì, molto, molto tempo prima il suo nome era ”Chiarocielo”, ma poi divenne “Nerofumo” visto che ormai strideva con quel paesaggio rigorosamente grigio…». Il grilletto aveva raccontato la storia tutta d’un fiato. Lo scoiattolo e la rondinella avevano taciuto, quasi nel timore che l’incantesimo di quel racconto, così fuori dal comune, si potesse spezzare al suono di una voce diversa. Volevano capire. Lo scoiattolo, con la delicatezza di chi tiene tra le mani un cristallo delicato e prezioso e teme di scheggiarlo, osò chiedere: - «Ma cosa accadde veramente alla gente?» Il grilletto evidentemente si aspettava una simile domanda. Lo guardò con l’espressione di chi è custode di giorni difficili e riprese: - «La gente cominciò a cambiare. Nessuno condivideva più nulla, nessuno aveva più voglia di dialogare né di rendere belle le proprie e altrui giornate. Tutti si muovevano quasi per inerzia. Alle allegre chiacchierate nella piazzetta del 14


paese, si sostituirono presto pungenti battute e litigi pesanti. Le persone non si comprendevano più, insomma una specie di Torre di Babele… Tutti sapevano che l’uomo continuava a scendere in paese, puntualmente, ogni settimana e ogni volta aumentavano i gruppetti apatici di gente ferma ai crocicchi delle strade o di uomini annoiati, seduti, anzi sdraiati su vecchie panchine di legno. Indifferenti perfino a loro stessi! E l’uomo passava e lasciava che la sua polvere grigia si posasse su case e persone, senza fare differenze di ceto o di età. Passarono gli anni. Ben presto il paese divenne grigio, proprio come lo vedete ora. Non che la gente non ne fosse consapevole. All’inizio facevano a gara per togliere la polvere, ma il paese era inondato di nuvole grigie, e pian piano tutti si arresero». - «Ma nessuno si accorse che la polvere veniva dall’uomo della nebbia?» – chiese indispettita la rondine, alla quale sembrava assurdo che un uomo, per lo più sconosciuto, potesse essere stato causa di un simile disastro. - «Certo che no - rispose il grillo – almeno all’inizio! Quell’uomo era talmente abile da riuscire a coprire della sua polvere immense distese, senza destare il benché minimo sospetto». - «E dunque la polvere ha cancellato per sempre i colori?- intervenne tristemente la rondinella. - «In realtà, cara, i colori ci sono ancora, ma nessuno lo sa. Li hanno dimenticati perché ormai la polvere grigia ha coperto ogni cosa. Era ciò che quell’uomo voleva: che tutti vivessero isolati nel loro cuore». 15


La casetta nel bosco Lo scoiattolo rimase a bocca aperta e la rondine dopo un profondo respiro domandò: - «E ora dov’è quell’uomo?» Il grillo dopo un po’ di silenzio riprese: - «Non è più qui, ma nessuno sa dove sia andato.Un giorno, e questo lo raccontano gli abitanti della collina, si vide, attorno alla casetta, un’agitazione particolare. Anche gli animali sembravano inquieti: la vecchia capra continuava a dare colpi di zoccolo sulla

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staccionata prima e sulla terra battuta poi, il gallo sembrava aver perso… la bussola, perché cantava non rispettando né tempi, né luoghi; il cavallo scalciava… insomma nell’aria aleggiava un non so che di misterioso. Qualcuno ha raccontato che all’improvviso l’uscio della casetta si aprì e l’uomo della nebbia uscì con uno strano fagottino sulle spalle. Fece pochi passi e fu inghiottito dalla nebbia. Da quel giorno nulla più. C’è chi dice che sia sprofondato nella terra, altri che sia caduto in un dirupo… Ma queste sono solo leggende metropolitane. In realtà nessuno sa che fine abbia fatto». - «E che cosa ha lasciato?» - chiese la rondine. - «Tutto ciò che ha lasciato lo vedete voi stessi! Guardatevi attorno: abbiamo tutto quello che desideriamo, ma nulla più ci stupisce perché, dalla mattina quando ci alziamo alla sera quando si accendono le stelle, tutto è tremendamente uguale». - «Ma nessuno può fare nulla?» - lo interrogò lo scoiattolo - «Cosa volete che si faccia, qui si vive così e basta…» - rispose il grillo con tono rassegnato. La rondine, che non si dava pace, stava già escogitando un piano nella testa, ma una domanda, l’ultima, non poteva non farla. Sbattè leggermente le ali, si rizzò sulle zampette e senza attendere oltre domandò: - «Ma non c’è proprio nessuno che conosca chi sia quell’uomo e soprattutto perché sia accaduto tutto questo?» Aveva pronunciato quelle parole tenendo lo sguardo fisso su un mazzetto di violette che 17


sbucavano timidamente dall’erba del prato, sotto il ramo sul quale si era accomodata. Dopo un attimo di silenzio guardò i due amici con l’espressione interrogativa di chi vuol saperne di più. - «Beh - esitò il grilletto - conosco chi potrebbe dirvi qualcosa in più. Non abita tanto distante da qui…» Poi rivolto allo scoiattolo soggiunse: - «Tu lo conosci bene, è il vecchio faggio che regna come un maestoso monumento lì sulla collina!» I due si guardarono: come non averci pensato prima!!! Senza esitare decisero di andare da lui. Era troppo importante sapere qualcosa in più! La rondinella non se lo fece ripetere due volte e spiccò il volo; il grillo saltò sul dorso dello scoiattolo che, con la sua agilità, non aveva nulla da invidiare al volo leggiadro del volatile.

Il vecchio faggio Quando arrivarono, ansimanti, si fermarono intimoriti. Non fu difficile individuare l’albero: era il più anziano della comunità. Il tronco era un groviglio di passaggi segreti naturali, le radici sembravano forti braccia che affondavano le mani nel terreno stringendolo in una morsa. La corteccia nodosa lo rendeva ancora più imponente. I rami si stagliavano alti. Lui regnava sovrano in quel luogo da molti anni, nessuno sapeva in realtà quanti fossero… nemmeno il faggio lo ricordava più. Quando vi giunsero vicino il vecchio albero si svegliò e si stiracchiò,

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allargando i rami scricchiolanti. Osservò i tre, divertito alla vista di quei vispi e impertinenti animaletti. Come osavano disturbare il suo sonno? Il grillo senza remore lo salutò con garbo e con la sicurezza di chi sa che non riceverà un rifiuto. - «Salve faggio… Siamo qui perchè vorremmo domandarti qualcosa…» Il faggio rizzò il tronco con non poca difficoltà, vista la veneranda età e sorrise. Era buono e mite, dunque si mise in ascolto dei tre. In verità ora, vedendolo così possente, cominciavano a sentirsi un po’ impacciati: forse era la maestosità della pianta a intimorirli o, chissà, la rispettabile età del grande faggio. Il grillo fece un balzo indietro e, dopo un po’, riprese meno spavaldo: - «Mh… maestà… illustrissimo… egregio… cioè…» - iniziò titubante. La sicurezza iniziale lo aveva abbandonato. - «Suvvia amici, cosa avete da temere? Cosa volete? Siete venuti fin qui per una ragione, credo! Allora coraggio, ditemi tutto!» - «Noi volevamo farti una domanda – si fece coraggio lo scoiattolo - Tempo fa, proprio qui, viveva un tale chiamato da tutti “l’uomo della nebbia”. Ci sai dire chi era e dov’è finito? E perché ha ridotto il paese in questo stato?» Il vecchio faggio li guardò con l’espressione seria e pensosa di chi richiama dentro di sé vecchi ricordi. Poi cominciò a parlare. - «Amici, tanti prima di voi erano arrivati quassù, ma nessuno mi aveva mai fatto una simile domanda».

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I tre si guardarono quasi orgogliosi di un tale primato. «Devo dire che è una domanda difficile continuò il faggio - ma la risposta lo è ancora di più». La vecchia pianta restò un attimo in silenzio, scosse i rami per liberarsi dalle ultime foglie che stava perdendo e cominciò a spiegare: - «Vedete, in verità l’uomo della nebbia nessuno di noi lo ha mai visto. Sappiamo solo che ciò che portava con sé dovunque andava, era la polvere

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grigia della sua esistenza. Aveva rinunciato a sorridere, ad amare, a vivere e condividere le gioie e i dolori degli altri. Era vecchio dentro. Sapete, la vita dell’uomo somiglia un po’ a quella di un albero: ogni tanto ha bisogno di rinnovare le sue foglie, che periodicamente diventano gialle. Quando non si riesce a fare della propria vita qualcosa di importante per se stessi e per gli altri si diventa sterili, secchi, aridi dentro. Tutto diventa monocromatico e il colore dominante resta il grigio.

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- «Ma che c’entra tutto questo con l’epidemia scoppiata in paese?» - «Beh, – continuò il faggio – il discorso è abbastanza complicato. Cercate di seguirmi. Quando non riusciamo a vivere la gioia, la speranza, la novità, diventiamo opachi. Non emaniamo più quella luce che viene da uno sguardo abituato ad andare oltre le cose, a penetrarne il senso profondo e a viverne l’essenza. Se non emaniamo luce emaniamo altro: polvere grigia. Questa non aleggia solo attorno a noi, il che sarebbe normale, ma purtroppo va a posarsi pian piano, poco per volta, su quanti vivono con noi. La gente non se ne accorge subito: all’inizio guarda incuriosita, o noncurante i cambiamenti, infine si adegua. E così muoiono i sogni. Ci si lascia spegnere quando non si ha il coraggio di ribellarsi agli impulsi negativi che arrivano dall’esterno. Ci sono persone che tentano lentamente di spegnerti… non sai quando questo inizia e non sai quando finirà, ma ti rendi conto pian piano che le tue giornate diventano sbiadite. È allora che ti spegni dentro e pensi che tutto sia perduto. Invece tutto può cominciare di nuovo: sei tu che devi trovare nuovi colori per ridare senso alla tua vita!» I tre animaletti guardavano attoniti, stentavano a capire quell’albero secolare dalle parole penetranti. Lo fissavano con lo sguardo di chi intuisce che ha molto da imparare da chi ha scolpito nell’anima il segreto della gioia.

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Il faggio si accorse di ciò e con l’aria benevola di un vecchio saggio sorrise… La rondinella trovò l’ardire di interromperlo: - «Ma allora vuoi dire che questo paese è così grigio perché la gente ha chiuso nel cassetto i propri sogni…» - «Certo – rispose il faggio – e non solo… La gente pensa che non valga la pena sognare e lottare per i propri desideri, ed è quanto di peggio possa succedere… A Nerofumo è avvenuto questo. L’uomo della nebbia non avrebbe avuto alcun potere sul paese se nessuno gliene avesse dato…» - «E noi che possiamo fare?» – domandò il grillo. La rondinella, che aveva ascoltato attentamente, ruppe in un allegro cinguettio, stuzzicando la curiosità dei presenti che la fissarono curiosi, ma non disse ancora nulla. Lo scoiattolo, che fino ad allora era stato ad ascoltare, sbottò: - «Sì sì, parlate bene voi, ma a chi affidiamo un lavoro del genere?» Il faggio lo ascoltò con attenzione e con una punta di bonario rimprovero rispose: - «Amico mio, l’errore che tu stai facendo è quello che hanno fatto quelli che sono stati qui prima di noi. Hanno sempre pensato che il cambiamento dovesse essere una sorta di ricostruzione di un vecchio rudere! Non è così! Non dobbiamo rifare da capo il paese, ma ridare vita a ciò che c’è già». - «Non capisco come…» - balbettò lo scoiattolo.

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- «Io invece sì!» - intervenne la rondine arguta, pronta a voler condividere quella che lei già considerava l’idea più grande della sua vita! Ma il grilletto, ignorandola, sbottò: - «Sono d’accordo con lo scoiattolo! Ma insomma! Guardatevi intorno e ditemi a quale pittore si può affidare un’impresa tanto ardua!» - «Ma volete ascoltarmi?» – protestò ancora la rondine, un po’ infastidita dalla noncuranza fin troppo palese di quel pubblico poco attento… - «Già, già. Bisogna trovare un modo - trillò il grillo, ma poi spaventato e come se avesse azzardato troppo, cambiò tono di voce. Quasi sussurrando disse: - Veramente non ho proposte da fare...» - La rondinella sbuffò… lei un modo lo aveva!

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Perché non le davano ascolto? Conosceva tanta gente, aveva viaggiato tanto e… “qualcuno”, ne era certa, non si sarebbe tirato indietro! No, era suo amico! Quante volte era andato a suo favore durante gli interminabili voli, oppure l’aveva svegliata quando, appollaiata sul ramo di un albero, dormiva beatamente, rischiando di perdere lo stormo! Era bastato che scuotesse il ramo e lei con un battito d’ali, aveva spiccato il volo raggiungendo il gruppo. Oppure quante volte l’aveva aiutata a trovare piccoli rametti caduti a terra per costruire il nido. Con il suo soffio rimestava le foglie fino a mostrare alla rondinella il materiale più adatto per la sua “casetta”. Chi era? La rondinella sbattè le ali, cinguettò rumorosamente, poi fissò i due amici lasciandoli col fiato sospeso e riprese orgogliosa: - «Posso parlare? Io ho la soluzione!» - «Cioè?» - «So a chi chiedere» – rispose enigmatica. - «Andiamo, non tenerci sulle spine! A chi?» – chiese ansioso il grillo. - «Al vento…» - «Al vento?» Esclamarono in coro gli altri due quasi un po’ delusi.

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- «Sì sì il vento! Voi non immaginate di cosa sia capace quando ci si mette! Lo raggiungerò e gli chiederò di venire qui a Nerofumo e di soffiare con tutta la sua potenza. In questo modo la patina grigia scomparirà!». - «La fai semplice tu! Ci vorrà un soffio davvero energico: tutto questo grigiore non verrà via con tanta facilità!» - «Lasciate fare a me, so quello che dico!» E, detto fatto, la rondinella si librò nel cielo e sparì. I due, rimasti soli, si guardarono, cominciando a provare un senso di inquietudine… Dopo tutto forse le cose non avevano bisogno di cambiare, era sempre stato così… Il cambiamento è pericoloso! Bisogna scomodarsi in prima persona! Nemmeno i saggi del paese avevano voluto tentare e ora sarebbe toccato proprio a loro, tre insignificanti creature, piccole e fragili. Ma che avventura era mai questa? Sicuramente un fallimento annunciato e loro avevano una dignità da salvare! Non era forse il caso di abbandonare l’idea? La rondinella intanto aveva già spiccato il volo per andare alla ricerca del suo amico. Viaggiò poco? Viaggiò molto? Non si sa…

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Il vento Lo sorprese mentre si divertiva a soffiare sulla riva del mare così da far ballare le onde e scomodare i pesci che cercavano di tanto in tanto di salire in superficie. Lei si fermò sul bordo di una barchetta ormeggiata sulla riva, si sollevò sulle zampette come per respirare tutta quella fresca aria di mare e attese. Intanto cercava di trovare le parole giuste per spiegare, a quel vecchio amico, di cosa avesse bisogno. Le sembrava ridicolo e bizzarro quanto stava per raccontare, tuttavia non aveva scelta e soprattutto non aveva tempo da perdere. Doveva far presto: il vento non resta per molto tempo in un luogo… questo lei lo sapeva bene. Il vento, nella sua corsa, sembrava non averla notata e, divertito, continuava a soffiare, ora anche sui granelli di sabbia che si alzavano rincorrendosi in piccoli mulinelli! - «Sei proprio un gran dispettoso» – lo apostrofò lei ridendo. - «Ehi! E tu cosa ci fai qui tutta sola?» - rispose il vento fermandosi e soffiando, ma questa volta come chi deve riprendere fiato dopo una lunga corsa. - «Veramente sono qui per chiederti un grosso favore. Solo tu puoi essermi d’aiuto…» Il vento non la lasciò finire e le disse con un punta di ironia: - «Lasciami indovinare… fatti guardare… tu

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hai perso di nuovo il gruppo! Ti conosco, hai sempre la testa fra le nuvole!» Ridacchiò sotto sotto, continuando a soffiare spostando le nubi che, nel frattempo, si erano addensate nel cielo. - «Vediamo un po’ se riusciamo a rimediare…» - «Acqua, acqua amico mio! Questa volta non ci sei proprio! Non sono qui per me ma per…» - «Oh spirito nobile!» – ribattè divertito il vento senza lasciarle terminare la frase. - «Smettila di prenderti gioco di me! La cosa che devo chiederti è importante perciò voglio che mi ascolti!» Il vento si fermò meravigliato che da un esserino tanto delicato potesse venir fuori una tale forza: mai quella rondinella aveva parlato con così forte determinazione. Lei, infastidita, con le piumette alzate e le ali pronte al volo bofonchiò: - «Mah, forse ho sbagliato a rivolgermi a te, sei il solito buontempone! Hai mai dovuto 29


affrontare difficoltà? Ti vanti di grandi imprese e certamente ne sei l’artefice, ma poi non sai ascoltare le vibrazioni che nasconde un grido di aiuto! Tu arrivi, scompigli ogni cosa e te ne vai!» Il vento divenne serio e con un punta di imbarazzo si fermò. Diminuì la sua potenza divenendo una dolce brezza… tipico di quando doveva affrontare qualcosa di serio. - «Perché mi parli così rondinella? Io sono tuo amico. Mai prima di oggi ti ho vista tanto inquieta… Cosa ti succede?» - «Perché forse mai prima di oggi ho avuto nella testa qualcosa di tanto importante!.. diciamo di “socialmente impegnativo”» – ribattè secca. Il vento trattenne nuovamente a stento una risata, non voleva ferire la sua amica. Faticava ad indovinare quale grande catastrofe quel piccolo esserino volesse scongiurare, tuttavia si pose in ascolto. La rondinella intanto si era accomodata sulla parte più alta della palma. Da lì poteva parlare senza essere disturbata dagli altri uccellini che, vista la stagione inoltrata, erano incuriositi dalla sua presenza e continuavano a girarle intorno. Che si trattasse di una rondinella sovversiva? Può sembrare strano, ma anche gli uccelli conoscono la legge del pettegolezzo! Lei però sembrava non prestare attenzione a quegli amici invadenti. Aveva un unico scopo: restituire a Nerofumo i colori della gioia, dunque li lasciava parlare.

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- «Vedi – cominciò – poco distante da qui, a nord di questa zona, c’è un paese come non ne ho mai visti in tutti i miei viaggi e che forse non vedrò mai più… e nemmeno tu. Vorrei che venissi con me, perché le parole non posseggono le sfumature giuste per descriverlo… E’ davvero… surreale!» Il vento non si scompose più di tanto: avrebbe comunque dovuto continuare il suo viaggio e per lui andare a nord o a sud non faceva differenza. - «Finora ciò che mi chiedi non è così impegnativo…mi domando se…» - «Vieni con me. Non fare questioni. Quando saremo giunti lì, solo allora, potrai dire qualcosa!» Si librarono in volo. La rondinella spiegò le ali che, come un timone, la facevano virare ora a destra ora a sinistra. Il vento non aveva problemi, non conosceva ostacoli per infilarsi in ogni anfratto, tra le chiome degli alberi o fra i cespugli bassi e fitti. La rondinella guidava la spedizione. Arrivarono. Lei trovò posto sulla vecchia torre. Da lì potevano vedere tutto, e lo spettacolo offerto somigliava ad una vecchia cartolina ingiallita. Il vento si arrestò incredulo! Sicuramente era già passato di lì, ma non ci aveva mai badato. - «Eccoci arrivati – disse ansimando la rondinella, mentre guardava di sottecchi l’amico, con la soddisfazione di chi ha finalmente la ragione dalla sua parte. - Che te ne pare? Ora capisci cosa volevo dire?»

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Il vento non rispose. La cosa era più inverosimile di quanto pensasse. Tutto quel grigiore era innaturale e lui stesso, esperto viaggiatore, non aveva mai visto nulla del genere. - «Allora non dici nulla? - lo apostrofò nuovamente la rondine - Parla, dì qualcosa!» - «Avevi ragione tu, questa è davvero la cosa più stramba che mi sia capitata di vedere in tutti i miei viaggi…» - «Appunto, quindi stammi a sentire. Dicono che i colori di questo paese siano nascosti sotto la coltre di grigiore soffocante che vedi. Bisogna solo riscoprirli. Nessuno di noi ha una potenza tanto grande da riuscire nell’impresa. Tra l’altro ci vorrebbe molto tempo: quindi devi provarci tu che di forza ne hai da vendere!» - «Ci sono altri con te?» - domandò sorpreso il vento. - «Guarda là!...» - fece cenno la rondinella e da lontano videro qualcosa saltellare sull’erba. - «È lo scoiattolo, - trillò lei - se guardi bene lo cavalca un grilletto vispo e sagace!» Nel dire queste parole sorrise divertita alla vista di quei due che, ansimando, cercavano l’uno di correre più veloce possibile, l’altro di mantenersi in equilibrio su quelle montagne russe! Quando giunsero in prossimità della rondine le presentazioni erano state praticamente già fatte. Il vento si inchinò maestosamente, facendo piegare le primulette appena sbocciate tra l’erba ormai alta e incolta. I due lo guardarono con riverenza. Poi, muti, rivolsero lo sguardo alla rondine che, emozionatissima, fece due o tre giri intorno alla torre e in picchiata, atterrò sull’erba. 32


- «Ehi ma sei matta? Ci fai girare la testa! Che ti è preso? Ci manchi solo tu, già siamo in un dedalo di problemi…!» La rondinella non lasciò che terminassero le loro nenie lamentose. - «Ecco a voi il mio fedele amico. Con lui potremo osare questa impresa più grande di noi!» Dopo un attimo di indugio, il grillo ruppe il silenzio imbarazzante che spesso riempie gli spazi vuoti che seguono i nuovi incontri… - «Ehm egregio buonasera… penso che lei sappia già tutto!» - «Beh a dire il vero non so molto, ma quello che ho visto mi è sufficiente per capire che qui deve essersi verificato qualcosa di molto strano…» Il grilletto cominciò a rievocare la storia, arricchendola naturalmente dei dettagli appresi dal racconto del vecchio faggio. Il vento ascoltò. Attento. La sua espressione cambiava a mano a mano che il racconto si faceva più dettagliato. Quando sentì nominare l’uomo della nebbia ebbe un tremito. Aveva capito e in cuor suo, se un cuore il vento ce l’ha, decise di aiutare questi nuovi amici. - «Ascoltate tutti, penso che qualcosa si possa fare!» - «Ai suoi ordini… eccellenza!» – trillò il grilletto senza esitare. - «Ecco cosa penso…» E bisbigliò ai tre qualcosa che doveva essere molto particolare, vista la loro espressione interrogativa. 33


A regola… d’arte Il vento lasciò gli amici e se ne andò fischiando. I tre si guardarono, complici, e corsero giù dalla collina, prendendo la strada che andava verso il bosco. Non dissero una parola, quasi avessero il sentore di nefasti presagi. In men che non si dica si ritrovarono ai piedi del faggio che per… ovvii motivi non li aveva seguiti!!! Quando il faggio conobbe le intenzioni del vento fece spallucce con i rami più bassi del tronco, ma non disse nulla. Cosa voleva fare il vento? Semplice… forse un po’ troppo semplice… Aveva deciso di potenziare il suo soffio al quale nessuno resiste: sperava che tra tanto scompiglio tutti gli abitanti del paese aprissero le finestre delle loro case, se non altro per vedere di cosa si trattasse. A quel punto la luce sarebbe passata attraverso le finestre e chissà… la gente avrebbe cominciato a riprendere vita. Purtroppo si faceva illusioni e, abituato com’era a impartire ordini senza consultare nessuno, aveva sottovalutato la durezza di cuore delle persone. Quando arrivò cominciò a fischiare e a sibilare come non aveva mai fatto prima. Tutti si accorsero dello strano movimento, ma… incredibile! Nessuno sembrò curarsene. Rimasero ai loro posti come statuine ormai abituate al ruolo di soprammobili. Noiosamente… annoiati. Le case continuarono ad avere porte e finestre serrate, nessuno le aveva aperte. Dopotutto che senso aveva se era sempre tutto grigio!… 34


Il vento volle comunque continuare: passò e ripassò per quelle strade; soffiava e soffiava, ora con dolcezza, ora con forza … Quando, esausto, si accasciò al suolo con gli occhi chiusi, non sentì alcun rumore. Li riaprì quasi subito… non era cambiato nulla. - «Povero me - pensò - anche se inizialmente mi era sembrata un’operazione difficile, non pensavo sarebbe stata così complessa… il risultato è un vero e proprio fallimento» Se ne tornò sulla collina mortificato, ma non sconfitto. I tre amici lo aspettavano e si misero in cerchio attorno a lui… - «Ma… e allora? Cosa non è andato bene?» Il vento, con l’umiltà dei grandi e la saggezza di chi conosce bene cose e persone, rispose sommessamente: - «Vedete, ho fallito, ma questo mi è servito per rendermi conto di una cosa importante: mi sono accorto che qui manca molto più di ciò che abbiamo pensato. Manca la vita. Ecco la chiave di tutto. Avevo sperato che tutti aprissero le finestre! In quel modo sarei entrato come un respiro di vita in ogni angolo delle loro case, restituendo l’anima a ciò che col tempo è ingrigito per mancanza di gioia ed entusiasmo. Volevo regalare ad ognuno un soffio di novità. Tuttavia ho capito che in realtà la gente non vuole rischiare, perché aprirsi al cambiamento richiede sforzo, impegno e costanza. Soprattutto costanza!» - «Così pensi che la riuscita di certe cose dipenda dall’impegno?» – azzardò il faggio. 35


- «No, non è proprio esatto … non è solo l’impegno degli uomini a stabilire che qualcosa di grande avvenga, ma il cuore insieme alla volontà…» - «Il cuore?» - Esclamarono i tre. - «Sì, quando, nel desiderio di un cambiamento, il cuore e la volontà sono coinvolte, la mente e l’intelligenza partecipano, ma senza essere determinanti. Loro, da sole, sono fredde. In ogni cosa ci vuole il cuore, il solo che impedisca alla mente di chiudersi nelle sue rigide elucubrazioni. Questa, da sola, rischia di costruire attorno a sè giardini di ghiaccio! Se il cuore non è coinvolto in ciò che cerchiamo di realizzare, resta chiuso e la luce non può raggiungerlo». I tre stavano a sentire, ma ancora una volta non erano tanto sicuri di aver capito cosa il loro amico volesse dire. Si guardarono con gli occhietti sgranati. Il vento continuò: - «Dobbiamo iniziare dal cuore. Se il cambiamento parte da lì, allora tutto prende colore». - «È complicato! Forse non riusciremo mai in questa impresa» - mormorarono tutti in po’ delusi. Non ebbero risposta. Si stava facendo buio e i tre decisero di tornare ognuno nelle loro tane. - «La notte porta consiglio…» – aveva suggerito il saggio faggio. Loro non lo sapevano, ma stava già accadendo qualcosa di magico… Infatti quella notte 36


qualcuno ricominciò di nuovo a sognare... Sui grandi sogni a volte si alzano le cortine della notte, ma poi basta poco per riaccendere l’aurora. La mattina dopo si ritrovarono tutti all’appuntamento sotto il vecchio albero, puntuali come un orologio svizzero. Anche il vento era lì. Tirarono fuori le loro idee, alcune un po’ bizzarre e originali, altre più concrete e degne di considerazione. Nessuna però sembrò soddisfare il gruppetto. Ultimo a parlare fu il vento. Lui ora aveva le idee chiare. - «Ascoltate amici: qui ci vuole qualcosa di esplosivo, qualcosa che risvegli l’animo della gente. Ho viaggiato tanto, forse e vero, da qualche parte ho portato scompiglio…» Così dicendo guardò la rondinella che il giorno prima lo aveva apostrofato tanto duramente! - «Ho portato, però, anche gioia e sollievo. Ora devo svelarvi un primo segreto. Per il secondo abbiamo tempo. Nessuno l’ha mai saputo perché fino ad oggi è appartenuto unicamente a me! Conosco ogni angolo del mondo e ogni volta che sono passato in un luogo ho cercato di catturare il bello che c’era: la risata di un bambino, un canto melodioso, una musica, delle parole gentili… insomma ho portato con me le cose magiche e semplici della vita di ogni giorno…» I tre ascoltavano attoniti. Ma insomma chi era costui? Che significato avevano le sue parole? Ora erano curiosi di capire, ma nello stesso tempo rispettosi di un segreto che, sapevano, non poteva essere svelato con tanta fretta. 37


- «Ho pensato che è arrivato il momento di mettere a disposizione ciò che ho per dare una mano. Ecco la mia idea: passerò in mezzo al paese, ma non mi limiterò a soffiare. Farò di più. Libererò i canti più belli insieme alle grida gioiose e alle risate dei bambini; in quei luoghi dove il grigio è più cupo scioglierò le melodie più dolci, quelle che passano al cuore. La gente non potrà fare a meno di aprire le finestre per capire cosa succede, a quel punto sarò libero di entrare nelle case. Non capiranno subito, perché le persone non sono più capaci di catturare l’armonia, però sono sicuro che si lasceranno rapire dalla scia di luce che le cose belle si portano dietro. Sarà il momento in cui la luminosità della gioia e della speranza riusciranno a confondere il grigiore di questo paese, a rimuovere quella patina grigia che si è annidata in ognuno e che nessuno ha saputo combattere». Tacque per un istante, poi riprese: - «L’uomo della nebbia in fondo non è mai esistito». - «Cosaaaa?»– gridarono in coro. - «Sì, era solo la proiezione dell’ insoddisfazione di ciascuno, della pigrizia e del vuoto della loro anima…. La gente non ha saputo combattere questo virus, che a poco a poco ha coperto di ombre ogni anfratto umano. E l’uomo si è spento. Da solo». Il grilletto ascoltava a bocca aperta; con un balzo si spostò su un altro fiore per ascoltare ancora meglio. Non voleva perdere una virgola di quel discorso rivoluzionario! 38


- «Quando sono gli altri a volerti spegnere, forse, anche solo per orgoglio, trovi la forza di lottare. Quando sei tu che decidi di lasciarti andare è più difficile venirne fuori, perché lì la tua anima lotta contro la tua stessa volontà debole, non contro la volontà altrui». - «Ma come …allora?!!?...»- balbettarono i tre, che per ora parevano più confusi che convinti. - «L’uomo della nebbia esiste dentro ognuno di noi. Non può cambiare la nostra vita se non lo vogliamo. Ma se decidiamo di non lottare più, lui ne diventa il padrone e ci copre di inedia». - «Ecco perché nessuno lo ha mai visto borbottò quasi fra sé il faggio - Io avevo capito solo in parte tutta questa storia, che a quanto pare è più complessa del previsto!» - «L’uomo della nebbia – seguitò il vento – è il negativo che ci portiamo dentro; brucia le

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energie e le soffoca. Poi, soddisfatto, ci lascia soli e se ne va. Silenzioso e ingannevole. Così com’è arrivato. Questo paese ha bisogno di noi… Adesso! Da soli non ce la faranno mai!» - «Allora non c’è tempo da perdere! – gridò la rondine! - Dobbiamo almeno tentare: la tua idea sembra buona! Forza amico, datti da fare, siamo con te!!!» - «Ma… e il secondo segreto?» - chiese il faggio. - «Ve l’ho detto… per quello c’è tempo…» Il vento, senza attendere oltre scivolò via tra i rami degli alberi, fischiettando e divertendosi a spettinare i cespugli. Giunse alle porte del paese. Prima di mettere in atto il suo piano volle fare un giretto. Con il suo piglio dispettoso arrivò nella piazza. Tutto era rimasto come lo aveva lasciato. Le panchine erano occupate dai soliti giovanotti… attempati. Sedevano a gambe larghe; c’era chi con le braccia penzoloni si divertiva a sradicare i fili d’erba che uscivano selvaggi dalle crepe del cemento, chi fumava un sigaro divertendosi a giocare con i cerchietti di fumo, chi stava semplicemente a guardare. Parlavano del più e del meno. Non si curavano di quanto accadeva attorno a loro. Ai crocicchi delle strade gruppetti di donne dall’aspetto non molto curato, facevano a gara a chi sfornava più notizie ora sull’uno ora sull’altro. Alla fine andavano via sentendosi più vuote di quando erano arrivate.

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Gli unici, forse i più spensierati, erano i bambini… I loro sogni non erano ancora svaniti del tutto. Solo sopiti. Nei giochi si nascondeva la forza misteriosa e meravigliosa della vita che lotta per non essere spenta. Il vento terminò il suo giro di perlustrazione. Era pronto a riprovare. L’impresa richiedeva impegno, questo lo sapeva, ma si poteva tentare di nuovo. Cominciò a rallentare la sua corsa, divenne una brezza. Liberò subito una dolce musica che aveva portato con sé da molto lontano. Insieme alla musica lasciò scivolare le note armoniose di un canto, poi qua e là sparse le grida e le risate argentine dei bambini e i sogni, tanti sogni... La gente del paese sembrò quasi rapita da quanto accadeva. Tutti si scossero dall’abituale torpore ormai secolare. Prima ascoltarono in silenzio, poi pian piano cominciarono a sorridere. Qualcosa di speciale era arrivato al cuore. Tutto era così magico, così carico di sentimento, di dolcezza e insieme di forza! Non poterono fare a meno di alzarsi dalle panchine e riunirsi a gruppetti per capire cosa stesse accadendo e condividere il piacere di quel momento. Si guardavano l’un l’altro. Attoniti. Inconsciamente temevano che tutto finisse troppo presto. Erano secoli che non provavano una sensazione di benessere che li coinvolgesse intimamente. Un benessere che venisse dall’anima. Si ritrovarono a sorridere quasi inconsapevolmente.

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- «Ma… cosa succede?...» le loro voci erano concitate e disorientate. - «Guardatevi attorno amici!!! Che sensazione di pace e di leggerezza si sente nell’aria... la percepite anche voi?» Era la voce un po’ atona di Nino il macellaio che fino a poco tempo prima stava disteso, anzi quasi sdraiato, su una vecchia sediolina di legno dietro il bancone. - «Ho anch’io la stessa sensazione, mi sembra di stare… come dire… in Pa-ra-di-so!» – scandì eccitato Tommaso il falegname che, senza perdere tempo, cominciò a gridare dalla strada a sua moglie di affacciarsi alla finestra per vedere cosa stava succedendo. Marcello il parrucchiere apparve sull’uscio della sua bottega con le mani ancora piene di schiuma e dietro di lui fece capolino, con la testa insaponata, il simpatico Gennaro. Gennaro! Un tipo davvero spassoso! Dovevate vederlo: un bavaglio bianco che gli arrivava ai piedi, la testa insaponata e la schiuma da barba che aveva reso il suo servizio alla lametta… ma solo da una parte del viso! Tutti quelli presenti alla scena non poterono fare a meno di esplodere in una sonora risata! Finalmente la vita era tornata a pulsare nel suo straordinario quotidiano. E tutto il resto? Semplice! Tutto il resto era lo stesso. Stava cambiando solo il modo di vedere le cose. Tutti cominciarono a stupirsi di nuovo e a riscoprire la bellezza del cielo, dei prati, del vecchio boschetto! Subito ne percepirono

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colori e profumi. La gente ancora non lo sapeva, ma erano stati loro stessi a cambiare le cose: aprendosi alla bellezza erano tornati a vivere dentro. Perché infatti nella città non erano mai mancate le meraviglie: si era solo perduto lo stupore della meraviglia! Noi non siamo fatti per la mediocrità e quando ci ostiniamo a percorrere strade non nostre, piano piano arriviamo al deserto. Il paese dunque tornò a brillare di colori vivi e caldi: ognuno con il suo ritrovato ottimismo aveva contribuito ad accendere sfumature diverse dentro e fuori di sé, ricominciando a sognare. 43


Le curve dolci dei sorrisi iniziavano a smussare gli angoli spigolosi dei brutti caratteri... Piano piano si avvicinò altra gente. - «Cosa succede?» – osò chiedere uno dei più giovani che fino a poco prima si stava divertendo a incidere, con un temperino, il suo nome su una panchina già screpolata. - «Ancora non lo so, ma sembra bello...» rispose il vecchio Samuele. Lui per tutti era Sam: la sua lunga barba brizzolata gli aveva conquistato il rispetto dell’intero paese. Non che fosse particolarmente saggio, ma si sa, lì dove non ci sono forti convinzioni l’apparenza è tutto ciò che conta e in questo caso rovescia l’antico detto che “ l’abito non fa il monaco”. Le donne, poi, non smettevano più di meravigliarsi, accompagnando quella musica con movimenti lenti e sospiri sognanti. Ci vuole poco a toccare il cuore di una donna e insieme a svegliarne la gioia. Furono loro, quindi, le prime a sentire il bisogno di cantare e danzare. Si guardarono, complici, e in un attimo sciolsero la seduta dirigendosi chi di corsa, chi a passo lesto, verso la propria casa. Tra gli abitanti di Nerofumo non ci fu bisogno di tante parole… dopo pochissimo tempo era già pronto il cartello con la nuova indicazione per il paese: Chiarocielo

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Missione compiuta… Il sole stava per sparire pigramente dietro le montagne, ma fece in tempo a vedere qualcosa di talmente incredibile che pensò (questo non ditelo in giro) di rallentare la sua discesa per godersi lo spettacolo! La magia continuava. Decine, ma che dico, centinaia di finestre si aprirono non senza un po’ di fatica e di stridore di ruggine… Intanto la musica dolce continuava a riempire ogni spazio e cominciò a inondare le case che avevano spalancato gli usci. E allora ecco i colori: rosso, bianco, azzurro, verde, celeste… quanti!... Il paese era irriconoscibile! Il vento ci aveva preso gusto. Sembrava non voler smettere più. Era diventato una dolce brezza. Tutti erano rapiti da questo sconvolgimento. Era così bello sentire la novità dentro al cuore dopo anni di monotona passività. La gente che aveva voluto aprirsi al soffio di novità tornò a sorridere, a guardarsi negli occhi e, cosa più importante di tutte, tornò a sognare. La signora Palmira e il vecchio Luigino continuarono le loro dispute, ma questa volta erano protagonisti gli straordinari fiori colorati tornati a splendere fra l’erba. I bambini gridavano di gioia e di meraviglia davanti a quella tavolozza di colori mai vista prima, mentre gli uomini avevano abbandonato le panchine, cominciando a fare progetti per il futuro. 45


E i nostri amici? Beh loro erano rimasti sulla collina. Di lì avevano potuto osservare ogni cosa. I loro occhi videro ciò che non avrebbero mai pensato di vedere. I colori di Chiarocielo erano i più vividi e brillanti di quelli di tutti gli altri paesi. L’allegria e la gioia della gente si poteva sentire fin lassù. Il sindaco aveva chiamato la banda, che si mise a suonare. La musica passava magicamente dal cuore agli strumenti musicali senza bisogno di partitura. Tutto era armonioso. I nostri amici stavano ritti, con lo sguardo fisso all’orizzonte, quieti, ma felici. La rondinella fu la prima a rompere il silenzio, senza tuttavia staccare gli occhi da quella meraviglia. - «Che spettacolo! - mormorò - Quanti colori mai visti! Sprizzano vitalità; il cielo ora sembra attraversato da un grande arcobaleno fatto di tante minuscole gocce di cristallo… Non dimenticherò mai tutto questo e voi, amici. Qui ho vissuto la parte più importante della mia vita, qui ho realizzato il mio sogno: non passare tra paesi e città come una comune rondinella viaggiatrice, ma, almeno per una volta, lasciare qualcosa di me. Qui mi sono sentita utile. Vivendo con voi ho percepito che la mia esistenza diventava più preziosa nella misura in cui la spendevo per qualcosa di grande. Ora raggiungerò lo stormo. Si saranno chiesti dove fossi. Forse capiranno, forse no, forse criticheranno la mia assenza o forse nessuno l’avrà notata, ma non importa, io conserverò 46


sempre dentro di me la magia di questa avventura». Nel frattempo era arrivato il vento. Il primo ad accorgersene fu il faggio dalla folta chioma, perché le sue foglie cominciarono a rumoreggiare. Fece un mulinello gentile e si distese, diventando una brezza fresca e riposante. - «Missione compiuta – sibilò allegramente. – Questa volta non è stato difficile! Vedete, l’uomo è così vicino a Dio da sfiorarne la divinità. Dentro di lui c’è un universo inesplorato, c’è un movimento di spirito e anima che non può essere messo a tacere... E’ fatto a Sua Immagine, per questo è anch’egli fantasioso, libero, creativo!». - «Ehi amico ma tu chi sei? Usi dei grossi paroloni... Fortunatamente per te siamo intelligenti! – interruppe scherzosamente lo scoiattolo». Tutti scoppiarono in una fragorosa risata. Il vento non rispose subito. Li guardò bonariamente, quasi indugiando, poi si fece maestoso e si alzò fino alla cima del faggio. I quattro lo fissavano incuriositi, questa volta senza ridere. Aspettavano una risposta. - «Amici, ricordate che vi dissi che vi avrei svelato un secondo segreto? – dichiarò con tono sommesso – è arrivato il momento. Tanto tempo fa, quando le notti si confondevano con il giorno e il cielo non aveva altro specchio se non le acque del mare, tanto tempo fa ricevetti una missione: essere il Soffio di vita di Dio! Ecco perché mi trovo sempre al posto giusto e al 47


momento giusto quando qualcuno ha bisogno di me. Bisogna solo chiamarmi! La piccola rondinella ha saputo scegliere. Io solo posso aprire le porte ed entrare; non ho bisogno di grandi spazi, basta una fenditura ed io riesco a passarvici e tutto ciò che è buio si illumina, ciò che è opaco riprende i colori. Ora capite perché sono riuscito a portare a termine una missione tanto difficile. In fondo la gente mi aspettava. Mi chiamava già senza saperlo». Si fermò un attimo, poi riprese: - «Grazie rondinella, grazie amici. Voi avete dato un pezzo del vostro cuore a questa avventura. Badate bene, nessuno lo saprà mai. Non diventerete famosi. Fra poco, dopo il calar del sole, tu riprenderai ad essere l’anonima rondinella che segue il suo stormo; tu, piccolo grillo, colui che si perde tra i tanti fili d’erba di questo immenso bosco; tu scoiattolo, sarai come sempre il veloce corridore dei prati e tu caro vecchio e buon faggio tornerai a muovere le chiome e a dare un po’ di frescura con la tua ombra. Nessuno saprà mai cosa sia successo veramente. Magari i nonni racconteranno ai nipotini delle storie su Nerofumo, ma non sapranno mai come siano andate realmente le cose. Forse non ce n’è bisogno, perché ciò che veramente conta è stato restituire un’identità a chi l’aveva persa». Il vento tacque. Questa volta i suoi amici avevano compreso molto bene. Non dissero nulla. Non ce n’era bisogno, ma una gioia profonda li invase. Si senti il garrito delle rondini. Un altro stormo stava passando. 48


- «È venuto per me il momento di andare…» - disse la rondinella, e con due o tre virate acrobatiche tornò a farne parte, confondendosi nel gruppo. Gli amici la videro allontanarsi. Poi niente più. Da lontano si sentì un vociare gioioso: era un gruppo di ragazzini arrivato fin sulla collina per ammirare il prato che ormai sembrava una tavolozza di colori di tutte le tinte. Lo scoiattolo, con un balzo, fu dall’altra parte del prato e così fece il grillo. I ragazzi se ne accorsero e gridarono con l’entusiasmo di grandi esploratori: - «Guardate uno scoiattolo!!!» Cercarono di inseguirlo, ma fu del tutto inutile perché la velocità dell’animaletto li scoraggiò quasi subito. Al grillo nessuno fece caso. Troppo piccolo per suscitare interesse. I due amici, ormai distanti tra loro, si voltarono ancora alzando le zampette in segno di saluto… Sorridevano, perchè sentivano ancora le parole del Vento risuonare nei loro cuori: «Non diventerete mai famosi e per tutti sarete sempre: un’ignota rondinella, uno scoiattolo qualunque, un comune grillo come ce ne sono a centinaia e un vecchio faggio legnoso. Per Dio no. Per Lui sarete preziosi per sempre. Questo non perché potenti, o ricchi, o importanti. Niente di tutto questo. Nella vostra semplicità e nella vostra generosità avete aiutato gli uomini a toccare di nuovo il cielo. Avete aiutato l’aurora a sorgere ancora!...». FINE Al mio papà Guido, la persona più importante della mia vita! 49


Perchè questa favola? Essa descrive alcune gravi realtà che ci circondano: la perdita di tanti valori umani e soprattutto la stanchezza dell’anima che spesso nasconde, tra le ceneri, il desiderio di vita vera! Suor Carla fa parte dell’Istituto delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, vive in Avezzano e lavora a favore delle ragazze prigioniere del racket della prostituzione, un mondo grigio e buio, fatto di schiave e di sfruttatori. E’ proprio in questa periferia del mondo che Gesù ci chiede di entrare e di portare un raggio della sua misericordia!

Come aiutare suor Carla a riportare i colori? Tutto il ricavato dei libri andrà a favore della missione anti tratta, che ha lo scopo di togliere dalla strada queste donne e restituirgli libertà e dignità. Contribuirete anche voi a riportare i colori in una realtà umana così difficile e oscura... a volte basta poco... anche un piccolo raggio di luce! Vi proponiamo di diffondere la favola nelle classi di catechismo e nelle scuole! Grazie! Per contattare Suor Carla Venditti: carlvend04@yahoo.it

a cura del Patriota Cosmico: laperlapreziosa@libero.it ringraziamo Eugenio Lombi per aver curato la grafica




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