Ceramicanda n.111

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CERAMICANDA 111

V E D E R E

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marzo aprile 2015

Wainer Vaccari Il gatto di Schrodinger 120x80 Olio su tela 2014

Reportage

Economia

Gli USA ripartono Coverings 2015

Job rotation: serve davvero?

Speciale Tennessee

Il distretto ceramico a stelle e strisce


EVERY STORY IS YOUR STORY Ceramiche Caesar presenta Tale, una collezione in gres porcellanato che rilegge il patrimonio culturale del Travertino naturale, per una visione contemporanea dell’architettura.

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Non è mai troppo tardi Q

uando partiamo da Clarksville è l’alba. La città che si trova a 40 miglia a nord di Nashville è ancora addormentata, i pochi segnali di vita sono i cinguettii dei numerosi uccelli chiassosi nello sconfinato verde che caratterizza l’intero Tennessee. Tra fiumi, laghi e alberi lo stato è meta di turisti naturalisti; mentre tra accoglienza cortese da parte delle istituzioni e benefici di ogni genere riservati alle industrie sono tante le multinazionali che hanno messo le radici qui, tra queste anche aziende italiane. Stiamo andando a Gleason, zona mineraria in cui si trovano le non poche cave di argille bianche caolinitiche che alimentano i mulini continui delle aziende ceramiche insediate nel Tennessee e negli stati limitrofi: Mohawk Daltile, Marazzi America Tile, Crossville, le italiane Florim, Florida Tiles, Stonepeak, Del Conca Usa, a breve anche il gruppo Concorde. I materiali duri, sabbie e feldspati, i pochi presenti, si trovano nella parte opposta del Paese, nella zona di Loudon. Viaggiare in auto è piacevole, le strade sono larghe, anche sei corsie, tagliano i folti boschi e scompaiono lontano, la dove inizia l’infinito. Lo scopo del nostro viaggio americano è realizzare un documentario sul distretto ceramico italiano che da alcuni anni si è configurato e continuerà ad espandersi qui nel centro sud degli Stati Uniti d’America. Ora ai produttori di piastrelle si sono affiancati diversi fornitori di macchine e servizi: Raimbow, Ferrari stampi, Digital design, Projecta Engineering, Martinelli stampi, Uptiles, Hydrodesign, La Piramide nel Kentuky. Tutti impegnati al fianco dei nostri ceramisti per fornire loro assistenza e servizio. Mossi dalla voglia di fare business, desiderosi di accrescere il loro fatturato e di andare in soccorso, qualora servisse, alle sedi italiane costrette a vivere una situazione meno florida. E’ un distretto diverso da quello sassolese, racchiuso in venti chilometri quadrati, qui le distanze tra un’azienda ceramica e l’altra sono abissali, anche oltre trecento chilometri, ma ciò che le accomuna e le rende uniche è che sono tutte italiane. Sorprende il fatto che ognuno di questi soggetti si sia mosso autonomamente, senza alcuna stella polare in grado di indicare la giusta rotta, senza il disegno di strategia comune invocato dal professor Tiziano Bursi nei vari confronti pubblici sul tema: “il sistema Sassuolo”, sosteneva, “è obbligato a presidiare i nuovi mercati, a non rimanere fermo nel territorio reggiano modenese: produttori, fornitori e banche devono andare uniti nel mondo mossi da un interesse comune”. Qui nel Tennessee la teoria è diventata realtà e ha già dato i suoi frutti, con l’aiuto della dinamica economia americana e della vivacità del settore delle costruzioni. E’ facile assistere a scene che a Sassuolo si vedevamo negli anni ‘70: colonne di autotreni in fila nell’attesa delle piastrelle all’uscita del forno; fornitori organizzati su più turni per soddisfare le richieste delle aziende ceramiche. Un nuovo Eldorado, una salutare boccata d’ossigeno per coloro che hanno avuto il coraggio, la voglia e le risorse per venire qui. Ma che stimola inevitabilmente una riflessione: cosa sarebbe della Sassuolo di oggi se ciò che sta avvenendo nel Tennessee si fosse materializzato anche in Cina, Brasile, Europa centrale, medio oriente, India? Bé, certamente saremmo qui a raccontare un’altra storia, un’altra economia locale. Ma non è mai troppo tardi.

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EDITORIALE

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L’ARTISTA

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NEWS AZIENDE - Prodotti e produttori SPECIALE COVERINGS

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Non è mai troppo tardi Wainer Vaccari

•Gli americani vanno… •Ossigeno made in USA •«La ripresa c’è, ma è ancora troppo lenta»

SPECIALE TENNESSEE

•Italians do it better •Mike Evans: «Energia, materie prime e manodopera: ecco la nostra forza»

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AZIENDE

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INTERVISTA

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MERCATO

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NEWS AZIENDE - Impianti e servizi INTERVISTA

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ECONOMIA

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IL PROGETTO

Nuovo CdA per Ricchetti Group, da Snaidero arriva Andrea Lodetti Emilio Mussini: «Buone prospettive per il 2015» Shopping egiziano: Serenissima cede lo stabilimento di Filo ad Omega Ceramic

Franco Stefani: «Lavorare in Italia è un privilegio, ma il sistema va riformato» Job rotation: serve davvero? Inaugura il FAB, Fiandre Architectural Bureau, il nuovo spazio fluido di Fiandre

PRIMO PIANO

16 - Florim 20 - Ceramica d’Imola 23 - Vetriceramici 30 - Florim USA 32 - Imerys 34 - Lhoist 36 - Officina Ferrari Carlo 38 - Rainbow 40 - Martinelli Group 42 - Digital Design 46 - Porcelanosa 50 - Florim 54 - Kerbell 56 - Petracer’s 58 - Mirage 62 - BMR 78 - Ceramic of China

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Sommario NUMERO 111 - MARZO - APRILE 2015 Anno XIII (Chiuso in tipografia il 14/05/2015) Una copia: euro 4,00 Abbonamento annuale 6 numeri: euro 24,00 - C.C.P. nr. 11777414 DIRETTORE RESPONSABILE Roberto Caroli carocaroli@ceramicanda. com DIREZIONE, AMMINISTRAZIONE E REDAZIONE Ceramicanda s. r. l. Via De Amicis, 4, 42013, Veggia di Casalgrande (R. E.) Tel. 0536. 990323 - Fax 0536. 990402 redazione@ceramicanda. com COLLABORATORI Daniela D’Angeli, Stefano Fogliani, Edda Ansaloni, Paolo Ruini, Claudio Sorbo CERAMICANDA garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo al responsabile dati Ceramicanda via De Amicis, 4 - Veggia di Casalgrande (RE). Le informazioni custodite nel nostro archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare proposte commerciali. In conformità alla legge 675/96 sulla tutela dati personali e al codice di autodisciplina ANVED a tutela del consumatore EDITORE Ceramicanda s. r. l. Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Reggio Emilia al n° 986 in data 19/04/99 • Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c legge 662/96 • In attesa di Iscrizione Registro nazionale della Stampa PUBBLICITÀ Ceramicanda s. r. l. Via De Amicis, 4, 42013, Veggia di Casalgrande (R. E.) Tel. 0536. 990323 - Fax 0536. 990402 pubblicita@ceramicanda. com PROGETTO GRAFICO Ceramicanda IMPAGINAZIONE gilbertorighi.com STAMPA E CONFEZIONE Printì

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Wainer Vaccari

L’Artista

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Gli archetipi di Wainer Vaccari alla Kusthaus di Hannover F

ino al 29 maggio, alla Kunsthaus Hannover, Wainer Vaccari rivela quel nuovo e importante ciclo di dipinti che integra la personale “A volte tornano”, un ritorno all’ordine che per l’artista significa un richiamo alla propria produzione, in particolare quella relativa agli anni novanta. A tornare sono i soggetti e non la maniera. Ad ogni riscoperta, infatti, corrisponde un coefficiente di differenziazione: il mondo “fantastico” degli inizi, con i suoi personaggi inquieti, provenienti da una realtà al contempo immaginaria e concreta, viene restituito “a bassa definizione”. La nuova dimensione è discreta, velata dietro trame brulicanti di elementi grafici discontinui, come pixel in versione analogica. Oggi, in quello scorrere di pixel troviamo le figure archetipiche del primo Vaccari: l’uomo seduto ripreso da una prospettiva aerea, il tuffatore, il viandante, … un popolo di osservatori (o voyeur?) che solo ora trova un nome, un ruolo e un fine ultimo. Sono proprio opere come “L’osservatore”, “Il tuffatore” o “Il viandante in blu” (2014), a rivelare nel titolo il loro archetipo e a portare lo stile dell’autore modenese ad una sintesi compiuta. Un elemento di novità viene ora dall’universo scientifico. Vaccari infatti non si limita più a suggerire la parzialità della percezione umana attraverso la resa pittorica. L’artista cita direttamente le teorie della fisica che stanno alla base di questa verità scientifica, racchiusa nella meccanica quantistica. Un esempio su tutte è la serie dedicata al paradosso del “Gatto di Schrödinger” (2013) in cui viene citato non solo l’esperimento in questione, ma anche la formula matematica del principio di indeterminazione di Heisenberg. Scienziati, esploratori e studiosi immersi in una costante ricerca sulle origini della materia riprendono le sembianze e le pose esemplari delle tele anni novanta. Non solo. Questa umanità viene circondata da un insieme

Il custode della stringa - Olio su tela cm 80x60

tangibile di elementi surreali come atomi macroscopici, elettroni che con la loro rotazione formano vere e proprie aureole, o ampolle di vetro che contengono formule e concetti. L’artista si diverte a travalicare la linea che separa l’assurdo dal possibile, provocando nello spettatore uno stato d’animo di perturbante incertezza.

IN MOSTRA: “A volte tornano” Kunsthaus Striehlstrabe, 8 - Hannover

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Luogo dolce - Olio su tela cm 100x70

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Viandante in blù - Olio su tela cm 80x60 L’osservatore - Olio su tela cm 100x80

MARZO - APRILE 2015

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NEWS

Aziende

A FLORIM IL PREMIO “ECONOMIA VERDE” Florim ha vinto la quarta edizione del premio “Economia verde”, promosso da da Legambiente Emilia-Romagna con il patrocinio di Regione Emilia-Romagna, Aster, Unioncamere ed Ervet. Il riconoscimento individua aziende che promuovono politiche imprenditoriali a favore dell’ambiente attraverso progetti esemplari, soluzioni innovative e buone pratiche facilmente replicabili e premia l’azienda di Fiorano Modenese “per la continuità – si legge nella motivazione - e la consistenza dell’impegno dedicato ad una maggiore sostenibilità dei processi industriali in un settore fortemente impattante e per l’attenzione al riciclo nella creazione di nuovi prodotti”. L’azienda da anni ha messo in piedi un management energetico ed ambientale responsabile che si sviluppa a 360 gradi e abbraccia tutte le attività dell’azienda, partendo dall’impegno dei laboratori che ogni anno sviluppano prodotti dal design contemporaneo con uno sguardo sempre molto attento al contenuto green dei materiali. Gli sforzi aziendali erano già stati riconosciuti con l’ottenimento delle prestigiosi certificazioni ISO 50001 per la gestione dell’Energia e la UNI EN ISO 14001 per la gestione ambientale e vengono confermati da questo importante riconoscimento.

LA SECONDA EDIZIONE DEL PREMIO “MARAZZI” Per il secondo anno la Fondazione Filippo Marazzi promuove, in collaborazione con UNIMORE - Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, il “Premio di Laurea Filippo Marazzi” dedicato al grande imprenditore dell’industria ceramica. Il premio del valore di euro 5.000 e le 2 menzioni speciali da 2.000 euro ciascuna saranno assegnati a tre giovani laureati nell’anno accademico 2013/2014 in università o politecnici italiani che si sono distinti quali autori di brillanti tesi di laurea magistrale sul tema “Internazionalizzazione e made in Italy”. La cerimonia di conferimento del “Premio Filippo Marazzi” avrà luogo nei prossimi mesi durante un evento organizzato dal Dipartimento di Economia Marco Biagi di UNIMORE con la collaborazione di Marazzi Group.

VICENZO PANZA NUOVO AMMINISTRATORE UNICO DI HATRIA Vincenzo Panza è stato nominato Amministratore Unico di Hatria, storica azienda italiana specializzata nella produzione di sanitari in ceramica. Milanese, classe 1962, laurea in Economia alla Bocconi, Vincenzo Panza vanta una vasta esperienza manageriale in diversi contesti multinazionali, ricoprendo posizioni di vertice. La nuova nomina fa parte del piano di riorganizzazione dell’azienda, dal 2014 entrata a far parte di CoBe Capital, e risponde a una logica di potenziamento del mercato, italiano ed estero.

ALTRI INVESTIMENTI PER RONDINE Ceramica Rondine, storica azienda ceramica italiana, sta completando un importante programma di investimenti tecnologici volti alla crescita dei propri stabilimenti e alla messa a punto di nuovi processi produttivi. Nello stabilimento di Rubiera si è concluso l’ampliamento del reparto di fine linea con l’installazione di nuove linee per la movimentazione di grandi formati (progettate da Tecnoferrari), e l’avviamento di impianti System per la linea di scelta con smistatori Multigecko, pallettizzatori Griffon e confezionatrice 4Phases. L’ammodernamento tecnologico è proseguito con l’installazione dell’innovativa linea di taglio e rettifica a secco di BMR asservita alla linea di produzione dei pavimenti in gres porcellanato: una tecnologia “green oriented”, che elimina l’impiego di acqua in questa fase del processo produttivo e che consentirà a Rondine di recuperare le polveri prodotte per la rettifica a secco reintroducendole nel processo produttivo presso il proprio stabilimento Spray Dry di Sassuolo dove si producono impasti ceramici. Oltre all’evidente vantaggio dal punto di vista ambientale, l’introduzione della tecnologia di rettifica a secco garantirà maggiore pulizia nell’ambiente di lavoro, una più semplice gestione della depurazione e, non meno importante, un’ottima qualità delle piastrelle realizzate. Questa prima fase dell’ampio piano di rinnovamento tecnologico permette a Rondine ampliare le collezioni ceramiche con nuove e interessanti proposte, tra cui gli ultimi formati progettati, ossia il 45x90 cm (da cui si ottengono da taglio i sottoformati 22,5x90 e 15x90) e il 60x120 con i sottoformati 20x120 e 30x120.

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EXPO 2015: MAPEI E L’ALBERO DELLA VITA Anche nel caso di quello che sarà il simbolo del Padiglione Italia a Expo 2015, Mapei ha lasciato il proprio segno. L’Azienda è infatti Sponsor del Consorzio Orgoglio Brescia ai fini della realizzazione dell’Albero della Vita, contribuendo alla realizzazione del basamento. Ideato da Marco Balich e posizionato al centro della Lake Arena, poco dietro il Palazzo Italia, L’Albero della Vita consiste in una struttura in acciaio alta 35 metri e ricoperta di legno - a richiamo delle radici italiane che si estendono verso il futuro - con un forte elemento tecnologico: oltre 100 effetti speciali della durata di circa 10 minuti, che si alterneranno ogni ora e che faranno “esplodere” di notte l’Albero, per tutto il periodo dell’Esposizione Universale. L’albero della vita affonda le sue “radici” sotto un tappeto eseguito con pietre naturali locali che ripropongono il disegno a losanghe di Michelangelo della Piazza del Campidoglio.

QUARTA EDIZIONE PER “LA CERAMICA E IL PROGETTO” Confindustria Ceramica promuove la quarta edizione di ‘La Ceramica e il Progetto’, concorso volto a premiare la migliore realizzazione completata tra gennaio 2012 e gennaio 2015, in cui sono state utilizzate piastrelle di ceramica italiane prodotte dalle aziende che aderiscono al marchio settoriale Ceramics of Italy. Sebastiano Brandolini, Michele Capuani e Cino Zucchi giudicheranno i progetti pervenuti ammettendo sia realizzazioni ex-novo, sia ristrutturazioni e recuperi architettonici purché riferiti alle categorie edifici residenziali, commerciali eistituzionali. I criteri di selezione valuteranno la progettazione complessiva, l’uso innovativo e il design delle piastrelle, la qualità della posa, la valorizzazione dell’ambiente. Il vincitore di ogni categoria si aggiudicherà un premio di € 5.000.

MARZO - APRILE 2015

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NUOVOCORSO A COVERINGS 2015 Anche quest’anno, Nuovocorso non ha mancato l’appuntamento con Coverings, la più importante fiera del Nord America per il settore ceramico, tenutasi ad Orlando lo scorso aprile. Mercato in continua crescita, insieme a quello del Sudamerica, rappresenta per l’azienda un’importante parte del fatturato grazie soprattutto all’ottima risposta riscontrata nei confronti di un prodotto d’alta gamma completamente italiano e all’interesse dimostrato per le caratteristiche tecniche del prodotto ceramico estruso che favorisce i grandi formati. Tra le nuove collezioni presentate, ottimi riscontri per le serie Shade, Loft e Glam in 120x120 e per la serie Trek nel formato 60x180.

PANARIAGROUP: FATTURATO 2014 IN CRESCITA DEL 6,5% A 290,7 MILIONI DI EURO Pur in presenza di un contesto economico internazionale ancora altalenante, Panariagroup, quarto gruppo ceramico italiano, ha chiuso il 2014 in netto miglioramento rispetto al biennio precedente, con un fatturato pari a 290,7 milioni di euro (+6,5% rispetto ai 273 milioni di euro del 2013) e una redditività in netto progresso: il margine operativo lordo è cresciuto da 14 a 21 milioni di euro e il margine operativo netto è tornato in terreno positivo a 1,9 milioni di Euro (nel 2013 era negativo per 6,8 milioni di euro)

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DÊco d’Antan: un vero e proprio sistema ceramico dedicato a vestire con rinnovata eleganza gli spazi residenziali e ideale per progetti contract. Il colore, i decori e i contrasti sono gli elementi distintivi della collezione che offrono grande leggerezza visiva e libertà compositiva. I pattern geometrici e i decori floreali a rilievo esaltano la superficie fino a diventare dei veri e propri complementi di arredo, morbidi al tatto e preziosi alla vista, grazie al mix sapiente degli smalti e della polvere di graniglia. www.tagina.it


Speciale Coverings

a cura di Roberto Caroli

Gli americani vanno… P

rima dell’atterraggio all’aeroporto di Orlando i passeggeri sono chiamati a compilare il cartoncino verde relativo alla dichiarazione doganale (6059B), quindi a rispondere al questionario imposto dalle autorità statunitensi: numero del passaporto, quantità di valuta, destinazione, motivo della visita, profilo sanitario. Qui ho aggiunto di mia spontanea volontà la parola “intossicato”: dall’Italia, dalla politica, dalle sterili polemiche, dai nostri parlamentari che amano monopolizzare i salotti televisivi e disertare l’aula del parlamento come hanno fatto nel giorno in cui si sarebbe dovuto dibattere dell’uccisione del nostro concittadino Giovanni Loporto: solo 39 i parlamentari presenti. Uno schiaffo alla decenza e al sen-

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Speciale Coverings

Se fino all’anno scorso era difficile per le piastrelle italiane essere competitive, oggi grazie alla rivalutazione del dollaro il made in Italy è ritornato di moda. Per la gioia di coloro che hanno portato le produzioni anche in America? Non necessariamente so del dovere). Recarsi al Coverings significa anche questo: per una settimana non vedere, non ascoltare più nulla del nostro caro paese, il che vuol dire recuperare un po’ di normalità e tranquillità. Per questo qua in America si viene sempre volentieri, al di là delle motivazioni professionali, in quanto terapeutico per la nostra salute. Una buona mezz’ora di fila davanti ai doganieri prima del controllo del passaporto, delle impronte digitali, dello scatto della fotografia, porta inevitabilmente il pensiero al vecchio continente, alla vicenda dei barconi pieni di disperati provenienti dall’Africa e diretti senza documenti verso le coste Europee. Mi chiedo: come si comporterebbero gli americani al posto nostro, loro che considerano i propri confini sacri e inviolabili!? E’ l’ultimo pensiero “italiano” prima di lasciarmi catturare fino in fondo dall’economia americana, dal settore delle costruzioni e dal mercato delle piastrelle. Gli Stati Uniti sono di nuovo al posto di guida dell’economia globale dopo avere subito per 15 anni l’iniziativa cinese e dei mercati emergenti, e cresceranno quest’anno ancora di un 3,5% o forse anche di più, come preannunciano i dati sul mercato dell’occupazione (nei primi due mesi sono stati creati 264mila nuovi posti di lavoro) che dovrebbe portare ad un rialzo significativo anche alle voci di spesa dei consumatori. Rispetto allo scorso anno il dollaro si è ulteriormente rafforzato e il cambio con la moneta unica è ora di 1,10, un recupero pari al 30% che potrebbe anche incrementarsi. Secondo gli esperti potrebbe addirittura scendere a 0,85 entro il 2017, a causa della divergenza delle politiche monetarie tra Federal Reserve e Bce, da qui ai prossimi due anni almeno.

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La Fed dovrà alzare finalmente i tassi Usa entro l’estate, dopo sette anni di tassi zero e di liquidità a fiumi sui mercati, a fronte di una fase ultra accomodante della politica monetaria della Bce. Per la gioia di chi importa beni di consumo, per la seccatura dei turisti europei, i quali in futuro saranno probabilmente costretti a rivedere il piano viaggi verso l’America. Già oggi una bistecca costa 35 dollari, una camera d’albergo dignitosa 160 dollari, una bottiglietta di acqua minerale consumata al bar 5 dollari, un caffè ristretto 2,3 dollari, il pieno nella macchina 30 dollari (ma qui mancano le accise applicate dal governo italiano). Negli outlet ora è più difficile fare affari e si rimanda magari l’acquisto di un paio di Nike al rientro in Italia, anche per non apportare ulteriore peso alla

Il Direttore con Ermes Ferrari di Florim

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Il biliardo nello stand di Cerdomus

valigia col rischio di superare i 23 chili imposti rigidamente dalle compagnie aeree (32 per i fortunati che viaggiano in business). Anche gli americani entrano meno nei negozi, a meno che non si tratti di merci di bassissimo prezzo o, al contrario, di sfarzosi oggetti di lusso: è più facile incontrare gente da Tiffany che non nei centri commerciali perché la crisi ha sfoltito la classe media, una dinamica oggetto di studio da parte di sociologi ed economisti; d’altra parte il 70% del Pil americano è rappresentato dai consumi interni, quindi un eventuale cambiamento del consumatore medio interessa e non poco anche gli organi governativi. Acquistare casa, per chi se lo può permettere, è ancora conveniente, anche perché a fronte di un’offerta pressoché stabile la domanda è ancora lontana dai livelli raggiunti nel 2007, quando le compravendite di case sfioravano 1,7 milioni di unità su base annua; oggi se ne contano 1,2 milioni, un buon risultato rispetto alle 400mila unità toccate in piena recessione. Ma il 2015 è partito con il piede sbagliato per il mercato immobiliare, con le vendite di case esistenti che mostrano una netta flessione (-5%), a dispetto dell’ incremento del 3,2% riportato nel corso del 2014. Dati comunque ottimi se confrontati con quelli del vecchio continente. Malgrado ciò è un economia in movimento, si respira aria di ripresa anche se non in modo tangibile come lo era qualche lustro fa. Si muove e cresce, lentamente ma cresce. Grazie, soprattutto, alla puntuale risposta politica che il governo ha saputo dare al paese, in virtù della quale gli americani hanno ripreso a marciare, anche verso l’Orange convention center di Orlando, laddove nella quattro giorni di Coverings i cento espositori

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italiani hanno captato i segnali positivi che arrivano dall’economia americana: “abbiamo trovato i nostri clienti molto interessati, ed era la risposta che cercavamo da questa fiera”, il commento che esce dagli stand dei ceramisti sassolesi. Un mercato, quello americano, che continua a privilegiare la moquette (8,5 miliardi di metri quadri nel 2014), nel quale soltanto il 5% dei consumatori è orientato verso la piastrella di ceramica (231,39 milioni di metri quadri nel 2014), ma che esprime enormi quantità per cui anche piccoli spostamenti a favore della ceramica significherebbero numeri importanti in termini di metri quadri venduti. Su un mercato detenuto per il 30,5% dai messicani, per il 28,9 dai cinesi e dal 17,7 degli italiani. E se fino all’anno scorso era difficile per le piastrelle italiane essere competitive, oggi grazie alla rivalutazione del dollaro il made in Italy è tornato di moda. Certo rimangono aperte le questioni logistiche, i controlli doganali fitosanitari sui container italiani, i dazi per cui “vince sempre chi riesce ad avere il materiale pronto al momento giusto e al posto giusto”, come sostenuto da più parti. Per la gioia di coloro che hanno portato le produzioni anche in America? Non necessariamente. Oggi sorridono anche gli imprenditori che hanno saputo orgnizzarsi bene dal punto di vista logistico. Ma il vero cambiamento degli americani è avvenuto nel gusto estetico: si sono europeizzati, per cui le collezioni ceramiche presentate al Coverings spesso sono le stesse viste a Cersaie: sembrano finiti i tempi della piastrella dal sapore country studiata appositamente per questo mercato. Ora loro cercano eleganza, tendenza, moda e chi meglio dei nostri azzurri può soddisfarli!

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Primo Piano

a cura della redazione

Florim Magnum Oversize

PrimoPiano

apre nuove frontiere nel mondo della progettazione Le nuove proposte Florim al Coverings: «Design d’avanguardia e alta qualità per un mercato che va presidiato a 360 gradi»

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Alta qualità e design di avanguardia: c’è una precisa filosofia aziendale che si traduce in ogni produzione». E le produzioni che Florim ha presentato a Coverings 2015 (i grandi formati di Magnum Oversize) declinano al futuro le più moderne esigenze della progettazione, consolidando il ruolo della holding di Fiorano Modenese anche sul mercato americano. Strategico da sempre, per un gruppo che negli Stati Uniti, attraverso Florim USA, ha saputo ottimizzare «produzioni e tecnologie al cospetto di un mercato complesso ma che garantisce prospettive importanti. Siamo parte di un sistema integra-


to, che capitalizza sia il valore aggiunto del made in Italy in termini di ricerca ed estetica, sia quello del made in USA, dal momento che la presenza consolidata negli Stati Uniti ci permette di customizzare il prodotto stesso e le politiche commerciali nei confronti di clienti e distributori, oltre che dei progettisti». La pensa così Arrigo Zapparoli, presidente di Florim USA, che dallo stand Florim fa le carte ad un mercato «comunque in crescita come quello americano, e che va presidiato a 360 gradi. Confidiamo in un’espansione non solo in termini economici ma anche in termini di penetrazione sul mercato del prodotto ceramico. Quella statunitense – dice Zapparoli – è un’economia ricettiva, che guarda con interesse crescente alla produzione ceramica: da parte nostra si tratta di garantire al prodotto la possibilità di conquistare il mercato stesso, che ha ritrovato il giusto dinamismo». Le statistiche sull’immobiliare e il trend dell’edilizia, del resto, parlano di un consolidamento della crescita «che gli Stati Uniti hanno saputo ottenere affrontando la crisi con una politica espansiva che adesso sta dando i suoi frutti». Al Coverings, appuntamento fieristico di riferimento negli Stati Uniti, Florim ha presentato Florim Magnum Oversize: 9 formati di grandissime dimensioni che rivoluzionano il concept di superficie in architettura e aprono nuove frontiere nella progettazione di ambienti integrati. Grazie alle misure rivoluzionarie e allo spessore di soli 6 millimetri, Magnum Oversize si presta a essere utilizzato anche in nuovi ambiti applicativi: porte, tavoli, ante, pensili e piani cucina, possono così beneficiare delle caratteristiche tecniche migliorative tipiche del grès porcellanato.


Speciale Coverings

a cura di Stefano Fogliani

Ossigeno made in USA In archivio la 26ma edizione del Coverings: imprenditori soddisfatti e grandi aspettative legate al cambio con l’euro. «Se il dollaro ci aiuta…» 18

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’ottimismo, diceva quello, “è il profumo della vita”. E ne girava parecchio tra i tanti produttori italiani che per quattro giorni si sono attestati presso l’Orange Country Convention Center di Orlando, in Florida, sede delle 26ma edizione del Coverings. Perfettamente riuscita, manco a dirlo, ma al di là di dichiarazioni di prammatica, in grado di fornire al made in Italy della piastrella indicazioni oltremodo utili (e incoraggianti) su un mercato come quello a stelle e strisce cui tutti guardano con grande interesse. Ricambiati, stando ai numeri, e qui sta la novità più gradita agli oltre 100 marchi che hanno colorato il padiglione italiano. «Questa fiera è cresciuta con il mercato, e il padiglione italiano è cresciuto con entrambi», dice il presidente di Confindustria ceramica Vittorio Borelli guardando al new deal che fa di quello americano un mercato «in grado di garantire prospettive di crescita molto importanti». Un po’ perché l’economia a stelle e strisce è ripartita, «e la crisi – dice Arrigo Zapparoli di Florim USA – è stata aggredita con politiche espansive che hanno pagato, totalmente diverse da quelle attuate in

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Europa», e un po’ perché «la ripresa è costante. Non ci sono indici in doppia cifra, ma c’è una costanza di rendimento che – secondo Enzo Mularoni, CEO di Del Conca – è una buona base sulla quale programmare». Parte da qui, ovvero da «aumenti – dice Daniele Verde di Verde 1999 – contenuti, ma di spessore», o dall’economia «che – sottolinea Zapparoli – sta crescendo», la (ri)scoperta dell’America da parte degli imprenditori del settore ceramico, ma non solo. Ci sono un cambio euro dollaro finalmente favorevole («per noi un vantaggio», ammette Adolfo Tancredi di Cesar) e soprattutto quell’attenzione che il made in Italy ha sempre dedicato al mercato stelle e strisce finalmente davvero ricambiata, tanto da allargare i sorrisi dei tanti imprenditori incrociati in fiera, che vedono consumatori più ricettivi nei confronti della proposta dei produttori di casa nostra. «Sorriso non smagliante, ma certo è meglio adesso di prima, e ci sono le premesse per migliorare», dice Mauro Manfredini di Casalgrande Padana, e sulla stessa lunghezza d’onda ci sono Mario Roncaglia di Novabell che capta «buoni se-

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gnali, almeno per chi come noi esporta tanto» e Leonardo De Muro di Imola Ceramica, ad avviso del quale «il momento non è al top, ma il dollaro ci aiuta». Il cambio, ma non solo: perchè «non sono necessariamente i cambi – dice l’AD del Gruppo Concorde Maurizio Mazzotti - che influenzano le politiche aziendali», e «restano fondamentali il prodotto e il servizio», spiega Rodolfo Panisi di Stonepeak, ma «la sfida da vincere – aggiunge Mazzotti– adesso è quella della logistica». Dazi, controlli fitosanitari, rafforzamento dell’Italia come partner commerciale degli USA: temi che, garantisce Borelli, «verranno affrontati a livello associativo, nel tentativo di stipulare protocolli che tutelino le nostre produzioni». Ostacoli da superare, ma che in coda ad un Coverings archiviato «con grande soddisfazione» si affrontano con consapevolezze importanti e, perché no, con un po’ di morale in più. E con l’idea che quelle che si sono intravisti dai padiglioni dell’Orange Country Convention Center siano segnali finalmente positivi, in grado di restituire vitalità ad un settore che, oltreoceano, sta ritrovando slancio.

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Primo Piano

PrimoPiano

a cura della redazione

Ceramica d’Imola (ri)scopre l’America Riorganizzazione commerciale, ridefinizione della gamma produttiva e differenziazione dei brand per una politica commerciale in grado di imporsi anche al retail. Ecco le strategie della holding imolese per consolidarsi sul mercato a stelle e strisce

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na presenza sempre più forte su un mercato in espansione, la diversificazione della gamma attraverso l’identificazione tra marchi e prodotti, una riorganizzazione della rete commerciale in grado di perseguire in modo efficace gli obiettivi. Le nuove strategie di Imola Ceramica le spiega, nella consueta cornice del Coverings 2015, Leonardo De Muro, Direttore Commerciale della holding imolese. Il mercato made in USA manifesta attenzione, il made in Italy della piastrella sembra deciso ad approfittarne prendendosi «uno spazio che, dati alla mano, c’è. Siamo ancora – dice De Muro - in una fase congiunturale caratterizzata da alti e bassi, ma il cambio favorevole con il dollaro ci aiuta e i risultati, sul mercato americano, ci sono». Il Coverings, fa capire De Muro, è


vetrina imprescindibile per produttori che vogliano recitare da protagonisti su un mercato complesso e composito come quello statunitense, ma la riorganizzazione attuata da Cooperativa Ceramica d’Imola, che a Orlando ha portato le nuove collezioni dei suoi brand (Imolaceramica, Leonardo, La Faenza) risponde al meglio alle istanze di questa parte di mondo. «Da una parte abbiamo segmentato la clientela, nel senso che se prima eravamo fortemente sbilanciati su cantieristica e progettazione, oggi siamo in grado di intercettare anche le richieste del retail», la strategia aziendale, cui il managment di Coopimola ha aggiunto «una attenta rivisitazione della gamma produttiva dei diversi marchi, adesso fortemente caratterizzati ed identificabili a seconda del prodotto».

Ci sono azioni commerciali decise e una presenza capillare sul territorio: gli orizzonti spaziano su tutto il mercato a stelle e strisce, allargati da una crescita dei consumi e da una ripresa economica che fa di quello statunitense uno scenario ricco di opportunità per chi produce ceramica made in Italy. O meglio farebbe, perchè ci sono ancora ostacoli da superare, soprattutto a livello logistico, con «tanti controlli sui container che su alcuni porti rasentano la farsa». Problema che va risolto a livello di sistema, e che spesso vanifica sforzi e investimenti che Ceramica d’Imola, come altre aziende, sostengono per essere competitivi su un mercato «che risponde, e sul quale occorre essere presenti nel modo più efficace possibile. Perché, e l’edizione 2015 del Coverings lo ha dimostrato, ci sono ottime prospettive di crescita».


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Primo Piano

a cura della redazione

Vetriceramici: il made in Italy che piace agli USA

PrimoPiano

«Per quanto riguarda design, servizio e ricerca, l’Italia resta un punto di riferimento». Ne è convinto Daniele Bandiera, presidente di Vetriceramici

«

I riscontri che riceviamo dal mercato americano sono, come sempre, buoni: per tutto ciò che riguarda design, innovazione, ricerca e servizio, il made in Italy rappresenta un valore aggiunto importantissimo. Ci considerano multinazionali italiane con sede negli USA: il top, dal punto di vista del cliente, che è come se comprasse piastrelle italiane prodotte negli States». Lo spiega così Daniele Bandiera, presidente di Vetriceramici, il successo che, anche in occasione di Coverings 2015, ha premiato l’azienda romagnola: “a Ferro company” si leggeva all’ingresso dello stand di Vetriceramici, entrata di recente a far parte della galassia Ferro, «ma non vi è dubbio che la nostra clientela americana, tra la bandiera a stelle e strisce e quella tricolore, in questo ambito scelga l’Italia». Culla della ricerca, in grado di dettare linee e tendenze quanto a gusto, estetica, colori e formati; e anche quando si parla di produzioni made in USA si intendono produzioni in un certo senso italianizzate, e che dalla ricerca italiana non prescindono. La prova è nell’orientamento sui grandi formati, con diversi clienti statunitensi che stanno investendo in questa direzione. C’è poi un’integrazione successiva tra ricerca di base, buona parte della quale nasce dal made in Italy, ed evoluzione del

prodotto per coniugare al meglio la qualità della tradizione italiana con le esigenze del mercato a stelle e strisce: dal bone, al marfil, fino ai grigi, i colori sono punti di partenza «arricchiti da graniglie e micrograniglie, prodotti chiave di Vetriceramici, in grado di garantire al prodotto finito caratteristiche tecniche ed estetiche di livello assoluto». I formati sono altri segni tangibili di una creatività italiana in grado di fare tendenza su un mercato sì globale, ma che mantiene le proprie peculiarità d’area e come tale va affrontato, con prodotti ad hoc e ricerche in grado di intercettarne le istanze nel modo più efficace possibile. Losanghe ed esagoni, tra le novità intraviste nei padiglioni del Coverings, danno quel tocco in più, affiancando lastre e formati tradizionali su grafiche che replicano gli evergreen, ovvero pietre e legni. «Ma la ricerca – continua Bandiera – sta andando oltre, verso l’elaborazione di una sorta di ibrido tra marmo e legno che possa rappresentare un ulteriore traguardo dal punto di vista della creatività». Ovviamente italiana.


Speciale Coverings

a cura della redazione

«La ripresa c’è, ma è ancora troppo lenta» Donato Grosser

Donato Grosser fa le carte al momento dell’economia USA, parlando di difficoltà ancora in grado di condizionare il sistema e i consumatori. E cita Topolino...

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sempre il suo il punto di vista più originale, e a ben vedere anche il meno scontato. Perchè il rilancio del sistema americano è scritto, è vero, nei numeri, ma l’approccio critico di Donato Grosser aggiunge alle analisi il punto di vista di chi non si accontenta, e il sano scetticismo di chi le cose le guarda con il disincanto che serve. Senza che questo voglia scoraggiare, ma quasi a fornire uno spunto di riflessione in più, «perchè – dice Grosser – c’è sì un miglioramento, ma non ancora quello scatto che farebbe davvero sorridere». Non c’è, aggiunge il consulente newyorchese, «la necessaria continuità nel processo di crescita: si fa un passo avanti e due indietro, due avanti e uno indietro». Si va, insomma, anche se il passo non è così spedito, e Grosser stupisce quando, anziché economisti di chiara fama, scomoda Topolino per una citazione che fa sorridere e pensare. «Tanto andammo – dice – che ci trovammo al punto di partenza». Disney, insomma, e solo come metafora, non la Disneyland del business: l’America si muove, i consumatori americani anche, «ma – l’obiezione di Grosser – non così velocemente.

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La crisi ha scottato tanti, il consumetore oggi è indubbiamente più attento e la prova è nella tendenza al consumo. Bene il lusso, che si appoggia su un consumatore che problemi non ne ha, bene il primo prezzo, cui si rivolge la generalità, ma difficoltà del livello medio. Difficoltà che si lega ad una middle class che la crisi l’ha subita più di tutti». Non è tutto oro quello che luccica, insomma, e Grosser non si nasconde, spiegando come la ripresa c’è, ma

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«è lenta. Prendiamo – dice – il settore immobiliare sul residenziale nuovo. Il livello fisiologico sarebbe un milione quattrocentomila all’anno, siamo appena sopra il milione. Vero che negli anni più difficili della congiuntura si era addirittura sotto le 500mila eunità, altrettanto vero che negli ultimi anni si registra una crescita, che si manifesta tuttavia con grande lentezza. E in un settore – chiude Grosser – cui la ceramica è legata a doppio filo».

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Speciale Tennessee

a cura della redazione

Italians do it better Filippo Marazzi sia stato molto In principio fu «gliCredo lungimirante a intuire le potenzialità deda allora si vedeva una creMarazzi USA: a quasi scitaUSA.deiGià consumi e Filippo capì nel 1982 che oggi è pacifico, ovvero che se trent’anni dal primo quello si vogliono raggiungere volumi importanti su un mercato lontano, quel mercato va sbarco americano presidiato, anche con unità produttive e con produzioni ad hoc». Lo racconta così, il del made in italy CEO di Marazzi USA Gianni Mattioli, il primo sbarco oltreoceano della piastrella italiana. Correva l’anno 1982, nasceva la Marazzi della piastrella, America Tile e la scelta della proprietà, che generò diverse perplessità, ha invece molto è cambiato. allora fatto scuola. E se Marazzi scelse il Texas come base operativa, cui si aggiungeranno E in Tennessee sta altre sedi, il tempo ha portato alla nascita, di un’aggregazione di imprese nascendo il distretto incheTennessee, ricorda, anche nelle sue potenzialità, un distretto ceramico. Emanazione della a stelle e strisce cultura ceramica made in USA che le mosse le prese nel 1947 dalla “Dallas Ceramic

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Gianni Mattioli

Giovanni Grossi Paolo Mularoni

Company” fondata, prima tra tutte, da Robert Brittingham. Altri produttori italiani hanno seguito le orme della Marazzi America. Florim che dal 2000 ha una sua unità produttiva oltreoceano, Panaria che nel 2006 acquista Florida Tiles sono solo altre delle tante sigle che scelgono di “scoprire” l’America dove, già nel 1986, segnatamente in Tennessee, prende forma il cosiddetto distretto ceramico a stelle e strisce. Nasce Crossville, nell’omonima cittadina, e a seguire arrivano Tilecera (a Clarksville, 1990), Stonepeak del Gruppo Iris (a Crossville, nel 2005), Del Conca a Loudon nel 2013 mentre il 2015 è l’anno del Gruppo Concorde, che a Columbia sta costruendo la sua sede americana. La “terra promessa” prende forma grazie ad un mix, perfettamente riuscito, di intuizione, capacità di investimento, spirito di adattamento e vede aziende italiane (è il caso di Florim) cominciare con una joint venture e poi diventare player in prima persona e di primissimo piano («l’azienda è nata nel 1991 su iniziativa di un gruppo thailandese del quale come Florim fummo soci di minoranza fino all’acquisizione arrivata nel 2000», racconta Giovanni Grossi, CFO di Florim), oppure costruire direttamente ex novo, come Iris. «Il terreno è stato acquistato nel 2001 – racconta Federica Minozzi,

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Federica Minozzi

AD del gruppo Iris – ma Stonepeak ha una storia curiosa: mio padre ricevette infatti l’offerta della Crossville di acquistare la fabbrica già funzionante, ma il prezzo era esagerato, ovvero 300 milioni di dollari.

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Speciale Tennessee

Mio padre fece una controfferta sensibilmente più bassa e loro rifiutarono sdegnati nonostante mio padre, che stava già trattando il terreno attiguo a quello su cui sorge la Crossville, li avesse avvertiti dicendo “faccio la mia fabbrica lì e copro i vostri stabilimenti”. E’ andata proprio così», sorride Federica Minozzi, «e oggi – aggiunge - la nostra fabbrica è un gioiello sul quale continuiamo ad investire». Il made in Italy a stelle e strisce, in effetti, fa da traino e tendenza, ed un mercato in crescita lo incoraggia, come testimonia Paolo Mularoni del Gruppo Del Conca. «Esportiamo negli USA dai primi ani Novanta: dopo vent’anni di esperienza abbiamo pensato che, alla luce dell’andamento del mercato, una presenza locale potesse agevolare una nostra ulteriore espansione in Nord America». Fin qua chi c’è. Chi ci sarà invece è il Gruppo Concorde, che il suo stabilimento lo sta costruendo a Columbia, mezz’ora da Nashville: trentanove ettari di superficie, oltre settanta milioni di dollari di investimento e 150 posti di lavoro annunciati. A fine 2016 le prime piastrelle in uscita dal nuovo stabilimento, non l’unico destinato ad aprire nel distretto made in USA, che nel frattempo ha attratto anche impiantisti e fornitori di servizi. E anche cinesi, turchi e indiani, secondo le voci, stanno guardando con favore al mercato stelle e strisce. «Scenario plausibile – dice il presidente di Panaria Group Emilio Mussini – perché la concentrazione produttiva su un territorio che ha, dal punto di vista del know how, una massa critica spendibile. Ovvio che l’attenzione per un modello aggregativo come quello che si sta creando in Tennessee abbia grande attrattiva nei confronti di tutti gli operatori». Gli italoamericani aspettano al varco… Loro, del resto, l’America l’hanno scoperta da un pezzo…

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IL TENNESSEE Il Tennessee deve il suo nome all’omonimo fiume che lo attraversa. Conta 95 contee, 347 comuni e una popolazione di sei milioni e mezzo di abitanti. Il Governatore è Bill Haslam, repubblicano, e figlio del fondatore della compagnia aerea Pilit Flying 1, sesta azienda privata americana per fatturato. Si tratta di uno degli stati più conservatori d’America, c’è la pena di morte (nel 2014 è stata reintrodotta la sedia elettrica) ed è uno dei quattro stati americani in cui resiste il divieto alle unioni omosessuali. E’ conosciuto come volunter state, visto l’altissimo numero i volontari prestati alla causa in occasione della guerra angloamericana del 1812, ma anche come la patria della musica country. Ha dato i natali, per restare in campo musicale, a Elvis Presley, e a Mamphis, dal 1974, la Gibson produce le chitarre elettriche più famose del pianeta. L’economia locale è basata sull’industria tessile, sulla coltivazione del cotone e gli allevamenti del bestiame, la chimica, la gomma, l’industri del mobile e la cartiere grazie alla grande quantità di legname garantita dalle foreste.

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a cura di Roberto Caroli

«Energia, materie prime e manodopera: ecco la nostra forza»

Mike Evans

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Venghino, siori, venghino….». In Tennessee, si intende, dove «guardiamo con favore a realtà che vogliano investire, accrescendo sviluppo e occupazione. Chi investe qui è un pilastro della nostra crescita». A dirlo è Mike Evans, dell’Industrial Development Board della contea di Montgomery. Da una parte c’è l’ombrello della TVA, ente federale che oltre a produrre energia regolamenta le attività forestali e i trasporti fluviali, incentivando lo sviluppo economico attraverso agevolazioni fiscali e logistiche, dall’altro c’è la componente territoriale, perché, dice Evans, «qui ci si trova al centro del Nord America: abbiamo un indiscutibile vantaggio dal punto di vista della distribuzione e, grazie alle sue strutture e alle sue leggi il Tennessee è un luogo oltremodo favorevole per fare business» Quali sono i reali benefici per le aziende che operano in questo Stato? «La nostra posizione e l’ energia costituiscono per noi un vantaggio. Siamo collocati in una porzione degli Stati Uniti che sta crescendo in modo attivo; la componente forza lavoro è altresì importante» Tra pressione fiscale, costi energetici, costo della manodopera, quali di queste tre voci considera la più conveniente per chi intraprende nel Tennessee? «Come ovunque i costi stanno crescendo: ma l’ energia ha un costo ancora favorevole ed una forza lavoro a buon mercato sono opportunità che le aziende possono sfruttare a dovere».

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Mike Evans, dell’Industrial Development Board della contea di Montgomery, spiega la crescita del Tennessee. «Siamo al centro del Nord America: il vantaggio è anche logistico» Com’è il rapporto tra imprese e governi locali? «Molto buono: ci sono confronto e collaborazione continui» Qual’ è il peso del sindacato? «La forza lavoro di qui non ha la mentalità di avere un sindacato che la rappresenti. Non nel senso tradizionale, o europeo del termine, almeno» Veniamo al settore ceramico, è la presenza di cave di argilla bianca nel territorio a spingere gli imprenditori ceramici ad insediarsi qui e non in altri stati? «Nella nostra regione si trovano le materie prime basilari per la industria ceramica, ma penso si vada oltre questo. Stiamo assistendo ad un fenomeno di aggregazione importante e penso che i tempi siano maturi per questa regione di crescere e assumere dimensioni anche più grandi di quella italiana» Prevede in futuro la nascita di nuove aziende ceramiche? Si parla di aziende cinesi e indiane interessate al Tennessee, conferma? «Confermo che il Tennessee ha visto diverse aziende interessarsi a possibili investimenti» Gli americani sono più moquettari che ceramici, soltanto il 5% degli americani utilizza piastrelle di ceramica: prevede possa migliorare la situazione? «La situazione sta cambiando: la creatività delle aziende, le materie prime prodotte oggi, il design, i modelli stiano lavorando per attrarre il cliente americano. Vedo una crescita».

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Speciale Tennessee

a cura della redazione

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Quindici anni per Florim USA

Cominciò nel 2000 l’avventura a stelle e strisce della holding di Fiorano Modenese: oggi Florim USA è una solida realtà che produce negli Stati Uniti per gli Stati Uniti. Senza perdere di vista il legame con la casa madre

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rodurre negli Stati Uniti per gli Stati Uniti, tenendo ben saldo il legame con la casa madre. Dalla sede italiana vengono mutuati gli standard produttivi e di ricerca, senza trascurare quella filosofia aziendale che ha portato l’azienda di Claudio Lucchese ad essere uno tra i primi grandi gruppi ceramici a puntare con decisione sul mercato a stelle e strisce. La presenza oltreoceano, negli anni, fa della divisione statunitense di Florim una realtà produttiva perfettamente integrata nel sistema economico statunitense: nel prodotto e nei processi, dirette emanazioni di uno stabilimento all’avanguardia in quel di Clarksville.


È in Tennessee il cuore di Florim USA, in uno stabilimento che occupa 265 addetti ed è stato recentemente ristrutturato con un investimento da 60 milioni di dollari nel 2012. Il risultato? Uno stabilimento che si avvale di macchinari di ultima generazione, analoghi a quelli impiegati negli stabilimenti italiani: sei linee produttive, cinque forni, sette linee di scelta e due mulini continui per una capacità produttiva di 35mila metri quadri al giorno. Un’eccellenza, cui la casa madre ha assegnato il compito di portare l’innovazione tecnologica di Florim negli Stati Uniti. «E per noi – dice Michele Agazzi,

Responsabile di produzione di Florim USA – è stata una sfida, che abbiamo raccolto con grande entusiasmo». Trovando, sul suolo americano, terreno oltremodo fertile, anche se «della manodopera specializzata italiana si sente la mancanza: sarebbe interessante – chiude Agazzi – poter creare anche qui una piccola Sassuolo». Il distretto made in USA, insomma, non è un miraggio. A testimoniarlo sono i tanti produttori che hanno seguito l’esempio di Florim, dotandosi, come il gruppo fioranese fece già nel lontano 2000, di un’unità produttiva sul suolo americano.


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a cura della redazione

Le argille di Gleason

Anche caolini, feldspati, miscele specifiche concepite per il prodotto ceramico: la ricerca Imerys e le sue proposte


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all’argilla made in USA al porcellanato made in USA. Siamo a Gleason, Tennessee, dove le argille vengono estratte ormai da un secolo, da dodici cave che sono il cuore produttivo di Imerys in Tennessee. Multinazionale dell’industria mineraria, Imerys ha acquisito nel 2001 l’azienda Kentucky Tennessee completando cosi il portfolio prodotti per il mercato Americano: Argille, Caolini, Feldspato, Talco, Carbonato di Calcio, e molti altri prodotti che vengono venduti nel mercato ceramico e in vari altri mercati ed estratti in miniere di proprietà. Imerys nel tempo ha fatto del polo estrattivo di Gleason una parte strategica di una holding globale che ha diverse sedi nel mondo. «Qui – spiegano i tecnici di Imerys - estraiamo in particolare argilla che viene venduta nel mercato ceramico, piastrelle e sanitari, e in altri mercati come l’Elettroporcellana. Le miscele, del resto, sono molteplici, «abbiamo – spiegano i tecnici - miscele per le piastrelle ceramiche, miscele personalizzate “ tailor made “ per clienti specifici. Le nostre due argille principali sono “Tennessee Stone“ e “Super Strengh n 2”. Entrambe molto tenaci, sono argille plastiche che permettono un’eccellente resistenza meccanica in crudo per la produzione dei grandi formati prodotti in USA». La tecnica di estrazione è svolta principalmente da escavatori che estraggono l’argilla e la mettono sui camion per portarla nei depositi di stoccaggio e lavorazione, il tutto fatto in miniere a cielo aperto, non senza che l’estrazione sia preceduta da esami svolti con apposite strumentazioni.

Con i “drill core“ si possono determinare in fase preliminare, prima dello scavo vero e proprio, quantità e qualità dell’argilla che si trova sui siti estrattivi. «In genere – spiegano ancora i tecnici – perforiamo anche fino a 100 piedi (30 metri circa) di sterile, che dovrà essere scartato in fase di escavazione vera e propria, prima che si arrivi all’argilla utile alla ceramica. Una volta che perforiamo e arriviamo all’argilla attraverso i carotaggi, facciamo la nostra analisi prendendo i campioni della “carota”, che vengono classificati in maniera opportuna e mandati nei nostri laboratori per i numerosi test di analisi e controllo». Altri macchinari, come il Gleason clay shredder, assicurano il controllo del prodotto e ne garantiscono la qualità. Il resto lo fanno l’esperienza maturata sul campo, le innovazioni tecnologiche e la capacità, negli anni, di mantenere la leadership sul mercato.


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Lhoist: argille all’avanguardia Moderne tecniche di estrazione combinate a miscelazioni sapienti rendono le produzioni Lhoist adatte a diversi settori industriali e ne fanno un partner di sicuro affidamento


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ezzo milione di tonnellate all’anno, traguardo raggiunto grazie a continui investimenti. E quasi un secolo di storia per le cave statunitensi che fanno capo ai belgi del gruppo Lhoist: svolgono attività mineraria dal 1916, negli Stati Uniti, e imparata l’arte l’hanno messa da parte, intensificando l attività estrattive, evolvendo i processi produttivi, raggiungendo standard qualitativi che pongono Lhoist all’avanguardia. Le argille, di tipologie più diverse, si trovano in cave aperte, vengono estratte e stoccate in attesa delle miscelazioni che le rendono adatte agli impieghi richiesti dalla clientela. «Abbiamo differenti tipi di argilla, accomunate solo dalla comune provenienza dalla regione del Bayman: a seconda delle necessità di impiego procediamo alle miscele

necessarie». Lhoist, multinazionale dell’estrazione con sedi anche in Canada, è partner dei produttori ceramici, ma non solo: «vendiamo all’industria di prodotti sanitari, all’industria di ceramiche industriali, alle industrie di costruzione, a industrie che producono soffitti insonorizzati: siamo abbastanza vari, e una delle cose di cui ci preoccupiamo e’ di dare ai nostri singoli clienti il materiale che serve loro per produrre il loro prodotto più efficiente e di migliore qualità». Complesse le tecniche di miscelazione, ovviamente, altrettanto complessi i controlli che permettono a Lhoist di soddisfare standard importanti e le ha permesso di non farsi trovare impreparata nemmeno nei confronti di una clientela selettiva come quella del distretto ceramico made in USA


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Da Fiorano Modenese al Tennessee Luca Silvestrini

Positivo il bilancio del primo biennio negli USA di Ferrari Stampi. «Il contesto – dice il presidente Luca Silvestrini - è particolarmente favorevole all’attività di impresa, ed il mercato è in continua espansione»


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La scelta di aprire uno stabilimento produttivo qui viene da lontano, e più precisamente dalla richiesta di alcuni nostri clienti americani. Abbiamo fatto le nostre valutazioni, e abbiamo scelto di aprire un service dedicato ad un mercato che meritava, da qusto punto di vista, il massimo dell’attenzione». Lo racconta così, Luca Silvestrini, l’approdo sul suolo statunitense di una sigla storica del made in Italy ceramico. La griffe è quella di Ferrari Carlo, officina con quasi un secolo di storia alle spalle (è stata fondata nel 1921), la sua veste americana è la Ferrari Stampi USA, di cui Silvestrini è presidente. «I servizi che siamo in grado di fornire sono quelli di rigenerazione e fornitura dal nuovo di stampi e tamponi, e registriamo con soddisfazione come i clienti recepiscano positivamente la nostra presenza qui negli Stati Uniti. Avevamo pensato di installare anche linee produttive per la produzione da nuovo degli stampi, ma si tratta di un investimento che faremo forse in futuro». Per adesso, fa capire Silvestrini, «a due anni dal nostro arrivo qua, stiamo migliorando prodotti e processi, utilizzando il know how maturato nel corso della nostra lunga storia in Italia». Le possibilità di espansione ci sono, «lo spazio per crescere anche, e il miglior viatico – aggiunge Silvestrini – è rappresentato proprio dal contesto, estremamente favorevole. Da una parte la difficoltà maggiore è quella dell’integrazione, anche a livello di linguaggio, con i lavoratori statunitensi, ma dall’altra le difficoltà sono ampiamente compensatte da una burocrazia agile, da istituzioni e governi territoriali che guardano con grande

favore a chi, come noi, ha scelto di investire si questo territorio. Abbiamo spostato poca gente dell’Italia, crecando di trarre il massimo dai lavoratori con i quali abbiamo iniziato il rapporto, e abbiamo privilegiato manodopera locale. Forse anche perv questo con le istituzioni locali non c’è alcuna conflittualità, non ci sono lentezze burocratiche, ma c’è una reale collaborazione che agevola l’ettività di impresa». E, dicono le voci che si rincorrono tra i capannoni del distretrto ceramico made in USA, scenari tanto favorevoli agli investitori stranieri favoriranno uno sbarco, definito tra il certo e il prossimo lo sbarco, in America anche da parte di indiani e cinesi. «Non mi meraviglierebbe, e sono voci che ho sentito anch’io, e riguardano anche turchi e messicani», ammette Silvestrini. «Questo distretto, d’altra parte, ha grandi possibilità di espansione, e il mercato americando è un mercato che giustifica investimenti importanti come quello che con la nostra zienda abbiamo già fatto».


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Over the Rainbow Da oltre 10 anni al servizio dei produttori made in USA, Rainbow è azienda specializzata in taglio, rettifica, lappatura e produzione di bullnose smaltati

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ltre dieci anni di presenza sul suolo americano, laddove sono diversi i produttori ceramici, fanno di Rainbow un partner di sicuro affidamento, premiato da contatti commerciali con la quasi totalità dei produttori made in USA. L’azienda è nata nel 2003 dalla partnership tra Florim e Iride, accrescendo la sua specializzazione nel campo delle lavorazioni ceramiche e portando oltreoceano un know how fatto di tecnologia, innovazione e servizio. Di diretta derivazione da quanto già sperimentato in Italia proprio da Iride, e via via adattato alle necessità del mercato americano e soprattutto alle evoluzioni, in termini di processo e di prodotto. «Rainbow nasce come azienda in grado di dare assistenza al mercato americano, e nel tempo allarga il proprio business, anche grazie ad investimenti che si sono tradotti in impianti all’avanguardia e in un servizio sempre più efficace. Oggi – dice l’Ingegner Marco Medici, General Manager di


Rainbow – forniamo anche servizi di lappatura e rettifica, oltre ad essere dotati di impianti per la produzione di bullnose smaltati a caldo. E nel frattempo la proprietà dell’azienda viene trasferita interamente alla famiglia Zini, già proprietaria di Iride». Solidità e stabilità hanno pagato, fa capire Medici: i tempi in cui Raibow era una start up sono ormai lontani e quella che si propone, oggi, ai produttori statunitensi è una realtà consolidata e in crescita, che ha scelto di investire sui due fattori che fanno la differenza su un mercato selettivo come quello della piastrella, ovvero impiantistica e personale. «Da una parte, ovvero a livello di impianti, si è trattato di adattarli agli standard americani e di non smettere di sperimentare, come del resto stiamo facendo adesso, sull’evoluzione dei trattamenti delle superfici alla ricerca di estetiche sempre nuove, dall’altra di formare il personale americano. Più flessibile di quello italiano, ma da alcuni punti di vista meno affidabile: strategie di affiancamento progressivo con i nostri tecnici ci hanno permesso di ottenere comunque buoni risultati». E ai produttori americani il tanto fatto da Rainbow non è sfuggito, se è vero come è vero che «si continua ad investire per fornire le risposte che il mercato pretende oggi dal materiale ceramico».


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Martinelli Group sbarca a Lebanon

L’azienda di Sassuolo sta realizzando uno stabilimento per fornire alle ceramiche i propri servizi di assistenza e rigenerazione di stampi e tamponi

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iù che uno sbarco quello di Martinelli Group è la realizzazione di un sogno, visto che già sul finire degli anni ’70 il fondatore Ettore Martinelli batteva i mercati americani alla ricerca di clienti per i suoi stampi. “Mio padre iniziò a visitare gli Stati Uniti oltre 30 anni fa”, ci racconta la figlia ed attuale Amministratore delegato Paola Martinelli, “l’America era il suo sogno ed oggi noi abbiamo la possibilità di realizzarlo”. Martinelli Group è per le industrie ceramiche una delle aziende leader in Italia e nel Mondo. E’ stata fondata nel 1953 a Sassuolo, nel cuore del comprensorio ceramico; in oltre 60 anni di attività la produzione è sempre stata in continua crescita e sono state realizzate numerose innovazioni tecniche. Attualmente è presente sul mercato con diverse consociate: Martinelli Ettore srl, Emar-Imes srl, Emar Impianti srl e Zao Martinelli Ettore in Russia. A questa galassia si aggiungerà ora lo stabilimento americano Martinelli Ettore USA Inc, che sarà operativo tra la fine dell’anno e l’inizio del 2016. La nuova unita’ produttiva del Gruppo sorgerà a Lebanon (TN), centro strategico sotto il profilo logistico perché equidistante dai produttori di ceramica e ben posizionato rispetto alle vie di comunicazione. “Per il momento continueremo a fornire stampi e tamponi nuovi dall’Italia - spiega Paola Martinelli - una produzione che vogliamo continuare a fare nella nostra casa madre.


Essere la è importante invece per poter rigenerare i materiali, permettendo alle ceramiche una significativa riduzione dei costi”. Ad oggi infatti le ceramiche che operano in America devono dotarsi di un maggior numero di stampi e ricambi in modo che si possano sostituire quelli inviati in Italia per la rigenerazione, senza contare poi i tempi lunghi dovuti al trasporto attraverso l’Atlantico. “Adesso acquistano tutto dall’Italia e questa è una voce di costo importante, potendoli servire in loco renderemo loro la vita più semplice e garantiremo loro notevoli economie”.

Sede americana ma Made in Italy garantito, così come il servizio che risponderà ai livelli qualitativi forniti a Sassuolo grazie alla migrazione in loco di forza produttiva locale. L’obiettivo di medio termine è servire il mercato americano per quanto riguarda la rigenerazione e fornire dall’Italia gli stampi nuovi ma in futuro il gruppo punta ad una ulteriore espansione dell’attività. “Faremo tutto step by step”, conferma l’Ad Paola Martinelli, “inizieremo con la rigenerazione per poi eventualmente arrivare ad una produzione in loco”.


Speciale Tennessee

Speciale Tennessee

a cura della redazione

Il digitale? Ăˆ (anche) made in USA Projecta Engineering e Digital Design raccolgono la sfida del mercato a stelle e strisce e sbarcano in Tennessee


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Da un paio d’anni seguiamo con grande attenzione lo sviluppo del mercato statrunitense. I nostri clienti ci hanno fornito riscontri tali da giustificare la nostra presenza sia in Tennessee che in Texas, e per la precisione a Dallas». Perchè, fa capire Vincenzo Palumbo, fondatore di Projecta Engineering, la presenza in loco è indispensabile per garantire servizi il più efficienti e affidabili possibili. «Questione di tempi e di rapidità di servizio: presso i produttori americani abbiamo collocato decine di macchine, e altre contiamo di collocarne», dice Palumbo: il tanto fatto e il tanto da fare vale la presenza sul suolo americanno sia di Projecta Engineering sia di Digital Design: «La prima ha consolidato la sua presenza su un mercato che chiede qualità nell’assistenza e un magazzino in grado di garantire il servizio stesso, la seconda implementa la sua tecnologia nel laser per l’inicisione di tamponi e matrici, oltre a garantire lo stesso servizio e lo stesso know how che siamo in grado di garantire in Italia. Servizio all’avanguardia, reso ancora più efficiente dalla sinergia con un’altra azienda italiana, altamente specializzata come la Ferrari Carlo Stampi, la cui unità produttiva è in questo stessi capannone». Ed è Digital Design, fa capire Palumbo, il valore aggiunto dell’orizzonte statunitense di Projecta: l’azienda si avvantaggia di un mercato ricettivo, della possibilità di «arrivare all’obiettivo in modo più snello: c’è – dice Palumbo - ancora tantissimo da scoprire e da studiare e le evoluzioni del prodotto ceramico si scoprono giorno dopo giorno, con la ricerca e con il confronto con clienti e produttori». Proprio da questo confronto, oltre che da un know how ampiamente consolidato, muove la sfida che il gruppo guidato da Palumbo ha

lanciato al mercato con Digital Design, azienda che ha affiancato alla company italiana la divisione americana di Digital Design USA. «Dall’Italia il cliente si segue bene dal punto di vista della ricerca, meno bene per quanto riguarda strutture e incisioni. Avvicinarci al cliente ci permette di fornire un servizio migliore», spiega Elena Pellesi, AD di Digital Design Italia e Digital Design USA, che parla di ottimizzazione di tempi di attesa «senza che venga meno il valore della ricerca. La nostra azienda è focalizzata sul servizio alla matrice, ovvero ai rilievi utilizzati dai diversi produttori. La ricerca – spiega Pellesi - spesso viene gestita in Italia, ma la fase produttiva nel senso proprio del termine viene eseguita in loco, con tutto quello che ne segue anche in termini di soddisfazione dei clienti. Il trasferimento, prima, richiedeva mesi, oggi parliamo di giorni...». E se da una parte c’è «un impatto oltremodo positivo dell’azienda sul mercato», dall’altra «stupisce – aggiunge Pellesi – anche la capacità del personale americano di recepire quelli che sono i know how aziendali. Ovvio che il nostro campo richiede competenze specifiche, ma la formazione, anche se non è semplice, non è impossibile: si tratta di lavorare anche in questa prospettive». Con l’obiettivo, va da se, di continuare a crescere.




Primo Piano

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a cura della redazione

PORCELANOSA Grupo a Made Expo Le otto societĂ che fanno capo al gruppo hanno scelto la kermesse milanese per persentare le ultime proposte riguardo pavimenti e rivestimenti ceramici, legno e pietra naturale, arredi bagno e avanzati sistemi di costruzione e materiali


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ecentemente, PORCELANOSA Grupo ha partecipato alla settima edizione di MADE Expo, uno dei saloni internazionali di riferimento per il mondo dell’architettura e delle costruzioni, tenutosi a Milano dal 18 al 21 marzo presso il complesso futuristico Rho-Pero della città. Questa è la seconda volta che le otto società del Gruppo presentano le loro novità riguardo pavimenti e rivestimenti ceramici, legno e pietra naturale, arredi bagno e avanzati sistemi di costruzione e materiali. Tra le proposte in ceramica che hanno catturato l’attenzione dei visitatori, troviamo l’interessante combinazione del pavimento ceramico Newport di Venis con rivestimento e rilievi Old ed Avenue, caratterizzato da un aspetto vissuto; oltre alla texture interessante realizzata da Venis con la serie di pavimenti e rivestimenti ceramici Stockholm, che combina l’aspetto robusto del cemento con il calore del legno. Per quanto riguarda le novità di Porcelanosa, i pavimenti e i rivestimenti in pietra ceramica Ston-ker® Dover Arena e Dover Antique hanno affascinato il pubblico di MADE Expo con le loro reminiscenze idrauliche e l’aspetto cementizio; così come la combinazione del pavimento in parquet ceramico con effetto ‘white trash’ (decapato con tinte biancastre) Chester e la versione del rivestimento con rilievi Chester Line.



Aziende

a cura della redazione

Nuovo CdA per Ricchetti Group, da Snaidero arriva Andrea Lodetti

Alfonso Panzani

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Andrea Lodetti,

uestione di giorni e si concretizzerà il cambio al vertice nel Gruppo Ceramiche Ricchetti: dopo sei anni lascia la carica di Amministratore delegato Alfonso Panzani, eletto a seguito della scomparsa improvvisa di Oscar Zannoni. Al suo posto il Cda eleggerà Andrea Lodetti, bocconiano classe 1971, in arrivo dal gruppo Snaidero, dove ha ricoperto molte cariche, ultima quella di General manager. Un avvicendamento che era nell’aria da tempo, già un anno fa Panzani aveva dato la propria disponibilità a sostenere la guida dell’azienda solo per i successivi dodici mesi. Ricchetti Group è la prima società del settore ceramico ad avere scelto la strada della quotazione in Borsa nel 1996, ha 9 stabilimenti produt-

MARZO - APRILE 2015

Nella prima metà di maggio il Cda sancirà l’uscita di scena di Alfonso Panzani dopo sei anni, al suo posto il manager Andrea Lodetti, in arrivo dal gruppo Snaidero tivi, 2 in Italia, 34 show room a gestione diretta, 1.415 dipendenti (450 dei quali, in Italia nel 2013) e circa l’ottanta per cento del fatturato totale derivante da esportazioni. Il Gruppo Ricchetti ha chiuso l’esercizio 2014 con una perdita consolidata di 16,8 milioni di euro in miglioramento rispetto alla perdita di 19,7 milioni di euro dell’esercizio precedente; il fatturato si attesta a 185,2 milioni di euro in aumento rispetto ai 184,1 milioni di euro dell’esercizio precedente. La Capogruppo ha contribuito ai ricavi del 2014 per 70,4 milioni di euro, al netto del fatturato intercompany, contro i 67,4 milioni di euro dell’esercizio precedente, con un incremento del 4,4%. In particolare, le vendite concernenti i marchi Cerdisa, Cisa e Ricchetti, pari a 68,2 milioni.

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Primo Piano

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a cura della redazione

Florim apre il nuovo Flagship Store di Milano Uno spazio multifunzionale dedicato ai professionisti del progetto: mille metri quadri di superficie espositiva a due passi dal Castello Sforzesco ed Expogate coniugano tra di loro ricerca, innovazione, sostenibilitĂ , riflettendo in toto la filosofia aziendale di Florim


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Volevamo essere ancora più vicini al mondo della progettazione e del design: abbiamo scelto di puntare su uno spazio in grado di riflettere la nostra filosofia aziendale». Questo il commento del presidente Florim, Claudio Lucchese, a margine dell’inaugurazione del nuovo Flagship Store milanese di Foro Buonaparte. Uno spazio ampio e luminoso inserito in un maestoso palazzo di fine Ottocento che ripercorre i concetti chiave della modernissima Florim Gallery (spazio multifunzionale di 9.000 metri quadri nella sede principale di Fiorano Modenese) che rafforza il legame con una città che è laboratorio di design e stile, crocevia di tutto ciò che riguarda il mondo della progettazione. Circa 1000 metri quadri distribuiti su due livelli, 13 ampie vetrine a pochi metri dal Castello Sforzesco e da ExpoGate, «un investimento – spiega ancora Lucchese – importante e necessario per un’azienda che punta su ricerca, innovazione, sostenibilità e su un rapporto sempre più diretto con i professionisti del progetto». La ristrutturazione nasce dalla collaborazione con l’Architetto Andrea Maffei mentre l’area dedicata ai brand del Gruppo (Floor Gres, Rex, Cerim, Casa dolce casa, Casamood, slim/4+) è stata progettata da Florim unendo design, innovazione e funzionalità. «Abbiamo volutamente lasciato che i prodotti trovassero la propria dimensione espositiva in uno spazio unico, in grado di esaltare superfici, cromie e spessori: le principali collezioni vengono proposte in versione ambientata, tramite pannelli e con espositori mobili su binari per le lastre di formato fino a 320 cm», spiega Maffei, che evidenzia come il concept del Flagship Store milanese di Florim sia improntato alla flessibilità. Non solo aree espositive, ma zone di lavoro e di incontro: il soppalco è stato arredato con grandi tavoli sui quali potranno prendere forma i progetti sviluppati con architetti e designer. Al piano interrato invece una sala di oltre 40 posti, attrezzata con impianto di videoproiezione, potrà ospitare conferenze, eventi e momenti formativi che potranno essere seguiti anche da piano terra grazie a due grandi Led Wall. Florim sta infatti predisponendo un ricco calendario di iniziative espressamente dedicate al mondo dell’architettura e del design d’interni.


Intervista

a cura di Roberto Caroli

Emilio Mussini:

«Buone prospettive per il 2015» Chiuso il 2014 con un dato «incoraggiante», il Presidente di Panariagroup si aspetta ulteriori progressi nel 2015. «Occorre allenarsi a vedere lontano»

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In linea con i programmi prefissati». I primi mesi del 2014 avevano già fatto intuire come l’anno scorso potesse dare soddisfazioni importanti a Panariagroup e oggi che le statistiche di fine anno scrivono “un netto miglioramento” rispetto al biennio precedente, il presidente di Panariagroup Emilio Mussini fa il punto su quelle che sono le prospettive di quello che resta il quarto gruppo italiano, con 290,7 milioni di euro di fatturato e un +6,5 rispetto al 2013. «Si tratta di un obiettivo che siamo ben soddisfatti di avere raggiunto», spiega Mussini, non senza aggiungere come i programmi prevedessero «un incremento delle vendite e della marginalità su tutte le Business Unit, un maggiore utilizzo della capacità produttiva e a un’ulteriore riduzione del capitale circolante netto e dell’indebitamento finanziario netto» Dati incoraggianti, ma non del tutto inattesi… «Un obiettivo in un certo senso programmato. L’anno scorso abbiamo lavorato per proteggere l’azienda dal punto di vista patrimoniale e finanziario e per darle tranquillità in prospettiva di sviluppo futuro. Abbiamo ridotto il debito ed il magazzino, ed era ovvio che gli effetti si manifestassero sul bilancio del 2013: sapevamo ci saremo dovuti passare, ma possiamo dire di esserci passati con successo, visti i risultati del 2014, che sono un’ulteriore tappa ch ci permette di affrontare i prossimi anni con buone prospettive» Cosa significa, in concreto, quel +6,5%? «Buone performances delle nostre tre business unit. Quella degli Stati Uniti, dopo un momento di difficoltà, oggi è quella che lavora sul mercato più promettente. Quella portoghese ha patito, come l’Italia, una fase di appannamento ma ha risolto molti dei suoi problemi. Resta l’Italia, area sulla quale le problematiche oggi sono complesse: le stiamo affrontando e contiamo di vedere risultati già nel 2015» Quanto pesano, oggi, le grandi lastre sule vostre dinamiche produttive? «Molto, indubbiamente, e la prova ne è che i nostri impianti sono saturi. Tra l’altro si tratta

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Mussini e il direttore negli studi di Ceramicanda

di una tipologia produttiva che ha trascinato, in un certo senso, anche l’aumento delle dimensioni dei formati cosiddetti tradizionali» Ma c’è marginalità, o andava meglio con i “piccoli” formati? «Sono logiche differenti. Le lastre muovono su segmenti forse più specializzati e meno diffusi, ma si tratta di segmenti che favoriscono il made in Italy rispetto alla concorrenza estera. Attraverso queste tipologie produttive, noi imprenditori italiani anticipiamo le nuove espressioni del prodotto ceramico, e i mercati, da questo punto di vista, sono oltremodo ricettivi» C’è qualcosa che non rifarebbe? «Domanda difficile. Non dico che rifarei tutto, ma dico che tutto quello che si è fatto si poteva fare meglio. E come imprenditore forse cambierei solo un tratto del modo di fare il mio mestiere, ovvero accorcerei i tempi che ho preso per prendere alcune decisioni. Che non vuol dire affrettare, ma essere risoluti per risultare vincenti» Le maggiori difficoltà di fare impresa, oggi? «Le stesse di sempre, ovvero saper leggere quello che succederà. Non è semplice allenarsi a vedere lontano, ma è questo che oggi si chiede a chi guida le imprese, ovvero individuare il miglior percorso in mezzo a variabili sempre più complesse» Gli effetti delle dinamiche euro/dollaro, si dice, aiutano il made in Italy… «Condivido. Gli effetti sono positivi, e non solo per noi. Un dollaro forte aiuta senza dubbio

MARZO - APRILE 2015

la produzione italiana» Che tuttavia ha, o avrebbe, sbocchi sempre più limitati, almeno se si guardano i ritmi di sviluppo della filiera delle costruzioni e gli incrementi demografici… «Questione complessa, che dobbiamo affrontare come realtà matura quale siamo e non come fossimo parte di un’economia emergente. Parliamo di interventi significativi sull’esistente, consapevoli che è l’export il fattore chiave. Quando parliamo di sfida, per le nostre imprese, parliamo di una partita che si gioca con regole sempre differenti. Serve, da parte delle aziende, un gioco nuovo, ma ci siamo» Cosa risponde a chi dice che le ceramiche fanno i bilanci con il magazzino? «Che ci sono regole chiare e società di revisione che garantiscono i bilanci stessi. E che se una volta si poteva pensare che la sovrabbondanza di magazzino sarebbe stata assorbita dal mercato oggi non è più così, ed escludo ci sia questa tendenza a bluffare… La crisi che stiamo attraversando impone disciplina…» Il primi trimestre del 2015 ha mantenuto le promesse? «Pensiamo possa farlo, complice la situazione molto positiva dei mercati extraeuropei» Firmerebbe per un 2015 che si chiudesse con gli stessi risultati del 2014 «Noi puntiamo a fare meglio. Il programma è quello di consolidare e rilanciare: non vogliamo e non possiamo accontentarci».

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a cura della redazione

di Kerbell, l’eccellenza nella finitura

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Un anno fa il trasferimento nella nuova sede di Fiorano Modenese, 25mila metri quadri sviluppati ad hoc per garantire un servizio efficiente e puntuale. Oggi Kerbell presenta Supergloss®, un nuovo concetto di finitura che garantisce vantaggi evidenti ai produttori

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’eccellenza nella finitura, grazie a professionalità elevate e macchinari d’avanguardia, ed una nuova sede, a Fiorano Modenese, all’interno della quale eseguire le lavorazioni e grazie alla quale efficentare la logistica. Sul mercato da oltre vent’anni, Kerbell si propone come partner d’eccezione per l’industria ceramica «e siamo in grado – dice Eugenio Belli, presidente di Kerbell - di offrire ai produttori tutte quelle lavorazioni di finitura post cottura che completano la gamma prodotti. Siamo sul mercato dal 1993, abbiamo iniziato a farci conoscere sul mercato come terzisti con competenza specifica per il taglio, poi abbiamo aggiunto la squadratura e successivamente anche la lappatura. Attualmente disponiamo di 5 linee di squadratura e 1 di lappatura che funzionano praticamente a ciclo non-stop. Ker Bell conta su professionalità elevate e macchinari estremamente innovativi, supportate da tecnologie all’avanguardia che assicurano il rispetto delle normative ecosostenibili garantendo un’ottima qualità relativamente a tutte e tre le lavorazioni» Una crescita importante.... «Grazie ad uno staff complessivo di circa quaranta dipendenti, stiamo crescendo a buoni ritmi: l’anno scorso abbiamo registrato un aumento di fatturato del 14%, e nel 2015 puntiamo a crescere di circa il 10%»


Qual è la vostra tecnologia di punta? «Crediamo moltissimo nella nostra innovazione Supergloss®, un nuovo concetto di finitura con cui si può ottenere la completa saturazione delle microporosità delle superfici ceramiche lavorate, aumentando al contempo lucentezza, resistenza alle macchie, all’abrasione superficiale, all’attacco di acidi, e conferendo maggiore grip. Si tratta di un salto di qualità enorme, a costi decisamente ragionevoli» Quali sono, in particolare, i vantaggi ottenibili? «Le caratteristiche della finitura che proponiamo consentono di ottenere un prodotto ceramico davvero differente e superiore. Studiato per offrire differenti step di lavorazione, Supergloss® è in grado di aumentare notevolmente il livello di lucentezza, oltre i 90 punti di gloss. Allo stesso tempo, permette anche l’eventuale miglioramento del grip delle superfici, evitando così l’insorgere di problemi legati all’elevata scivolosità tipica dei prodotti ceramici lappati. Questo nuovo trattamento antiscivolo offre l’opportunità di aggredire anche nuovi mercati, rendendo le piastrelle lappate ideali per il segmento delle grandi superfici commerciali e pubbliche, sia in Europa sia in America. Normalmente i processi di lappatura a campo pieno comportano un declassamento di oltre il 15% dovuto a imperfezioni della superficie durante le lavorazioni. Con il trattamento Supergloss® la percentuale di declassamento si riduce drasticamente, favorendo un innalzamento del livello di produttività. Contrariamente a quanto accade nel caso delle tradizionali lavorazioni delle superfici ceramiche, la finitura superficiale Supergloss® aumenta infine la resistenza allo sporco, da intendersi sia come una ripulibilità della superficie da pedate e macchie di vario genere sia come resistenza all’attacco acido e all’usura determinata dal calpestio nel tempo» Avete già cominciato a promuovere Supergloss®? «Abbiamo presentato la nostra innovazione a molte aziende ceramiche leader nel distretto di Sassuolo, e diversi imprenditori hanno già capito le potenzialità di questo tipo di finitura superficiale. Indubbiamente, infatti, come dicevo prima, Supergloss® garantisce vantaggi evidenti. È inoltre possibile usufruire di tre differenti soluzioni di utilizzo, Light , Standard e Grip. Abbiamo costruito la nuova fabbrica proprio in funzione di questa novità» Ci spiega nel dettaglio la decisione di cambiare sede? «Intanto vorrei sottolineare il fatto che, nel 2014, siamo stati gli unici terzisti del settore ceramico a compiere passi importanti proiettati nel futuro. Proprio perché siamo proprietari della tecnologia Supergloss®, abbiamo deciso di investire in una struttura ad hoc per realizzare questo tipo di lavorazione. I locali della vecchia sede di via Toti non erano più appropriati, mentre la nostra nuova sede di via Ghiarola Vecchia, sempre a Fiorano, ci garantisce spazi adeguati allo sviluppo del nostro business: 10 mila mq di capannoni/uffici e altri 15 mila mq di spazi esterni per stoccare il materiale. Abbiamo potuto quindi effettuare nuove configurazioni dei vari nostri settori e le macchine delle nostre linee funzionano ora in maniera ottimale. La scelta del trasferimento di sede è stata sicuramente faticosa e impegnativa, sia dal punto di vista finanziario sia logistico, ma anche fondamentale per la nostra crescita. Siamo nella

nuova sede da maggio 2014 e dopo pochi mesi di assestamento stiamo già riscontrando numerosi benefici: è decisamente una location comoda, in uno snodo strategico nel cuore del distretto ceramico, e dispone di un parcheggio molto ampio dove stoccare partite enormi di materiale, a disposizione delle aziende ceramiche» Quali altri investimenti avete realizzato? «Tra trasloco e nuovi macchinari siamo vicini ai 4 milioni di euro di investimento. La decisione di rottamare i vecchi impianti e acquistare nuove tecnologie all’avanguardia ha consentito un profondo ammodernamento della nostra fabbrica. Abbiamo acquistato il sistema di confezionamento piastrelle 4Phases di System, disponiamo anche di una nuova squadratrice BMR, una delle poche macchine completamente elettroniche e più performanti in grado di lavorare grandi formati. La nostra linea, interamente monitorata in tempo reale, è quindi efficiente e flessibile, vanta rese interessanti e garantisce tempi di consegna ottimi e un servizio di qualità alla nostra clientela» Credete nella informatizzazione dei processi di produzione? «Assolutamente sì. Infatti ci stiamo informatizzando in maniera spinta, per avere una corretta programmazione e un controllo gestionale costante delle nostre linee e dell’intera produzione. Solo in questo modo crediamo sia possibile un controllo di tutti gli ordini e delle tempistiche di consegna. Anche in considerazione di questo approccio, ci consideriamo una struttura proiettata nel futuro, abbiamo cambiato radicalmente proprio perché abbiamo voglia di fare ancora meglio il nostro lavoro e riteniamo che ci possano essere sviluppi molto buoni» Il sistema creditizio vi ha sostenuto? «Molti imprenditori parlano male delle banche. Io invece devo spezzare una lancia a loro favore. In più di vent’anni di attività, Ker Bell ha sempre mantenuto con gli istituti di credito un rapporto ottimo, improntato alla massima correttezza: lavorare in modo serio e responsabile premia, infatti noi siamo stati sostenuti con finanziamenti molto importanti».


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a cura della redazione

Petracer’s firma le suites rinnovate dell’hotel LE NEGRESCO di Nizza Petracer’s ha contribuito con i propri materiali ceramici a rinnovare le suites del prestigiosissimo hotel LE NEGRESCO di Nizza


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mmaginato da Henri Negrescu, il Negresco aprì a gennaio 1913 e da quel momento diventò meta vacanziera prediletta del bel mondo: la famiglia Vanderbilt, Amelia regina di Portogallo e le più famose case Reali europee... Dal 1913, i registri dell’hotel portano firme di personaggi illustri come il pittore Dalì, la principessa Grace di Monaco, I Beatles, Louis Armstrong, Elton John... Tutti quelli che sono andati sulla Costa Azzurra si sono fermati al Negresco per vivere il mito, di cui Jeanne Augier è la custode. Proprietaria dell’hotel dal 1957, questa signora di carattere si è dedicata alla conservazione di questo patrimonio eccezionale. L’originalità del Negresco proviene dalla sua incredibile collezione di opere d’arte, che raccoglie oltre 6000 capolavori. La passione di Jeanne AUGIER per il suo hotel si esprime attraverso un’idea principale: presentare ai suoi ospiti il meglio dell’arte francese. E cosi si possono ammirare le forme giunoniche della “Nana Jaune” di Niki de Saint Phalle nel Salone Reale, o la serie di sette magnifichi tappeti firmati Raymond Moretti. Ed è proprio nell’ottica di conservazione e valorizzazione di questa meraviglia di archi-

tettura del secolo scorso, che le suites sono state tutte completamente rinnovate con i pavimenti e i rivestimenti della collezione “800 ITALIANO”, autentici capolavori della tradizione ceramica italiana firmati Petracer’s, per l’occasione realizzati su misura*.

Architetto: Pierre-Antoine Gatier Impresa appaltatrice: Maligno – Cuneo Impresa esecutrice lavori rinnovo bagni suites: Idrocentro – Pinerolo Materiali per rifacimento bagni suites: collezione ‘800 ITALIANO fornita da Petracer’s Ceramics ** N.B.: tutti i pezzi speciali di pavimenti e rivestimenti sono stati realizzati con pantone colore ad hoc richiesti dal committente.


Primo Piano

a cura della redazione

NooN,

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naturally thinking

L’essenza della materia presente in natura caratterizza la nuova proposta Mirage che all’energia grafica del legno aggiunge caraterristiche tecniche che rendono la collezione perfetta per ambiti non solo residenziali, ma anche commerciali


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ooN è la nuova proposta Mirage ispirata al trend naturale del legno e alle superfici che si tramutano in perfetta mimesi materica. NooN ripropone fedelmente le venature, i nodi e i disegni eterogenei tipici delle plance grezze e interpreta l’essenza della materia presente in natura tanto da restituire allo spazio circostante un calore genuino, che riflette la vivacità di una quotidianità intensa e ricca di emozioni. NooN si caratterizza per spaccature, nodi e plance fortemente stonalizzate, suggerendo un nuovo mood abitativo, autentico e ricco di richiami ai trend più contemporanei in fatto di architettura e interior design. Le ispirazioni di questo gres porcellanato richiamano infatti un’ispirazione tipicamente vintage, con una sensibilità che si riscopre nei segni del tempo. Ma Noon non è solo questo: all’energia grafica del legno si aggiungono le caratteristiche di resistenza all’acqua, agli agenti chimici ed all’usura, che rendono la collezione perfetta non solo per ambiti residenziali, ma anche per quelli commerciali. Sono 5 i colori interpretati da NooN per dar vita a una sintesi perfetta di legni: la superficie naturale incontra quella preziosa lucida nelle cromie Honey, Charcoal, Ember, Burnet e Daylight, per realizzare ambienti unici e ricchi di personalità. Due i formati proposti - 19,7x120 e 15x60 non squadrato - ai quali si aggiunge il modulo chevron 19,7x120: la potenza espressiva del legno incontra così le più recenti tendenze dell’interior design.



Mercato

a cura di Daniela D’Angeli

Shopping egiziano: Serenissima cede lo stabilimento di Filo ad Omega Ceramic I

l passaggio di proprietà era nell’aria da tempo e si è concretizzato il 30 aprile: lo stabilimento di Alfonsine di Serenissima Cir Industrie Ceramiche passa alla Omega Ceramic, importante gruppo egiziano attivo nel proprio Paese con ben sei stabilimenti produttivi. La sede di Filo di Alfonsine era oramai superflua all’attività del gruppo di Casalgrande, soprattutto dopo l’acquisto e la ristrutturazione dello stabilimento di Rubiera, un tempo sede delle Ceramiche Impronta, e data anche la presenza dello stabilimento di Roteglia. Nell’ultimo biennio, l’azienda ceramica di Casalgrande ha investito oltre 20 milioni di euro nei due impianti reggiani, riuscendo quindi a raggiungere una capacità produttiva in grado di soddisfare le necessità di tutto Gruppo. I risultati sono arrivati già nei primi mesi del 2015 che hanno registrato un andamento positivo soprattutto in ambito export, anticipando così quanto previsto dal business plan aziendale. Resta invece saldamente nelle mani di Serenissima il marchio Cercom, una scelta strategica dettata dal posizionamento dei prodotti dell’azienda, importanti nel completare il ventaglio di proposte del gruppo di Casalgrande. Le trattative vagliate dal Gruppo ceramico di Casalgrande per arrivare alla miglior accordo sono state numerose e, alla fine, la scelta è

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ricaduta sull’offerta che ha consentito il minor impatto occupazionale possibile, garantendo il posto di lavoro alla quasi totalità dei dipendenti. Si è scelto quindi l’acquirente che potesse dare garanzie al maggior numero di dipendenti che, sottolineano da Serenissima, “per dieci anni hanno collaborato con impegno e professionalità all’evoluzione dell’azienda, consentendo a Cercom di raggiungere un’affermazione di brand a livello internazionale”. La nuova società creata per questa operazione si chiama “Santa Maria srl” e comporterà, secondo il piano industriale presentato alle organizzazioni sindacali, in tempi brevi, la ripresa produttiva dello stabilimento. L’attività della Cercom era ferma dal gennaio dello scorso anno, i quasi ottanta lavoratori hanno svolto un anno di cassa integrazione ordinaria, con gli ultimi mesi coperti con la cassa straordinaria. La nuova società ripartirà con 70 lavoratori a fronte di un organico attuale di 77, 3 hanno accettato di migrare a Rubiera nel Reggiano presso la casa madre mentre agli quattro hanno firmato la mobilità all’esodo incentivata. Ora comincia la ripresa dell’attività e la società Santa Maria, che dovrebbe commercializzare i prodotti ceramici con il marchio “Capri Ceramica”, ha già anticipato che c’è la volontà per il futuro di operare investimenti di potenziamento dello stabilimento.

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Primo Piano

a cura della redazione

BMR e la squadratura: evoluzione consolidata nel tempo

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ompetitività, tecnologia, servizio, sviluppo: come ci siamo arrivati? Da dove siamo partiti? E il fattore tempo che ruolo gioca in questo processo? Sicuramente una funzione determinante. Nell’ambito del settore meccano-ceramico, in oltre 40 anni di attività BMR ha segnato importanti step tecnologici cui il tempo ha dato ulteriore conferma. Grazie alla sinergia con le aziende ceramiche, è stata in grado di determinare lo sviluppo di tendenze di prodotto attraverso innovazioni che tutt’oggi comportano immediate applicazioni e risultati di successo.Già agli inizi degli anni 90, con la realizzazione della squadratrice Syncrobelt® (foto 1), BMR si è scostata dalla tradizionalità proposta dal settore del marmo e delle pietre naturali introducendo l’utilizzo delle cinghie di pressione superiori che hanno contraddistinto un’epoca ritenuta tutt’ora di grande attualità. 1-Syncrobelt

In parallelo, le aziende ceramiche hanno iniziato ad apprezzare sempre di più i prodotti rettificati, utilizzando questa tecnologia dapprima sui formati più consueti e oggi anche sui grandi formati e sulle lastre. Un progresso, quello verso le grandi lastre, determinato dai costanti investimenti in Ricerca&Sviluppo di BMR che ha sempre studiato le necessità del mercato, offerto risposte concrete ed evolute, anticipato nuove tendenze con innovazioni all’avanguardia. Proprio in linea con questa filosofia aziendale, il sistema di rettifica e squadratura ha subito un ulteriore upgrade, passando dal processo a umido di Squadra® (foto 2) a quello a secco di Squadra Dry® (foto 3). Si tratta di un’evoluzione importante che consente sia un totale risparmio idrico, eliminando completamente l’utilizzo dell’acqua, sia un risparmio economico, rimuovendo una fase complementare del processo tradizionale di rettifica delle piastrelle che ha un costo paritetico rispetto alla rettifica stessa. Ma BMR non si è fermata qui e ha portato la rettifica a essere applicata non soltanto su prodotti in monoporosa, ma su tutti i tipi di materiali. TOP Squadra Dry® (foto 4) è l’ultima nata in casa BMR nella famiglia delle squadratrici. Dotata di 12 calibratori, di appositi utensili e di un filtro a maniche per l’aspirazione delle polveri di processo, Top Squadra Dry® si avvale della tecnologia a secco per operare su superfici in gres porcellanato, aprendo un nuovo scenario alle aziende ceramiche internazionali. La rapidità e la continuità di questa crescita hanno fortemente contribuito a fare sì che BMR sia costantemente impegnata a prendere atto delle variabili in gioco per apportare nuove soluzioni e miglioramenti.


3-Squadra Dry

4-Top Squadra Dry

Per il mondo della rettifica ma non solo. Prendiamo, ad esempio, i listelli. Le tendenze e il design coinvolgono anche questo settore. Con la tecnologia di Cut Crash, BMR ha permesso di realizzare in modo industriale quello che i posatori fanno da sempre in modo artigianale. Il sistema di incisione e frattura Cut Crash è stato oggetto di alcune variabili grazie alle quali è stato possibile sviluppare nuovi macchinari. Le materie prime e i cicli di cottura, per esempio, subiscono cambiamenti repentini che si traducono nella necessità, da parte del taglio a frattura, di avere un aiuto per eliminare le eventuali tensioni superficiali. Dry Cut (foto 5), evoluzione del modello di successo Cut Crash, è stata la soluzione proposta da BMR per ottimizzare le condizioni di taglio. Dry Cut rende la superficie della piastrella idonea all’incisione grazie alla realizzazione di un solco di pre-taglio attuato per mezzo di un disco diamantato a secco. Il solco di pre-taglio e la successiva incisione “Cut” vengono eseguite in rapida successione durante il transito su nastro in continuo della piastrella che termina la sua corsa all’unità di frattura “Crash”. La tecnologia evoluta di Dry Cut con disco diamantato ne consente l’applicazione anche su materiali molto resistenti, con superfici complesse e strutturate,

grazie alla sua semplicità di utilizzo e alla flessibilità di regolazione. Inoltre, le caratteristiche del taglio a secco senza acqua refrigerante rende l’operazione ancora più facile ed economica, garantendo il rispetto per l’ambiente. L’attenzione ai dettagli qualitativi, ai trend di settore, la continua interazione e il confronto con le aziende produttrici di piastrelle ceramiche ed un team di professionisti affiatato hanno reso BMR leader di mercato, sancendo l’affidabilità della tecnologia made in Italy in tutto il mondo.

5-Dry Cut




NEWS

Aziende

MARAZZI SCEGLIE EVOLVE DI PROJECTA ENGINERING Projecta Enginering, società del Gruppo SITI B&T, si conferma importante partner di Marazzi Group. Dal 2010, infatti, Marazzi ha adottato la tecnologia per la decorazione digitale Evolve, pianificando investimenti dedicati ad impianti di ultima generazione per sviluppare superfici, colori e decori di grande qualità e ai precedenti acquisti per gli stabilimenti di Sassuolo, Oriol e Malino in Russia, Monarch in Alabama e Dallas in Texas, si sono aggiunte in Italia quattro EVOseven a cinque colori per lo stabilimento Marlit di Sassuolo, due Evoseven a sei barre colori per lo stabilimento Mix di Marazzi Fiorano, sei EVOseven-112 nel nuovo e rinnovato impianto di Fiorano Modenese.

LA TECNOLOGIA SACMI PER RAK CERAMICS Collaudata con successo, entrando in produzione nel brevissimo tempo di un mese, la nuova isola di smaltatura robotizzata che Sacmi ha fornito al Gruppo Rak nell’ambito del progetto di implementazione ed ottimizzazione dello stabilimento per la produzione di articoli sanitari di Ras Al Khaimah, negli Emirati Arabi Uniti. La nuova isola di smaltatura, la settima realizzata da Sacmi per questo sito produttivo, ha potuto contare su tempi di avviamento così ridotti grazie anche alla facilità di montaggio e programmazione del robot (a marchio Gaiotto) su cui sono stati implementati i programmi già esistenti su precedenti robot. La nuova linea di smaltatura garantisce una produzione di circa 800 pezzi/giorno.

IL MADE IN ITALY DI BMR A EXPO REVESTIR Buono il successo riscosso da BMR ad Expo Revestir, la più importante fiera sudamericana di riferimento per il settore dell’edilizia e delle finiture interne che si è svolta a San Paolo, in Brasile. L’azienda di Scandiano, forte della sua vocazione innovativa e sempre più rivolta a unire elevato valore tecnologico a rispetto ambientale, ha partecipato a Expo Revestir portandovi alcune delle macchine più innovative (DryCut, Leviga e Top Squadra Dry) e presentato una delle ultime innovazioni inerenti l’ambito del trattamento delle superfici: Super Shine. Linea di prodotti per il decapaggio acido e turapori che garantisce un evidente aumento della lucentezza, Super Shine è parte di un progetto più ampio che, assieme alle altre due macchine Top Coat e Top Finishing, mira ad aumentare la qualità del gres porcellanato, preservandone la pulibilità e la lucentezza.

SI RAFFORZA LA PARTNERSHIP TRA SMAC E OPERA GROUP Si è rafforza la collaborazione tra la Officine Smac di Fiorano Modenese e Opera Group, produttore di piastrelle con uffici e show room a Maranello e stabilimento a Camposanto. Una nuova linea di smaltatura completa è stata installata nel sito produttivo che raggiunge una capacità pari a 50.000 mq/giorno (circa 14 milioni mq/ anno). La fornitura realizzata da Smac ha previsto anche l’ammodernamento e il completamento delle linee di trasporto esistenti per permettere una maggiore flessibilità nel cambio formato e nella gestione, tramite scambi e by-pass automatici tra le varie linee produttive. A questo si aggiungono i due raffreddatori Kryo installati sulle linee di decorazione digitale, che hanno permesso un notevole incremento in termini di qualità e quantità produttiva, riducendo i fermi macchina per pulizia testine ed eliminando le problematiche relative all’umidità e al calore rilasciato dalle piastrelle in transito sulla linea.

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OTHER EXPERIMENTALTALES: STYLGRAPH TRA ARTIGIANATO E TECNOLOGIA Dall’8 al 30 Aprile Stylgraph ha aperto le porte a tutti i suoi clienti nazionali ed internazionali per presentare le ultimissime collezioni e proposte di design ceramico studiate e realizzate da Stylgraph Progetto. Design, esperienza, evoluzione e tecnologia costituiscono l’anima di Stylgraph Progetto e sono le basi sulle quali l’azienda sviluppa progetti ceramici di altra definizione e gamma, costantemente in linea con i trend del momento.

TECNOLOGIE E AUTOMAZIONI SYSTEM IN EGITTO Prosegue sostenuta la domanda di tecnologie di processo e automazioni all’avanguardia, espressa dall’industria ceramica egiziana. Ceramica Royal, ad esempio, avvierà entro l’anno le 7 decoratrici digitali Creadigit commissionate a System tra dicembre e febbraio. Altre 5 Creadigit per la stampa digitale in alta definizione saranno installate nello stabilimento di Suez della Al Omaraa, prima azienda ceramica egiziana a puntare su piastrelle in gres porcellanato in formati superiori al 600x600 mm (oggi raggiunge il 1200 x 1200 mm), nonché a dotare ora i reparti di fine linea di tre unità del nuovo smistatore Multigecko. Anche il Gruppo Alrajaa consolida la partnership con System: negli ultimi sei mesi ha acquistato tre linee di scelta Easy Line, un pallettizzatore Falcon Millennium, mentre una stampante Creadigit è stata consegnata a fine gennaio. Alrajaa ha inoltre commissionato a System due apparecchiature di controllo calibro e planarità stand-alone.

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impianti e servizi www.ceramicanda.com redazione@ceramicanda.com

ALESSANDRO BIANCHINI NUOVO DIRETTORE TECNICO DI SITI B&T GROUP SITI B&T Group, azienda leader nella for nitura di impianti completi per l’industria ceramica, ha un nuovo Direttore Tecnico: si tratta di Alessandro Bianchini, 49 anni, una laurea in Ingegneria M e c c a n i c a conseguita presso l’Università di Bologna e una solida esperienza nei settori delle macchine per packaging e delle macchine per ceramica. Iscritto all’albo degli Ingegneri provincia di Modena, Bianchini è titolare o contitolare di numerosi brevetti. Ha supervisionato direttamente importanti progetti impiantistici in varie aree del mondo. Si è occupato inoltre di International Business Development, Customer Care e After Sales.

DURST: JOINT VENTURE CON L’INDIANA CERADECOR Durst, specialista delle applicazioni inkjet industriali, prosegue il suo percorso di internazionalizzazione siglando una joint venture con CERADECOR che dà vita alla nuova società VetroCER Ltd. Con sede a Greater Noida (Nuova Delhi), VetroCER produrrà inchiostri ceramici inorganici per il sistema Rho Vetrocer. La collaborazione tra Durst e CERADECOR inizia tre anni fa con la distribuzione di sistemi di stampa per il mercato ceramico. Ad oggi il distributore locale ha messo a segno l’installazione di oltre 40 stampanti Gamma sul territorio indiano, offrendo un servizio di assistenza diretta attraverso un team di tecnici che conta 18 collaboratori.

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Intervista

«Lavorare in Italia è un privilegio, ma il sistema va riformato»

a cura della redazione

Una ristrutturazione anche per l’Italia, «simile a quelle che il mercato ci obbliga a fare, periodicamente, nelle nostre aziende». La chiede Franco Stefani, numero uno di System, 380 milioni di fatturato e incrementi importanti nel 2014, «cui contiamo di dar seguito anche nel 2015: lavorare nel mondo e per il mondo ci rende più forti» 68

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Resto dell’idea che lavorare in Italia sia un privilegio, ma mi piacerebbe il sistema funzionasse un po’ meglio. Ho pagato, nel tempo, 180 milioni di tasse, ho portato al paese valuta estera, ho aggiunto valore, facendo impresa, al sistema economico del paese. Credo che quello che fanno tanti imprenditori dobvrebbe farlo anche la politica». Mai banale, Franco Stefani: il presidente del Gruppo System ha mandato in archivio un 2014 che alle sue aziende ha portato un incremento del 20%, altrettanto si aspetta di poter crescere nel 2015 ma non perde di vista il sitema Italia, «che – dice – ha bisogno di essere riformato, a tutti i livelli. Mi pare il governo si stia muovendo in questa direzione, e mi auguro possa tener fede a quanto promesso» Renzi parla parecchio, per quanto si vede, ma di azioni concrete se ne sono viste poche, finora... «Mi sembra invece abbia individutao bene aree decrepite ed inconcludenti che paralizzano il sistema, e che stia cercanmdo una ristrutturazione non dissimile da quelle cui il mercato chiama, periodicamnete, noi imprenditori. Oggi il sietma-paese assorbe più di quanto crea: una riforma radicale è indifferibile: tutto sta a vedere se gliela fanno fare, ma è di tutta evidenza comne tutto nasca dalla

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Stefani e il direttore negli studi di Ceramicanda

necessità di dotarsi di una legislazione certa ed efficace. Penso al contrasto alla coirruzione, ma non solo, perchè senza un riforma radicale di sistema non si esce dalla crisi...» Crisi che il suo gruppo ha attraversato in modo brillante... «Non senza sentirla, e non senza che la stessa ci abbia obbligato a sacrifici. Ci siamo dati da fare, abbiamo lavorato sulle idee e siamo andati sul mercato a chiedere che premiasse i nostri prodotti. I risultati, a ben vedere, ci ripagano del tanto lavoro fatto» Più 20% nel 2014: cosa è successo? «Abbiamo realizzato prodotti che il mercato ha accolto con grande entusiasmo, in Italia come all’estero. La filosofia del gruppo è quella di realizzare, paretendo dalle idee, prodotti ad alto valore aggiunto, in grado di guardare avanti e schiudere ai nostri partners opportunità crescenti. Non mi sono mai interessati i volumi, quanto piuttosto la qualità, e la ricerca che permette di essere sempre un po’ più avanti della concorrenza: il mio modo di lavorare è sempre stato quello...» Vincente: System lavora con multinazionali di grande importanza... «Da loro si impara: lavorare nel mondo e per il mondo ci rende indubbiamnete più forti» Avete commesse sia da Coca Cola che da Pepsi: come avete fatto a metterle d’accordo? «Con i prodotti, ovvio, ma anche conn un gioco di squadra. Pepsi, del resto, ha interessi anche oltre il mercato del beverage, e quanto abbiamo proposto all’una e all’altra, evidentemente, era quanto loro serviva» Partnership che vi hanno spinto verso gli USA... «C’eravamo già con la ceramica, ma quella che ci hanno offerto queste multinazionali è stata opportunità di crescita importante. Per dare un’idea, il mercato del beverage vale circa 25 miliardi di dollari, ovvero 10/15 volte la ceramica»

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Che sugli USA punta decisa, tuttavia, e prova ne sono le tante unità produttive che stanno nascendo nel cosiddetto distretto americano... «Un distretto, tuttavia, nato qua, grazie a competenze e investimenti italiani. Una soluzione che credo premierà il made in Italy, anche perchè cluster di imprese come quello in via di definizione negli USA favorisce le sinergie e genera valore» Meno, di valore, sembra generare il distretto ceramico italiano: i volumi non crescono e voi vendete meno impianti... «Non è completamente vero: nel distretto ceramico per come lo conosciamo noi in Italia è cambiato moltissimo, ma c’è un dinamismo, anche commerciale, che va guardato con favore. Penso alle aziende che non producono ma vendendo sostengono le produzioni, e quindi anche l’impiantistica, e credo sia importante capire anche come per il prodotto ceramico ci sia ancora spazio per ulteriori evoluzioni. Quando pensai alle grandi lastre, una quindicina di anni fa, passai per visionario, oggi sono un segmento importante di una gamma produttiva che ha ancora margini di miglioramento ed ampliamento. A livello di decorazione, di superfici, di processo. Il mercato chiede idee sempre nuove, il nostro compito di imprenditori è di renderle realizzabili: stiamo lavorando per il futuro» E un patrimonio come quello di System, a chi lo lasciamo? «A chi gli garantirà continuità. Sto lavorando anche a quello, e so che è la sfida più complicata che mi aspetta nel prossimo futuro» C’è ancora tempo, par di capire... «Sì, ma si tratta di una sfida non semplice, che comporta scelte difficili. Perchè voglio continuità, e la continuità, intesa come continuità dell’idea di impresa, non della sua parte economica, non si comnpra al supermercato. Ed è una ecelta che sento come responsabilità»

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MOLTO PIÙ RESISTENTE (MENO CONTESTAZIONI) Contrariamente a q quanto accade nel caso delle tradizionali lavorazioni delle superfici p ceramiche la finitura supergloss p g aumenta la resistenza alle macchie. Questa è da intendersi sia come una ripulibilità p della superficie p da p pedate e macchie di vario genere, g sia come resistenza all’attacco acido e all’usura determinata dal calpestio nel tempo.

MOLTA PIÙ RESA PRODUTTIVA (MENO SCARTO) Normalmente i p processi di lappatura pp a campo p pieno p comportano p un declassamento di oltre il 15% dovuto ad imperfezioni p della superficie p durante le lavorazioni. Con il trattamento supergloss p g la p percentuale di declassamento si riduce drasticamente favorendo un innalzamento del livello di produttività.

+10%

L A P PAT U R A S U P E R G L O S S R E S A 9 2/ 9 5 %

L A P PAT U R A T RA D I Z I O N A L E R E S A 8 0 / 8 2 %

MOLTO PIÙ LUCIDA (GLOSS >90) L’innovativa finitura superficiale p supergloss p g è in g grado di aumentare notevolmente il livello di lucentezza oltre i 90 punti di gloss.

MOLTO MENO SCIVOLOSA (BCRA >40) Migliorato g il GRIP sulle superfici p lavorate con SUPERGLOSS superando abbondantemete i valori minimi richiesti dalle norme BCRA.

L A PPATU R A TR A D I Z I ON ONA LE : G L O S S <80

LA PPATU R A S U PE R G LOSS S : GLOS L OS OSS S S >9 0

VIA GHIAROLA VECCHIA, 19 - 41042 - FIORANO MODENESE (MODENA) ITALY -TEL. +39 0536 920622 - FAX +39 0536 920722 INFO@KERBELL.IT WWW. KE RBE LL.IT


a cura di Claudio Sorbo

Economia

Job rotation: serve davvero? I recenti scandali pubblici riportano d’attualità il tema della rotazione delle funzioni: modello organizzativo cui il pubblico sfugge ma che nel privato, se programmato e attuato correttamente, si trasforma in un’opportunità. Questione di motivazione, di variabilità che diventa complessità e si trasforma in valore

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Economia

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l nostro Parlamento sta correndo ai ripari – in ritardo – contro l’ammorbante epidemia di corruzione che costa a noi cittadini almeno 60 miliardi di Euro l’anno. Mentre scriviamo, la Commissione Giustizia ha ultimato l’esame del relativo Disegno di Legge e ha autorizzato il relatore, Onorevole Nico D’Ascola, a riferire in Senato: quando leggerete queste righe il provvedimento dovrebbe essere Legge dello Stato. Le indiscrezioni sui contenuti parlano di un inasprimento delle pene per corrotti, accesso al patteggiamento solo dopo aver restituito il maltolto, un controllo minuzioso delle gare d’appalto di maggiore entità attraverso l’Autorità anti – corruzione, accertamenti rigorosi senza guardare in faccia a nessuno. Fra i provvedimenti di prevenzione dovrebbe esserci anche la rotazione dei Dirigenti apicali dei vari Ministeri allo scopo di evitare che si ripetano eventi corruttivi come quello che ha portato all’arresto di Ercole Incalza, per un ventennio (fausto per lui, infausto per noi) dominus del malaffare al Ministero delle Infrastrutture. Col prosieguo delle indagini, poi, scopriremo anche quanto ha fruttato complessivamente al suddetto dominus l’attività criminosa, giusto per avvelenarci ancor di più. Vale la pena di fare qualche riflessione sulla rotazione: dovrebbe consistere nel mantenimento di un Dirigente di vertice nel suo incarico solo a tempo determinato, ad esempio tre anni, ed il suo successivo trasferimento per altri tre anni ad un altro Ministero e così avanti. Il tutto, allo scopo di non dargli il tempo di allacciare illeciti sodalizi con i vertici delle imprese partecipanti alle gare d’appalto, coi Direttori dei lavori, con i fornitori, col Ministro interessato o coi politici locali coinvolti nelle operazioni.

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La rotazione: fine o mezzo? In primo luogo, dobbiamo chiederci se questa rotazione sia un mezzo o un fine: se è un mezzo grazie al quale si vuole evitare che permanenze troppo lunghe in un incarico possano far nascere appetiti o complicità tra le parti, parrebbe un provvedimento opportuno. Se invece è un fine (quindi un gesto privo di concreto seguito) altro non sarebbe che il solito clangore di trombe creato apposta per dare all’opinione pubblica la sensazione della tempestività di un intervento che poi non ci sarà. Paventiamo quest’ultima ipotesi perché da un ventennio siamo perseguitati dal “legiferare dannoso” di entrambi gli schieramenti quando sono stati al Governo: leggi ad personam scritte da avvocati – famigli ad uso del loro padrone, abolizione di leggi sacrosante come quella del falso in bilancio, fattispecie indecenti – quali l’omicidio stradale – sfacciatamente ignorate, inquisiti promossi al ruolo di Sottosegretari e così avanti. Ciò premesso, chiediamoci se la rotazione negli incarichi sarebbe davvero efficace e soprattutto opportuna. A nostro avviso non lo sarebbe, e per più motivi. In primo luogo, la rotazione dei Dirigenti apicali nei vari Ministeri suonerebbe come un palese, rumoroso e generalizzato atto di sfiducia nei loro confronti motivato dalla indomabile e illecita bulimia di danaro pubblico di alcuni componenti della categoria. E poi, cosa dovrebbero pensare dell’iniziativa i tre e passa milioni di pubblici dipendenti che Dirigenti non sono ma che ai Dirigenti rispondono? A nostro avviso ciò avvilirebbe fortemente la loro categoria, mentre abbiamo bisogno che siano particolarmente motivati nonostante i tagli di personale e i mancati rinnovi contrattuali che ne hanno congelato le retribuzioni. In secondo luogo, se voi che leggete queste righe o il sottoscritto che scrive venissimo promossi (si fa per dire) a Capi di Gabinetto del Ministero delle Infrastrutture, come ce la caveremmo fra trafori, ponti, strade, viadotti e cavalcavia nonostante la nostra esperienza di imprese e le nostre lauree? Identica sorte toccherebbe ai Capi di Gabinetto di qualsiasi Ministero qualora fossero trasferiti ad un incarico che non conoscono: quanto meno, crollerebbe la loro già modesta produttività, cioè la capacità di realizzare una elevata quantità di lavoro senza commettere errori. E a nulla servirebbe obiettare che “in fondo, i Dirigenti conoscono i meccanismi dello Stato”: qui non si tratta di conoscerli, ma di farli funzionare, cosa tecnicamente impossibile a chi ha il potere di dare disposizioni ma non le competenze per darle. Infine, se un alto Dirigente della Ministero della Salute, per esempio, venisse trasferito al Ministero dell’Economia dovrebbe obbligatoriamente avvalersi della collaborazione del personale che vi lavora, col rischio

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di diventarne ostaggio; potrebbe addirittura e in buona fede favorire illecitamente qualcuno, come è accaduto per la Legge che ha spalancato le porte all’attività corruttiva dell’Incalza. Insomma, far ruotare i Dirigenti significherebbe creare una nuova categoria di manager pubblici: gli incompetenti di alto livello. Sarìa pezo el tacòn del buso, direbbero in Veneto: il rimedio della rotazione sarebbe peggiore del male che si vuol combattere. Far ruotare negli incarichi i Dirigenti pubblici di vertice sarebbe, poi, una novità? Assolutamente no: l’esperimento fu studiato a fondo – e proprio per gli stessi motivi – nella Regione Emilia Romagna una ventina di anni fa. I tecnici, dopo aver analizzato i pro e i contro del progetto, conclusero che si sarebbe tradotto in un fallimento e tutto rimase come prima. Insomma, l’idea della rotazione fa acqua da tutte le parti e sarebbe meglio non parlarne più. Eppure, se programmata, la job rotation funziona... Eppure la rotazione nei ruoli non è un male in sé: ad esempio, ottiene un esito positivo quando è applicata in campo industriale. Prima di spiegarne i contenuti, occorre premetterne lo spirito: mentre la rotazione dei Dirigenti di Stato avrebbe lo scopo di prevenirne il malaffare, in campo industriale è uno strumento migliorativo della produttività e delle competenze del lavoratore. Questa è il principale motivo del suo successo: ogni nuova iniziativa in campo organizzativo ha elevate probabilità di successo se è destinata

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a migliorare una struttura esistente; se invece viene creata per impedire che accadano atti illeciti, si va incontro quasi certamente a un fallimento perché i destinatari non saranno motivati a metterla in pratica. È ciò che è accaduto da noi quando sono state stabilite sanzioni a carico dei writers: le scritte cui muri non sono cessate, anzi, persino le superfici da poco ripulite sono stati ben presto imbrattate daccapo. In altri paesi, ad esempio la Germania, il problema è stato risolto non con le sanzioni, ma mettendo a disposizione dei writers i muri di edifici pubblici dismessi, sui quali essi hanno potuto dare libero sfogo alle loro pulsioni artistiche. A livello internazionale la rotazione dei vertici delle funzioni aziendali è detta job rotation e avviene secondo un piano programmato. Essa consiste nel passaggio graduale dalla “variabilità del compito” alla “complessità del compito”.

Ercole Incalza

Variabilità e complessità Per spiegare i concetti di “variabilità” e di “complessità”, pensate a una centralinista e ad un giovane ingegnere della Ricerca e Sviluppo: la prima svolge un “compito ad elevata variabilità”, cioè risponde alle chiamate, accoglie i visitatori e avverte gli interessati del loro arrivo, riceve la posta, la apre, la raggruppa per funzione interessata e la fa distribuire, fa i fax, imbusta la corrispondenza in partenza, la affranca e fa tante altre cose. In pratica, la centralinista fa molte cose semplici, cioè svolge un “compito ad elevata variabilità”. Accanto, troviamo il giovane ingegnere della Ricerca e Sviluppo: egli è impegnato quasi

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sempre in un “compito ad elevata complessità”, cioè fa poche cose difficili: ad esempio, se l’azienda produce pistoni per l’industria automobilistica, egli progetterà solo pistoni. Nel sistema occidentale, la centralinista e il l’ingegnere sono modelli in cui l’evoluzione di carriera è sempre verticale all’interno della stessa funzione: col passare del tempo, se meritevoli diventeranno specialisti della loro funzione, non delle funzioni aziendali. Ne consegue che abbiamo Direttori Amministrativi che hanno lavorato sempre e solo in Amministrazione e non sanno niente di Vendite e Direttori Vendite che hanno lavorato sempre e solo nelle Vendite e non sanno niente di Amministrazione: ciascuno, non conoscendo le altre funzioni aziendali, le critica (“Hai visto cosa scrive l’Amministrazione ai nostri clienti? Non hanno nessuna sensibilità commerciale, ce li faranno perdere tutti”, lamenta il Direttore Vendite al Capo del Personale, che non ne sa nulla né di Amministrazione né di Vendite). Di conseguenza le funzioni aziendali raramente collaborano tra loro, anzi, si guardano in cagnesco, non si stimano, diffidano l’una dell’altra e danno luogo a una bella sparatoria incrociata di cui, alla fine, fa le spese il cliente, “Ma chi le ha detto che questa macchina avrebbe prodotto 60 pezzi al minuto?”, chiede sorpreso l’Assistente Tecnico al cliente che protesta per la bassa produttività della macchina da poco comprata. “É stato il vostro Venditore”, replica il cliente. “Ah, fanno presto a promettere, quelli lì, poi nei guai ci troviamo noi!”, conclude

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il Tecnico scuotendo il capo. E l’immagine dell’azienda ne esce a pezzi. In un ambiente così strutturato – cioè in pratica in quasi tutte le imprese italiane – la centralinista al massimo diventerà “la migliore centralinista della storia dell’azienda” e l’ingegnere della Ricerca e Sviluppo diventerà “il miglior progettista della storia dell’azienda”; la loro evoluzione di carriera avverrà solo se ne avranno voglia (questo è un fatto personale, l’organizzazione non c’entra) e solo se sapranno efficacemente adottare e impiegare le innovazioni proposte dalle tecnologie: l’ingegnere avrà cominciato venti anni fa disegnando pistoni sul tecnigrafo, poi sarà passato al CAD e ora lavorerà con l’impiego di NX CAD, CAM e CAE, ma sempre di progettazione di pistoni dovrà occuparsi; la centralinista si vedrà sgravata dalle chiamate in entrata grazie alla selezione passante, non dovrà più fare i fax perché non li fa più nessuno (o quasi), invierà e riceverà mail, saprà fare una tabella pivot di Excel, ma sempre una centralinista resterà. Qual è il risultato di questo modello organizzativo? Sia la centralinista, sia l’ingegnere della Ricerca e Sviluppo saranno frequentemente demotivati. La ragione? Chi si occupa di organizzazione aziendale di solito struttura il lavoro altrui senza averlo mai fatto, quindi senza sapere che effetti produrranno le sue indicazioni operative. Per lui i modelli della complessità del compito e della variabilità del compito devono assolvere al compito di creare specialisti, l’ingegnere fa poche cose perché sono complesse e richiedono un for-

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te impegno intellettuale, la centralinista ne fa tante perché sono facili e richiedono un modesto impegno intellettuale. Purtroppo, chi organizza le funzioni ha, sì, l’obiettivo di ottenere il miglior lavoro, ma se ne fotte se questo lavoro piace o meno a chi lo deve fare. Motivazione e capacità Chi si intende davvero di organizzazione sa invece che la qualità del lavoro non è legata alla sua complessità o alla sua semplicità, bensì alla capacità di essere motivante. E questo lo sanno tutti: il gesto ripetuto non è motivante, genera noia e la noia è la madre della cattiva qualità. Quindi, il nemico della qualità è la demotivazione del lavoratore, non la sua capacità. Che la motivazione faccia svolgere un buon lavoro lo si sa da sempre. Nei primi anni ’60 la Direzione della allora Ducati Elettronica di Bologna sapeva bene che eliminare i difetti dalle sue produzioni era quasi impossibile: la catena di montaggio dei suoi condensatori e generatori era ripetitiva e richiedeva un tasso di concentrazione che l’operaio comune non possedeva, Ciò generava numerosi errori di produzione e altrettanti scarti in sede di Controllo Qualità, con costi elevati. La Dirigenza decise di risolvere il problema assumendo per le catene di montaggio giovani down, maschi e femmine perché per natura sono capaci di impegnarsi a lungo in lavori ripetitivi mantenendo inalterata la concentrazione. I giovani down, tra l’altro, furono ben lieti di lavorare praticando un’attività a loro idonea sia perché venivano valorizzati, sia – soprattutto – perché ne ricavavano una retribuzione uguale a quella degli altri colleghi: un caso di giustizia sociale e di ottimizzazione delle risorse, diremmo oggi. I risultati furono subito lusinghieri: caduta verticale degli scarti e riduzione significativa dei costi. Naturalmente l‘agguerrita banda dei sindacalisti presenti in fabbrica (inutile dirne il colore politico) contestò duramente questa soluzione parlando di sfruttamento e altre fesserie simili. Per evitare conflitti la Direzione tornò sui suoi passi e licenziò tutti i giovani down (lo Statuto dei Lavoratori era di là da venire), relegandoli daccapo nel limbo da cui erano provenuti. Il tutto avvenne – ancora più grave – con il complice avallo dell’amministrazione comunale della città, che non mosse un dito. Si perse un’occasione coraggiosa per dare dignità e lavoro a chi altrimenti sarebbe stato un peso per la sua famiglia e non si diede alcun contributo né a quella democrazia né a quella giustizia sociale già allora tanto presenti sulle labbra di certi sindacalisti. Oggi la tradizione di far svolgere a una persona sempre lo stesso lavoro e di farla crescere all’interno di quel lavoro si è talmente radicata fino ad averla cementificata nella struttura organizzativa delle aziende e

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ogni tentativo anche solo di far comprendere la sua inefficacia è bollato come un attentato al buon governo dell’impresa. A parziale scusante, va detto che gli esperti di organizzazione aziendale solitamente sono monoculturali, cioè sanno poco o niente degli altri modelli organizzativi d’impresa, e non da ora: ad esempio, trenta anni fa nessuno conosceva le regole che governavano l’organizzazione aziendale nei paesi comunisti. Questa mancanza di conoscenze condusse nei primi anni ’90 un esperto di analisi delle strutture organizzative a rimediare una pessima figura internazionale. Nel 1989, dopo la caduta del Muro di Berlino fu creata in fretta e furia nell’allora Germania Occidentale la Treuhandanstalt, detta Treuhand, l’Agenzia Pubblica (Volkseigene Betriebe) incaricata di vendere agli imprenditori occidentali le imprese della ex Germania Orientale. Un imprenditore di Bologna si recò a Chemnitz, ex Karl – Marx – Stadt, per visionare e acquistare un’azienda concorrente. In realtà questa, pur realizzando gli stessi prodotti dell’azienda bolognese, non ne era concorrente: quella italiana non vendeva oltre il muro (il suo prodotto era troppo caro) e i tedeschi non vendevano in Occidente (il loro prodotto era troppo scadente). L’imprenditore bolognese fu accompagnato da un Consulente esperto di analisi organizzativa che a un certo punto dell’incontro chiese agli interlocutori tedeschi il “libro dei costi”. La sua domanda fu accolta da uno sguardo interrogativo dei padroni di casa. Al che, l’esperto, sbottò: “Insomma, il libro, il quaderno in cui avete la lista dei prezzi che pagate per avere quello che vi serve per la produzione”. Serafico ed ironico un anziano ex Direttore, che aveva capito che l’esperto non ne sapeva mezza, si fece beffe di lui: “La sua domanda è per noi priva di significato”, replicò gelido. E aveva ragione: se l’esperto avesse saputo qualcosa di organizzazione delle imprese sotto il regime comunista avrebbe saputo che i costi erano un elemento poco rilevante, come poco rilevanti erano i prezzi: infatti, che l’azienda avesse guadagnato o perso non creava effetti sull’occupazione. Insomma, l’esperto di organizzazione non sapeva che sotto il comunismo le imprese dovevano produrre occupazione, non profitti: anzi, guai se li avessero prodotti perché avrebbero commesso un reato passibile della galera. Un’opportunità, ma anche un lusso Tornando alla job rotation, essa ha trovato una felice applicazione nell’industria giapponese: all’atto dell’assunzione, viene illustrata al giovane la rotazione e, se è d’accordo, viene inserito, ad esempio, nelle Vendite. Dopo un periodo di circa cinque anni, se è sveglio e motivato, viene trasferito agli Ac-

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quisti. Qui egli non ha alcuna conoscenza della funzione ma porta nel nuovo incarico l’esperienza delle Vendite, di cui conosce problemi ed esigenze. Dopo altri cinque anni finisce nella Produzione, di cui non sa nulla ma nella quale porta l’esperienza delle Vendite e degli Acquisti. E sarà una conoscenza utile: se un Venditore gli chiederà di anticipare l’evasione di un ordine importante egli non lo manderà al diavolo, come accade da noi, ma saprà valutare se si tratta di una richiesta fondata oppure no e provvederà di conseguenza. Dopo cinque anni, passerà dalla Produzione alla Logistica, poi dopo altri cinque all’Amministrazione. Nel giro di sei o sette funzioni, il giovane avrà accumulato 30 o 35 anni di esperienza e sarà prossimo alla pensione. Girando le funzioni aziendali (cosa che non succede a nessun nostro manager), avrà imparato quali sono i veri problemi di ogni funzione, avrà saputo ascoltare ed agire animato dall’intento di risolvere i problemi, non di bocciare a priori le richieste altrui. Inoltre, sarà stato costantemente motivato perché avrà visto sempre cose, situazioni e persone nuove e non si sarà annoiato. Infine, non avrà avuto motivo di cambiare azienda: la motivazione crea attaccamento alla struttura, così come un bel film tiene lo spettatore attaccato alla poltrona e non è un caso che in Giappone si registrino le più elevate anzianità aziendali del mondo industriale. I migliori tra chi ha seguito la rotazione finiranno nei vertici aziendali e i migliori tra i migliori diventeranno Direttore Generale o Amministratore Delegato. E i peggiori? Non ruoteranno e condurranno un tran tran dignitoso sempre nella stessa funzione fino all’età della pensione. Perché questo sistema funziona in Giappone e da noi è sconosciuto? Il motivo principale è che i giapponesi rispettano le gerarchie e le considerano fisiologiche, mentre da noi

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la parola “gerarchia” è una bestemmia. Va aggiunto che il termine “gerarchia” e il suo rispetto sono fisiologici in Giappone perché quello è un paese ad alto rischio: sovraffollato (127 milioni di abitanti su una superficie poco superiore all’Italia), fortemente sismico, con escursioni termiche di oltre 50 gradi tra massima estiva e minima invernale, devastato da tsunami, schiaffeggiato da tifoni e ultimamente anche col regalo dell’esplosione di una centrale nucleare. Ebbene, in un ambiente così (e in generale in tutti gli ambienti a rischio), la democrazia è vivamente sconsigliata. Quando su una barca impegnata in una regata lo skipper dà il comando di strambare non viene indetta un’assemblea ove l’equipaggio dopo un maturo e sereno dibattito stabilisce se sia o meno il caso di farlo: si stramba e basta, poi alla fine della regata si stabilirà se era il caso. Altrettanto, non vengono discusse le decisioni del chirurgo in sala operatoria o gli ordini dell’ufficiale durante un’azione bellica, e questo non solo in Giappone. Le decisioni assunte democraticamente sono un lusso che si possono permettere le società che hanno tempo: se il tempo a disposizione è poco, ogni struttura che vuol sopravvivere si organizza gerarchicamente, non democraticamente. Quanto alla job rotation, in Giappone essa ha contenuti autocratici, quindi non democratici (chi acconsente a seguirla, la segue per tutta la vita) e utilitaristici (persegue la motivazione e la competenza nei ruoli di buona parte dei lavoratori): in pratica, rende l’uomo che lavora lieto di ubbidire e di imparare per poter correttamente decidere, mentre da noi l’uomo che lavora è spesso esonerato dalla funzione di decidere perché a quello pensano i capi. Queste riflessioni sulla job rotation non hanno lo scopo di farla adottare nelle aziende: l’obiettivo è farla conoscere.

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Chi si intende davvero di organizzazione sainvece che la qualità del lavoro non è legataalla sua complessità o alla sua semplicità, bensì alla capacità di essere motivante

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Primo Piano

PrimoPiano

a cura della redazione

UNIFAIR è lieta di presentare CERAMICS CHINA ! eramics China 2015, la più grande ed imCentomila metri C portante fiera del settore della ceramica nel mondo che si terrà dal 1 al 4 Giugno a quadri di esposizione Guangzhou in Cina , coprirà 100,000m² di spazio espositivo con più di 5.500 stand , 900 espositori provenienti da più di 20 Paesi e 70.000 e 900 espositori da visitatori professionali provenienti da tutto il mondo. La più importante Trading Platform 20 paesi per la più per la tecnologia ceramica. Riconosciuta come la più grande produttrice, consumatrice importnate fiera di ed esportatrice al mondo di piastrelle in cerala Cina, con la sua vastità di volumi è settore, che si tiena mica, stata alla guida della crescita mondiale nella produzione, nel consumo e nell’esportazione dal 1 al 4 giugno a per oltre 15 anni . Nel 2014 , la produzione di piastrelle in Cina ha superato i 10 miliardi di mq , oltre il 60 % della produzione mondiale. Guangzhou


Oltre ad essa,in Asia, esistono più di dodici paesi leader nella produzione di piastrelle tra cui: India, Iran, Indonesia, Vietnam, Turchia. Basti pensare che la produzione di ceramica nei paesi asiatici rappresenta circa l’80 % di quella mondiale. In ogni edizione di CERAMICS CHINA, il numero degli acquirenti provenienti dai paesi dell’Asia (Cina inclusa) copre più del 95% del totale(61,884 acquirenti asiatici al CERAMICS CHINA 2013).CERAMCIS CHINA è quindi diventata la trading platform più importante per l’industria ceramica mondiale. Un palcoscenico perfetto per una prestazione perfetta. In qualità di espositori vi troverete piuttosto impegnati ed indaffarati tra la folla presente al CERAMICS CHINA. In occasione dell’edizione dell’anno 2013, 63689 visitatori sono accorsi da ben 72 paesi differenti. Potrete trovare presso ogni stand manager e promettenti nuovi arrivati. Questo rende CERAMICS CHINA un’esposizione ideale per promuovere la vostra azienda ed I vostri prodotti al più ampio numero di clienti ed agenti, provenienti dall’ Asia, dal Medio Oriente, dall’Africa e persino dal Sud America. Grande interesse potrà inoltre essere mostrato nei confronti dei vostri prodotti: la struttura da molto spazio allo sviluppo e alla domanda di mercato. Potete trovare tutti i target sotto un unico tetto qui a CERAMICS CHINA! Come visitatore puoi ottenere sempre quello che desideri. Ceramics China, più grande ed importante fiera dell’industria della ceramica riunisce le ultime e più trainanti produzioni di ceramica e tecnologie di processo, attrezzature, materie prime, colori e smalti, parti di macchinari, stampi, utensili e prodotti ceramici innovativi e conduce il trend di sviluppo dell’industria ceramica mondiale .Oltre 3.000 attrezzature meccaniche sono attese per questa edizione. La scorsa edizione ha coperto 78,600mq. Con oltre 4,487 stand, ando 764 espositori tra cui: Sacmi, System, Siti B&T, Colorobbia, Torrecid, Itaca, Ferro, Morgan, Sibelco, Imerys, Cretaprint, Kerajet, Durst, Keda, Modena, Henglitai, Hope, Meijia, T&H, Wanxing, FCRI, Monte-Bianco, Aokerola, Sinoma, Trend, etc. Da questo CERAMICS CHINA 2015 ci si aspettano oltre100,000 mq , 5,500 stand and oltre 900 espositori provenienti da più di 20 paesi. Per saperne di più http://www.ceramicschina.com.cn



a cura della redazione

Il progetto

Inaugura il FAB, Fiandre Architectural Bureau, il nuovo spazio fluido di Fiandre

Fiandre rinnova lo spazio piÚ rappresentativo del brand valorizzando il carattere innovativo dei prodotti e testimoniando il compimento una nuova ed importante tappa nel percorso evolutivo dell’azienda. MARZO - APRILE 2015

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Il progetto

Aldo Cingolani

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L

a spinta propulsiva di Fiandre nel superare i limiti comunemente intesi si traduce in un’incessante evoluzione dell’azienda e del prodotto. Oltrepassare il preconcetto sulla “bidimensionalità” dei rivestimenti ceramici ampliandone l’orizzonte applicativo è l’ultima sfida vinta grazie a MAXIMUM. La propensione al rinnovamento costante fa parte del DNA del Gruppo e si percepisce chiaramente nel nuovo FAB Fiandre Architectural Bureau. L’incarico di reinventare lo spazio più rappresentativo di Fiandre è stato portato a compimento con successo dalla Bertone Design, storica firma del made in Italy, guidata dall’architetto e AD Aldo Cingolani.

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Il progetto

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Il progetto

FAB Fiandre Architectural Bureau via Guido Reni, 2/R Castellarano (RE)

Orari di apertura: Dal lunedì al venerdì 08,30 - 12.30 14,30 – 18,30

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Linee sinuose e volumi curvilinei contraddistinguono un percorso fluido di straordinario impatto dove l’eccellenza di Fiandre si manifesta nella sua massima espressione. I valori aziendali e il potenziale delle grandi lastre sono stati fonte d’ispirazione per i progettisti di Bertone Design che, con intuito visionario, hanno ideato un concept inedito e contemporaneo per Fiandre. FAB è un vero e proprio spazio polifunzionale di oltre 1.000 mq dove soluzioni progettuali intelligenti consentono di ripartire o unificare più aree in previsione dello svolgimento, anche simultaneo, di attività differenti: accoglienza ospiti, presentazione prodotti, incontri formativi ed eventi.

Superfici, luci, profumi e suoni si fondono in un percorso armonioso fatto di stimolazioni sensoriali e pensato per infondere una piacevole sensazione di benessere nei visitatori. Grande importanza è stata data alla realizzazione di applicazioni inedite di MAXIMUM per ambienti bagno, wellness e living così come all’impiego delle grandi lastre per creare elementi puramente scenografici atti ad enfatizzare lo stile inconfondibile del progetto. Il nuovo FAB Fiandre Architectural Bureau, frutto dell’intesa tra Fiandre e Bertone Design, testimonia il rapporto biunivoco che da sempre lega l’azienda al mondo dell’Architettura.

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62 - 63

65 32 - 33 54 - 55 - 70

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34 - 35

MAPEI

4a di copertina

MARTINELLI GROUP

40 - 41

MECTILES

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MINERAL

9

MIRAGE

58 - 59

NUOVA ERA

1

OFFICINA FERRARI CARLO

36 - 37

PETRACER’S

56 - 57

PORCELANOSA RAINBOW

3 - 46 - 47 38 - 39

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V E D E R E

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A S C O L T A R E

G L I

S P A Z I

marzo aprile 2015

Wainer Vaccari Il gatto di Schrodinger 120x80 Olio su tela 2014

Reportage

Economia

Gli USA ripartono Coverings 2015

Job rotation: serve davvero?

Speciale Tennessee

Il distretto ceramico a stelle e strisce


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