#cheauto! Settembre 2017

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#cheauto quando l’auto fa spettacolo

Nr.

17

Settembre 2017

€ 0,00

TORI, DRAGHI E VAMPIRI... un’avventura Lamborghini

Honda Civic Jeep Grand Cherokee Trailhawk Aston Martin Valkyrie


#cheauto quando l’auto fa spettacolo

Nr.

17

Settembre 2017

checosac’è #chedire?

7

• Un Mondiale per le GT3!

#chefoto #cheroba

8 20

• Tori, draghi e vampiri: un’avventura Lamborghini VIDEO

#chemacchina 32 • Honda Civic Sport VIDEO • Jeep Grand Cherooke VIDEO

#chebella • Aston Martin Valkyrie

66



#cheauto quando l’auto fa spettacolo

Nr.

17

Settembre 2017

checosac’è #checorse

76

• La nota di Enrico Zanarini - La Grande Mela Elettrica - Ancora un anno, per favore ... • CORTESIe - Hybrid Theory

#chestoria

96

• Ferrari 70

#cheleggenda 112 • Bentley Pacey-Hassan: una splendida ottantenne

#cheauto Periodico mensile digitale automobilistico Via Pesa del Lino 2B 20900 MONZA info@cheautomagazine.com www.cheautomagazine.com

Registrazione Tribunale Milano nr. 63 del 29/02/2016

Direttore Responsabile e Editore Vittorio Gargiulo Responsabile redazione USA Niccolò Gargiulo Grafica Diego Galbiati

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?

chedire

E’ la categoria più in salute e merita l’iride

UN MONDIALE PER LE GT3! di Vittorio Gargiulo

Più

avanti in queste pagine, nel suo pezzo dedicato al declino del Mondiale Endurance, Marco Cortesi analizza il come e perché il Campionato del Mondo delle maratone (prima fra tutte la 24 ore di Le Mans) versa in uno stato che, come minimo, dobbiamo definire “di difficoltà”. Cortesi, a fronte del declino conclamato delle LMP1 ibride (la sola Toyota è rimasta in lizza e probabilmente si concentrerà su Le Mans) segnala che invece la classe GT gode di ottima salute, con una bella ed equilibrata battaglia tra Ferrari, Porsche, Aston Martin e Ford, alle quali si aggiunge saltuariamente Corvette. Quindi accade cheFRONT nelle garePAGE WEC le griglie di partenze sono riempite dalle LMP2 (private e non) mentre i grandi brand si sfidano con le GTE. Perché quindi non eleggere a classe regina la GTE, riservando il titolo iridato a questa categoria? Ma vogliamo spingere ancora più in la nostra provocazione/proposta.

Se la classe GTE, costosa e frequentata solo da team ufficiali, è in grado di vedere al via 4/5 grandi brand la più economica GT3, perfetta per i team privati, vive uno stato di iper-salute e nei vari campionati in Europa, Asia e USA vede i pista una quindicina di differenti marche! La corsa più prestigiosa (24 ore di Spa) è una gli per gli occhi e ma tutte le gare delle varie serie sanno trasmettere brividi che altre categorie ormai si sognano. FIA continua (forse giustamente) a sostenere un Mondiale Turismo anch’esso ridotto ai minimi termini. Ci sono soltanto Volvo e Honda in pista con squadre ufficiali, con le “vecchie” Citroen e le “vecchissime” Chevrolet a fare da contorno nelle mani di team privati. Ma perché allora non eleggere a campionato del Mondo una serie GT3 il cui calendario potrebbe comprendere alcune delle gare, peraltro già organizzate, per le serie continentali? Non tutti i team vi parteciperanno (i meno strutturati resteranno fedeli alle serie continentali) ma certamente avremmo una varietà di marchi in pista da far girare la testa.


chefoto


Peugeot ha dominato il Silk Way Rally 2017 dall’inizio alla fine e ha sempre avuto una vettura In testa alla fine di ognuna della 13 tappe della corsa, che nel corso del mese di luglio ha collegato Mosca a Xi’an. Cyril Despres e David Castera hanno ripetuto l’impresa del 2016, portando al successo la loro Peugeot 3008 DKR anche quest’anno, dopo essere stati al comando per tutta la seconda parte della corsa


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Nel corso della sua serata di debutto mondiale, la nuova Jaguar E-PACE ha stabilito un nuovo GUINNESS WORLD RECORD™ ufficiale. La vettura britannica, nelle mani dello stunt man Terry Grant, è entrata nel libro dei record grazie ad un salto in lungo di 15,3 metri, completato da un avvitamento di 270 gradi

FRONT PAGE


chefoto Durante il Concorso d’Eleganza 2017 di Pebble Beach, Infiniti ha presentato un incredibile prototipo di roadster elettrico, elegante e dalle ruote scoperte, che sembra arrivare direttamente dagli anni “40 del secolo scorso. La vettura, che si chiama Prototype 9, rappresenta infatti una reinterpretazione di un’auto da corsa di quell’epoca, per la cui realizzazione sono state impiegate antiche tecniche di produzione



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Lo spettacolare gruppo di Formula Junior degli anni “60 riunite a Laguna Seca durante la Motorsport Reunion, una delle tante manifestazioni della Monterey Classic Car Week che ogni anno, in agosto, porta in California quantitĂ industriali di meravigliose vetture da ogni angolo del globo Fotografia Pressroom Rolex


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Una bellissima immagine di Neil Verhagen (MP Motorsport) durante la settima gara del Campionato Europeo di Formula Renault, svoltosi al Red Bull Ring (Austria) il 23 luglio Fotografia Dutch Photo Agency / red Bull Content Pool



chefoto Dopo circa 10 anni di esposizione statica presso il Museo dell’Automobile di Torino, la Peugeot Tipo 3 numero 25, prima auto a circolare in Italia, ha acceso l’interesse dell’ing. Alessandro Rossi e l’amico ing. Giannotto Cattaneo si sono dimostrati interessati a ricostruire anche la parte meccanica, dedicando tempo, passione e denaro… e ora la Tipo 3 ha ripreso la strada…

#ca


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cheroba

Un ritratto di Vlad III, custodito presso il Castello di Ambras, a Innsbruck (Austria) Immagine tratta da Wikipedia

Sei Lamborghini in Transilvania Sei magnifiche Lamborghini hanno sfidato la Transfăgărășan, una delle strade più belle del mondo, che si snoda nelle terre ove è sorta la leggenda di Dracula

a r d , i r o T


… i r i p m a v e i h g a


tori, draghi e vampiri…

L’Ordine

del Drago fu un ordine militare del Sacro Romano Impero Germanico, istituito dall’imperatore Sigismondo per contenere il potere dell’Impero Ottomano. Ebbene, cosa c’entra un Drago con il Toro Lamborghini? E, soprattutto, cosa c’entra Lamborghini con Vlad III, governatore di Valacchia (oggi una regione della Romania) nel lontano 1.400 e illustre membro della dinastia del Draculesti? L’improvviso interesse di Lamborghini per Vlad III (che, sia detto per inciso, fu il feroce e sanguinario personaggio che ispirò a Bram Stoker il personaggio di Dracula) deriva da un altro discutibile personaggio, molto più recente, che la storia di quell’area ci ha consegnato: Nicolae Ceausescu. Costui, dittatore della peggior specie, come tutti i dittatori era ossessionato dalla virulenza delle dittature più forti e potenti e perdeva il sonno rimuginando quanto fosse facile invadere la Romania per l’armata Sovietica. All’indomani dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia (1968) Ceausescu prese la decisione di far costruire un nuova strada attraverso i Carpazi per permettere alle truppe romene di muoversi più rapidamente in caso di un’invasione sovietica. Nacque così la Transfăgărășan, che



tori, draghi e vampiri‌



tori, draghi e vampiri…

Evidentemente l’affascinante Transfagarasan vanta un particolare potere di attrazione per le potenti supercar emiliane. Come non ricordare infatti che, nell’agosto del 2015, l’appassionato “pilota gentleman” Fabio Barone era entrato nel World Guinness Record percorrendo la tortuosa strada rumena alla invidiabile media di oltre 83 km/h. Presidente del Ferrari Club Passione Rossa, Barone ogni anno si regala nuove imprese con la sua Ferrari 458; nel caso specifico percorse un tratto di 12.850 metri, chiuso al traffico, in 9’13”442, siglando così una prestazione valida per il World Guiness Record

attraversa la terra di Dracula, la Transilvania, e si snoda per oltre 90 chilometri tra paesaggi di rara bellezza. Aperta solo da luglio a settembre e soltanto di giorno, fu costruita tra il 1970 e il 1974 ed è anche conosciuta come “La Follia di Ceauşescu”. Il percorso si inerpica attraverso le montagne più alte della Romania regalando viste mozzafiato e cambi rapidi di paesaggio, che passa da arido a verdi vallate. Orbene, poche settimane or sono sei Lamborghini Huracán (Coupé e Spyder a quattro e due ruote motrici), tra cui l’ultima Performante, hanno sfidato curve e tornanti di queste che è senz’altro una delle strade più spettacolari e impegnative del mondo… o forse “la più bella” del mondo, almeno stando alla definizione che i colleghi di Top Gear ne hanno dato durante una puntata del 2009. Il convoglio è partito dalla città di Sibiu, ha attraversato il villaggio di Cartisoara per poi snodarsi velocemente sui numerosi tornanti che tagliano le montagne Fagaras. Il gruppo di Lamborghini è poi arrivato fino al punto più alto del lago Balea e infine è disceso verso la suggestiva diga Vidraru, da cui si scorge proprio il rudere del castello di Vlad III di Valacchia.



tori, draghi e vampiri‌



tori, draghi e vampiri‌


#ca


chemeccanica

LA NUOVA HONDA CIVIC

HONDA, MONZA e DNA Giunta alla decima generazione, la Civic offre un’anima sportiva, un design aggressivo e motorizzazioni generose. Questa vettura, che non deluderà chi ama la guida dinamica ma saprà soddisfare anche le esigenze di una famiglia, beneficia del più imponente programma di sviluppo di un singolo modello mai realizzato dalla Casa nipponica



honda, monza e dna

Sono

passati esattamente 50 anni da quella memorabile edizione del Gran Premio d’Italia 1967. Quella del semaforo al posto della bandiera, di Jim Clark “extra-terrestre” e sfigatissimo, delle “gomitate” tra Brabham e Surtees e infine della “furbata” del pilota Honda all’ultima curva… Doveva essere la gara di Clark. Lo scozzese, in forma smagliante, aveva dominato già in prova e sapeva interpretare al meglio la Lotus 49. Inavvicinabile per tutti, Clark scatto subito al comando, condusse perentoriamente per i primi dodici giri sino a che una sfortunatissima foratura lo costrinse ai box. Perse

Foto world.honda.com

quasi un giro ma, caparbiamente e con una incredibile serie di giri record, riuscì a recuperare su tutti e a riagguantare la prima piazza a poche tornate dal termine. Il pubblico era letteralmente in delirio. Quel Gran Premio del “67 avrebbe potuto essere il suo capolavoro, la sinfonia destinata a restare nella storia… e invece no: a un solo giro dalla fine la pompa della benzina della sua Lotus smise di funzionare, costringendolo a raggiungere il traguardo quasi a passo d’uomo. Ed ecco allora che la storia, mentre si fa beffe del più veloce della terra, decide che si, quella di Monza 1967 doveva comunque essere una corsa memorabile. Ma facciamo ora un passo indietro. Honda


era in Formula 1 da alcuni anni, prima con una monoposto 1.500, (interamente realizzata in casa e capace di vincere nel 1965 il Gran Premio del Messico con Richie Ghinter) e poi con una vettura da 3.000 cc. come il regolamento imponeva dal 1966. Ma nel 1967, malgrado un buon terzo posto in Sudafrica, la Honda RA 273 non ne voleva proprio sapere di comportarsi dignitosamente. Il pilota era John Surtees, che dopo aver burrascosamente interrotto il suo rapporto con la Ferrari a metà “66 (ed aver concluso quella stagione con la Cooper Maserati) era approdato alla corte Honda a inizio stagione. Da buon inglese e pilota espertissimo Surtees ci mise del suo per convincere i dirigenti Honda che la soluzione dei problemi stava in Gran Bretagna, perché soltanto laggiù avrebbero potuto costruire velocemente un nuovo telaio per ospitare il potentissimo (420 cavalli!) dodici cilindri Nipponico. E così fu: Honda incaricò la britannica Lola di costruire una scocca per loro, che fu chiamata RA 300. Il debutto di questa Hondala (come fu maliziosamente soprannominata dalla stampa internazionale) avvenne proprio a Monza, in settembre. In prova andò così così: Surtees conquistò una posizione a metà griglia ma in gara pilota e vettura trovarono presto un buon passo, tale da tenerli stabilmente nelle posizioni di testa. E quando all’ultimo giro la Lotus di Clark si ammutolì tra Surtees e la sua prima vittoria in Honda rimase solo Jack Brabham, alla guida della sua creatura. L’australiano era un duro, un tipo ostico da

superare, ma Surtees giocò d’astuzia all’ultima curva: finta e controfinta e alla staccata della Parabolica Brabham arrivò lungo, lasciando alla Honda la traiettoria migliore in uscita. I due uscirono dalla cirva pressoché appaiati, viaggiarono spalla a spalla per tutto l’interminabile rettilineo d’arrivo, il pubblico in silenzio… vinse la Honda, vinse Surtees, con solo due decimi di vantaggio su Brabham. E fu l’apoteosi per Surtees e Clark, portati entrambi in trionfo da un folla impazzita. Quel 10 settembre 1967, a Monza, Honda divenne definitivamente una protagonista del motorsport mondiale, mostrando a tutti quel dna sportivo che ancora oggi trasuda dalla nuova Civic.


honda, monza e dna

Le

linee scolpite affermano con decisione il carattere sportivo della Civic. Più larga, più lunga e più bassa, la nuova Civic presenta poche sporgenze e linee tese che sottolineano gli elevati livelli di efficienza aerodinamica, completati dal sottoscocca integrale. Tutto tende ad un’immagine decisamente aggressiva: dai passaruota pronunciati alle prese d’aria anteriori e posteriori, sino ai cerchi di dimensioni abbondanti. I gruppi ottici anteriori poi meritano qualche riga: la loro linea superiore si fonde con la linea superiore della griglia, unendosi con l’estremità del cofano per creare una linea curva, nitida e ininterrotta, che attraversa l’auto per l’intera larghezza, contribuendo a sottolinearne l’assetto sportivo.

La monoscocca, leggera e considerevolmente rigida, si coniuga con il centro di gravità più basso e, abbinata ad un nuovo e sofisticato sistema di sospensioni garantisce un’esperienza di guida davvero coinvolgente e divertente. Nel dettaglio le sospensioni (adattative a controllo elettronico con quattro punti di ancoraggio) offrono due impostazioni (normale e dinamica) sviluppate per migliorare la stabilità e il comfort in presenza di carichi e condizioni di guida variabili. Un’unità di controllo elettronico calcola il movimento della carrozzeria utilizzando i dati acquisiti dai sensori, dopodiché gestisce la valvola solenoide presente in ogni sospensione che regola il flusso dell’olio, variando così la forza generata durante compressione ed estensione. E in effetti chi ama la guida “dinamica”, chi ancora desidera (e nonostante tutto) godere di sensazioni “sportive” non resterà deluso. Questa Civic per molti versi ci ha ricordato un kart… un’automobile bassa e rigida (in alcuni frangenti anche troppo), molto reattiva e precisa nei cambi di direzione, potente quanto basta e prontissima sia in accelerazione che in frenata. La nuova Civic infatti è il primo modello Honda che in Europa a offrire i motori sovralimentati da 1.0 litri a tre cilindri e da 1.5 litri a quattro cilindri. Direttamente collegati al loro predecessore da 2.0 litri (con esso condividono le tecnologie nate dai programmi Motorsport di Honda), questi interessanti propulsori sono entrambi disponibili abbinati ad un cambio manuale a sei rapporti, di nuova progettazione, che si mostra fluido e preciso.


I componenti leggeri e ad alta resistenza impiegati per realizzare la scocca sono tra i piÚ avanzati del settore. Honda ha collaborato a stretto contatto con Gestamp, fornitore tedesco di una nuova generazione di acciaio stampato a caldo ad altissima resistenza. I risultati di questa collaborazione si riflettono nell’impiego massiccio di questo materiale che in termini percentuali passa dall’1% del precedente modello Civic al 12%. La nuova tecnica di produzione offre stampati singoli a resistenza variabile, permettendo ad un singolo stampato di essere caratterizzato sia da porzioni ad alta resistenza che da sezioni piÚ flessibili


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In alternativa si può optare per un cambio automatico a variazione continua CVT. Grazie all’iniezione diretta, al turbocompressore singolo a bassa inerzia, alla valvola di scarico elettronica, al sistema i-VTEC (fasatura e alzata variabile intelligente delle valvole in funzione del regime del motore) e DualVTC (doppia fasatura variabile delle valvole di aspirazione e scarico) la nuova coppia di motori TURBO VTEC raggiunge caratteristiche di guida coinvolgenti e offre ottime prestazioni (con elevate capacità in termini di coppia massima e potenza), garantendo al tempo stesso la conformità Euro 6b. Il motore a benzina TURBO VTEC da 1.5 litri a quattro cilindri (che equipaggiava le Civic che abbiamo potuto provare) offre prestazioni elevate sia in termini di potenza che di coppia.

La potenza massima è di 182 CV (134 kW) a 5.500 giri/min. e con il cambio manuale a sei rapporti, la coppia massima di 240 Nm viene raggiunta tra 1.900 giri/min. e 5.000 giri/min. Per il modello dotato di cambio manuale a sei velocità, i dati ufficiali sulle emissioni di CO2 sono pari a 133 g/ km, con un consumo di carburante combinato (ciclo combinato NEDC) di 5.8 l/100 km. Ma non tutti si accontentano di maneggevolezza, tenuta di strada e prestazioni “croccanti”. Il pubblico europeo ha esigenze sempre più alte anche per quanto attiene al comfort, allo spazio, alla silenziosità e alla qualità degli interni. Il design esterno della Civic, ad esempio, influisce direttamente sulla silenziosità all’interno dell’abitacolo, alla quale contribuisce anche il sistema di gestione di rumore e vibrazioni. La minimizzazione alla fonte del rumore prodotto dal motore è il risultato di una serie di strategie differenti, quali le nervature del blocco cilindri (che riducono la trasmissione del suono e le vibrazioni dal cilindro) oppure il blocco più rigido, che a sua volta genera meno rumore e vibrazione. La genesi del progetto Civic permette inoltre di offrire spazio più che adeguato per passeggeri e bagagli. Dal canto loro componenti di buon livello, un design semplice e sofisticato e il nuovo display digitale del quadro strumenti offrono un ambiente interno rinnovato e di qualità anche se, per utenti viziati come noi italiani, alcuni dettagli paiono un filino troppo basici. Da segnalare, nella parte superiore della console centrale, il display touch-screen a colori da sette pollici Honda Connect 2. Oltre a essere un dispositivo “touch” con


La nuova Civic offre il sistema di Infotainment e connettività Honda Connect 2, dotato di un funzionamento più intuitivo e di un’integrazione smartphone totale attraverso le app Apple CarPlay® e Android Auto. Le prestazioni, l’affidabilità e la velocità del sistema sono garantite dal processore Nvidia Tegra 3 quad-core ad alte prestazioni, appositamente sviluppato per il multitasking estremo, una navigazione web altamente fluida, una grafica straordinaria e una immediata reattività agli input del conducente. Consente di visualizzare testi e grafica in modo nitido e luminoso sul touch-screen TFT-LCD a sette pollici mentre l’introduzione, per la prima volta, di Apple CarPlay e Android Auto offre agli occupanti l’opportunità di integrare senza discontinuità Honda Connect 2 con i due principali sistemi operativi per la telefonia mobile


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funzioni di Infotainment e di controllo del climatizzatore, negli allestimenti superiori il display è collegato a una telecamera per la retromarcia. Di fronte al conducente, il layout completamente nuovo del quadro strumenti permette un utilizzo altamente intuitivo. Il nuovo display TFT-LCD a colori da sette pollici dell’Interfaccia di Informazione del Conducente (DII, Driver Information Interface) occupa la sezione centrale allargata del nuovo pannello strumenti e comprende un ampio tachimetro digitale e un contachilometri digitale. Sugli allestimenti Sport, i conducenti possono inoltre monitorare il livello del Turbo Boost. Sul fronte della sicurezza c’è da dire che, seguendo la filosofia Honda “Sicurezza per tutti”, gli allestimenti della nuova Civic sono provvisti di eccellenti sistemi di sicurezza attiva e passiva. La nuova piattaforma, rigida e solida, crea infatti le condizioni per prestazioni straordinarie in termini di “sicurezza anticollisione da tutte le direzioni”. Il design della piattaforma integra una rete di elementi strutturali con-

nessi per distribuire l’energia della collisione in modo uniforme e contribuisce a ridurre le forze trasferite alla zona del passeggero in caso di impatto, offrendo un’ottima resistenza allo schiacciamento frontale, laterale e posteriore. I nuovi modelli Honda comprendono inoltre la “tecnologia crash-stroke”, che si avvale di un design a cerniera sul telaio frontale che spinge il motore verso il basso e all’indietro in caso di collisione. Ciò permette di aggiungere 80 mm di corsa di assorbimento dell’energia sull’anteriore e contribuisce a minimizzare le intrusioni nell’abitacolo in caso di collisione. 6 airbag proteggono gli occupanti in caso di collisione mentre le dotazioni di sicurezza passiva sulla nuova Civic sono completate dal pacchetto di tecnologie per la sicurezza attiva Honda SENSING e la guida assistita, che è installato di serie su tutti gli allestimenti. Honda SENSING si avvale di una combinazione di informazioni radar e video, nonché di una serie di sensori High-Tech capaci di allertare e assistere il conducente in situazioni potenzialmente pericolose.


Rispetto ad altri motori turbocompressi di piccola cilindrata il turbocompressore adottato per le unità TURBO VTEC, con turbina di diametro più piccolo, vanta una migliore compattezza. Il design consente al turbo di generare una pressione di alimentazione anche con accelerazioni relativamente piccole e a bassi livelli di giri/min. Inoltre la valvola di scarico, attivata elettronicamente, consente di controllare con precisione la pressione di alimentazione. L’imponente intercooler è posizionato sulla parte anteriore bassa del veicolo dove, con l’auto in movimento, riceve un flusso di aria senza ostacoli. L’intercooler riduce la temperatura dell’aria che penetra nel motore, rendendola più densa per ottenere prestazioni migliori


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Il modello berlina VTEC TURBO da 1,5 litri è proposto in tre diversi allestimenti: Sport, Sport Plus e Prestige. I modelli Sport sono provvisti di cerchi in lega da 17’’, sensori di parcheggio frontali e posteriori, telecamera posteriore di assistenza al parcheggio, il pacchetto Infotainment Honda Connect 2, il sistema di climatizzazione a due zone, gruppi ottici anteriori a LED, doppio condotto di scarico in posizione centrale e un kit sportivo per la carrozzeria comprensivo di spoiler in corrispondenza della mentoniera, carenature del paraurti posteriore ed elementi laterali.


I modelli Sport Plus offrono in più un tettuccio panoramico ribaltabile a comando elettrico, il sistema DDC (controllo dinamico degli ammortizzatori), un sistema audio di prima qualità (11 altoparlanti con un’uscita di 465 watt), apertura e avvio smart senza chiave, oltre a un tappetino per la carica wireless nella console centrale. Prestige infine è una versione arricchita dell’allestimento Sport (escluso il doppio scarico centrale e il kit sportivo per la carrozzeria) con una griglia frontale cromata e finiture alle maniglie delle portiere, interni in pelle e sedili posteriori riscaldati


honda, monza e dna

Il sistema di accelerazione “drive-by-wire” sostituisce il tradizionale cavo dell’acceleratore con un’elettronica intelligente che collega il pedale dell’acceleratore alla valvola a farfalla. Il risultato è il ridotto peso del componente oltre a un’attuazione più accurata e veloce dell’acceleratore. Un rapporto non lineare, appositamente programmato, tra il pedale dell’acceleratore e il motore porta ad una migliore guidabilità e ad una maggiore reattività del motore. Il sistema di accelerazione di Honda valuta le condizioni di guida monitorando la posizione del pedale dell’acceleratore, la posizione della valvola a farfalla, la velocità del motore e le condizioni della strada. Queste informazioni vengono usate per stabilire la sensibilità del controllo dell’accelerazione



honda, monza e dna

scheda tecnica MOTORE TURBO VTEC da 1.5 litri TURBO VTEC da 1.0 litri a benzina con quattro cilindri a benzina con tre cilindri

6MT CVT 6MT CVT

Tipo 4 valvole per cilindro 4 valvole per cilindro Rapporto alesaggio/corsa Rapporto di compressione Potenza Coppia

73 mm x 89,5 mm 73 mm x 78,7 mm 10.6:1

182 CV (134 kW) a 5.500 giri/min.

10:1

182 CV (134 kW) a 6.000 giri/min.

240 Nm a 220 Nm a 1.900-5.000 giri/min. 1.700-5.500 giri/min.

129 CV (95 kW) a 5.500 giri/min.

200 Nm a 180 Nm a 2.250 giri/min. 1.700-4.500 giri/min.

CAMBIO Manuale CVT

6 rapporti

Variabile con 7 “marce” simulate

SOSPENSIONI E AMMORTIZZATORI Anteriore Posteriore

MacPherson Strut

Con Multi-Link controllo ammortizzatori adattivo (su alcuni modelli)

FRENI Anteriore

Disco forato a 16’’

Disco forato a 15’’

Posteriore

Disco solido a 15’’

Disco solido a 15’’

CERCHI E PNEUMATICI Dimensioni delle ruote Pneumatici anteriori Pneumatici posteriori x 16-pollici

215/55 R16

215/55 R16

x 17-pollici

235/45 R17

235/45 R17

DIMENSIONI (mm) Lunghezza totale

4.518

Larghezza totale

1.799

Larghezza totale (inclusi specchietti laterali)

2.076

Altezza totale

1.434

Passo 2.697 Carreggiata (anteriore)

1.537

Carreggiata (posteriore)

1.565



chemacchina

Nuova Jeep

Grand Cher

okee

TANTA ROB A


Rispetto al passato sono state rinnovate tutte le versioni in termini di stile, allestimenti e contenuti ed è stato introdotto l’allestimento Trailhawk, che presenta un look piĂš aggressivo grazie al nuovo paraurti anteriore, i nuovi fendinebbia e una nuova griglia a sette ferritoie


tanta roba

La Coupé Hot Rod di Kelvin Dunn è basata su di un telaio Ford del 1932, sul quale è stata montata una carrozzeria Ford del 1930, abbondantemente alleggerita. Successivamente il vecchio quattro cilindri della casa dell’Ovale Blu è stato rimpiazzato da un muscoloso Desoto HEMI V8 del 1956, capace di 304 cavalli. Il motore è stato toalmente ricostruito, dodtato di carburatori a triplo corpo e di un nuovo albero a camme. Questa curiosa e bella vettura partecipa abitualmente, e con successo, alle gare della serie NSRA Nostalgia National in Gran Bretagna


Cosa

si intende per motore “muscoloso”?

Questo! Perfettamente in linea con la tradizione made in USA delle “muscle cars”, il propulsore da 6.400 cc. V8 HEMI che equipaggia la Grand Cherokee SRT ha una coppia che mette i brividi e un suono da far tremare le budella. Pensate che questo motorone è in grado di sviluppare 468 CV di potenza e 624 Nm di coppia. A livello di prestazioni, la SRT ha un’accelerazione da 0 a 100 km/h in meno di 5 secondi, da 0 a 162 km/h in meno di 16,3 secondi, è in grado di percorrere 400 metri in meno di 13 secondi. La velocità massima è pari a 257 km/h. Intendiamoci: non è roba per palati troppo raffinati ma, al contrario, è materia adatta a far godere chi ama emozioni forti e un po’ brutali… e se non fate parte di questo partito, statene alla larga please. Questo V8 che equipaggia la versione estrema della Grand Cherokee è talmente generoso che recentemente tale Stuart Doignie (non proprio un signor nessuno: è il Campione Inglese di gare di accelerazione) ha deciso di metterlo alla prova, sfidando la leggeris-

sima Hot Rod Coupé (a sua volta dotata di un V8 HEMI ma… del 1956) dello specialista Kelvin Dunn. La sfida ha avuto luogo una fresca mattina di inizio estate sull’asfalto di Santa Pod, senz’altro la “dragster strip” al di fuori dagli USA più famosa del mondo. Nelle quieta campagna inglese che più quieta non si può, questa ex base dell’Air Force ospita infatti gare dragster dalla fine degli anni “50 e ha saputo creare un certo seguito nell’area: in pratica in tutta Europa l’unico posto dove i dragster sono conosciuti è questo. Ah… naturalmente il nostro eroe nel duello ha avuto la meglio, chiudendo il quarto di miglio in 13.5 secondo e battendo la Hot Rod di Dunn di 9 decimi soltanto. Chapeau.


tanta roba

Bene

, dopo esserci divertiti leggendo dell’impresa di mr. Doignie e mr. Dunn è giunto il momento di tornare sulla terra (nel vero senso della parola) per conoscere più da vicino la Grand Cherokee Trailhawk e le sue capacità fuoristradistiche di questa imponente automobile che, in fondo, di cognome fa Jeep e quindi dovrebbe trovarsi a suo agio nel fango. Va sottolineato infatti che tra le varie versioni sul mercato la novità più importante dell’ultima serie di Grand Cherokee è proprio la Trailhawk, allestimento più votato al fuoristrada, che torna un po’ alle orgini e introduce un inedito look. Tutto ciò grazie avviene grazie a configurazioni specifiche per la guida off-road, che si aggiungono alla qualità costruttiva e ai contenuti tecnologicamente del modello. E’ possibile adattare sospensioni e trazione a varie situazioni semplicemente ruotando un pomello e scegliendo tra configurazione “snow” (neve), “sand” (sabbia), “mud” (fango) e “rock” (roccia). E’ inoltre è possibile regolare l’altezza della vettura a secondo degli ostacoli che si devono affrontare. E possiamo confermare che così è: anche guidatori non esperti (come noi) di fuoristrada con la Trailhawk si trovano immediatamente a proprio agio. Basta lasciar fare all’elettronica

e sfruttare le doti meccaniche di questa Jeep, che permettono, ad esempio, eccellenti angoli di attacco Grand pari a 29,8°, mentre quello di dosso è di 27,1° e quello di uscita corrisponde a 22,8°. L’allestimento Trailhawk ha un’altezza da terra massima di 27,4cm. La dotazione tecnica della Grand Cherokee si completa con le sospensioni pneumatiche Quadra-Lift di serie, che offrono un’articolazione ulteriormente migliorata e una corsa della sospensione completa, e il sistema Selec-Speed Control aggiornato con Hill Ascent, che permette di tenere sotto controllo la velocità del veicolo, sia in salita che in discesa, per mezzo delle palette del cambio al volante invece che tramite i pedali dell’acceleratore e del freno. La leggendaria capacità 4x4 Jeep è garantita anche dal sistema Quadra-Drive II, dotato di differenziale posteriore elettronico a slittamento limitato (ELSD), che rileva immediatamente lo slittamento delle ruote e distribuisce uniformemente la coppia motore alle ruote in trazione. In alcuni casi, il veicolo è in grado di prevedere una situazione di trazione insufficiente e si regola di conseguenza allo scopo di limitare o eliminare lo slittamento. Naturalmente non è il caso di “strafare” e affrontare immediatamente percorsi troppo estremi, ma con un po’ di attenzione si possono affrontare in tutta sicurezza (e con grande comfort) situazioni abbastanza impegnative. Vi sorprenderete per quanto questa Jeep



tanta roba


sia facile da condurre su strade e per luoghi poco accessibili ad altre automobili. Oltretutto, questa vocazione al fuoristrada non cancella il comfort da segmento “premium” della Grand Cherokee durante il normale utilizzo, con l’unica annotazione che riguarda l’aumentata rumorosità di rotolamento degli penumatici (ovviamente) generosamente tassellati. Il marchio Jeep introdusse il nome “Trailhawk” sulla concept car Grand Cherokee presentata per la prima volta all’Easter Jeep Safari in Moab (nello stato di Utah, USA) nel 2012. L’obiettivo era conferirle un look inedito e aggressivo, che sottolineasse il suo spirito d’avventura e si conciliasse con una serie di caratteristiche funzionali in grado di garantire capacità 4x4 di livello superiore. Gli esterni dell’allestimento Trailhawk sono unici e comprendono l’inedita fascia anteriore, completamente riprogettata per questo nuovo modello, superficie antiriflesso sul cofano, piastre sottoscocca di protezione, calotte degli specchietti e finiture Neutral Grey, badge Trailhawk e Trail Rated con finiture in rosso. Gli esclusivi pneumatici Goodyear Adventure da 18”, con rinforzo in Kevlar di serie, e le pedane parasassi Mopar, disponibili su richiesta, completano gli esterni dell’allestimento Trailhawk, appositamente progettato per percorsi fuoristrada di un certo impegno.

All’interno, il nuovo modello Trailhawk presenta rivestimenti di colore nero e sedili in pelle con inserti scamosciati e cuciture a vista in rosso, presenti anche nel pannello delle porte e sulla consolle centrale, inserti spazzolati in piano Black e finiture grigie. Il badge Trailhawk sul volante completa le novità nell’interno mentre la dotazione di serie comprende inoltre il sistema Uconnect touchscreen da 8,4” con navigatore e funzionalità “Off-road pages” aggiornata, per consentire di tenere sotto controllo l’articolazione delle ruote e altre caratteristiche relative alla performance fuoristrada della vettura, tra cui l’altezza delle sospensioni, i sistemi di trazione e il sistema Selec-Terrain.


tanta roba


Oggi la gamma della Grand Cherokee MY17 si compone di sei allestimenti (Laredo, Limited, Trailhawk, Overland, Summit e SRT) e quattro motorizzazioni, tutte con cambio automatico a 8 marce: il diesel 3,0 litri V6 a iniezione diretta elettronica Common Rail dotato di tecnologia Multijet II (potenze da 190 CV o 250 CV) e i propulsori benzina V6 Pentastar da 3,6 litri con 286 CV, V8 da 5,7 litri con 352 CV (disponibili solo su Summit) e V8 HEMI da 6,4 litri con 468 CV (esclusivo della SRT). L’allestimento della Nuova Grand Cherokee Summit sottolinea l’esclusività del modello top di gamma, grazie all’introduzione di dotazioni tecnologiche esclusive sia nell’abitacolo, sia nell’equipaggiamento di serie della vettura


tanta roba

Motore 3.0 CRD: 2.403 – 2.522 Motore 3.6: 2.266 – 2.354 Motore 5.7: 2.382 – 2.499 Motore 6.4: 2.417 - 2.458

SOSPENSIONI SOSPENSIONI SRT CERCHI e PNEUMATICI CONSUMI

6,4 litri HEMI / 3,0 litri CRD / 3,6 litri / 5,7 litri Acc. 0-100 km/h 5 sec 8,2 / sec 8,3 / sec / 7,3 sec Velocità max (km/h) 257 / 202 / 206 / 225 km/h Ciclo urbano 20,7 / 9,3 / 14,3 / 19,6 Ciclo extraurbano 10,1 / 6,5 / 8,2 / 9,2 Ciclo combinato 14 / 7,5 / 10,4 / 13 CO2 ciclo combinato (g/km) 327 / 198 / 244 / 304 Classe emissioni Euro 6 Euro 5+ Euro 6 Euro 6

in ordine di marcia

Limited: 18x8 (pneumatici 265/60R18) – optional 20x8 (pneumatici 265/50R20) Overland: 20x8 (pneumatici 265/50R20) Summit: 20x8 (pneumatici 265/50R20) SRT: 20x10 (pneumatici P295/45ZR20)

PESI

ANTERIORI: indipendenti con doppio braccio oscillante (SLA), molle elicoidali, sospensioni Adaptive Damping Bilstein (ADS), bracci di controllo superiore e inferiore (bracci triangolari) e barra stabilizzatrice POSTERIORI: multi-link, molle elicoidali, sospensioni Adaptive Damping Bilstein (ADS), bracci di controllo inferiore in alluminio, bracci superiori indipendenti più un braccio separato per la campanatura, barra stabilizzatrice

PRESTAZIONI

Anteriori Indipendenti con doppio braccio oscillante (SLA), molle elicoidali o pneumatiche, ammortizzatori a gas a doppio tubo, barra stabilizzatrice Posteriori Sospensioni posteriori indipendenti multi-link, molle elicoidali con ammortizzatori a doppio tubo o Nivomat o pneumatiche con ammortizzatori a doppio tubo, braccio di controllo inferiore in alluminio, bracci superiori indipendenti, barra stabilizzatrice

(l/100 km, a norma UE)

Passo 2.915 (2.914 SRT) Carreggiata anteriore 1.628 (1.618 SRT) Carreggiata posteriore 1.634 (1.633 SRT) Lunghezza totale 4.828/4.875 versione Summit/4.846 SRT Larghezza totale (senza retrovisori) 1.943 - 1.954 SRT Altezza complessiva (alla sommità dell’antenna): 1.802 con sospensioni meccaniche/1.792 – con sospensioni pneumatiche/1.749 SRT Angolo di attacco: 26,3 gradi – con sospensioni meccaniche; 35,8 gradi – con Quadra Lift in Off Angolo di dosso: 18,8 gradi – con sospensioni meccaniche; 23,5 gradi – con Quadra Lift in Off Angolo di uscita: 26,5 gradi – con sospensioni meccaniche; 29,5 gradi – con Quadra Lift in Off Capacità serbatoio 93,5 litri

DIMENSIONI e CAPACITA’

scheda tecnica



tanta roba


Il nome “Trailhawk” fu introdotto ufficialmente sul mercato nel 2013 come allestimento più specifico per la guida off-road nella gamma del nuovo Medium SUV Jeep Cherokee, e continuò ad essere utilizzato con la Renegade, il SUV compatto lanciato nel 2014. Oggi, il nome Trailhawk completa la gamma Grand Cherokee aggiungendo un ulteriore allestimento ai già esistenti Laredo, Limited, Overland, Summit e SRT


tanta roba


MOTORE TURBODIESEL 3,0 litri V6 DOHC

6 cilindri a V, raffreddamento a liquido - Cilindrata 2.987 cm3 Alessaggio e corsa 83.0 x 92.0 Distribuzione DOHC, azionato a catena con doppio albero a camme, quattro valvole per cilindro Iniezione Iniezione diretta elettronica Common Rail con tecnologia MultiJet II Monoblocco in ghisa, testate in alluminio Rapporto di compressione 15.5:1 Potenza 250 CV (184 kW) a @4.000 giri/min Coppia 570 Nm a 2000 giri/min Regime massimo 4.800 giri/min (limitato elettronicamente) Consumi e emissioni 7,5 litri/100 km (ciclo combinato) e 198 g/km di CO2

MOTORE 3,6 litri V6 DOHC

6 cilindri a V, raffreddamento a liquido - Cilindrata 3.604 cm3 Alessaggio e corsa 96,0 x 83,0 Distribuzione DOHC, azionato a catena, 24 valvole e bilancieri a rulli con compensazione idraulica Iniezione Sequenziale, multipoint, elettronica Monoblocco in alluminio, testate in alluminio Rapporto di compressione 10,2:1 Potenza 286 CV (210 kW) a 6.350 giri/min Coppia 347 Nm a 4.300 giri/min Regime massimo 6.350 giri/min (limitato elettronicamente) Consumi e emissioni 10,4 litri/100 km (ciclo combinato) e 244 g/km di CO2

MOTORE 5,7 LITRI V8 con MDS

8 cilindri a V, raffreddamento a liquido - Cilindrata 5.654 cm3 Alessaggio e corsa 99,5 x 90,9 Distribuzione Variable-valve Timing, doppi alberi a camme in testa, 16 valvole Iniezione Sequenziale, multipoint, elettronica Monoblocco in ghisa con testata in alluminio e teste delle camere di scoppio emisferiche Rapporto di compressione 10,5:1 Potenza 352 CV (259 kW) a 5.200 giri/min Coppia 520 Nm a 4.200 giri/min Regime massimo 5.800 giri/min (limitato elettronicamente) Consumi e emissioni 13 litri/100 km (ciclo combinato) e 304 g/km di CO2

MOTORE 6,4 LITRI V8 HEMI®

scheda tecnica motore

8 cilindri a V, raffreddamento a liquido - Cilindrata 6.417 cm3 Alesaggio e corsa 103,9 x 94,5 Distribuzione. 16 valvole in testa azionate da aste di spinta Iniezione Sequenziale, multipoint, elettronica, automatica con modalità Fuel Saver Monoblocco in ghisa con cappelli dei cuscinetti di banco imbullonati a schema incrociato, testate in lega di alluminio con camere di combustione emisferiche Rapporto di compressione 10,9:1 Potenza 468 CV (344 kW) a 6.250 giri/min Coppia 624 Nm a 4.100 giri/min Regime massimo 6.800 giri/min (limitato elettronicamente) Consumi e emissioni 14 litri/100 km (ciclo combinato) e 327 g/km di CO2 Trasmissione Automatica a 8 velocità ZF con Overdrive Telaio Uniframe in acciaio


tanta roba


Prezzi

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chebella

I segreti della Aston Martin Valkyrie

Valky


Questa innovativa (molto) supercar presenta un abitacolo quasi da Formula 1, un design esterno frutto principalmente della ricerca aerodinamica e un design interno che mette l’efficienza al primo posto di Niccolò Gargiulo

FRONT PAGE

yrie!


valkyrie!

Sin

dalla prima presentazione della Aston Martin Valkyrie, nel luglio 2016 parve chiaro che lo sviluppo avanzato dell’aerodinamica, e diconseguenza del design, era il principale obiettivo, la vera linea guida, degli ingegnieri di Aston martin, red Bull e AF Racing. La particolare forma dell’abitacolo e le superfici della carrozzeria, sono costrette in spazi ben precisi, delimitati dai due tubi di Venturi posizionati ai lati del pianale. Questi condotti, convogliando moltissima aria sotto la vettura verso i diffusori, rappresentano la chiave per gli incredibili risultati aerodinami-


ci ottenuti dall’Aston Martin Valkyrie, e creano quella straordinaria deportanza che ha consentito agli ingegneri di lasciare il corpo della vettura libero da altre appendici aerodinamiche. Per massimizzare lo spazio negli interni, i sedili sono ancorati direttamente al pavimento, portando i passeggeri ad assumere una seduta con i piedi rialzati, come avviene nelle monoposto di Formula 1 e nei prototipi impegnati a Le Mans. Una posizione molto sicura che consente al guidatore il miglior controllo possibile della vettura ma anche piuttosto scomoda…

Cinture di sicurezza a quattro punti sono di serie ma sono disponibili anche a sei punti, come optional, per coloro che volessero girare in pista in tutta sicurezza. Da notare inoltre che il volante può essere rimosso per facilitare l’ingresso e l’uscita del conducente. Il team Aston Martin Design si è speso molto per creare un auto senza distrazioni, dove il pilota è in grado di concentrarsi solamente sulla strada. Tutti i controlli sono stati posizionati sul volante, mentre tutte le informazioni sulle condizioni della vettura sono visualizzate su un singolo display OLED.


valkyrie! Gran parte dello studio dell’abitacolo si è concentrato sul parabrezza, che consente una visione periferica completa, da lato a lato e, per evitare disturbi all’aerodinamica, i tradizionali specchietti sono stati rimossi e sostituiti con due telecamere montate discretamente sulle fiancate della Valkyrie. Le immagini vengono visualizzate su due display alla base dei montanti anteriori. Dato il sinuoso design e la presa d’aria sul tettuccio, lo specchietto retrovisore centrale non è presente. “Trovare i compromessi per il pacchetto degli interni è stata una grande sfida - ha dichiarato Matt Hill, responsabile degli interni - abbia-


mo fatto nostra la filosofia della scuderia Red Bull di Formula 1 e abbiamo approcciato la costruzione della vettura in maniera non convenzionale. Abbiamo affrontato il progetto pensando a qualcosa che fosse quasi impossibile da realizzare e abbiamo lavorato fino a trovare il modo di farlo funzionare. Abbiamo giocato con i millimetri ovunque sulla vettura, ma ci siamo riusciti e il risultato ci soddisfa: ne è valsa la pena. I nostri clienti adorano il rituale di entrare in questa hypercar e di sedersi dietro al volante. Rimangono anche colpiti da come la vettura abbracci i suoi occupanti e di come ci sia veramente spazio per due persone adulte”.

Uno delle più importanti innovazioni su questo modello sono le aperture aerodinamiche tra l’abitacolo e i passaruota anteriori, ideate da Adrian Newey che ne ha scoperto le utilità in termini di guadagni nella deportanza. L’aerodinamica e la deportanza dominano la scena sulla Aston Martin Valkyrie che però ci regala anche particolari interessanti quali i fari anteriori ad esempio che prendono spunto da vari componentidelle vetture da competizione. Incastonati in un’intricata cornice di alluminio, i fari sono opere d’arte di per sè e sono fino al 40% più leggeri dei fanali più leggeri oggi in produzione da Aston Martin.


valkyrie!

Lanciata al Salone di Ginevra ad inizio anno, la linea AMR pone l’accento sulle performance e si è direttamente ispirata alle auto da corsa iscritte da Aston Martin al Campionato Mondiale Endurance (WEC). Il marchio AMR propone quindi ai clienti due scelte: modelli “limited edition” di serie, come la Vantage AMR, sono considerati entry level, mentre i modelli “AMR Pro”, ampiamente modificati dal reparto Q Advanced Operations, rappresentano la punta di diamante dell’offerta Aston Martin. Entrambi i modelli AMR con motori V8 e V12 sono a disposizione in versioni Coupé e Roadster a partire da 97,995 Sterline nel Regno Unito e da 126,995 Euro in Europa. Le prime consegne sono in calendario a partire dall’autunno 2017


Lo stesso approccio è stato preso per disegnare il simbolo “alato” di Aston Martin che adorna il muso della vettura. Con il classico scudetto considerato troppo pesante, e considerato “inadeguato” per una macchina del genere, il Design Team ha trovato la soluzione in un badge di alluminio chimicamente trattato spesso solo 70 micron. Il nuovo scudetto è stato soprannominato “lacewing” ed è più sottile di un capello umano e più leggero del comune scudetto Aston Martin del 99,4%. “Direi che siamo al 95% per quanto riguarda lo sviluppo del design esterno ha commentato il Direttore Creativo Miles

Nurnberg - il corpo della vettura è rimasto lo stesso fin dai primi giorni del progetto, mentre le parti della carrozzeria non strutturali sono ancora soggette a cambiamenti ed evoluzioni sulla base delle indicazioni di Adrian Newey. Solitamente non siamo propensi a ricavare spazi vuoti nelle nostre soluzioni aerodinamiche, ma abbiamo scoperto, ad esempio, che le ali anteriori funzionano molto bene e garantiscono un guadagno significativo in deportanza. La loro funzionalità non disturba l’impatto visivo, al contrario riteniamo che aggiungano un tocco di stile al design dell’anteriore”!


valkyrie!


Soltanto due anni dopo la presentazione del concept elettrico RapidE, Aston Martin ha recentemente annunciato che questa rivoluzionaria vettura entrerà in produzione nel 2019. La RapidE, il primo veicolo totalmente elettrico dell’Azienda britannica, sarà prodotto in solo 155 esemplari e fungerà da apripista per lo sviluppo del brand, nei prossimi anni, nel segmento delle supercar a basse/zero emissioni

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Foto © DS Automobiles

la NOTA di ENRICO

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LA GRANDE MELA

ELETTRICA Zero emissioni e zero rumore. Con queste premesse la Grande Mela New York ha finalmente potuto ospitare una corsa automobilistica internazionale e la Formula E è riuscita dove anche la Formula 1 aveva fallito


Foto Š DS Automobiles

la grande mela elettrica


Anche Porsche ha deciso di entrare (ma fra tre anni) in Formula E. Nella foto l’Amministratore Delegato Oliver Blume (a sinistra) Michael Steiner (a destra) membro del consiglio di amministrazione, siglano l’accordo con Alejandro Agag (al centro) Fondatore e leader indiscusso della Formula E

Un

weekend motoristico diverso dal solito … a New York? E’ bastato questa suggestione a farmi cambiare i piani di viaggio: una visita veloce a Silverstone durante le prove libere del G.P. di Formula 1 e poi via oltreoceano, per non perdermi la prima vera competizione motoristica sulle strade della Grande Mela!

Far gareggiare una qualsivoglia auto da corsa per le strade della città più famosa del mondo non è un’impresa facile. Per questo dico “tanto di cappello” agli organizzatori della Formula E per essere riusciti dove gli altri hanno fallito.

Foto © ABT Sportsline

Mi ricordo il giorno in cui, nell’anno 2000, mettemmo in strada una Jaguar Formula 1 tra Broadway e Times Square con Eddie Irvine al volante. Un evento promosso da Ford, uno stint molto breve ma nondimeno un incubo logistico! Quella dimostrazione rimase unica e solitaria, seguita solo, qualche anno più tardi, dal tentativo di Bernie Ecclestone di portare laggiù la massima serie del motorsport… ma dall’altra parte del fiume Hudson, in New Jersey. La Formula 1 fece notizia ma quel progetto non si concretizzò mai.

Gli E-Prix non possono certo essere paragonati ad alcuna gara nel calendario di Formula 1, si tratta di due cose completamente diverse e vi risparmio i dettagli. La Formula 1 è la Formula 1 e non vi sarà mai la possibilità per questa nuova serie a batterie di diventare la punta di diamante degli sport motoristici. In ogni caso questo campionato ecologico ha i suoi meriti ed il valore aggiunto di poter gareggiare dove agli altri è vietato. Per questo chi si occupa delle serie motoristiche più tradizionali è posto di fronte a scelte oggi più importanti che mai, e le risposte potrebbero essere molto vicine, nel cortile di casa …


Foto DPPI Media - Clement Luck

la grande mela elettrica


La Formula E da poche settimane ha chiuso la sua terza stagione. E’ una categoria ancora relativamente conosciuta, riservata a monoposto totalmente elettriche, alimentate a batteria. L’assenza di emissioni e di rumore ha permesso agli organizzatori di allestire competizioni al centro di alcune delle città più importanti del mondo, quali Hong Kong, Marrakesh, Buenos Aires, Monaco, Parigi, New York, Montreal… e per l’aprile del prossimo anno è già confermata una tappa a Roma. Per il momento le venti vetture (prodotte dall’italiana Dallara) dei dieci team sono tutte identiche ma il regolamento, anno dopo anno, permetterà sempre più ad ogni costruttore di metterci del proprio, sino, nel medio lungo termine, alla costruzione totale della monoposto. Per questo motivo Case importanti come Renault, Audi, DS, Mahindra, Jaguar già sono presenti ed altre (BMW, Mercedes, Porsche) hanno annunciato l’arrivo nelle prossime stagioni


la grande mela elettrica

Il brasiliano Lucas di Grassi, al terzo tentativo, finalmente ha vinto il titolo iridato di Formula E. Il pilota del team AUDI ABT infatti era stato a un passo dal successo nelle due scorse stagioni ed ha finalmente coronato il suo sogno al termine del week end di Montreal di fine luglio. Di Grassi ha vinto di prepotenza la gara del sabato, mentre domenica si è limitato a controllare (finendo 7°) dato che il suo avversario principale era stato retrocesso all’ultimo posto in griglia perché in gara uno la sua vettura era stata trovata sottopeso. Per la cronaca l’ultima gara della terzo campionato di Formula E è stata appannaggio del france Vergne


Foto © ABT Sportsline

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Foto © Ferrari

la NOTA di ENRICO

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ANCORA UN ANNO, PER FAVORE… In estate oltre alle gare in pista in Formula 1 si scatena una gara dietro le quinte, alla ricerca della sistemazione migliore per l’anno che verrà. Il comportamento dei piloti, in pista e fuori, è spesso un indicatore infallibile dell’evoluzione del “mercato”


ancora un anno, per favore…

Il

“mercato” dei piloti di Formula 1 sta vivendo i suoi momenti più caldi. Nuovi piloti in arrivo, vecchi piloti che rimangono e ciascuno che cerca di indovinare “chi e dove”. Da manager di piloti ho la fortuna di conoscere più che bene il meccanismo che controlla questa danza delle sedie, questa specie di lotteria che si ripete uguale ogni anno a partire dal Gran Premio del Canada, in giugno, sino a raggiungere il suo apice al Gran premio di Ungheria in luglio, subito prima della pausa estiva. In quel week end, d’abitudine, i giochi sono fatti.

Foto © Ferrari

Quest’anno è stato molto interessante osservare il comportamento dei vari piloti durante l’evento ungherese, cercando indizi rivelatori. A Budapest ho tenuto d’occhio Bottas e Raikkonen, che avevano entrambi eccellenti ragioni per recitare la parte del perfetto compagno di squadra.

Con i contratti in scadenza alla fine di questa stagione entrambi i finlandesi hanno lanciato chiari segnali sulle loro intenzioni: vogliamo restare dove siamo. Kimi ha utilizzato le sue “robuste spalle” per aiutare Vettel a mantenere la testa della corsa e del Campionato, laddove Valtteri ha lasciato strada a Hamilton con una manovra plateale alla curva uno. Per entrambi i conduttori una dimostrazione di “fair play” non così consueta in Formula 1… Su una differente lunghezza d’onda si muovevano i piloti con il futuro assicurato, come Vertsappen e Ricciardo: la loro guida e il loro “linguaggio del corpo” mostravano chiaramente quanto sia positivo avere già tra le mani un contratto sicuro per il prossimo anno.


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CORTESIe di Marco Cortesi


E’ crisi profonda sul fronte Endurance

HYBRID THEORY Nonostante la batosta data dall’uscita della Porsche dal Mondiale Endurance (che ha fatto seguito a quella di Audi di un anno fa), l’organizzatore ACO sembra voler continuare imperterrita per la propria strada, aggrappandosi disperatamente all’appeal della 24 Ore di Le Mans


hybrid theory

NON È GIUNTO INATTESO L’ANNUNCIO DEL RITIRO PORSCHE DALLA LMP1, UN COLPO DURISSIMO PER IL GIÀ ZOPPICANTE MONDIALE ENDURANCE

E

ora che si fa? Si devono essere chiesti gli organizzatori del Mondiale Endurance all’annuncio (peraltro atteso) del ritiro della Porsche dalle competizioni endurance per prototipi LMP1. Nonostante i messaggi partiti già da mesi dalla dirigenza di Stoccarda, l’ACO (presieduta da Pierre Fillon, fratello dell’ex candidato Presidente caduto in disgrazia) è andata avanti come se niente fosse, incurante dei costi arrivati a livelli stellari (si parla di oltre 200 milioni a stagione) e del fatto che, pur avendo raccolto indicazioni positive negli ultimi anni, il Campionato Mondiale Endurance navigasse in acque tutt’altro che buone quanto a prospettive di nuovi ingressi.

Cartina tornasole (nonché fondo del barile) una 6 ore del Nurburgring con 4 vetture presenti nella classe regina di cui due (proprio le Porsche) dedite ad uno smaccato gioco di squadra. E per fortuna che il WEC doveva mettere in imbarazzo la Formula 1: se la massima serie avesse proposto contenuti simili, a partire da una 24 Ore di Le Mans-parodia, sarebbe probabilmente morta. Guardiamo in faccia la realtà: il regolamento LMP1-Hybrid è stato un buco nell’acqua per un motivo abbastanza semplice. Le norme che, sulla carta, erano nate per mettere tante tecnologie diverse l’una contro l’altra hanno di fatto, per via dell’inerzia o della voglia


FOTOGRAFIA ©ROLEX - DAVID SCHENKER


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NEL 2018 TOYOTA SARÀ L’UNICA CASA PRESENTE IN LMP1 E PROBABILMENTE SI CONCENTRERÀ SULLA 24 ORE DI LE MANS

di replicare le tecnologie in voga sulle auto di tutti i giorni, spinto chiunque volesse essere competitivo verso una sola soluzione, tra le più costose. Piccoli motori turbo, propulsione benzina, sistema di recupero energia KERS + recupero dalla turbina. Per una Porsche che ha imbroccato tutto al primo colpo, c’è stata una Toyota che è partita in modo differente, dovendosi poi “convertire” tra le più disparate vicissitudini e mettendo in guardia qualunque altro costruttore su quali fossero i rischi. Per non parlare di Nissan, che (investendo molto meno) aveva comunque proposto una vettura veramente sperimentale… ma assolutamente non competitiva, diventata in breve la barzelletta del paddock.

Nei giorni precedente la 24 Ore di Le Mans, l’annuncio di un nuovo stravolgimento (difficilmente comprensibile dal pubblico) con l’utilizzo più o meno obbligatorio dell’ibrido plug-in. Un utilizzo minimo che avrebbe costretto tutti a spendere cifre astronomiche per ottenere un vantaggio decisivo e quindi necessario, per quanto ridotto. E invece se ne vanno tutti in Formula E. Dove per tanto che si possa spendere si parla di pochi milioni di euro l’anno, con un impatto di immagine ottimo (lasciamo stare che poi da alcuni punti di vista non sia tutto oro quello che luccica) ed una direzione tecnica votata alla stabilità e all’innovazione “contingentata”. Come mostrato dall’implementazione


FOTOGRAFIA DEAN TREML - RED BULL CONTENT POOL


hybrid theory

NEGLI USA INVECE LE COSE VANNO A GONFIE VELE, GRAZIE AD UN REGOLAMENTO PIÙ SEMPLICE ED ECONOMICO. QUESTA LA LA ACURA HONDA CHE IL TEAM PENSKE PORTERÀ IN GARA NEL 2018 PER CONTRASTARE NISSAN, MAZDA, CADILLAC, ECC. ECC.

delle regole “ideali” (competizione tra costruttori, batterie a lunga durata ecc…) in modo estremamente graduale. Ma tanti se ne vanno anche con le DPi in IMSA, la serie americana con cui l’ACO ha rifiutato una convergenza quasi senza voler discutere. Chissà se adesso l’atteggiamento sarebbe ancora lo stesso. A dare battaglia alle Cadillac by Dallara ci saranno l’anno prossimo anche le rinnovate Mazda del team Joest, le Nissan e le Honda di Roger Penske. Facciamo un gioco: quale grande costruttore giapponese manca? Toyota non ha ancora fatto sapere cosa farà, ma ha assunto nuovo

personale e probabilmente correrà contro le LMP1 private (Dallara e Zytek) almeno a Le Mans. Va da se che, senza un successo, il danno di immagine sarebbe devastante in particolare in un Paese in cui l’onore è tutto. Dato che l’ACO continua a batter chiodo sull’ibrido “calato dall’alto” anche per i privati, che ovviamente non hanno alcun interesse verso la produzione di tutti i giorni, non è escluso che ci siano altri ripensamenti. Senza un’idea semplice e facilmente implementabile, non ci sono grandi possibilità di riuscita, e il WEC ne paga le conseguenze… il tutto mentre la GTE prospera ed è ormai la vera categoria di punta.


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chestoria

Fotografie e immagini: - Ferrari North Europe - The Design Museum London - foto Š Ferrari - newspress.co.uk


A Londra una grande mostra per celebrare il settantesimo anniversario della Ferrari

FERRARI 70 Vetture uniche e documenti rari ci offrono uno sguardo dietro le quinte della vita di Enzo Ferrari e ci portano alla scoperta dei capolavori ingegneristici del costruttore piĂš famoso al mondo


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Si Due dei primissimi bozzetti della 125, usciti dalla matita dell’ingegner Gioachino Colombo nel 1945

dice sempre che la Ferrari è uno dei principali patrimoni del “made in Italy” e della cultura italiana. Il ruolo che Enzo Ferrari e la sua Azienda hanno recitato nella storia dell’automobile è uno dei vanti principali di questa squinternata Italia, una medaglia al valore che forse oggi non meritiamo del tutto. Fa quindi enormemente piacere scoprire che persino alla Corte di Sua Maestà Queen Elisabeth il settantesimo anniversario della nascita del Cavallino Rampante non passerà inosservato. Anzi. Il Design Museum di Londra, forse il più blasonato al mondo per quanto attiene a design e architettura, ha infatti messo in calendario la mostra “Ferrari: Under the Skin”, a celebrazione dei 70 anni della “magica” fabbrica di Maranello. L’eccezionale mostra (aperta dal 15 novembre sino al 15 aprile 2018) offrirà un sguardo completo e particolare sul mondo Ferrari e sulla storia del marchio, a partire dal primo modello del 1947… e va anche detto che una succosa anteprima della mostra è in attualmente visibile presso il Museo Ferrari di Maranello, a beneficio di chi non vuole aspettare… o non potrà recarsi fino a Londra. Come (quasi) tutti sanno Enzo Ferrari nacque a Modena, in gioventù fu pilota Alfa Romeo e poi titolare della Squadra Corse del Biscione. Dolo la seconda guerra mondiale Ferrari lanciò il suo primo modello nel 1947, una innovativa 12 cilindri costruita per essere una delle vetture più performanti dell’epoca. I successi di quella vettura e delle successive Gran Turismo attirarono ben presto una clientela famosa e benestante, che contribuì


Enzo Ferrari pilota: qui alla targa Florio del 1920 al volante di un’Alfa Romeo


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non poco alla velocissima crescita della reputazione della Casa del Cavallino…. mentre, dal canto loro, i formidabili successi sulle pista di tutto il mondo ratificavano una qualità ingegneristica di primissimo livello.

Nel 1984 la Ferrari decise di rilanciare la storica sigla GTO (che significa Gran Turismo Omologata) presentando questa bellissima vettura, che seppe conquistare clienti importantissimi quali Mick Jagger

Il materiale a disposizione dei curatori della mostra “Ferrari: Under the Skin” è ampio e unico, e comprende tra l’altro due modelli utilizzati per lo studio del design delle vetture delle origini, bozzetti, lettere e oggetti rari, cosi come alcune delle vetture più famose viste sulle strade e sui circuiti di tutto il mondo. Gli oggetti più rari sono memorabilia e materiale d’archivio riguardante la vita di Enzo Ferrari, alcuni particolari delle prime vetture prodotte dal Cavallino, modelli per la galleria del vento e modellini fatti a mano in argilla e legno. Andrew Nahum, curatore di “Ferrari: Under the Skin” spiega così le ragioni di questo super-evento: “La storia della Ferrari è stata una delle più grandi avventure dell’era industriale. Rappresenta anche un interessante caso di studio per quanto riguarda il design, la progettazione e la manifattura. La mostra ci insegna come il costruttore italiano abbia utilizzato sin dagli albori le più raffinate tecniche di design per raggiungere un’attenzione ai dettagli quasi perfetta”. Una larga parte della mostra sarà infatti dedicata esclusivamente allo studio del design, ai processi ingegneristici e manifatturieri che stanno dietro alla creazione di una Ferrari e alla maniacale attenzione per i dettagli in ogni momento della fase di realizzativa. Un’altra sezione infine ripercorrerà la storia della casa di Maranello, la sua eredità e la continua ricerca dell’innovazione.


Il primo successo Ferrari in una prova iridata di Formula 1: la 375 pilotata da Froilan Gonzalez vince il Gran Premio di Gran Bretagna nel 1951


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Questa bella immagine del ‘47 ritrae Enzo Ferrari e il giovanissimo figlio Dino (a sinistra) mentre osservano il lavoro dei tecnici Marchetti e Storchi



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Nel cortile della fabbrica, sotto gli occhi di Enzo Ferrari, muove I primi passi la 125 del 1947. Al volante Nando Righetti

Un intenso ritratto di Enzo Ferrari risalente al 1961


Ancora oggi le bellissime forme delle Ferrari GT nascono da prototipi in argilla e legno lavorati a mano


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Jody Scheckter durante una gara del 1979, anno in cui conquistò il titolo iridato

Un’immagine tra le più iconiche della storia Ferrari: il trionfo alla 24 Ore di Daytona del 1967, in casa del “nemico Ford”, con l’arrivo in parata delle bellissime P4, capaci di conquistare i primi tre posti. La vittoria arrise alla coppia Amon-Bandini


Michael Schumacher, l’indimenticato e sfortunato campione tedesco che ha legato il suo nome ad un periodo d’oro della Ferrari vincendo cinque titoli iridati consecutivi tra il 2000 e il 2004


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La Mostra che si aprirà in autunno non è il solo tributo che Londra ha dedicato alla Ferrari in questo 2017. Qualche settimana fa il gruppo leader di rivenditori di auto di lusso “H.R. Owen” ha letteralmente bloccato il centro radunando 70 splendide Ferrari. Si è trattato di uno dei più grandi raduni Ferrari mai tenutosi a Londra: le auto dei clienti Ferrari di “H.R. Owen” sono arrivate a gruppi in Waterloo Place, per poi allinearsi e riscuotere l’ammirazione e l’entusiasmo degli spettatori nella capitale. Al centro della scena, su un podio dedicato, brillava una spettacolare LaFerrari Aperta, oggetto di grande attenzione da parte del pubblico e dei proprietari Ferrari

Un bozzetto della 166-195 Sport Coupé MM, carrozzata Touring Superleggera


Una foto del 1961. La vettura è la 156 Formula 1… certo che l’immagine stride al confronto degli iper-tecnologici box di oggi


ferrari 70 Un modello di Formula 1 in galleria del vento negli anni ‘80

Divertimento rosso: il parco a tema Ferrari di Abu Dhabi, inaugurato nel 2010

Tecnologia e precisione: ecco come nascono oggi le Ferrari


Nel 1982, per festeggiare i 20 anni della GTO, il collezionista Pierre Bardinon le riunì tutte (o quasi) presso la sua residenza per un raduno passato alla storia

Il Design Museum è il più importante museo al mondo dedicato all’architettura e al design, con mostre che riguardano tutti gli elementi del design, inclusa la moda e l’arte grafica. Dalla sua apertura nel 1989 il museo ha ospitato un po’ di tutto, da un AK-47 ai tacchi esagerati di Christian Louboutin. E’ stato sede di più di 100 mostre, visitate da oltre 5 milioni di visitatori, con lavori di architetti e designers quali Paul Smith, Zaha Hadid, Jonathan Ive, Miuccia Prada, Frank Gehry, Eileen Gray e Dieter Rams. Il 24 Novembre 2016 il museo ha aperto la sua nuova sede a Kensington designmuseum.org | newdesignmuseum.tumblr.com

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Grande successo per la Bentley Pacey-Hassan del 1936 al Goodwood Festival of Speed

Un splendida OTTANTENNE William Medcalf ha riscosso un grande successo a Goodwood con la sua Bentley Pacey-Hassan, una vettura straordinaria che fece registrare un record di oltre 208 chilometri orari a Brooklands nell’agosto 1938 e venne premiata con il prestigioso “120 mph badge”



una splendida ottantenne

Il

Goodwood Festival of Speed è un evento ormai conosciuto a tutte le latitudini, che offre mille spunti interessanti ed emozionanti per gli appassionati di motori. Ogni anno, in luglio, nella località inglese si danno appuntamento le vetture storiche più prestigiose e performanti, stupendi prototipi e i concept più affascinanti dei maggiori produttori del mondo. Tra tutto il Ben di Dio che ha animato l’edizione 2017 del Festival noi abbiamo voluto isolare una vettura in particolare, che ci è parsa tra le meno conosciute, ma con una storia degna di essere raccontata: la Bentley PaceyHassan del 1936. William Medcalf, fondatore di Vintage Bentley, gruppo leader per quanto riguarda il restauro di auto d’epoca inglesi, si è presentato con questa stupenda Bentley monoposto del 1936, riportata al suo splendore originale, e ha saputo regalare agli spettatori emozioni uniche… con la colonna sonora del rombo inimitabile della Pacey-Hassan lanciata a oltre 160 km/h.

La passione di William Medcalf per le Bentley risale alla sua giovane età da quando, a soli nove anni, si mise alla guida di una di queste vetture per la prima volta. Da allora ha guidato per centinaia di migliaia di chilometri, in giro per il mondo, al volante di svariate Bentley, ed è pian piano divenuto uno dei più importanti esperti della comunità di appassionati di questi capolavori d’epoca. Ancora oggi lo travate spesso chiuso nel suo garage a restaurare motori o ad organizzare eventi: occuparsi della salvaguardia di questi gioielli è diventato da tempo un vero lavoro. Va aggiunto che Medcalf è ormai abituato a portare in pista le mostruose Bentley degli anni venti e trenta, ma il 2017 ha segnato il suo debutto assoluto sulla collina del Goodwood Festival of Speed. Protagonista del segmento Vetture e Motociclette Anteguerra, Medcalf ha spinto la sua Bentley al limite, facendo buona mostra delle sue abilità di guida sulle impegnative curve della salita più famosa del motorsport. Wally Hassan fu senza dubbio il miglior meccanico Bentley della sua generazione e dopo che l’azienda fu venduta nel 1932, Hassan passò a lavorare esclusivamente sulle vetture di Woolf Barnato. Barnato decise quindi di costruire una monoposto 8 litri Bentley Brooklands (più tardi conosciuta come Barnato-Hassan). L’obbiettivo era di ottenere il record assoluto sul velocissimo tracciato di Brooklands, noto per le sue interminabili curve sopraelevate.



una splendida ottantenne

In seguito Bill Pacey contattò Barnato e gli chiese se il suo “meccanico” potesse costruire una versione 4 litri e mezzo e il risultato fu questa incredibile Bentley Pacey-Hassan. La vettura viene oggi gestita da William Medcalf Vintage Bentley, che grazie all’esperienza dei propri tecnici ha portato la Pacey ad una potenza di 230 cavalli. “La mia prima esperienza al Goodwood Festival of Speed - ha dichiarato Medcalf al termine della prova cronometrata - è stata fantastica. Affrontare la salita è stata un’esperienza epica e la Pacey-Hassan non mi ha mai deluso. Le mie congratulazioni sincere al nostro staff, che ha riportato questa Bentley al suo splendore originale. Posso dire con certezza di aver dimostrato che la macchina è al livello di 81 anni fa… ovvero fantastica!”.

Il nome di William Medcalf e’ ormai sinonimo di competenza per quanto riguarda Bentley. Medcalf ha cominciato a lavorare sulle Bentley d’epoca 22 anni fa con la sua base in West Sussex, Inghilterra, facendo della sua officina il luogo di riferimento per quanto riguarda le Bentley degli anni venti e trenta. William Medcalf Vintage Bentley oggi è anche impegnata nell’organizzazione di eventi, corse su pista e rally vintage



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